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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 30 maggio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    l'indifferenza politica e istituzionale, unita ai venti della globalizzazione, pone a serio rischio la secolare produzione del riso italiano che è divenuta patrimonio storico ed economico, risicoltura italiana di grandissima qualità, apprezzata in Europa e in tutto il mondo;
    l'Unione europea è nata anche per difendere sostenibilmente questi suoi patrimoni, non con la «chiusura» dei mercati, ma attraverso delle regole chiare e trasparenti e una organizzazione che innanzitutto garantisca e consenta al consumatore di distinguere chiaramente attraverso la tracciabilità, i prodotti di qualità da altri provenienti da mercati e/o da Paesi che non adottano regole di trasparenza come invece di fatto avviene per le produzioni agroalimentari made in Italy;
    si tratta di prodotti e produzioni agroalimentari italiani affermati e sempre più ricercati in tutto il mondo che definisce l'Italia come il Paese del gusto, leader di una tradizione agroalimentare e gastronomica di fama mondiale;
    questo importante primato è merito pressoché esclusivo degli agricoltori e dei risicoltori italiani. Ed è per questi motivi che oggi più che mai, si ha il dovere politico e istituzionale di difendere questo grandissimo patrimonio;
    l'intero comparto risicolo italiano è da troppo tempo ostaggio delle conseguenze negative di una globalizzazione senza regole, irrispettosa della sicurezza alimentare che è conseguenza delle coltivazioni, delle produzioni e delle pratiche agricole adottate, della qualità e della tracciabilità dei prodotti stessi. Globalizzazione che, nel contesto delle «non regole», favorisce esclusivamente prodotti e metodi di coltivazione a «basso prezzo», lontanissimi dai parametri di qualità, di sicurezza agroalimentare e di tracciabilità richiesti invece dal mercato e dalla Unione europea, un vero paradosso per uno stato di crisi creato innanzitutto dalle burocrazie comunitarie e dalle stesse indecisioni della Unione europea;
    in questo scenario, controproducente per l'intera filiera, possono individuarsi anche le possibili soluzioni da ricondurre principalmente e da ricercare innanzitutto nelle importazioni a dazio zero, consentite da regole comunitarie ormai inadeguate, dalle disposizioni previste dalla nuova politica agricola comune, dalle strategie della politica di promozione e di tutela del riso, dall'integrazione della filiera e dalla farraginosità della burocrazia, sia nazionale che comunitaria;
    da tempo si chiede la giusta applicazione, da parte dell'Europa, delle clausole di salvaguardia sulle importazioni di riso dai cosiddetti P.M.A. (Paesi meno abbienti); clausole che risultano da troppo tempo in una fase di preoccupante indecisione e di stallo, sia dal punto di vista della loro applicazione che della discussione e della decisione europea. La progressiva crisi del riso trae le sue origini dalla concessione nel 2008 ai Paesi meno abbienti di esportare prodotti a dazio zero;
    tali agevolazioni hanno creato e creano tuttora serissime difficoltà alla risicoltura nazionale. Una decisione ingiusta e immediatamente contestata in sede comunitaria, ma che la stessa Unione europea non ha sinora tenuto in seria considerazione come, di fatto, la decisione stessa meriterebbe;
    l'Associazione delle industrie risiere italiane e l'Ente nazionale risi hanno, congiuntamente, sottoposto un dossier al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, affinché si applichi la giusta clausola di salvaguardia;
    in quel documento si dimostrava, concretamente e ampiamente, quali danni questa situazione sta provocando alla risicoltura italiana;
    su questo tema occorre registrare la totale assenza di sviluppi e di iniziative sia a livello governativo che comunitario. Le conseguenze dell'indecisionismo e dell'immobilismo sono i danni che innanzitutto si riflettono sui redditi, fortemente compressi, ma anche sulla occupazione e sugli investimenti;
    nel 2008 nei Paesi meno abbienti la produzione di riso, stimata era di circa 5 mila tonnellate, l'anno scorso ha toccato quota 200 mila tonnellate. Le proiezioni per la prossima campagna stimano in circa 300 mila le tonnellate di riso prodotte da quei Paesi, tra i quali spicca la Cambogia. Le difficoltà per il comparto risicolo vercellese e non solo vengono appunto ancora da Cambogia, Myanmar e Birmania, Paesi considerati emergenti, e quindi favoriti sul commercializzare il riso a prezzi decisamente inferiori e/o «stracciati» rispetto quelli nazionali;
    nel 2014, le importazioni di riso lavorato in Italia risultano incrementate del 17 per cento rispetto all'anno precedente. Il riso importato dal Myanmar, equivalente a cita il 15 per cento delle importazioni totali dai Paesi meno avanzati, risulterebbe in aumento del 250 per cento rispetto l'anno precedente, con una stima che, da 3.479 tonnellate, si attesta nel 2014 a circa 12.000 tonnellate. A questa già preoccupantissima situazione si aggiunge il recente accordo a livello comunitario del 4 agosto 2016, con il Vietnam. Una prospettiva che rende sempre più nero lo stato di crisi del riso italiano;
    l'accordo prevede la eliminazione di quasi tutte le barriere, tariffarie e non, tra i due mercati e si formalizzerà con la stesura dei testi regolamentari successivamente ratificati dal Parlamento e dal Consiglio della Unione europea. Per questo motivo il testo finale dell'accordo non è ancora disponibile e si ritiene che non entrerà in vigore prima di due anni, presumibilmente verso la metà del 2017 o l'inizio del 2018. Il contingente tariffario per il riso riguarderebbe 30.000 tonnellate a dazio zero di riso lavorato, 30.000 tonnellate a dazio zero di riso fragrante (lavorato o semigrezzo) e 20.000 tonnellate di riso semigrezzo. Per le rotture non risulterebbero ancora fissati i contingenti, ma si prevede una riduzione del dazio al 50 per cento che, progressivamente si ridurrà a zero nei cinque anni successivi all'entrata in vigore del provvedimento;
    il Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, ha giudicato positivamente l'accordo con il Vietnam sul dare «in dirittura di arrivo» l'importante accordo di libero scambio che dovrebbe assicurare condizioni migliori per le DOP italiane;
    questo, secondo il firmatario del presente atto, lascia supporre che il Governo tenga in considerazione unicamente le esportazioni di vini e di prodotti a denominazione sacrificando, però, le merci come il riso italiano;
    nel contesto della «indecisione» comunitaria, che produce conseguenze e ricadute fortemente negative per la risicoltura nazionale, vanno sottolineati invece i punti di forza del riso italiano e la sua supremazia qualitativa rispetto quella dei cosiddetti Paesi emergenti asiatici. Supremazia che è diretta conseguenza di pratiche, di tecniche, di esperienze e di metodologie di coltivazione, di lavorazione e di trasformazione decisamente di alto livello, anche dal punto di vista della innovazione e comunque decisamente superiori a quelle attribuite al riso asiatico. Una qualità garantita, quella italiana, anche e soprattutto per la tracciabilità e i controlli estesi a tutta la filiera, nonché il controllo e le disposizioni comunitarie e nazionali relativi all'impiego dei fitofarmaci, dei prodotti chimici, antiparassitari e diserbanti, sino alla certificazione delle aree di produzione e di provenienza del prodotto;
