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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 800 di venerdì 19 maggio 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ROBERTO CAPELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bueno, Dambruoso, Dellai, Gregorio Fontana, Laforgia, Locatelli, Marcon, Portas, Realacci, Sanga, Sani, Tabacci, Valeria Valente e Velo sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente novantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Problematiche relative alla presenza di strutture militari in Sardegna, con particolare riferimento agli indennizzi per le servitù militari, all'utilizzo della caserma di Pratosardo a Nuoro e al ridimensionamento della presenza Nato – n. 2-01802)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Capelli e Dellai n. 2-01802 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Capelli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ROBERTO CAPELLI. Grazie, Presidente, per una breve illustrazione di un problema noto e per ringraziare il sottosegretario Rossi, partendo dal presupposto che circa due anni fa, o meglio precisamente due anni fa, quest'Aula all'unanimità ha approvato una mozione sul caso Sardegna, il caso Sardegna che, nella premessa di quella mozione, illustrava le condizioni di questa nostra regione d'Italia: una situazione economico-sociale, che è sotto gli occhi di tutti, una situazione che è stato esaminata nel dettaglio - la problematica dei trasporti in primis -, l'insularità, la gestione dell'energia, la gestione dei doveri e dei diritti dei sardi.

Partendo proprio da quella mozione, si illustravano i doveri svolti dai sardi a favore della nazione. Tra questi, e tra le righe di quella mozione, si è ricordata la situazione della presenza militare in Sardegna. A seguito di quella mozione - ripeto - votata all'unanimità da quest'Aula, si concludeva con un impegno da parte del Governo, quello di aprire un tavolo di confronto Stato- regione che non vedesse in sé una vertenza Sardegna, ma un caso nazionale, un caso di una regione che, assolti i propri doveri, reclamava i propri diritti. Tra questi doveri e diritti si illustrava la situazione della presenza militare in Sardegna, una presenza da molti giudicata ingombrante, realisticamente, in termini di spazi, in termini di ambiente sacrificato in certi casi - ricordo per tutti la cosiddetta penisola interdetta di Capo Teulada -, si è messo in evidenza il fatto che anche la difesa sta cambiando, cambia rispetto alla difesa, all'organizzazione dell'esercito del primo dopoguerra, si inseriscono le nuove tecnologie, è cambiato anche il rapporto tra i cittadini e appunto la necessità di avere un esercito preparato e un esercito che, ahimè, soprattutto in questo periodo, deve essere pronto in caso di ulteriori crisi internazionali a poter difendere i propri cittadini a vari livelli.

Io non mi iscrivo, onorevole Rossi, tra quanti legittimamente, anche in questi giorni, in queste settimane, manifestano il loro disappunto nei confronti della presenza militare in Sardegna attraverso i poligoni, le basi, le esercitazioni a fuoco, che sono in corso in questi giorni. Non mi iscrivo tra questi, perché ritengo che la presenza militare nella nostra isola non sia da dividere tra chi è favorevole e chi è contrario. Io sono favorevole a una presenza militare in Sardegna, ridimensionata e rivista e aggiornata ai tempi nostri.

Ritengo, per certi versi, dal mio punto di vista, anche anacronistico che ancora oggi ci siano esercitazioni a fuoco, visto anche il progetto SIAT, predisposto dalla Difesa, che, per farci capire, è un progetto che consente un'adeguata formazione dei nostri militari e le esercitazioni in un mondo virtuale, tecnologicamente avanzato. Sono cambiate anche le impostazioni di diverse aree, come quelle di Quirra, di Perdasdefogu, dove la tecnologia è imperante; ci sono grandi professionalità che si formano in quei siti al servizio della nazione.

È vero anche, però, che per tutto questo c'è un costo ed ecco che allora leggiamo dei comuni interessati dalla presenza militare, che lamentano il fatto che l'equo indennizzo per l'occupazione di quegli spazi non viene erogato, da parte dello Stato, nei tempi previsti dalla legge e quindi abbiamo arretrati di otto anni - lamentano i sindaci nella loro lettera al Ministro Pinotti -, lamentano il fatto che oggi avere quello spazio occupato dalla presenza militare rende decisamente meno di quanto si può ricavare, per esempio, dalla destinazione di parte di quello spazio per una pala eolica.

Quindi c'è un problema: adeguamento dell'indennizzo, adeguamento degli spazi - forse non tutti quegli spazi sono utili e necessari per una corretta esercitazione dei nostri militari - e quindi c'è un adeguamento di tempi e un adeguamento del costo, che ancora non arriva. La legge prevede il pagamento del quinquennio, ma credo - e ci sono state sollecitazioni in merito - che questo possa essere liquidato annualmente, così come avviene in tutti i contratti di occupazione di territorio.

Ci sono i vari problemi degli impegni presi dalla Difesa. Cito, appunto, l'occupazione della caserma di Pratosardo. Ricordo che un anno fa in questa sede, nel corso di un question-time, la Ministra Pinotti ha garantito che, nel giro di pochissimo tempo, sarebbe stato destinato un corpo delle Forze armate all'occupazione di quella nuova caserma per cui si sono spesi tanti denari, sono stati portati a termine i lavori, ma ahimè adesso, ad oggi, a un anno di distanza, quella caserma è ancora vuota.

Ci sono anche le problematiche legate alle dismissioni militari, leggasi Decimomannu, che condivide insieme a Camp Darby una realtà difficile, quella dei lavoratori. La dismissione della presenza delle forze NATO, in particolare i tedeschi su Decimomannu e in parte gli americani su Camp Darby, ha determinato il licenziamento di un numero di persone - circa novanta complessivamente - che saranno senza lavoro, e dietro quelle novanta persone ci sono novanta famiglie e un indotto che non produce più reddito.

In quella sede, anche su questo tema, la Ministra Madia ha dato risposta in quest'Aula, prendendo un formale impegno. A seguito di quel formale impegno di poter trovare soluzioni per ricollocare questo personale civile - quel personale civile delle basi di Decimomannu e Camp Darby -, ha predisposto, per esempio, un emendamento per la prossima manovra in cui rifinanziamo la norma di legge che consente appunto la ricollocazione presso la pubblica amministrazione di questo personale civile. Auspico che il Governo possa recepire quell'emendamento o gli emendamenti di altri colleghi che danno una soluzione, perché è un problema che si risolve adeguatamente coprendo la norma con opportuna capacità finanziaria.

Questi problemi, che sono legati alla presenza delle basi militari in Sardegna, o meglio della presenza militare, in senso più largo, in Sardegna, che ha sempre ospitato l'esercito e le forze NATO, bisogna ricollocarli ai tempi d'oggi, quelli che, come ho detto in premessa, vedono una diversa collocazione, una diversa formazione, un nuovo corso per la difesa, che può essere utile, anzi è sempre stato utile, anche alla ricerca da trasferire, poi, nel cosiddetto mondo civile.

Detto questo, signor sottosegretario - e qui mi fermo in attesa della sua risposta -, io credo che non sia immediatamente pensabile un disimpegno o un allontanamento delle forze armate dai 35 mila ettari che oggi occupano nella nostra isola. È sicuramente possibile un ridimensionamento, è sicuramente possibile impostare un nuovo rapporto, è sicuramente possibile, dal mio punto di vista, rivedere anche le condizioni delle esercitazioni a fuoco: limitiamole il più possibile, rivediamo e acceleriamo su quanto è previsto nei progetti della difesa per eliminarle, pur consentendo ai nostri militari un'adeguata formazione. E questo lo dico perché, come le ho detto, non mi iscrivo ai manifestanti che vogliono una chiusura totale nell'immediato, perché dietro tutto questo ci sono posti di lavoro, ci sono famiglie che campano grazie a questa presenza. Semmai, si potrebbe anche intervenire a livello legislativo perché le Forze armate consumino anche in quei siti… Voglio dire questo: le forniture possono essere in qualche modo condizionate alla fornitura e all'utilizzo di imprese locali, sempre di più e sempre meglio. Non è possibile, dicevo, e non credo sia possibile una dismissione totale nell'immediato, ma è possibile, a mio avviso, un ridimensionamento di questa presenza.

