XVII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 801 di lunedì 22 maggio 2017
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI
La seduta comincia alle 14.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 15 maggio 2017.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Baldelli, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Antimo Cesaro, Cimbro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gelli, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Migliore, Orlando, Pes, Pisicchio, Portas, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Tabacci, Velo e Vignali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente ottantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Discussione del progetto di legge: S. 2067-1844-2032-176-209-286-299-381-382-384-385-386-387-389-468-581-597-609-614-700-708-709-1008-1113-1456-1587-1681-1682-1683-1684-1693-1713-1824-1905-1921-1922-2103-2295-2457 - D'iniziativa del Governo; Ferranti ed altri; Molteni ed altri; d'iniziativa dei senatori: Scilipoti Isgrò; Torrisi; Manconi ed altri; Compagna; Barani; Barani; Barani; Barani; Barani; Barani; Barani; Marinello ed altri; Compagna; Cardiello ed altri; Cardiello ed altri; Cardiello ed altri; Barani; Casson ed altri; De Cristofaro ed altri; Lo Giudice ed altri; Casson ed altri; Lumia ed altri; Lo Giudice ed altri; Giarrusso ed altri; Giarrusso ed altri; Giarrusso ed altri; Giarrusso ed altri; Ginetti ed altri; Campanella ed altri; Ricchiuti ed altri; Barani; Mussini ed altri; D'Ascola ed altri; Cappelletti; Ginetti; Bisinella ed altri: Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario (Approvato, in un testo unificato, dal Senato) (A.C. 4368) (ore 14,02).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del progetto di legge, approvato, in un testo unificato, dal Senato n. 4368: Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 19 maggio 2017 (Vedi l'allegato A della seduta del 19 maggio 2017).
(Discussione sulle linee generali – A.C. 4368)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza onorevole Donatella Ferranti, presidente della Commissione giustizia.
DONATELLA FERRANTI, Relatrice per la maggioranza. Grazie, Presidente. Data la complessità del tema, chiedo, fin d'ora, la possibilità di presentare una relazione scritta e, quindi, questo mi consentirà di focalizzare i punti più importanti.
Il provvedimento in esame è il risultato di un approfondito lavoro, che è stato avviato tre anni orsono dalla Camera dei deputati e proseguito al Senato e affonda sostanzialmente le proprie radici nel lavoro di quattro commissioni ministeriali, le “commissioni Riccio, Fiorella, Canzio, Giostra”. Questa precisazione è opportuna perché consente anche di valorizzare il lungo e approfondito lavoro che hanno fatto le commissioni di studio e il Governo nell'approvare il disegno di legge n. 2798, che fu approvato dalla Camera dei deputati il 23 settembre 2015, ma anche dal Parlamento nei suoi due rami, appunto, cioè sia Camera sia Senato.
In realtà, il provvedimento in esame, che è stato approvato dal Senato il 15 marzo 2017, è sostanzialmente il risultato dell'unificazione, in un unico testo, oltre che di proposte di legge d'iniziativa dei senatori, del disegno di legge del Governo n. 2798 e della proposta di legge n. 2150, sempre approvata alla Camera il 24 marzo 2015, riguardante la modifica in materia di prescrizione del reato. Per quanto non si possa applicare il principio della cosiddetta “doppia conforme”, gran parte delle disposizioni contenute nei due testi approvati dalla Camera è stata confermata dal Senato e ne sono state confermate la struttura e la ratio.
Queste considerazioni, oltre che alla completezza del testo in esame, frutto di un approfondimento parlamentare importante effettuato dai due rami del Parlamento, hanno portato la Commissione giustizia a non modificare il testo trasmesso dal Senato. Infatti, qualsiasi modifica, tra l'altro anche minimale, comporterebbe il rischio non solo di allungare i tempi dell'attuazione della riforma ma, addirittura, ne metterebbe a repentaglio la stessa approvazione, in considerazione, da un lato, dei tempi della legislatura, che volge ormai al termine, e del carico dei provvedimenti in materia di giustizia, che sono tuttora in discussione al Senato. Ricordo anche all'Aula che l'approvazione di questo provvedimento è stato inserita nel DEF 2017 tra i provvedimenti considerati strategici per la crescita del Paese.
Sicuramente alcuni punti potranno essere oggetto di ulteriori riflessioni in un futuro e, dato che in questa riforma sono previste anche alcune deleghe che dovranno essere attuate dal Governo, alcune specificazioni ulteriori, rispetto a principi che sono stati adeguatamente indicati nel testo, potranno essere offerte anche da indicazioni che verranno da ordini del giorno e questo sempre per indirizzare il Governo nell'attuazione delle deleghe che toccano temi importanti per il funzionamento della giustizia. Mi riferisco in particolare - come esempio che potrebbe essere soddisfatto attraverso un ordine del giorno - a quella che è l'osservazione della Commissione affari sociali nel suo parere favorevole appunto con osservazione.
E su questo punto, che riguarda, in particolare, le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, le REMS, nella relazione, che depositerò agli atti dell'Aula, ho speso parole di ulteriore approfondimento del tema. A proposito dei pareri espressi in sede consultiva, ricordo che tutte le altre Commissioni competenti, Affare costituzionali, Bilancio, Cultura, Ambiente, Trasporti e Politiche dell'Unione europea, hanno espresso parere favorevole senza alcuna osservazione o condizione.
Dicevo prima che questo provvedimento legislativo tocca vari aspetti della giustizia penale, sia con riferimento al diritto penale sostanziale sia al diritto penale processuale sia all'ordinamento penitenziario. Prima di soffermarmi su alcuni punti che ritengo più significativi, faccio un'illustrazione molto veloce proprio per far capire quali sono questi temi di particolare rilevanza: la giustizia riparativa, una particolare attenzione per i reati contro il patrimonio, la riforma della prescrizione, che ci è chiesta ripetutamente anche da vari organismi europei tra cui l'OCSE, che sta mettendo in mora e monitorando l'Italia proprio nell'attuazione di questa riforma. Il provvedimento, poi, incide ed avrà ad oggetto anche la disciplina delle misure di sicurezza, attraverso la rivisitazione del regime di doppio binario e del casellario giudiziale. Non solo: poiché lo scopo è anche quello di velocizzare, di razionalizzare e di garantire la durata ragionevole del processo, il provvedimento va anche a disciplinare, in maniera più efficace, il sistema delle impugnazioni; inoltre, interviene sull'incapacità irreversibile dell'imputato a partecipare al processo, sui tempi di chiusura delle indagini preliminari, sul procedimento di archiviazione, sui riti speciali, sull'udienza preliminare, sull'istruzione dibattimentale e sulla struttura della sentenza di merito, sulla semplificazione, come dicevo, dell'impugnazione e sulla rivisitazione della disciplina dei procedimenti a distanza. Poi, conferisce delle deleghe specifiche in materia di pubblicabilità di intercettazioni telefoniche e di conversazioni captate nell'ambito delle indagini e, inoltre, ha una particolare attenzione - sempre la delega - alla disciplina delle operazioni effettuate mediante immissioni di captatori informatici, il cosiddetto “Trojan”, che saranno limitati ai reati più gravi di criminalità organizzata.
E poi c'è - non ultima in materia di importanza, ma soltanto in ordine cronologico - la riforma dell'ordinamento penitenziario, attraverso, tra l'altro, la revisione dei presupposti di accesso alle misure alternative e ai benefici penitenziari, l'incremento del lavoro carcerario, la previsione di specifici interventi in favore delle donne recluse, delle detenute madri e dei minori detenuti. Inoltre, c'è una specifica norma, che è stata introdotta proprio al Senato, riguardante la razionalizzazione e, quindi, l'unificazione e la ristrutturazione, a livello nazionale, delle spese relative alle intercettazioni.
Quindi, questo è il panorama di una riforma che guarda a varie tematiche importanti e su alcune delle quali, come, ad esempio quella relativa alla giustizia riparativa, si conclude o, meglio, si continua un percorso che è stato avviato in questa legislatura. In questo provvedimento è prevista l'estinzione dei reati puniti a querela - quindi, dove la querela è rimettibile - a seguito del risarcimento integrale, della riparazione e dell'eliminazione delle conseguenze (quindi, laddove vi sia il risarcimento del danno). Si tratta di solito di reati puniti con pene non elevate, reati cosiddetti “minori”, che però hanno una notevole rilevanza nel contesto sociale.
Per questi reati - così come abbiamo già fatto con la legge n. 67 del 2014, relativa alla messa alla prova, e con l'archiviazione per la tenuità dell'offesa - con questa ulteriore riforma noi andiamo verso l'attuazione della giustizia riparativa, operando, quindi, una riconciliazione tra chi ha commesso il reato e la persona offesa, con la possibilità di ricucire i rapporti. Ci si avvia verso l'attuazione della cosiddetta mediazione penale, dove, quindi, anche la persona offesa, che non ha un potere di veto, ha diritto ad essere ascoltata e vedrà soddisfatte le proprie ragioni attraverso la restituzione del maltolto e, comunque, il risarcimento integrale del danno. È un momento non di abdicazione della giustizia, ma è un momento di ricomposizione importante dei conflitti sociali, proprio perché sono reati che normalmente sono puniti con pene così basse che, poi, o si prescrivono o vengono irrogate in misura così ridotta che, molte volte, non riescono ad avere nemmeno quella funzione penale preventiva a cui mira il diritto penale.
E, allora, ecco che per questa fascia di reati già soggetti a querele ed ulteriori reati - che in base alla delega dovranno essere trasformati come perseguibili a querela - per questa fascia di minor rilievo, di minore disvalore sociale è previsto e viene introdotto finalmente un percorso di recupero, che, però, non è assenza dello Stato, ma è azione positiva, è il riconoscimento di un'azione positiva dell'imputato da cui deriva l'estinzione del reato.
L'altro aspetto molto importante della riforma è quello che attiene alla riforma della prescrizione: noi sappiamo come la “ex Cirielli” abbia creato, dal 2005, numerosi problemi riguardanti proprio l'estinzione per prescrizione di fattispecie gravi di delitti che dovevano essere perseguiti. I processi sono iniziati, ma durante la fase dell'appello, o in Cassazione questi processi si sono poi prescritti. Che cosa ha fatto il legislatore in questi anni? Ha cercato, con degli interventi molte volte dettati dall'emergenza, di aumentare le pene, di raddoppiare i tempi di prescrizione per alcuni reati particolarmente odiosi, reati ambientali, reati di violenza sessuale, omicidio stradale, ma quella non è la strada adeguata, non è quella la strada più incisiva.
Siamo stati anche richiamati dalle numerose raccomandazioni degli organismi europei, ad esempio, dal gruppo Greco del Consiglio d'Europa, dall'OCSE, dalla CEDU: il sistema italiano, che vede correre avanti il tempo della prescrizione per l'estinzione del reato quando non c'è un oblio dello Stato, perché lo Stato sta lavorando, si sta impegnando e sta svolgendo i processi, questo sistema doveva essere cambiato, doveva essere riformato, sempre tenendo presente, però, quali sono i punti di riferimento, cioè il fatto che i tempi del processo devono essere tempi adeguati, tempi prevedibili, tempi ragionevoli. Non si può ritenere che un processo duri una vita.
E, allora, questa riforma, che nasce, come dicevo prima, da un'elaborazione di studio di una commissione, la commissione presieduta dal professor Fiorella, che è stata oggetto del disegno governativo varato dal Governo Renzi del 30 agosto 2014, che poi è stata oggetto di ulteriori proposte di iniziativa parlamentare, che sono state poi approvate alla Camera, ecco, questa riforma prevede una soluzione equilibrata, che, da un lato, mantiene l'impostazione di tempi massimi di prescrizione, che sono individuati dalla pena massima del reato aumentata fino a un quarto o fino alla metà, a seconda della gravità del reato (a parte i reati imprescrittibili, come omicidio, strage ed altro), dall'altro lato, interviene, ma prevedendo delle cause di sospensione che consentono allo Stato, dopo che c'è stata una sentenza di condanna di primo grado o di secondo grado, di avere un tempo a disposizione fino a un anno e mezzo per svolgere il processo di secondo grado e/o di terzo grado.
Ci si è chiesti: perché sospendere i tempi soltanto quando c'è una sentenza di condanna? Perché la prescrizione si basa sul diritto all'oblio ed è assolutamente irragionevole che ci sia un diritto all'oblio dello Stato nel momento in cui c'è una sentenza di condanna, perché la sentenza di condanna, sia pur non definitiva, vuol dire che lo Stato ha interesse all'accertamento della pretesa punitiva.
Ovviamente, ci sono dei meccanismi per cui, se quello stesso imputato nel secondo grado verrà assolto, si recuperano i tempi che sono stati nel frattempo sospesi. Questo sistema viene poi bilanciato, signor Presidente, signori colleghi, da un'altra riforma molto importante, una riforma che prevede tempi certi e prevedibili della chiusura della fase delle indagini. Da un lato, si lavora sul fatto che, quando c'è una notizia di reato, deve essere tempestivamente iscritta e il procuratore della Repubblica e il procuratore generale devono svolgere un'attività di vigilanza sulla regolarità dell'iscrizione, quindi evitando arbitri e, magari, non iscrizioni per far decorrere più avanti i tempi delle indagini, dall'altro, si è posto un termine per i pubblici ministeri che, chiuse le indagini, effettuate tutte le notifiche, hanno un tempo massimo di tre mesi, prorogabile fino a un massimo di sei - quindici mesi, addirittura, per i reati di mafia -, per chiudere la fase dell'indagine e richiedere l'archiviazione o il rinvio a giudizio. Le audizioni che sono state svolte in Commissione, le ricerche che ha fatto anche il Ministero hanno evidenziato come molte volte i processi arrivino al dibattimento quando già si è consumato parte del tempo necessario alla prescrizione.
Questo va evitato perché il processo si deve celebrare in dibattimento, quelle sono le fasi di controllo del giudice, di controllo da parte del giudice dell'operato della pubblica accusa e anche delle possibilità di far valere le pretese dell'imputato, delle persone offese, delle parti private.
L'insieme di questa riforma che riguarda i tempi, le modalità, le fasi anche dell'impugnazione mira, da un lato, a consentire che la macchina giudiziaria non si metta in moto in maniera inutile, che calibri la sua possibilità di intervento e di incisività, sul versante della politica criminale; che nei confronti dei fatti di minore rilievo e disvalore sociale ci sia un volto mite dello Stato, che aiuti a ricomporre il conflitto sociale, mentre nei confronti dei fatti gravi, dei reati gravi, di allarme sociale, che minano anche il sistema democratico, ci sia uno Stato rigoroso, prevedibile nei tempi, dove gli abusi non siano concessi. Presidente, né gli abusi nell'allungamento dei tempi di indagine attraverso regole o prassi non ortodosse, né, d'altro lato, attraverso anche l'abuso del sistema delle impugnazioni, che ingolfa il secondo e il terzo grado, che impedisce al giudice di appello di fare il proprio ruolo, alla Cassazione di svolgere la funzione di nomofilachia. Ecco perché noi parliamo della riforma di sistema, ecco perché noi insistiamo sulla necessità che questa riforma entri in vigore e che sia attuata attraverso i decreti legislativi che dovranno dare corpo ad alcune parti della riforma. Alcune sono norme immediatamente precettive, altre sono norme che devono essere attuate.
Tra le norme che devono essere attuate con delega c'è la riforma dell'ordinamento penitenziario e c'è la delega che riguarda la pubblicabilità delle intercettazioni telefoniche. In questi giorni se ne è parlato molto, si è detto che questa riforma non è sostanzialmente utile a nessuno, perché, in realtà, la legge già c'è, i presupposti già ci sono, basta applicarli. E, allora, se è vero che tante norme ci sono ma che vengono violate reiteratamente, vuol dire che l'intervento del legislatore è opportuno, direi necessario, rispetto a prassi che hanno portato una disapplicazione di alcune norme, ad esempio l'udienza stralcio.
L'udienza stralcio è prevista nel codice di procedura penale, per quanto riguarda la trascrizione e l'individuazione delle conversazioni rilevanti, ma non ci sono dei paletti evidentemente processuali sanzionatori tali da far sì che poi questa udienza stralcio sia veramente il momento di individuazione delle conversazioni rilevanti e dello stralcio - perché si chiama così - delle conversazioni manifestamente irrilevanti. In questa delega, i cui principi sono stati ulteriormente arricchiti dall'esame del Senato, si danno delle direttive, che non vogliono impedire la conoscibilità dei fatti di rilievo penale. Anzi, c'è una cosa molto importante, che è stata inserita al Senato, che è un po' di chiusura, dove si dice che la delega sulla pubblicabilità delle intercettazioni telefoniche dovrà essere esercitata tenendo conto dei principi della CEDU in materia di libertà di informazione, di diritto/dovere di cronaca. Quindi, una norma di chiusura, signor Presidente, che è un momento di civiltà, ma che, d'altro canto, avrà bisogno dei tempi necessari per essere approvata ed essere, quindi, esercitata. Per questo, da relatrice, ribadisco l'importanza di chiudere senza ulteriori modifiche questo percorso di riforma, durato ben tre anni, che credo sia un vero passo avanti verso una giustizia per i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Ferraresi.
VITTORIO FERRARESI, Relatore di minoranza. Presidente, mi rimetto interamente alla relazione scritta che abbiamo già depositato, quindi riservo il mio tempo per eventuali approfondimenti sui pareri agli emendamenti o altri interventi.
PRESIDENTE. Molto bene. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo: prendo atto che si riserva di farlo nel prosieguo del dibattito.
È iscritto a parlare l'onorevole Verini. Ne ha facoltà.
WALTER VERINI. Presidente, credo che già la relazione della relatrice per la maggioranza, presidente Ferranti, abbia motivato compiutamente le ragioni per le quali siamo in dirittura d'arrivo per l'approvazione definitiva di un provvedimento di notevole valore: un valore di sistema, come è stato ricordato. La relazione ha rammentato, enucleato, quelli che sono i punti fondamentali di questo provvedimento, che potrà davvero rappresentare un contributo importante, da un lato, per irrobustire alcuni aspetti del processo penale, semplificando alcuni di questi, lavorando per irrobustire la parte della giustizia riparativa; ma, oltre a queste questioni, ritengo che questo provvedimento si inquadri in un'azione che, negli ultimi quattro anni (per una parte durante il Governo presieduto da Letta e, per la parte più rilevante, nei tre anni del Governo presieduto da Matteo Renzi, con il Guardasigilli Orlando), ha cercato, nel campo della giustizia, di introdurre delle riforme e dei cambiamenti che hanno, nel modo, nel contenuto e nel merito, voltato pagina rispetto a quanto accaduto negli anni precedenti.
Presidente, voglio sottolineare questo aspetto, perché non è solo un aspetto quantitativo, però giova ricordarlo. Questa Camera ha prodotto, dato 100 il numero delle leggi approvate dall'Aula, quasi il 35 per cento di provvedimenti legati al tema della giustizia. Qui non c'è soltanto una straordinaria capacità di lavoro dell'Aula, della Commissione giustizia, in particolare della presidente, c'è anche il fatto che questo Parlamento, nel rispetto delle reciproche posizioni, in questi anni ha raccolto quello che veniva dal Paese, quello che veniva da molte componenti della giurisdizione, ma direi dalle forze sociali, cioè il tema dell'emergenza della riforma della giustizia, civile innanzitutto e penale.
Quindi, non è soltanto un fatto quantitativo, l'approvazione di tutta questa mole di provvedimenti, ma è proprio una scelta politica di qualità. Adesso non è il caso di ricordare qui tutte le norme che sono state licenziate, molte delle quali sono diventate legge, mentre altre sono ancora all'esame - diciamo così - del Senato, tuttavia soltanto chi non ha obiettività non ricorda e non sottolinea come questo lavoro abbia prodotto dei risultati significativi. E questa riforma del processo penale, per le motivazioni ricordate nella relazione, ma anche per altre questioni, è un po', in qualche modo, un punto di arrivo, anche se noi non ci rassegniamo al fatto che alcuni provvedimenti che sono al Senato - penso alla riforma del civile - possano vedere la luce, sia pure in una legislatura che è comunque in dirittura d'arrivo.
Però, questo è davvero un provvedimento importante, e voglio risottolineare quello che io ritengo: perché dico che si è voltato pagina? Perché tutti questi provvedimenti, o venuti dal Governo in questi anni o di origine parlamentare, sono stati fatti con l'ambizione, la voglia, anche l'umiltà, per certi aspetti, di voler fare riforme di sistema e non riforme contro o a favore di qualcuno, e in questo senso parlo di voltare pagina. Ci siamo riusciti: non abbiamo fatto né norme ad personam né norme contrapersonam o norme a favore di qualcuno o di categorie. Siamo stati in grado anche di fare dei provvedimenti che non hanno certamente - come è naturale che sia - avuto l'unanimità, non solo in quest'Aula ma anche fuori da quest'Aula. Penso che abbiamo fatto delle riforme che magari non erano la priorità per certi ambienti della magistratura, tuttavia, per esempio, la riforma della legge “Vassalli”, sulla responsabilità civile, che ha significato però evitare di mettere una pressione e di ingerirsi sull'autonomia e l'indipendenza della magistratura, è stata una riforma che ha fatto questo Parlamento, così pure la Camera ha licenziato la riforma sul rapporto tra magistrati, sull'ingresso nelle istituzioni e il rientro in magistratura, mettendo dei paletti che magari non sono stati graditi da tutti.
Insomma, abbiamo legiferato tenendo presente quello che, a nostro giudizio, è l'interesse generale e non l'interesse di una parte, di una componente. In questo senso, anche alcune riserve, alcune perplessità che abbiamo letto e che ci sono state nei confronti di aspetti di questo provvedimento, secondo me sono comprensibili, però, francamente, anche recentemente abbiamo letto di incontri che sono stati fatti con il nuovo vertice dell'Associazione nazionale magistrati e il Ministro, e sono state date ampie garanzie circa la possibilità, per esempio, per le parti che richiedono l'esercizio della delega, di lavorare a stretto contatto con tutte le componenti della giurisdizione, sia nella scrittura sia in un'azione di monitoraggio, perché così fa un Governo, così fa un Parlamento e così si lavora nell'interesse di qualcosa che non è un interesse di parte ma un interesse più generale.
Quindi anch'io, davvero, per questi motivi, auspico una rapida approvazione, perché la parte di riforma del processo penale - lo ha ricordato bene la presidente Ferranti - offre quelle opportunità: la parte relativa all'ordinamento penitenziario, che di fatto attua quanto emerso dagli Stati generali dell'esecuzione penale, che è un punto rilevantissimo anche dal punto di vista culturale e della cultura civile di questo Paese, penso che sia un'occasione da non perdere.
Sarebbe imperdonabile se, per qualsiasi motivo, questa riforma andasse su un binario morto; per me, per il complesso, ma se penso soltanto al fatto che non si possa perdere un minuto di più per intervenire sull'emergenza carceraria, per far sì, davvero, che le carceri siano non un'afflizione permanente, ma una pena tesa al recupero e tesa al reinserimento, che significa anche investire in sicurezza, perché le recidive, quando un detenuto esce, evidentemente, sono rarefatte, beh, allora, io penso che anche per questi motivi noi dobbiamo lavorare in un dialogo tra tutti, come è sempre avvenuto, anche all'interno della maggioranza.
Tra l'altro, quando la Camera licenziò questo provvedimento, ricordo che, su un tema caldo come quello della prescrizione, noi tenemmo, nel combinato disposto tra aumento della prescrizione e aumento delle pene per certi reati, un'asticella sufficientemente alta, che io personalmente condividevo, ma non è qui il caso delle opinioni personali; al Senato c'è stato un approfondimento, come è giusto che sia; tra l'altro siamo ancora in un sistema bicamerale, e su questo punto delicato c'è stata una ulteriore sintesi trovata in Commissione giustizia, tra tutte le componenti della maggioranza. Quindi, io penso che quel lavoro, necessario - perché non si può usare la clava per imporre provvedimenti -, già ha sconosciuto, prima nella prima lettura e poi nella seconda lettura del Senato, dei punti significativi che mi auguro possano, nei prossimi giorni, nel confronto che avremo, portare a una condivisione davvero convinta e serena, io mi auguro di tutto il Parlamento, ma, in particolare, di tutte le forze della maggioranza.