    a giudizio del firmatario del presente atto rispetto alle regole previste dalla nuova politica agricola comune, sarebbe più che indispensabile rivedere in termini più adeguati e con un maggiore contributo, alcune delle concessioni riservate all'agricoltura e, in questo caso, alla risicoltura italiana. Sarebbe inoltre opportuno che nei piani di sviluppo rurale siano previste misure ad hoc per il riso, e comunque valide per tutte le regioni produttrici. L'ipotesi di ridurre le produzioni risicole a favore di altre coltivazioni, si scontra innanzitutto con la fattibilità e la sostenibilità, dal punto di vista agronomico, di attuare pratiche di rotazione agrarie;
    i terreni da anni coltivati a risaia costituiscono un condizionamento non indifferente per le nuove pratiche. Si tratta di un'iniziativa ed una metodologia che al momento si attuano esclusivamente per le produzioni biologiche, ancora avvolte da molti interrogativi, principalmente per il reddito prodotto. Inoltre, nelle aree dove la risicoltura è divenuta monocoltura nel tempo, anche le stesse aziende hanno investito in quella direzione sia dal punto di vista strutturale che tecnologico. Ritornare a ripensare alle riconversioni e/o ad altri modelli agronomici costituisce sicuramente un tema da affrontare nel tempo, proprio per le enormi difficoltà facilmente intuibili e prevedibili, ma anche e innanzitutto per gli investimenti necessari per la sua eventuale e sostenibile realizzazione, senza escludere i condizionamenti del sistema di distribuzione delle acque irrigue;
    dopo gli incontri svoltisi a Roma tra i rappresentanti del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ed i rappresentanti della Commissione europea per porre in essere le basi di uno specifico accordo necessario per tutelare e valorizzare la risicoltura italiana, lo stato di fatto, ad oggi, è quello di alcuna concreta prospettiva futura,

impegna il Governo:

   ad attuare una decisa e forte iniziativa nei confronti delle autorità comunitarie per una nuova normativa europea per la tutela e la promozione del riso che offra la possibilità di valorizzare le varietà del riso italiano e l'integrazione della filiera;
   ad assumere iniziative per rafforzare il processo di valorizzazione, di promozione e di ulteriore tutela;
   a promuovere maggiormente la conoscenza dei luoghi e della qualità delle produzioni risicole nazionali, ormai conosciute e affermate sui mercati internazionali e mondiali, anche e in particolare per i parametri di qualità e di sicurezza alimentare, decisamente superiori e lontanissimi da quelli del riso di provenienza asiatica, del tutto irrilevabili e incerti;
   ad adottare iniziative per difendere un prodotto simbolo della agricoltura, della identità, della storia e della stessa cultura italiana, un prodotto conosciuto e apprezzato sui mercati di tutto il mondo.
(7-01272) «Catanoso».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BORGHESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   molti servizi giornalistici in Italia hanno rivelato l'esistenza di un «gioco» pazzo che si effettua sul social network « facebook» proveniente dalla Russia dal nome Blue Whale;
   i giovanissimi ragazzi con età compresa tra i 13 e i 17 anni, vengono spinti al termine di questo gioco a suicidarsi;
   i giovani che aderiscono a questo «gioco» ricevono dei compiti da svolgere giornalmente da parte di un curatore che adesca i giovani tramite i social network;
   le sfide vanno dalla semplice pubblicazione di un disegno, una balena blu, all'autolesionismo;
   l'ultimo compito assegnato ai giovani adolescenti è folle. Viene ordinato loro di salire sul più alto edificio della città e di buttarsi nel vuoto;
   in Russia i giovani morti suicidi a causa di questo «gioco» secondo le prime informazioni sarebbero già oltre 157;
   il gioco denominato Blue Whale ha già raggiunto anche Francia e Gran Bretagna;
   in Svizzera per il momento si registra un solo caso confermato nel Canton Vaud, come riportato da Le Nouvelliste3;
   gli inquirenti di mezzo mondo stanno indagando su un altro caso riguardante un'adolescente di Fully, in Vallese. La ragazza presenterebbe le ferite tipiche del gioco mortale;
   nel Ticino Svizzero, è stato segnalato dai media un probabile caso riguardante una giovane, in quanto numerosi cittadini hanno segnalato prontamente alla cantonale il profilo facebook dell'adolescente allo scopo di verificare e, se del caso, aiutare la ragazza in difficoltà –:
   di quali informazioni disponga il Governo su questo fenomeno orripilante che porta al suicidio i giovani e che cosa intenda fare, per quanto di competenza, per predisporre tutte le misure necessarie a tutelare la salute e la vita dei giovani medesimi. (4-16762)


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto hanno riportato numerosi quotidiani, fra cui anche Il Giornale, con una «direttiva riservata» del capo della polizia è stato disposto il blocco navale per i barconi degli immigrati clandestini; nei porti siciliani essi non hanno potuto più attraccare per il periodo necessario allo svolgersi dei lavori del G7 a Taormina;
   in occasione del G7 di Taormina si è provveduto a blindare la Sicilia e sospendere il Trattato di Schengen ripristinando i controlli alle frontiere per il periodo che va dal 10 al 30 maggio; è stato altresì disposto il blocco navale per evitare che l'onda continua del flusso migratorio possa raggiungere i porti sensibili siciliani;
   l'8 marzo 2017, nell'Aula del Senato, il Presidente del Consiglio riferì: «...sappiamo che su questa strada, per quanto impervia e arrischiata, possiamo ottenere gli unici risultati che oggi ci consentono non di cancellare il tema immigrazione (perché non lo cancella neanche il mago Merlino), ma per regolare i flussi e gradualmente sostituire l'immigrazione clandestina irregolare, micidiale per i migranti e per il traffico che gli ruota attorno, con flussi e canali più accettabili, ridotti e regolari»;
   invece, il blocco degli sbarchi è stato raggiunto facilmente. È bastato schierare la Marina militare a difesa delle coste siciliane e non traghettare clandestini;
   i porti siciliani di Ragusa, Siracusa, Catania e Messina sono stati blindati: i barconi e i gommoni non hanno potuto più attraccare ma sono stati dirottati su altri porti;
   come ha spiegato il quotidiano il Messaggero, il dipartimento di pubblica sicurezza ha ritenuto che sui barconi stracolmi di immigrati clandestini potessero nascondersi dei militanti islamisti e, proprio per questo, il Prefetto Gabrielli ha chiesto «speciale attenzione al fenomeno che potrebbe generare elementi di rischio per la sicurezza»; 
   delle due l'una, il rischio sicurezza v’è sempre o non v’è mai, a meno che non si ritenga che i rischi che corre la popolazione siciliana siano da considerarsi diversi da quelli che possono correre le delegazioni straniere presenti a Taormina per il G7;
   i lavori del G7 hanno dimostrato, sul campo, che i flussi possono essere interrotti ed i barconi, le navi delle organizzazioni non governative e quant'altro possono benissimo recarsi in altri e sicuramente, più idonei porti del Mediterraneo –:
   quali iniziative intendano adottare per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-16767)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione parlamentare speciale sul ciclo dei rifiuti, a seguito di un'analisi delle attività del Centro Oli Val d'Agri (Cova) di Viggiano e delle azioni svolte dall'Agenzia regionale per il controllo ambientale della Basilicata (Arpab) per il monitoraggio ed il controllo delle criticità ambientali, ha ormai da mesi certificato le gravissime carenze funzionali ed organizzative di Arpab;