C'è una contraddizione in tutto questo, anche nella nostra terra che vanta e va orgogliosa della sua Brigata Sassari: da un lato, la si difende e la si onora, la si ossequia; ma c'è un punto, non possiamo pretendere di avere un corpo di eccellenza nella nostra isola, invidiato da tutti, e nello stesso tempo non potergli consentire l'adeguata formazione. Su questo io mi vorrei concentrare: la presenza, sì, ridimensionata, una presenza che nel tempo può essere gradatamente e decisamente ridimensionata; dall'altra parte, un'attenzione ai valori ambientali, occupazionali, al lavoro, allo sviluppo, alla ricerca, che anche in altre regioni la Difesa porta avanti. La presenza di importanti aziende internazionali e multinazionali, quali la Leonardo, aziende che sviluppano ricerca e lavoro, è ben gradita al posto delle esercitazioni a fuoco. È una ricerca che può portare anche alla formazione professionale dei nostri giovani attraverso la piena collaborazione con la Difesa. Incanalando in questo senso il nostro confronto, io credo che si potrà aggiungere a una corretta convivenza tra i cittadini sardi, il territorio sardo al servizio della nazione, e la Difesa e l'Esercito.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la Difesa, Domenico Rossi, ha facoltà di rispondere.

DOMENICO ROSSI, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Ringrazio innanzitutto l'interpellante per l'ampia disamina generale e di alcune problematiche specifiche. La regione Sardegna è, effettivamente, una tra le regioni italiane contraddistinte da una radicata presenza militare nel territorio. Per tale presenza, lo Stato, dal 2000 al 2009, ha versato contributi integrativi alla regione Sardegna per un valore di circa 29 milioni di euro. La presenza in Sardegna da parte delle Forze armate, escludendo l'Arma dei carabinieri che sono circa 4.500 unità, consta di circa 7.500 unità e comporta un indotto complessivo di circa 280 milioni di euro, che, nell'ambito della complessiva situazione congiunturale dell'isola, rappresenta un volano economico assolutamente rilevante, di fatto come rilevato anche dall'interpellante.

Partendo da questi concetti e passando nello specifico delle questioni poste dagli interpellanti circa l'effettuazione di pagamenti con cadenza annuale, il Dicastero ha già condiviso con la regione Sardegna l'opportunità di promuovere iniziative normative o amministrative in materia nell'ambito di tavoli interistituzionali e nel rispetto delle competenze dell'amministrazione finanziaria. Questo, evidentemente, perché la previsione non è di specifica competenza del Ministero della Difesa.

Per quanto riguarda, invece, il quesito relativo ai ritardi nel pagamento degli indennizzi, la Difesa, per il quinquennio 2010-2014, si è fatta da subito promotrice dell'avvio delle procedure concernenti i pagamenti; e recentemente è stato firmato il decreto di concerto Ministero della difesa-Ministero dell'economia e delle finanze, propedeutico all'emissione del DPCM per il quinquennio in esame. Relativamente alla caserma di Pratosardo, si conferma la volontà della Difesa, come già esposto e anche richiamato dall'interpellante in un question-time, di utilizzare l'immobile come nuova unità dell'Esercito da allocare nel contesto nuoresco. L'attuazione di tale progetto è, tuttavia, vincolata alla riacquisizione, per il tramite del demanio, da parte della Difesa, della caserma stessa, che attualmente è nella disponibilità del comune di Nuoro, che, con il responsabile unico del procedimento, sta ultimando le attività di collaudo relative alle opere utilizzate.

Per quanto riguarda la situazione creatasi presso la base di Decimomannu - in cui, come noto, la Germania ha ritenuto la propria presenza non più costo-efficace - la questione è nota, paventata da tempo e il Governo si è reso disponibile alla ricerca di soluzioni per risolvere il problema occupazionale nell'area. E pertanto, come richiamato, il Dicastero non può che condividere le argomentazioni esposte dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, in riscontro all'interrogazione richiamata nell'atto, sull'opportunità di una modifica normativa, anche di iniziativa parlamentare, che possa consentire l'assunzione a tempo indeterminato, nei ruoli organici del personale dell'amministrazione dello Stato, di cittadini italiani posti alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica o di singoli Stati esteri e licenziati a causa di provvedimenti di ristrutturazione degli organismi medesimi.

Con riguardo, infine, alla necessità di ripensare in modo generale la stessa funzione delle basi militari in Sardegna, attraverso strumenti utili alla ricerca, alla tutela dell'ambiente e dei posti di lavoro, si rileva come la stessa debba necessariamente passare attraverso la definizione del protocollo in discussione tra Governo e regione, così come efficacemente sottoscritto con le altre regioni maggiormente interessate dalla presenza militare, quali il Friuli-Venezia Giulia e la Puglia. Così si può fornire, infatti, un quadro di certezza a medio-lungo termine per le attività della Difesa in Sardegna, in funzione anche e soprattutto di una riflessione più strutturata sulle possibili attività duali di ampio respiro. Aggiungo - prendendo spunto da alcune riflessioni dell'interpellante circa l'esigenza evidentemente della Difesa di addestrare il proprio personale nei poligoni italiani, ivi compresi quelli della Sardegna - che fin da subito il Dicastero ha improntato, nell'ambito dei discorsi e delle interlocuzioni, una linea che è quella di cercare di contemperare al massimo proprio le esigenze del territorio con le esigenze addestrative delle Forze armate, e quindi in una dimensione già proiettata verso il futuro e verso le reali esigenze della Difesa.

PRESIDENTE. L'onorevole Roberto Capelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ROBERTO CAPELLI. Grazie, Presidente. In termini burocratici e aritmetici, io posso dire di essere soddisfatto dell'attenzione e degli impegni assunti dal sottosegretario in nome e per conto del Ministero che rappresenta rispetto all'interpellanza posta. Però, ho l'obbligo di precisare alcune cose.

Onorevole sottosegretario, io attribuisco molto peso a momenti come questi, alle interrogazioni, alle mozioni, al question-time; sono i momenti in cui la politica e chi la rappresenta in quest'Aula, in questo caso i deputati e i rappresentanti del Governo, parlano dei problemi reali del nostro Paese, momenti che fotografano le situazioni dei singoli territori, momenti che fotografano la situazione del Paese. Si parla dei problemi che, giornalmente, vivono i nostri concittadini, in questo momento in cui la politica è abbastanza avulsa dalla realtà. In che senso? Sembrano lontane dalle problematiche quotidiane le discussioni che ci impegnano sulle problematiche inerenti le leggi elettorali, la candidatura alla guida del Paese di Tizio e non di Caio, il fatto che ci sia il problema dei rapporti genitori-figli, il familismo. Sono problemi sicuramente reali, problemi che devono essere affrontati, ma che sembrano sempre ancora troppo lontani dalle problematiche quotidiane che siamo chiamati a risolvere in nome e per conto dei nostri cittadini. È difficile spiegare - anche se così è - che una legge elettorale ha la sua importanza, poi, nell'impostazione e nella risoluzione dei problemi quotidiani.

Quindi, questi momenti ci riportano alla realtà, ad un confronto corretto tra l'Esecutivo e il legislativo, in cui ci si dice cosa possiamo fare insieme per risolvere i piccoli-grandi problemi della quotidianità. Ecco perché io a questo momento di confronto attribuisco una grande importanza. E, nel caso specifico, io ho il compito, essendo rappresentante di quel territorio, di interessarmi delle problematiche relative alla mia regione e portarle all'attenzione del Governo, non dimenticando, come ho detto prima, anche le responsabilità di chi governa quel territorio.

