XVII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 797 di martedì 16 maggio 2017
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI
La seduta comincia alle 11,35.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
EDMONDO CIRIELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 12 maggio 2017.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Alfreider, Artini, Baretta, Bratti, Catania, Cicchitto, Coppola, Epifani, Fico, Gentiloni Silveri, Giorgis, Grassi, Guerra, Mannino, Mazziotti Di Celso, Meta, Piccoli Nardelli, Scanu e Schullian sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente centosei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una interpellanza e interrogazioni.
(Iniziative in materia di disciplina della dichiarazione di adottabilità di minori – n. 3-00836)
PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Bargero ed altri n. 3-00836 (Vedi l'allegato A).
Il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Gennaro Migliore, ha facoltà di rispondere.
GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, signor Presidente. Con l'atto di sindacato ispettivo, gli onorevoli interroganti sollevano una serie di perplessità in ordine alla vicenda giudiziaria di una minore, nel cui interesse sarebbe iniziato, soltanto nove giorni dopo la sua nascita, un procedimento di volontaria giurisdizione, ai sensi degli articoli 333-336 del codice civile, innanzi al tribunale per i minorenni di Torino, successivamente sfociato in un procedimento in primo grado, concluso in data 4 agosto 2011 con sentenza che dichiarava lo stato di adottabilità della bambina.
La richiamata vicenda offre lo spunto agli onorevoli interroganti per chiedere al Ministro della giustizia se non sia il caso di avviare una riflessione sulla disciplina del procedimento di cui al citato articolo 333 del codice civile, relativo alle iniziative giudiziarie in caso di condotta del genitore pregiudizievole, sulla disciplina dell'articolo 403 del codice civile, relativo all'intervento della pubblica autorità a favore dei minori, al fine di meglio specificare i presupposti e le condizioni per l'intervento della stessa nonché, infine, sulla disciplina della dichiarazione di adottabilità del minore, di cui al capo II della legge n. 184 del 1983, anche sotto il profilo procedurale e dell'onere motivazionale in sentenza.
Ai fini di una compiuta risposta all'atto di sindacato ispettivo in discussione, si rende preliminarmente opportuno ripercorrere la richiamata complessa e drammatica vicenda giudiziaria. Sulla base degli elementi forniti dal competente Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, che ha provveduto ad acquisire elementi conoscitivi presso gli uffici giudiziari relativi ai titolari dei relativi procedimenti, emerge quanto segue.
In data 4 giugno 2010 il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Torino chiedeva al tribunale di aprire un procedimento di volontaria giurisdizione, ai sensi degli articoli 333 e 336 del codice civile, nell'interesse della minore in questione, nata il 26 maggio 2010, chiedendo che la stessa permanesse in ospedale fino a conclusione di approfondimenti sui genitori e sulle loro capacità, in ragione degli elementi emersi dagli atti di un fascicolo affari civili, in parte richiamati dallo stesso atto di sindacato in discussione. A seguito di tale richiesta, il presidente del tribunale disponeva la convocazione dei genitori ed in esito ad essa, in data 9 giugno 2010, autorizzava le dimissioni della minore dalla struttura ospedaliera, dando incarico al servizio sociale ed al servizio di neuropsichiatria infantile di prendere in carico il nucleo familiare per interventi di sostegno.
Successivamente, in data 30 giugno 2010, a seguito di un episodio verificatosi il 28 giugno, in occasione del quale la piccola era stata lasciata dai genitori nell'automobile parcheggiata davanti all'abitazione per un lasso di tempo considerevole e che aveva richiesto l'intervento del servizio sociale della locale stazione dei Carabinieri, ai sensi dell'articolo 403 del codice civile, la procura chiedeva la conferma del provvedimento di allontanamento, adottato ai sensi della citata disposizione, nonché l'apertura di una procedura per la dichiarazione dello stato di adottabilità della minore e, infine, la temporanea collocazione della bambina presso famiglie affidatarie.
Il tribunale, con decreto del 2 luglio 2010, richiamato il precedente provvedimento, in base all'episodio del 28 giugno e alle osservazioni degli operatori riportate in una relazione del 29 giugno, ordinava l'apertura del procedimento per l'eventuale dichiarazione dello stato di adottabilità della minore, sospendendo la potestà dei genitori e nominando un tutore provvisorio ed un curatore speciale; confermava l'inserimento della minore in idonea famiglia affidataria, permettendo gli incontri tra genitori e bimba con la massima frequenza possibile; disponeva consulenza tecnica d'ufficio in ordine alla personalità di entrambi i genitori rispetto alla genitorialità nonché alle condizioni psicofisiche della minore, alla sua relazione con le figure genitoriali ed al rischio evolutivo.
All'esito dell'articolata istruttoria, nel cui ambito venivano acquisite le relazioni dei servizi sociali, auditi i genitori e gli affidatari e veniva disposta perizia sulla personalità di entrambi i genitori, con sentenza n. 133 del 16 agosto 2011, il tribunale per i minorenni di Torino dichiarava lo stato di adottabilità della minore, disponendone l'immediata collocazione in famiglia affidataria avente i requisiti per la futura eventuale adozione.
A fondamento della decisione, il tribunale poneva la considerazione di alcuni elementi oggettivi, tra cui la pregressa ritenuta inidoneità della coppia all'adozione internazionale e la situazione personale dei due genitori, il richiamato episodio del 28 giugno 2010, e dava altresì conto degli esiti della perizia all'uopo disposta sulla capacità genitoriale.
La corte d'appello di Torino, all'esito di nuova istruttoria, nel cui ambito veniva disposta un'ulteriore perizia, confermava, con sentenza n. 150 del 22 ottobre 2012, la pronunzia del giudice di prime cure. Avverso detta pronunzia, i coniugi proponevano ricorso per Cassazione, che veniva rigettato con sentenza n. 25213, depositata in data 8 novembre 2013.
Formatosi, dunque, il giudicato sulla pronunzia della corte d'appello relativa allo stato di adottabilità, il tribunale di Torino, con sentenza n. 318 del 2014, dichiarava l'adozione della minore, che già dal 2011 era stata inserita presso una famiglia in possesso dei requisiti per la futura adozione.
A seguito di ricorso per revocazione proposto dai coniugi, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 13435 del 30 giugno 2016, ha revocato la citata sentenza della Cassazione n. 25213 del 2013 ed ha cassato la sentenza d'appello della Corte d'appello di Torino n. 150 del 2012, che dichiarava lo stato di adottabilità della minore, rinviando dunque gli atti alla medesima corte per l'esame del merito.
La Corte d'appello di Torino, nuovamente investita del caso, con sentenza n. 21 del 21 febbraio 2017 e pubblicata il successivo 11 marzo, a seguito di riassunzione del giudizio da parte dei coniugi, ha rigettato l'appello, confermando la sentenza del tribunale per i minorenni di Torino n. 133 del 2011, che dichiarava l'adottabilità della minore medio tempore adottata. La pronuncia da ultimo resa dalla Corte d'appello è suscettibile di ricorso per Cassazione.
Così riepilogata l'articolata vicenda da cui prende le mosse l'atto di sindacato ispettivo sul tema posto, in via generale, dagli onorevoli interroganti, va rilevato che il provvedimento di allontanamento del minore dalla propria famiglia, disciplinato dall'articolo 333 del codice civile, intende assicurare la tutela dell'integrità psicofisica del minore, eliminando una situazione di grave pericolo per lo stesso. Tale provvedimento, inoltre, rappresenta un'estrema ratio a cui si ricorre in via residuale, solo nei casi in cui altri tipi di misure, anch'esse genericamente previste dal citato articolo 333 del codice civile, che parla appunto di provvedimenti, risultino insufficienti ad assicurare la tutela dell'interesse prioritario del minore.
In ordine all'opportunità, sollevata dagli onorevoli interroganti, di una maggiore tassatività di tale disciplina, va considerato che la materia in esame, per la sua estrema delicatezza e complessità, difficilmente può essere irrigidita in forme procedimentali predefinite ex lege, dovendosi piuttosto valutare caso per caso le modalità e i provvedimenti più idonei a garantire la tutela del minore.
In proposito preme rappresentare che, nella prassi giurisprudenziale, la misura dell'allontanamento viene di regola disposta per fronteggiare, spesso con carattere d'urgenza, proprio i casi in cui l'inadeguatezza dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale, o comunque conviventi con il minore, produca effetti di tale gravità da necessitare l'interruzione immediata dei legami interpersonali, risultando inadeguati interventi meno incisivi.
Con riguardo, invece, alla disciplina di cui all'articolo 403 del codice civile, relativa all'intervento della pubblica autorità a tutela dei minori, si segnala che lo scorso 17 febbraio è stata presentata una proposta di legge - l'Atto Camera 4299 - di iniziativa parlamentare, attualmente assegnata alla II Commissione (Giustizia) della Camera dei deputati in sede referente, avente ad oggetto la modifica della citata disposizione nei termini sollecitati dagli onorevoli interroganti.
Detta proposta, infatti, prevede, ad integrazione della norma attualmente vigente per i casi di allontanamento dei minori dall'ambiente di origine, la prassi di collocarli, ove ciò sia possibile, presso i parenti entro il quarto grado di accertata idoneità, piuttosto che presso estranei o istituti, al fine di evitare che gli stessi possano subire ulteriori traumi.
Inoltre, sul versante procedurale, prevede che l'autorità procedente, nelle 24 ore successive all'adozione del provvedimento, ne dia notizia al procuratore presso il tribunale per i minorenni per la tempestiva assunzione dei più opportuni provvedimenti, ai sensi dell'articolo 336 del codice civile nonché, ove ne ricorrano le condizioni, degli articoli 9 e 10 della legge del 4 maggio 1983, la n. 184, in materia di adozione. Con specifico riferimento a quest'ultimo tema, in particolare alla dichiarazione dello stato di adottabilità, preme segnalare che la legislazione italiana è una delle più evolute e sensibili nella previsione di una disciplina volta a tutelare il prioritario diritto del minore di vivere con i propri genitori e di essere allevato nell'ambito della propria famiglia, come espressamente previsto dall'articolo 1 della legge n. 184, del 1983. In tale quadro, recepito dalla giurisprudenza costituzionale e dalla Corte di Cassazione, l'allontanamento del minore dalla sua famiglia naturale, così come la dichiarazione dello stato di adottabilità del medesimo, rappresentano - si ribadisce - una extrema ratio. Va altrettanto segnalato, in risposta agli onorevoli interroganti, che il nostro ordinamento prescrive un generale obbligo motivazionale per tutti i provvedimenti giurisdizionali, ivi incluso dunque quello dichiarativo dello stato di adottabilità del minore.
Tanto rappresentato in ordine alle specifiche richieste degli onorevoli interroganti, giova ricordare, più in generale, che il Governo e il Ministro della Giustizia riservano la massima considerazione al tema della famiglia in tutte le sue declinazioni. In tale prospettiva si inserisce il disegno di legge di delega al Governo per l'emanazione di disposizioni per l'efficienza del processo civile di recente approvato alla Camera dei deputati e ora all'esame del Senato. Il progetto governativo di riforma infatti, proprio con l'obiettivo di assicurare nella materia del processo di famiglia la massima specializzazione, prevede l'istituzione di sezioni circondariali e distrettuali specializzate per la persona, la famiglia e i minori, e di gruppi specializzati nella medesima materia presso le procure della Repubblica in sede distrettuale. Prevede inoltre la ridefinizione dei riti dei procedimenti attribuiti alle predette sezioni specializzate secondo criteri di tendenziale uniformità, speditezza e semplificazione, anche per i procedimenti in materia di responsabilità genitoriale di cui agli articoli 330 e seguenti del codice civile, nonché per l'esecuzione dei relativi provvedimenti. A tale riguardo, e ai fini che rilevano in questa sede, nell'esercizio della delega dovrà essere definita una disciplina dettagliata dell'intervento della pubblica utilità e del rapporto di questa con le competenti sezioni specializzate e con il relativo ufficio del pubblico ministero, così da rafforzare il raccordo delle iniziative a tutela dei minori. Inoltre, dovrà essere puntualmente regolato il procedimento per l'esecuzione dei provvedimenti in materia di responsabilità genitoriale, dando specifica considerazione all'interesse del minore, con la previsione di un ascolto videoregistrato e diretto dallo stesso, nei casi e con i limiti di cui agli articoli 336-bis del codice civile con l'assistenza di un ausiliario specializzato in psicologia o psichiatria, ove il giudice lo ritengo opportuno, nonché nel rispetto delle convenzioni internazionali in materia di protezione dell'infanzia e delle linee guida del Consiglio d'Europa in materia di giustizia a misura di minore. L'approvazione in via definitiva del richiamato progetto di riforma contribuirà in modo decisivo a razionalizzare e rendere maggiormente efficiente il processo di famiglia.
Da ultimo, giova rappresentare che, oltre alle iniziative normative in corso, il Ministro della Giustizia riserva un impegno prioritario nella materia in esame provvedendo a svolgere un'attenta azione di coordinamento dei controlli e di verifica costante su procedure, prassi e costi, con l'obiettivo di accompagnare e sostenere l'azione della magistratura nella protezione e nella tutela dei diritti dei minori. Con specifico riguardo ai casi di affidamento dei minori presso le comunità di accoglienza pubbliche e del privato sociale, preme richiamare una sua direttiva dello scorso 6 ottobre che mira ad intensificare i rapporti tra autorità giudiziaria minorile e le indicate comunità.
Il complesso delle iniziative assunte dal Governo e dal Ministero della giustizia appare, pertanto, decisamente orientato alla definizione di un sistema in grado di affrontare nel modo più adeguato quelle situazioni critiche che spesso turbano la serenità del nucleo familiare e mettono a repentaglio l'integrità psicofisica del minore.
PRESIDENTE. L'onorevole Bargero ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.
Prima, però, la Presidenza saluta studenti e insegnanti dell'Istituto Comprensivo “Giuseppe Bagnera” di Roma che assistono ai nostri lavori dalla tribuna insieme agli studenti dell'Università di Urbino, anche loro in tribuna ad assistere ai nostri lavori (Applausi). Onorevole Bargero, prego.
CRISTINA BARGERO. Presidente, io ringrazio il sottosegretario Migliore per la risposta esaustiva che mi è stata data e perché ha sottolineato anche la delicatezza del tema trattato dalla mia interrogazione. Questa è un'interrogazione datata che però torna attuale per i recenti fatti di cronaca, perché anche se la vicenda non è stata direttamente richiamata nell'interrogazione, è ben chiaro che la vicenda da cui l'interrogazione ha tratto ispirazione è quella dei coniugi a cui è stata tolta la bambina e che ha avuto diverse vicende processuali, l'ultima delle quali è la sentenza della Corte di appello di Torino (dopo una serie di annullamenti tra cui l'ultimo annullamento dalla Corte di cassazione). La bambina è stata tolta a questa coppia di coniugi considerati inidonei per l'elevata età anagrafica in seguito anche a un provvedimento dell'autorità giudiziaria, un provvedimento penale, per cui poi i coniugi sono stati assolti.
Io oggi non voglio entrare nel merito, perché non è nostro compito e non è neanche corretto entrare nel merito delle decisioni della magistratura che sono sempre da rispettare, però io auspico che le decisioni del Governo, soprattutto in materia di processo civile, della delega in materia di giustizia e anche della riforma dell'articolo 403 del codice civile, come da proposta di legge presentata in questo ramo del Parlamento, procedano rapidamente, perché quando si tratta di minori e di diritto alla genitorialità noi affrontiamo temi drammatici che poi incideranno sulla vita di queste persone per tutto il corso della loro vita e le segneranno.
Quindi, io ringrazio il sottosegretario, e auspico appunto una celerità nell'approvazione di entrambe, sia della riforma della delega, sia della proposta di legge che va a riformare l'articolo 403 del codice civile.
(Iniziative per rafforzare la sicurezza presso l'istituto penitenziario di Rossano, in provincia di Cosenza, in relazione alla presenza di detenuti accusati di terrorismo di matrice islamica – n. 3-01859)
PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Covello e Magorno n. 3-01859 (Vedi l'allegato A).
Il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Gennaro Migliore, ha facoltà di rispondere.
GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie Presidente. Con gli atti ispettivi in esame, gli onorevoli interroganti prendono spunto dall'episodio riportato dalla stampa di manifestazioni di esultanza da parte di alcuni detenuti presso l'istituto penitenziario di Rossano una volta appresa la notizia degli attentati terroristici compiuti a Parigi il 13 novembre 2015, chiedendo di conoscere quali siano le misure di sicurezza adottate presso la stessa casa di reclusione.
Per quanto riguarda specificamente l'episodio del novembre 2015, e le conseguenti misure adottate nell'immediatezza presso il carcere di Rossano, è stato appurato che all'interno della casa di reclusione di Rossano effettivamente risultavano in quei giorni essere presenti 21 elementi detenuti per terrorismo, di cui 20 di matrice islamica ed un appartenente al terrorismo spagnolo dell'ETA. Tra il 13 e il 14 novembre 2015 si sono verificati due episodi di esultanza a seguito dell'attentato terroristico a Parigi con protagonisti alcuni detenuti identificati che hanno esultato esprimendosi in lingua araba.
Con riguardo alle misure di sicurezza adottate, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha riferito che la prefettura di Cosenza, all'indomani degli attentati di Parigi del 13 novembre 2015, e dopo la diffusione delle riportate notizie, ha chiesto l'intervento del direttore dell'istituto di Rossano in seno al comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica; a seguito del quale, nel dichiarare la struttura penitenziaria obiettivo sensibile, ha dapprima disposto un servizio di vigilanza armata interforze all'esterno del carcere, successivamente affidato all'Esercito fino al 7 novembre 2016, data a partire dalla quale il servizio è assicurato dalla Polizia penitenziaria.
Già prima dei tragici eventi di Parigi - riferisce l'articolazione ministeriale competente - erano state avviate le procedure per l'adeguamento del sistema di videosorveglianza della struttura, e in generale per incrementare e rendere maggiormente efficienti i sistemi di sicurezza ed il parco automezzi in dotazione. Sul fronte delle risorse umane, inoltre, si deve segnalare che la competente Direzione generale ha provveduto a incrementare le risorse di Polizia penitenziaria di 15 unità.
Premesso che, secondo quanto comunicato dall'autorità giudiziaria competente, non pare vi siano stati seguiti preoccupanti all'episodio, presso l'istituto penitenziario di Rossano alla data del 15 maggio 2017 sono ospitati un totale di 211 detenuti, dei quali 14 appartenenti al circuito cui sono destinati i soggetti maggiormente pericolosi. Ma oltre all'adozione di specifiche misure strutturali di sicurezza e controllo, l'argomento del monitoraggio e della prevenzione dell'estremismo e del contrasto alla sua diffusione è alla costante attenzione del Ministero su tutto il territorio nazionale. In linea generale, infatti, le analisi condotte sul fenomeno della radicalizzazione confermano come dato ormai acquisito che l'ambiente carcerario rappresenta un terreno potenzialmente fertile per la diffusione della radicalizzazione e dell'estremismo jihadista. Il carcere, infatti, è il luogo ove alto è il rischio di isolamento e di esclusione, condizioni su cui il radicalismo fa leva per alimentare sentimenti di odio e di vendetta.
Il patrimonio di conoscenze e di esperienze in materia ha portato ad attivare già da alcuni anni un piano articolato, volto alla prevenzione e al monitoraggio del fenomeno. Una delle misure adottate attiene alla disposizione interna dei detenuti, quale elemento funzionale a ridurre i rischi di proselitismo o di pericolosi sodalizi con le altre consorterie criminali. Per questo motivo, i ristretti per reati di terrorismo internazionale sono inseriti in un circuito penitenziario che prevede la rigorosa separazione dalla restante popolazione detenuta. Ma la guardia non va abbassata neppure nei circuiti comuni: vi possono essere integralisti di spessore, arrestati per reati minori, che si ritrovano circondati da una larga schiera di soggetti deboli, facilmente influenzabili. Per tale ragione il nucleo investigativo centrale effettua una ricognizione capillare, al fine di rilevare alcuni degli indicatori elaborati a livello europeo per il rischio di radicalizzazione: la pratica religiosa anomala, i cambiamenti fisici, la routine quotidiana, l'organizzazione della stanza detentiva, le modalità di relazione sociale e il commento sugli eventi politici e di attualità. I soggetti segnalati dagli istituti penitenziari, per aver mostrato in vario modo adesione o compiacimento per gli attentati, sono stati immediatamente sottoposti a monitoraggio, e nei loro confronti è stato modificato il tipo di custodia, da aperta a chiusa.
Le attività di monitoraggio in parola si articolano su tre livelli di intensità progressiva. Soggetti segnalati: sono i detenuti sui quali occorre effettuare approfondimenti, al fine dell'eventuale inserimento nelle categorie di maggiore allarme, e in tal caso le direzioni degli istituti penitenziari sono tenute a intensificare l'attività di osservazione e di vigilanza. Detenuti attenzionati: sono quelli che all'interno del penitenziario hanno assunto concreti e ripetuti atteggiamenti che fanno ritenere la loro vicinanza all'ideologia jihadista e la loro inclinazione allo svolgimento di attività di proselitismo e reclutamento. Soggetti monitorati: sono coloro nei confronti dei quali più stringente è il controllo per la rilevazione degli elementi di rischio specifico.
I dati raccolti, debitamente aggregati e analizzati dal nucleo investigativo centrale, sono utilizzati al fine di svolgere una puntuale attività di prevenzione. I risultati di tale attività sono condivisi a tal fine con il comitato di analisi strategica antiterrorismo, il CASA, e con la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. L'inserimento dei detenuti tra i soggetti monitorati comporta che il loro trattamento rientra tra quelli di alta sicurezza, con la conseguente collocazione in apposite sezione individuate presso le carceri circondariali di Sassari e di Nuoro, e per l'appunto presso la casa di reclusione di Rossano: trattasi di istituti che, nell'offrire adeguate opportunità trattamentali, assicurano standard di sicurezza penitenziaria più elevati.
Al fine di evitare possibili azioni di proselitismo nei confronti dei detenuti più deboli e meno strutturati psicologicamente, i soggetti inseriti in tali reparti non possono avere alcun contatto con la restante popolazione detenuta, e nel caso di assegnazione temporanea ad altri istituti, per motivi di giustizia, avvicinamento per colloqui con i familiari, ragioni sanitarie, che non dispongono di tali sezioni, gli stessi sono allocati in isolamento.
Le politiche adottate dal Ministero di monitoraggio e controllo, per quanto capillari, per risultare efficaci sul piano del contrasto alla radicalizzazione ed al proselitismo di impronta jihadista, devono essere inserite in un panorama di misure tese alla progressiva umanizzazione delle condizioni detentive: quanto più le strutture penitenziarie sono in grado di assicurare la dignità degli individui e i percorsi di sostegno, integrazione e recupero, tanto minori saranno i rischi per i detenuti di avvicinarsi a chi propone modelli fondati su odio, contrapposizione e fanatismo.
Agli obiettivi del monitoraggio e della risocializzazione tendono ulteriori misure funzionali alla prevenzione della radicalizzazione. In data 5 novembre 2015 è stato siglato un protocollo d'intesa fra il Ministero della giustizia e l'Unione delle comunità e organizzazioni islamiche, con l'obiettivo di migliorare il modo di interpretare la fede islamica in carcere, fornendo un valido sostegno religioso e morale ai detenuti attraverso l'accesso negli istituti di persone adeguatamente preparate. Il progetto, attualmente in fase di sperimentazione presso otto istituti penitenziari, da un lato ha l'obiettivo di agevolare l'integrazione dei detenuti di fede musulmana e garantire loro l'esercizio del diritto di culto, dall'altro stabilisce una connessione tra gli operatori volontari e gli organi deputati al contrasto della radicalizzazione.
Gli stessi scopi di monitoraggio e risocializzazione sono alla base della previsione di una dotazione organica di 67 unità per il profilo professionale di mediazione culturale, nell'ambito delle procedure di rideterminazione delle dotazioni organiche del personale del comparto Ministeri. Lo scorso mese di settembre, inoltre, è stato rivolto al presidente della conferenza dei rettori delle università italiane, alla luce della convenzione appositamente stipulata dal Ministero il 27 gennaio 2016, l'invito ad interpellare gli istituti di arabistica e di scienze islamiche delle università degli studi della Repubblica, per raccogliere la disponibilità di ricercatori e dottorandi di ricerca ad operare, quali volontari, negli istituti penitenziari, al fine di accrescere la comprensione e migliorare le relazioni umane con i ristretti di lingua e cultura araba. Allo specifico scopo di garantire la comprensione linguistica nelle attività di monitoraggio e controllo, infine, con circolare del 7 dicembre 2016 è stato stabilito che, non essendo prevista la figura professionale di traduttore, per provvedere alla traduzione degli scritti in lingua araba, rinvenuti in spazi comuni e non rientranti nel novero della corrispondenza epistolare, ovvero di scritte riportate sulle pareti delle camere detentive o degli spazi comuni, la Direzione penitenziaria e i provveditorati regionali possono attingere dagli appositi capitoli di spesa per la stipula di convenzioni con gli interpreti accreditati presso i tribunali.
Per consentire agli agenti di Polizia penitenziaria di comprendere più a fondo le realtà che devono fronteggiare, sono stati istituiti corsi di formazione specifici, indirizzati prioritariamente a quanti prestano servizio presso gli istituti penitenziari a più alto rischio di radicalizzazione. Sono stati inoltre presentati alla Commissione europea due progetti finalizzati ad ottenere sovvenzioni da destinare alle attività di prevenzione e contrasto della radicalizzazione violenta. In particolare, il progetto Rasmorad P&P (Raising Awareness and staff mobility on violent radicalisation in prison and probation services), già approvato e finanziato dall'Unione, mira all'elaborazione di un protocollo condiviso sulla valutazione del rischio e alla costruzione di percorsi di deradicalizzazione. Il progetto TRA in Training (transfer radicalisation approaches in training), invece, intende favorire la collaborazione tra tutti i soggetti istituzionali impegnati nelle attività di prevenzione della radicalizzazione violenta. Anche tale ultimo progetto - è notizia di questi giorni - è stato selezionato e approvato a livello comunitario, e sarà finanziato dalla Commissione europea.
Nel medesimo quadro ricordo anche che il Ministero della giustizia prende parte al progetto europeo denominato RAN (Radicalisation Awareness Network), istituito dalla Commissione europea con lo scopo di creare una rete tra esperti e operatori coinvolti nel contrasto al fenomeno della radicalizzazione violenta. La sicurezza, infatti, si realizza in presenza di operatori capaci di conoscere i detenuti attraverso l'osservazione costante dei loro comportamenti, che è tanto più efficace in quanto vengono riconosciuti ambiti di movimento, di vita di relazione e di libero esercizio dei diritti che permettono di individuare più facilmente specifici elementi di rischio. Quanto più le strutture penitenziarie sono capaci di assicurare il rispetto dei diritti, la dignità degli individui e i percorsi di sostegno, recupero e integrazione, tanto inferiori saranno i rischi per i detenuti di avvicinarsi a chi propone modelli fondati sull'estremismo, sulla contrapposizione e sul fanatismo.
PRESIDENTE. L'onorevole Covello ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.
STEFANIA COVELLO. Intanto ringrazio il sottosegretario Migliore, perché è sempre molto puntuale e preciso nei dettagli, e, benché questa mia interrogazione, in realtà, sia a questo punto datata, mai come in questo momento, invece, resta di grandissima attualità, intanto perché sottolineo, signor sottosegretario e signor Presidente, che proprio ieri tre agenti di Polizia penitenziaria sono stati feriti proprio nel carcere di Rossano. Quindi, lancio un urlo di dolore proprio perché mi rendo conto benissimo che il Governo e lo Stato ci sono, ci sono e lo dimostrano tutti i giorni anche con la lotta contro le mafie e contro la 'ndrangheta che si sta in collaborazione facendo, però, naturalmente, tutto ciò ancora non basta.
Ecco perché dico che il tema rimane di strettissima attualità. La stampa riportò, come ha detto lei, sottosegretario, in occasione dell'attentato di Parigi, che presso l'istituto penitenziario di Rossano, in provincia di Cosenza, alcuni detenuti nella sezione speciale del carcere avrebbero esultato nell'apprendere questa notizia; e proprio all'interno della struttura penitenziaria vi sono anche stranieri accusati di terrorismo, alcuni dei quali ritenuti in contatto con le diramazioni, per come lei, appunto, ha precisamente detto, di Al Qaeda, e sono considerati soggetti attivi nella strategia del terrore di matrice islamica. L'istituto di Rossano viene ancora oggi considerato obiettivo sensibile, tant'è che, oltre alla videosorveglianza, come ben lei ha detto poco fa, già attiva nel carcere, sono stati innalzati una serie di dispositivi e misure di sicurezza. Sappiamo anche che la procura distrettuale antimafia di Catanzaro avviò a suo tempo accertamenti su quanto avvenuto nel carcere di Rossano.
E, se non va giustamente creato ulteriore allarmismo, nonostante lei mi abbia rassicurato con una serie di importanti iniziative - tra queste anche, devo dire, la gratificazione di quel personale di Polizia penitenziaria che, grazie anche alla formazione relativamente alle singole specificità, potrà avere delle ulteriori gratificazioni -, però sappiamo che la nostra azione di intelligence è molto attiva nell'azione di contrasto, e dalla stampa apprendiamo di una intensificazione delle azioni di controllo che spesso hanno interessato zone di transito, penso, ad esempio, Bari e la Puglia, proprio perché sappiamo dove è allocato Rossano logisticamente. L'istituto, infatti, va quindi costantemente attenzionato da parte delle istituzioni competenti, affinché si rafforzino ulteriormente tutte le misure finalizzate ad innalzare gli standard di sicurezza, in particolare in riferimento proprio alla presenza a cui faceva cenno lei e a cui faccio cenno anche io qui di questi detenuti particolari.