   tale crisi è stata denunciata dallo stesso direttore generale dell'Agenzia, dottor Edmondo Iannicelli, che ha più volte ribadito come la gravissima situazione di carenza di personale comporti notevoli disagi nello svolgimento dell'attività degli uffici agenziali e come non sia più procrastinabile l'acquisizione sia di personale che di attrezzature;
   la situazione risulta talmente drammatica che i vertici dell'Agenzia sono stati costretti ad invitare gli uffici degli enti territoriali a concordare una scala di priorità con i competenti servizi agenziali;
   il criterio di priorità adottato risulta, tuttavia, costantemente disatteso a causa delle continue emergenze (da ultimo i recenti fatti accaduti al Cova e alla diga del Pertusilo), nonché delle direttive provenienti dall'autorità giudiziaria (attualmente l'Arpab è impegnata in circa 50 interventi di sopralluoghi e campionamenti in un periodo di circa tre mesi);
   le sopracitate attività aggiuntive non hanno consentito all'Agenzia di svolgere attività già programmate e di procedere alla definizione di ulteriori impegni, come quello con la società Eni presso l'area pozzo Costa Molina 1, nel comune di Montemurro (Potenza);
   come riportato in allegato alla deliberazione 165/2017 del 15 maggio 2017, del direttore generale dell'Arpab, l'Agenzia «segue circa 150 pratiche di siti contaminati regionali e per quanto riguarda i Siti di interesse nazionale l'Ufficio ha in itinere 15 pratiche delle 97 riguardanti il Sito di interesse nazionale di Tito» e tale attività viene svolta da un solo funzionario, per quanto attiene alla fase istruttoria, coadiuvato da altri funzionari, referenti per gli altri settori di competenza dell'ufficio, per le attività di campionamento;
   a fronte di tali ulteriori sviluppi, va ricordato come l'interrogante abbia da mesi sollecitato anche il Governo a prendere atto di come l'Arpab, così com’è ora, non sia in grado di svolgere il delicato compito di controllo ambientale affidatole, in particolare sugli impianti industriali della regione e su attività con fortissimo impatto ambientale, come quelle estrattive della Val d'Agri –:
   se non ritenga – anche a fronte di quanto riportato in premessa – che ormai sussistano le condizioni per assumere iniziative normative affinché il monitoraggio e il controllo ambientale dell'area della Val d'Agri, in cui si colloca un insediamento petrolifero che insiste in una zona ricca di risorse idriche e sensibile dal punto di vista geologico, siano trasferiti ad un'agenzia, come l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), liberando così risorse umane e finanziarie affinché l'agenzia regionale possa occuparsi delle numerose e gravissime problematiche ambientali che affliggono il territorio lucano. (3-03058)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da fonti di stampa che ad agosto 2016 si sarebbe verificata una perdita di liquidi dall'impianto di estrazione del petrolio nel centro Cova dell'Eni di Viggiano sito in provincia di Potenza con conseguente dispersione nell'ambiente circostante, più precisamente nel sottosuolo. Tuttavia, di detta perdita, proseguita fino a novembre, sino a raggiungere 400 tonnellate di petrolio sversato, non è stata comunicata notizia alcuna se non nei giorni appena trascorsi (a circa nove mesi di distanza) durante un tavolo tecnico convocato dal Governo;
   il vigente codice dell'ambiente, all'articolo 242, impone che «al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione». L'eventuale omissione di detta comunicazione è sanzionata penalmente ai sensi del successivo articolo 257 con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da mille euro a ventiseimila euro;
   alla diffusione della notizia, il Ministro Gian Luca Galletti, intervistato sulla questione, ha dichiarato di non avere alcuna competenza sul Cova Centro oli Val D'Agri;
   lo stesso Ministro, tuttavia, nel maggio 2016, in occasione della sua audizione sullo stato dell'inquinamento ambientale in Basilicata aveva affermato le sue competenze, dato che, dichiarava, aveva costituito «uno specifico gruppo di lavoro, a cui hanno partecipato il comandante del comando generale dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente, due rappresentanti dell'ISPRA e le competenti direzioni generali del Ministero dell'ambiente». In particolare, «ferma restando ogni diversa competenza di carattere regionale o di altra istituzione, le proposte iniziali del gruppo di lavoro sono state le seguenti: assicurare la partecipazione del ministero, anche avvalendosi di ISPRA, al procedimento penale» e altre misure che confermano le competenze statali;
   nella medesima audizione il Ministro ha richiamato anche le competenze del Ministero dello sviluppo economico che in aprile aveva disposto un sopralluogo per effettuare una valutazione sullo stato di sicurezza degli operatori e dell'impianto stesso. Infine, in base a quanto rappresentato dal Ministero dello sviluppo economico, risulta, quindi, che, «in relazione ai compiti svolti dalle amministrazioni statali competenti in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro del Centro Oli», sono state adottate tutte le iniziative necessarie nei confronti dell'operatore per l'implementazione di interventi relativi alla sicurezza degli impianti –:
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sia stato informato dei fatti dal prefetto, nelle ventiquattro ore successive al momento in cui quest'ultimo, a sua volta, abbia ricevuto – insieme a comune, provincia e regione – l'ormai nota «immediata comunicazione» dello sversamento occorso;
   quali informazioni il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia ricevuto da Eni su possibili minacce di danno ambientale e quali misure abbia prescritto di adottare per la necessaria prevenzione o se abbia egli stesso adottato dette misure;
   se si ritenga che sussistano i presupposti per avviare, tramite l'Istituto superiore di sanità e l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale, un'indagine epidemiologica in relazione agli effetti sulla popolazione di quanto occorso per verificare se vi sia pericolo per la salute e per la catena alimentare e per fare chiarezza sulla situazione e su eventuali rischi per l'uomo e per l'ambiente. (5-11466)

Interrogazione a risposta scritta:


   AGOSTINELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a Castelbellino la società Agricola 4C gestisce un impianto a biogas da 1 megawatt, fra le Pantiere e Scorcelletti;
   l'impianto di Castelbellino è in attività sulla base di una autorizzazione, annullata dal Tar il 19 giugno 2015, perché rilasciata in assenza di valutazione di impatto ambientale preventiva, poi rinnovata dalla regione e di nuovo impugnata innanzi al Tar;
   un esposto di un privato cittadino del 17 settembre 2017, ha segnalato intensi fenomeni odorigeni nella zona, probabilmente causati da un malfunzionamento dell'impianto a biogas e/o da una non corretta gestione delle trincee, lungo cui vengono depositate le biomasse;
   l'esposto ha, quindi, dato avvio all'attività di monitoraggio dell'Arpam ed alle indagini della procura di Ancona, in persona del sostituto procuratore Rosario Lionello;
   i funzionari Arpam, il 22 marzo 2017, hanno installato in prossimità dell'impianto una centralina di misurazione della qualità dell'aria e, successivamente, hanno compiuto un sopralluogo suggerendo ai responsabili della società che gestisce l'impianto alcune misure per eliminare i fenomeni odorigeni;
   l'Arpam ha, quindi, provveduto alla misurazione delle sostanze chimiche rilasciate in atmosfera, potenzialmente pericolose per la salute (ossidi di azoto, polveri sottili Pm10, Pm2,5, il benzene);