Quindi, io leggo bene, dalla sua risposta, alcuni passaggi. C'è la disponibilità della Difesa, per quanto di sua competenza, perché è una competenza che condivide o, meglio, che dipende anche dal Ministero dell'economia per una rivisitazione del rapporto con i comuni interessati dall'occupazione militare in Sardegna. Quindi, c'è la disponibilità, anzi, ha riferito dell'impegno del Ministero nel sollecitare e definire il pagamento, per esempio, dell'equo indennizzo a questi comuni per quanto riguarda l'arretrato. Aggiungerei che sarà necessario, signor sottosegretario, che il Governo, insieme al Parlamento, valuti l'opportunità di andare in deroga anche per l'utilizzo di questi fondi, che, essendo vincolati al Patto di stabilità, molto spesso, possono incrementare la dotazione di cassa di quei comuni, ma non rendere disponibile quelle risorse per investimenti immediati in cantieri, in piccole-grandi opere che movimentano il lavoro in quel territorio e rivitalizzano anche i territori interessati, i comuni interessati.

Quindi, c'è anche un impegno per rivedere la tempistica e una modifica di legge che possa consentire un ristoro di queste cifre a quei comuni in tempi - io li definirei - civili, annuali e non quinquennali. C'è l'impegno ribadito - però mi permetta, sottosegretario, ribadito un anno fa - dell'occupazione definitiva da parte delle Forze armate della caserma di Pratosardo. Mi riferisce di un problema amministrativo, praticamente, che in questo momento è avviato alla soluzione perché si possa dar corso a quell'impegno da parte del Governo - ribadisco - assunto in quest'Aula già da un anno.

Così come c'è il sostegno da parte della Difesa per la soluzione della disoccupazione, dei licenziamenti determinati dall'abbandono da parte delle Forze armate tedesche della base di Decimomannu. Anche qui abbiamo un problema di tipo legislativo: abbiamo necessità di coprire, con fondi adeguati, la legge che consente di reintegrare queste persone nella pubblica amministrazione a tempo indeterminato.

E, nota dolente, riferisce che, per la soluzione relativa all'occupazione e alla presenza delle Forze armate, un ridimensionamento e un miglioramento, oppure un'impostazione nuova della presenza militare rivolta verso il futuro - presenza nella nostra regione, nella regione Sardegna - si è in attesa della definizione del protocollo, d'intesa con la regione, così come è avvenuto - mi risulta già avvenuto - in fase molto avanzata con le altre due regioni interessate, quali la Puglia e il Friuli.

Mi sembra di leggere tra le righe - purtroppo non solo tra le righe di questo, ne prendo atto - che la stessa attenzione e la stessa volontà di arrivare ad una rapida definizione non è stata al momento espressa dalla regione. Ribadisco io e sottolineo io che la stessa regione la vedo un po' assente e non opportunamente e autorevolmente interessata alla sollecitazione delle problematiche che abbiamo sviluppato nel corso di questo confronto, di questo dibattito. Quindi, sarà compito, in altra sede, sollecitare un rapido impegno, anche da parte della regione, per la soluzione di queste problematiche.

È vero, lo Stato ha investito molto, ha prodotto anche risorse finanziarie importanti per il PIL della regione Sardegna: lei ha riferito dei 29 milioni di interventi, di investimenti, delle 7.500 unità impegnate, dello sviluppo con l'indotto per oltre 280 milioni di euro. Io credo che non ci sia, però - mi permetta -, l'adeguata proporzionalità rispetto a ciò che si è impegnato da parte della regione rispetto a ciò che ha prodotto in termini di ritorni lo Stato con quell'occupazione.

Non vanno dimenticati, mi perdoni sottosegretario, i danni prodotti da quella presenza. Passeranno anni, forse decenni, per poter essere sanati; ci sono diverse Commissioni parlamentari che si stanno occupando di questi aspetti, ma non voglio divagare in questo momento. Io confido molto nelle sue parole, nella sua relazione, e credo ed auspico che, in tempi brevi, si possa arrivare a una convivenza utile e produttiva tra la regione Sardegna e la presenza militare.

Credo che questo possa sviluppare anche interessanti prospettive per il futuro, per la ricerca, come ho già richiamato, per la formazione dei nostri giovani, per la formazione di adeguate professionalità che possano competere nel prossimo futuro a livello nazionale ed internazionale, così come oggi avviene. Ma proprio perché questi sono i problemi della quotidianità, io mi riprometto di richiedere un ulteriore aggiornamento su questo tema e, probabilmente, auspico che potremo rivederci in quest'Aula per dare definitiva conferma agli impegni che, in questo momento, il Governo assume rispetto alle problematiche che le ho posto.

(Elementi ed iniziative in ordine ad una recente vicenda relativa alla sospensione dell'erogazione dell'acqua potabile in provincia di Teramo – n. 2-01801)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pellegrino e Marcon n. 2-01801 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Pellegrino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Mi sembra ben intenzionata ad illustrarla, prima però salutiamo gli studenti e gli insegnanti del V Circolo didattico “Modugno” di Barletta, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi). Onorevole Pellegrino, prego.

SERENA PELLEGRINO. Grazie, Presidente. Sottosegretario, a seguito dei prelievi effettuati al Traforo del Gran Sasso, l'ARTA, ovvero l'Agenzia abruzzese per la tutela dell'ambiente, ha giudicato l'acqua in uscita non conforme. Pertanto il SIAN - cioè, il Servizio di igiene degli alimenti e della nutrizione - dell'ASL di Teramo ha disposto l'uso per i soli fini igienici. Sino a nuova disposizione è vietato l'uso potabile.

Con queste poche righe pubblicate sul sito di Ruzzo Reti Spa, ovvero il gestore unico del ciclo integrato delle acque nell'ATO teramano n. 5, lo scorso 9 maggio, è stato reso noto un nuovo presunto episodio di inquinamento ed è stato in via precauzionale sospeso l'utilizzo per fini potabili dell'acqua proveniente dalle captazioni del Gran Sasso e destinata a rifornire le utenze di trentadue comuni del teramano, compreso il capoluogo. Da quel momento, 300.000 cittadini della provincia di Teramo non hanno potuto utilizzare l'acqua dai propri rubinetti ed è iniziato un incubo, come potete immaginare, interminabile, scandito da allarmi e assalti ai supermercati, dove gli scaffali dell'acqua minerale sono stati svuotati in pochi minuti. Dopo circa dodici ore da incubo è arrivata la comunicazione della prefettura che l'emergenza idrica nel teramano era rientrata. Le nuove analisi avrebbero, infatti, rilevato dati conformi alla normativa vigente. Questa, sinteticamente, la cronaca della drammatica situazione vissuta pochi giorni fa dai cittadini del teramano, costretti ad affrontare l'ennesima crisi idrica e a litigare nei supermercati - imbarazzante, questo - per le bottigliette di acqua minerale, pur vivendo in un territorio tra i più ricchi di risorse idriche.

Il problema sta nel fatto che l'approvvigionamento idrico di metà degli abruzzesi dipende dalla falda del Gran Sasso che è a contatto con due fonti potenzialmente inquinanti; da una parte, i laboratori dell'Istituto nazionale di fisica nucleare e, dall'altra, le gallerie autostradali della A24. Le prime denunce sui problemi dell'acqua del Gran Sasso risalgono, ormai, al 2002. Fu il WWF a rendere noto l'elenco delle sostanze presenti nei laboratori, poste, quindi, vicinissime alla falda acquifera che rifornisce 3 province abruzzesi. E fu sempre il WWF a evidenziare le carenze nella gestione degli esperimenti condotti nei laboratori, attraverso la pubblicazione di documenti e scambi interni tra i ricercatori. Proprio il 16 agosto 2002 avvenne l'incidente con il Trimetilbenzene, nell'ambito dell'esperimento diventato famoso come Borexino, che evidenzia tutta la fragilità del sistema di gallerie, laboratori e punti di approvvigionamento di acqua presenti nel Gran Sasso. Vi furono denunce, sequestri e anche procedimenti penali.