Colgo, inoltre, l'occasione per lanciare a lei, e quindi al Governo, che è sempre attento a tutte queste problematiche, un invito a valutare complessivamente la situazione degli istituti penitenziari di tutta la Calabria, vista la particolare situazione nella quale la Calabria si trova, visto anche quello che è successo ieri a Crotone relativamente al CARA di Crotone e vista anche la situazione particolare che incombe sul carcere di Cosenza, che è città capoluogo di 155 comuni; quindi, come dicevo, occorre andare incontro alle richieste che da tempo provengono dalle organizzazioni sindacali della Polizia penitenziaria sul rafforzamento degli organici. E, non da ultimo, appunto, l'urlo di dolore dei sindacati, proprio ieri, per il fatto che sono stati feriti tre agenti di polizia. Con il decreto mille proroghe - vorrei anche dire agli operatori sociali, ma, soprattutto, alle forze sociali che si occupano di questa problematica nelle carceri della Calabria - abbiamo approvato un incremento delle assunzioni nella Polizia penitenziaria, naturalmente ulteriori rispetto a quelle cui faceva cenno il sottosegretario Migliore.
Ed è importante che da questa misura venga un segnale positivo anche per gli istituti e per quanti operano all'interno delle carceri in Calabria. Abbiamo consapevolezza, onorevole Migliore, dell'impegno costante del Governo, e chiediamo, quindi, di proseguire in questo senso, in questo dialogo istituzionale costante, finalizzato ad assicurare la massima sicurezza per le strutture penitenziarie, in particolare per quelle della provincia di Cosenza, per quella di Cosenza e per quella di Rossano, per i problemi che ho portato avanti quest'oggi.
(Iniziative di competenza volte al reintegro di alcuni operai della Fincantieri – cantiere navale di Monfalcone – n. 2-01745)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Pellegrino ed altri n. 2-01745 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Pellegrino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
SERENA PELLEGRINO. Sì, grazie, Presidente. Sottosegretario, lo scorso 15 marzo il giudice del lavoro di Gorizia, Barbara Gallo, ha ordinato alla Fincantieri - cantiere navale di Monfalcone il reintegro in servizio di quattro operai, un saldatore e tre carpentieri, che nell'ottobre scorso erano stati licenziati dopo essere stati trovati a riposare durante una pausa nel turno di notte. I fatti oggetto della sanzione della Fincantieri - cantiere navale di Monfalcone non risultano completamente chiari. Secondo i sindacati, i licenziamenti riguarderebbero dei lavoratori con un curriculum fino ad allora cristallino, senza alcun richiamo, che sarebbero rimasti invischiati in un episodio colmo di malintesi sul fronte delle pause.
Per lo stesso episodio altri due dipendenti sono stati solamente sospesi e non licenziati. Il giudice del lavoro del tribunale di Gorizia ha comunque accertato l'illegittimità dei licenziamenti, in quanto sproporzionati, e ha disposto l'immediata reintegra dei lavoratori a carico della società Fincantieri, condannandola a ricostituire la posizione assicurativa e contributiva dei dipendenti, con adempimento dei relativi oneri, nonché a corrispondere le retribuzioni globali risultanti dalle ultime buste paga emesse a loro favore dal licenziamento alla reintegra effettiva, oltre al pagamento delle spese legali. Il tutto, aveva sostenuto il magistrato, considerando che l'evento alla base del licenziamento, non ricostruibile oggettivamente per carenza probatoria, andava ricondotto a comportamenti punibili, casomai, con sanzioni conservative e non, dunque, assumendo la drastica misura del licenziamento, facendo riferimento al contratto collettivo nazionale di lavoro osservato da Fincantieri, che stabilisce espressamente una sanzione conservativa come un'ammonizione scritta, una multa o una semplice sospensione per chi abbandona il proprio posto di lavoro senza giustificato motivo.
Il giudice aveva annotato inoltre la diversità di misure assunte da Fincantieri tra i licenziamenti per i quattro operai in questione e provvedimenti di minore entità per altri lavoratori presenti quella notte. Ad oggi, nonostante il termine di cinque giorni per richiamare in servizio i quattro operai, la Fincantieri - cantiere navale di Monfalcone ha reintegrato i quattro operai solamente nello stipendio, mentre ha comunicato loro di essere dispensati dal presentarsi al cantiere senza alcun limite temporale. Una misura che ha precedenti simili solo nel caso della FIAT - lei lo ricorderà molto bene, sottosegretario Migliore -, che è un'azienda privata, ma la Fincantieri Spa no. È uno dei più importanti complessi cantieristici navali del mondo ed è un'azienda pubblica italiana, già di proprietà dell'IRI fin dalla sua fondazione, e oggi è controllata per il 71,6 per cento da Fintecna Spa, finanziaria del Ministero dell'economia e delle finanze.
A fronte della determinazione da parte di Fincantieri di proporre opposizione in tutte le sedi possibili, detta azienda ha presentato ricorso, impugnando le ordinanze emesse dal giudice del lavoro del tribunale di Gorizia. La prima udienza è fissata per il prossimo 8 giugno.
Sottosegretario, nell'ambito delle proprie competenze, noi chiediamo quali iniziative intende intraprendere per garantire che in uno Stato di diritto le sentenze vadano applicate e rispettate, e che, come disposto dal giudice del lavoro, avvenga l'immediato e completo reintegro lavorativo dei quattro operai nella Fincantieri, azienda con la maggioranza di capitale in mano allo Stato italiano e che, quindi, dovrebbe essere da esempio nel rispetto delle regole e del diritto per tutti coloro che operano sul nostro territorio italiano.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Gennaro Migliore, ha facoltà di rispondere.
GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Signor Presidente, la questione che è stata evidenziata con il presente atto parlamentare verte sul dibattuto tema del mancato adempimento da parte del datore di lavoro dell'ordine di reintegrazione del lavoratore, disposto dal giudice, in relazione al profilo dell'effettiva riammissione in azienda e della sua eventuale coercibilità. Al riguardo, secondo l'interpretazione giurisprudenziale prevalente, la condanna alla reintegrazione del posto di lavoro del lavoratore illegittimamente licenziato ha ad oggetto un facere “infungibile” e, come tale, non può essere coattivamente eseguita. Diversamente, il reinserimento del lavoratore nel libro paga o matricola, il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali e il pagamento della retribuzione rientrano tra le prestazioni cosiddette “fungibili” che sono, invece, suscettibili di esecuzione coattiva.
Tanto premesso, con riferimento alla vicenda in esame, il Ministero della giustizia ha reso noto che il 14 marzo 2017 il giudice del lavoro presso il tribunale di Gorizia ha pronunziato quattro ordinanze, tutte di analogo contenuto e immediatamente esecutive. Con tali ordinanze il giudice del lavoro ha accolto i ricorsi proposti da quattro lavoratori avverso i licenziamenti intimati nei loro confronti da Fincantieri Spa, disponendo la loro reintegrazione, unitamente al pagamento delle retribuzioni maturate medio tempore, alla ricostruzione delle posizioni previdenziali e assicurative e alla refusione delle spese di lite. Avverso le predette ordinanze, lo scorso 17 aprile, la Fincantieri Spa, come lei ha ricordato, ha proposto ricorso per opposizione innanzi al tribunale di Gorizia che ha fissato l'udienza di discussione per il prossimo 8 giugno. Per quanto riguarda i tempi di definizione dei giudizi di merito instauratisi a seguito dell'opposizione di Fincantieri Spa, il tribunale di Gorizia ha rappresentato che il deposito delle sentenze dovrebbe avvenire entro sei mesi dall'iscrizione a ruolo delle opposizioni.
Occorre, infine, evidenziare che, nel caso in esame, essendo intervenuti i licenziamenti nella vigenza del vecchio regime di cui all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, i lavoratori licenziati potrebbero chiedere, in luogo della reintegra, un'indennità sostitutiva.
PRESIDENTE. L'onorevole Pellegrino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
SERENA PELLEGRINO. Grazie, Presidente. Purtroppo, non posso, ovviamente, dichiararmi soddisfatta, anche perché io mi attendevo una presa di posizione chiara e inequivocabile da parte del Governo, nei confronti di una azienda che è un'azienda di Stato. Attendevo una risposta da parte del Ministro del lavoro che prendesse le nette posizioni e la netta posizione nei confronti degli operai che sono, di fatto, operai di Stato, sottosegretario. Purtroppo, in questo caso, la sentenza c'è già stata, perché è stato ordinato alla Fincantieri il reintegro in servizio dei quattro operai che erano stati licenziati nell'ottobre scorso. Fincantieri non avrebbe dovuto permettersi di licenziare questi quattro operai. E le sentenze vanno rispettate e lei ci ha indicato che è proprio di ieri questa notizia, ma per mesi e mesi noi abbiamo disatteso la sentenza di un tribunale dello Stato. Fincantieri, ovviamente, deve rendere esecutiva la sentenza di quel tribunale di Gorizia.
Vede, sottosegretario, io ricordo - così, me lo sono appuntata, perché mi piace ricordare questi passaggi - Giacomo Brodolini, era un socialista, lei lo ricorderà bene, era artefice dello Statuto dei lavoratori assieme al democristiano Carlo Donat-Cattin, e disse agli operai che presidiavano il Ministero dell'industria all'epoca: “Come membro del Governo non sono venuto a dirvi che il Ministro si pone al di sopra delle parti; io vi dico che sto dalla parte vostra”. Ecco, questo noi volevamo sentire da parte del Governo in tutti questi mesi e questo non è accaduto.
Quindi, vogliamo capire questo Governo da quale parte sta; è un Governo che si dichiara di centro sinistra, ma mi pare che la sinistra dovrebbe proteggere il diritto dei lavoratori e, invece, da quale parte sta? Dalla parte delle aziende - nello specifico, come quella della Fincantieri - che da anni stanno eliminando i lavoratori assunti a tempo indeterminato e, purtroppo, sta favorendo l'utilizzo dei lavoratori in subappalto. È una politica aziendale che alimenta forme di precariato e che va combattuta con tutte le sue forze. Non ci dimentichiamo che il 1° articolo della Costituzione dice che la Repubblica è fondata sul lavoro e noi non possiamo accettare i licenziamenti arbitrari. Secondo la FIOM, nello specifico, nella Fincantieri, le ditte e i lavoratori in regime di appalto sono aumentati a dismisura, in quasi tutti i cantieri. Il rapporto - e cito - fra lavoratori di Fincantieri è così sbilanciato, tanto da mettere fuori controllo la situazione e di moltiplicare il rischio di illegalità diffuse. Fincantieri non può negare che il sistema degli appalti abbia generato distorsioni e illegalità contrattuali più volte denunciate e dimostrate nelle aule di tribunale con processi chiusi a Gorizia, con sentenze di condanna passate in giudicato, che confermano quanto segnalato dal sindacato.
Lei, sottosegretario, sarà sicuramente a conoscenza delle accuse da parte sindacale, secondo cui i lavoratori di ditte in regime di subappalto attive entro il perimetro produttivo dello stabilimento di Monfalcone guadagnerebbero anche 4 euro l'ora. Siamo al limite dello schiavismo e sicuramente questi signori non fanno attività da colletti bianchi, fanno un'attività difficile; all'interno dei cantieri si rischia la vita tutti i giorni. E i frutti avvelenati di politiche aziendali che favoriscono licenziamenti arbitrari, precarizzazione e subappalti sono sotto gli occhi di tutti, ma, evidentemente, mi tocca dirlo, non di questo Governo. Per questo chiudo questa replica, sottosegretario, ricordando Sinisa Brankovic, forse lei lo ricorderà; è un operaio edile bosniaco di quarant'anni che è morto precipitando da un'impalcatura, solo lo scorso 2 marzo, proprio all'interno di quell'azienda. Così mi tocca dire con un grandissimo rammarico, nonostante tutte le leggi che si sono fatte per la sicurezza nei cantieri, nonostante il diritto dei lavoratori, nonostante lo Statuto dei lavoratori, nonostante questa dovrebbe essere un'azienda eccellente e di eccellenza del nostro Paese, ancora si continua a morire in cantiere e ad essere licenziati, diciamo pure così, senza una giusta causa.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'interpellanza e delle interrogazioni all'ordine del giorno.
Sospendiamo la seduta che riprenderà alle ore 15.
La seduta, sospesa alle 12,20, è ripresa alle 15.
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Bindi, Boccia, Ferrara, Fraccaro, Lorenzo Guerini, Lauricella, Molea, Piepoli, Francesco Saverio Romano, Rossomando, Speranza, Tofalo e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente centoventi, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,04).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 15,25.
La seduta, sospesa alle 15,05, è ripresa alle 15,30.
Seguito della discussione delle mozioni Brescia ed altri n. 1-01439, Palese ed altri n. 1-01603, Binetti ed altri n. 1-01606, Andrea Maestri ed altri n. 1-01611, Carnevali, Alli ed altri n. 1-01612 e Rondini ed altri n. 1-01613 relative al funzionamento dei cosiddetti centri hotspot per i migranti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Brescia ed altri n. 1-01439, Palese ed altri n. 1-01603, Binetti ed altri n. 1-01606, Andrea Maestri ed altri n. 1-01611, Carnevali, Alli ed altri n. 1-01612 e Rondini ed altri n. 1-01613 relative al funzionamento dei cosiddetti centri hotspot per i migranti (Vedi l'allegato A).
Ricordo che, nella seduta di venerdì 21 aprile, si è conclusa la discussione sulle linee generali. Avverto che sono state presentate le mozioni Rampelli ed altri n. 1-01631, Roberta Agostini ed altri n. 1-01634, Gregorio Fontana ed altri n. 1-01635 e la risoluzione Pili e Vella n. 6-00320 (Vedi l'allegato A), i relativi testi sono in distribuzione.
Avverto, infine, che la mozione Carnevali, Alli ed altri n. 1-01612 è stata sottoscritta anche dal deputato Menorello, che, con il consenso degli altri sottoscrittori, ne diventa il terzo firmatario.
(Intervento e parere del Governo)
PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo ha facoltà di intervenire, esprimendo altresì il parere sulle mozioni e la risoluzione presentate.
GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Allora, per quanto riguarda la mozione dell'onorevole Brescia ed altri, n. 1-01439, vi è un parere contrario sul preambolo e si propone, semmai, una riformulazione...
PRESIDENTE. Una riformulazione del dispositivo, onorevole sottosegretario?
GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Esattamente.
PRESIDENTE. Prego, la legga.
GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Sulla mozione...
PRESIDENTE. No, scusi, onorevole sottosegretario, mi deve leggere la riformulazione del dispositivo della mozione Brescia ed altri.
GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Si propone il seguente impegno: “a proseguire le iniziative finalizzate a rendere realmente effettivo il meccanismo di ricollocazione, nonché a modificare il regolamento (UE) n. 604/2013, in applicazione delle previsioni dell'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea sul principio di solidarietà tra gli Stati membri”.
Sulla mozione Palese ed altri n. 1-01603, sul preambolo...
PRESIDENTE. La premessa...
GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. ...il parere è favorevole, mentre si propone la seguente riformulazione del primo capoverso dell'impegno: “a valutare l'opportunità di definire una regolamentazione delle modalità di accoglienza, al fine di garantire l'omogeneità degli standard e della tipologia dei servizi da assicurare in coerenza con gli indirizzi normativi nazionali ed europei;”; sul secondo capoverso dell'impegno il parere è favorevole; sul terzo capoverso dell'impegno si propone la seguente riformulazione: dopo la parola “iniziative” sopprimere la parola “normative”.
Sulla mozione Binetti ed altri n. 1-01606, il parere è contrario sull'ultimo capoverso del preambolo; sul primo capoverso dell'impegno il parere è favorevole previa la seguente riformulazione: sostituire le parole “promuovendo anche l'utilizzo di strumenti più moderni degli attuali, con un esplicito riferimento a mezzi di natura telematica” con le parole “implementando, inoltre, le risorse strumentali a disposizione, comprese quelle di natura telematica;”; sul secondo capoverso dell'impegno il parere è favorevole...
PRESIDENTE. Scusi, onorevole sottosegretario. Chiederei ai colleghi che sono alla nostra sinistra, alla mia sinistra, onorevole Nicchi, scusate, ma qui è impossibile seguire quello che sta dicendo il sottosegretario, perché rimbomba moltissimo, scusate. Prego, continui.
GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Sul secondo impegno, il parere è favorevole previa riformulazione, sostituendo l'impegno con il seguente: “a valutare l'opportunità di implementare il numero degli operatori con un profilo culturale idoneo a favorire il dialogo e la collaborazione con i migranti presenti negli hotspot”. Sul terzo impegno parere favorevole, ma previa riformulazione, sostituendo l'impegno con il seguente: “a valutare l'opportunità di prevedere che, nell'ambito dell'hotspot, operino anche team specializzati mobili al fine di assicurare lo svolgimento delle funzioni nei luoghi di sbarco ove non sono presenti tali strutture”.
Il Governo esprime parere contrario sulla mozione Andrea Maestri ed altri n. 1-01611.
Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Carnevali, Alli, Menorello ed altri n. 1-01612.
PRESIDENTE. Sia sulla premessa che sul dispositivo?
GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Esatto.
PRESIDENTE. Anche nel caso della mozione Andrea Maestri ed altri n. 1-01611, parere contrario sia sulla premessa che sul dispositivo?
GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Esattamente.
Il Governo esprime poi parere contrario su tutta la mozione Rondini ed altri n. 1-01613.
Il Governo esprime parere favorevole, nel preambolo, sui primi cinque capoversi della mozione Rampelli ed altri n. 1-001631, e parere contrario su tutti gli altri capoversi. Sul primo impegno il parere è contrario, mentre sul secondo impegno parere favorevole previa riformulazione, ossia sostituire con il seguente impegno: “a valutare l'opportunità di definire una regolamentazione delle modalità di accoglienza al fine di garantire l'omogeneità degli standard della tipologia dei servizi da assicurare in coerenza con gli indirizzi normativi nazionali ed europei”. Sul terzo impegno il parere è favorevole; quarto impegno parere favorevole; quinto impegno parere favorevole previa riformulazione, ossia sostituire le parole da “che passi” fino alla fine del periodo, con le seguenti: “mediante il rafforzamento della cooperazione in materia migratoria dell'Unione europea e dell'Italia con i Paesi di origine e transito dei flussi”.
Il Governo esprime parere favorevole, nel preambolo, sui primi quattro capoversi della mozione Roberta Agostini ed altri n. 1-01634, mentre il parere è contrario su tutti gli altri capoversi. Sul primo impegno vi è parere contrario; sul secondo impegno parere favorevole; sul terzo impegno parere favorevole, previa riformulazione, ossia sostituire le parole: “ad assumere le iniziative per” con le seguenti: “a continuare”. Sul quarto impegno il parere è favorevole previa riformulazione ossia sostituire le parole: “a prevedere” con le parole: “continuare a prevedere”. Sul quinto impegno il parere è favorevole.
Il Governo esprime parere contrario su tutta la mozione Gregorio Fontana ed altri n. 1-0163 e sulla risoluzione Pili e Vella n. 6-00320.
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Locatelli. Ne ha facoltà.
PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signora Presidente. Purtroppo, come testimoniano anche gli ultimi dati sui flussi diretti verso il nostro Paese, il problema dei migranti appare destinato a crescere, almeno nell'immediato futuro. Gli arrivi nei primi quattro mesi e mezzo dell'anno sono aumentati del 44 per cento e questo autorizza a pensare che, nel 2017, verrà ben superata la cifra di 200 mila arrivi. La situazione è poi complicata dai rischi connessi alla gestione delle risorse, come testimonia l'ultima inchiesta sul centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto e dalle polemiche sorte attorno alle dichiarazioni del procuratore Zuccaro sull'opera di alcuni esponenti di singole ONG; fenomeno limitato. La riforma del Regolamento di Dublino poi è ancora di là da venire e siamo di fronte al fallimento pressoché totale del programma di ricollocamento.
Sui quasi 35.000 previsti in sede comunitaria, per l'Italia appena 5.700 sono stati i migranti ricollocati, mentre la proposta italiana sul migration compact resta sulla carta e non sono nemmeno cessate le resistenze del gruppo dei quattro di Visegrad. A tutto ciò si aggiungono le critiche contenute, pare, in uno studio del Parlamento europeo che verrà discusso martedì in plenaria a Strasburgo; il quadro non è dei più semplici e dei più felici.
Con riferimento agli hotspot, oggi sono attualmente quattro quelli attivi e altri cinque sono in fase di realizzazione, ma, di fronte al flusso crescente e alla insufficiente collaborazione comunitaria, il rischio è che l'Italia diventi un grande hotspot europeo. Sappiamo tutti che il fenomeno dei migranti va affrontato all'origine, perciò giudichiamo positivamente l'accordo raggiunto con le autorità libiche e la pressione congiunta con la Germania affinché l'Unione europea aiuti la Libia a difendere i suoi confini meridionali. Ed è per questo che noi sosteniamo le iniziative tese ad ottenere una concreta - sottolineo: concreta - solidarietà in Europa e sosteniamo pure ogni passo utile a far sì che gli hotspot siano strutture decorose dotate del personale necessario per il loro migliore funzionamento anche per quanto riguarda l'accesso alla protezione internazionale. Annunciamo il voto favorevole alla mozione a prima firma Carnevali n. 1-01612 e a tutte le altre secondo le indicazioni del Governo.
PRESIDENTE. Aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Binetti, che però non vedo in Aula.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palese. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Grazie, signora Presidente. Non c'è dubbio che l'agenda europea sulla migrazione presentata il 13 maggio 2015 dalla Commissione europea per fronteggiare e migliorare la gestione dei migranti prefigura l'istituzione di un nuovo metodo basato sui punti di crisi, gli hotspot, collocati nei luoghi stessi dello sbarco. Costituisce quindi questo nuovo strumento il fulcro della nuova strategia europea sui flussi migratori e sono strutture in cui le forze dell'ordine nazionale, coadiuvate dai funzionari dell'agenzie europee Frontex, Europol ed Easo, sottopongono i migranti ad operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico e, al contempo, forniscono informazioni sulla procedura di protezione internazionale, sul programma di ricollocazione in altri Stati membri dell'Unione europea e sulla possibilità di ricorso al rimpatrio volontario assistito. L'accordo sulla creazione dei punti di crisi è stato raggiunto in occasione del Consiglio europeo del 25 e 26 giugno 2015 e, a settembre 2015, il Governo italiano ha presentato una roadmap, individuando 6 distinte sedi di hotspot: Lampedusa, Pozzallo, Porto Empedocle, Trapani, Augusta e Taranto (quattro quelle attive alla data odierna, ossia Lampedusa con 500 posti di capienza, Taranto, Trapani e Pozzallo, con 400 posti). Alla luce di tutto ciò, rileviamo che purtroppo, soprattutto in quest'ultimo periodo, nel periodo estivo, i flussi migratori aumentano notevolmente in tutti i sensi. Noi riteniamo cioè che la discussione che oggi il Parlamento affronta, e che ha già affrontato nella discussione generale, ovvero la proposta di queste mozioni, serva in particolare a fare assumere iniziative da parte del Governo per fornire un quadro normativo di riferimento per le strutture stesse degli hotspot, per fronteggiare tutta la situazione potenzialmente critica ed emergenziale del fenomeno migratorio e a valutare anche l'opportunità di implementare il numero stesso degli hotspot da dislocare sul territorio nazionale. In coerenza con quanto previsto dalle procedure operative, a valutare l'opportunità anche di assumere iniziative normative, a prevedere che l'hotspot possa essere non solo fisso, inteso come luogo fisico stabile, ma anche mobile, costituito da un team specializzato che, lavorando in mobilità, garantisca il funzionamento degli hotspot anche nei casi di sbarchi avvenuti in porti distanti dagli specifici centri già operativi.
Questi sono impegni che noi riteniamo il Governo debba assumere nel più breve tempo possibile, attesa l'alta intensità di questo periodo e nel proseguo dei prossimi mesi; con la stagione estiva ancora maggiormente rilevante sarà questo fenomeno. Quindi, riteniamo che il Governo debba intervenire per cercare, quanto meno, di avere una normativa molto più precisa, una regolamentazione molto più precisa, molto più sicura, eventualmente anche di implementare i siti degli hotspot per poter meglio fronteggiare questa vera e propria emergenza, nonché quella, immancabile, di stimolare soprattutto la comunità europea ad avere una strategia molto più significativa, molto più incisiva rispetto a questo fenomeno, a non lasciarci soli come al solito (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.
FABIO RAMPELLI. Grazie, Presidente, colleghi deputati e, in modo particolare, colleghi deputati che sostengono questo Governo, colleghi della maggioranza, Governo e chi lo rappresenta, cercherò di effettuare una riflessione pacata, perché intendo, viceversa, dire sul piano dei contenuti delle cose molto pesanti, e quindi non le voglio troppo appesantire utilizzando elevati toni, ma la misura è davvero colma. Sono ormai oltre tre anni che ci troviamo, a intervalli regolari, a discutere di questi flussi migratori eccezionali e dobbiamo ricordare a noi stessi che qui non siamo in lavanderia, non è consentito dire tutto e il contrario di tutto. Le affermazioni che ciascuno di noi lascia a verbale di questo Parlamento sono atti di responsabilità. Ciò che si dice e, ancor di più per chi ha responsabilità amministrative e di Governo, ciò che si fa lo si fa in nome e per conto del popolo italiano e ha una ridondanza e delle conseguenze.
Era evidente a tutti quanto fosse fallace fin dal principio l'approccio dei Governi italiani relativamente ai flussi migratori. Abbiamo parlato in lungo e largo degli interessi giganteschi, interessi africani, gli interessi dei trafficanti di uomini, gli interessi degli scafisti, interessi economici, interessi finanziari, persino. Abbiamo parlato in lungo e largo, qui, in quest'Aula, tante volte, e il fatto che queste parole e queste riflessioni siano giunte dai banchi dell'opposizione non autorizza nessuno, in un Parlamento responsabile, a voltarsi dall'altra parte, a far finta di niente, a tapparsi le orecchie. Spesso e volentieri, anche dai banchi della destra italiana, c'è stata attenzione verso riflessioni profonde, talvolta persino condivisibili, provenienti dai banchi della sinistra, della variegata sinistra italiana.
Altrettanto non è capitato, e così oggi ci troviamo a totalizzare - tre indizi fanno una prova - l'ennesima clamorosa figura barbina, dopo i fatti di Isola Capo Rizzuto, perché da questi banchi oltre tre anni fa abbiamo denunciato l'intreccio tra trafficanti di uomini, scafisti, malavita organizzata, cioè, in modo particolare, esattamente quel circuito criminale che fa capo alla mafia, alla ‘ndrangheta, alla camorra, e che coinvolge, di diritto o di rovescio, i centri di accoglienza, il sistema dell'accoglienza dei migranti in Italia. Lo abbiamo fatto conti alla mano, siamo venuti qui, nei question time, nelle interrogazioni a risposta scritta, nelle mozioni, negli interventi per dichiarazione di voto, negli interventi in discussione sulle linee generali, siamo venuti qui a raccontarvi le cifre di cooperative sociali che hanno implementato il proprio fatturato, nell'arco di un anno, del mille per mille.
Piccole realtà associative che improvvisamente si sono trovate a fare i conti con un fatturato, anzi, con degli utili di milioni di euro l'anno. Tre indizi fanno una prova: Isola Capo Rizzuto, CARA di Mineo, Buzzi. E, se siete arrivati tardi, ne avete voi, colleghi della maggioranza, tutta la responsabilità morale e politica di quanto accaduto.
Ma di più, di più, avendo coperto questa vergogna con la foglia di fico della solidarietà, una solidarietà finta e pelosa, perché la solidarietà vera è quella che impedisce alla radice che decine di migliaia di persone possano morire disperate e disgraziate, annegate nel Mar Mediterraneo. Che solidarietà è quella che lascia annegare decine di migliaia di persone nel Mar Mediterraneo? La chiamate così? E come si chiama il razzismo? E come si chiama il cinismo? Che forma assume, di grazia? È una domanda che risuona non tra questi banchi, ma nelle vostre coscienze, e oggi ancor di più dopo che abbiamo visto campeggiare le foto del Ministro Alfano con persone tutt'altro che raccomandabili; dopo che abbiamo visto sottosegretari di questo Governo inquisiti per le vicende relative alla gestione dei centri di accoglienza; dopo che abbiamo visto tutta la rete, la filiera di Mafia Capitale, che avete tentato di spostare altrove, ma che aveva una radice molto chiara e definita da un punto di vista delle responsabilità politiche e che era tutta collocata a sinistra.
Per quanto tempo ancora dobbiamo accettare questo vostro modo di procedere? Avete tentato - questo ha fatto il Governo fino a un certo punto - di evitare il rilevamento delle impronte digitali, le fotosegnalazioni, immaginando che l'Italia potesse essere semplicemente un Paese di transito per i migranti provenienti dall'Africa in cerca di fortuna, non in fuga dalle guerre o dalle persecuzioni. Altro episodio che voi nascondete, ma che tutti conoscono, perché il 90 per cento delle persone che arrivano in Italia e che chiedono la proiezione internazionale ha una risposta negativa dalle istituzioni italiane rispetto alla possibilità di accedere all'istituto dell'asilo politico perché non fugge da guerre, non fugge da persecuzioni.
Eppure, una volta avuta la risposta negativa rispetto a questa domanda, nessuno li riporta a casa loro, con l'aggravante che escono dai centri di accoglienza e si distribuiscono disordinatamente in tutto lo Stivale nelle piccole città, nelle periferie delle grandi città, aumentando il degrado, aumentando l'insicurezza, quasi sempre restando, alla faccia della vostra lurida solidarietà, nelle mani della malavita organizzata. Questa è la storia: chi finisce nel circuito della droga, chi finisce nel circuito del racket, chi finisce nel circuito della prostituzione.
Questa è la solidarietà che andate declamando? C'è qualcosa che non torna e che si riesce a giustificare solo e soltanto se vi è un'evidente complicità in questo circuito, che, da un punto di vista economico, ammonta alla bellezza di 5 miliardi di euro l'anno. una finanziaria dello Stato! Cinque miliardi di euro, che, come abbiamo denunciato oltre tre anni fa, non potevano che essere intercettati anche dal circuito della malavita organizzata.