Sulla prescrizione, voglio dire una cosa; l'obiettivo non è una prescrizione lunga, perché l'obiettivo di un Paese civile è la durata ragionevole dei processi, questo è del tutto evidente e tuttavia, però, noi non possiamo ignorare che per certi tipi di reati - è stato fatto l'esempio di un provvedimento che abbiamo licenziato ormai più di un anno fa, quello che riguarda i reati ambientali - spesso gli effetti di quei reati si manifestano, si scoprono molti anni dopo. Quindi, è stato anche per questo che abbiamo allungato di molto gli anni di prescrizione per quei tipi di reati; per quanto riguarda i reati di corruzione, per esempio, è naturale che per la natura pattizia di quei reati ci sia un interesse delle parti a non far scoprire il reato di corruzione tra corrotto e corruttore, quindi, è possibile, è quasi sicuro che quel tipo di reato, quando e se si scopre, si scopre anni dopo che è stato commesso e, quindi, molto spesso, non arriva neppure al primo grado di giudizio, perché la prescrizione scatta prima. Ed è per questo che, per esempio, il nostro partito, attraverso il suo segretario aveva, giustamente, io condivido molto questa cosa, detto che dobbiamo, per certi tipi di reati, come quello legato alla corruzione, arrivare al raddoppio dell'attuale meccanismo. Mi pare che con quanto raggiunto al Senato noi ci siamo a quel livello lì di obiettivo, che possa essere un obiettivo condiviso da tutti. Io ho apprezzato, quando si arrivò a quel punto di caduta, anche le parole di magistrati impegnati nella lotta alla corruzione, penso al presidente Cantone, che espresse un giudizio positivo sul punto di caduta raggiunto, giudicato uno strumento utile per evitare la prescrizione a go-go, che è uno dei motivi per cui, diciamolo, molto spesso, i processi ai cosiddetti colletti bianchi non vedono un esito. Cosa che fa, tra l'altro, perdere credibilità.
Mi avvio a concludere, Presidente. Un altro punto delicato, di questi giorni, su cui io credo che sia giusto, anche come gruppo del Partito Democratico, non glissare, riguarda il tema delle intercettazioni. Mi fa piacere che, qui, insieme al sottosegretario Ferri, ci sia la presenza del Ministro Orlando, le cui parole reiteratamente abbiamo apprezzato su questo tema delicato.
Io voglio ricordare che, già nel 2008, il Partito Democratico, che era nato da poco, quando si presentò per la prima volta alle elezioni, nel programma elettorale - non che lo inventò il Partito Democratico questo tema, però c'era già agli albori del PD - aveva scritto che, se fosse andato al Governo, e comunque in sede parlamentare - ferma restando l'intangibilità dello strumento delle intercettazioni come strumento di indagine, anzi rafforzando, semmai, questo strumento - avrebbe lavorato per tenere insieme due principi costituzionali: il principio del diritto all'informazione, perché è giusto che sia così, con quello alla privacy. In buona sostanza, per evitare la pubblicabilità, ma senza, anche qui, chissà quali pene o bavagli, di intercettazioni di nessuna rilevanza penale o di contesto. Questo punto fa parte del DNA civile del Partito Democratico, non è una cosa di adesso e credo che nell'esercizio della delega - in questo senso, dicevo di apprezzare alcune cose che ho sentito dal Ministro, più volte - si terrà conto di questo. Noi vorremmo che, davvero, il nostro fosse un Paese nel quale le intercettazioni che hanno un senso penale, una rilevanza penale possano essere pubblicate, ma quelle che non hanno alcun rilievo… altrimenti sì, lo ripeto, altrimenti c'è il rischio - lo dico con una banale espressione che viene usata - di praticare quella gogna mediatica.
Aggiungo che io sono particolarmente favorevole all'ipotesi che questa scrittura della delega possa vedere coinvolte in consultazione tutte le componenti, la magistratura; le circolari di alcune importanti procure, Napoli, Torino, Roma hanno già indicato una strada significativa per poter costruire una cornice importante in questo senso, ma al tempo stesso io ritengo che anche il mondo dell'informazione debba essere coinvolto. Non è questa la sede, ma lo voglio dire. Io parlo anche da giornalista, sono particolarmente sensibile al fatto che nessuno può impedire alla stampa di fare il suo mestiere e, tuttavia, un elemento di riflessione, secondo me, c'è e non riguarda soltanto le intercettazioni, ma riguarda un po' il modo in cui noi, a volte, presentiamo determinate notizie. Che cosa intendo dire? Intendo dire questo: se arriva un avviso di garanzia, che è un atto a tutela di un indagato, beh se un giornale pubblica quell'avviso di garanzia a sette colonne, di fatto, quello che è lo strumento a garanzia dell'indagato diventa una sentenza di colpevolezza; quando accade, poi, magari, che lo stesso indagato venga archiviato o assolto se va a processo, quello stesso giornale che aveva sbattuto in prima pagina, con quell'evidenza, quel caso, magari di una personalità pubblica o di un cittadino normale, mette in sedicesima pagina, con un titolo a una colonna e mezzo, la notizia dell'archiviazione. Io credo che questo sia un modo radicalmente sbagliato, poco civile di usare l'informazione. Significa “bavaglio” questo o non è un tema sul quale dobbiamo interrogarci civilmente, tutti, e serenamente, tutti? Quindi, io penso che bisognerà coinvolgere anche il mondo dell'informazione, da protagonista, con la Federazione della stampa, l'Ordine dei giornalisti, perché è un tema su cui dobbiamo assolutamente riflettere.
Così come, e chiudo, Presidente, noi dobbiamo riflettere anche su vicende di questi giorni. Io continuo a pensare che in questo Paese il problema fondamentale riguardi, per esempio, il tema della corruzione, non solo dal punto di vista etico, dal punto di vista morale, ma anche dal punto di vista economico, perché, è noto, lo dicono molti dati - qualche istituto, anche europeo, calcola dai 70 ai 120 i miliardi - che la corruzione costa molto a questo Paese. Bene, se riuscissimo a debellare la corruzione, e non solo con il contrasto, ma anche con la prevenzione, anche con le riforme e la semplificazione, cosa che stiamo provando a fare da qualche anno, beh, certamente, oltre che dare un contributo etico alla coscienza civile di questo Paese, noi daremmo anche un contributo economico, finanziario, daremmo anche un messaggio all'Europa, agli investitori, di un Paese nel quale le regole sono l'agire quotidiano di tutti.
Stabilito questo è evidente che noi dobbiamo chiedere a tutti di fare onestamente, correttamente, secondo le regole, la propria parte e chi, innanzitutto, la deve fare se non la magistratura?
Io sono convinto che, nell'insieme, il mondo della magistratura risponda a queste caratteristiche e, tuttavia, alcune vicende che abbiamo visto anche nei giorni scorsi chiedono questo alla stessa magistratura. La politica può dire la sua opinione, ma non è la politica che deve colpire l'indipendenza della magistratura: è evidente che qualcosa di opaco c'è stato nell'uso delle intercettazioni, nella diffusione delle intercettazioni, soprattutto quelle effettuate dal NOE di Napoli.
So che c'è un'inchiesta del CSM, so che lo stesso Ministero è al lavoro per capire quello che può essere successo. Noi siamo fiduciosi, perché è giusto che si capisca se c'è stato un errore, se c'è stato un dolo o una colpa, qualsiasi cosa, ma il Paese ha bisogno di sapere, perché noi abbiamo visto delle intercettazioni che hanno riguardato alte cariche dello Stato e del Governo e che sono state sbattute, sbagliate, sui giornali.
Aggiungo anche, come è stato detto, che sono state pubblicate intercettazioni che hanno violato il segreto investigativo. Anche su questo, è interesse dello Stato, della stessa magistratura andare fino in fondo, per ottenere chiarezza. Questo vale erga omnes e se qualche volta, anche noi, come Sinistra, in passato, non abbiamo troppo accentuato questo rigore o questa critica, abbiamo sbagliato. Oggi è giusto riconoscerlo, ma è anche giusto dire che dobbiamo capire che non è il problema della magistratura, ma semmai di alcuni uffici che hanno un comportamento, probabilmente, un po' troppo disinvolto e un po' troppo tendente alla ricaduta mediatica delle proprie inchieste.
Ho finito, Presidente, ci sarebbero molte altre cose da dire. Quello che, però, intendevo dire è che, nell'insieme, questo è un provvedimento che può davvero migliorare questo Paese nella sua applicazione monitorata; se, poi, ci sarà da correggere, futuri Parlamenti, futuri Governi lo faranno, però penso che sarebbe davvero un'occasione perduta per quei motivi che ho cercato di dire: perché fa fare un salto di qualità al sistema, non favorisce una parte o l'altra. Per questi motivi, io credo che il seguito della discussione - oltre quella di oggi, ma anche quella pubblica oltre quest'Aula - potrà essere fatto, mi auguro, davvero con assoluta serenità, ma anche con assoluta convinzione di condurre un provvedimento utile all'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Grazie, Presidente. In ordine a questo provvedimento si è parlato, almeno sulla stampa, quasi esclusivamente della riforma della disciplina delle intercettazioni: allora, nei limiti di tempo che ho, mi soffermerò sul resto che, in parte, non è né buono né poco. Doveva essere, infatti, una complessa riforma epocale. Due anni e mezzo dopo la sua presentazione e un anno e mezzo di giacenza al Senato, possiamo dire che una funzione l'ha certamente avuta: bloccare o ritardare l'attività parlamentare su numerose questioni.
In prima lettura, in quest'Aula, a settembre 2015, l'avevamo definito un caravanserraglio sul quale, già allora, era salito di tutto: a cominciare dall'aumento dei minimi e dei massimi edittali in ordine ad alcuni reati, che ha pure efficacia propagandistica, perché, come abbiamo più volte denunciato, non ne ha alcuna nella realtà e in letteratura sulla frequenza dei reati stessi. Alla domanda “sei favorevole o contrario ad aumentare le pene per il furto, la rapina, lo scambio elettorale politico-mafioso?”, quasi tutti risponderemmo di sì, tranne, ovviamente, il ladro, il rapinatore, il politico e il mafioso, categorie che - rilevo incidentalmente - hanno anche storicamente dimostrato una certa osmosi in questo Paese. Ma se mostrassimo insieme alla domanda anche i risultati dei precedenti aumenti di pena o quelli dell'istituzione del nuovo reato, immagino che il coro unanime si romperebbe di fronte alla palese inefficacia dimostrata dai numeri.
Siamo sulla solita strada sbagliata: la riforma sarà epocale, ma dal passato non ha imparato molto. Un istituto di diritto sostanziale, quello della prescrizione, è stato additato come il principale nemico del servizio giustizia, dimenticando che il 75 per cento delle prescrizioni avvengono in fase di indagini preliminari, ove l'orrida azione dilatoria dell'avvocato nulla può.
Gli abbiamo attribuito tutte le nefandezze. Sia chiaro che noi, Sinistra Italiana, siamo favorevoli ai meccanismi che ampliano i termini di prescrizione per alcune tipologie di reato - di corruzione o ambientali, ad esempio -, ma l'operazione in questo provvedimento è molto diversa. Si modificano i termini di prescrizione per tutti, delitti o contravvenzioni che siano, fino a tre anni in più di durata del processo. Cosa abbia di ragionevole questa riforma non è dato sapere su questo punto specifico, se rimaniamo alla logica. Ma se guardiamo alla giustizia come ad un autobus di linea con il motore scassato, capiamo che, invece di ripararlo - operazione assai costosa -, si sia preferito allungargli i tempi di percorrenza, operazione apparentemente meno costosa per lo Stato; ma quale sia l'interesse dello Stato e quello delle vittime a sentenziare in via definitiva un taccheggio dieci anni dopo i fatti è domanda a cui io, personalmente, non so rispondere. L'articolo 6 della CEDU sancisce il diritto dell'accusato ad essere giudicato in tempi ragionevoli: mi sembra che stiamo palesemente legiferando fuori da quel perimetro. Rilevo incidentalmente che riformare il testo unico sugli stupefacenti avrebbe avuto effetti assai più profondi e duraturi sull'intero sistema della giustizia.
Le Camere penali hanno giustamente puntato il dito contro l'estensione del cosiddetto processo a distanza a tutti i processi con detenuti, compresi alcuni processi in sede civile. Una logica industriale del processo schiaccia il diritto al contraddittorio nella fase fondamentale di formazione della prova nel dibattimento. È il classico esempio di quello che abbiamo sempre denunciato: la norma emergenziale è un cancro che tende ad invadere altri campi, a guadagnare terreno. Qui siamo ad una misura eccezionale del 1998 per procedimenti di mafia che diventa la normalità.
Abbiamo salutato come passaggio epocale il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari verso strutture diverse, le cosiddette REMS: nella riforma, purtroppo, torna il rischio di quei “mini OPG” che erano stati paventati. A mezzo di un emendamento il Senato prevede la possibilità di disporre il ricovero di detenuti nelle carceri con sopravvenuta infermità mentale o in osservazione psichiatrica. È la fine della filosofia e delle funzioni che le REMS rappresentavano. Era meglio spacchettare il provvedimento e legiferare distintamente, secondo noi: tre anni fa si poteva tranquillamente fare, ma una sorta di megalomania si è impadronita del Governo.
Il risultato a noi non sembra particolarmente buono: qualche luce e molte ombre, rese ancor più buie dall'impossibilità di cambiare in questa sede financo le virgole; pieno di deleghe al Governo e del “sistemare dopo”, si dice. Ma si può legiferare così? Secondo noi, ovviamente, no.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Giammanco. Ne ha facoltà.
GABRIELLA GIAMMANCO. Grazie, Presidente. Il provvedimento in discussione persegue l'obiettivo di introdurre una serie di modifiche all'ordinamento penale sotto il duplice profilo sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario.
Nello specifico, sul piano del diritto sostanziale, oltre all'introduzione di una nuova causa di estinzione dei reati perseguibili a querela a seguito di condotte riparatorie, il progetto di legge interviene anche sulla disciplina di alcuni reati, in particolare contro il patrimonio, inasprendone il quadro sanzionatorio. Particolarmente incisiva appare, poi, la modifica alla disciplina della prescrizione, nonché la previsione di deleghe al Governo per procedere alla riforma della disciplina delle intercettazioni.
Seppure il progetto di legge in discussione rappresenti un importante tentativo di razionalizzazione dell'intero sistema, esso contiene una serie di criticità, già in parte sollevate al Senato, ma del tutto insabbiate a causa del voto di fiducia imposto per l'ennesima volta da questo Governo sul provvedimento, che riteniamo necessario porre all'attenzione dell'Aula, auspicando che si possa finalmente procedere alle necessarie modifiche del testo.
L'analisi della disciplina della prescrizione, prevista nei commi che vanno dal 10 al 15 e i cui termini sono stati oggetto di alcune modifiche, ci impone di sottolineare la nostra contrarietà a tali norme in quanto riteniamo, come numerosi studiosi e operatori del diritto, che l'introduzione di un regime di sospensione della prescrizione, così come delineata nel progetto di legge, finirebbe inevitabilmente con il comportare un conseguente allungamento dei tempi del processo, violandone in tal modo il principio della ragionevole durata.
Il tema della prescrizione si incrocia inoltre, inevitabilmente, con il diritto alla difesa costituzionalmente garantito, caratteristica di uno Stato liberale che, in tal senso, deve garantire ogni cittadino si trovi ad avere a che fare con problemi giudiziari. Secondo la nostra Carta costituzionale tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, per l'articolo 3, e hanno diritto a un giusto processo la cui durata deve essere appunto ragionevole, per l'articolo 111. Riscontriamo quindi un tasso di incostituzionalità piuttosto elevato nel provvedimento in discussione che, come tutti i provvedimenti in materia di giustizia posti all'attenzione del Parlamento durante questa legislatura, è il prodotto di spinte ideologiche ancora troppo radicate in certa sinistra. Solo per riportare i due esempi eclatanti in tal senso: non abbiamo certamente condiviso l'iniziativa legislativa relativa alla responsabilità civile dei magistrati e nemmeno quella relativa al ricollocamento dei magistrati a seguito di esperienze politiche. Di fatto, si tratta di due provvedimenti blandi, per niente incisivi, che lasceranno le cose come stanno, e non garantiranno certo ai cittadini processi giusti, equi e che durino un tempo ragionevole.
Noi non siamo favorevoli insomma al principio del “fine processo mai”. Si sarebbe dovuto lavorare invece nella direzione di una maggiore responsabilizzazione dei giudici e su una migliore e più efficiente organizzazione della macchina giudiziaria, cosa che non è stata fatta. Queste norme, in materia di prescrizione, allungheranno di parecchio i tempi del processo, colpiranno i cittadini, ma scoraggeranno anche le imprese che vogliono o che pensano di volere investire in Italia, così come quelle che nel nostro Paese già operano quotidianamente. In uno Stato di diritto non è concepibile garantire le prerogative dei cittadini mediante l'allungamento dei tempi di prescrizione. I diritti dei cittadini si garantiscono grazie alla celebrazione di processi dai tempi più rapidi, si garantisce giustizia soprattutto grazie alla rapidità e all'efficienza della macchina giudiziaria, per esempio mediante il rientro di decine di magistrati fuori ruolo. Combattere ogni genere di crimine non significa che i cittadini debbano attendere in eterno la fine di un processo. La lentezza e l'inefficienza della giustizia non può e non deve ricadere sui cittadini italiani.
Forza Italia ritiene che il Governo affronti il problema dal verso sbagliato: si devono velocizzare i tempi anziché allungarli. Il Governo non può far pagare appunto ai cittadini le inefficienze dello Stato. Anche l'Europa ci chiede una ragionevole durata dei processi e una giustizia più veloce. Nel nostro Paese la giustizia viene resa con grande ritardo, con la conseguenza che l'effetto della sentenza non arriva mai ed è sostituito da quello di provvedimenti cautelari troppo spesso ingiusti. Nel frattempo la vita dell'imputato viene irrimediabilmente distrutta, vanno in frantumi la sua credibilità, la sfera professionale e gli affetti più cari, senza contare le spese legali insostenibili che è costretto ad affrontare e che con questo provvedimento lieviteranno ulteriormente.
Che dire poi dell'effetto degli avvisi di garanzia che, dati i tempi della giustizia italiana, si trasformano in sentenze di condanna vere e proprie, anticipatorie di verdetti della Cassazione che arriveranno dopo anni e anni di attesa estenuante? La presunzione di innocenza prevista dalla Costituzione all'articolo 27 in questo modo è travolta ed è fatta a pezzi. Insomma riteniamo che giustizia è fatta anche grazie soprattutto a tempi processuali certi e spediti. Allungare i tempi della prescrizione significa non voler affrontare uno dei più gravi problemi che affliggono il sistema giudiziario italiano, quello della estrema lunghezza dei processi.
Quanto alla modifica dell'articolo 407 del codice di procedura penale contenuta al comma 30 del provvedimento in esame che introduce la previsione di un termine, eventualmente prorogabile, entro il quale il pubblico ministero è tenuto a formulare la richiesta di archiviazione ovvero a esercitare l'azione penale, Forza Italia è certamente favorevole. Si tratta di una novità positiva rispetto alla disciplina vigente, tuttavia abbiamo ritenuto opportuno presentare un emendamento che aggiungesse un ulteriore comma al citato articolo, stabilendo che il giudice verifichi la tempestività degli adempimenti di cui all'articolo 335, eventualmente determinando la data nella quale si sarebbe dovuto provvedere.
Abbiamo ritenuto necessario infatti che la questione della ritardata iscrizione nel registro degli indagati, contenuta all'articolo 335 del codice di procedura penale, non potesse essere regolata solamente sul piano disciplinare, senza accompagnarla ad una previsione di un'effettiva sanzione che affermi l'inutilizzabilità degli atti di indagine che sono stati compiuti successivamente allo scadere del termine, così come correttamente rideterminato a seguito del controllo del giudice.
Per quanto riguarda la proposta di riforma dell'articolo 146-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, contenuta al comma 77, che espressamente procede ad una estensione del processo a distanza a tutti i processi con detenuti, compresi i casi in cui si tratti di processi civili in cui gli stessi siano a qualsiasi titolo coinvolti oppure siano in libertà, oppure ancora in quelli in cui compaiono come testimoni, sottolineiamo la nostra contrarietà sul punto. Una generalizzata adozione di tale modalità infatti comporta rilevanti cadute sul diritto al contraddittorio che in questo modo verrebbe indebitamente compresso. Aggiungo inoltre che l'introduzione di simili strumenti rischia nei fatti di snaturare il processo e i principi che ad esso sottendono. Si tratta di un rischio che si materializzerebbe attraverso una pericolosa adozione di criteri efficientistici, economistici e tecnocratici, del tutto estranei alla civiltà giuridica e soprattutto alla natura democratica e liberale del modello accusatorio, così come disciplinato dal nostro codice di procedura penale e che appaiono in manifesta contraddizione con i principi del giusto ed equo processo costituzionalmente garantiti. Non possiamo sottacere in ultima analisi le questioni problematiche rintracciabili all'interno del disegno di legge in esame che riguardano il riordino dell'ordinamento penitenziario e della disciplina in materia di intercettazioni telefoniche. Ebbene, riformare questi due importanti settori del nostro ordinamento con lo strumento della delega al Governo non sembra rappresentare il modus operandi più adatto a procedere. La discrezionalità del Governo in questo caso risulterebbe particolarmente accentuata rispetto all'esigenza di rimodulazione di una disciplina caratterizzata da un estremo grado di delicatezza e che, per ciò stesso, necessiterebbe di ulteriori elaborazioni e riflessioni in un'ottica di maggiore condivisione e collaborazione istituzionale. Qualora invece si decidesse di confermare la scelta di demandare all'autorità governativa la disciplina di dettaglio delle citate materie, si dovrebbe, almeno in sede parlamentare, procedere a una modifica che vada nella direzione di un'ulteriore specificazione e circoscrizione dei criteri di delega.
Per quanto riguarda le intercettazioni, Forza Italia ha proposto un emendamento sul punto che risponde alla fondamentale esigenza di garantire la funzione difensiva, e quindi la conseguente non conoscibilità del contenuto delle comunicazioni fra l'assistito e il proprio difensore, dovendosi pertanto garantire, al di là dei divieti di verbalizzazione e delle sanzioni per garantire l'inutilizzabilità delle intercettazioni, l'originaria interdizione all'ascolto e la esclusione di ogni possibile filtro da parte della polizia giudiziaria e del pubblico ministero. Sotto questo aspetto ci auguriamo che questo emendamento possa essere accolto.
Quanto esposto finora ci porta in conclusione ad affermare la necessità che l'Aula esamini nuovamente il testo procedendo, tra le altre, alle modifiche appena sottolineate nell'ottica della più ampia promozione del dibattito parlamentare tra le forze politiche. La speranza insomma è quella di non finire travolti, come accaduto già al Senato, da un voto di fiducia che chiude la partita e mette fine a qualsiasi dibattito sull'argomento.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 4368)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, onorevole Ferraresi.
VITTORIO FERRARESI, Relatore di minoranza. Grazie Presidente. Riteniamo che questo disegno di legge, così come impostato, leda in maniera indistinta i diritti di tantissimi soggetti che vivono il mondo della giustizia e “sì” ad un provvedimento che, al contrario di quello che è stato detto, non sia strutturale ma intervenga in alcuni ambiti, senza pensare che senza intervenire su punti che riguardano le risorse, le strutture e gli uomini che vivono la giustizia e che portano avanti la giustizia ogni giorno, andare ad agire sul codice penale e sul codice di procedura è come sostanzialmente portare avanti una macchina sgangherata, diciamo, in una scorciatoia invece che prendere una strada che possa portare veramente alla conclusione di un procedimento di revisione totale del sistema giustizia e che la possa far funzionare, cosa che fino a questo momento non è mai successa perché fino a questo momento non si è voluta far funzionare la giustizia, con dolo a mio avviso.