   il sostituto procuratore Lionello ha sollecitato l'Arpam affinché espletasse anche controlli sulle trincee, dove vengono incanalate le biomasse. Indagini fotografiche di alcuni residenti sembrerebbero dimostrare scoperture per periodi di tempo più lunghi di quelli consentiti (due volte al giorno per mezz'ora). Sotto la lente della procura sono anche le modalità di utilizzo del digestato, un sottoprodotto del ciclo produttivo del biogas (sostanze secche semisolide riutilizzate come fertilizzanti organici nei terreni);
   il 21 agosto 2016 un enorme svernamento di digestato ha pesantemente inquinato, fino alla foce, il fiume Esino –:
   di quali elementi dispongano in relazione a quanto esposto in premessa e se intendano rendere note il prima possibile tutte le informazioni di cui sono venuti a conoscenza in relazione al fenomeno odorigeno;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere per evitare il ripetersi di fenomeni analoghi a tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini;
   se le difformità riscontrate con riguardo agli impianti realizzati possano dare luogo alla revoca e/o sospensione da parte del Gestore dei servizi energetici (Gse) degli incentivi ex decreto legislativo n. 28 del 2011. (4-16768)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   GELMINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Centro meteorologico regionale (Cmr) di Linate, con sede presso l'omonimo aeroporto, rappresenta un pezzo importante della storia della meteorologia e un polo di riferimento meteo per l'intero bacino dell'Italia settentrionale;
   si tratta di un patrimonio unico nel suo genere, perché – oltre a svolgere ruoli di competenza militare e di assistenza al volo – opera attivamente in svariati settori civili: dalla sicurezza in territorio alpino alla salute dalla ricerca alla formazione didattica;
   il Cmr venne istituito nel 1934 presso il dismesso campo di aviazione di Taliedo – il primo aeroporto della città di Milano – e poi trasferito presso il nuovo aeroporto di Linate. Un anno più tardi, nel 1935 l'ufficio entrò, come Centro meteorologico regionale, nella struttura della Centrale di assistenza al volo della 1a zona aerea territoriale di Milano e mantenne tale connotazione anche dopo il secondo conflitto mondiale, transitando nella Regione informazioni volo, nel 1954. In tale struttura il Cmr assunse la sua naturale connotazione di ente meteorologico di regione aerea, con compiti di assistenza all'aviazione militare e civile. Divenne comando di corpo ed ente autonomo nel 1987 e venne posto alle dipendenze del Centro operativo di regione (1o ROC) e poi del Comando operativo delle forze aeree (COFA), mantenendo le sue competenze di assistenza meteorologica ai sensi ICAO sulla Fir di Milano. Nel 1999 il 1o Cmr venne posto alle dipendenze del neonato Ufficio generale per la meteorologia (UGM), all'interno del Comando della squadra aerea. Contemporaneamente vennero chiusi i Cmr di Roma e Brindisi ed il 1o Cmr assunse quindi il compito di «Veglia meteorologica aeronautica» su tutto il territorio nazionale diventando allo stesso tempo unico alternato del Centro nazionale di meteorologia e climatologia (CNMCA). Dal maggio 2006 al 2015 è stato posto alle dipendenze del Cnmca stesso;
   con la riorganizzazione del comparto meteorologico dell'Aeronautica militare, il 1o Centro meteorologico regionale (CMR) di Milano Linate è stato riorganizzato nel neo-costituito Centro operativo per la meteorologia (COMET), alle dirette dipendenze della 9a brigata aerea «Intelligence, Surveillance, Target Acquisition and Reconnaissance – Electronic Warfare» (ISTAR-EW), presso il sedime aeroportuale di Pratica di Mare;
   a seguito di tale ristrutturazione organizzativa il centro e anche coloro che attualmente vi operano saranno trasferiti a Ferrara, dove ha sede il neo-costituito «Ufficio meteorologico» alle dipendenze del comandante dell’«Air Operation Centre» (AOC) nazionale di Poggio Renatico (Ferrara), così privando il territorio lombardo di un centro di eccellenza all'avanguardia per la meteorologia, di un importante polo per la ricerca e la formazione aeronautica, ma anche di una struttura di servizio che collabora con l'Arpa Lombardia, per il monitoraggio in quota dei parametri meteorologici indispensabili per la previsione degli inquinanti, con la Forestale, le università e anche con l'autorità di bacino del Po per la prevenzione del rischio alluvionale;
   in questi mesi forti si sono levate le perplessità di operatori, cittadini ed istituzioni locali e regionali di fronte a questa decisione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di evitare la chiusura del Centro meteorologico regionale (CMR) di Linate, ente storico dal valore strategico, e se intenda rivalutare la decisione assunta che, ad avviso dell'interrogante, porterebbe all'ennesima dismissione di una realtà consolidata e alla dilapidazione di un'enorme ricchezza in termini di valore storico, potenziale operativo e di capitale umano. (4-16765)


   DI BATTISTA e FRUSONE. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con precedenti atti di sindacato ispettivo (interrogazioni n. 4-06163 e n. 4-06329) gli interroganti hanno già sottoposto all'attenzione del Governo come, in data 5 settembre 2014 la Ministra della difesa, Roberta Pinotti, abbia usufruito, nella qualità di passeggera, di un volo del 31o stormo: un Falcon 50, volo IAM3122, il quale avrebbe effettuato un volo di addestramento sulla tratta Ciampino-Sestri, che è arrivato a destinazione alle 20,15 ed è immediatamente ritornato a Ciampino;
   la risposta della Ministra Pinotti è stata però del tutto insufficiente a chiarire i dubbi degli interroganti, essendosi soffermata solo sugli aspetti giudiziari e su pretesi intenti diffamatori degli interroganti, senza fornire alcun tipo di risposta ai quesiti formulati e limitandosi a confermare di essere salita a bordo di un volo di addestramento: «Quella sera tornavo da un vertice NATO in Galles e c'era un volo addestrativo dell'Aeronautica in partenza da Ciampino: sarebbe partito ugualmente, con me o senza di me»;
   il portavoce del Ministro Pinotti avrebbe al riguardo chiarito che «il Ministro aveva prenotato il 2 settembre, due giorni prima di partire per Cardiff un volo di linea da Roma a Genova per il sabato 6 settembre alle 10,20. Nei giorni successivi ha scoperto che c'era un volo addestrativo programmato dal 31o stormo dell'Aeronautica da Roma a Genova in notturna con istruttore e due piloti.», evidenziando che «il volo di addestramento ci sarebbe stato comunque e quindi abbiamo risparmiato tre biglietti, comprendendo i due agenti di scorta (...)»;
   in realtà, come precisato dalla nota del giorno delle missioni assegnate al 306o Gruppo T del 31o stormo, pubblicata da Fatto Quotidiano, il predetto Falcon50, il 5 settembre 2014 non avrebbe potuto decollare senza il Ministro della difesa a bordo: il piano dei voli di quel giorno, relativamente al volo IAM3122, recava infatti la seguente dicitura: «F50BYSMA /-/ DECOLLO SUCCESSIVO ALL'ATTERRAGGIO DEL VOLO IAM9002 /-/EQ. IN TUTA DA VOLO»;
   il volo IAM9002 è relativo all'airbus A319 della Presidenza del Consiglio di ritorno dal vertice Nato in Galles, con a bordo, tra gli altri, proprio il Ministro interrogato;