Voi vi siete voltati dall'altra parte, avete tentato di nascondere la testa sotto la sabbia, finché l'Europa non ci ha costretto a mettere in campo i cosiddetti hotspot, di cui oggi parliamo e che noi vi chiediamo di chiudere, perché gli hotspot vanno bene se vengono collocati in Nord Africa, se le domande di protezione internazionale possono essere esaminate in collaborazione con gli organismi internazionali, Europa e ONU in testa, in collaborazione con i Paesi nordafricani, ma se vengono collocati lì, facendo un blocco navale, primo, per salvaguardare la vita umana, perché l'unico modo per fare davvero solidarietà è impedire la mattanza che si consuma nel braccio di mare che va dalla Libia alla Sicilia.
Blocco navale che, incredibilmente - e concludo -, diventa fattibile, realizzabile, per non disturbare i padroni del vapore, i grandi manovratori, impegnati a Taormina, clamorosamente, sede coincidente con la Sicilia che ospita gli sbarchi di immigrati clandestini, che li ha ospitati e li ospita tuttora, il Governo ha praticamente sentenziato che non sarà più possibile avere degli sbarchi nei sette giorni in cui si lavorerà nel G7. Allora, è possibile bloccare questi sbarchi o no? È possibile soltanto per non dare fastidio ai potenti della Terra? Ecco svelato l'ultimo tassello della vostra grande ipocrisia.
Per questa ragione, noi sosterremo con voto favorevole tutte le mozioni che chiederanno la chiusura immediata degli hotspot o il loro trasferimento in nord Africa e bocceremo tutte le mozioni che andranno in continuità rispetto a questa gestione irresponsabile e antisolidaristica dei flussi migratori (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Onorevole, Rampelli, mi scusi, ma non ho capito se accetta le riformulazioni proposte dal Governo.
FABIO RAMPELLI. Noi chiediamo la votazione per parti separate, rispetto alle correzioni proposte dal Governo.
PRESIDENTE. Quindi, non accetta le riformulazioni.
FABIO RAMPELLI. No.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Santerini. Ne ha facoltà.
MILENA SANTERINI. Grazie, Presidente. Dal maggio 2015, con l'Agenda sulla migrazione, il documento della Commissione europea, si è cominciato a parlare di hotspot, con alcune proposte per cambiare il modo in cui gli Stati europei hanno gestito o gestivano il fenomeno dei migranti.
Ora, a due anni di distanza, il motivo per cui sono stati proposti - e cioè la necessità richiesta dall'Europa di identificare i migranti in arrivo - è stato realizzato, di fatto; l'identificazione di chi sbarca in questo momento in Italia è molto cresciuta ed è pressoché totale. In questo senso il problema non è un eventuale rafforzamento degli hotspot, come qualche mozione chiede, o di renderli strutture volanti, ma dobbiamo richiamare il Parlamento e il Governo alle vere emergenze irrisolte, dopo due anni, e che io vorrei ricordare.
La prima è il numero dei morti in mare, che sta aumentando: più di 1.300 nel solo 2017, uno su tre di chi parte dalla Libia, addirittura.
La seconda emergenza è l'aumento delle domande di asilo in Italia che vengono respinte dalle commissioni, perché il problema di fondo del nostro sistema, in questo momento, è l'assenza di una via legale per rimanere in Italia per persone il cui profilo, la cui storia migratoria non corrisponde all'idea di rifugiato che ci siamo dati con la Convenzione di Ginevra del 1951. A distanza di tanti anni, non abbiamo più la figura del rifugiato in senso stretto, come allora; dobbiamo, quindi, trovare nuovi sistemi per riconoscere o per accompagnare il percorso migratorio di queste persone. Quindi, bisogna ragionare su una riapertura dei flussi legali, dei corridoi umanitari, ma, soprattutto, occorre utilizzare meglio - e questo lo chiedo al Governo - lo strumento della sponsorship, cioè l'utilizzo di quelle risorse della società civile che permetterebbero veramente allo Stato di fare fronte a un fenomeno così imponente.
Il problema non è bloccare i flussi migratori, noi stiamo rischiando di aumentare gli irregolari in Italia. In molti casi, abbiamo profughi da anni accolti in Italia che, magari, hanno fatto ricorso, la cui domanda è stata respinta, noi abbiamo speso soldi pubblici e loro hanno avviato un percorso di integrazione nel nostro Paese, che sarà messo a dura prova da una condizione nuova di irregolarità. Infatti, come sappiamo bene, lo dice anche, ad esempio, uno studio dell'Università Bocconi, gli stranieri che ottengono il permesso di soggiorno sono per il 50 per cento meno propensi a commettere reati economici gravi rispetto a chi non ha potuto mettersi in regola.
Anche secondo il Viminale, gli stranieri regolari hanno dati di criminalità in linea con gli italiani, mentre, tali dati, crescono drasticamente tra quelli che sono senza permesso.
L'altro elemento che vorrei ricordare è la relocation, la ridistribuzione troppo lenta. La situazione al 30 marzo indica che, complessivamente, sono stati ricollocati solo 16.000 migranti, di cui 4.700 dall'Italia e 11.279 dalla Grecia.
Infine, aumentano le persone respinte e sono ben 3.129 quelle rimandate in Italia nel 2016 - ne sa qualcosa la città di Milano, in cui arrivano - e sono destinate ad aumentare nel 2017, proprio perché con l'identificazione pressoché totale avremo sempre di più, ovviamente, un respingimento dai Paesi europei verso l'Italia.
La proposta di riforma di Dublino IV, diciamo così, che si sta discutendo, non è ancora efficace, non può essere ancora giudicata positivamente, anzi, a ottobre, lo European Council on Refugees and Exiles, che riunisce novanta organizzazioni di trentotto Paesi europei, ha pubblicato un esame dettagliato della riforma, esortando, in realtà, i Parlamenti a emendarla. Quindi, questo è il quadro di cui stiamo parlando.
Sugli hotspot, va chiesto che siano garantiti gli standard di rispetto e di democrazia al loro interno, questo è molto importante. Vorrei ricordare che Amnesty International, in un rapporto presentato nel novembre 2016 al Senato, ha ribadito che, nella maggior parte dei casi, il comportamento degli agenti di polizia risulta professionale e che la vasta maggioranza delle impronte digitali viene presa senza incidenti; tuttavia, come spesso capita, ci sono anche alcuni casi di denunce, che trovano, di fatto, una certa coerenza.
Poi va aggiunto che a marzo 2017 la prima relazione al Parlamento del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, Mauro Palma, ha detto che la natura giuridica degli hotspot resta non chiara, indefinita, una sorta di limbo giuridico, una struttura intermedia tra centri di prima accoglienza e centri di identificazione ed espulsione; sappiamo che il trattenimento negli hotspot, le modalità e la durata dello stesso non sono sottoposti al vaglio dell'autorità giudiziaria, nonostante si tratti di una misura che incide sulla libertà personale dell'individuo; così afferma il Garante.
Vorrei ricordare, ancora, che gli hotspot devono essere aperti, accessibili ai giornalisti, alle agenzie di monitoraggio; non devono esserci permanente lunghe; sono previste 48 ore, prorogabili massimo a 72, per persone che - ricordiamolo - arrivano dall'aver subìto violenze in Libia, negli altri Paesi, in quella specie di via crucis, davvero, che fanno in Africa o in Asia per arrivare a destinazione.
Nei fatti, invece, la permanenza negli hotspot è sostanzialmente indeterminata, perché è rimessa allo svolgersi della procedura di fotosegnalamento e di rilevamento delle impronte e, lo ripeto, questo avviene anche perché l'Italia, giustamente, non ha accolto la sollecitazione di alcuni Paesi europei a forzare con la violenza il prelievo delle impronte, perché la via italiana, per fortuna, è quella del convincimento ad accettare il fotosegnalamento, e ciò anche per i minori non accompagnati; anche se sembra impopolare dirlo, è per la loro protezione che, davvero, dovremmo, come hanno chiesto, per esempio, i carabinieri, facilitarne la segnalazione.
Quindi, i tempi di permanenza si allungano di quindici giorni a Lampedusa, di cinque a Trapani, dieci a Taranto e così via, e si allungano ulteriormente appunto quando parliamo di minori non accompagnati, che sono trattenuti in media due settimane in più rispetto agli adulti. Questo è dovuto al fatto che l'Italia, sulla base della Convenzione, considera i minori non accompagnati persone vulnerabili e da tutelare, non da espellere. Ora, con la nuova legge sui minori stranieri non accompagnati, queste tutele verranno ancor più rafforzate.
Insomma, anche come abbiamo ascoltato dalla relazione del Garante, vi sono spunti di riflessione sulle attuali criticità dell'uso della detenzione e quello che noi chiediamo, appoggiando alcune mozioni, è appunto di rafforzare gli standard democratici e sostanzialmente procedere verso il superamento di queste strutture, con una revisione che vada finalmente e soprattutto nella direzione del ripristino di flussi regolari.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Menorello. Ne ha facoltà.
DOMENICO MENORELLO. Signora Presidente, il Parlamento si sta occupando, a ritmi doverosamente crescenti, dei temi che riguardano i flussi migratori e il compito delle Camere deve essere non solo limitato ad intervenire puntualmente sugli aspetti di maggior criticità, ma anche rivolto a facilitare una logica di sistema dei singoli interventi, per politiche organiche che mirino ad uscire da quell'affanno emergenziale imposto soprattutto dall'incalzare esponenziale degli eventi.
In effetti, le mozioni in discussione, dedicate ai cosiddetti hotspot, ovvero al primo cruciale passaggio nella filiera del governo di questa imponente ondata immigratoria, vogliono avere lo scopo di indicare all'Esecutivo uno sguardo di sistema con cui organizzare questo fondamentale tassello. Si tratta, come è noto, di strutture da allestire in luoghi sensibili per lo sbarco di immigrati, finalizzate, secondo gli intendimenti dell'Agenda europea del 13 maggio 2015, all'identificazione di tutti i migranti in arrivo via mare, per poter poi procedere, in modo non caotico e indistinto, al successivo smistamento nei centri di accoglienza italiani nonché, in teoria, europei.
Ripercorrendo, dunque, a ritroso gli obiettivi fissati in materia dal legislatore italiano, solo il 7 aprile scorso è stata approvata in via definitiva la legge n. 47, che ha introdotto una speciale normativa per i minori stranieri non accompagnati, allo scopo di rafforzare le tutele nei confronti dei più deboli di tutti e garantire un'applicazione uniforme di questo nuovo standard di accoglienza su tutto il territorio nazionale.
Conseguentemente, nel realizzare gli hotspot, dovranno tenersi in massima considerazione le cautele dettate dalla citata legge n. 47 di quest'anno, al fine di riservare da subito ai minori modalità di primo impatto e di identificazione che evitino una indistinta promiscuità con gli adulti diversi dai possibili familiari e che, per quanto possibile, recidano immediatamente legami diretti o indiretti, evidenti o solo possibili, con circuiti organizzati che possano condizionare verso l'illegalità i migranti più giovani.
Tornando ora ad altri interventi del legislatore nel corrente mandato parlamentare in materia immigratoria, la conversione, lo scorso aprile, del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, recante disposizioni per l'accelerazione delle procedure amministrative e giurisdizionali, va correlata all'attuazione di un'effettiva protezione internazionale, a sua volta disciplinata con il precedente decreto legislativo n. 142 del 2015.
Al fine di permettere l'avvio di percorsi meno inadeguati di integrazione personale e sociale delle persone aventi diritto a tale protezione internazionale, lo stesso citato decreto-legge n. 13 del 2017 ha considerato essenziale poter velocemente ed efficacemente identificare i migranti, per distinguere aborigine fra chi deve essere rimpatriato e chi merita uno status e un iter di accoglienza.
Per questo, il decreto “Minniti” ha riservato una particolare attenzione alle procedure di segnalamento e identificazione dei migranti, attrezzando a tal fine apposite strutture nelle zone di sbarco, in cui si stanno registrando crescenti livelli di attività.
Tali hotspot hanno quindi due finalità, strettamente connesse alla possibilità stessa di assicurare la suddetta protezione internazionale: procedere cioè all'immediata identificazione di tutti i migranti che giungono via mare nell'area Schengen e definire la posizione giuridica di chi ha titolo per accedere ai protocolli di accoglienza, avviando invece rapidamente il rimpatrio per gli altri. Senza tale iniziale passaggio, i trasferimenti nel territorio continueranno ad avvenire in maniera indifferenziata, addirittura procedendo allo smistamento di soggetti non segnalati e rimandando nelle sedi di destinazione l'identificazione e l'ulteriore perfezionamento di un'eventuale richiesta di protezione.
Così si avvantaggiano semmai i soggetti senza titolo e si continua a penalizzare chi è davvero in una situazione di necessità, altresì dando luogo a ovvi fenomeni di allarme nella popolazione dei territori italiani.
Gli hotspot sono perciò il punto d'appoggio irrinunciabile per una nuova strategia sui flussi migratori che pretenda da subito operazioni di rilevamento e di identificazione e sia in grado di produrre il più tempestivamente possibile informazioni sull'attivabilità o meno di una procedura di protezione internazionale, per ipotizzare un programma di ricollocazione anche in altri Stati membri dell'Unione europea, ovvero un rimpatrio volontario assistito.
Il Governo europeo sembra a parole convinto della medesima strategia: già nel settembre 2015, a Bruxelles, i Ministri dell'interno, nel definire una nuova linea straordinarie di accoglienza, affermavano la necessità di strutture dedicate all'identificazione e al successivo smistamento, fino all'annuncio del 23 settembre 2016 da parte del Presidente della Commissione, che ha comunicato al vertice dei Capi di Stato e di Governo l'inizio delle operazioni per arrivare finalmente agli hotspot.
Le autorità europee hanno stabilito, un po' comodamente, che il sistema di questi nuovi centri specializzati sarebbe stato in Italia, dove gli esperti delle Agenzie dell'Unione sono già operativi, cosicché tre dovrebbero venire realizzati di Sicilia e uno sull'isola di Lampedusa, mentre dall'inizio del 2016 avrebbero dovuto aprire anche i centri di Taranto e di Augusta.
Come si vede, il condizionale è d'obbligo, perché i ritardi nel dare corso a un nuovo metodo nell'accoglienza dei migranti sono sotto gli occhi di tutti e gli hotspot così come prefigurati non sono ancora realtà, mentre negli attuali centri di prima accoglienza quasi nulla è cambiato nelle procedure usate per registrare i migranti.
Il condizionale poi è ancor più d'obbligo per la parte relativa alla possibilità di razionale riallocamento degli aventi diritto in tutta l'Unione europea; infatti, nonostante i tentativi dispiegati dal Governo italiano, la riforma del regolamento Dublino III, in favore di un sistema comune europeo di gestione delle domande di asilo, più volte annunciata, è lontanissima dall'essere credibilmente attuata, come i numeri più volte citati in questo dibattito lo dimostrano.
Per queste ragioni il gruppo Civici e Innovatori voterà a favore delle mozioni che impegnano il Governo ad adottare ogni ulteriore iniziativa utile per rilanciare un'effettiva condivisione dell'Europa sulle politiche di accoglienza e di allocazione dei migranti, nonché per rendere effettivi e rimpatri e le espulsioni dei migranti privi di titolo, ma anche per garantire che gli hotspot siano strutture decorose e ospitali, rafforzando al loro interno i servizi di mediazione linguistico-culturale e di informativa legale e un'organizzazione che rispetti, in particolare, i minori (Applausi dei deputati del gruppo Civici e Innovatori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Vezzali. Ne ha facoltà.
MARIA VALENTINA VEZZALI. Presidente, sottosegretario, colleghi, queste mozioni ci offrono la possibilità di discutere del ruolo, del numero e della necessità degli hotspot, ma prima ancora di ragionare con compiutezza dell'immigrazione, cercando di fare sintesi tra diverse sensibilità, diverse interpretazioni dell'accoglienza, rapporti di forza con l'Europa, scenari internazionali da cui non possiamo sottrarci. Un fenomeno, quello migratorio, che da troppo tempo stiamo gestendo cercando di trovare delle risposte all'emergenza; un'emergenza che deriva da molteplici ragioni, visto che i flussi sono continui e con numeri che, pur già definiti da esodo, sono in costante crescita.
I migranti, che le logiche umanitarie vorrebbero tutti sullo stesso piano, in realtà sono profughi e richiedenti asilo se provengono da alcuni Paesi e se sono vittime di persecuzioni e guerra, altrimenti sarebbero da considerare solo persone alla ricerca di una opportunità e, in teoria, essendo migranti che definiamo economici, potrebbero essere rimpatriati.
L'età di queste persone è sempre più bassa: siamo in presenza di un alto numero di minori, spesso non accompagnati, che facciamo fatica a monitorare nel territorio nazionale, e di donne con bimbi piccolissimi, che necessitano anche di assistenza e cure. Siamo la frontiera europea nel Mediterraneo, ma, a parte i buoni propositi, su questo fronte si fatica a vedere atti concreti di solidarietà.
Ancora più sporadici sono gli atti di condivisione del problema, che, invece, una comunità che tutti vorremmo politica dovrebbe assicurare. Gli Accordi di Dublino ci impongono, essendo il Paese di sbarco, di gestire sul posto tutte le fasi di identificazione e accoglienza di queste persone per poi, una volta accertato il numero di coloro che vogliono e hanno diritto di presentare domanda di protezione internazionale, ricollocarli in base a quanto stabilito negli altri Paesi dell'Unione.
Le note vicende che ci hanno raccontato i media (i muri, i fili spinati, la sospensione dell'Accordo di Schengen deciso da alcuni membri dell'Unione) ci costringono a gestire in solitario questo fenomeno complesso e a fronteggiare disagi economici e conflitto sociale in non poche aree del Paese.
Alcune soluzioni adottate, compresa l'accoglienza diffusa, si sono rivelate inefficaci, così come è necessario, ma difficile, conciliare il valore dell'accoglienza con il diritto alla sicurezza dei cittadini. Affinché siano garantiti i diritti di tutti e si possa parlare di un'efficace integrazione c'è bisogno di dialogo e di collaborazione più che di decisioni centralizzate che spostano il problema senza risolverlo.
In assenza di accordi bilaterali con i Paesi da cui provengono, senza riuscire a sistemarli in strutture ospitali e decorose, senza provare ad aprire corridoi umanitari, nella consapevolezza del fatto che non riusciremo a contenere i numeri dei migranti di cui dovremo farci carico e non saremo in grado di sostenere questo stato di cose all'infinito, dobbiamo inquadrare il problema immigrazione entro limiti precisi, dicendoci ed essendo chiari con la comunità internazionale che non possiamo mettere in discussione i nostri equilibri, né possiamo dedicare uomini, mezzi e risorse a questo fenomeno a discapito delle emergenze che il Paese deve affrontare.
Se non possiamo trattenere gli immigrati senza tutele, non possiamo rimpatriarli senza conoscere la loro provenienza; se non dobbiamo pensare al loro come un pericolo, abbiamo il dovere di uscire dall'impostazione emergenziale e governare questi flussi rendendoli possibili e controllabili.
Abbiamo dato finora prova di grande generosità e di umanità: i volontari, i militari, i soccorritori, i cittadini, tutti insieme, hanno collaborato nelle aree in cui si concentrano gli sbarchi affinché nessuno fosse lasciato solo e non dobbiamo permettere che di questo Paese venga raffigurata la speculazione, che pure dobbiamo accertare e condannare. La soluzione del problema, che non si è presentato oggi e si annuncia di lungo termine, presuppone l'individuazione di misure politiche, economiche e sociali, culturali e strategiche non solo nazionali, ma anche internazionali, che non possiamo ridurre al ruolo degli hotspot di cui discutiamo con queste mozioni.
Quello che si è avviato è un processo che porta con sé opportunità e insidie, perché il mondo senza barriere e stereotipi per ora è solo un progetto; un mondo nel quale possano condividere culture e credi differenti, etnie e tradizioni diverse, è una necessità e realizzare la società complessa nella quale ogni individuo si possa sentire a casa sua, pienamente integrato, è ciò su cui dobbiamo lavorare. L'ambizione di coniugare il rispetto delle regole con l'integrazione è il passo da fare verso la modernità; è quello che occorre per dare un volto umano alla globalizzazione.
Il gruppo Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE voterà le mozioni che più si avvicinano alle osservazioni appena espresse (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Maestri. Ne ha facoltà.
ANDREA MAESTRI. Grazie, signora Presidente. Con la nostra mozione siamo tornati ad occuparci del sistema italiano d'accoglienza per migranti e richiedenti asilo, un'eterna incompiuta dal punto di vista giuridico e politico. Sì, perché, dal punto di vista politico, il modello hotspot sposa coerentemente la linea tracciata dal decreto-legge Minniti-Orlando che si può compendiare nelle azioni contenere, chiudere, allontanare, segregare e con la linea europea del Migration Compact che certifica l'incapacità dei leader dell'Unione di disegnare un nuovo diritto d'asilo europeo.
Prevale l'approccio concentrazionario e repressivo; si ribalta il paradigma della direttiva 2013/33/UE secondo la quale il trattenimento, termine molto ipocrita per descrivere la privazione della libertà personale dei migranti, nei centri dei richiedenti asilo deve essere l'extrema ratio. Gli hotspot, invece, da noi sono la prima e unica ratio. Sono dei non-luoghi in cui è sospeso l'habeas corpus, in cui le minime garanzie costituzionali, i diritti inviolabili dell'uomo, comprese le donne, le gestanti e i bambini sono sospesi. L'attuazione di misure coercitive, detenzione prolungata e ricorso alla forza fisica, per l'identificazione dei migranti è sintomatica dell'approccio repressivo adottato, con l'effetto di costringere chi non vuole farsi identificare in Italia per sfuggire alle odiose rigidità di Dublino a subire trattamenti disumani e degradanti. I decreti Minniti, che hanno disvelato l'opzione reazionaria di un Partito Democratico che per non essere accusato di copiare la destra addirittura l'anticipa, erano l'occasione per colmare un intollerabile vuoto normativo e, invece, con il nuovo articolo 10-ter che, ricordo, viene subito dopo il 10-bis, reato di clandestinità, da abolire avete riesumato la “legge Puglia” del 1995 ma quelli della “legge Puglia” erano solo tre centri, proprio in Puglia, avevano un orizzonte limitatissimo, dovevano servire per la prima assistenza mentre oggi negli hotspot pretendete di fare lo screening tra migranti economici e richiedenti asilo come la selezione della carne da macello nei mattatoi: una parte destinata alla lavorazione e l'altra allo scarto. Il decreto-legge Minniti ha dolosamente evitato di regolamentare questa delicata materia degiurisdizionalizzando e lasciando sopravvivere uno spazio di pericolosa discrezionalità amministrativa nella gestione di questi luoghi e di chi vi è rinchiuso.
Avete la piena responsabilità politica di avere stuzzicato, con l'approccio dell'emergenza e della gestione extraordinem, gli appetiti della malavita, come ci ricorda purtroppo la cronaca giudiziaria di questi giorni. Da tempo indichiamo le possibili soluzioni alternative inutilmente e con questa mozione vogliamo ribadirlo con forza: occorre aprire canali legali di ingresso in Italia, percorribili in sicurezza dai migranti per togliere risorse ai mercanti di esseri umani; occorre superare la detenzione amministrativa come metodo di gestione dei flussi migratori; occorre superare l'approccio emergenziale criminogeno degli hotspot. Per questo voteremo a favore della nostra mozione Andrea Maestri ed altri n. 1-01611, la sola che esprime una posizione netta e chiara su questo sistema malato. Sappia, signor sottosegretario, glielo dico attraverso la Presidenza, che il parere totalmente contrario del Governo sulla nostra mozione è per noi un punto d'onore (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rondini. Ne ha facoltà.
MARCO RONDINI. Grazie, Presidente. Sono costretto a riprendere ciò che ho avuto già modo di esporre nel mio intervento in discussione generale per motivare, da un lato, la nostra posizione di rifiuto nei confronti di tutto il sistema d'accoglienza e, dall'altro, per annunciare che comunque voteremo contro tutte le mozioni che sono state presentate, ad esclusione di quelle Gregorio Fontana ed altri n. 1-01635 e Rampelli ed altri n. 1-001631.
Gli hotspot avrebbero dovuto garantire in combinato disposto con i ricollocamenti un metodo di gestione dei flussi migratori eccezionali per dare sostegno agli Stati membri in prima linea nell'affrontare le forti pressioni migratorie alle frontiere esterne dell'Unione europea. Questo almeno stando ad una scheda informativa della Commissione europea.
Nel maggio del 2015 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di interventi, recepiti dal decreto legislativo n. 142 dell'agosto del 2015, per contrastare la crisi migratoria in corso, tra cui l'approccio hotspot e i piani di ricollocamento. Queste due misure, avallate dal Consiglio europeo, avrebbero garantito - il condizionale è d'obbligo - un miglior contenimento dei crescenti flussi migratori illegali, rafforzando la gestione delle frontiere esterne dell'Unione. Nell'agenda europea, gli hotspot sono stati presentati come una valida iniziativa per aiutare gli Stati in prima linea a identificare, registrare e rilevare rapidamente le impronte digitali dei migranti in arrivo e, a seconda delle situazioni, valutare caso per caso.
Tali attività potevano essere supportate dalle agenzie dell'Unione europea, ma da questo supporto - e qui la prima nota dolente - sono esclusi l'accoglienza dei richiedenti asilo e l'esame delle loro domande, ed anche i rimpatri rimarranno essenzialmente nelle mani e peseranno sul bilancio dello Stato ospitante, nonostante l'esistenza di qualche forma molto, molto limitata di sostegno finanziario ed operativo da parte dell'Unione europea.
Vale la pena, a tal proposito, ricordare che, fra il 2013 e il 2016, la spesa sostenuta per la cosiddetta crisi migratoria in Italia ammonta a 9 miliardi e 738 milioni ed il contributo dell'Unione europea, per il periodo fra 2013 del 2016, è stato di soli 376 milioni di euro; e per l'anno in corso prevedete di spendere ben oltre i 4 miliardi, con un contributo dall'Unione europea di soli 91 milioni di euro.
Torniamo ora alle questioni oggetto delle mozioni: gli hotspot sono stati progettati per rendere effettive le responsabilità che gli Stati in prima linea dovrebbero, in teoria, assumersi in base alla legislazione europea vigente: identificare gli immigrati, fornire la prima accoglienza, identificare e rimpatriare coloro che non fanno richiesta di asilo ed avviare chi, invece, fa domanda, verso le procedure di asilo dello Stato responsabile. Ed ecco che qui avrebbero dovuto entrare in gioco i piani di ricollocazione temporanei, secondo quanto previsto dalla decisione del Consiglio europeo del 14 e 22 settembre del 2015, a dar seguito all'Agenda europea sulla migrazione del 13 maggio 2015.
Ebbene, se volessimo compiere l'esercizio di fare il tagliando a queste misure, non possiamo che sottolinearne il totale fallimento: attualmente sono operativi solo quattro hotspot e ve ne sono altri cinque in fase di realizzazione, benché già quelli attivi in tema di ricollocamenti abbiano totalmente disatteso l'obiettivo. Al 2 maggio del 2017, i ricollocati, stando a una fonte del Ministero dell'Interno, sono solo 5.415, a fronte di un accordo in sede comunitaria che prevedeva il ricollocamento di circa 40 mila immigrati.
Abbiamo ragione di credere che questo meccanismo è, diciamo, inceppato dal fatto che la maggior parte dei cosiddetti richiedenti asilo provengono dall'Africa subsahariana o da Paesi come ad esempio il Bangladesh, e dunque sono migranti economici che non possono essere assolutamente ricollocati.
Passiamo ora ad un altro obiettivo che il pacchetto di misure doveva garantire: il rimpatrio di coloro che non fanno richiesta di asilo, poche migliaia, forse qualche decina di migliaia, a fronte di un dato che emerge dai numeri che inchiodano il Governo, e la maggioranza che lo sostiene, alla responsabilità di aver consegnato il territorio della penisola al caos. Ve li ricordo questi numeri: gli emigrati sbarcati sul territorio della penisola sono quasi 600 mila, le richieste avanzate per la protezione e le richieste di asilo avanzate sono 350 mila, mancano all'appello 250 mila persone che non hanno mai formalizzato alcuna richiesta e che avrebbero dovuto essere identificate e rimpatriate, ma come ho già detto la misura del rimpatrio è stata adottata solo per poche migliaia di loro.
A questi andrebbero aggiunti anche i 10 mila che, pur avendo fatto richiesta di asilo, poi hanno fatto perdere le proprie tracce. Ci troviamo di fronte, dunque, a 260 mila persone che diventeranno e sono già diventate manovalanza a buon mercato della criminalità organizzata, andando ad alimentare fenomeni quali quello del caporalato, della prostituzione, dello spaccio di stupefacenti e, nella migliore delle ipotesi, si consegneranno a situazioni di marginalità sociale. Non ci facevamo illusioni rispetto al parere che il Governo ha dato sulla nostra mozione, che è - e non potrebbe essere diversamente - irriducibile alle vostre posizioni, che sono prima di tutto ideologiche.
E annunciando il voto contrario su tutte le mozioni, come dicevo prima, ad esclusione di quella a prima firma Rampelli e di quella a prima firma Fontana, e l'astensione sulle mozioni a prima firma Palese e a prima firma Pili, mi avvio alla conclusione.
La discussione delle mozioni ci ha offerto l'occasione per ribadire la nostra posizione. Vedete, mentre voi - e purtroppo anche alcune delle mozioni dei colleghi dell'opposizione vanno in questa direzione - puntate a migliorare il sistema dell'accoglienza, noi riteniamo, invece, che vada completamente smantellato e che le risorse che impiegate dovrebbero essere utilizzate per fermare questo esodo, che trova nel sistema un incentivo. A noi non interessa perfezionare o dare il nostro contributo per migliorare il vostro sistema d'accoglienza, che, come ho avuto modo di dire intervenendo in discussione generale, è criminogeno: ad attestarlo le numerose inchieste della magistratura, da quella su Isola Capo Rizzuto, piuttosto che quella sul CARA di Mineo o quella di Mafia Capitale, e uomini e donne che hanno il coraggio di rimanere in piedi senza cedere sotto il peso delle prediche buoniste ci danno ragione.