Su alcuni di questi aspetti si va a incardinare questa proposta di legge. Le vittime ancora una volta, a nostro avviso, vengono messe in secondo piano. Il provvedimento sulla riparazione è un provvedimento che, secondo noi, lede l'articolo 3 della Costituzione, ovvero l'uguaglianza dei cittadini, delle vittime e anche di chi commette reati davanti alla legge, e che non permette che la vittima posso bloccarlo quando lo reputi assolutamente ingiusto - c'era un nostro emendamento, appunto, che è stato bocciato più e più volte - e che, quindi, possa far reintegrare questo provvedimento da parte di una voce, quella della vittima, che molto spesso viene, come ricordiamo anche sul Fondo per le vittime dei reati violenti, messa da parte.
Il provvedimento interviene sulla prescrizione in maniera assolutamente inadeguata, con delle sospensioni - di un anno e mezzo, un anno e mezzo - che non risolveranno il problema e non faranno in modo che l'impunità, garantita con circa 130 mila procedimenti all'anno, venga meno, perché il problema della prescrizione, soprattutto per i reati contro la pubblica amministrazione che, ricordiamo, non sono solo sulla corruzione ma sono anche un'altra serie di reati molto gravi, spia di certi atteggiamenti corruttivi o anche mafiosi, non riguarda solo i tempi del processo; riguarda in quanto tempo si arriva a scoprire il fatto, a iscrivere la notizia di reato e a perseguire un determinato fatto. Ci si dimentica sempre che non è il processo per il reato di corruzione che è troppo lungo, ma è scoprire e perseguire un determinato fatto che potrebbe essere punito come corruzione.
Allora, visto che è stato detto più e più volte che la corruzione è uno dei problemi che dilagano nel nostro Paese sottraendoci notevoli risorse, noi abbiamo fatto le proposte contro la corruzione però, a mio avviso, la maggioranza e il Governo le hanno sempre bocciate. Sto parlando del DASPO ai corrotti, una proposta già fatta da Renzi salvo poi non metterla in atto; sto parlando dell'agente provocatore; sto parlando di una riforma della prescrizione che possa puntare al fatto che, quando lo Stato esercita la sua volontà di perseguire determinati reati o accertare determinati fatti, debba cessare, perché la prescrizione serve dopo un determinato periodo a decretare che lo Stato non ha più interesse a perseguire determinati fatti per il passare del tempo. Ma se lo Stato li persegue, se lo Stato interviene con una richiesta di rinvio a giudizio e si va a processo, non c'è alcuna motivazione per fare in modo che la prescrizione non cessi, nessuna motivazione.
Il MoVimento 5 Stelle aveva fatto anche un passo in avanti verso il Partito Democratico, chiedendo che almeno la prescrizione venisse fermata con la sentenza di primo grado, anche perché una diseguaglianza qui su quella di condanna a nostro avviso non può essere e non deve essere fatta, ma neanche quello ci è stato concesso. Cioè, neanche dopo una sentenza, dopo un accertamento ufficiale di un giudice; la prescrizione va avanti, senza assolutamente nessuna risposta. I tempi del processo devono essere garantiti, presi dallo Stato oliando la macchina, garantendo risorse, uomini e mezzi, non legando le mani ai magistrati. Sicuramente non c'entra con la prescrizione, come è stato detto anche da illustri professori che di certo non sono del MoVimento 5 Stelle e di certo non sono “manettari”. La prescrizione è una cosa, la durata ragionevole dei processi è un'altra; lo Stato deve garantire entrambi e non scusarsi di una cosa con l'altra e viceversa.
Si è intervenuti anche sul timer dei tempi delle indagini preliminari. Una volta chiuse le indagini preliminari si è posta una pistola alla tempia dei magistrati, soprattutto per reati molto gravi come quelli di corruzione, come quelli contro la pubblica amministrazione, perché un conto è un “reatucolo”, un conto invece è, una volta chiuse indagini anche molto pesanti e che hanno richiesto molto tempo, arrivare a una formulazione di una richiesta di rinvio a giudizio o ad una formulazione di una richiesta di archiviazione.
Allora, se 15 mesi sono stati posti per i reati di mafia e terrorismo, solo tre più tre al massimo sono stati posti per tutti gli altri reati, per tutti gli altri reati: furto, omicidio, corruzione, sequestro di persona. Tutti uguali! E cosa succederà molto probabilmente? Succederà che ovviamente ci saranno molte richieste raffazzonate. Perché? Perché nessuno vuole farsi avocare l'indagine da parte del procuratore generale della corte d'appello. A livello professionale sarebbe un danno comunque anche all'immagine del magistrato, anche perché il procuratore generale presso la corte d'appello ha un organico assai ridotto e, quindi, nessuno vorrà arrivare all'avocazione che già tra l'altro è presente nel nostro ordinamento e, quindi, non si capisce perché limitare i tempi. Ma tutti quindi, indipendentemente dall'avere condotto indagini e avere chiuso indagini complete, precise, specifiche e puntuali, chiederanno il rinvio a giudizio, magari con materiali messi a punto in maniera frettolosa, oppure l'archiviazione, senza ponderare quello che è necessario. E questo cosa vorrà dire? Vorrà dire intanto un intasamento, perché le richieste di rinvio a giudizio e di archiviazione aumenteranno a dismisura per tutti i reati - per tutti i reati! - anche per quelli che non si riescono a perseguire per il tempo o perché sono già prescritti. Quindi, arriverà una richiesta, che sia di archiviazione o di rinvio a giudizio, sicuramente non puntualmente analizzata, soprattutto per procedimenti che hanno richiesto molto, molto tempo e, quindi, arriveranno o mal fatte o semplicemente andranno a intasare il sistema della giustizia.
Dall'altro punto di vista ci sono deleghe assolutamente ampie, deleghe che lasciano uno spazio e una discrezionalità, come già detto, su punti molto delicati come le misura di sicurezza e le misure alternative, che sono assolutamente discrezionali e in cui il controllo del Parlamento è troppo lieve. Ci sono misure che vanno ad incidere anche su punti molto delicati e uno di questi è sicuramente il regime, appunto, dell'alta sicurezza, che non è stato menzionato nella norma. È stato escluso l'articolo 41-bis, ma non l'alta sicurezza 1 ovvero quello che viene subito dopo il 41-bis, ovvero criminali anche molto pericolosi che sono ex boss o bracci destri o bracci armati, appunto, della mafia. E non è mai stato escluso che questi provvedimenti potessero importare anche per loro, sia per quanto riguarda le comunicazioni sia per quanto riguarda altri tipi di benefici contenuti nella delega. Questo è preoccupante; è preoccupante anche perché noi abbiamo molto in considerazione la cronaca in questi anni e inchieste giornalistiche hanno dimostrato come il regime del 41-bis e il regime di alta sicurezza 1 in alcuni casi fossero assolutamente considerati precari, ovvero il trattamento non era quello previsto dalla legge e questo affievolimento nel tempo del 41-bis e dell'alta sicurezza 1 è sicuramente preoccupante, sia per le comunicazioni che potrebbero arrivare all'esterno sia perché ci sono carceri, come abbiamo visto, che ricevono all'interno delle proprie mura stupefacenti e telefoni cellulari, in cui si riescono a gestire addirittura pratiche mafiose di vitto all'interno dei carceri, dove ci sono strumenti di sicurezza assolutamente inadeguati. Questo è alle cronache di tutti i giorni e nessuno fa niente per garantire la sicurezza e la certezza della pena a criminali così pericolosi?
L'ultimo punto che voglio sottolineare, perché poi tutti gli altri sono stati sottolineati nella nostra relazione scritta, è sicuramente quello che riguarda le intercettazioni e le registrazioni. Non c'era scritto da nessuna parte che il PD voleva agire in questo modo, anzi erano assolutamente contrari e quando lo faceva Berlusconi invece si interveniva; si è intervenuti dopo l'indagine di Mafia Capitale e lo si è ribadito dopo le indagini Consip, per fare in modo che si sapessero alcune notizie assolutamente rilevanti per l'opinione pubblica, perché l'opinione pubblica deve sapere certe notizie nel momento in cui avvengono e non alla fine del processo, quando magari il Governo è finito oppure sono passati 5, 6 o 7 anni. Si tratta di notizie rilevanti per il Paese che riguardano politici e colletti bianchi e non riguardano assolutamente i privati cittadini, a cui di questa norma non interessa assolutamente niente. Questa è una norma per i politici, non per i cittadini.
Per tutte queste ragioni, Presidente, questo provvedimento di legge dovrebbe essere rianalizzato e sicuramente non approvato in questa maniera, perché è pericolosissimo, lesivo dei diritti dei magistrati, dei cittadini, delle vittime, dei giornalisti che pubblicano intercettazioni rilevanti per il Paese, e quindi il MoVimento 5 Stelle farà una strenua opposizione anche all'ultimo anello della catena.
PRESIDENTE. Avrebbe facoltà di replicare l'onorevole Ferranti, ma il tempo è esaurito. Quindi, le posso dare proprio trenta secondi per una battuta, se lo ritiene.
DONATELLA FERRANTI, Relatrice per la maggioranza. Anche io rimando alle parole che ho già detto prima, la ringrazio per questa possibilità. Credo che alcuni istituti, ovviamente, non siano stati compresi a fondo dalla relazione di minoranza, perché le vittime non possono avere un potere di veto, perché le vittime hanno un ruolo molto molto attivo nell'ambito del processo penale proprio grazie ai provvedimenti che in questa legislatura abbiamo realizzato; altro è la giustizia riparativa. La vittima potrà essere ascoltata, ma, ovviamente, non potrà impedire che il processo abbia la sua dimensione, perché il ruolo della vittima, cioè della persona offesa, è la causa civile, mentre noi vogliamo che quella persona offesa, quella vittima, riceva subito la riparazione del suo danno attraverso un atteggiamento attivo di chi ha sbagliato.
Quindi, è proprio una filosofia diversa, Presidente, colleghi, che ha tenuto insieme tutte queste riforme, di cui questa rappresenta proprio il momento di chiusura.
PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo non intende replicare.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione della proposta di legge: S. 624-895-1020-2160-2163-2175-2178-2187-2196-2197-2202-2547-2591 - Martelli ed altri; Mussini ed altri; De Pin ed altri; Buemi ed altri; Paolo Romani ed altri; Bonfrisco ed altri; Marcucci ed altri; De Petris ed altri; Girotto ed altri; Lucidi ed altri; Tosato ed altri; De Pin ed altri; Molinari ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (A.C. 4410); e delle abbinate proposte di legge: Artini ed altri; Nesci ed altri; Monchiero ed altri; Gianluca Pini ed altri; Brunetta ed altri; Paglia ed altri; Prataviera ed altri; Artini ed altri; Artini ed altri; Cariello e Pisano; Civati ed altri; Sibilia ed altri; Villarosa ed altri (A.C. 1123-3339-3485-3486-3499-3508-3616-3799-3882-4053-4217-4428-4429) (ore 15,13).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata, in un testo unificato, dal Senato, n. 4410: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario; e delle abbinate proposte di legge nn. 1123-3339-3485-3486-3499-3508-3616-3799-3882-4053-4217-4428-4429.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 19 maggio 2017 (Vedi l'allegato A della seduta del 19 maggio 2017).
(Discussione sulle linee generali – A.C. 4410)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la VI Commissione (Finanze) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire, in sostituzione del relatore, l'onorevole Paolo Petrini, vicepresidente della Commissione.
PAOLO PETRINI, Vicepresidente della VI Commissione. Grazie, Presidente, sottosegretario, colleghi, ritengo utile, prima di scendere nei contenuti del provvedimento in esame, ricordare quali sono il contesto e il campo nei quali si muove questa proposta, ricordando come la recessione, che ha colpito tra il 2008 e il 2014 l'economia, abbia inciso profondamente sulle condizioni delle banche italiane e sia stata alla base del rilevante aumento dei crediti deteriorati.
Come rilevato dal Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, in occasione del suo intervento all'Università Bocconi il 9 novembre 2016, all'impatto della recessione si sono aggiunte le conseguenze di gestioni azzardate e prassi operative non conformi ai principi regolamentari, amplificate, a volte, da una governance inadeguata, che ha, di fatto, consentito una spiccata autoreferenzialità dei manager. In più casi i comportamenti hanno anche assunto rilevanza penale.
Alla radice delle anomalie nei processi di erogazione del credito si possono identificare alcuni tratti comuni, in particolare per le banche medio-piccole: il tentativo di raggiungere in breve tempo obiettivi reddituali ambiziosi e una crescita imprudente dei volumi del credito, con l'offerta dei finanziamenti a segmenti di clientela precedentemente non servita o a grandi prenditori. In tal modo sono cresciuti i rischi dovuti alla concentrazione delle esposizioni per singolo cliente o per settori di attività economica, in particolare nel comparto immobiliare.
Nei casi più gravi, la gestione delle grandi esposizioni è risultata appannaggio personale dei vertici aziendali; non è stata, quindi, adeguatamente bilanciata dai contrappesi e dalle dialettiche interne di controllo che devono normalmente caratterizzare la funzionalità organizzativa delle banche. Inoltre, gli intermediari hanno adottato pratiche aggressive, in cui l'offerta e la distribuzione di alcuni prodotti abbinati a quelli tipici bancari sono risultate poco attente alle reali esigenze finanziarie della clientela.
Criticità sono emerse, altresì, con riferimento ai finanziamenti per dipendenti e pensionati, quali prestiti contro cessione del quinto, risultati connotati da opacità informative e gravati da costi spesso eccessivi.
Inoltre, voglio segnalare che, nella relazione per Paese relativa all'Italia del febbraio 2017, la Commissione europea rileva come persistano nel sistema bancario italiano carenze strutturali di lunga data, quali elevati costi operativi e i predetti deficit in materia di governo societario. La Commissione UE ha, altresì, rilevato il persistere di una scarsa redditività delle banche determinata da diversi fattori, tra cui il contesto di tassi di interesse bassi e la concorrenza sui prezzi per attrarre i mutuatari con merito di credito più elevato, che riducono i margini di interessi netti. Accanto a ciò si rileva, tra l'altro, una limitata ripresa creditizia e la riduzione dei proventi non da interessi a causa dell'andamento sfavorevole del mercato.
In questo contesto, il livello elevato dei crediti deteriorati, sommato alla redditività strutturalmente scarsa, indebolisce la capacità delle banche di sostenere gli investimenti e la ripresa economica. Vi sono state, inoltre, alcune specifiche vicende relative ad alcune banche italiane che hanno richiesto l'intervento delle autorità di vigilanza e del Governo, a volte insieme.
Illustrando, poi, l'andamento dell'esame in sede referente presso la Commissione finanze, voglio segnalare come esso sia stato svolto in termini particolarmente rapidi nel periodo compreso tra il 12 aprile e il 4 maggio 2017, al fine di velocizzare il più possibile l'avvio dei lavori della Commissione d'inchiesta. La Commissione ha, infatti, compiuto la scelta di confermare in toto l'impostazione assunta dal Senato, deliberando, quindi, di riferire favorevolmente all'Assemblea sul testo approvato dall'altro ramo del Parlamento.
Al riguardo, ricordo che, sempre al fine di favorire la massima celerità nell'esame del provvedimento da parte della Camera, lo stesso presidente della Commissione, sulla base di unanimi indicazioni in tal senso dei gruppi presenti in Commissione, ha prospettato l'eventualità di anticipare la discussione in Assemblea prima della data odierna.
Tale rapidità di esame corrisponde, del resto, all'unanime consenso politico dei gruppi rispetto all'opportunità di istituire la Commissione d'inchiesta. Tale consenso è peraltro il frutto dell'articolato esame svolto dal Senato, concluso il 4 aprile 2017, il quale ha, dapprima, svolto in seno alla Commissione finanze e tesoro un'indagine conoscitiva prodromica dell'esame in sede referente delle numerose proposte parlamentari in materia, per poi giungere alla definizione di un testo unificato delle numerose proposte di legge parlamentari presentate da quasi tutti i gruppi in materia, le quali, in molti casi, differivano in modo anche molto significativo tra loro riguardo alla determinazione delle competenze della Commissione di inchiesta.
In particolare, dall'esito di tale percorso di approfondita discussione il Senato ha compiuto la scelta, fondamentale e del tutto corretta, di definire in termini piuttosto ampi e generali, sebbene precisi, l'ambito dell'inchiesta, la quale dovrà essere svolta dalla Commissione parlamentare senza limitarsi a singole vicende specifiche, ma focalizzandola opportunamente sugli aspetti più rilevanti per gli interessi generali del Paese.
Gli aspetti più rilevanti, secondo questo provvedimento, sono quindi gli effetti della crisi e dell'aggravamento del debito sovrano sul sistema bancario italiano; la gestione degli istituti bancari coinvolti da crisi o dissesto che sono destinatari di risorse pubbliche o che sono stati posti in risoluzione, Banca delle Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara, Cassa di Risparmio di Chieti; le modalità di raccolta della provvista; i criteri di remunerazione dei manager e i conflitti di interesse; la correttezza del collocamento presso il pubblico dei prodotti finanziari, soprattutto l'alto rischio con particolare riferimento alle obbligazioni bancarie; le forme di erogazione del credito a prenditori di particolare rilievo; l'osservanza degli obblighi di diligenza, trasparenza e correttezza nell'allocazione di prodotti finanziari, nonché degli obblighi di corretta informazione agli investitori; l'efficacia delle attività di vigilanza; l'adeguatezza della disciplina legislativa e regolamentare, nazionale e europea. Tale definizione degli ambiti di competenza della Commissione consentirà di assicurare la massima efficacia ai lavori della Commissione stessa che non deve diventare l'arena per sterili polemiche o contrapposizioni politiche tra i gruppi politici in un'ottica preelettorale, ma la sede istituzionale dove il Parlamento potrà analizzare le vicende, spesso molto gravi, che hanno coinvolto alcuni segmenti del sistema bancario e finanziario nazionale, per evidenziare carenze, inefficienze ed eventuali responsabilità negli assetti normativi, gestionali e di vigilanza del settore, orientando l'azione del legislatore e del Governo su tali delicatissimi temi al fine di ristabilire la stabilità, la correttezza gestionale, la trasparenza e la fiducia in un fattore cruciale per l'economia del Paese, e che comunque, al di là delle difficoltà emerse in questi anni, deve essere considerato fondamentalmente sano.
In tale contesto, a testimonianza del generale accordo raggiunto sul testo che oggi è in discussione, ricordo che il numero degli emendamenti presentati in Commissione è risultato molto contenuto (nove), e che tutte le Commissioni competenti in sede consultiva hanno inoltre espresso parere favorevole sul provvedimento, senza alcuna osservazione o condizione, e che nessun gruppo ha espresso su di esso voto contrario. Presidente, le chiedo l'autorizzazione a consegnare il testo, auspicando semplicemente che l'esame in Aula possa essere veloce tanto quanto lo è stato in Commissione.
PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
È iscritto a parlare l'onorevole Villarosa. Ne ha facoltà.
ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Presidente, finalmente è arrivato il momento dell'esame in Aula della proposta di istituzione della Commissione d'inchiesta. Purtroppo dobbiamo raccontare ai cittadini, però, quanto questa possa essere solo ed esclusivamente fumo negli occhi. In Commissione, qui alla Camera, noi abbiamo immediatamente votato il testo così com'è, proprio per cercare di far arrivare in Aula il più presto possibile questo testo, però dobbiamo raccontare chiaramente ai cittadini quando è stato votato questo testo, perché questo testo, in Commissione, alla Camera dei deputati, è stato votato il 4 maggio. Oggi è il 22 maggio, e il gruppo di maggioranza, con il Governo, dovrebbe spiegare ai cittadini come mai ha impiegato venti giorni per far sì che questo testo passasse, dentro lo stesso palazzo, tra due stanze: l'aula della Commissione finanze e l'Aula assembleare, in cui siamo oggi. Dovreste spiegare a noi, ma anche ai cittadini fuori, come mai avete impiegato venti giorni, perché in questi venti giorni i cittadini hanno potuto leggere nei giornali ed ascoltare in tv che il MoVimento 5 Stelle non voleva la Commissione d'inchiesta: queste sono state le affermazioni di molti esponenti del PD, sicuramente di Marcucci.
Presidente, raccontiamo ai cittadini, tramite la sua persona, che il MoVimento 5 Stelle, dal 4 maggio, da quando è stata votata la Commissione d'inchiesta, ha chiesto, sia in Commissione, al Presidente, e ottenuto anche all'unanimità da parte degli altri gruppi, la richiesta di anticipare questo voto, di far passare il voto del 24 maggio magari anche al 5, al 6, al 7, all'8, al 10, all'11, al 12 o al 13: devo contarli tutti, fino al 24 maggio, i giorni che avevamo a disposizione per poter votare questa proposta? Allora, perché si continua a prendere in giro i cittadini sui media e a non raccontare la verità, a non raccontare ciò che avviene in quest'Aula? È veramente triste e probabilmente anche pericoloso - anzi, non probabilmente, ma sicuramente pericoloso -, perché la gente, i cittadini, fuori, prendono le proprie decisioni in base alle informazioni che hanno: se voi date informazioni false, le scelte che i cittadini potranno fare non saranno sicuramente le migliori, o solo per un caso fortuito potrebbero essere le migliori. Continuo e arrivo al testo - parlerò anche del testo -, però vorrei continuare su questo tema, perché forse è il più importante di tutti, cioè far capire ai cittadini perché questa Commissione è fumo negli occhi.
Che questa Commissione sia fumo negli occhi, lo possiamo leggere già dall'inizio del testo, dalle prime parole: questa Commissione dovrà - come leggo - fare una relazione intermedia; questa relazione intermedia varrà fatta non prima di sei mesi. Quindi, è chiaro e facilmente intuibile che una Commissione d'inchiesta meno di un anno non possa durare. Se dobbiamo presentare una relazione, e lo scriviamo sul testo che fra sei mesi dobbiamo fare una relazione, credo che sia abbastanza chiaro che la Commissione, anche vedendo i risultati e i tempi delle altre Commissioni strutturate sia alla Camera che al Senato, credo che un anno sia il minimo.
Allora spieghiamo un po' cosa accadrà. Siamo in Aula il 22 maggio, il 24 maggio si voterà. Si dovranno poi nominare i membri di questa Commissione, ed essa si dovrà riunire mettendo d'accordo i tempi di Camera e Senato. Quindi, questa Commissione dovrà trovare il tempo per la nomina dei suoi membri, dovrà trovare il tempo per votare anche il presidente della Commissione ed i vicepresidenti. In tutto questo tempo, semplicemente, sulla carta - quindi non in tv, raccontando le solite fesserie, ma sulla carta - siete riusciti a far arrivare un testo dalla Commissione finanze all'Aula in 20 giorni. Era un testo che era concluso, che non doveva aver nessun altro tipo di lavoro, e voi ci avete messo venti giorni. Allora facciamo un paio di conti: siamo al 24 maggio, mettiamo che la prossima seduta la facciamo fra 20 giorni - e ci sarà un po' di lavoro da fare, perché voteremo, forse verrà modificato il testo, ma non credo, sicuramente non verrà modificato, però qualche lavoro per far diventare questo testo definitivo dovrà essere fatto -, Presidente, dal 24 maggio arriveremo a quando? Al 10 giugno? Nel frattempo ci saranno anche altri provvedimenti, e dovremo mettere d'accordo Camera e Senato, allora si arriverà probabilmente a fine giugno o a metà luglio, per decidere i presidenti e i membri di questa Commissione. Poi, questi parlamentari, tutti sudati, perché a luglio fa caldo, dovranno andare in vacanza, e andando in vacanza, la Commissione, guarda caso, la prima seduta probabilmente la farà a settembre, mese in cui in questi giorni Renzi pensa di andare al voto.