   inoltre dalle carte processo pendente innanzi al tribunale militare di Roma a carico del maresciallo che, secondo la procura, avrebbe rivelato notizie di carattere riservato – come da comunicato del 22 maggio 2017 del Partito Diritti dei militari e forze di polizia – emergerebbe, contrariamente a quanto affermato dal portavoce del Ministro interrogato, che «la missione addestrativa sulla tratta Ciampino Genova per la sera del 5 settembre 2014 era stata disposta già il giorno due settembre dalla Sala Situazione di Vertice e che fu l'ufficiale Capo Sezione Pianificazione dell'Ufficio Operazioni del 31o Stormo in servizio quel giorno ad attribuirgli immediatamente la sigla “IAM3122” che identifica la presenza a bordo della Ministra della difesa»;
   ciò significa, ad avviso degli interroganti, che il volo di addestramento prevedeva sin da subito la presenza a bordo del Ministro;
   da articoli di stampa, risulterebbe che gli aerei del 31o stormo dell'Aeronautica hanno trasportato in più occasioni sia politici sia generali utilizzando, l’escamotage dei voli di addestramento –:
   se trovi conferma che la presenza a bordo, quale passeggero, della Ministra interrogata fosse già stata prevista in data 2 settembre 2014 e che condizionasse il piano del volo IAM3122;
   se intenda chiarire per quale ragione istituzionale un volo di addestramento abbia dovuto attendere, per il decollo da Ciampino, l'atterraggio di un altro aereo con a bordo il Ministro interrogato;
   se intenda chiarire in merito alla sua affermazione secondo la quale «il Ministro della difesa gli aerei militari li utilizza», quale finalità istituzionale abbia perseguito viaggiando a bordo dell'aereo di addestramento citato;
   quali siano i protocolli e le regole relative alla presenza di civili a bordo di voli di addestramento;
   se sia a conoscenza della presenza di civili a bordo di aerei militari di addestramento e, ove ciò corrisponda al vero, se abbia proceduto o intenda procedere a una inchiesta amministrativa. (4-16780)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   D'INCÀ. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con la legge delega n. 148 del 2011, il Governo, anche ai fini del perseguimento delle finalità di cui all'articolo 9 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è stato delegato a riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento d'efficienza;
   il Governo ha quindi, nel corso del 2012, operato un primo riordino effettuando la soppressione di molte sedi e circoscrizioni di tribunali;
   così come si apprende da notizie di stampa, secondo i rappresentanti del consiglio dell'Ordine degli avvocati di Belluno, sarebbe già in previsione una seconda fase di riforma della cosiddetta geografia giudiziaria, che dovrebbe riguardare i distretti di corte d'appello che porterebbe a intervenire sui tribunali più piccoli; non a caso nel corso degli incontri promossi recentemente dal Consiglio nazionale forense, i funzionari del Ministero hanno ribadito che anche i livelli ottimali fissati a livello europeo sono tali che, per i piccoli tribunali, non ha senso continuare a esistere;
   questa ulteriore revisione potrebbe riguardare anche la sede del tribunale e della procura di Belluno, preoccupazione paventata dall'Ordine degli avvocati che ne teme la chiusura degli uffici nel giro di quattro o cinque anni;
   gli avvocati di Belluno affermano che, nel caso di specie, il mancato raggiungimento dei parametri di riferimento per la sopravvivenza è da imputare soprattutto alla insufficienza cronica di personale amministrativo «con una scopertura del 30 per cento» dovuta anche ai recenti pensionamenti, ed alla carenza di magistrati. Infatti, la sofferenza, nel settore civile, è dipesa spesso dalla contemporanea mancanza della metà dei magistrati di ruolo (due su cinque) e, nel settore penale, dal trasferimento di uno dei due gip/gup, con conseguente necessità di spostare un magistrato dal dibattimento;
   il timore di non sopravvivere a un secondo riordino è dettato anche dalla presa in considerazione che i criteri del Ministero e del Consiglio superiore della magistratura stanno spingendo per competenze incentrate sempre più sul distretto, come il tribunale delle imprese a Venezia;
   a parere dell'interrogante, una eventuale soppressione della sede del tribunale di Belluno non garantirebbe la prossimità del giudice al cittadino, che chiede la tutela dei diritti. Si tratta di una prospettiva che Belluno non merita, poiché ha un tribunale che, grazie all'impegno di giudici, personale e avvocati, pur con poche risorse, funziona e garantisce un servizio fondamentale in una zona disagiata di montagna;
   la soppressione del tribunale di Belluno penalizzerebbe gravemente l'intero comprensorio Bellunese; causerebbe gravi disagi con conseguenti aumenti di costi a carico della collettività; costituirebbe una vera ingiustizia sia sul piano socio-economico sia su quello funzionale e dell'efficienza, oltre a porsi in stridente contrasto con il principio di «buon andamento» della pubblica amministrazione sancito dall'articolo 97 della Costituzione –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in relazione alla riorganizzazione degli uffici giudiziari sul territorio, chiarendo se, al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento d'efficienza, non ritenga di rivedere le decisioni circa l'accorpamento dei tribunali minori ai maggiori, assumendo nuove iniziative per garantire una maggiore efficienza del sistema giudiziario, mantenendo l'attuale configurazione territoriale degli uffici mediante l'analisi di parametri di valutazione oggettivi per ciascun singolo tribunale e tenendo conto, a tal fine, dell'estensione del territorio, nonché della sua specificità, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro, della situazione infrastrutturale e del tasso d'impatto della criminalità organizzata;
   se intenda adottare iniziative normative per incrementare il personale amministrativo, i giudici e le risorse economiche, necessari allo svolgimento delle specifiche competenze dei piccoli tribunali, come nel caso di Belluno, al fine di consentire il raggiungimento dei parametri, fissati dal Ministero, per giustificare l'esistenza di un ufficio e la conseguente sopravvivenza. (4-16776)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   BORGHESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la disciplina sul controllo tecnico dei veicoli aventi massa superiore a 3,5 tonnellate e autobus, ovvero la revisione, è normata da direttive comunitarie e da norme nazionali che garantiscono uniformità dei controlli del parco veicoli circolante e il rispetto della sicurezza della circolazione stradale. A livello nazionale, il decreto ministeriale n. 408 del 6 agosto 1998, che ha recepito la direttiva 96/96/CE, costituisce il testo principale su cui si basano le modalità di svolgimento delle revisioni dei veicoli, integrato successivamente dal decreto ministeriale del 13 ottobre 2011, che ha dato attuazione alla direttiva 2010/48/UE;
   il 27 febbraio 2017 è stata emanata la circolare prot. RU 4791, con la quale la direzione generale per la motorizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti stabilisce che durante la revisione devono essere svolti controlli strumentali controlli visivi in tre modi: impliciti al controllo strumentale, espliciti non compresi nei controlli strumentali e con mano d'opera in officina. Questi ultimi non sono svolti dal personale che svolge la revisione, ma da meccanici dell'officina che svolge la manutenzione del veicolo, che dovrà emettere una dichiarazione sostitutiva di certificazione sul retro del nuovo modello TT2100. Questa novità, in concreto, impone una nuova verifica preliminare che l'autotrasportatore deve far svolgere, a sue spese, da un'officina prima di portare il veicolo alla revisione;