Le vostre esortazioni all'accoglienza senza regole, che accompagnano retoricamente la vostra produzione normativa in materia, sono per noi le nenie funebri con le quali vorreste consegnare all'oblio o alla pattumiera della storia l'esperienza culturale e religiosa delle nostre comunità. Noi crediamo che chi governa le diverse comunità che popolano la penisola abbia il dovere di preservarne la sicurezza e l'identità. Voi, invece, consapevoli o meno, nei fatti perseguite il compimento di un processo di alienazione e di dissoluzione, assistendo e presiedendo il suicidio delle nostre comunità, che evocate ed invocate come soluzione di resa incondizionata all'inevitabile utopico senso e direzione della storia, senso che voi suggerite e che ci dovrebbe condurre a quel paradiso da voi decantato, quel paradiso multiculturale che diventa un inferno quando si traduce nella realtà (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alli. Ne ha facoltà.
PAOLO ALLI. Grazie, signora Presidente. È sempre un tema molto complesso, questo dell'immigrazione. Io ho sentito, negli interventi che mi hanno preceduto, alcune cose molto condivisibili, a partire dall'ottimo intervento della collega Vezzali, che sottoscrivo.
Io credo che il tema dell'immigrazione non può prestarsi a semplificazioni, come dire, troppo istintivamente evidenti. Anzitutto, è chiaro che dobbiamo distinguere, quando parliamo di rifugiati rispetto a quando parliamo di migranti economici, perché è chiaro che i rifugiati disperati, che scappano da condizioni di guerra, sono persone che hanno l'ambizione di tornare nel loro Paese quando la guerra sarà finita e sono in milioni e milioni, parcheggiati ai confini della Siria, in Giordania, in Libano, in Turchia e in altri Paesi. Questi flussi sono tutto sommato più facili da controllare, così come ha dimostrato l'efficacia dell'accordo tra l'Unione europea e la Turchia, dove improvvisamente si sono praticamente azzerati i migranti verso la Grecia. Mentre invece la rotta mediterranea è, purtroppo, caratterizzata dalla presenza di quell'altra tipologia di migranti, che sono i cosiddetti migranti economici, che fuggono da condizioni di sottosviluppo, da condizioni di disperazione. E purtroppo, un'altra semplificazione che noi facciamo spesso è che pensiamo che, se chiudiamo la rotta libica, abbiamo risolto il problema per i prossimi anni. Non è così, perché nei prossimi anni questi flussi di disperati aumenteranno e passeranno da qualsiasi parte, anche se dovessimo chiudere le rotte libiche. Perché? Semplicemente perché l'incremento demografico nell'area subsahariana e le condizioni drammatiche di vita in quei Paesi creano una pressione che da qualche parte si sfoga sempre e comunque. Quindi, abbiamo solo una strada da percorrere nel lungo periodo: quella di lavorare per uno sviluppo reale dell'Africa - e questo è il cuore del Migration Compact proposto dal Governo italiano in sede europea - e lavorare per la stabilizzazione politica non solo nell'area mediterranea ma anche nell'area subsahariana.
Quindi, qui dobbiamo porci il tema delle risorse che vengono destinate, per esempio, dalla cooperazione internazionale. Voi sapete che solo l'Europa lo scorso anno ha speso una cifra intorno ai 57 miliardi di euro per i progetti di cooperazione internazionale, in larga misura destinati all'Africa e altri fondi vengono destinati a questi Paesi dalla Banca mondiale o da altri organismi internazionali. Ecco, bisogna cominciare a razionalizzare l'uso di questi fondi. Noi abbiamo inserito - la delegazione italiana presente alla Conferenza interparlamentare del semestre europeo a Malta - nella dichiarazione finale un emendamento in questa direzione e questo è certamente un lavoro che spetta alla politica, cioè dare le regole ed effettuare i controlli sull'utilizzo efficace di questi fondi che possono contribuire, in modo importante, allo sviluppo del continente africano. Non ci si può limitare a dire: “Facciamo gli hotspot in Libia”, perché c'è qualche caso di questo genere, qualche campo che è stato creato in Libia ma serve soltanto ad alimentare ulteriormente il flusso dei trafficanti di esseri umani. Questi disperati vengono portati al largo e poi la stessa guardia costiera libica li riporta indietro e li rimette nei centri da cui provengono, aumentando il flusso di denaro pubblico che arriva presso queste strutture.
Quindi, le storture ci sono dappertutto, purtroppo, e soltanto una visione complessiva e globale di quanto sta accadendo può contribuire a risolvere questi problemi. Certo, di fronte a tutto questo noi vediamo un'Europa che appare insensibile. Alla conferenza di Malta, cui mi riferivo poco fa, è stata evidente la posizione intransigente dei paesi di Visegrad ma anche di altri Paesi del Nord Europa su questi temi. Ma l'Europa siamo noi e non è che possiamo sempre accusare gli altri. Quindi, bisogna che noi continuiamo a lavorare con determinazione, come hanno fatto i Governi degli ultimi anni, sul piano politico e sul piano di diplomatico.
Per esempio, un altro elemento interessante che noi abbiamo inserito come emendamento della delegazione italiana all'interparlamentare di Malta è stato la previsione e lo stimolo all'Unione europea a lavorare perché il traffico di essere umani sia ufficialmente riconosciuto come crimine contro l'umanità.
Sugli hotspot, che sono il tema specifico di oggi, è ovvio che lo strumento è potenzialmente utile nell'identificazione e nella valutazione dei migranti, ma ovviamente deve avvenire all'interno di un ciclo che si completa, cosa che in questo momento non avviene. La revisione di Dublino III è fondamentale e speriamo che non sia una revisione peggiorativa, perché al peggio purtroppo non c'è mai limite. Quindi, anche qui il nostro Paese dovrà battersi con grande determinazione per portare a casa un risultato importante e serio. Certo, le ricollocazioni non hanno funzionato e ci sono Paesi che non vogliono sentire parlare di quote. Però, si devono assolutamente realizzare meccanismi di solidarietà concreta, che consentano ai cittadini europei di vedere e di comprendere che i propri Paesi non sono arroccati a difesa solo di interessi egoistici ma che si fanno carico di un problema complessivo perché, come è stato detto anche da qualcuno che mi ha preceduto, certamente i confini del Mediterraneo sono i confini dell'Europa e non solo quelli del nostro Paese o della Grecia o della Spagna.
Dunque, serve una strategia comune europea, nella quale noi stiamo facendo i nostri passi. L'Europa ha chiesto di realizzare gli hotspot; li abbiamo fatti e ne stiamo realizzando altri. Nella mozione di maggioranza prevediamo alcune raccomandazioni circa la vivibilità e il fatto che questi hotspot siano strutture decorose e ospitali, che vengano anche forniti servizi di mediazione linguistico-culturale e che si possa prevedere un rapido trasferimento dei migranti da questi hotspot alle strutture di accoglienza previste. Ma ovviamente il succo delle raccomandazioni della nostra mozione è il rilancio della politica condivisa sull'asilo e la revisione di Dublino III. Questo è uno dei tasselli fondamentali per la costruzione di un'Europa politica. Noi dobbiamo essere convinti di questo, non demordere e continuare, perché l'Europa siamo noi.
Dunque, dobbiamo convincere i nostri amici e colleghi degli altri Paesi che il tema dell'immigrazione in un mondo globale è collegato non soltanto all'Italia o alla Grecia ma a tutto il nostro continente. Noi, per esempio, raramente prendiamo in considerazione i milioni di rifugiati che dall'est dell'Europa si sono riversati in Europa, cosa che ci viene anche - come dire - rinfacciata da taluni dei Paesi dall'est Europa che hanno subito nel passato questi flussi di migrazioni e certamente se li sono gestiti con le loro forze. Quindi, un problema globale va gestito con una visione globale e dobbiamo lavorare perché questo in Europa accada.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Roberta Agostini. Ne ha facoltà.
ROBERTA AGOSTINI. Grazie, Presidente. La migrazione è un aspetto normale nella vita e nella storia delle persone e ce lo ha detto la storia, la storia del mondo e la storia dell'Europa. Ci sono fenomeni strutturali all'origine delle migrazioni: certamente le guerre, il mancato sviluppo, gli sconvolgimenti climatici che affliggono tanta parte dell'Africa e dei Paesi del Mediterraneo, ma anche ragioni demografiche che ci riguardano: infatti, mentre in Germania, in Spagna, in Italia, in Polonia la popolazione sta diminuendo - l'Italia sta subendo un vistoso calo demografico - l'Africa raddoppierà la sua popolazione entro il 2050. In Italia l'età media è di 46 anni e presto arriverà a 50 anni; in Africa ci sono Paesi in cui l'età media è di 17-18 anni.
Ne abbiamo discusso alla Conferenza dei Parlamenti in vista del G7 di Taormina qualche giorno fa, nella bella conferenza dedicata proprio al tema delle migrazioni femminili e proprio lì abbiamo detto che è in atto uno squilibrio nella demografia e nello sviluppo, che è anche tra le cause dei flussi migratori. E, allora, come non vedere che le migrazioni sono un aspetto grande della vita del mondo e anche un fenomeno sempre più strutturale e che, quindi, dobbiamo attrezzarci per guidarle, controllarle e gestirle politicamente e razionalmente, senza cedere a chi soffia sul fuoco delle paure e dei populismi e a chi specula sui sentimenti delle persone ma, al contrario, provando a costruire una gestione politica del fenomeno, lavorando affinché l'Europa svolga il suo ruolo.
Nel 2016 l'Italia ha visto oltre 181 mila persone arrivare via mare, cifra superiore a quella raggiunta nel 2014. Dobbiamo attrezzarci per gestire questi numeri, per costruire una politica che sia una politica razionale dell'accoglienza e anche dell'integrazione. L'agenda europea sulla migrazione ha indicato i tre obiettivi fondamentali dell'approccio hotspot senza tuttavia darne una definizione: gli hotspot servono all'identificazione, alla rilevazione delle impronte digitali delle persone arrivate e servono ad effettuare uno screening per separare i richiedenti asilo dai cosiddetti “migranti irregolari”, per poi effettuare il rimpatrio di quest'ultimi. Ma ad oggi questi centri rimangono privi di copertura giuridica e normativa e la materia è affidata solo ad alcune circolari del Governo.
Quest'assenza di disciplina ha avuto delle conseguenze in termini di violazione di diritti fondamentali, che sono state denunciate in diversi documenti, a partire dal rapporto della Commissione diritti umani del Senato e anche di diverse organizzazioni non governative, da Amnesty International, che ha denunciato l'uso della forza fisica e la detenzione prolungata ed arbitraria. Alcuni rifugiati hanno dichiarato di avere subito torture e pestaggi, per costringerli a dare le impronte digitali. E anche il rapporto di Oxfam Italia cita testimonianze di episodi di violenza e di intimidazione e il fatto che moltissimi respingimenti vengano effettuati verso gruppi di persone, senza valutazione delle situazioni individuali, in palese violazione della legge.
A fronte di queste testimonianze, io credo sia necessario e doveroso normare, in maniera puntuale e rispettosa dei diritti delle persone, le procedure di accoglienza e di identificazione, nonché il trattenimento all'interno dei centri, secondo un approccio rispettoso dei diritti e delle libertà delle persone. Perché al centro di tutto ci sono le persone, che scappano dal loro Paese, che sbarcano sulle nostre coste, affrontando viaggi della disperazione su mezzi di fortuna, spesso persone trafficate, che magari non comprendono cosa sta accadendo. Abbiamo a che fare con storie individuali. Ogni storia merita attenzione, deve essere valutata per quello che è. Bisogna riconoscere il diritto a ricevere un'informazione completa e che nessuno possa essere trattenuto con misure coercitive, fuori dalle ipotesi previste dalle leggi.
Io ricordo l'articolo 10 della nostra Costituzione, che stabilisce il diritto d'asilo, secondo le condizioni stabilite dalla legge, allo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche. E ricordo l'articolo 13 della nostra Costituzione, che non ammette nessuna forma di detenzione, ispezione o restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall'autorità giudiziaria o nei casi e nei modi previsti dalla legge.
L'Italia sta cercando di svolgere il suo ruolo e spesso lo fa in modo egregio, salvando vite in mare. Ci sono molte organizzazioni e soggetti, a partire dalla nostra Marina, che svolgono questo compito con grande umanità e con grande dedizione ed altre, come purtroppo leggiamo nelle cronache quotidiane, che lucrano sulla disperazione. Dobbiamo, io credo - e questo chiediamo al Governo -, con grande rigore mettere in campo meccanismi di controllo e di verifica, meccanismi pubblici che siano in grado di distinguere interlocutori e soggetti, ai quali noi affidiamo compiti delicatissimi, e nello stesso tempo sottrarre terreno a chi soffia sul fuoco delle paure e dell'insicurezza, attraverso una politica dell'immigrazione lungimirante e strategica, che dia la possibilità di un accesso legale e sicuro. Perché favorire vie legali e sicure, a chi fugge da guerre e persecuzioni, non è solo il minimo che dobbiamo ai valori della nostra civiltà, ma anche un'azione concreta contro i trafficanti di esseri umani.
Ed una politica lungimirante e strategica richiede imprescindibile il ruolo dell'Europa, in una politica comune sulle migrazioni, mentre, al contrario, vediamo che non c'è un progetto di coordinamento vero dell'Unione. Sono solo sei, su ventotto, i Paesi che bene o male si fanno carico del tema del diritto d'asilo, mentre servirebbe una politica comune, una revisione del Regolamento di Dublino.
Chiediamo al Governo di impegnarsi a fondo nella revisione del Regolamento di Dublino, in maniera tale da assicurare un'equa condivisione delle responsabilità, un rapido ed effettivo accesso alle procedure di asilo, una gestione solidale e unitaria delle domande. Il sistema di Dublino non funziona, Presidente. Ha creato una pressione su Italia e Grecia, senza garantire cooperazione tra gli Stati.
Nel 2016 sono stati trasferiti in Italia da altri Paesi 3.129 richiedenti asilo; dall'Italia sono state trasferite 115 persone. I dati li dava già la mia collega Santerini, i dati della relocation, solo 16 mila migranti, di cui 4 mila dall'Italia. La riforma Dublino IV, proposta dalla Commissione, non è soddisfacente, anzi i criteri non convincono proprio, sia per quanto riguarda quel criterio dell'individuazione degli Stati responsabili dell'esame delle richieste, sia per quanto riguarda i meccanismi di ricollocazione.
I due pezzi si tengono: l'approccio spot e una politica deficitaria e non lungimirante dell'Europa stanno insieme. Quindi, noi chiediamo il superamento dell'approccio spot e la definizione di un quadro certo di regole, che chiarisca la natura giuridica delle procedure di identificazione, all'interno di una politica molto diversa di gestione dei flussi migratori, di cui l'Europa dovrebbe essere protagonista, fuori da una logica di emergenza e dentro una logica di solidarietà e di civile convivenza, che è possibile e di cui in Italia ci sono moltissime testimonianze (Applausi dei deputati del gruppoArticolo 1-Movimento Democratico e Progressista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Giammanco. Ne ha facoltà.
GABRIELLA GIAMMANCO. Grazie, Presidente. L'Agenda europea sulle migrazioni del 13 maggio 2015 ha introdotto il cosiddetto approccio per l'identificazione, la registrazione e il rilevamento delle impronte digitali dei migranti in arrivo sulle nostre coste, prevedendo che i funzionari europei e le autorità nazionali instaurino una proficua collaborazione al riguardo. L'obiettivo della Commissione europea, nel predisporre lo sviluppo del metodo basato sugli hotspot, sta nella volontà di fornire un sostegno agli Stati membri che sono in prima linea nell'affrontare le fortissime pressioni migratorie alle frontiere esterne dell'Unione europea, mediante una stretta collaborazione sul campo tra una serie di organismi, in particolare tra l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, l'Agenzia dell'Unione europea per la gestione delle frontiere, l'Agenzia di cooperazione di polizia dell'Unione europea, l'Agenzia per la cooperazione giudiziaria dell'Unione europea e le autorità dello Stato membro, proprio per aiutare lo Stato ad adempiere agli obblighi derivanti dal diritto dell'Unione Europea e a svolgere con rapidità le operazioni di identificazione, registrazione e rilevamento delle impronte digitali dei migranti in arrivo.
A ciò si aggiunge, tuttavia, che il citato approccio hotspot, ad oggi, è privo di una specifica cornice giuridica e per tale motivo si pone al centro di numerose critiche, soprattutto con riguardo alle condizioni in cui versano i centri di trattenimento. E, a riprova della disorganizzazione del Governo sul punto, si rileva anche che le stesse autorità dell'Unione europea hanno più volte richiamato l'Italia per l'inefficienza del nostro sistema di identificazione dei migranti richiedenti asilo. E, in più, anche in queste ultime ore il Commissario europeo agli affari interni, Avramopoulos, ha esortato ancora una volta il nostro Paese ad accelerare le procedure, per identificare e registrare i migranti che hanno diritto alla relocation, cioè alla redistribuzione. Tutto ciò non fa altro che confermare l'approccio fallimentare all'emergenza migratoria da parte del Governo italiano.
Il gruppo Forza Italia denuncia, quindi, da tempo una serie di criticità, sia nell'ambito del Comitato Schengen, sia in quello della Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione e di espulsione, denunce che essenzialmente riguardano i ritardi e le incertezze nella gestione delle domande di protezione per la complessità delle procedure.
Dall'Unione europea, in particolare, emerge una critica al Governo per l'eccessiva lentezza delle procedure di identificazione. È evidente, quindi, come queste criticità vadano imputate innanzitutto alla caoticità e alla farraginosità della gestione generale del fenomeno, nonché all'esiguità di uomini e mezzi messi a disposizione per le procedure di identificazione.
Per di più le autorità europee hanno più volte richiamato l'Italia, poiché appunto la mancata identificazione dei migranti, compiuta omettendo di fare controlli rigorosi, avrebbe costituito in realtà un espediente, al quale il Governo non ha posto volontariamente rimedio, per dirottare parte del traffico migratorio verso l'Europa del Nord.
In ogni caso è evidente che siamo innanzi a un vero e proprio bluff. L'attuale Regolamento di Dublino, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un Paese terzo, stabilisce che una domanda di asilo non può essere presentata in più di uno Stato membro e deve essere esaminata dallo Stato dove il richiedente ha fatto ingresso nell'Unione. Tutto ciò fa sì che il migrante richiedente asilo, una volta sbarcato sulle coste italiane ed entrato nel sistema nazionale di gestione del fenomeno migratorio, rimanga in carico all'Italia, anche se varca i confini nazionali.
Inoltre, quando un migrante richiedente asilo giunge in territorio italiano, di fatto, non viene identificato, ma viene solo individuato; l'individuazione, a differenza dell'identificazione, è la mera attribuzione di un nome e di una provenienza che, tuttavia, possono mutare in maniera arbitraria, senza che vi sia l'effettiva possibilità, in caso di eventuali spostamenti, di pervenire ad una identificazione sicura e certa. L'identificazione, invece, è una procedura scientifica, giuridicamente rilevante, che permette di attribuire ad ogni persona, in maniera univoca, una, ed una sola, identità.
Tutto ciò permette di affermare che, se non cambia l'attuale sistema, gli hotspot diventano, di fatto, fabbriche di clandestinità e per tale motivo non è più sostenibile permettere che arrivino sulle nostre coste migranti irregolari che non hanno diritto alla protezione internazionale e che non si abbiano, per di più, adeguati strumenti per identificarli e trattenerli, in quanto tutto questo crea, in concreto, le condizioni per la formazione di sacche di criminalità. E a questo proposito non posso esimermi dal ringraziare la procura di Crotone che con le sue indagini è riuscita a fare emergere come la 'ndrangheta fosse riuscita a mettere le mani sul sistema di gestione dell'accoglienza nella città di Isola di Capo Rizzuto, lucrando proprio sugli immigrati. Ciò conferma, qualora ve ne fosse ancora bisogno, la completa inadeguatezza del sistema di accoglienza messo in campo da anni dal Governo italiano, inadeguatezza più volte denunciata da Forza Italia, che lascia spazio allo sviluppo di un business senza scrupoli e che, non solo danneggia gravemente gli immigrati, ma, soprattutto, mette a rischio anche la tenuta sociale del nostro Paese, contribuendo, altresì, ad alimentare una guerra tra poveri.
Sotto un profilo più generale, le iniziative e le misure che sono state globalmente messe in campo per fronteggiare il fenomeno migratorio, che rappresenta un'emergenza che ha assunto negli ultimi anni un vero e proprio carattere strutturale, non hanno fino ad ora avuto esiti positivi, ma, al contrario, hanno fatto registrare non solo il fallimento della politica italiana su questo tema, ma anche il fallimento di una politica europea comune delle migrazioni. Alla luce delle considerazioni esposte sinora, quindi, chiediamo con forza l'impegno del Governo italiano, affinché intraprenda iniziative volte a rivedere l'attuale sistema di accoglienza, che non è più sostenibile, sollecitando, al contempo, a livello europeo, un intervento decisivo che rafforzi le frontiere esterne dell'Unione e intensifichi i controlli di frontiera sia via mare che via terra, quindi, nel Mediterraneo meridionale, sul mare Egeo e lungo la rotta balcanica. A livello europeo, infatti, è necessario insistere sull'applicazione dei principi fondamentali di responsabilità e di solidarietà che rappresentano proprio i due pilastri su cui, tra l'altro, sono stati fondati, rispettivamente, l'istituzione degli hotspot in Grecia e in Italia - con l'obiettivo di garantire l'applicazione delle norme comuni in materia di asilo, con particolare riferimento alla necessità di identificare tutti i migranti e richiedenti asilo che fanno ingresso in Europa - e i programmi di relocation volti a redistribuire il peso delle domande di asilo tra tutti gli Stati membri. Al riguardo si segnala, però, che al 28 febbraio 2017 i richiedenti asilo ricollocati da Italia e Grecia negli altri Stati membri sono stati solamente poche migliaia: 5.400 dall'Italia e circa 10.000 dalla Grecia. Questo, nonostante gli impegni presi in sede di Consiglio per oltre 98.000 posti. Sforzi maggiori, in ogni caso, dovrebbero, comunque, essere richiesti agli Stati membri per quanto riguarda l'attuazione dei programmi di relocation, ad oggi assolutamente fallimentari e inefficaci, in quanto, anche se l'attuale piano di relocation fosse pienamente attuato, esso inciderebbe in misura minima sulla situazione italiana, caratterizzata dalla massiccia presenza di migranti economici, che non rientrano nelle categorie soggette a ricollocazione negli altri Paesi europei. Senza considerare, inoltre, che, attualmente, la redistribuzione riguarda solo siriani, eritrei e iracheni, per cui già si tratta di una fetta molto ristretta rispetto alle diverse nazionalità che caratterizzano i flussi di migranti che investono il nostro Paese.
Chiediamo al Governo che intervenga anche per garantire l'accesso agli hotspot ai parlamentari e agli amministratori locali, per assicurare la presenza di un controllo esterno sulle modalità e sulle condizioni di trattenimento, nonché sul rispetto dei diritti fondamentali e della dignità degli stranieri ivi presenti.
Infine, rinnoviamo all'Esecutivo la richiesta di assicurare un tempo adeguato per lo svolgimento delle attività di identificazione agli organi di pubblica sicurezza, portando a 72 ore la durata del fermo per l'accertamento dell'identità personale.
Per concludere, Presidente, oltre a dovere modificare il sistema di identificazione degli immigrati, nonché quello relativo all'accoglienza, dobbiamo esigere maggiore solidarietà dall'Europa nella gestione del fenomeno e nell'aiuto ai Paesi da cui proviene questa gente, affinché si compiano gli indispensabili percorsi di crescita economica e di pacificazione degli stessi, senza i quali crediamo che tutto sarà vano (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Lorefice. Ne ha facoltà.
MARIALUCIA LOREFICE. Grazie, Presidente. Allora, nella tabella di marcia che il nostro Paese ha pattuito nel maggio del 2015 con l'Europa per fronteggiare il fenomeno migratorio è stato previsto che l'Italia istituisse sul proprio territorio i cosiddetti hotspot, mentre l'Europa, dal canto suo, avrebbe dovuto ricollocare 160.000 migranti che arrivano in Italia e in Grecia verso gli altri Stati europei.
L'Italia, dal 2015, ha mantenuto fede a quell'impegno, l'Unione europea, purtroppo, no. Tant'è che delle 160.000 persone da ricollocare, alla data dell'11 maggio 2017, ne sono state ricollocate solo 5.711. Gli hotspot oggi operativi sono quelli di Lampedusa, di Trapani, Pozzallo e Taranto e a questi se ne sono aggiunti altri, nel tempo, i cosiddetti hotspot informali, cioè porti dove vengono di fatto attuate le stesse procedure previste negli hotspot, grazie alla presenza del cosiddetto team mobile.
È inconcepibile, però, e lo ricordiamo anche in questa sede, quello che avviene, tanto per fare un esempio, ad Augusta, un porto che, come abbiamo ribadito attraverso molti atti parlamentari, non ha i requisiti per essere punto di sbarco, perché quello di Augusta è un porto commerciale ed è collocato tra due siti altamente sensibili che sono il petrolchimico e la base NATO. Nonostante ciò, nonostante le evidenti criticità, Augusta continua ad essere il principale porto utilizzato per gli sbarchi. Qui, è stata allestita una tendopoli che accoglie centinaia di migranti adulti e centinaia di minori stranieri non accompagnati per giorni e per settimane e questo avviene, ancora oggi, nell'indifferenza totale delle istituzioni.
Ma cosa sono gli hotspot? I centri hotspot, come immaginati a livello europeo, avrebbero dovuto avere la funzione di garantire l'identificazione dei migranti tratti in salvo in mare, e di procedere ad una distinzione su una base che è tendenzialmente discrezionale tra quanti potessero e volessero presentare domanda di protezione internazionale e quanti, invece, dovessero essere considerati migranti economici e, quindi, espulsi. Ricordo anche oggi, in quest'occasione, che non esiste una definizione di migrante economico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), che non c'è alcuna base giuridica che individui il migrante economico e che è una definizione esclusivamente politica e comunicativa, quindi, proprio per questo motivo, assolutamente discrezionale. Poi, tra quanti possono o vogliono richiedere protezione, ci sono alcune categorie, solitamente in base alla nazionalità, che possono entrare nel programma di relocation, il cosiddetto ricollocamento che è previsto dalla stessa Agenda europea e, quindi, possono essere trasferiti in altri Paesi membri, secondo delle quote prestabilite. Ma, come detto poco prima, la relocation non ha funzionato, anche a causa dei requisiti stringenti, quali la nazionalità di accesso che, peraltro, cambia ciclicamente e sempre in senso restrittivo rispetto agli effettivi arrivi.
Perché chiediamo la chiusura degli hotspot? Innanzitutto a causa della totale assenza di norme chiare ed esaustive che ne definiscano la natura giuridica, la legittimità e quanto avviene al loro interno. Qui, negli hotspot si sono registrate procedure di identificazione in aperta violazione di norme di diritto interno costituzionale e di diritto internazionale, questo ai danni dei migranti, quali, per esempio, i trattenimenti forzati ai fini identificativi, il trattenimento di minori non accompagnati, episodi di uso della forza per l'identificazione e poi la distinzione arbitraria tra di richiedenti protezione e migranti economici, che viene effettuata attraverso la somministrazione di un semplice modulo che è chiamato “foglio notizie”.
Il Governo stesso era consapevole della mancanza di norme chiare, per questo invito tutti ad ascoltare l'audizione dell'allora Ministro dell'interno, Alfano, del 29 luglio 2015, e quella dell'allora capo del dipartimento per le libertà civili, prefetto Morcone, del 19 luglio 2016, audizioni avvenute in Commissione d'inchiesta migranti. Ciò non è tollerabile in uno Stato democratico, come l'Italia si vanta essere, e non è tollerabile che il decreto “Minniti”, approvato con voto di fiducia poche settimane fa, abbia addirittura legittimato gli hotspot, che sono stati contestati in tutte le sedi istituzionali e da tutte le organizzazioni umanitarie. Il decreto “Minniti” ha legittimato gli hotspot sulla base del decreto-legge n. 451 del 1995, che è noto anche come “legge Puglia”, che consta di soli due articoli, che è una legge emergenziale, e che pertanto tradisce il vero, costante approccio del Governo, con zone grigie, dove diventa difficile controllare e monitorare. E li ha legittimati senza spiegare bene cosa siano, come debbano funzionare, e addirittura ne sono stati previsti di nuovi, come confermato in data 16 marzo 2017 dal prefetto Pantalone, che è il nuovo capo di dipartimento per le libertà civili del Ministero dell'interno. È stato il prefetto Pantalone a dirci che ne verranno aperti altri cinque: due in Sicilia, cioè quelli di Messina e di Palermo; tre in Calabria, cioè quelli di Crotone, Reggio Calabria e Corigliano Calabro, più altri mobili - quindi non ancora normati - in Sardegna.
L'approccio hotspot ha già ampiamente dimostrato di essere una misura fallimentare, l'ha detto chiaramente anche il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private delle libertà personali nella relazione al Parlamento del 2017, dove si è espresso con grande forza e chiarezza circa le criticità dell'approccio hotspot, quale il trattenimento senza tutele giuridiche efficaci, che si configura in violazione dell'articolo 5 della CEDU e dell'articolo 13 della Costituzione, che è quello che riguarda le libertà personali.
Quindi, se davvero vogliamo aiutare il nostro Paese, dobbiamo imporci in sede europea e chiedere che vengano mantenuti tutti gli impegni presi, quindi far funzionare la relocation e riformare il regolamento Dublino III, che è un altro fallimento delle politiche europee. Da tempo il dibattito politico sembra essere concorde sulla necessità urgente di un suo effettivo superamento, eppure sembra che il cosiddetto regolamento Dublino IV, invece di superare il Dublino III e porre rimedio all'evidente squilibrio di responsabilità cui abbiamo assistito e continuiamo ad assistere tuttora, va invece a rinforzare il criterio di determinazione dello Stato competente, che individua nel primo Stato membro di arrivo il principale responsabile, quindi ai danni dell'Italia.