Dalle perizie effettuate si capì in modo inequivocabile la precarietà dei sistemi di sicurezza all'interno di quel laboratorio; in particolare, la pericolosa commistione tra i suoi scarichi e le sottostanti captazioni dell'acquedotto, soprattutto quello della società Ruzzo. Si decise, quindi, di avviare interventi per la messa in sicurezza del sistema e il 28 maggio del 2003 la Presidenza del Consiglio dei ministri, all'epoca, era Berlusconi, dispose la nomina di un commissario delegato per il superamento della fase emergenziale.

Non so se, lei, sottosegretario, ricorda chi fosse quel commissario, era Angelo Balducci, il funzionario dello Stato poi accusato di aver creato e diretto la cosiddetta cricca che per un decennio ha pilotato tutti i grandi appalti d'Italia, dal Giubileo al G8. Gli obiettivi del commissario erano chiari, al primo punto figurava la messa in sicurezza dei sistemi di captazione dei due acquedotti, per poter consentire la ripresa, al più presto possibile, all'interno dei laboratori di fisica nucleare, degli esperimenti, poi, la messa in sicurezza dei laboratori, che comprendeva oltre ai sistemi antincendio, quelli di rilevazione e di controllo e, soprattutto, la creazione di un sistema di raccolta delle acque di percolazione e di scarico - sto citando - che prima finivano nelle fogne senza regimentazione.

Un altro obiettivo che il commissario doveva perseguire era quello della sicurezza delle gallerie autostradali, quindici anni fa. Mentre è noto l'importo dei lavori, 84 milioni di euro, della gestione dei lavori si è sempre saputo, purtroppo, molto poco, appalti e gare informali tra pochi partecipanti. Ma, soprattutto, ci chiediamo: i lavori sono serviti a evitare che le acque, in qualche modo contaminate all'interno del laboratorio, poi non finissero dentro le falde acquifere e dentro l'acquedotto gestito da Ruzzo Reti Spa. A giudicare da quanto è accaduto in questi anni, sembra proprio di no. Risale all'agosto scorso, l'ennesimo incidente con relativa contaminazione dell'acqua che finisce sempre nell'acquedotto Ruzzo. Ma la cosa è rimasta segreta e tenuta nascosta alla popolazione per ben quattro mesi.

I contorni di quanto è accaduto sono emersi solo a dicembre del 2016, dopo che la regione ha dichiarato lo stato di emergenza idrica, autorizzando la società Ruzzo reti Spa, che gestisce l'acquedotto, ricordiamolo, a proseguire nell'utilizzo del potabilizzatore della Val Vomano, a seguito di una contaminazione delle acque captate presso i laboratori del Gran Sasso. I lavori di messa in sicurezza dell'acquifero del Gran Sasso, sono stati svolti tra il 2004 e il 2006, come si diceva, dal commissario Angelo Balducci, e per una spesa, ricordiamolo, di ben 84 milioni di euro, di cui 22,3 hanno riguardato gli interventi di carattere idraulico e ambientale delle gallerie, le opere di drenaggio e impermeabilizzazione; inoltre, circa 3,2 milioni di euro sono stati assegnati, proprio, alla società Strada dei Parchi. Ma noi vogliamo capire che tipo di lavori, a questo punto, sono stati fatti, ma, soprattutto, come sono stati impiegati questi fondi.

Ci sembra chiaro, ormai, che il problema della convivenza del più grande acquifero d'Abruzzo con l'autostrada e i laboratori dell'INFN è un problema particolarmente serio, che richiede un'attenzione particolare, in questo momento. Per questo chiediamo se sia stata valutata la compatibilità della captazione di acque ad uso umano dal bacino idrico di cui sopra con l'attività di ricerca dell'Istituto nazionale di fisica nucleare e quale sia lo stato dei lavori di messa in sicurezza e conformità dei locali e delle installazioni dei laboratori e perché dopo un decennio di commissariamento e 84 milioni di euro spesi accadono ancora situazioni come quelle che abbiamo appena descritto con questa interpellanza.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato, Domenico Rossi, ha facoltà di rispondere.

DOMENICO ROSSI, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Con riferimento alle questioni poste, riepilogate, anche ora, dall'interrogante e sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta che la situazione è stata costantemente seguita da tutte le istituzioni e gli enti interessati. In particolare, secondo quanto riferito dall'ARTA Abruzzo, la stessa, su richiesta del dipartimento prevenzione della ASL di Teramo, ha effettuato le analisi chimiche e batteriologiche sui vari campioni di acque, destinate al consumo umano, prelevate dal personale del SIAN della ASL. Sui campioni prelevati sono stati evidenziati risultati non accettabili per i parametri odore e sapore, ed è stata rilevata la presenza di toluene e di alcuni composti organo volatili. Le predette risultanze sono state immediatamente comunicate alla ASL di Teramo che, di volta in volta, ha deciso la conformità o non conformità delle acque destinate al consumo umano.

Al riguardo, l'ARTA ha evidenziato che il decreto legislativo n. 31 del 2001, che stabilisce i requisiti e i parametri di idoneità di un'acqua per il consumo umano, non prevede limiti specifici per il toluene. Esiste, tuttavia, un parere dell'Istituto superiore di sanità che propone limiti per alcuni parametri non ricompresi nel predetto decreto, precisando che i valori parametrici, compreso il toluene, sono in genere fondati sugli orientamenti stabiliti dall'Organizzazione mondiale della sanità e dall'EPA, Environmental Protection Agency.

Sulla base della non conformità dei campioni d'acqua esaminati dall'ARTA Abruzzo, l'ASL ha disposto, in data 9 maggio 2017, il divieto di utilizzo per uso idropotabile dell'acqua in rete nell'acquedotto gestito dalla Ruzzo Reti Spa. A seguito di disposizioni provenienti dal tavolo riunito presso la prefettura di Teramo, l'ARTA ha provveduto a ripetere, immediatamente, le analisi che avevano condotto, per ragioni di precauzione, ad inibire temporaneamente l'uso dell'acqua. Nelle prime ore del 10 maggio, l'ARTA ha comunicato i risultati di sei campioni d'acqua prelevati, riferendo che, in base alle analisi effettuate, i campioni in esame sono conformi alla normativa vigente ed in ragione di tale comunicazione l'ASL ha revocato il divieto, precisando, comunque, che sarebbe continuato il monitoraggio con esecuzione dei prelievi in rete e dalle opere di captazione.

La prefettura di Teramo ha fatto presente, inoltre, che lo scorso 10 maggio si è riunito presso la stessa un tavolo tecnico, durante il quale, oltre a ribadire il carattere meramente precauzionale della misura adottata, nel corso della precedente giornata, dalla ASL, l'azienda medesima ha comunicato che avrebbe lavorato per ottimizzare e velocizzare ulteriormente le procedure già in atto per le verifiche dei campioni di acqua prelevati. La regione, invece, ha evidenziato che avrebbe predisposto dedicati approfondimenti per il controllo permanente delle acque.

Si precisa, inoltre, che, secondo le informazioni fornite dalla Protezione civile, le problematiche relative alle potenziali interferenze tra la captazione di acque ad uso umano dal bacino idrico del Gran Sasso e l'attività di ricerca dell'Istituto nazionale di fisica nucleare sono state affrontate nell'ambito della gestione emergenziale della struttura commissariale istituita con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 luglio 2003, n. 3303, che ha operato in stretta collaborazione con le amministrazioni e gli enti pubblici competenti nella specifica materia fino alla data del 22 marzo 2013. Successivamente, ai sensi dell'ordinanza n. 66 del 22 marzo 2013 del capo del dipartimento della Protezione civile, l'Istituto nazionale di fisica nucleare è stato individuato quale amministrazione competente, in regime ordinario, al completamento delle iniziative avviate. Al predetto istituto è stata trasferita tutta la documentazione amministrativa e contabile inerente agli interventi realizzati e da completare, unitamente a una relazione illustrativa degli adempimenti da porre in essere in regime ordinario ed è inoltre subentrato in tutti i rapporti attivi e passivi già facenti capo alla gestione commissariale.