   queste complicazioni burocratiche hanno aggravato la situazione già problematica che vivono le aziende di trasporto che si rivolgono alla motorizzazione civile di Brescia per effettuare la revisione del mezzo. Infatti, il problema della carenza di personale, che è stato affrontato a livello governativo anche attraverso un protocollo di intesa con la provincia di Brescia, ormai da più di un anno sta creando gravi disagi agli autotrasportatori che devono aspettare circa tre mesi per prenotare la revisione del mezzo con i conseguenti danni dovuti dall'impossibilità di lavorare –:
   quali iniziative intenda intraprendere per non arrecare ulteriori disagi alle imprese di autotrasporto della provincia di Brescia, per le quali la revisione del mezzo è strumentale alla propria attività lavorativa, che ad oggi si vedono costrette a sopportare tempi di attesa lunghi e penalizzanti a causa di un mancato protocollo di intesa che consenta un supporto al personale della motorizzazione da parte della provincia;
   se non si ritenga opportuno rivedere quanto disposto dalla circolare prot. RU 4791, soprattutto con riferimento alla previsione della dichiarazione sostitutiva di certificazione, che, da un lato, non appare indispensabile ai fini della sicurezza e, dall'altro, comporta ulteriori oneri burocratici ed economici a danno delle imprese di autotrasporto. (4-16778)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   BECHIS, ARTINI, BALDASSARRE, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nei pressi di Borgo Mezzanone a 21 chilometri da Foggia sorge da circa 10 anni una baraccopoli denominata «Ghetto dei Bulgari» abitata da una popolazione composta da nuclei familiari stanziali e da lavoratori stagionali;
   gli stanziali sono 100 di cui 37 minori. I bambini versano in condizioni pietose, nessuno di loro è scolarizzato e hanno tutti serie difficoltà a comprendere e parlare la lingua italiana;
   il 9 febbraio 2017 il sindaco emise un'ordinanza di sgombero immediato del sito da effettuare in 10 giorni, ad oggi disattesa, nella quale è riportato che il sito, noto come «ghetto dei Bulgari», versa in grave stato di degrado ambientale e presenta svariati fattori di pericolosità concreta ed immediata per la pubblica e privata incolumità;
   il 18 dicembre del 2016 presso la prefettura di Foggia, d'intesa con la magistratura minorile, si costituì un tavolo che aveva il compito di monitorare e sollecitare l'attuazione di interventi a favore dei cittadini rom ancora presenti nel campo, volti a prevenire l'insorgenza di problematiche sanitarie e promuovere l'inclusione sociale, soprattutto a favore dei minori, con la partecipazione di diverse figure istituzionali tra cui il console onorario di Bulgaria;
   il 13 gennaio 2017 il Garante per l'infanzia, nella persona della dottoressa Filomena Albano, con l'avvocato Milena De Troia per l'ufficio dell'autorità garante per l'infanzia, unitamente a rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni impegnate sul luogo, fecero un sopralluogo al «ghetto»;
   il progetto che sarebbe dovuto partire nel mese di febbraio 2017 prevedeva la scolarizzazione dei minori e un corso di educazione igienico-sanitario per le madri dei piccoli;
   il comune di Foggia si era attivato per mettere a disposizione uno scuolabus, ma la diffidenza dei genitori ha vanificato il servizio e il comune, invece di incontrare le famiglie, facendosi aiutare da mediatori culturali per rassicurarle che non c'era l'intenzione di privare le stesse della responsabilità genitoriale, ha sospeso il servizio, un chiaro segno di resa delle istituzioni –:
   quali iniziative si intendano intraprendere a tutela dei minori e per avere un quadro puntuale delle azioni concrete finora adottate a loro vantaggio.
   (4-16760)


   RONDINI e GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   notizie di stampa riportano che nei giorni scorsi sia stata organizzata una visita da parte degli studenti del liceo classico Quasimodo di Magenta presso la struttura «Vincenziana» che si occupa di accoglienza dei migranti;
   risulta che i genitori non siano stati coinvolti nel progetto e nell'organizzazione della visita, tanto che nessuna liberatoria è stata chiesta per la partecipazione;
   tale evento risulta alquanto singolare, visto che per le visite al centro sempre si sono ricevuti dinieghi, posto che era necessaria un'autorizzazione della prefettura, anche per i rappresentanti delle istituzioni;
   dalle autorità si è sempre prevista una limitazione degli ingressi a parlamentari, europarlamentari, il sindaco, presidente della regione e del consiglio regionale e, pare che nessuna di queste figure istituzionali neppure accompagnasse la scolaresca –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non intenda verificare se la prefettura abbia svolto appieno la propria attività di controllo nei confronti della struttura, soprattutto in merito alle richieste di accesso, considerato che tale accesso è stato vietato in passato ai consiglieri comunali e regionali, che sono espressione del voto dei cittadini e che hanno il diritto di verificare quanto accade nei propri territori, soprattutto in strutture che tanto impattano all'interno delle comunità locali. (4-16766)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il quotidiano La Provincia ha dato notizia, il 26 maggio 2017, di una segnalazione diramata dalla polizia di frontiera di Como, concernente l'ingresso nel nostro Paese di due sospetti tunisini provenienti dalla Germania, che si teme possano essere legati ad organizzazioni di natura jihadista;
   si tratterebbe di Fouad Khaskhoussi e Wassim Ben Hassem, entrambi noti alle forze dell'ordine del nostro Paese;
   non è noto per quali ragioni i due tunisini siano entrati nel nostro Paese;
   risultano all'interrogante, altresì, difficilmente comprensibili, se non ammettendo che vi siano istruzioni in proposito diramate dai vertici dell'amministrazione dell'interno, i motivi che hanno indotto le autorità competenti a non fermare i due stranieri, malgrado fossero considerati sospetti al punto tale da determinare la segnalazione del loro ingresso nel territorio nazionale –:
   se Fouad Khaskhoussi e Wassim Ben Hassem possedessero o meno i requisiti richiesti dalla legge per entrare in territorio italiano;
   se la decisione di segnalare l'ingresso in Italia di Fouad Khaskhoussi e Wassim Ben Hassem senza fermarli per accertamenti, adottata dalla polizia di frontiera, dipenda o meno da specifiche istruzioni diramate dai vertici dell'amministrazione dell'interno;
   se la pratica di consentire l'accesso di stranieri sospetti, limitandosi a diramare segnalazioni concernenti il loro ingresso senza effettuare controlli particolari, corrisponda ad un indirizzo del Governo e quale ne sia eventualmente la ragione. (4-16770)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con l'interrogazione n. 4-16528 del 9 maggio 2017 venivano chieste informazioni al Governo in merito alla natura e alle attività dell'associazione Assalam, nonché sul carattere delle iniziative svolte nel capannone situato in via Milano a Cantù, in seguito alla pubblicazione da parte del quotidiano La Provincia di un articolo concernente le polemiche esplose sulla sua effettiva destinazione d'uso, avvenuta sei giorni prima;
   l'associazione Assalam continua ad affermare che nel capannone si svolgano attività di natura esclusivamente culturale, come i corsi di lingua italiana destinati agli stranieri, ma rimane diffuso il timore che invece si intenda in futuro promuovervi attività di culto;