Colgo infine l'occasione per denunciare ancora una volta che l'Italia si fa e continua a farsi portavoce di una serie di accordi bilaterali di grandissima discutibilità sul piano della tutela dei diritti; ancora una volta ne cito due, che sono quelli particolarmente significativi, cioè l'accordo col Sudan, che è un Paese retto da un feroce dittatore (il suo Presidente è stato condannato ben due volte per crimini contro l'umanità dalla Corte penale internazionale), e l'accordo con la Libia, che è un Paese che non ha un Governo riconosciuto e nel quale si sa benissimo quali crimini vengano compiuti nei confronti dei migranti nelle carceri e talvolta con la complicità di una certa polizia libica, basti ascoltare le storie delle tantissime persone che arrivano sulle nostre coste. Quindi, alla luce di quanto detto, tramite questa mozione chiediamo al Governo di assumere iniziative per dismettere immediatamente gli hotspot attualmente operativi, in quanto estremamente costosi e inefficaci, tanto sul piano economico quanto su quello della tutela dei diritti fondamentali costituzionalmente riconosciuti ai migranti; chiediamo di non proseguire oltre nella creazione di nuovi centri hotspot, almeno fin quando non avremo una chiara e approfondita base giuridica e finché non verranno date garanzie certe che al loro interno non avvengano violazioni di diritto; inoltre chiediamo che sia realmente effettivo il meccanismo di ricollocazione, prevedendo un aumento significativo dei numeri previsti e che sia avviata una seria, concreta ed equa modifica della normativa del regolamento di Dublino III, ricordando che l'Europa si basa su alcuni principi, quale per esempio quello della solidarietà.
Questo Governo finora non è stato capace di farsi ascoltare dall'Europa, non è stato in grado di trovare soluzioni, ma solo di chinare la testa e di eseguire diktat imposti dall'alto.
Noi vogliamo soluzioni che siano degne di un Paese civile e di uno Stato di diritto, come, per esempio, l'adozione di corridoi umanitari, che sono gli unici strumenti in grado di salvare vite umane e, allo stesso tempo, di combattere i trafficanti di esseri umani.
L'Europa ci ha lasciati soli a fronteggiare i flussi migratori, e l'unica solidarietà sulla quale oggi si può contare è quella delle comunità locali, che nonostante le evidenti difficoltà economiche e sociali, che sono causate da politiche sbagliate messe in atto dal Governo attuale e da quelli precedenti, continuano a tendere la mano al fratello più debole.
Ma la domanda è: fino a quando? Fino a quando dovremmo sopportare questo stato di totale abbandono? Quindi è a loro che dobbiamo dire “grazie”, non certo a questo Governo e a questa Europa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Detto ciò, noi ci asterremo sulle mozioni degli onorevoli Binetti, Carnevali e Fontana, voteremo a favore delle mozioni presentate dai deputati Maestri ed Agostini, chiediamo la votazione per parti separate della mozione Rampelli, votando contrario all'ultimo impegno, voteremo contro sulle mozioni degli onorevoli Rondini, Palese e Pili, e non accettiamo la riformulazione della nostra mozione, perché stravolge completamente il senso della stessa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Saluto insegnanti e studenti dell'Istituto comprensivo Crucoli, in provincia di Crotone, che stanno assistendo ai nostri lavori dalla tribuna.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Elena Carnevali. Ne ha facoltà.
ELENA CARNEVALI. Signora Presidente, Governo, onorevoli colleghi, con questa mozione ritorniamo sul tema degli hotspot, già frutto di discussioni in quello che chiamiamo comunemente “decreto Minniti” ma che dovrebbe obbligarci ad una discussione più ampia, che va dal contrasto al traffico di esseri umani al rapporto con le politiche europee sul salvataggio, agli accordi bilaterali con alcuni Paesi africani, alle politiche di prima e di seconda accoglienza, ai tempi di verifica per il riconoscimento dello status di rifugiato, alle inadeguate politiche europee in tema di immigrazione, agli accordi inattuati di relocation, alla proposta italiana sul migrationcompact.
Voglio ricordare, visto che ho sentito l'intervento di alcuni colleghi in contrarietà con questa proposta italiana, che questa riguarda progetti di investimento, un bond Unione europea-Africa, la cooperazione sul fronte della sicurezza, il controllo comune dei confini e collaborazione sul fronte della lotta al crimine, l'opportunità di una migrazione legale, la creazione di strumenti di accesso di lavoratori al mercato europeo, lo schema dei reinsediamenti, il controllo dei confini, la riduzione dei flussi, la cooperazione sui rimpatri e le riammissioni, la gestione dei flussi dei rifugiati, l'applicazione dei sistemi di asili nazionali e la lotta comune ai trafficanti. Non è più un fenomeno, quello della migrazione attuale, che se considerato come tale dovrebbe riferirsi a qualcosa di temporaneo, occasionale. Oggi siamo ad oltre 45.000 persone che sono sbarcate, oltre il 41 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2016; nel solo mese di maggio sono più di 8 mila le persone che sono sbarcate sulle nostre coste, e sono 60 milioni i profughi che stanno al confine dei loro Paesi di provenienza. Sono 60 milioni di persone che, in condizioni disumane, al limite della sopportazione, potrebbero sembrare persino eroiche, ma non c'è niente di eroico in quella capacità di resilienza, di miseria, di condizioni di privazione in cui vivono gli essere umani. Quello a cui stiamo assistendo è la migrazione - che da taluni viene definita come biblica - di una parte della popolazione africana che, per conflitti, condizioni climatiche, carestie, guerre e per condizioni anche dettate dall'incremento demografico, come abbiamo sentito prima, è spinta per ragioni di sopravvivenza ad attraversare il Mar Mediterraneo, ormai unica via principale per l'approdo al continente. Accettano il rischio di morte, perché l'alternativa per molti non è diversa; incappano nel traffico e al mercato degli esseri umani, sanno che per il pagamento della traversata puoi passare dalla carcerazione preventiva ai trattamenti disumani per molte donne, per molti giovani e sanno che hanno una buona probabilità di subire ogni tipo di violenza comprese quelle sessuali.
Vedete colleghi, nelle ricette che abbiamo legittimamente qui sentito proporre come soluzioni facilmente praticabili, che ogni giorno spesso qui sentiamo, c'è l'ipocrisia di non riconoscere le fatiche del governare la complessità.
Ringrazio molto delle sue parole il collega Alli che ha ribadito come l'unica via e la sola via che abbiamo è quella di una stabilizzazione politica e un sostegno economico ai Paesi dell'Africa. Tuttavia, colleghi, noi qui oggi abbiamo anche sentito da alcuni parole di mitezza da parte di chi parla e condivide una distribuzione più omogenea sul territorio perché più sostenibile per gli enti locali, per una qualità dell'inclusione che tuttavia si vorrebbe realizzare con una gestione diretta da parte dello Stato, come se potessimo praticare politiche di assunzioni diretta tout court senza l'intermediazione delle cooperative, del terzo settore perché alcuni luride mele marce, che non rappresentano il sistema delle cooperazioni ma fanno affari, offrono lo stesso cibo che danno ai maiali e fanno accordi malavitosi con le cosche, sono il baco del sistema, il parassita da estinguere, quel buco nero su cui i controlli sono scarsi, inadeguati, sono quel cancro che non vogliamo diventi metastasi, da combattere con la stessa determinazione, coraggio e forza del procuratore Gratteri che sosteniamo, ma non rappresentano il mondo intero della cooperazione che continuiamo a sostenere per i valori di mutualità, solidarietà, legalità e di sana economia come spina dorsale del Paese.
Tramite lei, Presidente, vorrei dire all'impudente collega Rampelli di non farci lezioni di morale: forse basta solo ricordare alcuni casi, basta solo ricordare alcuni nomi come Paranzani. C'è un modo per uscire dalla condizione di emergenza che conosciamo e che garantisce più controllo degli enti locali, più verifiche dei processi e delle pratiche di integrazione della modalità e della rendicontazione della spesa: si chiama SPRAR, peccato che pochi sono i comuni disposti ad approdare a tale sistema. Dunque dico ai colleghi di Forza Italia, ai colleghi della Lega che giustamente - e spesso in modo strumentale - vengono ad accusare di inadeguatezza il sistema di accoglienza italiano: perché, oltre alla denuncia, non si rendono invece disponibili a un impegno rispetto alle amministrazioni locali che amministrano perché facciano parte del sistema SPRAR, in modo che questo possa essere quello che noi pensiamo l'antidoto all'appetito dei clan malavitosi e ai delinquenti sulla pelle dei disperati?
Infatti solo un sistema diffuso, parcellizzato, non sotto regimi monopolistici può essere come dire l'antidoto a quello che abbiamo e che stiamo assistendo.
All'accoglienza diffusa tanto proclamata corrisponde specularmente un not in my garden, parole da barricate, indisponibili perché solo alcune amministrazioni devono pagare il prezzo politico e tutto fa brodo che cola dal consenso.
Poi c'è chi ci invita con “aiutiamoli a casa loro” senza sapere che da troppo tempo mai come in questa legislatura abbiamo finalmente ripreso a sostenere politiche economiche di cooperazione internazionale. Lavoro molto bene con la collega Lorefice in questo periodo e devo dire che la disponibilità anche ad un'astensione sulla mozione presentata dal Partito Democratico ovviamente non può che farci favore ed esprime un consenso.
Quello che però non ho ancora chiaro per quanto riguarda alcune forze politiche è qual è la posizione vera e reale, che cambia abito a seconda delle parti. Il senatore Buccarella è per l'abolizione del reato di clandestinità, poi viene smentito dal guru del blog; il collega Brescia è disponibile a un'accoglienza diffusa e di solidarietà poi però giustamente ci richiama al sovrappopolamento e alle condizioni di alcuni centri; poi abbiamo un altro vangelo che è quello del Vicepresidente Di Maio che ci dice di rimandarli tutti a casa.
E quindi diventa un po' complicato capire com'è possibile da parte di alcune forze politiche qui presenti da un lato disconoscere la disponibilità e il tentativo da parte del Ministro Minniti di concludere accordi con alcuni Paesi per consentire anche un rimpatrio ovviamente in condizioni di rispetto dei diritti costituzionali e, contemporaneamente, sentire parole che sono esattamente il copyright di quanto abbiamo sentito dalle forze che vi stanno di fianco.
È vero che quella mozione che è stata depositata è un po' datata perché non aggiornata rispetto a quanto previsto dall'articolo 17 del decreto-legge 17 febbraio 2017 n. 13, che prevede appositi punti di crisi per le esigenze di soccorso e di prima assistenza nei quali saranno effettuati operazioni di rilievo fotodidattico segnaletico e presso i quali verrà assicurata l'informazione sulla procedura e la protezione internazionale e sul programma di ricollocazione negli Stati membri dell'Unione europea e sul ricorso del rimpatrio assistito volontario. L'esigenza di attrezzare il nostro Paese con efficaci strumenti di invio, data dalla EuRA, non è stata una scelta ma è stata una richiesta dell'Europa e credo che abbiamo finalmente raggiunto un ampio numero di fotosegnalamenti, cercando di utilizzare soprattutto la via del convincimento. Che cosa chiediamo con la mozione? Di adottare soprattutto iniziative utili per rilanciare una politica europea condivisa sulla revisione del regolamento di Dublino III e l'adozione di nuovi e più efficaci accordi di relocation; di proseguire negli sforzi intrapresi restando ferma la garanzia del pieno rispetto dei diritti costituzionali; di adottare ogni iniziativa utile per garantire che gli hotspot siano strutture decorose ed ospitali e l'adozione di protocolli uniformi per i requisiti e per i servizi forniti; di fare in modo che ci siano e vengano rafforzati i servizi di mediazione linguistico-culturale ed informativa legale e adottare ogni iniziativa utile per consentire un più rapido trasferimento dei migranti dagli hotspot alle strutture di accoglienza nel rispetto della dignità umana e dell'effettivo accesso all'esercizio del diritto di asilo e del rispetto del dovere istituzionale di controllare le frontiere ed identificare chi entra nel nostro territorio.
PRESIDENTE. Deve concludere.
ELENA CARNEVALI. Per tale ragione dichiaro il voto favorevole sulla nostra mozione Carnevali, Alli ed altri n. 1-01612 e sulle altre sulla base delle indicazioni del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
(Votazioni)
PRESIDENTE. Passiamo ora ai voti. Come da prassi le mozioni e la risoluzione saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti. Avverto che i presentatori della mozione Brescia ed altri n. 1-01439 non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e pertanto il parere deve intendersi contrario alla mozione nella sua interezza.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Brescia ed altri n. 1-01439 con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Mentre i colleghi si attrezzano per fare il primo voto, approfitto per fare gli auguri al collega Filippo Crimì per la nascita di Edoardo: gli auguri a lui e ovviamente alla mamma di Edoardo (Applausi).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge. (Votazione n. 1)
Passiamo ora alla mozione Palese ed altri n. 1-01603, come riformulata su richiesta del Governo e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Palese ed altri n. 1-01603.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Poiché le nascite sono bipartisan e anche oltre facciamo gli auguri anche al collega Vallascas al quale ieri è nata una bambina che si chiama Elisa: a lui e alla mamma, tanti auguri (Applausi).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 2).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Binetti ed altri n. 1-01606, come riformulata su richiesta del Governo e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 3).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Andrea Maestri ed altri n. 1-01611, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Carnevali, Alli, Menorello ed altri n. 1-01612, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 5).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rondini ed altri n. 1-01613, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).
Passiamo alla votazione della mozione Rampelli ed altri n. 1-01631.
Avverto che i presentatori di tale mozione non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo su alcuni capoversi della premessa e del dispositivo, e pertanto il parere del Governo deve intendersi contrario su tali parti.
Avverto, altresì, che ne è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare dapprima le parti su cui il parere del Governo è favorevole, in seguito le parti su cui il parere del Governo è contrario, ad eccezione del quinto capoverso del dispositivo, e infine il quinto capoverso del dispositivo.
Passiamo, quindi, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-01631, limitatamente ai capoversi primo, secondo, terzo, quarto e quinto della premessa e ai capoversi terzo e quarto del dispositivo, su cui il parere del Governo è favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 7).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-01631, limitatamente ai capoversi sesto, settimo, ottavo, nono, decimo, undicesimo, dodicesimo, tredicesimo, quattordicesimo, quindicesimo e sedicesimo della premessa e ai capoversi 1) e 2) del dispositivo, su cui il parere del Governo è contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-01631, limitatamente al quinto capoverso del dispositivo, su cui il parere del Governo è contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Roberta Agostini ed altri n. 1-01634, per quanto non assorbita dalle precedenti votazioni e come riformulata su richiesta del Governo, e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 10).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Gregorio Fontana ed altri n. 1-01635, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Pili e Vella n. 6-00320, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 12).
Seguito della discussione delle mozioni Lupi ed altri n. 1-01525, Palese ed altri n. 1-01545, Sorial ed altri n. 1-01546, Franco Bordo ed altri n. 1-01548, Allasia ed altri n. 1-01550 e Marcon ed altri n. 1-01555 concernenti iniziative volte all'estensione dei cosiddetti poteri speciali del Governo al fine di salvaguardare gli assetti proprietari delle aziende italiane di rilevanza strategica (ore 17,34).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Lupi ed altri n. 1-01525 (Nuova formulazione), Palese ed altri n. 1-01545, Sorial ed altri n. 1-01546, Franco Bordo ed altri n. 1-01548, Allasia ed altri n. 1-01550 e Marcon ed altri n. 1-01555 concernenti iniziative volte all'estensione dei cosiddetti poteri speciali del Governo al fine di salvaguardare gli assetti proprietari delle aziende italiane di rilevanza strategica (Vedi l'allegato A).
Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 20 marzo 2017, sono state presentate le mozioni Sorial ed altri n. 1-01546, Franco Bordo n. 1-01548, Allasia ed altri n. 1-01550, Marcon ed altri n. 1-01555, che sono già state iscritte all'ordine del giorno.
Avverto, infine, che in data odierna sono state presentate le mozioni Benamati ed altri n. 1-01632, Rampelli ed altri n. 1-01633, Alberto Giorgetti e Occhiuto n. 1-01636, Abrignani ed altri n. 1-01637, un'ulteriore nuova formulazione della mozione Lupi ed altri n. 1-01525 e una nuova formulazione della mozione Franco Bordo ed altri n. 1-01548 (Vedi l'allegato A). I relativi testi sono in distribuzione.
(Intervento e parere del Governo)
PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo ha facoltà di intervenire, esprimendo altresì il parere sulle mozioni presentate.
ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, signora Presidente. Preliminarmente la formulazione di due giudizi di carattere generale che rendono chiaro qual è la ragione per i pareri, che poi formulerò puntualmente.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 17,35)
ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Sui poteri speciali dello Stato sulle imprese operanti…
PRESIDENTE. Mi perdoni, Viceministro Morando. Colleghi, per favore! Magari c'è qualcuno che ha presentato una mozione ed è interessato a capire il Governo che parere dà. Gli altri colleghi che invece hanno bene in mente di continuare a parlare possono farlo fuori. Per cortesia, colleghi. Prego.
ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Dicevo che per le imprese operanti nei settori strategici dell'economia nazionale bisogna prima di tutto rilevare che la legislazione oggi vigente in proposito ha esteso l'ambito della sua applicazione dalle sole imprese pubbliche, così come era un tempo (prima del 2012), a tutte le imprese, purché operanti nei settori della difesa, della sicurezza nazionale, dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
In secondo luogo, bisogna rilevare che i poteri dello Stato sono differenziati a seconda che si applichino a soggetti comunitari o extracomunitari. Anche questo è un problema variamente affrontato nelle mozioni e, alla luce di questi due rilievi, risulta quindi evidente che l'eventuale estensione, diffusamente proposta dalle mozioni, dei poteri speciali deve avvenire per legge, la quale a sua volta deve risultare compatibile con la disciplina comunitaria.
Infine, voglio ricordare che, poiché si tratta di un tema che va tenuto in conto nell'affrontare il problema che abbiamo di fronte, gli interventi messi in atto dal Fondo strategico italiano costituito nell'ambito del gruppo Cassa depositi e prestiti si sono sviluppati nel corso di questi anni in settori di rilievo strategico con effetti di rafforzamento della tutela degli interessi nazionali, anche se questi interventi non sono direttamente riconducibili e non sono stati ricondotti direttamente ai cosiddetti poteri speciali di cui si occupano le mozioni.
Vengo ora ai pareri, non prima di avere precisato che il Governo ha nettamente privilegiato per la formulazione del parere la parte impegnativa delle mozioni rispetto alle premesse, premesse che a mio avviso descrivono tutte correttamente il fenomeno e i problemi connessi ma spesso contengono ricostruzioni di singole vicende di acquisizioni di imprese in Italia che, a giudizio del Governo, non sono del tutto condivisibili. Malgrado questo elemento i pareri sono i seguenti: sulla mozione Lupi ed altri n. 1-01525 (Ulteriore nuova formulazione) il parere è favorevole…
PRESIDENTE. Colleghi, per favore! Possiamo abbassare il tono della voce? Per favore, non mi costringete a sospendere la seduta. Prego.
ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Come dicevo, sulla mozione Lupi ed altri n. 1-01525 (Ulteriore nuova formulazione) il parere è favorevole; sulla mozione Benamati ed altri n. 1-01632 il parere è favorevole;
Sulla mozione Palese ed altri n. 1-01545 il parere è favorevole; sulla mozione Sorial ed altri n. 1-01546 il parere è contrario a causa della valutazione del Governo circa l'impegno al punto n. 1 della parte dispositiva della mozione, laddove si prevede che si debba procedere con la previsione dell'istituto della nazionalizzazione; il parere sulla mozione Franco Bordo ed altri n. 1-01548 (Nuova formulazione) è favorevole, con la proposta di due piccole correzioni se i proponenti mi seguono: al punto n. 2 della parte impegnativa, alla lettera a), invece di scrivere, alla seconda riga: “a dare corso alle proposte del Comitato” propongo di scrivere: “tenendo conto delle proposte del Comitato”, e il testo rimane così come è fino alla parola: “rafforzando”, che viene sostituita dalle seguenti: “al rafforzamento”; poi, si espungono le parole: “in particolare” e si prosegue: “delle direttrici di indirizzo e all'integrazione dei meccanismi decisionali”. Infine, alla lettera b) allo stesso punto n. 2, a metà del periodo, si leggono nel testo le parole: “imponendo allo stesso di chiarire”; chiedo ai proponenti di sostituire questa espressione con la seguente: “vincolando lo stesso a chiarire”.
Per quello che riguarda la mozione Allasia ed altri n. 1-01550, il parere è favorevole sul primo impegno - l'impegno n. 1 -, contrario sull'impegno n. 2 e favorevole sull'impegno n. 3. Si intende, quindi, che se i proponenti accettassero di espungere dal testo il punto n. 2 degli impegni al Governo il parere del Governo sarebbe favorevole. Altrimenti, ovviamente, il parere è contrario.
Per quello che riguarda la mozione Marcon ed altri n. 1-01555, il parere è favorevole sul primo impegno, favorevole sul secondo impegno, non è favorevole - cioè contrario - sull'impegno n. 3, mentre è favorevole sulla prima parte dell'impegno n. 4, che è contenuto anche in molte altre mozioni, cioè fino alle parole: “del decreto-legge n. 21 del 2012”. Poi, la mozione con le ultime tre righe affronta il tema dell'eventuale allargamento al settore del credito delle regole sui diritti speciali. Così come è proposto nel testo della mozione non si può accettare, perché prevede che questo allargamento avvenga sostanzialmente nel corso della fase di aggiornamento triennale, previsto dall'articolo 2, comma 1. Se i proponenti accettassero, invece, di fare un punto a parte togliendo queste ultime tre righe dal punto n. 4 e facessero un punto n. 5, sostanzialmente analogo a quello del punto n. 3 della mozione Lupi ed altri n. 1-01525 (Ulteriore nuova formulazione) che riguarda esattamente l'estensione possibile al settore del credito, poiché nel merito il Governo su questa ipotesi di estensione alle condizioni previste dal punto n. 3 della mozione Lupi ed altri n. 1-01525 (Ulteriore nuova formulazione) non è contrario, il Governo stesso a quel punto accetterebbe ma non nella formulazione attuale.
Proseguo con un'altra mozione. Dunque, vediamo cosa manca ancora… Se lei mi aiuta, Presidente… Manca la mozione Rampelli ed altri n. 1-01633, giusto?
PRESIDENTE. Sì, la mozione Rampelli ed altri n. 1-01633. Poi, ci dovrebbe precisare, quando ha finito di esprimere il parere su questa mozione, il parere sulla premessa delle mozioni Allasia ed altri n. 1-01550 e Marcon ed altri n. 1-01555. Cioè, ci deve dare anche il parere sulle premesse.
ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Sì, sì. Il parere sulle premesse si intende positivo, correlato con il parere sulla parte impegnativa.
PRESIDENTE. Tecnicamente il parere è positivo. Poi “correlato con la parte impegnativa” diciamo che è una valutazione di tipo politico che fa lei. Noi lo consideriamo positivo. Se lo devo mettere in votazione, io lo pongo in votazione con il parere positivo, con il parere favorevole del Governo?
ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Ho detto: il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Perfetto e tanto basta.
ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Stavo cercando di spiegare perché, ma comunque se non lo si può fare, non fa niente.
PRESIDENTE. No, no, va bene alla Presidenza. Poi lei ha fatto un lungo cappello, nel quale ha anche motivato questa cosa, però, ecco, tecnicamente, lei me lo deve dire, perché io ne prendo atto.
ENRICO MORANDO, Vice Ministro per l'Economia e le finanze. Per quello che riguarda la mozione Rampelli ed altri n. 1-01633 il parere è contrario.
Ove venissero espunti il punto 4 e il punto 5, che sono la ragione del parere contrario, il parere sui punti 1, 2 e 3 diventerebbe favorevole, così come sulla premessa.
Se debbo ripetere sulla mozione Rampelli, così com'è, il parere è contrario. Il parere contrario è motivato da quello che è previsto dagli impegni 4 e 5. Se la mozione rimane così com'è, il parere, dunque, è contrario. Se invece i proponenti togliessero i punti 4 e 5, sui punti 1, 2 e 3, che sono largamente simili a quelli di altre mozioni su cui il Governo ha già espresso parere favorevole, il Governo sarebbe favorevole.
PRESIDENTE. Quindi, sostanzialmente, diciamo che c'è una proposta di riformulazione nell'espungere questi due punti. Va bene. Passiamo alle dichiarazioni di voto. Ah, no, ci sono altre due mozioni, su cui mi dicono che non ha dato il parere, Viceministro Morando. Ci sono le mozioni Alberto Giorgetti e Occhiuto n. 1-01636 e Abrignani ed altri n. 1-01637.
ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Sinceramente, non mi sono state fornite.
PRESIDENTE. E giustamente, pure lei, se non ha la mozione, è difficile che possa dare il parere. Ho capito, le mozioni sono distribuite, però, a questo punto, dobbiamo sospendere inevitabilmente, perché, se cominciamo le dichiarazioni di voto, non è che poi possiamo dare il parere successivamente, anche perché poi, magari, ci sono colleghi che sono chiamati a parlare. A questo punto, sospendo la seduta per cinque minuti e riprendiamo, esattamente, alle ore 17,55.
La seduta, sospesa alle 17,45, è ripresa alle 18.
PRESIDENTE. La seduta è ripresa. Riprendiamo l'esame delle mozioni sui poteri speciali del Governo con riferimento alle aziende di rilevanza strategica.
Intendo, in primo luogo, precisare che le mozioni Alberto Giorgetti e Occhiuto n. 1-01636 e Abrignani ed altri n. 1-01637, nonché la versione definitiva della mozione Rampelli ed altri n. 1-01633, presentata in data odierna, sono state tempestivamente trasmesse al competente ufficio del dipartimento per i rapporti col Parlamento, cui spetta l'inoltro delle stesse al rappresentante del Governo delegato a seguirne lo svolgimento in Aula.
Viceministro Morando, può completare l'espressione dei pareri.
ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Mi lamenterò con chi di dovere, signor Presidente…
PRESIDENTE. La ringrazio.
ENRICO MORANDO, Vice Ministro dell'Economia e delle finanze. Per quello che riguarda la mozione Alberto Giorgetti e Occhiuto n. 1-01636, di Forza Italia, il parere è favorevole a condizione che al terzo impegno del dispositivo, dopo le parole: “ad adottare”, al numero 3, si aggiunga: “anche in sede comunitaria opportune iniziative” e segue il testo.
Per quello che riguarda la mozione Abrignani ed altri n. 1-01637, anche in questo caso, il parere è favorevole su tutta la mozione se al punto 1 si introduce questa espressione: “ad assumere iniziative normative anche in sede comunitaria volte a dar corso” e così via. Sul punto 2, propongo di aggiungere: “anche in sede comunitaria iniziative finalizzate a revisionare”. A queste condizioni il parere è favorevole.
Signor Presidente, è già stato chiarito che è colpa mia, diciamo così, ma avendo ricevuto il testo completo della mozione Rampelli ed altri n. 1-01633 solo ora e avendo esaminato un testo gravemente incompleto, sempre per responsabilità mia, ho chiaramente sbagliato la formulazione del parere; esaminati i dieci punti dell'impegno il parere è contrario.
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 18,05)
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rocco Buttiglione. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Signora Presidente, i deputati dell'UDC voteranno la mozione Lupi e anche quella presentata dall'onorevole Bordo, unicamente per la riformulazione che ne è stata fatta. Devo dire che leggendo le mozioni, tutte le mozioni, sono stato preoccupato, spaventato. C'è un'ondata di protezionismo alla maniera di Trump e del populismo che sta invadendo questo Parlamento. Guardate che quando un'azienda straniera compra in Italia, paga e offre la possibilità di fare investimenti in Italia, reinvestendo il prezzo che è stato pagato. Se questo prezzo non viene reinvestito, forse è perché non riusciamo a creare le condizioni che attraggano gli investimenti, nemmeno quelli italiani; è un problema nostro che non si risolve costringendo le aziende a non vendere. In tutte le mozioni c'è un principio giustissimo, il principio di reciprocità, cioè il rischio che imprese italiane vengano comprate da aziende che al Paese loro non solo contendibili, creando in questo modo sistemi di monopolio o semi-monopolio internazionale gravemente lesivi per il bene nostro e anche per il bene di altri Paesi. Questo è un principio giustissimo, che io a suo tempo ho introdotto nella direttiva 2004/25/CE contro l'opposizione di tutti, anche in Italia, facendo l'unanimità dei Paesi contro la Commissione di allora. Su questo sì, c'è un motivo vero di preoccupazione, ma l'ordinamento europeo già ci offre la possibilità di agire per realizzare un level playing field in cui tutti possano competere alle medesime condizioni. Che esistano settori strategici, è giustissimo, che vadano salvaguardati altrettanto, attenti a non estendere troppo l'area di quello che consideriamo strategico, perché rischiamo in questo modo di ingessare un'economia che è già abbastanza ingessata di suo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rocco Palese. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Signora Presidente, non c'è dubbio che il decreto-legge 15 marzo 2012 n. 21, convertito con modificazioni dalla legge n. 56, abbia introdotto norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nel settore della difesa e la sicurezza nazionale nonché per le attività di rilevanza strategica nel settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, quindi, senza entrare troppo nel merito di questo decreto, c'è la determinazione da parte di molti Paesi, nel contesto europeo ma solo in esso, di cercare, per quanto possibile, di salvaguardare ciò che è ritenuto prettamente strategico all'interno del Paese dalle eventuali scalate cosiddette “avverse”. Capisco le liberalizzazioni, capisco la libertà del mercato, ma purtroppo nel mondo della globalizzazione e del mercato si va sempre in maniera spinta oltre misura. Tuttavia, ho visto anche che in molti Paesi delle salvaguardie ci sono, ci sono delle tutele, dei confini. Penso che le mozioni che sono state presentate, al di là delle sensibilità che ogni gruppo esprime in maniera diversa, in maniera più pesante o meno pesante, pongano però un problema di carattere generale, che impegna il Governo a vedere come sia possibile che ci possa essere, soprattutto nel contesto della sicurezza e della difesa, questo tipo di salvaguardia. Infatti, la nostra mozione impegna ad adottare iniziative volte a una revisione, tenendo conto della necessità di contemperare, da un lato, la libertà di impresa, il diritto alla concorrenza, la libertà di iniziativa economica, il diritto di proprietà, e dall'altro le esigenze prioritarie di interesse nazionale che introducono nuovi ed ulteriori obblighi in tema di trasparenza e di comunicazione a carico degli acquirenti, anche al fine di ottenere garanzie alla permanenza in Italia di asset produttivi strategici, competenze e posti di lavoro, considerando le esperienze maturate in altri Paesi e nell'OCSE; a farsi anche promotore, a livello di Unione europea, dell'introduzione del criterio di reciprocità con gli Stati esteri in materia di acquisizione di asset rilevanti; a procedere, così come previsto dalla normativa, all'aggiornamento dei regolamenti per l'individuazione delle attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e di sicurezza nazionale. Penso che questo sia compatibile anche rispetto a tutti quelli che sono gli accordi e i trattati europei ed internazionali, ed è un impegno che mi auguro che il Governo non solo prenda, ma che poi realizzi nei fatti e in tempi anche brevi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rizzetto. Ne ha facoltà.