Sicuramente Renzi ha comunicato di voler andare al voto a novembre - ha parlato proprio di un giorno, del 5 novembre -, allora dovete spiegare ai cittadini perché andate in giro a dire che volete giustizia sulle banche, che siete i primi a volere la Commissione d'inchiesta, quando sapete che partirete a settembre per finire o a settembre, ottobre o al massimo a novembre. Comunque, a dicembre dovremo concludere, perché a febbraio al massimo, in ogni caso, qualsiasi sia la vostra scelta, dovremo andare al voto. Quindi state prendendo in giro i cittadini, e lo state facendo dal 22 novembre 2015, anno in cui è stata messa in risoluzione Banca Etruria - la banca in cui lavora una buona fetta della famiglia Boschi - e le altre tre banche, che probabilmente non dovevano neanche essere inserite in quel decreto, ma forse era meglio mettere tutto quanto insieme, per confondere le idee; probabilmente era quello il senso. Ebbene, dal 22 novembre, sicuramente ai primi di dicembre, è arrivata una proposta del PD sulla Commissione d'inchiesta (stiamo parlando del 2015, Presidente), finalmente questa proposta anche del PD, che ha fatto il decreto sulle banche popolari mettendo l'asticella a 8 miliardi di euro probabilmente per aiutare Etruria, perché non si è mai capito, mai nessuno è riuscito a capire perché quell'asticella per la riforma delle banche popolari dovesse essere di 8 miliardi, visto che per le banche sistemiche in Europa il limite è di 30 miliardi. E poi, come mai 8? Perché si usa proprio 8 e non 10, magari un numero chiuso come 10 o 5? No, un 8, ma guarda caso era il limite proprio per gli attivi di quella banca.
Quindi, sentiamo raccontare continuamente in giro che il MoVimento 5 Stelle non vuole questa Commissione d'inchiesta, ma sulla carta, quindi nei fatti, in pratica, nella realtà, leggiamo che la prima richiesta è stata depositata al Senato da Carlo Martelli, un senatore del MoVimento 5 Stelle; che Massimo Artini, un ex del MoVimento 5 Stelle, nel 2014, ne ha depositata un'altra; che Dalila Nesci ne ha depositata un'altra sempre nel 2014; poi ci sono le mie, quelle di Sibilia e di Pisano. Invece, sentiamo - senza che nessun giornalista ricordi questi dati, questi fatti concreti, reali - il PD, con una tranquillità incredibile, raccontare in giro che vuole la Commissione d'inchiesta: due mesi di Commissione d'inchiesta significa prendere in giro i cittadini italiani, perché due mesi di Commissione d'inchiesta, dichiarati da novembre 2015 e conclusi ora, nel 2017, significa prendere in giro i cittadini italiani ed è offensivo, ma non da deputato, da cittadino italiano.
Quindi, riepilogando, questa Commissione poteva partire a dicembre 2015, perché quel famoso decreto sui 20 miliardi di euro, quello su MPS, in poche settimane è stato concluso, portato a termine, varie proposte di legge sono state portate a termine anche in sei mesi, ma non in un anno e mezzo, non in un anno e mezzo. Questo vuol dire prendere in giro i cittadini italiani. Anche la commissione d'inchiesta regionale, spinta dal MoVimento 5 Stelle in Toscana, con il presidente Giacomo Giannarelli, ha chiaramente portato agli atti - ma non solo lei, anche tante inchieste giornalistiche - che la Fondazione e alcuni partiti riuscivano a influenzare chiaramente l'attività della banca per indirizzarne investimenti e finanziamenti solo ed esclusivamente verso amici degli amici.
Quindi, è chiaro che la politica sia coinvolta, all'interno di questo scandalo, anzi, all'interno di questi scandali, perché non è uno solo; è chiaro che la politica mette i bastoni tra le ruote a quella parte sana, che vuole, invece, chiarire, far arrivare la verità ai cittadini e incastrare chi ha commesso dei reati, chi non ha vigilato per bene, perché la Commissione farà anche questo, vedrà se Banca d'Italia e Consob hanno vigilato per bene, perché non è possibile far fallire una banca, è veramente difficile far fallire una banca, devi rubare per far fallire una banca.
Noi vogliamo vedere chi ha rubato, ci metteremo due mesi, ma lavorerò di notte, lavorerò 24 ore al giorno, non dormirò, non dormiremo, noi del MoVimento 5 Stelle, questo è chiaro; in quei pochi mesi cercheremo di tirare fuori tutto quello che è possibile tirar fuori, anche perché abbiamo studiato e sappiamo anche dove andare a guardare; gli esposti depositati in procura indirizzano, anzi, non indirizzano, ma danno una mano a chi sta investigando, dicendo: guardate che nella banca ogni cosa che si muove è tracciata, guardate che c'è un sistema di audit, di controlli interni, che è incredibile; qualsiasi circolare, qualsiasi comunicazione, qualsiasi spinta fatta dalla dirigenza verso i propri dipendenti è tutta tracciata, è facile andare a capire se c'è un piano sotto, se le banche sapevano che il fallimento era prossimo e se le banche emettevano quelle obbligazioni e le vendevano a ignari cittadini, che non sapevano neanche cosa stavano acquistando - sono stati chiamati speculatori da molti, hanno pianto e c'è stato un suicidio - ma noi indagheremo, lo scopriremo, anche se ci sono solo due mesi.
Tuttavia, la cosa più ignobile di questa vicenda non è la Commissione, è proprio l'iter che avete fatto su TV e media, l'iter che non avete portato in quest'Aula, perché la Commissione ci ha messo una settimana, una settimana ci abbiamo messo a chiudere questo provvedimento. Ebbene, la cosa che più dà fastidio - e poi vado al provvedimento, scendo un po' nel testo, entro un po' nel testo - è quello che è successo nel momento in cui un giornalista ha tirato fuori il nome di Ghizzoni come una persona informata, alla quale probabilmente l'ex Ministra Boschi chiedeva di andare a verificare se poteva acquistare la banca, con la quale c'era un probabile conflitto di interessi. Sono sicuro che ci sia un conflitto di interessi e anche in base ai regolamenti della Consob dico quello che dico; ebbene, nel momento in cui abbiamo chiesto alla Commissione di fare un'indagine conoscitiva e di ascoltare Ghizzoni, che sui giornali diceva: guardate, io parlerò, parlerò in Parlamento, non ho paura; o di ascoltare De Bortoli, che diceva: guardate, io ho detto quello che è vero, aspetto una querela da parte della Ministra, ma non arriva; noi, invece di andare a chiedere una mozione di sfiducia, abbiamo chiesto di informare, di capire; dovrebbe essere di interesse anche vostro. Non abbiamo chiesto nessuna mozione di sfiducia. Questa volta abbiamo detto, guardate, c'è un ex amministratore delegato della prima banca italiana che dice una cosa molto grave e l'ha detta a un giornalista, che l'ha pubblicata sul libro, e si parla di un'ex Ministra, ancora al Governo.
Noi abbiamo chiesto: volete almeno ascoltarli, volete almeno ascoltarli? Abbiamo smesso, magari, di andare subito sulla mozione di sfiducia, l'abbiamo fatto con maturità, come dite voi, voi dite: perché le mozioni di sfiducia, perché, vi ascoltiamo. Abbiamo chiesto un'indagine conoscitiva, Presidente, ci è stata bocciata, ci è stata bocciata con un testo, con uno speech del presidente della Commissione della Camera che diceva: no, l'indagine conoscitiva non è opportuna. Non è stato capace neanche di dirci: no, non fate l'indagine conoscitiva.
Poi arriva un deputato del PD, Pelillo, a dire che non è opportuna, avendo la maggioranza, sapete bene come finiscono queste cose all'interno della Commissione. Quindi, non avete avuto neanche il coraggio e la voglia, soprattutto - non il coraggio, ma la voglia -, di far sapere ai cittadini cosa stava accadendo, perché queste persone così importanti all'interno dei propri ruoli e delle proprie competenze tiravano fuori queste dichiarazioni; non avete avuto neanche la delicatezza di farle venire e, poi, voi parlate di Commissioni d'inchiesta.
Presidente, la Commissione d'inchiesta, come dicono gli ultimi articoli del testo, prevede il segreto. È facile prendere in giro i cittadini così, ne parleremo durante la Commissione d'inchiesta, è segreta, cosa uscirà fuori? Che cosa verrà fuori? Durante la relazione definitiva potremo scrivere qualcosa? Non lo sappiamo, non sappiamo cosa verrà segretato e cosa no. Quindi, c'è un'indagine conoscitiva con due persone così importanti che tirano fuori un fatto così grave per la sicurezza di questo Paese, per la sicurezza di questo Paese e voi avete rifiutato di ascoltarle. Che vergogna e che gravità; non solo che vergogna, ma che gravità!
Informiamo i cittadini che avremo, sì, potere, avremo i poteri dell'autorità giudiziaria, il testo parla proprio di stessi identici poteri e limitazioni dell'autorità giudiziaria, e avremo la possibilità di verificare gli effetti sul sistema bancario italiano della crisi dei subprime, siamo arrivati un po' tardi, però parleremo anche di questo, parleremo degli istituti che sono andati in crisi, quindi, probabilmente, di chi parleremo? Parleremo di Monte dei Paschi di Siena, di Etruria, di CariChieti, di CariFerrara, di Banca Marche, di Veneto Banca, di Popolare di Vicenza, di Carige, di Banca Popolare di Bari, di Tercas; di nessuna banca, Presidente, tutte banchette piccoline. Come diceva prima il collega Petrini, il sistema bancario alla fine è sano, il sistema bancario italiano, alla fine, è sano, e siamo qui, a cercare di salvare MPS, a cercare di salvare Popolare di Vicenza, Veneto Banca, a parlare di 700 banche che diventeranno 100, ma il sistema bancario nazionale è assolutamente sano.
Parleremo dei criteri di remunerazione dei manager, delle modalità di raccolta della provvista e degli strumenti utilizzati, di come queste informazioni siano state date a questi cittadini che, ignari, acquistavano dei titoli, perché inizialmente, avete fatto il decreto per azzerare di tutto, poi dopo varie proteste, nostre ma, soprattutto, dei 130.000 risparmiatori avete fatto questo fondo, l'avete capito, ma l'avete capito solo dopo che, effettivamente, questi strumenti, molti di questi strumenti venivano venduti a persone che non potevano acquistarli e che non ne capivano il rischio. Infatti, mi ricordo ancora MiFID, ovvero quel documento che serve per capire se puoi acquistare o meno un titolo, persone che avevano la licenza media che, invece, diventavano laureate, persone invalide che guardavano il mercato azionario una volta al mese, ma non avevano mai visto neanche un sito Internet nel quale ci sono gli andamenti dei titoli azionari; questo è quello che avete fatto voi a questo Paese. Ve ne fregate e, poi, pagano tanto i risparmiatori.
E il sistema bancario - e concludo - è in crisi, perché negli ultimi quindici anni ricordiamo che sono stati bruciati oltre 200 miliardi tra azioni, obbligazioni e titoli, in questo sistema bancario; molti erano di investitori istituzionali, ma molti erano di cittadini italiani, di piccoli cittadini che non avevano la minima idea di quello che andavano ad acquistare e quei 200 miliardi, Presidente, significa che non ci saranno più per nessuno, perché nel sistema e nel mercato azionario, quando vengono bruciati 200 miliardi, questi vengono letteralmente bruciati, non ci saranno più; quindi, quelli che potevano essere venduti e potevano diventare contanti o, comunque, soldi, denaro spendibile nelle aziende, non ci sarà più. Questa è una parte della crisi che stiamo vivendo oggi ed è una parte importante e parleremo anche di questo.
PRESIDENTE. Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà alle ore 15,45.
La seduta, sospesa alle 15,40, è ripresa alle 15,45.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ragosta. Ne ha facoltà.
MICHELE RAGOSTA. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo Articolo 1- Movimento Democratico e Progressista è ovviamente favorevole alla costituzione della Commissione d'inchiesta parlamentare sul sistema bancario italiano, pur valutando negativamente la situazione per la quale si è finalmente deciso di dar vita all'indagine stessa, sull'onda delle ultime vicende che hanno visto, a vario titolo, coinvolti personaggi politici e membri del Governo; quindi, più per scelta di battaglia politica che di verità sulle evidenti nefandezze del sistema bancario negli ultimi cinquant'anni della vita del nostro Paese.
Il mio gruppo auspica che, finalmente, si faccia chiarezza sulle ruberie, sulle malversazioni, sugli interessi personali e sulle connivenze che, oltre a distruggere enormi risorse economiche sottratte alla crescita, hanno, di fatto, determinato una politica di redistribuzione della ricchezza al contrario: cioè, rastrellando le economie dei piccoli risparmiatori e indirizzandole verso i grandi gruppi di speculatori, i grandi capitani di ventura dell'economia e della finanza, che hanno agito con la complicità di settori della politica italiana e con la sostanziale assenza della Banca d'Italia, organismo ormai di mera autoregolamentazione burocratica, essendo di proprietà delle banche, su cui doveva vigilare, e della stessa Consob per le imprese quotate in Borsa.
A tal fine, non faccio nessun esempio in particolare, proprio perché questo è stato il copione corrente delle imprese bancarie italiane, sia a livello locale che a livello nazionale, anche con il consenso della politica nazionale che, di fatto, ha contribuito immettendo decine di miliardi di euro a vario titolo nel sistema, sottraendolo alla crescita reale, coinvolgendo così i non risparmiatori ed affermando un sistema di distribuzione delle risorse criminali per una società moderna.
Nel confermare il parere favorevole a questa proposta di legge concernente l'istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta, è auspicabile non solo che si vada nella direzione giusta, dando risposte immediate sulle ultime polemiche politiche, sulle ultime rivelazioni di alcuni giornalisti e, quindi, dando nella Commissione priorità a questo aspetto per fare rapida chiarezza, ma anche che la Commissione affronti un po' gli argomenti per mettere dei paletti, per fare in modo di indicare al Parlamento e al Governo una serie di provvedimenti che limitino per il futuro le cose di cui stiamo discutendo.
Quindi, noi auspichiamo la costituzione di una “centrale rischi” degli amministratori e degli addetti a vario titolo delle banche, in particolare, per quelli che hanno avuto problemi di dissesto in queste vicende, con l'obiettivo dell'esclusione degli stessi dal sistema bancario. Inoltre, auspichiamo la costituzione di un organo di vigilanza indipendente presso il Ministero dell'economia per il ruolo o il non ruolo che ha avuto la Banca d'Italia nel ruolo di vigilanza in questi anni. Quindi, auspichiamo l'istituzione di quest'organo di garanzia. Auspichiamo, inoltre, il ritiro delle autorizzazioni alle realtà bancarie che violano i criteri individuati dalla Commissione e dagli organi di vigilanza. Inoltre, chiediamo di adottare, con provvedimenti legislativi, anche provvedimenti sul piano penale per la determinazione di pene severe e certe a chi è responsabile di questi dissesti, a danno della comunità e dei cittadini. Noi pensiamo ad una sorta di estensione della “legge Severino” per i responsabili e gli amministratori delle banche che portano al dissesto di queste realtà.
Quindi, siamo certi che la Commissione d'inchiesta non vorrà limitarsi all'accertamento, seppur gravissimo, delle piccole realtà, ma vorrà suggerire linee-guida per il risanamento di questo bubbone che si è rivelato, per molti aspetti, marcio nel nostro Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.
ALBERTO GIORGETTI. Grazie, Presidente. Forza Italia apprende con soddisfazione l'inizio dell'iter alla Camera per la costituzione della Commissione bicamerale d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario. La apprende con particolare favore, perché siamo stati tra i primi in assoluto, se non i primi, a porre questa questione alla luce degli eventi che stavano colpendo il nostro sistema del credito e delle problematiche connesse, Presidente; problematiche che, purtroppo, non sono state risolte, ma che sono ancora alla nostra attenzione.
Una Commissione d'inchiesta che poteva essere fatta, per certi versi, meglio, ma riteniamo che sia un passo in avanti significativo rispetto alle condizioni in cui eravamo ad affrontare il tema del credito e, più in generale, il percorso anche di dibattito politico attorno alle scelte di Governo, e quelle che avevano preceduto, ovviamente con l'azione dei Governi precedenti.
Una Commissione d'inchiesta che ha più valenze, ha più obiettivi, che credo debbano essere ricordati in quest'Aula alla luce di un quadro che non possiamo considerare risolto, alla luce di un quadro che è in evoluzione e che auspichiamo possa essere in un'evoluzione positiva, piuttosto che in problemi ulteriori da affrontare a fronte di difficoltà di aziende di credito che sono oggi sul mercato silenti, in qualche modo, ma che possono nel tempo porre problemi identici a quelli che già abbiamo vissuto in passato.
La prima questione che deve essere affrontata dalla Commissione di inchiesta, a nostro avviso, è quello di fare chiarezza rispetto alla storia delle responsabilità in merito alla gestione degli istituti che hanno avuto dei percorsi di default e che hanno richiamato la necessità di intervento di carattere pubblico, determinando un ulteriore aggravio del debito e quindi della prospettiva di risanamento dei conti pubblici e di tenuta del nostro Paese. Banche che hanno evidenti responsabilità nel legame, nelle commistioni di natura politica, che hanno animato il nostro dibattito e il confronto tra il Governo Renzi, caduto dopo il voto referendario sulle riforme, e l'ulteriore - diciamo così - ripresa delle informazioni che sono venute tramite stampa, relativamente a quella che è stata l'azione di un componente del Governo che ha evidentemente fra virgolette “lavorato” per fare in modo che una di queste banche potesse superare alcuni problemi operativi; un dibattito di carattere giudiziario, ma anche politico, in merito a quelle che devono essere le strade per poter fare in modo che le banche abbiano un percorso solido, sicuro ed efficiente.
Quindi, responsabilità prima di tutto; collegamento con la politica; le valutazioni degli organi di vigilanza. Inutile nascondere che in più sessioni di audizioni in Parlamento, spesso, Bankitalia ha rappresentato un quadro che poi non abbiamo potuto riscontrare nella realtà, un quadro che era legato a un sistema sostanzialmente solido, in cui gli interventi della mano pubblica erano interventi considerati positivi e razionali, in un contesto di sicurezza. Questo era il quadro che era stato dato pochi anni fa a un Governo di segno diverso da quello attuale e che aveva delle responsabilità importanti perché stava vedendo l'inizio di una crisi, da Lehman Brothers ai passaggi successivi, che vedeva l'azione contestuale dei Governi di altri Paesi che oggi sono avanti a noi in termini di crescita e sicuramente con dei conti pubblici migliori del nostro e che hanno utilizzato strumenti diversi. Non dobbiamo dimenticare che durante la fase di Governo 2008-2011, il messaggio che era stato dato da Bankitalia e dagli organi di vigilanza era che il sistema di credito italiano era sano, era un sistema del credito che aveva una prospettiva di sviluppo e di crescita idoneo, che poteva dare le garanzie al sistema Paese e alle aziende per poter immaginare una sostanziale solidità, a fronte di un percorso che ci stava spingendo nel momento più buio e difficile della crisi internazionale e, a caduta, della nostra.
Purtroppo abbiamo scoperto che non è stato così. Non è stato così perché gli strumenti del Governo di allora non avevano funzionato o non è stato così perché ci sono state delle valutazioni che non erano propriamente idonee, una vigilanza che è stata in qualche misura scarsa e probabilmente delle iniziative di ordine politico che hanno condizionato pesantemente, dal territorio, alcuni grandi istituti come è stato il caso del Monte dei Paschi di Siena? Successivamente, ovviamente, si vedranno anche le responsabilità in merito alle altre banche che hanno avuto problemi, da quelle venete a quelle dell'Italia centrale, che dimostrano oggi un quadro di debolezza complessiva che ci preoccupa.
Allora, la Commissione di inchiesta deve muoversi su più fronti: il fronte delle responsabilità per quello che riguarda la conduzione ovviamente degli organi, le responsabilità per quello che riguarda gli aspetti di vigilanza su queste banche, le responsabilità di natura politica dei territori che erano coinvolti e sono coinvolti ancora oggi nella conduzione di organi che hanno evidentemente un ruolo straordinario rispetto alla nostra storia e cultura, ma che hanno portato delle deviazioni progressive che rappresentano un rischio e una minaccia per il futuro e la tenuta di queste banche.
Ed evidentemente andrà fatta anche un'analisi di quelli che sono stati gli strumenti utilizzati, strumenti che hanno, a nostro modo di vedere, palesato alcuni limiti, che dimostrano ancora oggi di non essere in grado di affrontare le problematiche complesse che sono state via via attivate, purtroppo, da un sistema del credito che, più che rinnovarsi al proprio interno, in una logica di piena autonomia, ha esasperato comportamenti, che non sono stati virtuosi, dei propri vertici. Ha esasperato alcune linee di azione di tenuta patrimoniale che sono state, in realtà, portate nei confronti dei soci, portate nei confronti di piccoli risparmiatori, di quelli che erano non pienamente consapevoli di quello che sottoscrivano, ritenendo che comunque quei prodotti mai avrebbero avuto problemi, non certo per elementi di garanzia del mercato, né per elementi di garanzia che potevano essere dati dalle procedure che, fra virgolette, avrebbero dovuto vigilare su questi strumenti.
Siamo in uno stato di corto circuito, in cui la Commissione d'inchiesta ha il dovere di riuscire a raccordare tutti questi elementi e dare una lettura su ciò che è successo. Questa lettura è una lettura finalizzata esclusivamente a poter dire: è stata colpa sua, non si è fatta questa vigilanza, quest'intervento è stato sbagliato, la politica risponda? No. Questa Commissione d'inchiesta ha l'obiettivo di definire ciò che è accaduto per mettere a punto, in modo più efficace - questo è il nostro atteggiamento - gli strumenti che consentiranno - noi ci auguriamo - al sistema del credito di potersi rafforzare nei prossimi mesi per riuscire a recuperare quella spinta necessaria oggi al Paese per poter immaginare un percorso e un rilancio dello sviluppo molto più efficace di quello a cui possiamo assistere in questi giorni, un sistema del credito che dovrà utilizzare strumenti nuovi per potere sostenere le specificità dell'economia nazionale e dei territori.
In questo momento noi sentiamo tanta incertezza, tanta incertezza nei risparmiatori che non si sentono totalmente garantiti dagli strumenti attivati dal Governo. Sappiamo molto bene che la garanzia vera sul risparmio non è stata ancora attivata in sede europea; il cosiddetto terzo pilastro dell'unione bancaria non è ancora stato realizzato. Sappiamo molto bene che l'azione dell'Italia deve essere volta a raggiungere, in tempi urgenti, l'attivazione di questo presidio là dove sappiamo che gli indici europei di valutazione sui patrimoni delle nostre banche sono particolarmente rigorosi. Noi ci troviamo nel paradosso in cui il nostro risparmio, che è un campione di carattere europeo per quello che riguarda la massa, non è più un valore sufficiente per poter tenere i nostri istituti di credito nei parametri richiesti e si chiede al nostro sistema di proseguire in una patrimonializzazione sempre più robusta, sempre più consistente, mentre, contestualmente, invece gli altri Paesi, Germana in primis, hanno potuto godere di condizioni migliori. Insomma un percorso, quello valutato in Europa, in cui i punti di forza italiani vengono svalutati, i punti di forza degli altri sistemi creditizi rappresento il benchmark di riferimento. È evidente che così non può andare ed è altrettanto evidente che anche, a mio avviso, non solo la politica e il Governo, anche gli stessi sistemi bancari devono portare avanti un'azione di convergenza che purtroppo fino ad oggi non abbiamo visto.