A tal proposito, l'Istituto nazionale di fisica nucleare ha rappresentato, in merito alle vicende occorse il 9 maggio scorso, che deve essere escluso ogni coinvolgimento dei laboratori, sia precisando che le acque provenienti dal punto di captazione interno ai laboratori nazionali del Gran Sasso sono messe a scarico dal 1° maggio scorso, come misura precauzionale concordata con la AUSL di Teramo in concomitanza con l'esecuzione di alcuni lavori di parziale ripavimentazione di una sala sperimentale, sia rinviando alla nota della AUSL medesima laddove evidenzia che: “è pertanto possibile il nesso causale della verniciatura con utilizzo di toluene eseguita dall'Autostrada dei Parchi e la comparsa di tale sostanza nell'acqua destinata ad uso umano prelevata da questo SISN nei giorni 4 e 5 maggio 2017”. In merito alla situazione riguardante il complesso sistema Gran Sasso, l'Istituto evidenzia inoltre che dalla documentazione in suo possesso risulta che il commissario aveva previsto un piano di interventi da realizzare durante tre distinte fasi: la prima di urgenza e di indifferibilità; la seconda di emergenza e la terza ordinaria; i lavori coinvolgevano sia i laboratori sotterranei, sia l'acquifero del Gran Sasso, sia il sistema autostradale. Risultano realizzati e collaudati dal commissario gli interventi previsti per i tre ambiti strutturali predetti, durante la fase di urgenza, conclusasi il 31 marzo 2008.

Secondo quanto riferito dalla regione con delibera della giunta regione Abruzzo del 2011 è stata costituita quindi una Commissione tecnica per la valutazione della completa messa in sicurezza e della protezione del sistema idrico Gran Sasso, in relazione ai centri di pericolo costituiti dal Laboratorio Nazionale del Gran Sasso dell'INFN e della rete autostradale e per la valutazione degli interventi effettuati dal primo commissario delegato, composta dai rappresentanti delle istituzioni pubbliche e private coinvolte e i cui lavori sono ancora in corso.

La predetta Commissione, nella seduta del 13 ottobre 2014, ha individuato la necessità di acquisire gli atti progettuali relativi alla messa in sicurezza dell'acquifero, a partire dall'intervento fatto dall'allora commissario delegato, nonché la necessità che venisse immediatamente attivato un piano di sicurezza complessivo dell'acquifero ed un monitoraggio, in continuo, da attivarsi anche in cooperazione tra la Ruzzo Reti e la direzione regionale sanità. Considerata, inoltre, la complessità del percorso di messa in sicurezza, ha individuato due gruppi di lavoro per condividere le informazioni sullo stato dell'arte e sulle attività realizzate.

La Commissione tecnica ha proseguito i lavori di competenza anche alla luce dei recenti eventi, individuando ulteriori lavori necessari per la messa in sicurezza del sistema Gran Sasso.

Sono state, in particolare, individuate le azioni da porre in essere a breve e medio termine, che consistono nell'individuazione di misure finalizzate alla prevenzione degli eventi calamitosi attraverso il monitoraggio, l'allerta e la condivisione delle informazioni relative al sistema Gran Sasso, da realizzarsi anche attraverso specifici protocolli di intesa tra i soggetti interessati e valutando altresì l'individuazione di fonti di approvvigionamento idrico alternative a quelle in esercizio.

Si fa presente, altresì, che detta Commissione si è riunita lo scorso 12 maggio ed ha discusso principalmente della necessità di avviare i lavori di miglioramento del sistema di captazione delle acque attraverso un maggiore coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, che dovranno dotarsi anche di apparecchiature più sofisticate in grado di valutare tempestivamente la potabilità o meno delle acque.

Per completezza di informazione, si rappresenta infine che, secondo quanto riferito dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nell'ambito della gestione commissariale sono stati eseguiti interventi a carattere idraulico-ambientale nella galleria sinistra, consistenti in opere di drenaggio, impermeabilizzazione, depurazione e monitoraggio ambientale nonché in opere di captazione ed adduzione di acqua potabile; la realizzazione di un sistema di scarico provvisorio e definitivo e interventi destinati all'adeguamento delle gallerie.

PRESIDENTE. L'onorevole Pellegrino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza. Prima salutiamo gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto comprensivo “Colonnello Lugli” di Carpi, in provincia di Modena, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna.

SERENA PELLEGRINO. Grazie, Presidente. Ringrazio anche il sottosegretario per la risposta particolarmente dettagliata che fa capire comunque la gravità della questione perché quanto si sta mettendo adesso sul fuoco, la carne che si sta mettendo sul fuoco, è tanta e importante e stiamo parlando per davvero di uno dei più grandi bacini acquiferi del nostro Paese. Sappiamo che la ricchezza dell'Italia, oltre tutto quello che conosciamo, è davvero anche l'acqua. Casi di questo tipo ce ne sono moltissimi. L'ultimo, lei lo ricorderà bene, in Basilicata: sappiamo bene che nutre di acqua tre regioni. Non possiamo non tenere in considerazione che l'acqua è fonte primaria della sopravvivenza non solo degli umani ma di tutto l'ecosistema per il mantenimento della biodiversità, dagli animali alle piante e di tutto quanto comunque rientra nel ciclo dell'ecosistema. Non possiamo sempre assecondare un certo modus operandi di fare politica, di fare le scelte politiche. Mi dispiace perché in questo momento c'è lei, sottosegretario, e avrebbe dovuto esserci invece il sottosegretario al Ministero dell'ambiente, tuttavia è un atteggiamento comune perché proprio ieri, in questa sede, ho chiesto che non si facessero esercitazioni militari all'interno delle aree protette e ho avuto un rifiuto in questa direzione. Ciò rientra nella logica della scelta politica del Governo ma non solo di esso: anche di tutti quelli che l'hanno preceduto e probabilmente anche di quelli che seguiranno perché i diritti dell'ambiente di fatto sono presi in considerazione sempre in ultima istanza. C'è il diritto alla guerra, il diritto alle fossili, il diritto agli asfalti, il diritto a tutto il resto e poi ad un certo punto purtroppo credo che madre terra ci darà uno sfratto bello e chiaro perché non avrà bisogno, per così dire, dell'avvocato Pellegrino a sua difesa perché essa ha leggi che non sono derogabili e non sono emendabili. Se noi non andiamo nella direzione delle leggi dell'ecosistema molto probabilmente verremo espulsi. Dobbiamo tenerlo proprio come assioma, sottosegretario, e purtroppo ritengo che sia veramente gravissimo che, dopo tutti questi anni e le ingenti risorse - infatti 84 milioni sono risorse importanti: quando, presentando emendamenti, chiediamo di fare qualcosa di interessante per la nostra comunità, ci viene detto che 84 milioni sono tantissimi - che sono state investite, accadano ancora fatti di questo tipo che lasciano molte ombre sulla bontà del lavoro svolto dal commissario e sulla tutela effettiva della salute dei cittadini che attingono a questo bacino idrico.

Dal 2002 sono stati spesi milioni di euro, sono state diffuse centinaia di rassicurazioni, presentati decine di esposti, ci sono stati un processo e anche un commissariamento, che non doveva accadere, ma evidentemente ci sono stati ben pochi risultati, se si continuano ancora a verificare questi gravi episodi. Anche gli enti pubblici, quelli che dovrebbero tutelare la salute pubblica, non hanno certamente brillato per completezza e correttezza nell'informazione, e nemmeno, tranne che in questo ultimo caso, per la tempestività. Un solo obiettivo è sempre chiaro dal 2002 ad oggi: tranquillizzare, minimizzare, dichiarare cessate le emergenze, che poi ritornano sempre.