WALTER RIZZETTO. Presidente, Viceministro, siamo qui ancora una volta, ma la politica non si è occupata di questo tema soltanto in questi giorni, nei passaggi parlamentari che ci sono stati in questi giorni e che hanno portato in Aula parecchie mozioni rispetto a quello che prima il collega Palese definiva una cosiddetta difesa rispetto a degli asset strategici che ci sono in Italia, ovvero la salvaguardia di assetti proprietari di aziende italiane di cosiddetta rilevanza strategica.
L'ho ascoltata, prima, quando, in un passaggio rispetto alla previsione di accettazione o meno degli impegni delle mozioni, lei di fatto ci dice fra le righe quello che dice il Ministro Calenda, che in un'agenzia di poche ore fa dice: sì, va bene una cosiddetta golden share per le aziende strategiche italiane che creano occupazione - o che creavano occupazione -, ma cerchiamo di allargare questo ambito. Non so se ho sentito bene, ma mi pareva anche di aver sentito il termine “privati”. È sempre molto interessante, ma altrettanto scivoloso, parlare in questo ambito dei cosiddetti privati, e non sono d'accordo con quanto citato ed affermato dal collega Rocco Buttiglione poc'anzi, al quale pare che ci sia un difetto di protezionismo ad oggi in Italia. Bene, questo difetto di protezionismo nei confronti delle aziende strategiche italiane, ad oggi, in Italia, secondo noi potrebbe essere una cosa giusta, al netto anche qui del fatto che c'è sempre da stare molto attenti quando si parla di nazionalizzazione, quando si parla di Stato in seno ed in pancia ad aziende private in Italia.
Viceministro, ad esempio, non ho capito - ma non devo fare il difensore d'ufficio di nessuno -, perché il nostro gruppo era assolutamente d'accordo con il primo impegno proposto nella mozione dei colleghi del MoVimento 5 Stelle, quando prevede di fatto una partecipazione dello Stato nazionale nel cosiddetto azionariato oggetto delle acquisizioni delle aziende stesse. Magari avreste potuto dare un parere negativo su quel punto e, ad esempio, dare un parere positivo rispetto agli altri punti, ma così non è stato. Penso che, però, in questo ambito, ovvero in merito ad aziende di fatto pubbliche, andare a nazionalizzare non sia uno scandalo, come volete farci capire e pensare. Perché? Perché l'Italia, ad esempio, anche rispetto a queste aziende strategiche, come nel titolo è citato, ha tutto da imparare nei confronti di altri Paesi europei. Nelle ultime ore, Viceministro, si parla molto di Francia: visto quanto è accaduto, lei sa meglio di me che la Francia ha dei parametri assolutamente differenti rispetto a quelli italiani. La Francia è lo Stato che, attraverso delle offerte pubbliche, ci ha portato via Parmalat, ci ha portato via Edison, ci ha portato via Bulgari, ad esempio, ma non esiste il cosiddetto criterio di reciprocità, cioè loro possono fare a noi le peggiori cose ma noi non possiamo restituire la stessa moneta ai nostri partner europei. Tra l'altro, in Francia esiste già, dal 2006, una legge anti-OPA straniere, anti offerte pubbliche d'acquisto straniere. In Italia, uno dei primi che parlò rispetto a questi temi fu l'allora Ministro Tremonti, che nel 2011 iniziò a parlare di queste cose, iniziò a mettere dei campanelli d'allarme in seno alla politica dinanzi a quella che molto spesso è una svendita di aziende strategiche italiane da parte di compratori di azionariato estero, e andò a sottolineare quello che - sempre per ritornare guarda caso alla Francia - Chirac definì un patriottismo economico. Ovvero, il Tesoro francese ha di fatto il diritto di dire di sì o di no agli azionisti, all'azionariato che va a cercare di fare delle scalate in seno alle cosiddette aziende strategiche.
Di fatto quello che l'allora Ministro Tremonti disse rispetto alla cosiddetta goldenshare in Italia non fu mai applicato, per andare adesso ad accorgersi che probabilmente non c'è molto più tempo, o perlomeno non ci sono più grosse aziende strategiche in Italia da depauperare. Allora, come cercare di proteggere tutto quel poco che è rimasto di italiano, innanzi a quelli che molto spesso sono dei veri e propri avvoltoi che arrivano in Italia? Come detto, vanno a depauperare un know-how assolutamente italiano, dopodiché vanno a svenderlo, se non a delocalizzarlo, molto spesso. La golden share, mai utilizzata in Italia, come riusciamo a portarla a termine? Sicuramente non la portiamo a termine con delle mozioni, nel senso che avrebbe dovuto essere il Governo stesso, per mano in questo caso del Ministro Calenda, a battere i pugni sul tavolo e a dire: no, guardate che qui non potete fare esattamente come volete, non siamo al mercato, e soprattutto non siamo a disposizione di tutti coloro che vogliono venire a mettere soldi presso ed in pancia alle principali aziende italiane. Anche perché, spesso la stessa Unione europea, la stessa Europa, ci ha bacchettato rispetto a queste piccole alzate di testa che abbiamo fatto negli anni. La nostra mozione, a questo punto, era migliore nella prima versione, considerato che effettivamente qualche punto a favore ce l'aveva dato - dopo è stata rivista e rivisitata: ci mancherebbe altro, lei fa assolutamente il suo lavoro e lo fa bene -, andava chiaramente a svolgere il proprio compito contrastando investimenti stranieri che, ripeto, vanno soltanto a depauperare i cosiddetti asset strategici che portano via il know-how italiano e, quando si parla di know-how, si parla di tecnologia, di industria, di commercio. Bene trattare dei cosiddetti asset strategici come l'energia, la sicurezza, i trasporti, le telecomunicazioni, ma avremmo voluto inserire come impegno in questa nostra mozione, ad esempio, anche un'estensione, non necessariamente andando a toccare il privato, rispetto a tutto questo, perché sarà populista e demagogo dirlo, ma tutto quello che oggi crea lavoro in Italia secondo me può essere considerato strategico, visto che soffriamo di fatto di una disoccupazione che è ancora molto, molto alta. Penso e spero che voi siate d'accordo almeno su questo passaggio e, ripeto, le parole del Ministro Calenda forse ci danno qualche minima speranza quando parliamo e potremmo parlare anche di turismo, agricoltura, artigianato. Dunque le cose che chiedevamo erano assolutamente molto, molto semplici, quello che - lo rinnovo -, ad esempio, Chirac chiamava “patriottismo economico”, ovvero garantire - queste erano le nostre proposte - una massima tempestività ed efficacia all'azione dello Stato a tutela dei settori di rilevanza strategica. Questo era il primo impegno, forse, almeno su quello, poteva dirci di sì. Chiedevamo di individuare precisi strumenti di valutazione atti alla cosiddetta difesa del patrimonio di conoscenza, che molto spesso in Italia, purtroppo, Presidente, se ne va in una notte per poi non essere più ripreso;
di rafforzare di fatto il contrasto nei confronti di investimenti stranieri atti chiaramente a depauperare tutto quanto prima detto e ricordato. Inoltre, i due impegni su cui potevamo anche avere l'opportunità di tirarci indietro, essendo stati, proprio nella prima versione, settati eventualmente i primi tre, che prevedevano l'impegno a rivalutare di fatto questa lista di aziende che, a nostro avviso, non possono essere soltanto aziende di un certo tipo, ma sicuramente anche aziende in un ambito più allargato. Prima le dicevo che, secondo noi, uno degli asset strategici - sarà puerile dirlo - è rappresentato effettivamente da tutte le aziende che creano occupazione in Italia, ma negli ultimi anni, purtroppo, ce ne sono sempre, sempre meno. Infine, quello su cui penso e spero che tutti siano d'accordo, Governo, maggioranza ed opposizioni, è proprio il fatto della cosiddetta reciprocità, ovvero che non possiamo subire quello che molto spesso subiamo, ma dobbiamo essere trattati alla pari nei confronti di altri Paesi stranieri. Lei lo sa - probabilmente non lo dice in quest'Aula, ma sicuramente in cuor suo lo sa - che le aziende straniere sono trattate in modo differente rispetto alle aziende strategiche italiane oggi presenti in Europa. I casi che le citavo prima sono emblematici: probabilmente la Francia o la Germania non si sarebbero lasciate sfuggire, seppur con dei problemi, aziende come quelle citate prima, come Parmalat, Bulgari, Edison. Quindi, Presidente, è chiaro che voteremo a favore della nostra mozione e degli impegni in essa contenuti, e chiediamo la votazione per parti separate rispetto ad ogni impegno della mozione da noi presentata. Ovviamente voteremo a favore di tutte le mozioni - in primis delle opposizioni, sicuramente poche della maggioranza - che vadano a tutelare di fatto i veri asset strategici italiani, che nelle mozioni di maggioranza non mi pare di leggere (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sberna. Ne ha facoltà.
MARIO SBERNA. Grazie, signora Presidente. Le mozioni che sono giunte in votazione dopo un lungo intervallo tra questa fase e la discussione generale del marzo scorso riguardano un tema estremamente serio e rilevante che possiamo francamente chiamare della difesa delle imprese italiane considerate strategiche dall'acquisizione da parte di soggetti non appartenente al territorio nazionale.
Non si parla, sia chiaro, di un ritorno a quel protezionismo che ha caratterizzato l'Europa per moltissimo tempo, sino almeno all'inizio del processo di unificazione parziale del nostro continente, e che oggi sembra tornare in auge, grazie anche alla politica daziaria molto ottocentesca del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che trova - va detto - epigoni anche da noi, dove una vena protezionistica scorre sotto traccia e spesso ultimamente riemerge.
Come detto, invece, la discussione di oggi non verte tanto su un protezionismo generalizzato e oggettivamente fuori dal mondo e dalla storia quanto sulla necessità di evitare che asset strategici per il nostro Paese passino in mani non italiane almeno per quel che riguarda la maggioranza delle azioni.
Tali asset strategici ben ricordati dal Viceministro Morando durante l'intervento sulle mozioni. Non possiamo non ricordare che il Governo Monti emanò un decreto-legge al fine di rendere compatibile con il diritto europeo la disciplina italiana relativa agli asset di rilevanza strategica, che fu reso necessario da una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea. Ciò ha individuato quei settori strategici sui quali intervenire ed ha individuato le procedure per attivare i poteri speciali concessi al Governo. Dicevamo: difesa, energia, trasporti, comunicazioni sono settori su cui si concentra la possibilità di intervento al Governo il quale può anche agire relativamente, come si diceva, a società anche private.
La Commissione europea e poi la Corte di giustizia hanno precisato che l'interesse nazionale non è un criterio trasparente, potendo introdurre invece un criterio discriminatorio nei confronti di investitori esteri e incertezza nel diritto. Per questo quindi si è proceduto a quanto sopra ricordato in modo da dare al Governo i mezzi per affrontare quella che è sempre più evidentemente una gara all'acquisizione di asset strategici italiani importanti da parte di investitori esteri, sia extra-europei come sappiamo la Cina in primis sia - questo ci appare più grave - da parte di soggetti che hanno sede centrale in altri Stati nell'Unione europea e in particolare la Francia, ultimo caso la scalata di Vivendi tentata a Mediaset e temiamo anche per Assicurazioni Generali.
Da tempo varie banche italiane sono già sotto controllo francese. Non si deve drammatizzare: la nuova realtà è questa e non si torna indietro e non sarebbe nemmeno auspicabile. È evidente però che settori strategici come quelli sopra ricordati non possono sfuggire del tutto al controllo del nostro Paese pur rimanendo nella compatibilità con le norme dell'Unione europea sul libero mercato e, anzi, con l'impegno italiano di continuare sulla strada delle liberalizzazioni a livello europeo. Sarebbe però necessaria una collaborazione diretta a livello politico tra i vari Stati dell'Unione europea in particolare per affrontare gli assalti di realtà, come quella cinese, che ben lontani sono da qualunque economia razionale di mercato e che ricordano, sia lecito dirlo, veri e propri assalti all'arma bianca per la conquista e lo sfruttamento degli asset migliori del nostro Paese.
Si deve anche osservare in generale come vi sia un grave squilibrio a nostro sfavore nella gara delle acquisizioni. Come per la cosiddetta fuga dei cervelli in linea di principio non vi sarebbe nulla di male nell'acquisizione di asset italiani da parti investitori stranieri capaci di portare capitali freschi e idee nuove.
Il problema sta però nel fatto che, come i cervelli che fuggono non vengono sostituiti da altri non italiani attratti dal nostro Paese, lo stesso accade all'inverso per i nostri investimenti che sono molto deboli e rari.
Questo squilibrio è certo dovuto alle politiche di fatto protezionistiche che, ad esempio, Paesi come la Francia attuano e applicano comunque in difesa di molti settori del loro mercato con un'estensione dell'idea di settore strategico che certo non è adatta alla collaborazione tra Stati dell'Unione europea ma questo è un fattore innescato anche dalla nostra struttura capitalistica debole, parcellizzata, composta spesso da lodevolissime peraltro piccole e medie imprese che tuttavia certo non sono in grado di competere a livello internazionale su mercati sempre più grandi ed aggressivi e lo stesso vale per le banche oggi sotto mira da parte investitori esteri che probabilmente hanno retto meglio che altrove proprio per il loro scarso coinvolgimento nel gioco dei capitali ma che ormai non reggono l'invasione straniera e non sanno cosa più grave trovare i mezzi per rispondere sul territorio altrui, acquisendo asset importanti.
Non ci si deve augurare, però, che, per difendere interessi strategici da assalti gallici o di altri investitori esteri, si ripetano operazioni catastrofiche come il presunto salvataggio di Alitalia da parte dei cosiddetti capitali coraggiosi, che dovevano opporsi all'attacco francese e che non hanno fatto altro che posticipare un destino scritto, quello del passaggio dalla nostra ex compagnia di bandiera, in perenne crisi, sotto controllo non italiano.
Ecco, quello è un modello perfetto da non seguire, una specie di nazionalismo di ritorno che non è servito se non a spendere ancora più soldi pubblici, come stiamo facendo di nuovo, non salvando l'Italia. Auspicabile è, invece, che il Governo eserciti con maggior forza, quando necessario, i poteri che gli sono stati concessi dal decreto citato e dai regolamenti successivi. Ad oggi, infatti, il Comitato di coordinamento per l'esercizio di poteri speciali ha osservato che il cosiddetto golden power è stato più un'arma spuntata che uno strumento utile.
Dal 2014 al 2016, infatti, su trenta operazioni notificate mai è stato posto un veto e questo non tanto per motivi oggettivi, quanto per la lentezza dell'attivazione di meccanismi che consentano l'esercizio dei poteri speciali, volti, come ricorda il Comitato stesso, alla protezione di assetti strategici nazionali che vengono costantemente attaccati dalla manovre acquisitive, volte non tanto allo sviluppo di quegli assetti - ed è qui il grave -, quanto piuttosto alla sottrazione di tecnologia e know how industriale e commerciale, che è fondamentale per il nostro Paese.
È, quindi, auspicabile, in conclusione, un esercizio più efficace dei poteri concessi al Governo e anche lo sviluppo, in accordo con le regole dell'Unione europea, di altre modalità che consentono al nostro Paese di partecipare a parità di condizioni, per quanto possibile, alla gara sui mercati europei e mondiali. Per tutto questo, il gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico voterà a favore delle mozioni accolte dal Governo, sapendo bene che questi atti, sia pure importanti sul piano politico, hanno, come dire, una scarsa risonanza concreta, ma è necessario - riteniamo - appoggiare e, se necessario, stimolare il Governo, ed anche questi atti di indirizzo in tal senso possano essere utili.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Catalano. Ne ha facoltà.
IVAN CATALANO. Grazie, Presidente. Il gruppo dei Civici Innovatori esprimerà parere favorevole a tutte quelle mozioni che chiedono un impegno da parte del Governo a provvedere ad una revisione delle norme relative al cosiddetto golden power, che tenga conto della necessità di rafforzare i poteri speciali nella fase iniziale dei processi di cessione, di estendere la disciplina di tali poteri ad altri settori strategici, come quello dei risparmi di natura bancaria e finanziaria, introdurre nuovi e ulteriori obblighi in tema di trasparenza e di comunicazione a carico degli acquirenti di partecipazioni in società italiane, anche al fine di ottenere garanzie sulla permanenza in Italia di asset produttivi e strategici, competenze e posti di lavoro.
Presidente, se mi autorizza, volevo consegnare il testo completo del mio intervento.
PRESIDENTE. Sì, autorizzazione accordata.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Abrignani. Ne ha facoltà.
IGNAZIO ABRIGNANI. Grazie, gentile Presidente, onorevoli colleghi, i quatto decreti attuativi del golden power, emanato nel 2014 in seguito al decreto-legge n. 21, firmato dall'allora Presidente Monti due anni prima, dispongono poteri speciali esercitabili dalla Presidenza del Consiglio nel caso di acquisto di partecipazioni in imprese strategiche oppure di delibere societarie aventi ad oggetto, ad esempio, fusioni, scissioni o trasferimento all'estero delle sedi. Le possibilità di intervento sono più ampie nel settore della difesa, mentre per l'energia, le telecomunicazioni e i trasporti, l'eventuale opposizione tout court all'acquisizione di partecipazioni si può esercitare solo nei confronti di un'azienda extra europea.
Il decreto-legge confezionato all'epoca disponeva che i provvedimenti attuativi fossero aggiornati ogni tre anni: siamo nel 2017 e, quindi, si apre proprio quest'anno una finestra utile per aggiornare la normativa e il nostro gruppo parlamentare ritiene che ce ne sia sicuramente bisogno. Questo è uno dei motivi che ha spinto anche noi a presentare una nostra mozione, con l'intento di stimolare il Governo su una questione sicuramente di grande rilevanza per il nostro sistema produttivo.
Abbiamo assistito nei mesi scorsi a delicati casi, come Vivendi Mediaset, che sono solo la punta dell'iceberg di una problematica che si addentra delle complesse articolazioni dei rapporti Italia-Francia in merito ad acquisizioni ed investimenti incrociati. Come detto prima da qualche mio collega, il problema della reciprocità è sicuramente fondamentale per salvaguardare l'italianità delle nostre aziende strategiche.
Proprio oggi, in Commissione attività produttive, l'amministratore delegato di Fincantieri ci parlava dell'acquisizione nella nota azienda straniera del settore, con la possibilità, da parte nostra, dopo tutta una serie di trattative col Governo francese, di acquisire il 66 per cento di questa azienda. Il 33,3 per cento rimaneva in mani francesi. Ebbene, lui ci ha espressamente dichiarato che, grazie a questo 33 per cento e a una legge che loro hanno in Francia, c'è la possibilità di porre veti sulle azioni particolari che questa azienda vuole mettere in piedi, ed è sicuramente uno dei modi con cui la Francia esercita la strategicità degli assetti e delle imprese rilevate di aziende strategiche.
L'obiettivo del Governo, pertanto, dovrebbe essere quello di assicurare continuità alla protezione degli assetti strategici nazionali, attraverso la tutela nei confronti di manovre acquisitive che sottintendono l'obiettivo di sottrarre tecnologia e know how industriale e commerciale essenziale per la competitività del sistema Italia. Tutto questo, però, dovrà avvenire conciliando, da una parte, la libertà economica ed il diritto di proprietà, che per noi sono elementi essenziali, e, dall'altra, con le esigenze prioritarie di interesse pubblico e la salvaguardia degli assetti proprietari dell'azienda italiana di rilevanza strategica.
Il mondo sta cambiando velocemente e anche gli strumenti di difesa devono aggiornarsi, come del resto sembrano avere intenzione di fare nostri importanti competitor, come Germania e Regno Unito, ed è proprio per questo che noi voteremo favorevolmente a tutte le mozioni che andranno in questa direzione. Per quanto riguarda la nostra, precisiamo infine, subito, di accettare la piccola riformulazione fatta dal Governo sulla nostra mozione (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fassina. Ne ha facoltà.
STEFANO FASSINA. Grazie, Presidente. È evidente che l'oggetto delle mozioni ha, nei poteri speciali del Governo, soltanto uno degli strumenti - diciamo lo strumento a cui si ricorre in casi estremi - ma la cassetta degli strumenti è decisamente più ampia e prevede politiche di carattere ordinario, alle quali si deve ricorrere sistematicamente per proteggere e valorizzare gli asset di interesse nazionale. Tuttavia, gli strumenti di cui parliamo, i poteri speciali, che nel corso del tempo e degli anni si sono evoluti e si sono, come dire, adeguati ad una realtà economica e finanziaria sempre più complessa, sono un pezzo importante. Dopo la golden share, dopo il golden PIL, siamo arrivati al golden power per provare ad avere strumenti efficaci con i quali intervenire in determinate situazioni che diventano sempre più frequenti, non solo da noi, ma in generale.
Ringrazio il Viceministro Morando per le proposte di riformulazione che ha definito per la mozione presentata da Sinistra Italiana, tuttavia non le possiamo accettare perché fanno venire meno quelli che riteniamo essere dei punti fondamentali. Il primo riguarda il settore creditizio e finanziario: è vero che nella mozione riformulata, primo firmatario l'onorevole Lupi, c'è un riferimento significativo e voteremo a favore di quella mozione, tuttavia riteniamo che non sia sufficientemente cogente quella formulazione, perché il nostro settore creditizio e finanziario è in una condizione di oggettiva debolezza, dovuta non solo a ragioni soggettive, ma a una condizione dell'economia reale che perdura e che fa crescere i non performing loans ed è via via più esposto ad incursioni che non hanno nulla a che vedere con la valorizzazione di quell'asset. Ma, come ha messo in evidenza anche la relazione del Comitato dei servizi di sicurezza, i rischi sono rischi che hanno a che vedere con il riciclaggio, che hanno a che vedere con una raccolta a buon mercato del risparmio nazionale che è ancora significativo per essere utilizzato in altri mercati. Quindi, a nostro avviso estendere la portata del golden power al settore creditizio e finanziario è un'emergenza nazionale. Poi, una volta esteso non è che si debba necessariamente utilizzare. Si fa, ovviamente, una valutazione di carattere economico, di carattere finanziario e di carattere politico, però si ha lo strumento che consente anche di svolgere una qualche deterrenza.
L'altro punto riguarda l'estensione del golden power anche agli interventi di imprese che hanno sede nell'Unione europea. Questo perché? Perché dobbiamo stare molto attenti all'utilizzo del riferimento al criterio e al principio di reciprocità. Dobbiamo stare attenti per due ragioni: la prima è che questo principio nell'Unione europea si attua in un contesto che non è un contesto simmetrico. Il quadro delle politiche economiche dell'Unione europea e dell'Eurozona, in particolare, ha effetti drammaticamente asimmetrici che rendono le imprese di un Paese per ragioni di contesto - al di là delle specificità - più deboli rispetto ad imprese di un altro Paese. Il riferimento è puramente voluto all'Italia e alla Germania, che le condizioni macroeconomiche mettono su livelli diversi. Quindi, se io applico un principio di reciprocità su un terreno che non è livellato ma che è sconnesso è evidente che quel principio lo esercito soltanto in una forma virtuale, perché in realtà è un vantaggio competitivo molto consistente che do a un Paese rispetto a un altro proprio perché il quadro delle politiche economiche determina effetti asimmetrici.
L'altra ragione è che qui dobbiamo uscire un po' dai manuali di economia del primo anno. Anche prima sentivo dal collega Buttiglione e da altri colleghi che è esploso un desiderio protezionista. Dovremmo prima o poi farci la domanda perché dopo quarant'anni di martellamento ideologico sulle virtù del libero mercato e sugli effetti che vediamo tutti i giorni è esplosa una domanda di protezionismo. Evidentemente, quel libero mercato non funziona come ci dicono i manuali di economia neoclassica e di economia liberista; funziona in modo diverso. Funziona in modo molto asimmetrico e muove da criteri che non sono, appunto, la massimizzazione dell'utilità del soggetto economico, ma ci sono criteri politici. Vorrei ricordare, a proposito della recente acquisizione positiva di Fincantieri di Stx in Francia, che se fosse stato vigente nell'Unione europea effettivamente il criterio di reciprocità non ci sarebbe stato bisogno di mesi e mesi di negoziati. Questo criterio di reciprocità è applicato in modo molto politico anche nell'Unione europea. Quindi, io credo che anche qui, dati gli effetti asimmetrici determinati dalle politiche macroeconomiche dell'Unione europea e data legittimamente l'attenzione all'interesse nazionale, che solo in Italia viene considerato sconveniente e viene considerato un sentimento negativo da esorcizzare, ma data, appunto, la legittima e comprensibile attenzione all'interesse nazionale che hanno tutti gli altri Paesi, questo criterio di reciprocità a mio avviso va relativizzato e i principi e l'ambito di applicazione della golden power vanno estesi anche alle imprese che hanno sede nell'Unione europea. Poi, di volta in volta il Governo valuterà se è utile, se quelle condizioni di reciprocità rispetto ad un altro Paese europeo vi sono o meno e anche qui non lo si deve utilizzare meccanicamente, però è uno strumento che consente di salvaguardare l'interesse nazionale che è una categoria che rileva nelle scelte economiche e nelle scelte delle acquisizioni delle aziende.
Per queste ragioni noi confermiamo la formulazione prevista nella versione originaria della nostra mozione, che ovviamente sosterremo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Allasia. Ne ha facoltà.
STEFANO ALLASIA. Grazie, Presidente. Governo, colleghi, le mozioni nascono dai fatti degli ultimi decenni a cui abbiamo assistito e dal lento processo di disimpegno dello Stato dalla partecipazione ad imprese pubbliche. È stato un processo se vogliamo discontinuo, su cui ha pesato la profonda crisi economico-finanziaria del 2008 in cui lo Stato è intervenuto nel salvataggio di istituti bancari e di grandi imprese in crisi. La successiva stagione delle privatizzazioni, voluta per ridare impulso all'economia, invece non sempre ha prodotto i risultati sperati, comportando in alcuni casi addirittura effetti di concentrazione e distorsione della concorrenza.
I primi Paesi in Europa a varare un ampio programma di privatizzazione sono stati il Regno Unito e la Francia, registrandosi da allora nei due Stati un grande interesse da parte dell'Unione europea affinché si favorisse lo sviluppo, al livello degli Stati membri, di politiche di privatizzazione che potessero integrarsi con l'avviato processo di integrazione economica tra i vari Paesi. Ciò ha portato all'apertura di una procedura di infrazione nei confronti di diversi Stati membri tra cui l'Italia, che nel 1994 aveva adottato strumenti simili per la regolamentazione del settore. Il nostro Paese però, a differenza di quanto hanno fatto gli altri Stati membri, non ha risposto in maniera convincente alle necessità di tutela del suo patrimonio industriale permettendo, soltanto negli ultimi dieci anni, oltre mille operazioni di acquisizione per il controllo del capitale di aziende italiane da parte di investitori esteri. A ciò si aggiunge che spesso le politiche di privatizzazione hanno avuto come obiettivo quello di risanare i bilanci pubblici sacrificando agli interessi meramente economici le eventuali prospettive di rilancio e di sviluppo dell'apparato industriale del Paese. La conseguenza per l'Italia è stata dannosa, comportando una perdita di importanti asset strategici per l'economia e con pesanti ricadute sull'indotto e sull'occupazione.
L'Italia, al fine di aderire alle indicazioni e alle censure sollevate in sede europea e rendere compatibile la disciplina nazionale con il diritto europeo, con il decreto-legge del 2012 ha nuovamente regolamentato la materia dei poteri speciali esercitabili dal Governo in alcuni settori strategici dell'economia. Il decreto-legge in questione ha ridefinito, anche mediante il rinvio ad atti di normazione secondaria, l'ambito oggettivo e soggettivo, la tipologia, le condizioni e le procedure di esercizio da parte dello Stato - in particolare del Governo - dei cosiddetti poteri speciali attinenti alla governance di società operanti in settori considerati strategici. I settori interessati sono quelli della difesa, della sicurezza nazionale nonché alcuni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
Le misure che via via sono state adottate fino ad oggi dimostrano ancora degli aspetti molto deboli rispetto al nuovo sistema economico globalizzato. Solo tra il 2014 e il primo semestre del 2016 su 30 operazioni notificate sono state emanati soltanto due decreti di consenso alle operazioni. Inoltre, nello stesso lasso di tempo il Governo non ha mai esercitato il suo potere di veto, così come riportato nella Relazione concernente l'attività svolta sulla base dei poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni (i cui dati sono aggiornati a giugno 2016). Il comitato di coordinamento per l'esercizio dei poteri speciali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri sottolinea, inoltre, come il golden power sia una strumento utile ma non efficace e sufficiente ad evitare le cosiddette “scalate” finalizzate a sottrarre il know how tecnologico e commerciale al nostro Paese che, invece, risulta essenziale per la crescita e per la competitività dell'economia italiana.