Abbiamo discusso proprio la settimana scorsa della golden power cioè di quello che è l'interesse nazionale nella difesa delle aziende che hanno una potenzialità strategica determinante per i territori, per il nostro Paese, non solo quelle pubbliche, ma anche quelle private. Si tratta di poteri che possono agire nella logica di sistema regolatorio, in modo molto più robusto di quello che è accaduto in passato, con un'azione sofisticata, con un'azione che sappia differenziare e leggere, all'interno delle condotte aziendali e dei percorsi di offerta. Per potere rilevare queste aziende da parte degli investitori, soprattutto investitori esteri, bisogna arrivare a confezionare una chiave di lettura, che sia idonea a capire quali sono le volontà, ovviamente degli investitori, e quali sono i punti che noi vogliamo preservare nel mercato in termini di know how, di potenzialità strategica, di difesa dell'interesse nazionale e di difesa stessa. E, quindi, in qualche modo bisogna andare a immaginare i punti di interesse sull'investimento, ma anche gli obiettivi di questi fondi e di queste nuove proprietà, che si inseriscono nell'attività delle nostre aziende, le rilevano e, molto spesso, non sono in grado di garantire nel tempo la visione a cui queste proprietà vogliono che le aziende orientino la propria attività.
Noi, invece, vogliamo che questo tipo di azione venga organizzata, nella difficoltà dell'organizzazione, nell'armonizzazione della regolazione di questo tipo di interventi, con un'azione che non sia solo nazionale, ma che trovi un confronto nella golden power, che evidentemente abbia metodi identici a livello europeo.
Così sul sistema bancario. Le aziende di credito sono evidentemente, oggi più che mai, un elemento fondamentale per la ripresa. Laddove il mercato del lavoro cambia, troviamo sempre più flessibilità, laddove le garanzie devono inesorabilmente cambiare e spostarsi sempre di più su altri strumenti, che tra l'altro abbiamo proposto al Governo più volte e che sono stati quasi sempre accantonati.
È il tema delle garanzie per le imprese. Oggi non bastano i consorzi di garanzia dei fidi, non bastano evidentemente quelli che sono i patrimoni personali, che sono stati chiamati molto spesso a fare fronte addirittura ai default delle banche, senza potere garantire la continuità poi delle aziende, per così dire, nelle nascenti nuove entità, che rappresentavano la prospettiva di questi istituti. No! Molto spesso l'imprenditore è rimasto vincolato alla sorte e alle difficoltà delle bad bank, cioè di quella parte che comunque veniva colpita clamorosamente dalla procedura di risoluzione ed esclusa dall'opportunità che invece vedeva nell'azienda, che proseguiva libera dai vincoli e dai pesi, che noi invece abbiamo vissuto attorno, purtroppo, alle banche che hanno vissuto questa crisi.
Tutti questi temi sono tutti lì. Sappiamo molto bene che la Commissione d'inchiesta non può evidentemente risolverli tutti, ma certamente ha il dovere di fare chiarezza e di darci gli elementi, per potere poi agire in modo molto più efficace, rispetto a quello che abbiamo fatto fino ad oggi, in una logica trasversale. La Commissione d'inchiesta deve avere questa valenza, evidentemente, per un Parlamento che si dota di uno strumento straordinario per una situazione straordinaria.
Ci auguriamo che questa Commissione sia attivata in tempi urgenti, Presidente, urgentissimi, perché la legislatura sta volgendo verso il termine. Abbiamo al massimo un anno di tempo, ma entro quest'anno dobbiamo dare gli strumenti e io spero anche nei prossimi mesi addirittura, prima della legge di bilancio, per potere intervenire ulteriormente e mettere nuovi strumenti a disposizione del credito, ripulendo e dando una garanzia complessiva al sistema Paese, che le nostre banche sono ancora affidabili e hanno la capacità di rigenerarsi.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Rubinato, che non vedo in Aula, quindi si intende che vi abbia rinunciato.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 4410)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare, in sostituzione del relatore, l'onorevole Petrini vicepresidente della VI Commissione, che non intende replicare. Ha facoltà di replicare il Governo, che non intende replicare.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Saluto gli alunni e i docenti della classe quinta della scuola primaria Buonarroti di Sedena (Lonato del Garda), che sono presenti in Aula (Applausi). Siamo alla conclusione della nostra seduta.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Martedì 23 maggio 2017, alle 10:
1. Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni.
(ore 15)
2. Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 119-1004-1034-1931-2012 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: D'ALI'; DE PETRIS; CALEO; PANIZZA ed altri; SIMEONI ed altri: Modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e ulteriori disposizioni in materia di aree protette (Approvata, in un testo unificato, dal Senato). (C. 4144-A)
e delle abbinate proposte di legge: TERZONI ed altri; MANNINO ed altri; TERZONI ed altri; BORGHI ed altri. (C. 1987-2023-2058-3480)
Relatore: BORGHI.
3. Discussione della relazione della Giunta per le autorizzazioni sull'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Guido Crosetto, deputato all'epoca dei fatti. (Doc. IV-quater, n. 5)
Relatrice: ROSSOMANDO
4. Seguito della discussione della proposta di legge:
DAMBRUOSO ed altri: Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista. (C. 3558-A)
Relatori: POLLASTRINI, per la maggioranza; LA RUSSA, di minoranza.
5. Seguito della discussione del progetto di legge:
S. 2067-1844-2032-176-209-286-299-381-382-384-385-386-387-389-468-581-597-609-614-700-708-709-1008-1113-1456-1587-1681-1682-1683-1684-1693-1713-1824-1905-1921-1922-2103-2295-2457 - D'INIZIATIVA DEL GOVERNO; FERRANTI ed altri; MOLTENI ed altri; D'INIZIATIVA DEI SENATORI: SCILIPOTI ISGRÒ; TORRISI; MANCONI ed altri; COMPAGNA; BARANI; BARANI; BARANI; BARANI; BARANI; BARANI; BARANI; MARINELLO ed altri; COMPAGNA; CARDIELLO ed altri; CARDIELLO ed altri; CARDIELLO ed altri; BARANI; CASSON ed altri; DE CRISTOFARO ed altri; LO GIUDICE ed altri; CASSON ed altri; LUMIA ed altri; LO GIUDICE ed altri; GIARRUSSO ed altri; GIARRUSSO ed altri; GIARRUSSO ed altri; GIARRUSSO ed altri; GINETTI ed altri; CAMPANELLA ed altri; RICCHIUTI ed altri; BARANI; MUSSINI ed altri; D'ASCOLA ed altri; CAPPELLETTI; GINETTI; BISINELLA ed altri: Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario (Approvato, in un testo unificato, dal Senato). (C. 4368)
Relatori: FERRANTI, per la maggioranza; FERRARESI, di minoranza.
6. Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 624-895-1020-2160-2163-2175-2178-2187-2196-2197-2202-2547-2591 - MARTELLI ed altri; MUSSINI ed altri; DE PIN ed altri; BUEMI ed altri; PAOLO ROMANI ed altri; BONFRISCO ed altri; MARCUCCI ed altri; DE PETRIS ed altri; GIROTTO ed altri; LUCIDI ed altri; TOSATO ed altri; DE PIN ed altri; MOLINARI ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario (Approvata, in un testo unificato, dal Senato). (C. 4410)
e delle abbinate proposte di legge: ARTINI ed altri; NESCI ed altri; MONCHIERO ed altri; GIANLUCA PINI ed altri; BRUNETTA ed altri; PAGLIA ed altri; PRATAVIERA ed altri; ARTINI ed altri; ARTINI ed altri; CARIELLO e PISANO; CIVATI ed altri; SIBILIA ed altri; VILLAROSA ed altri.
(C. 1123-3339-3485-3486-3499-3508-3616-3799-3882-4053-4217-4428-4429)
Relatore: BERNARDO.
La seduta termina alle 16,05.
TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: DONATELLA FERRANTI (A.C. 4368)
DONATELLA FERRANTI, Relatrice per la maggioranza. (Relazione per la maggioranza – A.C. 4368). Il provvedimento in esame è il risultato di un approfondito lavoro avviato tre anni orsono dalla Camera dei deputati e proseguito dal Senato, che affonda le proprie radici nei lavori di quattro Commissioni ministeriali di studio (le cosiddette commissioni Riccio, Fiorella, Canzio e Giostra). Questa precisazione è opportuno premetterla alla relazione che mi accingo a svolgere, poiché da un punto di vista strettamente formale ci troviamo innanzi ad un provvedimento approvato dal Senato, che viene esaminato in prima lettura dalla Camera.
In realtà, il provvedimento in esame, approvato dal Senato in data 15 marzo 2017, è sostanzialmente il risultato della unificazione in un unico testo, oltre che di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, di due progetti di legge già approvati dalla Camera: nel disegno di legge del Governo n. 2798 (Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi nonché all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena), approvato il 23 settembre 2015, è stata innestata la proposta di legge n. 2150 (Modifiche al codice penale in materia di prescrizione del reato), approvata il 24 marzo 2015.
Per quanto non si possa applicare il principio della cosiddetta doppia conforme, gran parte delle disposizioni contenute nei due testi approvati dalla Camera sono state confermate dal Senato. Le modifiche che il Senato ha apportato a tali testi ne hanno confermato, infatti, la struttura e la ratio.
Queste considerazioni oltre che la completezza del testo in esame ,frutto di un approfondito lavoro, hanno portato la Commissione Giustizia a non modificare il testo trasmesso dal Senato: qualsiasi modifica tra l'altro anche minimale comporterebbe il rischio non solo di allungare i tempi dell' attuazione della riforma ma addirittura ne metterebbe a repentaglio la stessa approvazione, in considerazione dei tempi della legislatura e del carico di provvedimenti legislativi in materia di giustizia a tutt'oggi in discussione al Senato. Ricordo inoltre che l'approvazione del provvedimento in esame è stata inserita nel cronoprogramma previsto dal DEF del 2017 tra i provvedimenti considerati strategici per la crescita del Paese.
Proprio l'ampio ed approfondito esame svoltosi sia presso questa Camera che presso il Senato, ha consentito alla Commissione, a maggioranza, d'intesa con i pareri espressi dal Governo,di non modificare un testo che risulta essere organico e ben strutturato, frutto tra l'altro dei lavori preparatori di Commissioni di Studio Ministeriali composte da Autorevoli esperti della materia. Eventuali ulteriori specificazioni che possono riguardare l'attuazione delle deleghe potranno costituire il contenuto di ordini del giorno, senza che vi sia la necessità di modificare il testo. Invero lo strumento dell'ordine del giorno potrà essere utilizzato con una duplice finalità: conferire delle linee al Governo nell'attuazione delle deleghe ovvero prevedere un monitoraggio dell'applicazione di alcuni nuovi istituti per poi verificare a medio o lungo termine gli eventuali correttivi.
Attraverso un ordine del giorno, ad esempio, potrebbe essere soddisfatta la preoccupazione sollevata dalla Commissione Affari sociali nel suo parere favorevole con osservazione. Su questo punto mi soffermerò specificatamente quando illustrerò la disposizione sulle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS). A proposito dei pareri espressi in sede consultiva, ricordo che tutte le altre Commissioni competenti (Affari costituzionali, Bilancio, Cultura, Ambiente, Trasporti e Politiche dell'Unione Europea) hanno espresso parere favorevole senza alcuna osservazione o condizione.
Prima di soffermarmi sulle specifiche disposizione del testo, raggruppandole per materia, ritengo opportuno procedere ad uno sguardo d'insieme del provvedimento, che racchiude significative modificazioni normative che toccano diversi settori della giustizia penale, sia con riferimento al diritto penale sostanziale che processuale, nonché dell'ordinamento penitenziario.
Sul piano del diritto sostanziale, oltre all'introduzione di una nuova causa di estinzione dei reati perseguibili a querela, a seguito di condotte riparatorie, il provvedimento interviene sulla disciplina di alcuni reati, in particolare quelli contro il patrimonio, inasprendone il quadro sanzionatorio. Particolarmente significativa è poi la modifica alla disciplina della prescrizione. A questo proposito, ricordo che l'Italia è stata da tempo messa in mora dall'OCSE per i ritardi nell'approvazione di una riforma della disciplina della prescrizione, volta a ridurre il rischio di vedere nei tre gradi di giudizio prescritti non solo delitti rilevanti ed odiosi, quali quelli in materia di corruzione, ma anche contravvenzioni, ad esempio quelle in materia ambientale.
Il provvedimento, inoltre, attraverso un'ampia e dettagliata delega al Governo, interviene sul regime di procedibilità di alcuni reati, sulla disciplina delle misure di sicurezza, anche attraverso la rivisitazione del regime del cosiddetto doppio binario, e sul casellario giudiziario. Il testo contiene poi modifiche di natura processuale volte a velocizzare i tempi del processo con particolare riguardo alle impugnazioni. Si segnalano, in particolare, gli interventi concernenti: l'incapacità irreversibile dell'imputato di partecipare al processo; la disciplina dei tempi di chiusura delle indagini preliminari e del procedimento di archiviazione; la disciplina dei riti speciali, dell'udienza preliminare, dell'istruzione dibattimentale e della struttura della sentenza di merito; la semplificazione delle impugnazioni e la revisione della disciplina dei procedimenti a distanza. Il provvedimento conferisce al Governo deleghe specifiche e dettagliate in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – individuando, fra gli altri, anche puntuali criteri direttivi con riguardo alle operazioni effettuate mediante immissione di captatori informatici (c.d. Trojan) limitate a reati particolarmente gravi, e per la riforma dell'ordinamento penitenziario attraverso, fra le altre, la revisione dei presupposti di accesso alle misure alternative e ai benefici penitenziari, l'incremento del lavoro carcerario, la previsione di specifici interventi in favore delle donne recluse e delle detenute madri. Sono altresì previste misure per la ristrutturazione e la razionalizzazione delle spese relative alle intercettazioni.
Passo ora all'illustrazione delle disposizioni del testo, raggruppandole per materia.
I commi da 1 a 4 hanno per oggetto l'estinzione del reato per condotte riparatorie.
Nei reati procedibili a querela, soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l'imputato ripara interamente il danno mediante restituzione o risarcimento ed elimina le conseguenze del reato. La regola è che il danno sia riparato prima che abbia inizio il dibattimento. L'interessato potrà richiedere al giudice, prima dell'apertura del dibattimento, un termine massimo di sei mesi, quando dimostri di non aver potuto provvedere a porre in essere le condotte riparatorie per fatti non a lui addebitabili.
La causa di estinzione del reato sarà applicabile anche ai procedimenti in corso sia in primo grado che in appello, al momento dell'entrata in vigore della legge: in tali casi, l'imputato dovrà chiedere al giudice un termine massimo di 60 giorni per adempiere. Solo se l'imputato possa dimostrare di non aver adempiuto nel termine breve per fatto non a lui addebitabile, sarà possibile richiedere un termine ulteriore, comunque non superiore a sei mesi.
Le condotte riparatorie mirano ad un effetto deflattivo (come altri provvedimenti già approvati in questa Legislatura, quali messa alla prova e l'archiviazione per tenuità dell'offesa) e favoriscono la mediazione penale , vale a dire un colloquio proficuo tra parti private (imputato, offeso), sotto lo sguardo dello Stato che svolge una funzione di mero arbitro qualora, per reati di scarso allarme sociale e procedibili a querela, sia intervenuto il risarcimento integrale.
Il testo approvato dal Senato è sostanzialmente identico a quello già approvato alla Camera in prima lettura e si raccorda con la previsione contenuta al comma 16, relativa alla revisione della procedibilità a querela dei reati contro la persona (ad eccezione della violenza privata)puniti con la sola pena pecuniaria o con pena detentiva non superiore a quattro anni ,sola o congiunta a pena pecuniaria, e contro il patrimonio , che arrechino offese di modesta entità (salve condizioni minorate della persona offesa, ricorrenza di aggravanti); per i processi in corso sarà possibile la presentazione della querela entro tre mesi dall'entrata in vigore, previa informativa alla persona offesa a cura del P.M.
I commi da 3 a 9 sono diretti a modificare i limiti di pena per i delitti di scambio elettorale politico-mafioso, furto, rapina ed estorsione.
Il testo è sostanzialmente identico a quello approvato dalla Camera in prima lettura, ad eccezione della previsione relativa al delitto di estorsione, che è stato aggiunto al Senato.
L'articolato prevede aumenti di pena per i reati di Voto scambio politico-mafioso (art. 416-ter c.p.) Pene che dagli attuali 4-10 anni di reclusione passeranno a 6-12. Si aumenta la pena detentiva minima per furto in abitazione (624 bis c.p.), che passa dall'attuale reclusione da uno a sei anni alla reclusione da tre a sei anni. Interventi dello stesso tenore sono previsti per il furto aggravato (art. 625 c.p. -oggi da 1 a 6 anni, diverrà 2-6), rapina semplice (art. 628 c.p. - oggi punita con la reclusione da 3 a 10 anni, si prevede la reclusione da 4 a 10 anni), rapina aggravata (art. 628, terzo comma, c.p., il cui minimo edittale passa da 4 a 5 anni di reclusione per le ipotesi monoaggravvate, arrivando a 6 anni per le rapine pluri aggravate - art. 628 quarto comma, di nuova introduzione) ed estorsione aggravata (art. 629 - l'attuale minimo edittale di 6 anni di reclusione passerà a 7 anni).
La ratio dell'intervento normativo, che segue quello osservata anche in campo dei reati dei pubblici ufficiali (corruzione) è l'innalzamento delle pene, in particolare dei minimi edittali, per ovviare al rischio di ottenimento facile di benefici per fatti-reato di grave allarme sociale (il riferimento è alla sospensione condizionale) e per scongiurare l'irrogazione di pene non proporzionate alla gravità delle condotte, soprattutto per i soggetti imputati che accedono a riti alternativi e premiali.
I commi da 10 a 15 contengono modifiche al codice penale in materia di prescrizione del reato.
Il testo approvato dal senato sostanzialmente riproduce con qualche modifica l'impianto della riforma approvata alla Camera in data 24 marzo 2014 (C. 2150), che si è ispirato al disegno di legge governativo approvato dal Consiglio dei Ministri il 30 agosto 2014.
La prescrizione è una causa di estinzione del reato, connessa al decorrere del tempo dalla consumazione del reato; è sempre rinunciabile dall'imputato.
Il regime della prescrizione è regolato dagli artt. 157 – 161 c.p.
Secondo la normativa vigente, il periodo necessario per la maturazione della prescrizione è corrispondente al massimo della pena stabilita per il reato per cui si procede e, comunque, non può essere inferiore ai sei anni per i delitti e quattro per le contravvenzioni. Ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere non si tiene conto delle circostanze del reato, ad eccezione delle aggravanti ad effetto speciale.
Il corso della prescrizione decorre dal momento della consumazione dell'illecito.
Per taluni reati gravi, il legislatore - per scelta di politica criminale - ha stabilito il raddoppio dei termini per la prescrizione (si tratta di: disastro colposo, omicidio colposo aggravato, reati di competenza del procuratore distrettuale antimafia, ecodelitti, maltrattamenti in famiglia, reati sessuali non attenuati).
I reati puniti con l'ergastolo sono imprescrittibili. (157 c.p.)
Il corso della prescrizione è soggetto a sospensione, per fatti elencati dall'art. 159. In caso di sospensione, la prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa sospensiva. Le attuali cause di sospensione sono: autorizzazione a procedere; deferimento della questione ad altro giudizio; sospensione del procedimento per impedimento delle parti o dei difensori; assenza dell'imputato (non notiziato del procedimento e non rappresentato dal difensore).
Il corso della prescrizione è altresì soggetto ad interruzione, legata ad altre cause processuali, elencate dall'art. 160. Si tratta di: Sentenza o decreto di condanna, misure cautelari personali, convalida del fermo o dell'arresto, interrogatorio avanti il p.m. o al giudice, fissazione dell'udienza camerale per decidere sulla richiesta di archiviazione, richiesta di rinvio a giudizio, decreto di fissazione dell'udienza preliminare, decreto che dispone il giudizio abbreviato, decreto di fissazione dell'udienza per la decisione sul patteggiamento, presentazione o citazione per il giudizio direttissimo, decreto che dispone il giudizio immediato, il decreto che dispone il giudizio ed il decreto di citazione diretta a giudizio.
La prescrizione ricomincia a decorrere dall'inizio dopo l'atto interruttivo, tuttavia in nessun caso i termini stabiliti dall'art. 157 (limite massimo edittale e, comunque, non meno di sei anni per i delitti e quattro per le contravvenzioni) possono essere aumentati di oltre un quarto, salva la disciplina dei reati di grave allarme di competenza del procuratore distrettuale antimafia ed i casi di recidiva.
In sintesi, la situazione attuale comporta che per processi penali già incardinati avanti i Tribunali (o: Corti di Appello, Cassazione) il tempo necessario per la prescrizione è: 7 anni e mezzo per i delitti (sei anni, più un quarto in forza degli atti interruttivi) puniti con pena massima fino a sei anni di reclusione; per i delitti con pena superiore (e diversa dall'ergastolo), massimo della pena prevista più un quarto; 5 anni per le contravvenzioni (quattro anni, più un quarto in forza degli atti interruttivi).
Diverso è l'assetto proposto con la riforma del processo penale, come approvata dal Senato.
Sul punto della prescrizione, l'intervento di maggiore impatto riguarda le cause di sospensione del procedimento, che – come si vedrà – concedono in concreto all'Autorità Giudiziaria un periodo di ulteriori trentasei mesi per giungere alla pronuncia definitiva di merito della causa, ove vi sia stata una pronuncia di condanna in primo e secondo grado.
Andando con ordine, si devono segnalare anche altri importanti interventi. Per i reati sessuali o di violenza commessa in ambito domestico, di cui sono vittime i minori, il corso della prescrizione comincia a decorrere dal compimento del diciottesimo anno di età della persona offesa (art. 158 c.p.). Questa norma è identica al testo Camera e tiene conto della Convenzione di Istanbul.
Si è inoltre aggiunta una nuova causa interruttiva del corso della prescrizione (interrogatorio avanti la polizia giudiziaria delegata - art. 160 c.p.).
Sulla sospensione (art. 159), oltre alla riformulazione delle già esistenti cause di deferimento della questione ad altro giudice e di autorizzazione a procedere, la riforma prevede nuove cause di sospensione:
Il corso della prescrizione è sospeso:
- per la richiesta di rogatoria all'estero; il termine massimo di sospensione è pari a 6 mesi dal provvedimento che dispone la rogatoria;
- dal termine per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza del grado successivo, e comunque per un periodo non superiore a un anno e sei mesi dal termine per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado fino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo non superiore a 1 anno e 6 mesi.
In caso di pronuncia di sentenza favorevole per l'imputato nelle fasi successive al primo grado, o di annullamento della condanna nella parte relativa alla sua responsabilità o a dichiarazione di nullità della decisione (in alcuni casi specifici previsti dall'art. 604 c.p.p.) i periodi “sospesi” vengono invece ricomputati ai fini del maturare della prescrizione.
In sintesi, con la modifica proposta il tempo necessario ad estinguere il reato per prescrizione è aumentato, nel solo caso in cui entro il termine prescrizionale attualmente previsto l'Autorità giudiziaria (di primo o di secondo grado) emetta una sentenza di condanna, e ciò in quanto è chiaro in questi casi l'interesse dello Stato, incompatibile per ciò stesso con l'oblio, a pervenire in tempi ragionevoli alla pronuncia di merito di accertamento della responsabilità.
I commi 13 e 14 dell'art. 1 del Testo approvato dal Senato sono intervenuti anche sull'art. 161 c.p. che disciplina gli effetti interruttivi della prescrizione e delle cause di sospensione
In particolare specifica che l'interruzione ha effetto per tutti coloro che hanno commesso il reato; mentre le cause di sospensione riguardano solo gli imputati nei cui confronti si sta procedendo.
Inoltre per gravi reati di corruzione (318,319, 319 ter, 319 quater, 320, 321, 322 bis) e per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (640 bis) si prevede che la causa di interruzione possa comportare un aumento del tempo di prescrizione che comunque non può superare la pena edittale massima aumentata della metà (e non di un quarto) come previsto per i reati comuni (non di criminalità organizzata).
La Camera, nella proposta di legge C. 2150, sul punto della prescrizione dei reati di corruzione aveva previsto l'inserimento di tali reati nell'art. 157 c.p., con un aumento del tempo base di prescrizione della metà della pena edittale massima. Questa norma è stata abrogata dal Senato che ha preferito riconoscere la specificità dei reati corruttivi di difficile emersione, nell'ambito dell'articolo 161 c.p.