Il commissario Balducci ha speso 84 milioni di euro per la messa in sicurezza dei laboratori e ancora oggi si rileva l'inefficacia di quegli interventi, ancora necessità di ulteriori interventi. Peccato, inoltre, che da un accertamento successivo dell'Istituto superiore di sanità la messa in sicurezza della pavimentazione prevista a protezione dell'acquifero risulta non essere mai stata completata, e lei, infatti, oggi ci dice che si stanno cominciando a fare i lavori della pavimentazione. Già nel 2013 l'Istituto superiore di sanità certificava l'incompatibilità tra captazione delle acque ad usi idropotabili e attività dei laboratori di fisica nucleare. Sempre l'Istituto superiore di sanità e la stessa ASL hanno ammesso che le captazioni ai laboratori e ai tunnel non rispettano i requisiti di legge, quelli citati all'articolo 94 del Testo unico dell'ambiente, che è dimenticato, sottosegretario, dimenticato, in quanto le sostanze stoccate sono troppo vicine ai punti di prelievo.

Tale previsione di legge chiarisce che la gestione dell'acqua potabile si fonda intanto sulla prevenzione, non essendo possibile, anche per i limiti intrinseci connessi al monitoraggio ex post, ad esempio per i tempi di risposta dei laboratori per le analisi e per le azioni previste in caso di incidente, rincorrere i casi di contaminazione. La prevenzione è un obbligo di legge! Le norme relative alle acque potabili puntano sulla prevenzione, non sull'inseguire le criticità. Viviamo costantemente nell'emergenza in questo Paese. I laboratori del Gran Sasso sono classificati quale impianto a rischio di incidente rilevante secondo il decreto legislativo n. 105 del 2015, ed è quindi sottoposto a precisi obblighi, sia derivanti dalle previsioni contenute direttamente nel decreto sia per quelle contenute nel rapporto di sicurezza, nel piano di emergenza interno e nel piano di emergenza esterno.

La presenza di 1.040 tonnellate di nafta pesante, di 1.292 tonnellate di trimetilbenzene - voglio ricordare che questa sostanza, che viene chiamata pseudocumene, è un neurotossico -, 45 sorgenti radioattive, dal cesio 137 all'americio 241 (di cui tre abbastanza rilevanti), seppure utilizzate in appositi contenitori, è completamente ed inequivocabilmente incompatibile con la presenza di punti di captazione. Ce la beviamo quell'acqua! L'uso di migliaia di tonnellate di sostanze pericolose per gli ambienti acquatici, nonché di sostanze radioattive all'interno di un vero e proprio serbatoio di acque come il Gran Sasso, che rifornisce sorgenti a decine di chilometri di distanza, dal Tirino alle sorgenti del Pescara, passando per il Vera, a nostro avviso è troppo rischioso, perché, in caso di incidente rilevante, gli effetti si potrebbero avere su vastissime aree.

Ci sono, inoltre, due tunnel autostradali che attraversano una montagna piena d'acqua, un patrimonio. I laboratori dell'Istituto nazionale di fisica nucleare del Gran Sasso, fiore all'occhiello della ricerca italiana, sono una potenziale “bomba ecologica” sotto le viscere delle montagne, in grado di minacciare le riserve di acqua idrica potabile alimentate dalla sorgente che dà da bere a mezzo Abruzzo. Al suo interno vengono condotti esperimenti delicatissimi; tuttavia, la presenza di stock di materiali tossici o, addirittura, radioattivi rende incompatibile la compresenza dei laboratori con diversi punti di captazione delle acque che vengono distribuite a uso potabile a mezza regione, dato il rischio di possibili incidenti, che, infatti, come abbiamo visto, di tanto in tanto capitano.

Ora pensiamo a nuovi costosissimi interventi: vero, importante, sono da fare, ma è evidente che bisogna capire bene che tipo di opere sono state fatte nel passato e che tipo di opere stiamo andando a fare per il futuro, che non siano i soliti pannicelli caldi che fanno fare la partita di giro, probabilmente, a qualcuno molto interessato; se è una questione di parzialità di intervento o di irregolarità dello stesso prima di intervenire di nuovo. Penso anche che, a questo punto, potrebbe essere il caso di aprire semplicemente un'indagine da parte della Corte dei conti e aprire un fascicolo sulla questione. Oggi, anche se l'emergenza sembrerebbe finita ufficialmente, ci sono ancora troppe cose che devono essere spiegate e chiarite per capire che cosa è successo, e bisognerà anche imporre un cambio radicale della gestione dell'acqua. Sottosegretario, abbiamo sostanzialmente privatizzato la gestione dei bacini idrici, pensando che fosse la panacea di tutti i mali. Questo non è stato e si verifica tutti i giorni che questo non è. E noi dobbiamo comunque tenere sempre in considerazione che questa è la risorsa primaria per la nostra vita su questa terra.

(Iniziative di competenza in relazione al passaggio del comune di Cinto Caomaggiore dalla regione Veneto alla regione Friuli Venezia Giulia – n. 2-01799)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zanin ed altri n. 2-01799 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Zanin se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

GIORGIO ZANIN. Grazie, Presidente. L'interpellanza si riferisce al comune di Cinto Caomaggiore, per essere puntuali anche nella definizione, perché questo, poi, è un tema di misura, di puntualità che poi avremo modo di discutere con lei, signor sottosegretario, e la ringrazio per la sua presenza in Aula, ed è evidente che dobbiamo ripercorrere un po' la strada che ci ha portato sin qui, anche ammettendo che si tratta, in effetti, di un atto che in qualche misura non rappresenta in effetti un'urgenza, se non la rappresentiamo in quanto una necessità dovuta ad un ritardo. Il comune di Cinto Caomaggiore, che si trova in provincia di Venezia, possiede, infatti, da tempo i requisiti prescritti dalla legge, come richiesto dall'articolo 132 della Costituzione, per effettuare il passaggio di regione.

Infatti, i cittadini di Cinto Caomaggiore, nel 2006 - dunque parliamo di undici anni fa, un dato che deve suonare in qualche misura come un tema alle nostre orecchie che si incrocia con il tema dell'interpellanza urgente di stamattina - hanno realizzato, come prescrive la legge, un referendum popolare, con un risultato che ha conseguito il famoso doppio quorum necessario per i passaggi di regione. Lo ricordo, con risultati che sono anche lì abbastanza evidenti: il 65 per cento della popolazione di Cinto Caomaggiore partecipò al referendum, dunque una maggioranza che oggi definiremmo ampia con la crisi di partecipazione al voto che registriamo, e con una presenza al referendum di risposte da parte del “sì” pari al 91,5 per cento.

Dunque, una volontà popolare sostanzialmente unanime, ribadita nel corso, peraltro, di questi undici anni, come vedremo tra poco. Questo processo di distacco, dopo il referendum del 2006, ha avuto tutti gli accessori conseguenti, e cioè il parere favorevole delle regioni interessate a questo distacco, cioè precisamente la regione Friuli Venezia Giulia e la regione Veneto, e, ulteriormente, anche altri benestare accessori, come quelli espressi in particolare dalla provincia di Pordenone interessata al congiungimento e la provincia di Venezia, e, addirittura, anche la manifestazione esplicita da parte di una provincia non contermine, non interessata direttamente, come quella di Udine, con espressione delle rispettive assemblee pubbliche, dunque i rispettivi consigli provinciali, ancor prima avevo citato le regioni.