Il panorama italiano offre certamente alcuni spunti di riflessione interessanti: nelle ferrovie, a parte i ritardi e i disservizi, sono aumentate le tariffe e i tempi di percorrenza; in altri casi, in cui c'è stato uno smembramento del monopolio, si sono creati i presupposti per l'avvio di un'aggressiva competizione, come ad esempio nella telefonia che ha prodotto l'effetto di un restringimento del mercato con la creazione di nuovi monopoli privati, in sostituzione di quello statale. La privatizzazione di Poste Italiane, in nome della tanto sbandierata razionalizzazione, ha portato ad un deterioramento del servizio, scaricando sui cittadini le tante inefficienze e la cattiva gestione. Un discorso a parte va fatto per l'Alitalia, in cui lo Stato, dal 2008 ad oggi, ha avuto una forte ingerenza, elargendo in favore della nostra ex compagnia di bandiera ingenti risorse pubbliche, nonostante l'ingresso nell'azionariato di Etihad. Il risultato delle scelte compiute ci ha portato oggi, nel 2017, ad assistere, in luogo del break-even previsto dal piano industriale della compagnia degli Emirati arabi, all'ennesimo tracollo di quello che un tempo è stato il fiore all'occhiello del nostro Paese.
Guardando a questi casi è necessario, oggi più che mai, un intervento da parte del legislatore italiano sul golden power, permettendo che questo diventi uno strumento davvero efficace ad impedire il processo di desertificazione industriale, che si è innescato nel Paese e che lo sta lentamente portando alla perdita dell'industria, dell'indotto ad esso collegato, del know how e dell'occupazione, in sostanza i nostri più importanti segni identificativi.
Proprio detto questo in merito alle mozioni, la Lega accetta la riformulazione con l'esclusione del secondo punto, anche perché è inutile andare oltre sulle votazioni per farsi bocciare la mozione stessa, dato che c'è interesse da parte del Governo, in parte, come abbiamo visto sulle tante mozioni fatte e svolte dall'Aula parlamentare e prese in considerazione dallo stesso Governo.
Anche sulle altre mozioni daremo voto favorevole più che altro, anche su quella del MoVimento 5 Stelle a nome di Sorial. Soprattutto ci rammarichiamo che anche nella parte del primo impegno venga esclusa la parte dei settori strategici, cosa su cui sarebbe necessario fare un ripensamento. Ma - ripeto - saranno le valutazioni poi dell'Aula che dovranno confrontarsi con le decisioni del Governo, per portare a compimento successivamente e con impegni ben precisi nel futuro, per risolvere il problema che abbiamo così descritto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tancredi. Ne ha facoltà.
PAOLO TANCREDI. Signora Presidente, noi siamo stati i primi presentatori di questa mozione e il nostro gruppo ha chiesto di iscrivere all'ordine del giorno quest'argomento, che crediamo un argomento di grande attualità.
Come ho già detto nel mio intervento in discussione generale, bisogna escludere ogni nostra volontà di tipo protezionistico. Per intenderci, noi pensiamo che in linea di massima, in linea generale, l'interesse di investitori pubblici per nostri asset societari sia una cosa da accogliere positivamente.
Dopodiché, però, è chiaro che ci sono disfunzioni che sono state messe in evidenza da molti colleghi nel corso del dibattito. Ci sono asimmetrie che naturalmente vanno poste all'attenzione, nella misura in cui il legislatore italiano in questi anni si è occupato della materia, anche su richiami della stessa Commissione europea e su richiami della Corte europea di giustizia. La nostra normativa, sostanzialmente, si occupa di poteri speciali attinenti alla governance di società operanti nei settori considerati strategici, compatibilmente con il regolamento europeo. Noi applichiamo tali poteri nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché in taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica, nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. La nostra normativa è stata costruita, collegandola agli istituti già presenti della golden share e dell'action spécifique, previsti rispettivamente dall'ordinamento inglese e francese.
Quindi l'obiettivo, come si pone bene negli impegni, - ripeto - non è quello di costruire un assetto protezionistico, ma è quello di stimolare il Governo a enfatizzare il controllo su alcuni asset strategici e naturalmente anche il contatto col Parlamento - e vedremo che questo naturalmente in questi anni bene o male è stato fatto -, e l'obiettivo principale è anche l'armonizzazione della normativa europea.
Io sono d'accordo con il collega Fassina. La reciprocità è un termine sbagliato, che sembra andare a sanare degli squilibri che ci sono. Quello a cui dobbiamo puntare e quello che chiediamo al Governo è che si arrivi soprattutto a un'armonizzazione della normativa europea, che non consenta quindi squilibri in trattamenti, che però si sono avuti - e io non li cito puntualmente e se ne potrebbero citare - su interessi, per esempio, di investitori italiani su imprese di partner europei, che invece non ci sono stati in situazioni reciproche e contrarie.
Ma quando parliamo di armonizzazione, naturalmente, dobbiamo tenere in considerazione vari aspetti dell'armonizzazione, perché, per esempio, in Italia sono presenti diverse normative che andrebbero armonizzate. In Italia nel 2014 è stata introdotta la possibilità di controllo ed eventualmente di attivare anche il potere speciale, golden power, anche su società private, non esclusivamente pubbliche. Ma le società pubbliche sono dotate, per una normativa del 2005, della cosiddetta pillola avvelenata, cioè potrebbero accedere all'aumento di capitale, nel momento in cui ci sono delle OPA ostili che possano mettere in discussione quegli asset strategici che proprio andiamo a tutelare.
Così come non si può ignorare il fatto che una norma del 2011 ha autorizzato la Cassa depositi e prestiti ad entrare in partecipazione in società di rilevante interesse nazionale. Qui c'è una discrepanza, perché in quella legge sono state definite di rilevante interesse nazionale società di capitali operanti nei settori della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture, dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, ma anche delle assicurazioni e dell'intermediazione finanziaria, della ricerca e dell'innovazione ad alto contenuto tecnologico e dei pubblici servizi.
Ecco, è stato detto anche da altri colleghi, è contenuto negli impegni della nostra mozione ed è contenuto anche in altri impegni: noi crediamo che l'estensione del potere di golden power a imprese del settore finanziario in generale (banche, assicurazioni e in generale investitori finanziari) sia anche un obiettivo da perseguire, appunto, sulla strada dell'armonizzazione. Ma questo crediamo che sia l'obiettivo da perseguire all'interno della normativa italiana.
Così come non si può prescindere, anche in sede europea, da una normativa normalizzata sull'OPA, sull'offerta pubblica d'acquisto, perché anche su questo c'è un altro problema nelle asimmetrie delle varie leggi. Noi oggi abbiamo introdotto una doppia soglia per l'OPA, che è al 25 per cento per le società quotate, mentre ha un range tra il 20 e il 40 per cento - che si può inserire nello statuto - per le piccole e medie imprese. Sono tutti aspetti che devono essere assolutamente posti dal Governo, secondo noi, nel tentativo, in sede europea appunto, di armonizzazione delle normative.
Procedure di infrazione in materia di golden share ce ne sono già state. Hanno riguardato la Francia, il Belgio, la Spagna, la Germania, il Portogallo e il Regno Unito. Noi anche abbiamo avuto delle osservazioni. Noi crediamo, appunto, che sia maturo il tempo per un'armonizzazione di questo tipo. I
l comitato per i poteri speciali, istituito appunto nel 2014, rimette, ahimè, una relazione che è quella forse anche che ha dato l'impulso per simili proposizioni e anche per queste mozioni. Potrei citare molti passaggi di questa relazione che mettono in luce - voglio ricordare che in questi tre anni non si sono mai attivati i poteri di veto - più di trenta casi in cui ci potrebbero essere dei problemi. Poi, secondo i dati elaborati dalla commissione, dai consulenti della KPMG, tra il 2006 e il 2016, cioè in dieci anni, la somma investita dagli investitori internazionali in Italia supererebbe i 300 miliardi di euro, con, invece, acquisizioni da parte di investitori italiani di asset stranieri che sono molto, molto ridotte, pari a circa il 10 per cento di questo totale.
È chiaro che non si vuole stigmatizzare la libertà di mercato, ci mancherebbe altro, ma è chiaro che, da una parte, nella normativa interna, e grazie al fatto che i decreti delegati avevano la previsione di essere rivisti in maniera triennale, noi possiamo costruire una normativa che sia più attenta, che dia al comitato anche più poteri per entrare nel merito, anche, di alcuni processi di acquisizione e vendita o vendita per incorporazione, ma è chiaro, anche, e mi sembra che sia un dato comune a tutte le mozioni, non solo a quelle di maggioranza, che si può prendere in considerazione da parte del Governo la possibilità di estendere i settori di intervento anche alla parte finanziaria, alle imprese del settore finanziario, e questo mi sembra sia acquisito.
Tuttavia, non c'è dubbio che l'azione principale che si chiede nella nostra mozione ma anche nelle altre è quella di operare affinché ci sia un'armonizzazione europea e, per questo, noi chiediamo anche una cabina di regia, una vera e propria cabina di regia europea sui poteri speciali, anche al fine di ridurre, appunto, le asimmetrie tra i Paesi membri derivanti dal recepimento della direttiva europea in materia, e sul concreto esercizio degli stessi in ciascun Paese.
Naturalmente, e qui concludo, Presidente, come la normativa italiana prevede, diversi atteggiamento e approccio dovranno essere tenuti, necessariamente, per gli investitori che provengono da Paesi al di fuori dell'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Franco Bordo. Ne ha facoltà.
FRANCO BORDO. Grazie, Presidente. La battaglia a difesa dell'italianità in merito alla proprietà delle aziende non mi appassiona e credo sia perdente. Ecco, una frase di questo tipo noi non avremmo mai voluto sentirla pronunciare da un Ministro della Repubblica italiana, in modo particolare se è un Ministro, poi, dello sviluppo economico. Vede, signor viceministro, noi siamo convinti che la capacità di attrarre investimenti esteri si confermi come un'importante leva di crescita, soprattutto per l'Italia, che presenta ampie opportunità di investimento, tuttavia, negli ultimi anni, a causa del perdurare della crisi economica, delle difficoltà di crescita riscontrate nell'area dell'euro zona e della voragine sociale legata all'aumento della disoccupazione nei Paesi europei, la posizione del sistema industriale del nostro Paese si è indebolita, lasciando spazio ad una serie sempre crescente di eventi che, lungi dal rappresentare occasioni di rafforzamento del sistema produttivo e occupazionale, hanno sostanzialmente depauperato il contesto economico italiano. Il trend, da parecchi anni, è negativo; nel 2015 siamo arrivati al top dello sbilanciamento, confermando la supremazia delle transazioni estero su Italia, 201, a fronte di 97 acquisizioni realizzate da aziende italiane all'estero, raggiungendo la cifra record di 32 miliardi di dollari contro l'acquisizione di imprese estere da parte di soggetti italiani per appena 10 miliardi. Anche nel 2016 il saldo ha continuato a essere negativo, pur registrando un lieve miglioramento.
Se si considera, inoltre, il fatto che la crisi in corso è anche una crisi della finanza pubblica, sono spesso i soggetti statali ad aver avviato una nuova fase di privatizzazioni che ha messo e mette a repentaglio il patrimonio di lavoro e conoscenza acquisito nel corso degli anni dalle società indirettamente o direttamente controllate dallo Stato, sollevando altresì criticità in materia di tutela di ambiti strategici come le telecomunicazioni, il settore energetico, il risparmio di natura bancaria e finanziaria, il trattamento dei dati personali e i trasporti. Un caso tipico di questo atteggiamento, oltre a quelli riguardanti ENAV, Poste Italiane - Ferrovie dello Stato è ancora all'attenzione - riguarda l'Enel; a gennaio del 2017 a seguito della fusione tra Enel Green Power e Enel, per la prima volta la quota di controllo dello Stato italiano della società energetica è scesa sotto il 25 per cento, rendendo, di fatto, l'azienda contendibile a soggetti nazionali e sovranazionali. In merito all'esercizio di poteri speciali da parte del Governo questa sembra essere, come del resto ricorda anche la recente relazione al Parlamento, un'arma un po' spuntata. Energia, difesa, reti, per questi settori più o meno in quasi tutti i Paesi dell'Unione europea esistono golden power attribuiti allo Stato, con cui un Governo può porre condizioni all'acquisto di partecipazione in imprese considerate strategiche, ma di fronte allo shopping da parte di Paesi al di fuori dell'Unione europea, in particolare quando non sono economie di mercato o non hanno i medesimi standard di protezione in tema di diritti del lavoro o diritti sociali, l'Unione europea dovrebbe fare fronte comune. In questo senso appare opportuna la necessità che anche attraverso forme di cooperazione rafforzata Italia, Germania e Francia, in modo particolare, ma anche altri Stati e altri Paesi europei interessati, si facciano portatori di una proposta alla Commissione europea per introdurre il concetto di golden power comunitario, a tutela delle tecnologie, delle capacità industriali e occupazionali dell'intera area dell'Unione europea.
Il caso della competizione senza regole della Cina nel campo della siderurgia oppure del comportamento antielusivo in campo fiscale degli over the top statunitensi, come Google o Apple, impongono l'adozione di una strategia in tal senso. Si attiverebbe, così, anche una definitiva armonizzazione delle varie legislazioni nazionali, nell'ambito dell'esercizio dei poteri speciali che tante disparità ha creato in questi anni.
Signor Vice Ministro, siamo dentro un quadro molto delicato che impone una maggiore attenzione, un maggiore protagonismo delle istituzioni statali, Governo in primis, per tutelare le nostre aziende, in modo particolare quelle considerate strategiche. Parliamo ad esempio di Ferrovie dello Stato, Leonardo, Poste Italiane, Finmeccanica, Alitalia, parliamo di settori produttivi come quello dell'acciaio, in sostanza parliamo di posti di lavoro, parliamo di persone, parliamo di benessere economico, parliamo di coesione sociale. Ebbene, lei ci ha proposto delle modifiche che noi abbiamo accolto e accogliamo, perché intendiamo far sì che la nostra mozione oltre che essere accolta, venga approvata dalla Camera dei deputati, perché possa diventare veramente un impegno per il Governo. La mozione di Articolo 1- Democratici e progressisti mette degli obiettivi chiari, precisi, io direi anche minimi, su cui chiediamo al Governo maggiore attenzione e anche un poco di coraggio sul livello nazionale e sul livello europeo (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.
ALBERTO GIORGETTI. Grazie, Presidente. Abbiamo deciso di presentare questa mozione in sintonia, ovviamente, con il dibattito parlamentare e gli altri gruppi, perché riteniamo sia importante riaffrontare in chiave politica, economica e dal punto di vista, ovviamente, della prospettiva del sistema Italia, i meccanismi che riguardano la golden power, alla luce di un tagliando, Presidente, che noi riteniamo un tagliando “necessario”, che era previsto quando si è cominciato ad immaginare una normativa specifica su questi argomenti e il progressivo passaggio dalla golden share alla goldenpower e perché riteniamo che dopo questi quattro anni (ormai cinque) di esperimento del decreto “Monti”, che aveva di fatto introdotto, come ricordava correttamente il Viceministro Morando, la goldenpower, vi sia la necessità di una riflessione, alla luce di una serie di elementi che noi vorremmo qui ricordare.
Innanzitutto, è evidente che il Governo sta già lavorando su questi elementi - e noi siamo d'accordo sulla posizione - in stretta sinergia con la Germania e la Francia, perché è evidente che questa crisi ha coinvolto tutta l'Europa e, oltre ad essere una crisi di carattere internazionale, ha determinato una serie di effetti che noi siamo in questo momento a ridiscutere. Il tema di fondo è il trasferimento dei capitali, ciò che si muove a livello internazionale, ciò che è accaduto a livello d'Europa e, all'interno dell'Europa, qual è stato il ruolo dell'Italia. In questa fase di transizione e di un'economia che è stata colpita pesantemente dalla crisi, i flussi di capitale dell'area extra Europa rispetto a quelli dell'area Europa sono aumentati in modo significativo, che vuol dire che nei nostri Paesi abbiamo avuto un saldo, complessivamente - un saldo che riguarda ciò che abbiamo visto entrare in termini di risorse rispetto a quello che abbiamo visto uscire -, pesantemente negativo. Sostanzialmente, di fatto, i flussi di questi saldi dimostrano che c'è oggi un'attenzione da parte dei fondi sovrani, da parte della finanza internazionale, a portare risorse in Italia, in un Paese che comunque ha una serie di difficoltà, rispetto a ciò che lo stesso nostro Paese riesce a portare all'esterno. Insomma, una situazione che mette a rischio evidentemente non solo le aziende pubbliche, così come è stato ricordato più volte, ma anche un sistema privato che, in chiave strategica, deve essere tutelato.
Sappiamo molto bene che dal 2012 ad oggi gli interventi significativi della cosiddetta goldenpower sono stati pochi (mi pare quattro in tutto), hanno avuto un'efficacia ridotta, e si è dimostrato che le politiche speculative e di investimento non tengono conto di quelle che sono le realtà significative per le economie nazionali dei Paesi europei, in particolar modo l'Italia, relativamente alla prospettiva di questi investimenti, relativamente all'occupazione, relativamente ai know-how strategici di tecnologia, che possono essere ovviamente un elemento di interesse per questi fondi ma che impoveriscono il sistema nazionale. Questi elementi si sono evidenziati, da lì noi crediamo necessaria una corretta riflessione su quella che dovrebbe essere la prospettiva delle modifiche del cosiddetto goldenpower. È altrettanto vero che l'Italia ha dimostrato - anche su questo è necessaria una riflessione - che le risorse che sono state portate all'esterno del sistema Paese sono risorse che hanno tolto ulteriore energia per lo sviluppo; sono risorse che, per esempio, sono state progressivamente compresse da una crisi che ha toccato anche gli altri Paesi europei - ma anche il nostro, nell'ultimo periodo - per quello che riguarda i finanziamenti del credito. Negli altri Paesi, i patrimoni delle banche sono di dimensioni complessivamente più compatte rispetto a quella che è oggi la necessità di patrimonializzazione del nostro sistema del credito, che quindi toglie ulteriori energie a quello che è il sistema produttivo. C'è la necessità non di sviluppare una politica protezionistica, che alcuni colleghi hanno prima ripreso.
Qui non si tratta di fare una valutazione se il libero mercato è il bene assoluto, se è più importante la regolazione o quella che viene chiamata protezione, qui dobbiamo trovare un equilibrio che riguardi evidentemente il sistema Paese, per consentire, da una parte, di proteggere i nostri asset nazionali più importanti, anche quelli privati, quelli determinanti per una prospettiva di rilancio del Paese, e allo stesso tempo consentire, per i fautori del libero mercato come un valore assoluto, di avere una migrazione di capitali che consenta comunque al nostro Paese di attingere a queste risorse, che, se opportunamente regimentate, rappresentano un valore. Quindi, cari colleghi, il problema oggi è trovare un equilibrio tra queste due realtà forti che caratterizzano i problemi che ha evidentemente il mercato a livello europeo, ma che si deve confrontare con dei sistemi che sono evidentemente anche sovra-europei.
Insomma, la regolazione ha ancora un valore? Quanto deve essere stringente? Sono tutti temi che, a nostro avviso, devono essere affrontati con determinazione in sede europea, perché anche dal punto di vista delle riflessioni sugli aggregati, delle quantità di investimento e del peso che ha ogni Paese in un contesto internazionale ed europeo, queste dimensioni si confrontano, e le leve di utilizzo di queste dimensioni sono evidentemente necessarie per immaginare una competizione ad armi pari. Prima Fassina diceva - correttamente, a mio avviso - che c'è un confronto in atto tra quella che è una capacità dell'Europa di investire nel nostro Paese e le capacità di altri sistemi, che sono evidentemente oggi in crescita e che hanno delle risorse e delle disponibilità assolutamente più ampie, che fanno un lavoro invece di quantità piuttosto che di qualità. È corretto porre questa cosa all'Europa, discuterla, per trovare una linea d'azione che sia comune? Vale quindi la pena lavorare su un miglioramento della normativa nazionale, in una logica di regolazione nazionale? Sicuramente sì, ma questo deve essere fatto all'interno di un lavoro che dobbiamo proseguire e portare avanti con determinazione in Europa.
Abbiamo apprezzato la modifica che ha proposto il senatore Morando proprio in merito agli impegni, perché è chiaro - chiaro perlomeno per noi - che la chiave di questa partita sia riuscire ad armonizzare una regolazione che riguardi il sistema europeo, che riguardi l'Unione europea; un sistema di regolazione che veda nelle sfumature i meccanismi con cui individuare le politiche atte a tutelare le nostre aziende e definire in chiave strategica ciò che sarà per noi fondamentale nei prossimi anni. Tutte le scelte che riguardano evidentemente la politica economica, che riguardano i pensieri in generale in questa materia, sono legate alle congiunture, quindi noi dobbiamo considerare questa congiuntura una fase di uscita dalla crisi, ma, alla stesso tempo, ancora una lunga fase di transizione, una fase di transizione in cui, come abbiamo detto in Commissione bilancio sulla manovra - ma la riprenderemo nei prossimi giorni -, sopravvivrà, crescerà di più chissà abile a fare il mix giusto tra gli interventi di correzione, di argine, gli interventi che hanno un valore evidentemente legato e virtuoso alla finanza pubblica con quelli che tutelano e spingono la produzione, la crescita.
È evidente quindi che, anche dal punto di vista delle cosiddette iniziative di goldenpower, noi chiediamo al Governo che ci sia un lavoro importante, robusto, un lavoro sofisticato, Viceministro Morando, che possa consentire di andare a coprire quelle aree che noi sentiamo scoperte. E un impegno forte nei confronti dell'Europa - e concludo, Presidente - dove oggi ci sono degli elementi di novità, dove il Presidente della Francia appena eletto ha dato messaggi forti sull'argomento della crescita e della riduzione o della qualità del controllo della spesa e della finanza pubblica. Abbiamo terreno su cui lavorare, e noi vogliamo dare il nostro contributo e il nostro sostegno a questo tipo di impostazione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vallascas. Ne ha facoltà.
ANDREA VALLASCAS. Grazie, Presidente. Per il MoVimento 5 Stelle, le misure previste dal golden power hanno una particolare rilevanza, non solo per i risvolti e le implicazioni che possono avere sul sistema di tutela a difesa del nostro sistema economico, delle nostre aziende e del nostro patrimonio brevettuale, ma sono di fondamentale importanza soprattutto per le garanzie che possono offrire alla sicurezza e alla stabilità operativa di tutte le attività che possiamo considerare strategiche per il Paese. Noi abbiamo sempre ribadito che le società che operano in settori nevralgici dovessero essere sottratte all'incertezza sia dei cicli economici sia del mercato. Settori come le telecomunicazioni, i trasporti, le infrastrutture energetiche, la gestione delle risorse pubbliche, la sicurezza e il benessere i cittadini non possono essere oggetto né di speculazioni finanziarie né di vergognosi baratti politici o elettorali. Di fronte all'incalzare di una finanza internazionale sempre più aggressiva e alla crescente influenza che i Governi esercitano nei confronti delle economie nazionali, è diventata oggi una questione urgente la predisposizione di adeguate tutele per le aziende di interesse nazionale. Mentre in tutto il mondo le grandi imprese sono sostenute e difese dai Governi e dalle istituzioni pubbliche, anche con politiche un po' troppo protezionistiche, l'Italia è diventata la meta di chi indisturbato vuole fare shopping delle nostre realtà industriali più importanti. E tutto questo avviene nell'indifferenza dell'Esecutivo, che sembra affannarsi sempre più non già nell'esportare all'estero le eccellenze del made in Italy ma piuttosto che voglia favorire la vendita delle aziende e dei brand che hanno fatto la storia dell'industria italiana. Questa tendenza si è accentuata con il Governo del Partito Democratico, i Governi Letta, Renzi, Gentiloni, che di questo approccio spregiudicato alla politica industriale e commerciale hanno fatto quasi un cavallo di battaglia. In pochi anni siamo diventati terra di conquista dei fondi sovrani cinesi, che hanno acquistato buona parte dei patrimoni industriali del nostro Paese, sino a diventare i principali investitori stranieri: quello cinese è uno shopping alla base del quale non c'è null'altro che un interesse speculativo e geopolitico, ossia far sapere al grande avversario, l'America, che la Cina è presente in Europa, a cominciare dall'Italia. Di questo passo, nel 2014, eravamo al primo posto tra i Paesi dell'Eurozona per investimenti cinesi, investimenti che nel 2015 hanno raggiunto i 20 miliardi. Pirelli, Snam, Terna, Telecom, ENI e Banca Intesa sono solo i principali marchi acquistati o nei quali compare una partecipazione cinese. Con Pirelli ha preso la strada all'estero un patrimonio di competenze e conoscenze testimoniato dai tanti brevetti registrati negli anni, brevetti oggi acquisiti dalla nuova proprietà e non più italiani. Sarebbe lungo fare un elenco delle aziende nel nostro sistema economico che abbiamo inesorabilmente perso. Tra l'altro si tratta delle eccellenze tecnologiche italiane, aziende che operano nei settori della componentistica per l'auto e l'elettromeccanica. In questi settori c'è da segnalare il lungo corteggiamento ancora in corso della Samsung per la Magneti Marelli. Di fronte a questa situazione di grave impoverimento del tessuto produttivo italiano, l'atteggiamento del Governo è sorprendente: l'Esecutivo, infatti, è il protagonista e l'ideatore di questa politica scellerata che ha contribuito alla cessione di importanti asset nazionali. Ricordiamo il clamore e l'ottimismo con cui nel 2014 l'allora Governo Renzi portò a termine la cessione alla cinese State Grid del 35 per cento di Cdp Reti, gruppo che detiene il 30 per cento di Snam e il 30 per cento di Terna. Rispondendo a un mio atto di sindacato ispettivo sulla cessione che, come gruppo, avevamo fortemente criticato, il rappresentante del Governo disse allora che avremmo dovuto essere quasi orgogliosi di questa acquisizione; disse che era la dimostrazione dell'apprezzamento e del riconoscimento internazionale della qualità delle nostre aziende e delle nostre tecnologie. Meno di due anni dopo, in una gara internazionale per la gestione delle reti di trasmissione elettrica della Grecia, Terna è stata scalzata proprio da State Grid, facendo emergere con forza i conflitti di interesse che queste partecipazioni innescano. Avremmo fatto a meno del riconoscimento: avremmo preferito che un'azienda che gestisce le infrastrutture strategiche del Paese restasse nel pieno controllo dello Stato. Ma questo non è un caso isolato, non è il caso di un'azienda che eccezionalmente viene ceduta per una quota parte unicamente per fare cassa: ricordo le grandi kermesse organizzate da Cassa depositi e prestiti, attraverso il Fondo strategico italiano, per attirare gli investitori stranieri, in particolare modo i fondi sovrani, tra i quali figuravano anche quelli di alcuni Paesi come la Libia, a forte instabilità politica.
Tale approccio sottolinea la leggerezza dell'Esecutivo nel cedere le nostre eccellenze e i nostri asset strategici. È il caso di ricordare anche le grandi campagne per attrarre gli investimenti strategici come Invest in Italy che per stessa ammissione del Ministero dello sviluppo economico non ha sortito effetti positivi. Da noi vengono investitori stranieri per fare acquisti ma non per fare impresa. I progetti di investimento diretto estero cioè riferiti ad iniziative che comportano nuova base produttiva e occupazionale nel 2015 in Italia sono stati appena 135 contro i 386 della Spagna e i 457 della Francia e i 712 dalla Germania. Noi vorremmo che di fronte alle tendenze altalenanti di mercati e alle strategie geopolitiche dei grandi del pianeta e delle economie emergenti venissero applicate ed estese le misure previste dalla normativa di riferimento sul golden power. Noi vorremmo che venisse contrastata una tendenza che rischia di mettere a repentaglio la stabilità operativa di imprese strategiche per il nostro Paese. In particolare con questa mozione il cui prima firmatario è il collega Sorial intendiamo impegnare il Governo ad assumere iniziative per estendere l'esercizio dei poteri previsti dalla golden power ad altri ambiti di interesse nazionale tra cui i trasporti, le telecomunicazioni, la gestione delle risorse pubbliche, la sicurezza e il benessere dei cittadini. Prima ho parlato degli investitori che acquisiscono quote di società italiane ma non producono nel nostro Paese. Spesso accade che le acquisizioni hanno una finalità meramente finanziaria, in altri casi l'obiettivo è acquisire brand e brevetti per poi delocalizzare le produzioni. Tra gli impegni della mozione abbiamo inserito, quindi, quello relativo all'individuazione di strumenti normativi che impongano la stabile organizzazione sul territorio italiano come condizione necessaria per le società che intendono assumere la quota pari ad almeno il 5 per cento di strumenti finanziari partecipativi e con diritti amministrativi nelle società a rilevanza nazionale. C'è un altro importante punto sul quale gruppo del MoVimento 5 Stelle si è fortemente battuto: la tutela delle società partecipate dalla sciagurata lottizzazione politica. Non è accettabile che società di grande rilevanza per il Paese siano oggetto di spartizione tra partiti in base agli equilibri di potere nella maggioranza di turno. Matteo Renzi aveva già ampiamente dato prova nel saper piegare le esigenze economiche alle necessità politiche. Renzi spazzò via le già insufficienti misure previste dalla direttiva Saccomanni: stilò le sue liste e le impose. Il risultato è stato che molti dei suoi sostenitori alle primarie che gli consentivano di andare al Governo del Paese, tra i finanziatori, consulenti e collaboratori, sono finiti in diversi consigli di amministrazione delle partecipate. Il mese scorso sono stati rinnovati i vertici delle cinque maggiori aziende partecipate dallo Stato (ENI, Enel, Poste italiane, Terna e Leonardo). In questa occasione si sono ripetute le stesse modalità di quattro anni fa, anzi forse anche peggio, considerati i sommovimenti interni alla maggioranza e al maggiore partito di maggioranza. Sulle nomine alle partecipate ci sarebbe molto da dire ma mi limito a citare il caso del banchiere Alessandro Profumo messo al vertice di Leonardo, un'azienda che opera nel settore aerospaziale, insomma proprio la persona giusta al posto giusto dopo il disastro del Monte dei Paschi di Siena. Le aziende a controllo pubblico non possono continuare ad essere terre di conquista di partiti e maggioranze: nella scelta di amministratori e manager c'è bisogno di un assoluto rispetto di criteri come trasparenza, competenza e onestà. La politica ne deve restare fuori: nella mozione intendiamo impegnare il Governo ad assumere iniziative anche di carattere normativo per fare in modo che i criteri di nomina degli amministratori all'interno delle società a rilevanza nazionale siano ispirati a princìpi coerenti con tale carattere. In particolare deve essere salvaguardata l'indipendenza degli amministratori da ingerenze particolari e politiche comprese quelle che possono derivare dall'elezione in organismi e nelle istituzioni nazionali degli ultimi cinque anni. Soprattutto è necessario che i candidati abbiamo le necessarie caratteristiche di onorabilità e rispettabilità anche tenendo conto dei procedimenti giudiziari in corso e di qualsiasi conflitto di interesse. Con questi presupposti annunzio il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle su queste mozioni, invito tutti a voi a votare tali impegni. Preannunzio che chiederemo la votazione per parti separate in quanto il Governo ha espresso un parere contrario solo sul primo impegno. Quindi ne consegue che sul terzo impegno è favorevole e, quindi, chiediamo all'Aula di esprimersi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Benamati. Ne ha facoltà.