Occorre ricordare che nel frattempo è stata approvata la legge 27 maggio 2015, n. 69 che ha alzato i minimi ed i massimi edittali previsti per i reati di corruzione. In particolare, la pena massima per il peculato (art. 314) è stata portata a 10 anni e 6 mesi di reclusione (in precedenza era 10 anni) e la pena massima per la corruzione per l'esercizio della funzione (art. 318) a 6 anni (prima 5 anni); la pena per il reato di corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (art. 319) va ora da 6 a 10 anni di reclusione (prima da 4 a 8 anni); la pena per il reato di corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter) da 6 a 12 anni (prima da 4 a 10 anni); per lo stesso reato, se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a 5 anni, la pena è della reclusione da 6 a 14 anni (prima da 5 a 12 anni) mentre se all'ingiusta condanna consegue la reclusione superiore a 5 anni o l'ergastolo, la pena è della reclusione da 8 a 20 anni (prima da 6 a 20 anni); infine, la pena per il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater) è la reclusione da 6 a 10 anni e 6 mesi (in precedenza da 3 a 8 anni).
La sensibilità del legislatore nei confronti dei delitti contro la Pubblica Amministrazione, con specifico riferimento alla corruzione, è attestata inoltre dalla modifica contenuta all'art. 132 bis disposizioni di attuazione, in tema di priorità assicurata alla trattazione dei processi. Nel novero dei reati (o situazioni di fatto) meritevoli di corsia preferenziale vengono inseriti le corruzioni (comma 74).
Come si è già sottolineato, a questo proposito, occorre ricordare che l'Italia è stata da tempo messa in mora dall'OCSE per i ritardi nell'approvazione di una riforma della disciplina della prescrizione, volta a ridurre il rischio di vedere prescritti processi per delitti particolarmente rilevanti, a iniziare proprio da quelli in materia di corruzione. E che l'approvazione di tale riforma è stata inserita nel cronoprogramma previsto dal DEF del 2017 al fine di individuare i provvedimenti considerati strategici per la crescita del Paese.
I commi 16 e 17 contengono la delega al governo per la riforma delle misure di sicurezza.
Il Governo è delegato oltre che alla revisione della procedibilità di alcuni reati contro la persona e contro il patrimonio che arrechino offese di modesta entità di cui si è già sopra parlato ; alla revisione delle misure di sicurezza personali, al fine di raggiungere il divieto di emissione di tali misure per fatti non preveduti dalla legge del tempo in cui furono commessi; e di limitare ai reati di grave allarme (art. 407 lett. a ) l'applicazione congiunta di pena e misura di sicurezza personale; revisione del modello definitorio dell'infermità, tenendo conto dei disturbi della personalità; previsione di misure terapeutiche e di controllo per i soggetti non imputabili e accertamento periodico della pericolosità sociale di tali soggetti; superamento del sistema del doppio binario (limitatamente ai fatti non ricompresi nell'art. 407, co. 2 lett. a) c.p.p. - fatti di grave allarme sociale); tenuto conto dell'abolizione degli OPG, destinazione delle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) prioritariamente per i soggetti definitivamente giudicati infermi; per i soggetti che siano divenuti infermi durante l'esecuzione della pena, nonché per gli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisorie e di tutti coloro che abbisognino di accertamenti sulle condizioni psichiche, qualora gli istituti penitenziari non garantiscano idonei trattamenti terapeutici.
Quanto alla disposizione che ha ad oggetto le REMS, si tratta di una norma inserita dal Senato che ha sollevato perplessità, come emerge dal parere della Commissione Affari sociali, alla luce della riforma operata dalla legge n. 81 del 2014 che ha chiaramente posto al centro del nuovo sistema i dipartimenti di salute mentale considerando il ricovero nelle REMS – in particolare per i soggetti per i quali l'infermità di mente sia sopravvenuta durante l'esecuzione della pena, per gli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria nonché per tutti coloro per i quali occorra accertare le condizioni psichiche – quale extrema ratio dai caratteri di eccezionalità e transitorietà. Perplessità che potrebbero essere superate attraverso un ordine del giorno di indirizzo al Governo nell'attuazione della delega, che potrebbe essere formulato nel senso di precisare, sulla base dell'avverbio ‘prioritariamente', che la destinazione alle REMS di soggetti diversi da quelli per i quali tali strutture sono state istituite sia eccezionale e che sia possibile solo quando vi siano posti a disposizione rispetto a quelli utilizzati nell'ambito delle funzioni proprie delle REMS. In sostanza, si tratterebbe di impegnare il Governo nell'attuazione della delega a garantire che le REMS non si trasformino in meri ospedali psichiatrici giudiziari, modello ormai superato in via definitiva.
I commi 18, 19 e 20 hanno per oggetto una delega al governo per la revisione della disciplina del casellario giudiziale.
Delega finalizzata ad adeguare il regime delle iscrizioni pregiudizievoli del casellario alle nuove norme penali e processuali, alle disposizioni in materia di protezione dei dati personali; consentire alle P.A. di richiedere il certificato del casellario quando ciò sia necessario per l'esercizio delle funzioni delle pubbliche amministrazioni; prevedere l'eliminazione dal casellario delle sentenza di proscioglimento per tenuità del fatto; rimodulare i tempi per l'eliminazione delle condanne per fatti di minore gravità e comunque per pene non superiori a sei mesi.
I commi 21, 22 e 23 sono diretti a modificare il codice di procedura penale in materia di incapacità irreversibile dell'imputato.
Le modifiche risolvono la questione sugli "eterni giudicabili" su cui era intervenuta la Corte Costituzionale (sent. 45/2015). Secondo la riforma, l'attuale sistema di sospensione del procedimento per i casi di infermità con accertamenti semestrali sulla capacità dell'imputato dovrà applicarsi si soli casi in cui la patologia appaia reversibile (artt. 71 e 72 c.p.p.). Per i casi di incapacità stimata come irreversibile, il Giudice dovrà emettere una sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere (nuovo art. 72 bis c.p.p.). Le due tipologie di pronunce non impediranno la riproponibilità dell'azione penale, per il venir meno dello stato di incapacità o se questo sia stato erroneamente dichiarato.
Il comma 24 interviene in materia di comunicazioni presso il domicilio eletto.
Si introduce un ultimo comma dell'art. 162 c.p.p., che prevede che le comunicazioni presso il domicilio professionale del difensore di ufficio siano valide nel solo caso in cui l'avvocato presti il consenso alla ricezione di tali atti.
I commi da 25 a 37 modificano la disciplina delle indagini preliminari e del procedimento di archiviazione.
Nel corso delle indagini preliminari per i reati di mafia e terrorismo il giudice può differire il colloquio dell'arrestato con il proprio avvocato per un massimo di 5 giorni. (co. 25)
In tema di accertamenti tecnici non ripetibili, al fine di evitare riserve di incidente probatorio strumentali e meramente dilatorie, si prevede che la riserva dell'indagato non seguita da formale richiesta di incidente probatorio entro 10 giorni perda efficacia. (co. 28 e 29).
Nell'ambito della certezza dei tempi dell'indagine, il rinvio a giudizio o la richiesta di archiviazione dovranno essere presentati entro 3 mesi (prorogabili di altri tre, per le indagini complesse e fino a 15 per i reati più gravi) dalla scadenza del termine di durata massima o comunque dalla scadenza dei termini di cui all'articolo 415 bis di conclusione delle indagini. Il citato termine è di quindici mesi per i reati di mafia, terrorismo e altri gravi reati previsti dall'articolo 407 comma 3 bis del codice di procedura penale. L'inerzia del PM legittima l'avocazione di ufficio del fascicolo al PG presso la corte d'appello. La previsione cerca di attuare tempi certi di conclusione della fase delle indagini e vuol in definitiva correggere alcune prassi in cui il Pubblico Ministero temporeggia oltremodo, consumando anche i tempi massimi di prescrizione a discapito del giudice di primo grado, prima di esercitare l'azione penale dopo la chiusura formale dell'indagine con avviso 415 bis o dopo lo spirare del termine massimo di durata.
La disposizione è altresì, in definitiva, finalizzata a contenere i tempi morti del procedimento in fase di indagine e a garantire una ragionevole durata del processo (co. 30).
In tema di comunicazione della richiesta di archiviazione alla persona offesa e di tempi per la presentazione dell'opposizione, il termine per la opposizione alla richiesta di archiviazione è portato a venti giorni per tutti. Gli offesi del furto in abitazione hanno diritto (così come le vittime dei delitti con violenza alla persona) alla comunicazione d'ufficio della richiesta di archiviazione e per tali reati il termine per la presentazione dell'opposizione è elevato a trenta giorni. (co. 31).
In ogni caso un'ulteriore attenzione viene posta all'effettività dei diritti di informazione della persona offesa mediante la modifica all'art. 335 c.p.p.
I commi 26 e 27, in particolare, stabiliscono che a 6 mesi dalla denuncia infatti la persona offesa ha diritto a conoscere lo stato del procedimento, si accresce la funzione di controllo e stimolo all'attività del PM da parte della vittima. Le persone offese verranno informate di tale facoltà, dal primo contatto con l'Autorità e in forma e lingua comprensibili (modifica all'art. 90 bis c.p.p.).
Viene modificato l'art. 409, in materia di provvedimenti sulla richiesta di archiviazione. La previsione vuole limitare i tempi morti successivi alla richiesta di archiviazione. Il Giudice per le indagini preliminari che non ritiene di accogliere la richiesta del PM dovrà fissare l'udienza camerale entro tre mesi. La riserva successiva all'udienza non potrà essere prolungata oltre tre mesi. (co. 32).
E' stato introdotto l'art. 410 bis sulla razionalizzazione delle nullità del provvedimento di archiviazione e della sua impugnabilità. Introduzione di cause di nullità del provvedimento (decreto od ordinanza) di archiviazione. I vizi che danno luogo a nullità sono: a) pronuncia senza avviso alla persona offesa; b) pronuncia prima dello scadere del termine per la presentazione dell'opposizione; c) archiviazione de plano in costanza di opposizione, senza motivazione del gip sull'inammissibilità dell'opposizione.
Per ogni caso di nullità il meccanismo di rilevamento non è più il ricorso per Cassazione, ma il reclamo al tribunale in composizione monocratica (meglio dell'appello: fascicoli, parti ed avvocati non viaggiano verso il capoluogo di distretto), con evidenti finalità di economia processuale e, in particolare, di alleggerimento del carico della cassazione. Lo spirito dell'intervento è tipizzare i casi di nullità delle archiviazioni e di sottrarre la competenza per i vizi dell'atto alla Corte di Cassazione. (co. 33 - 36, comprensivi di disposizioni di coordinamento con le modifiche introdotte).
Il comma 37 prevede che nella relazione annuale del Governo alle Camere in tema di misure cautelari personali sia contenuto anche il dato relativo ai procedimenti in cui si sia riconosciuto il risarcimento per l'ingiusta detenzione. (la modifica interviene sull'art. 15 della Legge 47/2015).
E' modificato l'art. 428 c.p.p., disciplina dell'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere. Finalità di sottrarre la competenza dell'impugnazione alla Cassazione. In caso di proscioglimento in udienza preliminare, il pm (e non più la persona offesa) può proporre impugnazione alla Corte d'Appello, che decide in camera di consiglio. In caso di accoglimento dell'impugnazione, la Corte forma il fascicolo del dibattimento ed emette il decreto che dispone il giudizio. Il provvedimento di rigetto della Corte d'Appello è ricorribile per Cassazione solo per violazione di legge. (art. 1 co. 38 - 40).
Sono modificati gli art. 438 e ss. c.p.p., in materia di rito abbreviato. In caso di accesso al rito immediatamente successivo al deposito indagini difensive, il Pm può chiedere termine (al massimo 60 giorni) per nuove indagini. In tal caso, l'imputato può revocare la scelta dell'abbreviato. E' prevista la possibilità di richieste subordinate dell'imputato, per il caso in cui il GUP non accolga la richiesta di abbreviato condizionato (si potrà chiedere abbreviato semplice e patteggiamento).
La scelta del rito comporterà inoltre la sanatoria delle nullità non assolute, la non rilevabilità delle inutilizzabilità e preclusione sulla questione di competenza per territorio (finalità deflattive: in caso di scelta del rito contratto l'ordinamento ha di mira l'emissione di una sentenza in breve tempo: ne segue l'inderogabilità dello "stato degli atti" esistente al momento dell'accesso all'abbreviato).
E' modificato l'art. 442 c.p.p. per stimolare un maggior ricorso all'abbreviato si prevede che qualora si proceda per contravvenzioni la diminuente per la scelta del rito sarà della metà della pena, rimanendo fermo lo "sconto" di un terzo per i delitti.
Sono previste inoltre disposizioni di coordinamento per i casi in cui la scelta dell'abbreviato sia esercitata nel contesto di altro rito speciale (direttissimo, immediato, procedimento per decreto). (co. 41 - 48).
Viene modificato l'art. 130 c.p.p., sulla correzione dell'errore materiale. Per i casi di patteggiamento in cui si debba rettificare la specie o la quantità di pena irrogata, provvede il giudice a quo, che corregge materialmente l'errore. Se è proposta impugnazione, provvede direttamente la Corte di Cassazione, senza pronunciare annullamento. (co. 49)
E' modificato l'art. 448 c.p.p. sull'impugnabilità delle sentenza di patteggiamento. Limiti alle impugnazioni di pene concordate: ricorribilità per Cassazione solo per vizi della espressione della volontà, al difetto di correlazione tra accordo e sentenza, all'erronea qualificazione del fatto, all'illegalità della pena o della misura di sicurezza. Tale disciplina non si applica ai procedimenti in corso al momento dell'entrata in vigore della legge, qualora la richiesta di patteggiamento sia già stata avanzata (co. 50 e 51).
Viene modificato l'art. 546 c.p.p., in materia di requisiti della sentenza. La proposta vuole prevedere per legge il percorso logico che deve seguire il giudice nell'indicare le ragioni di fatto e di diritto che fondano la sentenza ed i motivi per cui si sono ritenute non attendibili le prove contrarie. La motivazione dovrà contenere: a) accertamento dei fatti, delle circostanze e loro qualificazione giuridica; b) punibilità e determinazione della pena; c) responsabilità civile da reato; d) accertamento dei fatti dai quali discende l'applicabilità di norme processuali.
La logica che guida la norma modificata è quella di creare un modello legale di motivazione in fatto della decisione, con particolare attenzione alla valutazione delle prove e, in generale, con una precisa scansione dei passaggi de seguire, che è diretta a facilitare e rendere più logica l'individuazione dei punti da impugnare per le parti ed a facilitare l'individuazione dei poteri del giudice dell'impugnazione. (co. 52).
E' stato modificato anche l'art. 459 c.p.p., in tema di procedimento per decreto, prevedendo che il valore di conversione di un giorno di detenzione (reclusione o arresto) sia portato dagli attuali 250 euro a 75 euro. Si persegue la finalità di incentivare l'utilizzo del decreto penale di condanna (finalità deflattive del dibattimento) e facilitare la riscossione dei pagamenti (co. 53).
Per quanto attiene alle modifiche in materia di disposizioni generali sulle impugnazioni, all'art. 571 c.p.p., è stato eliminato il ricorso per Cassazione personale dell'imputato (finalità deflattiva per la cassazione, modifica necessaria anche in relazione agli elevati numeri di inammissibilità dei ricorsi personali che intasano la Corte di cassazione e ne impediscono la funzione nomofilattica).
In relazione alla forma dell'impugnazione, rispetto alla situazione attuale l'imputato dovrà esporre a pena di inammissibilità le censure in termini di motivi, capi o punti della decisione cui si riferisce, prove di cui lamenta l'inesistenza o la omessa o erronea valutazione, richieste istruttorie. (da leggere in coordinamento con la modifica dei requisiti della sentenza - art. 546 c.p.p. (co. 54 e 55).
Viene introdotto l'art. 599 bis c.p.p. e modificato l'art. 602 c.p.p., in tema di concordato in appello anche con rinuncia ai motivi. L'istituto abrogato nel 2008 viene riproposto in considerazione della sua grande efficacia deflattiva; sono stati reintrodotti, però, in Senato, sbarramenti per reati gravi ed è comunque prevista l'emanazione di linee guida da parte della Procura Generale per i PG di udienza. (co. 56 e 57).
E' modificato l'art. 603 c.p.p. Nel caso di appello del PM contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione di una prova dichiarativa, il giudice dovrà rinnovare l'istruttoria. Si è voluto recepire l'indirizzo della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo sul fair trial (co. 58).
In materia di ricorso per Cassazione e di rimessione del processo, le modifiche all'art. 48 c.p.p. prevedono aumenti delle pene pecuniarie per i ricorsi inammissibili, per scoraggiare ricorsi “esplorativi”, e la semplificazione delle procedure di rilievo delle cause di inammissibilità (co. 59).
La modifica all'art. 325 c.p.p. prevede l'uniformazione del ricorso avverso le misure cautelari reali a quello per le personali, quanto a forme dell'udienza e tempi massimi per giungere alla decisione (tre mesi). (co. 60).
Le modifiche all'art. 610 c.p.p. hanno per oggetto la comunicazione della Corte relativa ai motivi di ritenuta inammissibilità, che dovranno essere indicati «in relazione al contenuto dei motivi di ricorso». La Corte di Cassazione potrà inoltre pronunciare l'inammissibilità senza formalità, quando vi siano cause "formali" di inammissibilità. (co. 61 e 62).
La modifica all'art. 613 c.p.p. recepisce la revoca della proponibilità del ricorso personale. (co. 63), mentre le modifiche all'art. 616 c.p.p. recepiscono gli aumenti delle multe in favore della Cassa delle Ammende per ricorsi inammissibili. (co. 64 e 65).
E' modificato l'art. 618 c.p.p., in tema di rimessione della causa alle Sezioni Unite. Le sezioni semplici potranno ricorrere alle Sezioni Unite, anche nel caso in cui non condividano l'orientamento pronunciato da altra sentenza delle SS.UU. La massima composizione della Corte potrà emettere il principio di diritto anche in caso di ricorso divenuto inammissibile, per causa sopravvenuta. Rafforzamento della funzione nomofilattica delle decisioni delle SSUU, nei nuovi criteri di rimessione. (co. 66).
Con la modifica dell'art. 620 c.p.p. sono aumentati gli spazi per la Cassazione per procedere ad un accoglimento senza rinvio, con evidenti finalità di economia processuale (co. 67).
Con la modifica all'art. 625-bis c.p.p. aumenta lo spazio per correzioni dell'errore materiale del provvedimento della cassazione, senza formalità. (co. 68)
La modifica all'art. 608 c.p.p. limita la presentazione del ricorso per Cassazione della procura e della parte civile ai soli motivi di legittimità, per i casi di assoluzione in primo e secondo grado. (co. 69).
Ulteriori modifiche al sistema delle impugnazioni sono previste e indicate nei principi di delega ci cui al comma 84 lettera f) per limitare l'impugnabilità di taluni provvedimenti.
In particolare: ricorribilità per le sole violazioni di legge delle sentenze di secondo grado emesse su fatti di competenza del Giudice di Pace; limiti al potere di appello del PG presso Corte d'Appello ai soli casi di avocazione, con acquiescenza del PM presso il Tribunale; limitazioni per impugnazione del PM dopo condanna (solo in caso di modifica titolo e esclusioni aggravanti ad effetto speciale) e dell'imputato dopo proscioglimento (in caso di proscioglimento con formule piene); esclusione dell'appellabilità delle sentenze di condanna alla sola pena dell'ammenda o di proscioglimento per contravvenzioni puniti solo con pena pecuniaria o con pena alternativa; proponibilità dell'appello incidentale in capo all'imputato. (co. 84)
In materia di rescissione del giudicato, si prevede l'abrogazione dell'art. 625-ter e l'introduzione dell'art. 629-bis, in tema di rescissione del giudicato raggiunto in absentia.
Si prevede, infine, che nella relazione annuale sull'amministrazione della giustizia, i presidenti delle corti di appello riferiscano dati sul reintrodotto istituto del concordato in appello. (co. 72).
Con la modifica all'art. 129 disposizioni di attuazione, si preveden che il P.M informa il Ministero dell'Ambiente dell'esercizio dell'azione penale per reati ambientali (modifica di coordinamento stilistico con gli altri commi della stessa disposizione). (co. 73).
Il testo modifica anche la normativa di organizzazione dell'Ufficio del Pubblico Ministero. Tra gli oneri del Procuratore della Repubblica viene inserito quello di assicurare “l'osservanza delle disposizioni relative all'iscrizione delle notizie di reato”. Analoga incombenza compete alle Procure generali nell'ambito dell'attività di vigilanza sulle procure del distretto.
La modifica è da leggere in continuità con quella al 407 c.p.p. (co. 30). La finalità è quella di garantire la certezza dei tempi della fase delle indagini, limitando l'arbitrarietà circa il momento dell'iscrizione nel registro. (co. 75)
In relazione alla disciplina della partecipazione al dibattimento a distanza, le modifiche all'art. 146-bis, diposizioni di attuazione, prevedono che i detenuti per condanna o misura cautelare per reati gravi partecipino a distanza alle udienze dibattimentali, nelle quali siano imputati, anche per fatti per i quali si trovi in stato di libertà, ovvero testimoni. Del pari sono sentiti a distanza i soggetti ammessi a programma o misura di protezione, nei processi in cui sono imputati. Il Giudice potrà, comunque, disporre con decreto motivato e su istanza di parte la partecipazione personale alle udienze dei soggetti sopra indicati, ad eccezione di quelli sottoposti al regime del 41-bis dell'ordinamento penitenziario. La partecipazione a distanza potrà essere disposta anche fuori dai casi elencati, quando sussistano ragioni di sicurezza, qualora il dibattimento sia complesso ed occorra evitare ritardi nello svolgimento, ovvero quando si dovrà assumere la testimonianza di persona in stato di detenzione. In caso di partecipazione con sistema audiovisivo, anche le altre parti potranno partecipare a distanza, assumendosi le spese relative al collegamento. Sono presenti disposizioni di coordinamento, che incidono sull'art. 45-bis disposizioni di attuazione, relativo alle udienze camerali; e sull'art. 134-bis delle norma di attuazione al c.p.p. che prevede la partecipazione a distanza nel giudizio abbreviato; nonché sul codice antimafia (art. 7) , in relazione all'esame dei testimoni, nel procedimento delle misure di prevenzione personali , per il quale si applicano le norme del 146-bis e 147-bis disposizioni di attuazione.
Ad eccezione dei casi relativi ai detenuti per associazione per delinquere di stampo mafioso ed associazione eversiva, le norme sul procedimento a distanza entreranno in vigore dopo un anno dalla pubblicazione della legge in G.U. (co. 77 – 81).
Nell'ambito della riforma del processo penale in materia di ordinamento penitenziario, intercettazioni ed impugnazioni, è delegata al Governo la riforma del regime delle intercettazioni telefoniche e telematiche con riferimento alla divulgazione del contenuto delle captazioni. Si prevede che, anche dopo la discovery parziale conseguente all'emissione di misure cautelari, con particolare riferimento ai dati sensibili ed non rilevanti ai fini delle accuse le registrazioni di tali conversazioni siano a disposizione delle parti che non potranno estrarne copia fino alla celebrazione dell'udienza di stralcio; dopo tale udienza, gli atti (comprensivi delle trascrizioni) siano messi a disposizione delle parti; le conversazioni che appaiono non rilevanti non saranno trascritte sommariamente, ma solo indicate con data e ora. E' mantenuta la delega sul delitto di captazioni fraudolente finalizzate ad arrecar danno alla reputazione o all'immagine altrui. Si prevede che nell'esercizio della delega si tenga conto dei principi giurisprudenziali in materia di tutela della libertà di stampa e del diritto dei cittadini all'informazione elaborati dalla a Corte Europea dei Diritti dell'Uomo; si prevede la semplificazione dell'impiego delle intercettazioni per i più gravi delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.