   si è nel frattempo saputo che Assalam ha acquisito i locali di via Milano a Cantù, versando alla Aedes Costruzioni srl oltre 115 mila euro ed impegnandosi a corrisponderle entro 24 mesi ciò che resta fino alla concorrenza degli 819.840 euro richiesti per la loro cessione;
   Assalam afferma di aver finanziato l'operazione e di garantirne il perfezionamento con fondi raccolti esclusivamente tra i propri 200 soci, con versamenti medi di oltre 4 mila euro, ed ha fatto sapere di voler ubicare nel capannone i propri uffici;
   inoltre, la medesima associazione ha chiesto recentemente di poter celebrare il Ramadan dentro il capannone, incontrando il netto rifiuto delle autorità locali e ravvivando le preoccupazioni concernenti le effettive intenzioni di Assalam;
   formalmente, l'immobile sito in via Milano è in effetti tuttora soggetto ad un vincolo di destinazione d'uso in base al quale potrebbe ospitare solo attività artigianali e sarebbe invece precluso lo svolgimento al suo interno di riunioni che implichino assembramenti di persone;
   nel mese di febbraio 2017, con una propria circolare, la regione Lombardia ha comunque equiparato i centri culturali ai luoghi di culto, circostanza che dovrebbe comunque pregiudicare il tentativo dell'associazione Assalam di crearne uno –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione all'associazione Assalam, ai suoi orientamenti e alle sue risorse economiche;
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere per assicurare il rispetto della normativa in materia di luoghi di culto e centri culturali e soprattutto al fine di prevenire la trasformazione di tali luoghi, come quello citato in premessa, in centri di irradiazione dell'integralismo islamico. (4-16771)


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   sembrerebbe imminente la chiusura della sede dei carabinieri del comune di Casal di Principe, in provincia di Caserta;
   se confermata, tale chiusura seguirà di appena un paio di mesi la dismissione della sezione distaccata della squadra mobile, avvenuta dopo che dei trenta poliziotti distaccati all'atto dell'istituzione ne erano rimasti appena due;
   Casal di Principe, paese di origine del boss dei casalesi Giuseppe Setola, è stato uno dei luoghi simbolo della camorra nel territorio casertano e il timore che la cancellazione dei presidi di polizia nella zona possa determinare una recrudescenza dell'attività camorristica è più che fondato;
   la presenza sul territorio delle forze dell'ordine è stata di grande importanza nella lotta alle associazioni criminali e l'abbandono degli avamposti è un errore che rischia di dare un pessimo segnale sia ai cittadini, sia, per altro verso, agli stessi malavitosi, che potrebbero tentare di riorganizzarsi;
   il sindaco della cittadina ha dichiarato che «dopo la chiusura della sezione distaccata della squadra mobile mi recai personalmente dal Ministro Minniti che ci rassicurò sui tempi e sulla volontà del Governo di veder presto un commissariato di polizia», ma che ad oggi nulla è stato fatto, mentre continua ad aumentare l'esasperazione dei cittadini –:
   se siano informati dei fatti esposti in premessa e se non ritengano di intervenire con urgenza per ripristinare i presidi delle forze dell'ordine nella cittadina, garantendo sicurezza e legalità a tutela dei cittadini. (4-16773)


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dopo anni di immobilismo senza investimenti per la riqualificazione, alcuni campeggi estivi siti nel comune di Riccione sono stati affittati (con affitto d'azienda) da una nota società romagnola di gestione campeggi con l'obiettivo dichiarato pubblicamente di investire oltre 10 milioni di euro a sostegno di un turismo di qualità nella cittadina della costa;
   per poter apportare migliorie alle strutture già nel primo anno di gestione, la «Club del Sole» s.r.l ha inoltrato, il 15 febbraio 2017, al comune di Riccione, una segnalazione certificata di inizio attività (scia) telematica per l'apertura della struttura ricettiva all'aria aperta denominata «Romagna Camping Village»;
   il 10 aprile 2017 il comune di Riccione rigettava la segnalazione certificata di inizio attività telematica e imponeva il divieto di prosecuzione dell'attività ricettiva motivando con una non meglio precisata richiesta di integrazioni documentali relativamente a richieste di condoni edilizi, presentato dalla proprietà, e datate 1986 e 1995 per i quali fino al 2016 erano state assunte determinazioni favorevoli «in via provvisoria»;
   la «Club del Sole s.r.l» impugnava l'atto avanti al TAR di Bologna, il quale non accoglieva la richiesta di sospensione e rinviava la trattazione al 13 di giugno 2017;
   la «Club del Sole» s.r.l ha conseguentemente richiesto più volte al comune di riesaminare la determinazione di chiusura dell'attività, sottolineando l'estraneità della stessa rispetto alle pratiche di condono (in capo alla proprietà), la massima disponibilità a rimuovere qualsiasi manufatto risultante abusivo e a presentare un progetto integrato di riqualificazione dell'area;
   il comune di Riccione, retto al momento da un commissario prefettizio a causa delle dimissioni del sindaco Renata Tosi, ha risposto intimando il 2 maggio 2017 il divieto di prosecuzione dell'attività e, in data 19 maggio, l'obbligo di cessazione dell'attività ricettiva in quanto «non sono intervenute unitamente alla SCIA in subingresso dichiarazioni tecniche ovvero asseverazioni tecniche atte ad ottemperare le carenze rilevate, al fine di regolarizzare tali difformità strutturali»;
   risulta quindi all'interrogante che la segnalazione certificata di inizio attività sia stata negata, dopo ben 31 anni di determinazioni favorevoli «in via provvisoria», perché la società subentrante non è riuscita a fornire chiarimenti tecnici su un condono del 1986 presentato da un soggetto terzo;
   risulta altresì all'interrogante che alla società «Club del Sole» s.r.l. sia stato negato, dallo stesso dirigente del comune di Riccione che ha disposto la chiusura del campeggio, l'accesso agli atti del condono al fine di cercare una soluzione alle richieste dello stesso;
   la chiusura totale del campeggio in questione, oltre che portare un danno enorme al turismo riccionese, potrebbe essere preclusiva di ulteriori investimenti –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto accaduto presso il comune di Riccione, attualmente amministrato da un commissario governativo, con particolare riferimento al diniego di accesso agli atti del fascicolo del condono e, contemporaneamente, al divieto di prosecuzione dell'attività oggetto della citata segnalazione certificata di inizio attività (divieto per il quale sarebbe stata addotta proprio la mancata integrazione della pratica di condono), nonché all'assunzione di determinazioni, solo in via provvisoria, rispetto a un condono aperto da ben 31 anni;
   quali siano le ragioni per cui, alla luce di quanto stabilito dall'articolo 38 della legge n. 47 del 1985 anziché disporre l'obbligo di rimozione dei manufatti abusivi in risposta alla domanda di segnalazione certificata di inizio attività, sia stata disposta la chiusura dell'intera struttura ricettiva, la quale difficilmente si può pensare sia totalmente abusiva, stanti anche le già citate determinazioni favorevoli «in via provvisoria» adottate dallo stesso comune dal 1986 ad oggi;
   nel pieno rispetto delle leggi, non si intendano assumere iniziative urgenti in deroga, anche per il tramite del commissario governativo per la tutela dei circa 40 dipendenti della struttura. (4-16775)


   BOSSA e SGAMBATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   tra i comuni che andranno al voto l'11 giugno 2017 c’è anche quello di Falciano del Massico, in provincia di Caserta;