GIANLUCA BENAMATI. Grazie, Presidente. Intervengo sulla nostra mozione, ma colgo l'occasione anche per una riflessione un po' più ampia perché da quest'Aula, in tutta le discussione che ho seguito con attenzione, ho sentito a volte una lieve brezza protezionistica, che si rischia di trasformare anche in un vento autarchico, ho sentito molte questioni sulla rilevanza o meno degli investimenti stranieri nella nostra economia. Allora, prima di entrare nel merito, vorrei dire che noi considerassimo gli investimenti stranieri nel nostro Paese motore e forza dello sviluppo della nostra economia. Sono realtà che - come ha avuto modo di dire il Ministro dello sviluppo economico, rispondendo a un nostro question time su queste tematiche - hanno dato risultati anche significativi: ha citato il caso di alcuni grandi gruppi nel settore della moda acquistati da gruppi esteri, che sono stati rivitalizzati e oggi costituiscono punti importanti del made in Italy; ha citato la realtà di molte multinazionali che investono in settori avanzati - la farmaceutica, ad esempio - che costituiscono una parte importante della ricerca e sviluppo privata in questo Paese.
Allora, noi partiamo dal presupposto che c'è una parte importante in questo processo, ma tutto ciò ci porta a dire che tutto è positivo? No! No, ovviamente, perché, come sempre accade, vi sono anche comportamenti impropri, comportamenti sbagliati, se ne è già parlato, ci sono acquisizioni il cui andamento, anche supportato dalla crisi che ha attraversato il nostro Paese, ha avuto un carattere predatorio sul nostro sistema manifatturiero, ha avuto dal punto di vista finanziario, a volte, l'immagine di scorrerie. Richiamo, in questo caso, in questi comportamenti impropri, interventi nei settori strategici o critici della nostra nazione, interventi che hanno potuto o possono condurre a un impoverimento del patrimonio tecnologico, acquisizioni di aziende magari anche da Paesi extra UE, a cui tolgono brevetti e know how e a cui, magari, poi, fanno seguire anche una delocalizzazione delle attività; ma anche - e questo viene poco detto - interventi che possono distorcere la libera concorrenza e le regole del mercato, perché magari aziende che operano in Italia, aziende italiane che sono proprietà di gruppi esteri, si trovano a confrontarsi avendo una proprietà che, magari, è completamente pubblica.
Queste sono condizioni nelle quali è necessario porre un'attenzione maggiore, porre alcuni paletti, imporre alcuni rimedi. Allora qualche riflessione. Un primo punto, che per noi e significativo: l'esercizio dei poteri speciali, il cosiddetto golden power, quelli esercitabili dallo Stato, dal Governo, per mettere in salvaguardia gli assetti proprietari di aziende che operano in settori strategici di interesse nazionale, si è già citato il tema della difesa e della sicurezza, ma anche in ambiti rilevanti, quelli dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Ecco, questo complesso di norme, introdotte dalla legge n. 56 del 2012, sono una pietra di riferimento su cui costruire lo sviluppo del nostro sistema, assieme ai decreti che sono succeduti a questi e che hanno dato, naturalmente, definizione degli ambiti soggettivi e oggettivi e delle tipologie di intervento e delle procedure per l'esecuzione di questi poteri speciali, al di là della discussione numerica dei casi.
Io credo, noi crediamo che, a questo punto sia il caso di un aggiornamento - e la nostra mozione indica questo - e anche di un rafforzamento di questo strumento, da condividere però, e qui vogliamo essere chiari, in un percorso europeo, che è il naturale alveo di questa situazione. Una perimetrazione di questi settori e di questi ambiti rilevanti: si è parlato di finanza, si è parlato di banca, si è parlato di risparmio; sicuramente, in un momento come questo, di difficoltà, anche per i recenti accadimenti, questi appaiono essere settori che meritano una particolare attenzione, settori su cui l'economia nazionale ha un particolare interesse e fonda la sua solidità.
Un secondo punto: basta questo? No, un secondo punto: il tema, più in generale, di come avvengono le acquisizioni nel nostro Paese, acquisizioni che nel passato sono, in alcuni casi, state simili a scorrerie, scorrerie finanziarie, scorrerie societarie, giochi di borsa.
È chiaro che qui c'è un tema più ampio, c'è un aspetto finanziario, quando ci sono acquisizioni rispetto ai soci e alle proprietà, c'è un aspetto aziendale che richiede chiarezza quando si va sul complesso industriale, chiarezza sul futuro delle aziende, sulla gestione, sul loro sviluppo, sulle prospettive, non si tratta solo di un tema di italianità della proprietà, si tratta di un tema di italianità dell'attività nel nostro Paese. E allora qui occorre che ci sia più trasparenza, meno opacità dietro queste operazioni, per questo noi chiediamo, da questo punto di vista, e lo chiediamo con chiarezza, anche un'apposita disciplina che incrementi gli obblighi di trasparenza a carico degli acquirenti esteri nel nostro Paese. Non voglio richiamare casi del passato come Parmalat; al di là di quelli che sono gli strascichi giudiziari di quella vicenda, è chiaro che occorre una cooperazione rafforzata, anche qui, per definire regole europee: è bene che il Governo operi con i Governi francesi e tedeschi per trovare una soluzione condivisa.
Ultimo punto prima delle conclusioni: il tema che è stato chiamato della reciproca o il tema delle asimmetrie, quello che viene definito il tema che richiede un'armonizzazione. È vero, ci sono problemi - mi si consenta di continuare a usare questo termine - di reciprocità, a volte. A volte questo problema nasce soprattutto con i Paesi al di là dell'Unione europea, per conflittualità, per diversità di regole normative, legislative, burocratiche. Alcune acquisizioni sono fatte da aziende, da gruppi, da soggetti che operano in economie non di mercato o, comunque, con normative e regole non completamente libere.
Questo è vero, e qui c'è da impegnarsi, il Governo si deve impegnare, ma è anche vero che, al di là delle norme e delle regole, ci sono, in Europa e da altre parti del mondo, economie che hanno anticorpi naturali, che non sono solo le regole, ma sono un tessuto statuale, un tessuto economico, un insieme di connessioni che interviene nel momento in cui c'è un'acquisizione che si ritiene, a torto o a ragione, non gradita.
Si è citata Fincantieri, si possono citare molte altre situazioni, è vero, in Europa ci sono Paesi che hanno delle strutture più forti rispetto a quelle italiane, un capitalismo forse meno asfittico, un sistema relazionale più forte. Questo va superato, va superato però con la politica, non con le norme, con le regole si superano le altre asimmetrie, questa è una questione diversa su cui il Governo, comunque, pensiamo possa fare molto. In questo e non solo in questo, anche nella crisi, sta quella differenza, che è stata citata più volte da molti colleghi: il nostro Paese, nel 2005-2007, aveva un bilancio, fra acquisizioni e cessioni verso l'estero, sostanzialmente in parità; nel 2013 abbiamo un rapporto di acquisizioni estere contro acquisizioni italiane all'estero di due a uno. E allora questo tipo di interventi non saneranno questa situazione, ma possono mettere rimedio alle storture maggiori, salvaguardare la parte migliore dell'interazione con l'estero, che è il richiamo di capitali produttivi e di sviluppo in un Paese importante e attrattivo, e punire e reprimere i comportamenti scorretti e sleali.
Noi questo chiediamo al Governo: di operare in questa maniera, rafforzando gli strumenti esistenti in questo settore, nelle golden power soprattutto, e immaginando anche nuovi strumenti a livello europeo che tutelino quel grande patrimonio economico e produttivo che ha l'Italia e che si dimostra ogni giorno di più il vero motore che ci sta portando fuori dalla crisi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
(Votazioni)
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lupi ed altri n. 1-01525 (Ulteriore nuova formulazione), su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 13).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Palese ed altri n. 1-01545, per quanto non assorbita dalla precedente votazione, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 14).
Passiamo alla votazione della mozione Sorial ed altri n. 1-01546. Avverto che i presentatori hanno chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare il terzo capoverso del dispositivo distintamente dalla restante parte della mozione.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Sorial ed altri n. 1-01546, ad eccezione del terzo capoverso del dispositivo. Il parere del Governo è contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 15).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Sorial ed altri n. 1-01546, limitatamente al terzo capoverso del dispositivo. Il parere del Governo è contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 16).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Franco Bordo ed altri n. 1-01548 (Nuova formulazione), come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 17).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Allasia ed altri n. 1-01550, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 18).
Passiamo alla votazione della mozione Marcon ed altri n. 1-01555. Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e contestualmente hanno chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare dapprima la premessa congiuntamente ai capoversi nn. 1 e 2 del dispositivo e il parere del Governo è favorevole e a seguire congiuntamente i capoversi nn. 3 e 4 del dispositivo, su cui il parere del Governo è contrario.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01555, per quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, limitatamente alla premessa e ai capoversi primo e secondo del dispositivo. Il parere del Governo è favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 19).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-01555, limitatamente ai capoversi terzo e quarto del dispositivo. Il parere del Governo è contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 20).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Benamati ed altri n. 1-01632, per quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 21).
Passiamo alla votazione della mozione Rampelli ed altri n. 1-01633. Avverto che i presentatori hanno chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare dapprima la mozione nella sua interezza, ad eccezione dei capoversi primo, secondo e terzo del dispositivo, su cui il parere del Governo è contrario, e a seguire congiuntamente i capoversi primo, secondo e terzo del dispositivo e anche su questi il parere del Governo è contrario.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-01633, ad eccezione dei capoversi primo, secondo e terzo del dispositivo. Il parere del Governo è contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 22).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-01633, limitatamente ai capoversi primo, secondo e terzo del dispositivo. Il parere del Governo è contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 23).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Alberto Giorgetti ed Occhiuto n. 1-01636, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 24).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Abrignani ed altri n. 1-01637, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 25).
Interventi di fine seduta (ore 19,45).
PRESIDENTE. Ora ci sono alcuni interventi di fine seduta. Quindi, se riuscite a lasciare l'Aula più in silenzio possibile, io do la parola al collega Nicodemo Oliverio. Onorevole Rampelli, vale anche per lei il richiamo ad uscire o a stare un pochino in silenzio. Ha chiesto di parlare l'onorevole Oliverio. Ne ha facoltà.
NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signora Presidente, onorevoli colleghi, è una perdita grande quella di Salvatore Ladu, una perdita per la sua amata famiglia, per la sua terra, la Sardegna, per le istituzioni democratiche del nostro Paese.
PRESIDENTE. Colleghi, scusate, peraltro stiamo anche commemorando un collega che è deceduto, per cui, magari, se potete….
NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Lo dico anche interpretando il sentimento forte dei colleghi sardi, che siedono in quest'Aula.
L'onorevole Ladu, parlamentare, uomo di Governo, consigliere regionale, segretario della Democrazia Cristiana della Sardegna, sindaco del suo comune Olzai, è stato tra i fondatori del Partito Popolare, della Margherita e poi del Partito Democratico.
Salvatore Ladu è stato un appassionato protagonista di mille battaglie politiche, a cavallo tra la Prima e la Seconda Repubblica, abile mediatore, che si è ispirato sempre ai valori e ai principi della democrazia e della trasparenza. Lo vogliamo qui ricordare, in quest'Aula, come un umile ed intelligente dirigente di partito, che ha dedicato tutta la vita al servizio dei suoi concittadini e degli ultimi.
Io l'ho conosciuto in occasione del Congresso nazionale della DC del 1984. Ladu era già consigliere regionale e leader apprezzatissimo del partito in Sardegna. Ho sempre ammirato in Salvatore la grinta nel difendere le ragioni della sua terra, la generosità dell'impegno e il grande affetto, mascherato anche da una certa timidezza, nei confronti degli amici e degli elettori.
Salvatore, 'Tore per noi amici, è stato sempre presente attivamente, seppur con la discrezione di un grande sardo, nei momenti più significativi della storia del cattolicesimo democratico italiano. 'Tore Ladu ha saputo coniugare, come pochi sanno fare, l'amore per la sua famiglia, per i suoi cinque figli, con la politica, quella con la P maiuscola, quella che non si ferma né con il tramonto del sole né di fronte ad una giornata di festa. E la sua azione parlamentare è sempre stata ispirata all'impegno di declinare la giustizia sociale con la crescita economica e la difesa del reddito dei lavoratori, quelli meno difesi.
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.
NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Un uomo d'altri tempi, un maestro che sapeva insegnare senza mai salire sulla cattedra, un compagno di mille battaglie politiche, anche di quelle che si sa che si perdono fin dall'inizio, ma che vale comunque la pena condurre.
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Oliverio.
NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Un amico, che sapeva ascoltare e consigliare e non drammatizzare mai. Con Salvatore Ladu se ne va un politico vero, onesto, trasparente, un vero esempio per quanti vogliono continuare a credere nella buona e sana politica (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ciprini. Ne ha facoltà.
TIZIANA CIPRINI. Intervengo per sollecitare una risposta del Ministero della giustizia alla mia interrogazione n. 5-11336 e la calendarizzazione in II Commissione (Giustizia) della risoluzione n. 7-00257 del febbraio 2014, più volte sollecitata dai miei colleghi in Commissione giustizia, ma mai calendarizzata nei fatti dalla presidente Ferranti.
Ebbene, il tema riguarda la sorte degli psicologi, ex articolo 80, da cui ho ricevuto una lettera.
Si tratta di quei professionisti che operano nelle carceri e che vedranno imposta la cessazione definitiva e inappellabile del proprio incarico, a coronamento di un percorso professionale flagellato da una cronica precarietà e da un rapporto di negata subordinazione. Ciò provocherà disservizi, privando le persone detenute dell'indispensabile continuità terapeutica assistenziale.
Inoltre, tra l'altro, questi professionisti si vedono surclassati anche da bandi di selezione pubblica, per titoli e per colloquio, presentati dai DAP di alcune regioni, dove si dà maggiore valore a titoli come master e stage rispetto alla comprovata esperienza maturata lungo tutto l'arco del percorso lavorativo, intra ed extra murale, di questi professionisti. Pertanto, va riconosciuto agli psicologi ex articolo 80 una certezza occupazionale e un adeguato riconoscimento economico, strutturando a tempo pieno la figura professionale dell'attuale esperto ex articolo 80 dell'ordinamento penitenziario (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Tripiedi. Ne ha facoltà.
DAVIDE TRIPIEDI. Grazie mille, Presidente. Vorrei solo esprimere la nostra felicità per la liberazione di Cristian Provvisionato, che è stato detenuto in Mauritania per due anni. Vorremmo esprimere tutta la nostra solidarietà e la nostra felicità, perché dopo due anni finisce un'agonia e finalmente Cristian può godersi la libertà. Vorrei ringraziare tutte le persone che sono impegnate nel caso, a partire dal Ministero degli affari esteri. Vorrei ringraziare la Commissione affari esteri, perché anche grazie alle nostre pressioni siamo riusciti a fare qualcosa. Finalmente il Parlamento e il Governo hanno prodotto qualcosa di buono, ed esprimiamo ancora tutta la nostra felicità per la liberazione di Cristian (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Miccoli. Ne ha facoltà.
MARCO MICCOLI. Vorremmo esprimere la solidarietà alla sindaca di Roma Virginia Raggi, perché oggi è stata fatta oggetto di un grave atto, quello di non poter parlare in un'aula del consiglio municipale del XIII municipio di Roma.
Un gruppo di fascisti di Casa Pound ha fatto irruzione nel municipio e, appunto, ha impedito alla sindaca di Roma di parlare. La sindaca è stata costretta ad abbandonare l'aula e poi a rientrare, quando però, purtroppo, ormai l'iniziativa era stata mandata appunto in frantumi dall'iniziativa dei fascisti CasaPound.
Noi a Roma facciamo opposizione alla giunta Raggi, siamo all'opposizione e facciamo anche delle critiche, non le facciamo mancare delle critiche e il confronto è anche aspro, ma non possiamo tollerare chi a quel confronto oppone un metodo, il metodo della sopraffazione, della prepotenza, della violenza. Tramite lei, Presidente, volevamo far pervenire alla sindaca di Roma la nostra solidarietà (Applausi).
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Mercoledì 17 maggio 2017:
(ore 10 e ore 16,30)
1 Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 1261-B - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: ELENA FERRARA ed altri: Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo (Approvata dal Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato). (C. 3139-B)
Relatori: CAMPANA, per la II Commissione; BENI, per la XII Commissione.
2. Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 119-1004-1034-1931-2012 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: D'ALI'; DE PETRIS; CALEO; PANIZZA ed altri; SIMEONI ed altri: Modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e ulteriori disposizioni in materia di aree protette (Approvata, in un testo unificato, dal Senato). (C. 4144-A)
e delle abbinate proposte di legge: TERZONI ed altri; MANNINO ed altri; TERZONI ed altri; BORGHI ed altri. (C. 1987-2023-2058-3480)
Relatore: BORGHI.
3. Discussione della relazione della Giunta per le autorizzazioni sull'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Guido Crosetto, deputato all'epoca dei fatti. (Doc. IV-quater, n. 5)
Relatrice: ROSSOMANDO
4. Seguito della discussione della proposta di legge:
DAMBRUOSO ed altri: Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista. (C. 3558-A)
Relatori: POLLASTRINI, per la maggioranza; LA RUSSA, di minoranza.
(ore 15)
5. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata
La seduta termina alle 19,55.
TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: IVAN CATALANO (MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE ALL'ESTENSIONE DEI COSIDDETTI POTERI SPECIALI DEL GOVERNO AL FINE DI SALVAGUARDARE GLI ASSETTI PROPRIETARI DELLE AZIENDE ITALIANE DI RILEVANZA STRATEGICA)
IVAN CATALANO. (Dichiarazione di voto su mozioni concernenti iniziative volte all'estensioni di poteri speciali del Governo al fine di salvaguardare gli assetti proprietari nelle aziende italiane di rilevanza strategica). Al fine di salvaguardare gli assetti proprietari della società operanti in settori ritenuti strategici e di interesse nazionale, il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, ha introdotto norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nel settore della difesa e della sicurezza nazionale nonché per le attività di rilevanza strategica nel settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
In particolare, l'articolo 1 del citato decreto-legge ha stabilito che, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, fossero individuate le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, ivi incluse le attività strategiche, in relazione alle quali potessero essere esercitati poteri speciali in caso di minaccia di grave pregiudizio per l'interesse essenziale della difesa e della sicurezza nazionale.
L'obiettivo di tale provvedimento era di rendere compatibile con il diritto europeo la disciplina nazionale dei poteri speciali del Governo collegata agli istituti della golden share o dell'action spécifique, previsti nell'ordinamento inglese e francese, e già queste oggetto di censura sollevata dalla Commissione europea e di una pronuncia di condanna da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea, in quanto la logica sottesa all'esercizio di quei poteri era di tipo autorizzatorio e discrezionale e con un ambito di tipo soggettivo circoscritto alle imprese ex pubbliche.
Per definire criteri di compatibilità comunitaria della disciplina dei poteri speciali la Commissione europea ha affermato, infatti, che i provvedimenti discriminatori, cioè quelli che si applicano esclusivamente agli investitori cittadini di un altro Stato membro dell'UE, sono incompatibili con gli articoli del Trattato relativi alla libera circolazione dei capitali e al diritto di stabilimento, a meno che non rientrino nel quadro di una delle deroghe previste dallo stesso, mentre i provvedimenti non discriminatori, cioè quelli che si applicano ai cittadini nazionali e ai cittadini di un altro Stato membro dell'UE, sono ammessi se si fondano su una serie di criteri e di obiettivi stabili e resi pubblici e possono essere giustificati da motivi imperiosi di interesse generale, fermo restando il principio di proporzionalità.
In attuazione del decreto legge n. 21 del 2012, con il decreto del Presidente della Repubblica 19 febbraio 2014 n. 35, in materia di poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, e con il decreto del Presidente a Repubblica 25 marzo 2014, n. 86, con riguardo ai poteri speciali nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, sono stati definiti gli ambiti soggettivi ed oggettivi, la tipologia, le condizioni e le procedure per l'esercizio dei poteri speciali nei due diversi settori.
Con decreto del Presidente della Repubblica 25 marzo 2014, n. 85, è stato emanato il regolamento per l'individuazione degli assetti di rilevanza strategica nel settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, con il quale sono state definite le procedure per l'attivazione dei poteri speciali nei suddetti settori, in l'attuazione del citato decreto-legge n. 21 del 2012. Con tali poteri speciali il Governo può imporre specifiche condizioni all'acquisto di partecipazioni in imprese strategiche nel settore della difesa e della sicurezza, può porre il veto all'adozione di delibere societarie relative ad operazioni straordinarie o di particolare rilevanza, ivi incluse le modifiche di clausole statutarie eventualmente adottate in materia di limiti al diritto di voto o al possesso azionario; inoltre, può opporsi all'acquisto di partecipazioni ove l'acquirente arrivi a detenere un livello nella partecipazione del capitale in grado di compromettere l'interesse della difesa e della sicurezza nazionale. Tali norme si applicano a tutte le società pubbliche o private che svolgono attività considerate di rilevanza strategica e non più soltanto rispetto alle società privatizzate o in mano pubblica.
Con il decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2014, n. 108, che contestualmente ha abrogato il DPCM n. 253 del 2012, come modificato dal DPCM n. 129 del 2013, è stato adottato il regolamento per l'individuazione delle attività di rilevanza strategica del sistema di difesa e di sicurezza nazionale, riunendo in un unico regolamento le norme che individuano le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, comprese le attività strategiche chiave di competenza sia del Ministero dell'interno sia del Ministero della difesa. La nuova normativa ha fissato puntualmente i requisiti per l'esercizio dei poteri speciali nei comparti della sicurezza e della difesa, individuandoli nella sussistenza di minacce di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale.
Il decreto legge n. 21 del 2012 prevede l'aggiornamento, almeno triennale, sia dei decreti di individuazione delle attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale (articolo 1, comma 7) sia dei regolamenti di individuazione delle reti e degli impianti, dei beni e dei rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, nonché della tipologia di atti o operazioni all'interno di un medesimo gruppo, ai quali non si applica la disciplina ivi prevista.
Il meccanismo stabilito dal citato decreto n.21 del 2012 spesso entra in gioco in maniera tardiva e cioè solo a seguito di decisioni già programmate e/o assunte dalle aziende, decisioni fortemente sensibili e di importanza strategica.
La salvaguardia degli assetti proprietari di aziende di interesse nazionale e di sicurezza nazionale è di grande attualità e di grande interesse, dal momento che negli ultimi anni si è assistito ad un grande aumento dell'acquisizione di imprese italiane dall'estero ed un forte calo delle acquisizioni di imprese straniere da parte di azionisti italiani.
La capacità di attrarre investimenti esteri rappresenta un importante fattore di sviluppo della competitività delle imprese nei mercati internazionali, soprattutto per l'Italia, che presenta ampie opportunità di investimento, ma deve necessariamente conciliarsi con la salvaguardia delle dinamiche di mercato e con la protezione degli assetti strategici nazionali, nei confronti di operazione di acquisizione, finalizzate a sottrarre tecnologie e conoscenze essenziali per la competitività dell'Italia.
Tutti i giorni siamo esposti all'aggressione da parte dei Paesi stranieri che arrivano in Italia ad accaparrarsi parti delle nostre società pubbliche. E' per questo che è urgente, ai fini della difesa degli asset ritenuti rilevanti per il nostro Paese, che vengano prese delle misure straordinarie da parte del Governo per arginare l'acquisto da parte di investitori esteri di partecipazioni in imprese strategiche e porre rimedio stringente alle delibere societarie con l'oggetto, ad esempio, fusioni o scissioni o trasferimento all'estero della sede.
In sintesi, con le mozioni di maggioranza, su cui esprimiamo parere favorevole, si chiede un impegno da parte del Governo a provvedere a una revisione delle norme relative al cosiddetto «golden power» che tenga conto della necessità di rafforzare i poteri speciali nella fase iniziale dei processi di cessione, di estendere la disciplina di tali poteri ad altri settori strategici come quello del risparmio di natura bancaria e finanziaria, di introdurre nuovi e ulteriori obblighi in tema di trasparenza e di comunicazioni a carico degli acquirenti di partecipazioni in società italiane, anche al fine di ottenere garanzie sulla permanenza in Italia di asset produttivi e strategici, competenze e posti di lavoro.
SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):
nella votazione n. 1 la deputata Paola Bragantini ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;
nelle votazioni dalla n. 1 alla n. 3 e dalla n. 9 alla n. 11 la deputata Mongiello ha segnalato che non è riuscita a votare;
nella votazione n. 10 i deputati Roberta Agostini, Andrea Maestri, Brignone, Civati, Pastorino, Placido, Daniele Farina, Paglia, Marcon, Gregori, Airaudo, Pellegrino e Giancarlo Giordano hanno segnalato che hanno erroneamente votato contro mentre avrebbero voluto votare a favore;
nella votazione n. 12 i deputati Businarolo e Colletti hanno segnalato che hanno erroneamente votato a favore mentre avrebbero voluto votare contro;
nella votazione n. 12 la deputata Tinagli ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;
nella votazione n. 13 il deputato Rosato ha segnalato che ha erroneamente votato a favore;
nelle votazioni dalla n. 13 alla n. 25 la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare;
nella votazione n. 22 il deputato Monchiero ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;
nella votazione n. 22 la deputata Bargero ha segnalato che ha erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto votare contro.
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nominale | Moz. Brescia e a 1-1439 | 430 | 386 | 44 | 194 | 68 | 318 | 99 | Resp. |
2 | Nominale | Moz. Palese e a 1-1603 rif. | 437 | 423 | 14 | 212 | 317 | 106 | 99 | Appr. |
3 | Nominale | Moz. Binetti e a 1-1606 rif. | 437 | 337 | 100 | 169 | 260 | 77 | 99 | Appr. |
4 | Nominale | Moz. Maestri A. e a 1-1611 | 438 | 436 | 2 | 219 | 107 | 329 | 99 | Resp. |
5 | Nominale | Moz. Carnevali e a 1-1612 | 433 | 336 | 97 | 169 | 256 | 80 | 99 | Appr. |
6 | Nominale | Moz. Rondini e a 1-1613 | 437 | 435 | 2 | 218 | 73 | 362 | 99 | Resp. |
7 | Nominale | Moz. Rampelli e a 1-1631 pI | 436 | 435 | 1 | 218 | 396 | 39 | 99 | Appr. |
8 | Nominale | Moz. Rampelli e a 1-1631 pII | 433 | 432 | 1 | 217 | 140 | 292 | 99 | Resp. |
9 | Nominale | Moz. Rampelli e a 1-1631 pIII | 434 | 433 | 1 | 217 | 71 | 362 | 98 | Resp. |
10 | Nominale | Moz. Agostini R. e a 1-1634 rif. | 438 | 435 | 3 | 218 | 358 | 77 | 98 | Appr. |
11 | Nominale | Moz. Fontana G. e a 1-1635 | 439 | 374 | 65 | 188 | 74 | 300 | 98 | Resp. |
12 | Nominale | Ris. Pili e a 6-320 | 431 | 418 | 13 | 210 | 65 | 353 | 98 | Resp. |
13 | Nominale | Moz. Lupi e a 1-1525 n.f. | 428 | 427 | 1 | 214 | 427 | 0 | 92 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 25) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Nominale | Moz. Palese e a 1-1545 | 426 | 425 | 1 | 213 | 425 | 0 | 92 | Appr. |
15 | Nominale | Moz. Sorial e a 1-1546 pI | 425 | 397 | 28 | 199 | 110 | 287 | 92 | Resp. |
16 | Nominale | Moz. Sorial e a 1-1546 pII | 425 | 423 | 2 | 212 | 138 | 285 | 92 | Resp. |
17 | Nominale | Moz. Bordo F. e a 1-1548 n.f. rif. | 423 | 422 | 1 | 212 | 422 | 0 | 92 | Appr. |
18 | Nominale | Moz. Allasia e a 1-1550 rif. | 423 | 421 | 2 | 211 | 421 | 0 | 92 | Appr. |
19 | Nominale | Moz. Marcon e a 1-1555 pI | 423 | 422 | 1 | 212 | 422 | 0 | 92 | Appr. |
20 | Nominale | Moz. Marcon e a 1-1555 pII | 422 | 393 | 29 | 197 | 140 | 253 | 92 | Resp. |
21 | Nominale | Moz. Benamati e a 1-1632 | 425 | 424 | 1 | 213 | 424 | 0 | 92 | Appr. |
22 | Nominale | Moz. Rampelli e a 1-1633 pI | 421 | 420 | 1 | 211 | 66 | 354 | 92 | Resp. |
23 | Nominale | Moz. Rampelli e a 1-1633 pII | 420 | 420 | 0 | 211 | 139 | 281 | 92 | Resp. |
24 | Nominale | Moz. Giorgetti A. e a 1-1636 rif. | 425 | 424 | 1 | 213 | 424 | 0 | 92 | Appr. |
25 | Nominale | Moz. Abrignani e a 1-1637 rif. | 416 | 359 | 57 | 180 | 357 | 2 | 92 | Appr. |