È evidente che si tratta di pronunciamenti espliciti sia del consiglio regionale del Veneto sia del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia; inoltre, è evidente che questa materia andava trattata per legge direttamente con un'azione che trovasse da parte del suo Ministero, da quello che lei attualmente rappresenta, cioè il Ministero dell'interno. Parliamo del 2006, lei non sedeva ancora, onorevole sottosegretario, nel ruolo che ha oggi, e dunque si trattava di un atto dovuto, undici anni fa, da parte del Governo e del Parlamento, che ha trovato nel corso degli anni, quasi come un rosario, contrassegnato da alcune scadenze, anche delle proposte legislative precise e puntuali. Ricordo, per esempio, la n. 1145 del 2006, a firma del senatore Saro, “Distacco del comune di Cinto Caomaggiore dalla regione Veneto e relativa aggregazione alla regione Friuli Venezia Giulia”, la proposta di legge costituzionale n. 2526, presentata alla Camera dei deputati dall'allora Ministro dell'interno Giuliano Amato il 17 aprile 2007, l'Atto Senato n. 758 del 2008, sempre a firma del senatore Saro, il cui esame in Commissione affari costituzionali al Senato è iniziato a luglio 2012, dunque siamo alla fine di quella legislatura, la XVI; infine, l'Atto Camera n. 2331 presentato il 29 aprile 2014 dal sottoscritto, a cui ha fatto seguito peraltro un atto gemello anche al Senato, il n. 2278 a firma del senatore Pegorer.

È perciò evidente, da questo che ho definito, con un po' di ironia, un rosario di provvedimenti, che giacciono in questa Camera e al Senato e nella memoria degli archivi, che sia il Governo che il Parlamento hanno manifestato la volontà di dare corso ai diritti dei cittadini, come previsto dalla legge e come è avvenuto per altri comuni che avevano gli stessi elementi di qualità pregiudiziale conseguiti dal comune di Cinto Caomaggiore. Cito, tra gli altri, la legge n. 117 del 2009 relativa al passaggio di regione, dalle Marche all'Emilia-Romagna, dei sette comuni della Valmarecchia. Un atto che, come dire, non ha trovato soltanto quella fattispecie, ma addirittura anche in questa stessa legislatura, la XVII - ed è, di fatto, l'atto che ha scatenato, da parte mia, la volontà di sottoporre al Governo questa istanza - abbiamo iscritto una nuova proposta di legge, la n. 1202 e abbinata, cioè il distacco dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio sempre dalla regione Marche e la loro aggregazione alla regione Emilia-Romagna, nell'ambito della provincia di Rimini.

Dunque ci troviamo in presenza di una ripetuta richiesta da parte dei rappresentanti del popolo, da parte del Governo, che, pur facendo seguito alla richiesta dei cittadini di Cinto Caomaggiore, ancora non trova uno spazio.

Io credo che questo sia evidentemente un problema e credo anche che dobbiamo chiarire una volta per tutte la disciplina per i passaggi di regione, perché nel sottotraccia c'è anche questo aspetto, poiché le regioni interessate non sarebbero, come nei casi precedenti, le Marche e l'Emilia Romagna, ma il Veneto e la regione Friuli Venezia Giulia, che, come tutti sanno, è collegata alla presenza di uno statuto di autonomia speciale. Credo che dobbiamo sgombrare subito il campo e io mi auguro che nella sua risposta, sottosegretario, non vi sia traccia di questo elemento, perché il pregresso lo dice in maniera chiara: la disciplina per i passaggi di regione prevede la sola legge ordinaria, dal momento che l'articolo 132, secondo comma, della Costituzione, utilizzando le parole “legge della Repubblica”, non distingue le regioni ordinarie da quelle speciali, ma detta una comune disciplina, come ribadito - non lo dice l'onorevole Zanin - dalla sentenza della Corte costituzionale n. 66 del 2007, in cui si afferma l'applicabilità a tutte le autonomie regionali, sia ordinarie che differenziate.

Inoltre, nella sentenza n. 246 del 2010, sempre la Corte costituzionale ha asserito che la norma costituzionale, l'unica che possa porre dei vincoli di carattere procedimentale all'operato degli organi legislativi, non prescrive che, esauritasi la prima delle due fasi in cui si articola lo speciale procedimento di cui all'articolo 132, secondo comma, della Costituzione - cioè quella avente ad oggetto la consultazione referendaria e l'espressione del parere dei consigli regionali interessati -, la seconda fase, quella che ha inizio con la presentazione del disegno di legge, si svolga secondo forme sostanzialmente diverse rispetto a quelle legislative ordinarie.

Ecco perché sono a chiederle se non si ritenga necessario, per quanto di competenza, dare corso con urgenza - siamo quasi al termine della legislatura - a tutte le procedure per il completamento del passaggio amministrativo del comune di Cinto Caomaggiore dalla regione Veneto alla regione Friuli Venezia Giulia, nel rispetto della volontà popolare dei cittadini, espressa chiaramente con il referendum del 26 e 27 marzo 2006, e della legge.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Con l'interpellanza all'ordine del giorno, l'onorevole Zanin, unitamente a molti altri deputati per la verità, richiama l'attenzione sulle lungaggini - credo che così si possano definire - che starebbero caratterizzando il procedimento per il distacco del comune di Cinto Caomaggiore dalla regione Veneto e la sua conseguente aggregazione alla regione Friuli Venezia Giulia.

Al riguardo chiede che il Ministro dell'Interno dia corso con urgenza agli adempimenti di propria competenza volti a consentire detta variazione territoriale, anche al fine di evitare possibili discriminazioni dei cittadini del comune in questione rispetto ad altre comunità locali - sono quelle che venivano dianzi rammentate -, per le quali la variazione territoriale richiesta è già intervenuta o si trova in fase di discussione parlamentare.

Come evidenziano gli onorevoli interpellanti, il procedimento di variazione territoriale degli enti locali è particolarmente complesso ed articolato e si conclude con l'approvazione di una legge avente come contenuto la volontà manifestata attraverso un apposito referendum delle popolazioni interessate, legge ordinaria, sulla scorta delle osservazioni che già faceva l'interpellante. L'avvio della fase legislativa può aver luogo sia per iniziativa del Ministero dell'interno che per iniziativa parlamentare. Ovviamente, ciò che è essenziale è che il Parlamento svolga la propria valutazione di carattere politico sull'ipotesi di distacco-aggregazione contemperando i principi di unitarietà e di coesione economico-sociale con quello di autodeterminazione.

Tanto premesso, è appena il caso di rilevare che, visto l'esito del referendum, la volontà dei cittadini di Cinto Caomaggiore di aggregarsi al Friuli Venezia Giulia è stata espressa in maniera chiara e inequivocabile. Questo è assolutamente incontestabile. Essa, quindi, va considerata con il massimo rispetto, tanto più che è sostenuta anche dalle istituzioni provinciali e regionali che sono interessate al distacco.

Per dare seguito parlamentare all'istanza della comunità cintese sono stati presentati, nelle passate legislature, sia un disegno di legge costituzionale di iniziativa governativa sia disegni di legge di iniziativa parlamentare, che per vari motivi non sono stati approvati dalle Camere. Anche in questa legislatura - anche questo veniva rammentato - risultano depositate delle proposte di legge di iniziativa parlamentare aventi a oggetto l'aggregazione del comune veneto al Friuli Venezia Giulia. Mi riferisco all'Atto Camera n. 2331, d'iniziativa dello stesso onorevole Zanin, e l'Atto Senato n. 2278 del senatore Pegorer, entrambi citati nell'interpellanza. Le due proposte appaiono, in questa fase finale della legislatura, il veicolo più idoneo per recepire in legge la variazione territoriale richiesta dai cittadini di Cinto Caomaggiore.

PRESIDENTE. L'onorevole Giorgio Zanin ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

GIORGIO ZANIN. Sì, signor sottosegretario, la ringrazio, perché la sua risposta è certamente una risposta che conferma tutto quanto abbiamo cercato di manifestare. A questo punto – è evidente - c'è un passaggio molto delicato che lei ha espresso, che riguarda le competenze esclusivamente parlamentari. Io mi permetto di sottolineare che certamente, a partire dalla presenza di veicoli già sul tavolo, è chiaro che un'azione di sollecito intervento da parte del suo Ministero potrebbe chiaramente, fortemente incoraggiare la posta in palio, cioè quella di costruire, dentro il percorso dell'agenda parlamentare, una risposta concreta.