Sono poi dettati principi di delega per la disciplina delle intercettazioni mediante “captatori informatici” – più noti come trojan – che, anche dopo l'intervento Sezioni Unite della Cassazione, necessitano di una regolamentazione specifica Si prevede che l'attivazione del microfono sia data con comando da remoto, così evitando che la registrazione sia continua. Il ricorso ai trojan è “sempre ammesso” quando si procede per reati gravi di competenza del Procuratore distrettuale antimafia; le captazioni domestiche potranno essere disposte anche fuori di tali casi , nel rispetto dei requisiti previsti dagli artt. 266 e ss. per le intercettazioni “classiche”, laddove si stia svolgendo l'attività criminosa .Il Giudice nel disporre le intercettazioni tramite trojan deve indicarne le ragioni dell'utilizzo di tale tecnica di captazione ; le captazioni dovranno essere canalizzate verso server della Procura; i programmi informatici utilizzabili dovranno essere indicati in una Decreto del Ministero di Giustizia; il PM potrà disporre le intercettazioni di urgenza mediante trojan solo quando procede per i gravi reati, di cui sopra; si applicano le disposizioni di cui all'art. 270 c.p.p.; si prevede infine la non conoscibilità, il divieto di divulgazione e di pubblicazione delle captazioni che riguardino occasionalmente soggetti terzi rispetto all'indagine.
Ulteriore delega è affidata al Governo dal comma 86 ed è relativa all'adozione di norme di attuazione, di coordinamento e transitorie, mentre il comma 87 riguarda la delega per le eventuali disposizioni integrative e correttive.
Il comma 88 prevede misure per la ristrutturazione e la razionalizzazione delle spese relative alle intercettazioni.
I principi e criteri direttivi indicati ricalcano sostanzialmente la delega conferita al Governo con la legge n. 124/2015 ad adottare uno o più decreti legislativi per la ristrutturazione e la razionalizzazione delle spese per le intercettazioni, delega che non è mai stata esercitata. L'adozione di tali provvedimenti avrebbe dovuto portare a un risparmio di spesa del 50% delle voci di listino delle spese obbligatorie stabilite con il decreto interministeriale del 26 aprile 2001, nonché l'adozione di un tariffario unico nazionale per i cd. noleggi apparati con consistenti risparmi di spesa.
Il comma 88 apporta modifiche all'articolo 96 del D.Lgs. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche). Più nel dettaglio la disposizione:
– espunge dall'articolo 96 ogni residuo riferimento al “repertorio”, sostituendolo con il più corretto richiamo al termine “decreto”.
– riscrive il comma 2 dell'articolo 96 prevedendo che, ai fini dell'adozione del canone annuo forfetario per le prestazioni obbligatorie a fini di giustizia effettuate a fronte di richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle autorità giudiziarie, con decreto dei Ministri della giustizia e dello sviluppo economico (di concerto con il MEF) da emanarsi entro il 31 dicembre 2017, vengano riviste le voci di listino di cui al DM 26 aprile 2001.
Tale decreto:
- disciplina le tipologie di prestazioni obbligatorie e ne determina le tariffe, tenendo conto dell'evoluzione dei costi e dei servizi, in modo da conseguire un risparmio di spesa pari almeno al 50 per cento rispetto alle tariffe praticate. Nella tariffa sono ricompresi i costi per tutti i servizi contemporaneamente attivati o utilizzati da ogni identità di rete;
- individua i soggetti tenuti alle prestazioni obbligatorie di intercettazione, anche tra i fornitori di servizi, le cui infrastrutture consentono l'accesso alla rete o la distribuzione dei contenuti informativi o comunicativi, e coloro che a qualunque titolo forniscono servizi di comunicazione elettronica o applicazioni, anche se utilizzabili attraverso reti di accesso o trasporto non proprie;
- definisce gli obblighi dei soggetti tenuti alle prestazioni obbligatorie e le modalità di esecuzione delle stesse, tra cui l'osservanza di procedure informatiche omogenee nella trasmissione e gestione delle comunicazioni di natura amministrativa, anche con riguardo alle fasi preliminari al pagamento delle medesime prestazioni.
Il comma 89 prevede poi che, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, vengano definite le prestazioni funzionali alle operazioni di intercettazione e vengano determinate le corrispondenti tariffe. A tale decreto, da aggiornarsi ogni due anni, sulla base delle innovazioni scientifiche, tecnologiche ed organizzative e delle variazioni dei costi dei servizi, sono demandate:
- l'individuazione delle tipologie di prestazioni funzionali erogate;
- la determinazione della tariffa per ogni tipo di prestazione in misura non superiore al costo medio di ciascuna, come rilevato, nel biennio precedente, dal Ministero della giustizia tra i cinque centri distrettuali con il maggiore indice di spesa per intercettazioni;
- la specificazione degli obblighi dei fornitori delle prestazioni in relazione ai livelli qualitativi e quantitativi minimi dei servizi offerti ed alle modalità di conservazione e gestione, mediante canali cifrati, dei dati raccolti negli archivi informatizzati, nel rispetto dei requisiti di sicurezza e delle necessità del loro trattamento secondo criteri di riservatezza, disponibilità e integrità.
Il comma 90 stabilisce che il DM di cui a comma 89 vada trasmesso, corredato di relazione tecnica, alle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari.
Infine, il comma 91, ai fini della razionalizzazione delle spese relative per intercettazione e quelle funzionali al loro utilizzo, stabilisce che il Governo è delegato ad adottare, entro un anno, uno o più decreti legislativi per armonizzare le disposizioni sulla razionalizzazione della spesa per intercettazioni (di cui ai commi 88 e 89) con quelle di cui al testo unico spese di giustizia (DPR 115 del 2002), secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
- accelerazione dei tempi di pagamento delle prestazioni rese;
- individuazione dell'autorità giudiziaria competente alla liquidazione della spesa;
- natura esecutiva del provvedimento di liquidazione;
- modalità di opposizione al provvedimento di liquidazione della spesa.
Il comma 85, fermo restando quanto previsto dall'art. 41-bis della legge n. 354 del 1975 individua i seguenti criteri e principi direttivi per la riforma dell'ordinamento penitenziario:
− semplificazione delle procedure per le decisioni di competenza del magistrato e del tribunale di sorveglianza, anche con la previsione del contraddittorio differito ed eventuale, ad eccezione di quelle relative alla revoca delle misure alternative alla detenzione (lett. a);
− revisione delle modalità e dei presupposti di accesso alle misure alternative, nell'ottica di facilitarne l'applicazione quando la condanna non riguardi casi di eccezionale gravità o delitti di mafia e terrorismo (lett. b). In particolare, per l'accesso alle misure, fissare in 4 anni il limite di pena che impone la sospensione dell'esecuzione (lett. c);
− revisione del sistema delle preclusioni all'accesso ai benefici penitenziari (lettere d ed e);
− previsione di attività di giustizia riparativa (lett. f);
− incremento delle opportunità di lavoro retribuito sia intramurario che esterno (lett. g);
− valorizzazione del volontariato (lett. h);
− valorizzazione dell'utilizzo dei collegamenti audiovisivi (lett. i);
− affermazione del diritto all'affettività (lett. n);
− revisione delle disposizioni dell'ordinamento penitenziario relative alla medicina penitenziaria, anche attraverso il potenziamento dell'assistenza psichiatrica negli istituti di pena (lett. l); esclusione del sanitario dal consiglio di disciplina istituito presso l'istituto penitenziario (lett. m);
− interventi specifici per favorire l'integrazione dei detenuti stranieri (lett. o);
− attuazione, sia pure tendenziale, del principio della riserva di codice nella materia penale, al fine di una migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni e quindi dell'effettività della funzione rieducativa della pena, attraverso l'inserimento nel codice penale di tutte le fattispecie criminose che abbiano a diretto oggetto di tutela beni di rilevanza costituzionale, i beni della salute, individuale e collettiva, della sicurezza pubblica e dell'ordine pubblico, della salubrità ed integrità ambientale, dell'integrità del territorio, della correttezza e trasparenza del sistema economico di mercato (lett. q);
− previsione di norme tendenti al rispetto della dignità umana attraverso la responsabilizzazione dei detenuti, la massima conformità della vita penitenziaria a quella esterna, la sorveglianza dinamica (lett. i).
− interventi a tutela delle donne recluse e delle detenute madri (lett. s e t);
− revisione del sistema delle pene accessorie improntata al principio della rimozione degli ostacoli al reinserimento sociale del condannato ed esclusione di una loro durata superiore alla durata della pena principale (lett. u);
− revisione delle attuali previsioni in materia di libertà di culto e dei diritti ad essa connessi (lett. v).
La disposizione di delega contiene infine specifici principi e criteri direttivi (lett. p) per l'adeguamento delle norme dell'ordinamento penitenziario alle esigenze rieducative dei detenuti minori di età, con riferimento tanto alle autorità̀ giurisdizionali coinvolte (n. 1), quanto all'organizzazione degli istituti per i minorenni (n. 2), consentendo l'applicabilità della del diritto penitenziario minorile anche ai giovani adulti (n. 3). Il Governo dovrà inoltre riformare le misure alternative alla detenzione (n. 4) ampliandone i criteri di accesso (n. 5) e, analogamente a quanto previsto dalla delega per gli adulti, eliminando ogni automatismo e preclusione per la revoca o la concessione (n. 6). Dovranno inoltre essere rafforzati l'istruzione e la formazione (n. 7) ed i contatti con la società esterna, in funzione di reinserimento sociale (n. 8).
In relazione alla riforma dell'ordinamento penitenziario è opportuno tenere conto, anche per interpretare i principi di delega, che il Senato ha opportunamente precisato che resta fermo quanto previsto dall'art. 41-bis della legge n. 354 del 1975, per cui su questo punto non vi è alcun arretramento. Questa precisazione è utile anche per fugare qualsiasi dubbio sorto in riferimento al comma 85, lettera i), che prevede la possibilità per i detenuti di utilizzo dei collegamenti audiovisivi sia a fini processuali, con modalità che garantiscano il rispetto del diritto di difesa, sia al fine di favorire le relazioni familiari. La preoccupazione avanzata da alcuni riguardante la possibilità di applicare tale principio anche ai detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, è priva di fondamento. Si è paventato anche il rischio che i criminali sottoposti al regime di massima sicurezza siano, di fatto, posti nelle condizioni di continuare a gestire i contatti e i collegamenti con l'associazione criminale di appartenenza mediante l'utilizzo di sistemi di collegamento audiovisivo. In realtà, le disposizioni sopra richiamate non modificano la disciplina attualmente prevista per il regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario. Già il contenuto testuale della norma (“Fermo restando quanto previsto dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354”) esclude forme di collegamento audiovisivo che possano, eventualmente, eludere il particolare rigore del regime detentivo di cui al citato articolo 41-bis, che, giova ricordarlo, rappresenta una norma speciale dell'ordinamento penitenziario. La materia dei collegamenti audiovisivi a fini processuali per i detenuti sottoposti al regime di cui all'art. 41-bis (così come per quelli appartenenti al circuito Alta Sicurezza) è già disciplinata dall'articolo 146-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, ed ha proprio lo scopo di evitare che in occasione di udienze dibattimentali possano avvenire contatti di qualsiasi natura tra soggetti sottoposti al regime detentivo speciale e altri imputati detenuti e/o altri soggetti. Di tali regole e principi generali ogni eventuale normativa futura dovrà tenere conto, anche quando l'obiettivo fosse quello, del tutto legittimo, di favorire le relazioni familiari di tali detenuti, attraverso il ricorso a forme diverse di collegamento audiovisivo a distanza, spesso utile a sopperire a lunghi e costosi viaggi nel territorio del paese.
Sul punto varrebbero in ogni caso le regole previste dall'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario in tema di colloqui e di telefonate che stabiliscono tassativamente il numero, la durata e le modalità di tali forme di contatto. In altri termini, ove il legislatore si determinasse a prevedere forme di colloquio tra familiari e detenuti attraverso l'uso delle moderne tecnologie informatiche (si pensi a Skype), ciò avverrebbe sulla base delle attuali limitazioni di cui all'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975 che, in base a quanto previsto dall'articolo 1, comma 85, del disegno di legge C. 4368, rimarranno invariate. Anche in questo caso potranno essere presentati eventuali ordini del giorno volti a ribadire l'inapplicabilità ai detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario delle disposizioni contenute all'articolo 1, comma 85, del richiamato disegno di legge.
Il comma 92 costituisce la clausola di neutralità finanziaria del provvedimento.
Il comma 93 precisa che i decreti attuativi delle deleghe previsti dal disegno di legge debbano essere corredati della relazione tecnica
Il comma 94 - conformemente alla disciplina di contabilità e finanza pubblica - prevede che, se dai decreti delegati derivino maggiori oneri finanziari che non siano compensati da altre disposizioni degli stessi decreti, questi ultimi sono emanati solo dopo o contestualmente all'entrata i vigore dei provvedimenti che stanziano le relative risorse finanziarie.
Il comma 95 indica la data di entrata in vigore della legge in esame nel 30° giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: PAOLO PETRINI (A.C. 4410)
PAOLO PETRINI, Vicepresidente della VI Commissione. (Relazione – A.C. 4410). Nella seduta odierna prende avvio la discussione in Assemblea della proposta di legge C. 4410, approvata dal Senato, recante istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, cui sono abbinate le proposte di legge C. 1123 Artini, C. 3339 Nesci, C. 3485 Monchiero, C. 3486 Gianluca Pini, C. 3499 Brunetta, C. 3508 Paglia, C. 3616 Prataviera, C. 3799 Artini, C. 3882 Artini.
Prima di illustrare il contenuto della proposta di legge in discussione merita preliminarmente ricordare come la recessione che ha colpito tra il 2008 e il 2014 l'economia abbia inciso profondamente sulle condizioni delle banche italiane ed è stata alla base del rilevante aumento dei crediti deteriorati.
Come rilevato dal Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco in occasione del suo intervento all'Università Bocconi il 9 novembre 2016, all'impatto della recessione si sono aggiunte le conseguenze di gestioni azzardate e prassi operative non conformi ai principi regolamentari, amplificate a volte da una governante inadeguata che ha di fatto consentito una spiccata autoreferenzialità dei manager. In più casi i comportamenti hanno anche assunto rilevanza penale. Alla radice delle anomalie nei processi di erogazione del credito — ha rilevato nella medesima occasione il Governatore della Banca d'Italia - si possono identificare alcuni tratti comuni, in particolare per le banche medio-piccole: il tentativo di raggiungere in breve tempo obiettivi reddituali ambiziosi e una crescita imprudente dei volumi del credito, con l'offerta di finanziamenti a segmenti di clientela precedentemente non servita o a grandi prenditori. In tal modo sono cresciuti i rischi dovuti alla concentrazione delle esposizioni, per singolo cliente o per settore di attività economica, in particolare nel comparto immobiliare. Nei casi più gravi la gestione delle grandi esposizioni è risultata appannaggio personale dei vertici aziendali; non è stata, quindi, adeguatamente bilanciata dai contrappesi e dalle dialettiche interne di controllo che devono normalmente caratterizzare la funzionalità organizzativa delle banche.
Inoltre, gli intermediari hanno adottato pratiche aggressive, in cui l'offerta e la distribuzione di alcuni prodotti abbinati a quelli tipici bancari sono risultate poco attente alle reali esigenze finanziarie della clientela. Criticità sono emerse, altresì, con riferimento ai finanziamenti per dipendenti e pensionati, quali i prestiti contro cessione del quinto, risultati connotati da opacità informative e gravati da costi spesso eccessivi.
Inoltre si segnala come nella Relazione per Paese relativa all'Italia del febbraio 2017, la Commissione europea rilevi come persistano nel sistema bancario italiano carenze strutturali di lunga data, quali elevati costi operativi e i predetti deficit in materia di governo societario.
La Commissione UE ha altresì rilevato il persistere di una scarsa redditività delle banche, determinata da diversi fattori, tra cui il contesto di tassi d'interesse bassi e la concorrenza sui prezzi per attrarre i mutuatari con merito di credito più elevato, che riducono i margini di interesse netti; accanto a ciò si rileva — tra l'altro — una limitata ripresa creditizia e la riduzione dei proventi non da interessi a causa dell'andamento sfavorevole del mercato.
In tale contesto il livello elevato dei crediti deteriorati, sommato alla redditività strutturalmente scarsa, indebolisce la capacità delle banche di sostenere gli investimenti e la ripresa economica. Vi sono state inoltre alcune specifiche vicende relative ad alcune banche italiane, che hanno richiesto l'intervento delle Autorità di vigilanza e/o del Governo.
Passando a illustrare l'andamento dell'esame in sede referente presso la Commissione Finanze, si segnala come esso sia stato svolto in termini particolarmente rapidi, nel periodo compreso tra il 12 aprile e il 4 maggio 2017, al fine di velocizzare il più possibile l'avvio dei lavori della Commissione d'inchiesta. La Commissione ha infatti compiuto la scelta di confermare in toto l'impostazione assunta dal Senato, deliberando quindi di riferire favorevolmente all'Assemblea sul testo approvato dall'altro ramo del Parlamento.
Al riguardo si ricorda che, sempre al fine di favorire la massima celerità nell'esame del provvedimento da parte della Camera, il Presidente della Commissione, sulla base di un'unanime indicazione in tal senso dei gruppi presenti in Commissione, ha prospettato l'eventualità di anticipare la discussione in Assemblea prima della data odierna.
Tale rapidità di esame corrisponde del resto all'unanime consenso politico dei gruppi rispetto all'opportunità di istituire la Commissione d'inchiesta. Tale consenso è peraltro il frutto dell'articolato esame svolto dal Senato (iniziato il 12 maggio 2015 e concluso il 4 aprile 2017), il quale ha dapprima svolto, in seno alla Commissione Finanze e tesoro dell'altro ramo del Parlamento, un'indagine conoscitiva prodromica all'esame in sede referente delle numerose proposte parlamentari in materia (nel corso della quale sono stati ascoltati, tra gli altri, il Ministro dell'economia e delle finanze, i rappresentanti della Banca d'Italia, della CONSOB, della BCE, di ABI, di Assopopolari e Federcasse, il Presidente delle nuove banche costituite a seguito della risoluzione di Banca Etruria, Banca Marche, Cassa di risparmio di Chieti e Cassa di risparmio di Ferrara, i rappresentanti delle Associazioni rappresentative degli intermediari finanziari, nonché esponenti della magistratura e del Consiglio regionale della Toscana), per poi giungere alla definizione di un testo unificato delle numerose proposte di legge parlamentari presentate da quasi tutti i gruppi in materia, le quali in molti casi differivano, in modo anche molto significativo tra loro, riguardo alla determinazione delle competenze della Commissione d'inchiesta.
In particolare, all'esito di tale percorso di approfondita discussione il Senato ha compiuto la scelta fondamentale, e del tutto corretta, di definire in termini piuttosto ampi e generali, sebbene precisi, l'ambito dell'inchiesta, la quale dovrà essere svolta dalla Commissione parlamentare, senza limitarsi a singole vicende specifiche, ma focalizzandola opportunamente sugli aspetti più rilevanti per gli interessi generali del Paese, quali:
- gli effetti della crisi e dell'aggravamento del debito sovrano sul sistema bancario italiano;
- la gestione degli Istituti bancari coinvolti da crisi o di dissesto che sono destinatari di risorse pubbliche o che sono stati posti in risoluzione (Banca delle Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara, Cassa di Risparmio di Chieti);
- le modalità di raccolta della provvista;
- i criteri di remunerazione dei manager e i conflitti di interesse;
- la correttezza del collocamento presso il pubblico dei prodotti finanziari, soprattutto ad alto rischio, con particolare riferimento alle obbligazioni bancarie;
- le forme di erogazione del credito a prenditori di particolare rilievo; - l'osservanza degli obblighi di diligenza, trasparenza e correttezza nell'allocazione di prodotti finanziari, nonché degli obblighi di corretta informazione agli investitori;
- l'efficacia delle attività di vigilanza;
- l'adeguatezza della disciplina legislativa e regolamentare, nazionale ed europea.
Tale definizione degli ambiti di competenza della Commissione consentirà di assicurare la massima efficacia ai lavori della Commissione stessa, che non deve divenire l'arena per sterili polemiche o contrapposizioni politiche tra i gruppi politici, in un'ottica preelettorale, ma la sede istituzionale ove il Parlamento potrà analizzare le vicende, spesso molto gravi, che hanno coinvolto alcuni segmenti del sistema bancario e finanziario nazionale, per evidenziare carenze, inefficienze ed eventuali responsabilità negli assetti normativi, gestionali e di vigilanza nel settore, orientando l'azione del legislatore e del Governo su tali delicatissimi temi, al fine di ristabilire la stabilità, correttezza gestionale, trasparenza e fiducia in un fattore cruciale per l'economia del Paese, e che comunque, al di là delle difficoltà emerse in questi anni, deve essere considerato fondamentalmente sano.
In tale contesto, a testimonianza del generale accordo raggiunto sul testo oggi in discussione, desidero ricordare che il numero di emendamenti presentati in Commissione è risultato molto contenuto (solo 9), che tutte le Commissioni competenti in sede consultiva hanno inoltre espresso parere favorevole sul provvedimento, senza alcuna osservazione o condizione, e che nessun gruppo ha espresso su di esso voto contrario.
Per quanto riguarda il contenuto specifico della proposta di legge C. 4410, essa, all'articolo 1, comma 1, istituisce una Commissione bicamerale di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, avendo particolare riguardo alla tutela dei risparmiatori.
La Commissione è istituita ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, norma che consente a ciascuna Camera di disporre inchieste su materie di pubblico interesse, nominando a tale scopo - fra i propri componenti - una Commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. Essa procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.
In base al comma 2 la Commissione conclude i propri lavori entro un anno dalla sua costituzione, e comunque entro la fine della XVII legislatura.
Ai sensi del comma 3, la Commissione presenta alle Camere una relazione sull'attività svolta e sui risultati dell'inchiesta; al riguardo si chiarisce che sono ammesse relazioni di minoranza. Inoltre si prevede che il Presidente della Commissione trasmette alle Camere, dopo sei mesi dalla costituzione della Commissione stessa, una relazione sullo stato dei lavori.
L'articolo 2 al comma 1 disciplina la composizione della Commissione, che è costituita da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari. Deve essere assicurata la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. I componenti della Commissione devono dichiarare, alla Presidenza della Camera di appartenenza, di avere ricoperto incarichi di amministrazione e di controllo negli istituti bancari oggetto dell'inchiesta.
Ai sensi del comma 2, i Presidenti delle due Camere, entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, convocano la Commissione per la costituzione dell'Ufficio di Presidenza.
Il comma 3 chiarisce la composizione dell'Ufficio di Presidenza (Presidente, due Vice Presidenti e due Segretari) e le modalità di elezione dello stesso (da parte dei commissari a scrutinio segreto). Nell'elezione del Presidente, se nessuno riporta la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.
Inoltre il comma 4 prevede che la Commissione elegge al proprio interno due Vice Presidenti e due Segretari. Per l'elezione, rispettivamente, dei due Vice Presidenti e dei due Segretari, ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto il più anziano di età.
L'articolo 3 elenca le competenze della Commissione, prevedendo in particolare che essa verifichi:
- gli effetti sul sistema bancario italiano della crisi finanziaria globale e le conseguenze dell'aggravamento del debito sovrano;
- la gestione degli Istituti bancari che sono rimasti coinvolti in situazioni di crisi o di dissesto e sono stati o sono destinatari, anche in forma indiretta, di risorse pubbliche o sono stati posti in risoluzione (Banca delle Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara, Cassa di Risparmio di Chieti).
In particolare, per tali Istituti la Commissione deve verificare:
- le modalità di raccolta della provvista e gli strumenti utilizzati;
- i criteri di remunerazione dei manager e la realizzazione di operazioni con parti correlate suscettibili di conflitto di interesse;
- la correttezza del collocamento presso il pubblico - con riferimento ai piccoli risparmiatori e investitori non istituzionali - dei prodotti finanziari, soprattutto quelli ad alto rischio, e con particolare riferimento alle obbligazioni bancarie;
- le forme di erogazione del credito a prenditori di particolare rilievo e la diffusione di pratiche scorrette di abbinamento tra erogazione del credito e vendita di azioni o altri strumenti finanziari della banca;
- la struttura dei costi, la ristrutturazione del modello gestionale e la politica di aggregazione e fusione;
- l'osservanza degli obblighi di diligenza, trasparenza e correttezza nell'allocazione di prodotti finanziari, nonché degli obblighi di corretta informazione agli investitori;
- l'efficacia delle attività di vigilanza sul sistema bancario e sui mercati finanziari poste in essere dagli organi preposti, in relazione alla tutela del risparmio, alla modalità di applicazione delle regole e degli strumenti di controllo vigenti, con particolare riguardo alle modalità di applicazione e all'idoneità degli interventi, dei poteri sanzionatoci e degli strumenti di controllo disposti, nonché all'adeguatezza delle modalità di presidio dai rischi e di salvaguardia della trasparenza dei mercati;
- l'adeguatezza della disciplina legislativa e regolamentare, nazionale ed europea sul sistema bancario e finanziario, nonché sul sistema di vigilanza, anche ai fini della prevenzione e gestione delle crisi bancarie.
L'articolo 4 disciplina, al comma 1, l'attività di indagine della Commissione, che - ai sensi del citato articolo 82 della Costituzione - procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le medesime limitazioni dell'autorità giudiziaria.
Di conseguenza, per le audizioni a testimonianza rese davanti alla Commissione - ferme restando le ordinarie competenze del giudice - si applica la disciplina del codice penale che, nell'ambito dei delitti contro l'attività giudiziaria, sanziona il rifiuto di atti legalmente dovuti (previsto dall'articolo 366 del codice penale) e la falsa testimonianza (previsto dall'articolo 372 del codice penale).
In merito si ricorda che il richiamato articolo 366 del codice penale punisce con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da 30 a 516 euro chiunque - nominato dall'autorità giudiziaria in qualità di perito, interprete, ovvero custode di cose sequestrate - ottenga con mezzi fraudolenti l'esenzione dall'obbligo di comparire o di prestare il suo ufficio. Le stesse pene si applicano a chiunque, chiamato dinanzi all'autorità giudiziaria per adempiere ad alcuna delle predette funzioni, rifiuta di dare le proprie generalità, ovvero di prestare il giuramento richiesto, ovvero di assumere o di adempiere le funzioni medesime. Tale disciplina si applica a chi è chiamato a testimoniare dinanzi all'autorità giudiziaria e ad ogni altra persona chiamata ad esercitare una funzione giudiziaria.
Il richiamato articolo 372 del codice penale punisce invece con la reclusione da due a sei anni chiunque, deponendo come testimone innanzi all'autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato.
Il comma 3 chiarisce che alla Commissione, limitatamente all'oggetto delle indagini di sua competenza, non può essere opposto il segreto d'ufficio né il segreto professionale o quello bancario, fatta eccezione per il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla disciplina generale posta dalla legge n. 124 del 2007, di riforma dei servizi di informazione.
A tale proposito si rammenta che il segreto di Stato è attualmente disciplinato principalmente dalla citata legge n. 124, nonché, in sede processuale, dagli articoli 202 e seguenti del codice di procedura penale. Quest'ultimo, in particolare, prevede tra l'altro che i pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l'obbligo di astenersi dal deporre su fatti coperti dal segreto di Stato.
Per quanto riguarda il segreto d'ufficio esso obbliga l'impiegato pubblico a non divulgare a chi non ne abbia diritto informazioni riguardanti provvedimenti od operazioni amministrative, ovvero notizie di cui sia venuto a conoscenza a causa delle sue funzioni, al di fuori delle ipotesi e delle modalità previste dalle norme sul diritto di accesso (di cui all'articolo 15 del DPR n. 3 del 1957). In sede processuale, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria, i pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l'obbligo di astenersi dal deporre su fatti conosciuti per ragioni del loro ufficio che devono rimanere segreti (articolo 201 del codice di procedura penale). Parimenti, determinate categorie di persone (sacerdoti, medici, avvocati) non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria, ad esempio in qualità di periti (segreto professionale di cui all'articolo 200 del codice di procedura penale). Per quanto concerne il segreto bancario si applicano le disposizioni in materia di riservatezza dei dati personali, le quali prevedono che la comunicazione a terzi di dati personali relativi a un cliente è ammessa se lo stesso vi acconsente (ai sensi dell'articolo 23 del Codice della privacy - decreto legislativo n. 196 del 2003) o se ricorre uno dei casi in cui il trattamento può essere effettuato senza il consenso (ai sensi dell'articolo 24 del predetto Codice). Fuori dei casi di operazioni di comunicazione dei dati strumentali alle prestazioni richieste e ai servizi erogati (per le quali non è necessario ottenere il consenso degli interessati, in base all'articolo 24, comma 1, lettera b), del Codice), gli istituti di credito e il personale incaricato dell'esecuzione delle operazioni bancarie di volta in volta richieste devono mantenere il riserbo sulle informazioni utilizzate. Parziali deroghe sono previste per le indagini tributarie.
Il comma 4 dell'articolo 4 specifica che qualora gli atti o i documenti attinenti all'oggetto dell'inchiesta siano stati assoggettati al vincolo del segreto da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, detto segreto non può essere opposto alla Commissione.
Ai sensi del comma 5 la Commissione non può adottare provvedimenti che restringano la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché la libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo del testimone, del perito, del consulente tecnico, dell'interprete o del custode (di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale).
L'articolo 5 disciplina la richiesta di atti e documenti da parte della Commissione, prevedendo al comma 1 che essa può ottenere, anche in deroga alla disciplina del segreto d'indagine (articolo 329 del codice di procedura penale), copie di atti o documenti relativi a procedimenti o inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, inerenti all'oggetto dell'inchiesta.
L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare, con decreto motivato, solo per ragioni di natura istruttoria, la trasmissione di copie degli atti e documenti richiesti. Il decreto ha efficacia per trenta giorni e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto. L'autorità giudiziaria può trasmettere copie di atti e documenti anche di propria iniziativa.
Ai sensi del comma 2 è la Commissione a stabilire quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono comunque essere coperti dal segreto i nomi, gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.
L'articolo 6 disciplina l'obbligo del segreto per i componenti della Commissione, i funzionari e il personale addetti alla Commissione stessa, nonché per ogni altra persona che collabora con essa o compie o concorre a compiere atti d'inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio. L'obbligo perdura anche dopo la cessazione dell'incarico, per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti acquisiti al procedimento d'inchiesta.
Ai sensi del comma 2, qualora non costituisca più grave reato, la violazione del segreto è punita come rivelazione del segreto d'ufficio ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.
In merito si ricorda che, nell'ambito dei delitti contro la pubblica amministrazione, l'articolo 326 del codice penale sanziona con la reclusione da sei mesi a tre anni, il pubblico ufficiale (o l'incaricato di pubblico servizio) che, violando i doveri del suo servizio o della sua funzione o, comunque, abusando della sua qualità, rivela o agevola la conoscenza di notizie di ufficio destinate alla segretezza; se l'agevolazione della rivelazione è solo colposa si applica la reclusione fino a un anno. Il medesimo articolo 326 punisce gli stessi soggetti con la reclusione da due a cinque anni, se violino il segreto d'ufficio per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, ovvero con la reclusione fino a due anni, se la violazione è commessa per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o per cagionare ad altri un danno ingiusto.
Il comma 3 chiarisce che, salvo il compimento di più grave reato, le stesse pene si applicano a chiunque diffonda in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione.
L'articolo 7 dispone, al comma 1, la pubblicità delle sedute della Commissione, salvo diversa decisione della Commissione stessa; in base al comma 2 l'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno, approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei lavori. Ciascun componente può proporre modifiche al regolamento.
Ai sensi del comma 3 la Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, nonché di tutte le collaborazioni ritenute necessarie. Inoltre si prevede che il Presidente effettua le designazioni sentita la Commissione.
Secondo il comma 4 per l'espletamento dei propri compiti la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro.
Il comma 5 introduce un limite alle spese per il funzionamento della Commissione, fissato in 150.000 euro, che sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. I Presidenti del Senato e della Camera, con determinazione adottata d'intesa tra loro, possono autorizzare un incremento delle spese, comunque in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal Presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta, corredata di certificazione delle spese sostenute.
In tale contesto appare altresì utile riepilogare alcune recenti vicende di crisi che hanno coinvolto alcune banche italiane. In primo luogo occorre ricordare che nel novembre 2015 il Governo e la Banca d'Italia hanno dato il via alla procedura di risoluzione di quattro banche da tempo in amministrazione straordinaria: Banca delle Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara, Cassa di Risparmio di Chieti.
La procedura è stata consolidata con il decreto-legge n. 183 del 2015 e poi con la legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi da 842 a 854 della legge n. 208 del 2015, che riproducono il contenuto del decreto, contestualmente abrogato). Detto provvedimento, nel quadro delle procedure di risoluzione delle crisi bancarie, ha inteso agevolare l'attuazione dei programmi di risoluzione dei predetti istituti, costituendo gli enti-ponte previsti dai provvedimenti di avvio della risoluzione degli istituti bancari, con l'obiettivo di mantenere la continuità delle funzioni essenziali precedentemente svolte dalle medesime banche, in sostanza permettendo la continuazione dell'attività economica in capo a nuove entità. La Banca d'Italia ha adottato lo statuto, ha nominato i primi componenti degli organi di amministrazione e controllo e determinato i compensi degli organi apicali dei nuovi istituti.
Al contempo con la richiamata legge di stabilità 2016 è stato istituito un Fondo di solidarietà in favore degli investitori persone fisiche, imprenditori individuali, coltivatori diretti o imprenditori agricoli che, alla data del 23 novembre 2015, detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dalle banche poste in risoluzione, la cui disciplina è stata successivamente dettagliata nel tempo (in particolare dagli articoli da 8 a 10 del decreto-legge n. 59 del 2016).
A specifiche condizioni di legge e in presenza di determinati presupposti di ordine patrimoniale e reddituale, questi investitori hanno potuto chiedere l'erogazione di un indennizzo forfetario, pari all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari, al netto degli oneri e spese connessi all'operazione di acquisto e della differenza positiva tra il rendimento degli strumenti finanziari subordinati e il rendimento di mercato individuato secondo specifici parametri. La presentazione dell'istanza di indennizzo forfetario preclude, a specifiche condizioni, la possibilità di esperire la procedura arbitrale, disciplinata dalla medesima legge di stabilità 2016 (commi da 857 a 860).
Per quanto riguarda la Banca Monte dei Paschi di Siena, a seguito della pubblicazione, il 29 luglio 2016, dei risultati dello stress test dell'EBA, quattro delle cinque principali banche italiane comprese nel campione EBA hanno mostrato una buona tenuta (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banco Popolare e UBI Banca). Il Monte dei Paschi di Siena ha superato il test nello scenario di base, mostrando nello scenario avverso un risultato negativo.
Dal novembre del 2013 il gruppo è sottoposto a un piano di ristrutturazione approvato dalla Commissione europea. Circa la metà della complessiva riduzione di capitale registrata dal Monte dei Paschi è attribuibile alla diminuzione del margine di interesse; la restante parte è dovuta all'incremento delle deduzioni patrimoniali e delle perdite su crediti e alle svalutazioni sui titoli di Stato detenuti nel portafoglio AFS, come chiarito dalla Banca d'Italia nella nota di approfondimento dedicata agli stress test.
Il Consiglio di amministrazione del Monte dei Paschi ha deliberato a fine luglio 2016 un piano che prevedeva la cessione dell'intero portafoglio di crediti in sofferenza e un aumento di capitale fino a 5 miliardi, tale da incrementare significativamente gli accantonamenti sui restanti crediti deteriorati. Per effetto di tale operazione, la banca intendeva detenere prestiti deteriorati ma non in sofferenza — in linea con quelli medi del sistema bancario italiano.
La Banca ha dunque comunicato al mercato la volontà di procedere al rafforzamento di capitale per complessivi 5 miliardi.
Stante l'impossibilità di reperire sul mercato tale cifra, il 23 dicembre 2016 MPS ha inviato alla BCE un'istanza di sostegno finanziario straordinario e temporaneo per l'accesso alla misura della ricapitalizzazione precauzionale.
In pari data la Banca ha inviato alla Banca d'Italia e al Ministero dell'Economia e delle Finanze un'istanza per ammissione alla garanzia dello Stato disciplinata dal decreto-legge n. 237 del 2016, per ottenere la possibilità di emettere ulteriori passività garantite dallo Stato.
Il 26 dicembre 2016 Monte dei Paschi di Siena ha reso noto di aver ricevuto una comunicazione della BCE, quale autorità competente per la vigilanza di MPS, che richiedeva di raccogliere 8,8 miliardi di nuovo capitale, quasi 4 miliardi di euro in più rispetto alla cifra pianificata dal luglio 2016. La BCE ha già definito l'entità della ricapitalizzazione precauzionale del gruppo, fissandola in 8,8 miliardi. In seguito all'insuccesso del piano di rafforzamento basato su capitali privati, MPS il 30 dicembre 2016 ha presentato istanza per la ricapitalizzazione precauzionale, trasmettendo le prime linee guida di un piano di ristrutturazione. Come riferito dalla Banca d'Italia nell'audizione del 17 gennaio 2017 presso le Commissioni Finanze di Camera e Senato, si prevede di ultimare il nuovo piano di ristrutturazione in tempi brevi. Con comunicato stampa del 25 gennaio 2017, Monte dei Paschi ha annunciato di avere effettuato due emissioni di titoli con garanzia dello Stato; il 15 marzo 2017 Monte dei Paschi S.p.A. ha comunicato di aver effettuato l'emissione di un titolo con garanzia dello Stato, ai sensi del Decreto Legge n. 237/2016, cui le principali agenzie di rating hanno assegnato un giudizio allineato a quello della Repubblica Italiana, stante la presenza della garanzia statale.
Per quanto riguarda la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, con nota tecnica del 15 aprile 2016, la Banca d'Italia ha fornito alcuni chiarimenti relativi agli intermediari Banca Popolare di Vicenza (BPV) e Veneto Banca (VB). Le predette banche sono state investite da due tipologie di problematiche, legate alla loro originaria natura di banche popolari non quotate: la modalità di determinazione del prezzo delle azioni e i finanziamenti concessi dalle banche alla clientela per la sottoscrizione delle azioni della banca medesima.
Relativamente al prezzo delle azioni, per le banche popolari non quotate il codice civile (all'articolo 2528) attribuisce la responsabilità di fissare il prezzo all'assemblea dei soci, su proposta degli amministratori.
Riguardo alla raccolta di capitale (ed emissione di azioni) a fronte di finanziamenti erogati dalle stesse banche emittenti ai sottoscrittori delle azioni (cosiddette "azioni finanziate"), la normativa di settore prevede che le azioni acquistate grazie a un finanziamento della banca emittente non possono essere conteggiate nel patrimonio di vigilanza. Tale patrimonio è considerato dalla normativa di settore come il primo cuscinetto di sicurezza per assorbire eventuali perdite; deve essere quindi costituito da risorse sicure, non da elementi a elevato rischio di essere vanificate da un finanziamento non restituito.
Per quanto invece concerne la Banca Popolare di Vicenza, le controversie hanno riguardato principalmente l'operatività in azioni proprie che, dal gennaio del 2014 (a seguito dell'entrata in vigore del regolamento europeo n. 575 del 26 giugno 2013), richiede in ogni caso un'autorizzazione della Vigilanza, la quale subordina la decisione ad una valutazione prudenziale, poiché nel momento in cui la banca riacquista le proprie azioni dai suoi soci riduce il patrimonio. Nel corso del 2014, come rileva la Banca d'Italia, è emerso che la BPV acquistava azioni proprie senza aver prima richiesto l'autorizzazione alla Vigilanza. Le ispezioni del 2015 hanno rilevato, oltre ai riacquisti di azioni proprie effettuati senza la necessaria autorizzazione, anche il problema delle "azioni finanziate" non dedotte per un ammontare cospicuo dal patrimonio di vigilanza.
La Banca d'Italia ha rilevato come ciò abbia comportato un impatto negativo sotto il profilo patrimoniale di circa 1 miliardo di euro, registrato dalla banca nella relazione semestrale al 30 giugno e nel bilancio d'esercizio 2015. La situazione patrimoniale ha inoltre risentito del deterioramento del portafoglio creditizio, che ha comportato la contabilizzazione di 1,3 miliardi di euro di rettifiche di valore nel bilancio 2015 (+54% rispetto all'anno precedente).
Come riferito dalla Banca d'Italia, l'alta dirigenza di BPV è stata rinnovata e la banca, in coerenza con il nuovo piano industriale, ha poi deliberato un piano complessivo di rafforzamento patrimoniale o di modifica radicale della corporale governance che comprende la trasformazione in S.p.A. (approvata dall'Assemblea il 3 marzo 2016), un aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro e la quotazione in Borsa delle azioni (tramite un'operazione di Initial Public Offering, IPO).
Il cambio di forma giuridica e l'obbligo di trasformazione in società quotata hanno comportato una significativa svalutazione delle azioni, il cui valore è passato dai 62,50 euro nel 2014 (approvazione bilancio 2013) ai 6,3 euro di febbraio 2016. Con l'intervento del fondo Atlante nell'aprile del 2016 è stato sottoscritto un nuovo aumento di capitale, con l'ulteriore abbassamento del prezzo di ciascuna azione a 10 centesimi di euro.
Con comunicato stampa del 9 gennaio 2017 l'istituto ha annunciato l'avvio di un'iniziativa di conciliazione transattiva rivolta agli azionisti che hanno investito in azioni BPVi negli ultimi 10 anni. L'offerta pubblica di transazione prevede un riconoscimento economico pari a 9 euro per ogni azione acquistata tramite una banca del Gruppo Banca Popolare di Vicenza a partire dal 1° gennaio 2007 e sino al 31 dicembre 2016, al netto delle vendite; il riconoscimento sarà erogato a fronte della rinuncia dell'azionista a qualsiasi pretesa in relazione all'investimento in (o mancato disinvestimento di) titoli azionari Banca Popolare di Vicenza, titoli che rimarranno comunque di proprietà dell'azionista. La platea è stata stimata in circa 94.000 azionisti, individuati secondo criteri oggettivi, che comprendono principalmente persone fisiche, società di persone, fondazioni, ONLUS ed enti senza fine di lucro. Contestualmente BPVI ha costituto un fondo, per complessivi 30 milioni di euro, a sostegno degli azionisti che versano in condizioni disagiate. L'iniziativa si basa sulla consapevolezza della presenza di situazioni di impoverimento e grave disagio sociale che coinvolgono alcuni azionisti risparmiatori di BPVi, oltreché sulla volontà di ricostruire un rapporto di fiducia tra la Banca e i suoi soci risparmiatori. Il fondo è riservato esclusivamente agli azionisti che rientrano nel perimetro dell'Offerta di Transazione e che rinunciano ad azioni risarcitorie, l'attivazione del fondo è subordinata all'esito positivo della stessa Offerta di Transazione. Il termine di adesione all'Offerta di Transazione, in origine fissato al 22 marzo 2017, è stato prorogato al 28 marzo 2017.
Al 17 marzo 2017 l'istituto ha registrato 65.505 Manifestazioni di Interesse (pari al 68,8% delle azioni oggetto del perimetro) a fronte delle quali sono stati già sottoscritti 52.865 accordi transattivi (pari al 49,6% delle azioni in perimetro). L'istituto il 1° febbraio 2017 ha comunicato di aver ricevuto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze il decreto con il provvedimento di concessione della garanzia dello Stato su nuove emissioni obbligazionarie ai sensi del decreto-legge n. 237 del 2016 e di aver contestualmente avviato l'operatività necessaria per l'emissione di titoli garantiti.
Il 17 marzo 2017 BPVI ha reso noto che è in fase di finalizzazione il nuovo Piano industriale 2017-2021 - già sottoposto alle Autorità di Vigilanza - nel quale è previsto un progetto di fusione con il Gruppo Veneto Banca unitamente ad un intervento di rafforzamento patrimoniale da realizzarsi nel 2017. Nella medesima occasione la Banca Popolare di Vicenza, nell'ambito delle modalità di reperimento dei capitali necessari ad implementare la citata ricapitalizzazione, ha comunicato al MEF, Banca d'Italia e BCE l'intenzione di accedere alle già citate misure di ricapitalizzazione precauzionale di cui al decreto-legge n. 237 del 2016.
Con riferimento a Veneto Banca, la problematica illustrata dalla Banca d'Italia concerne in particolare il fenomeno delle "azioni finanziate" non dedotte, reiterato nel tempo nonostante i solleciti delle Autorità di vigilanza e le sanzioni irrogate.
Nella richiamata nota tecnica, la Banca d'Italia rileva che detta prassi ha comportato un impatto negativo sotto il profilo patrimoniale per circa 300 milioni di euro, registrato dalla banca nella relazione trimestrale al 30 settembre 2015 e nel bilancio d'esercizio 2015; ulteriori 56 milioni di euro sono emersi dal completamento delle analisi svolte dalla funzione di revisione interna della banca su richiesta della Vigilanza. La situazione patrimoniale ha inoltre risentito anche del deterioramento del portafoglio creditizio, che ha comportato la contabilizzazione di oltre 700 milioni di euro di rettifiche di valore su crediti nel bilancio 2015. La necessità di "squalificare" le "azioni finanziate" e di recepire le ulteriori perdite emerse ha imposto alla banca di ricostituire i margini patrimoniali regolamentari. Ai cambiamenti di governance del 2015 sono seguiti la definizione di un piano di rafforzamento patrimoniale, per 1 miliardo di euro, nonché la trasformazione in società per azioni, ai sensi delle nuove norme sulle banche popolari (decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito con legge 24 marzo 2015, n. 33) e la quotazione in borsa.
Nel corso del 2016 la governance aziendale ha avuto un sostanziale rinnovo, conclusosi con l'avvio dell'azione di responsabilità il 16 novembre 2016 nei confronti degli ex componenti del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale nonché dell'ex Direttore Generale di Veneto Banca S.p.A.
Analogamente a quanto disposto da BPVi, Veneto Banca ha annunciato l'avvio di un'iniziativa di conciliazione transattiva, mediante un'Offerta di Transazione con un indennizzo forfettario ed onnicomprensivo pari al 15% della perdita teorica sofferta in conseguenza degli acquisti di Azioni Veneto Banca (al netto delle vendite effettuate e dei dividendi percepiti) avvenuti nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 ed il 31 dicembre 2016, a fronte della rinuncia dell'azionista a promuovere azioni legali. L'iniziativa si rivolge a circa 75.000 azionisti, pari a circa l'85% del totale. Il Consiglio di Amministrazione di Veneto Banca ha deliberato inoltre la costituzione di un Fondo di solidarietà di 30 milioni di euro per sostenere i Soci che versano in comprovate situazioni di particolare disagio socio-economico, rivolto ai medesimi destinatari dell'Offerta Pubblica di Transazione; anche in questo caso i beneficiari dovranno rinunciare ad azioni risarcitorie nei confronti della Banca. Il fondo diventa effettivo a seguito dell'esito positivo dell'Offerta stessa. L'Offerta si è conclusa il 28 marzo, a seguito della proroga dei termini.
Anche Veneto Banca ha utilizzato gli strumenti previsti dal decreto-legge n. 237 del 2016, in particolare la concessione della garanzia dello Stato su nuove emissioni obbligazionarie; effettuando nel febbraio 2017 due emissioni garantite ai sensi delle predette norme.
In tale contesto esprimo l'auspicio che lo spirito di collaborazione che ha caratterizzato l'esame in Commissione Finanze possa essere confermato anche nel corso della discussione in Assemblea, giungendo in tempi rapidi all'approvazione definitiva del provvedimento e consentendo quindi l'avvio della Commissione d'inchiesta.