Io penso che dentro questa vicenda ci siano in gioco valori, al di là del fatto che, come sempre poi in queste pagine, in queste situazioni, ci si trova a discuterne alla Camera in forma assolutamente ridotta. È normale, è uno standard; siamo accusati spesso dai mezzi di comunicazione, che forse usano e abusano delle loro possibilità di esternare profili e atteggiamenti che non ci riguardano.

Siamo in pochi - anzi io e lei e basta - in quest'Aula, sostanzialmente, non abbiamo più nemmeno le classi, oltre alla Presidenza ben si intende, e, tuttavia, credo che questa vicenda che noi stiamo discutendo sia, ovviamente, non soltanto una sollecitazione di carattere retorico, tant'è che lei, nella sua risposta, ha confermato l'istanza dell'interpellanza, dicendo che è bene, è opportuno, è corretto dare corso a questa vicenda. Perché? Perché è evidente che dobbiamo far rispettare la legge, la legge, nient'altro che la legge!

E dunque, lei fa riferimento ad una volontà politica che deve risolversi e decidere se vuole o meno dare corso alla legge. Io ritengo che questo esame e questa risposta dovrebbero anche creare le condizioni perché, negli ambiti delle Commissioni parlamentari, ci sia uno svolgimento rapido. E le dico questo elemento perché il tema non può essere risolto anche in chiave politica con una risposta di ambiguità - purtroppo, per undici anni e da undici anni, i cittadini cintesi attendono, come dire, una risposta - e dico ambiguità perché il rinvio, questo rinvio costante, attiene alla fattispecie che poi genera lo sconcerto e anche la mancanza di fiducia nelle istituzioni. I cittadini si sono espressi e attendono una risposta chiara dalle istituzioni.

E dunque dentro questa risposta, ancorché ne discutiamo soltanto in pochi, è incistata la natura stessa democratica del nostro Paese. È ovvio che si tratta di una natura che porta in campo anche la natura provvisoria dei confini amministrativi, peraltro nel corso di questa legislatura ne abbiamo a lungo parlato, abbiamo realizzato riforme che, in qualche misura, per esempio, tolgono e modificano l'assetto delle province, abbiamo cercato anche con la riforma costituzionale di modificare questi assetti e, dunque, non vi è ragione alcuna per cui l'elemento dei confini venga considerato una proprietà indiscussa delle fattispecie superiori, ma dobbiamo radicarla: lei ha citato e ha detto di “contemperare” - mi pare il verbo più appropriato - le dovute esigenze.

Dunque, nel concludere con soddisfazione il fatto che il Ministero dell'Interno, per suo tramite, riconosca questa istanza, ribadisco il punto: io penso che, al di là del restituire alla comunità di Cinto Caomaggiore il dovuto, qui in gioco ci siano valori più grandi ed è per questo che ritengo che un intervento esplicito, da parte anche del Governo, sulla questione parlamentare sia dovuto in questa fase e mi auguro che lei saprà cogliere quest'occasione per aiutare questo processo, così come giustamente nella sua risposta ha teso a sottolineare.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sul calendario dei lavori dell'Assemblea (ore 10,45)

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo tenutasi nella giornata di ieri, è stato unanimemente convenuto che l'esame in Assemblea della proposta di legge n. 2352 e abbinate - Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di elezione della Camera dei deputati, e al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, in materia di elezione del Senato della Repubblica, previsto dal vigente calendario dei lavori a partire da lunedì 29 maggio, sia differito a lunedì 5 giugno, per lo svolgimento della discussione sulle linee generali.

Si è altresì unanimemente convenuto che il seguito dell'esame del provvedimento, sino alla sua conclusione, avrà luogo nel mese di giugno, secondo l'articolazione che sarà stabilita dalla Conferenza dei presidenti di gruppo in sede di predisposizione del calendario dei lavori per il mese di giugno.

Nella stessa riunione è stato infine unanimemente convenuto che al seguito dell'esame del provvedimento sia applicato il contingentamento dei tempi nel calendario di giugno.

Avverto che, con lettera in data 18 maggio 2017, il presidente della Commissione Affari costituzionali ha comunicato che l'Ufficio di presidenza della Commissione ha concordato in ordine all'esigenza di chiedere il rinvio a lunedì 29 maggio dell'inizio dell'esame in Assemblea della proposta di legge costituzionale n. 56-B, recante “Modifiche allo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol in materia di tutela della minoranza linguistica ladina”, attualmente previsto a partire dal prossimo 22 maggio. Il provvedimento sarà, quindi, iscritto all'ordine del giorno della seduta di lunedì 29 maggio, per lo svolgimento della discussione sulle linee generali dopo gli argomenti già previsti, e, a partire dalla seduta di martedì 30 maggio, per il seguito dell'esame, sempre dopo gli argomenti già previsti.

Avverto, inoltre, che, nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna, saranno pubblicati gli schemi recanti l'organizzazione dei tempi per l'esame del progetto di legge n. 4368, recante: “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario”, e per la discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 4410 ed abbinate, recante: “Istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario”.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 22 maggio 2017, alle 14:

1.  Discussione sulle linee generali del progetto di legge:

S. 2067-1844-2032-176-209-286-299-381-382-384-385-386-387-389-468-581-597-609-614-700-708-709-1008-1113-1456-1587-1681-1682-1683-1684-1693-1713-1824-1905-1921-1922-2103-2295-2457 - D'INIZIATIVA DEL GOVERNO; FERRANTI ed altri; MOLTENI ed altri; D'INIZIATIVA DEI SENATORI: SCILIPOTI e ISGRÒ; TORRISI; MANCONI ed altri; COMPAGNA; BARANI; BARANI; BARANI; BARANI; BARANI; BARANI; BARANI; MARINELLO ed altri; COMPAGNA; CARDIELLO ed altri; CARDIELLO ed altri; CARDIELLO ed altri; BARANI; CASSON ed altri; DE CRISTOFARO ed altri; LO GIUDICE ed altri; CASSON ed altri; LUMIA ed altri; LO GIUDICE ed altri; GIARRUSSO ed altri; GIARRUSSO ed altri; GIARRUSSO ed altri; GIARRUSSO ed altri; GINETTI ed altri; CAMPANELLA ed altri; RICCHIUTI ed altri; BARANI; MUSSINI ed altri; D'ASCOLA ed altri; CAPPELLETTI; GINETTI; BISINELLA ed altri: Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario (Approvato, in un testo unificato, dal Senato). (C. 4368)

Relatori: FERRANTI, per la maggioranza; FERRARESI, di minoranza.

2.  Discussione sulle linee generali della proposta di legge:

S. 624-895-1020-2160-2163-2175-2178-2187-2196-2197-2202-2547-2591 - MARTELLI ed altri; MUSSINI ed altri; DE PIN ed altri; BUEMI ed altri; PAOLO ROMANI ed altri; BONFRISCO ed altri; MARCUCCI ed altri; DE PETRIS ed altri; GIROTTO ed altri; LUCIDI ed altri; TOSATO ed altri; DE PIN ed altri; MOLINARI ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario (Approvata, in un testo unificato, dal Senato). (C. 4410)

e delle abbinate proposte di legge: ARTINI ed altri; NESCI ed altri; MONCHIERO ed altri; GIANLUCA PINI ed altri; BRUNETTA ed altri; PAGLIA ed altri; PRATAVIERA ed altri; ARTINI ed altri; ARTINI ed altri; CARIELLO e PISANO; CIVATI ed altri; SIBILIA ed altri; VILLAROSA ed altri. (1123-3339-3485-3486-3499-3508-3616-3799-3882-4053-4217-4428-4429)

Relatore: BERNARDO.

La seduta termina alle 10,50.