   si tratta di un comune di 3.695 abitanti, di tipo pedemontano, alle falde del Monte Massico;
   sindaco uscente di Falciano del Massico è Giosuè Santoro, eletto il 7 maggio del 2012, a capo di una lista civica;
   Santoro è di nuovo candidato alla carica di sindaco, a capo della lista civica Gabbiano;
   tra i dodici candidati al consiglio comunale della lista civica Gabbiano compare anche il nome di Giulia Capriglione, esponente di una nota famiglia di imprenditori nel campo dei servizi sociali;
   i comuni casertani che da circa 20 anni sono interessati dalle attività imprenditoriali della famiglia Capriglione sono Falciano del Massico, Mondragone, Carinola, Cellole, Teano, Sparanise, Pignataro Maggiore, Sessa Aurunca, Piedimonte Matese ed altri;
   la storia delle imprese sociali Capriglione ha inizio negli anni Novanta; successivamente, viene costituito un consorzio, denominato «Nestore», a cui cominciano ad afferire gran parte dei servizi sociali locali della zona;
   la prefettura di Caserta con certificazione n. 2012/SUAP/12B.16/ANT/AREA1 del 1o ottobre 2012 – relativa ad un appalto del comune di Mondragone – nei confronti del Consorzio «Nestore», con sede in Falciano del Massico, «pur ritenendo che gli elementi emersi, allo stato, non sono ritenuti sufficienti ai fini di un'interdittiva antimafia, ha altresì ritenuto necessario dare comunicazione alla stazione appaltante ai sensi dell'articolo 1-septies del decreto-legge n. 629 del 1982 di cointeressenze societarie con imprese già destinatarie di provvedimenti interdittivi antimafia»;
   come conseguenza di tale atto, il dirigente comunale competente del comune di Mondragone, con determina n. 361 del 19 dicembre 2012, ha revocato l'affidamento del servizio di «assistenza e trasporto scolastici per alunni diversamente abili frequentanti le Scuole materne e dell'obbligo», a suo tempo appunto assegnato al consorzio «Nestore»;
   dubbi sono intervenuti anche in altri comuni dell'area casertana con servizi affidati al consorzio «Nestore» visto che la definizione di «cointeressenze societarie con imprese già destinatarie di provvedimenti interdittivi antimafia» solleva non pochi problemi;
   oltre alle attività nell'ambito dei servizi sociali, la famiglia Capriglione ha gestito la proprietà del quotidiano « La Gazzetta di Caserta» e altre attività, come la gestione temporanea di parcheggi pubblici nel comune di Teano;
   un intreccio così complesso di affari economici in rapporto con enti pubblici determina non poche preoccupazione, dal momento che la famiglia Capriglione, a partire dal 2016, ha deciso di entrare attivamente in politica, candidando un proprio esponente al comune di Carinola e, alle prossime elezioni, anche al comune di Falciano del Massico;
   la preoccupazione è che una tale commistione di servizi sociali gestiti per conto di enti pubblici e candidature politiche possa alterare la regolarità della competizione elettorale e anche l'equilibrata e imparziale gestione della stessa pubblica amministrazione –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, per vigilare, anche in vista della prossima competizione elettorale, circa l'assenza di improprie commistioni tra affari e pubblica amministrazione, con particolare riferimento alla gestione dei servizi sociali per conto di enti pubblici. (4-16779)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANZI, ASCANI, NARDUOLO, MALISANI, RAMPI e DALLAI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge 13 luglio 2015, n. 107, comunemente nota come «buona scuola», ha introdotto l'obbligo di corsi di primo soccorso negli istituti secondari di primo e secondo grado;
   si tratta di iniziative di formazione rivolte agli studenti, che prevedono l'acquisizione di tecniche di primo soccorso, ritenute necessarie per fronteggiare situazioni improvvise di emergenza, come un arresto cardiaco o un'ostruzione delle vie respiratorie, realizzate anche in collaborazione con il servizio di emergenza territoriale, 118, del servizio sanitario nazionale e con il contributo delle realtà del territorio;
   l'obiettivo è quello di fornire soprattutto ai ragazzi in età scolare, gli strumenti utili per aiutare chi si trova in pericolo di vita, innescando così un processo virtuoso che favorisca la successiva trasmissione delle conoscenze acquisite a scuola, all'interno della famiglia;
   la scarsa o totale mancanza di conoscenza delle prime manovre di soccorso, infatti, impedisce l'intervento dei cittadini nell'arco di tempo che passa tra il malore o l'incidente e l'arrivo, seppur tempestivo, degli operatori del 118, riducendo sensibilmente le possibilità di sopravvivenza dell'interessato;
   si è in attesa della definizione delle «linee guida sul primo soccorso», da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in modo tale da fornire agli interessati e al personale coinvolto, un quadro unitario e omogeneo circa le modalità di attuazione delle disposizioni relative ai corsi di primo soccorso nelle scuole –:
   se e con quale tempistica si intenda procedere all'emanazione delle linee guida sul primo soccorso negli istituti scolastici secondari di primo e secondo grado e dare così completa attuazione a quanto previsto, in merito, dalla riforma della «buona scuola». (5-11465)

Interrogazione a risposta scritta:


   CRIMÌ. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   per quanto concerne il settore dell'alta formazione artistico musicale: il ruolo del pianista accompagnatore delle classi di strumento, che nel resto del mondo è istituzionale fin dalla nascita delle scuole di musica di alto livello, in Italia subisce le conseguenze di una deregolamentazione legislativa, costituendo di fatto una eccezione nel panorama internazionale;
   ogni strumentista ha infatti bisogno di un professionista formato che lo affianchi durante le lezioni per la preparazione di esami, concerti e concorsi; per moltissimo tempo per questo compito si è fatto affidamento su allievi di pianoforte interni alle scuole stesse, su amici e parenti, su pianisti accompagnatori esterni pagati «in nero» dagli studenti stessi;
   con i cambiamenti introdotti dalla legge n. 508 del 21 dicembre 1999 i conservatori hanno iniziato ad avvalersi di esperti esterni per far fronte al fabbisogno crescente di accompagnamento delle classi di strumento. L'incertezza e la precarietà lavorativa che deriva da questa deregolamentazione influiscono negativamente sulla buona organizzazione e sulla qualità della formazione impartita nei conservatori nonché difficoltà oggettive per docenti, studenti e personale;
   risale al 30 aprile 2015 una mozione recante la situazione appena descritta, da parte della conferenza dei direttori dei conservatori (Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e organizzazioni sindacali), tramite la quale si propone l'istituzione della figura professionale del pianista accompagnatore, affermando di ritenere «indispensabile la creazione di una nuova figura professionale di accompagnatore al pianoforte, non solo per i corsi di canto nei quali è sempre stata prevista, ma anche per quelli strumentali (che sono la maggioranza nei conservatori). Gli studenti di canto e di strumento (soprattutto archi e fiati) dei corsi accademici di primo e secondo livello, ma anche di specializzazione, hanno bisogno di eseguire a lezione repertori musicali da camera e orchestrali che richiedono personale esperto al pianoforte. Per questo motivo tale figura deve poter essere prevista negli organici d'istituto al fine di procedere, tramite conversione di posti, ad assunzioni di personale idoneo»;
   il problema dei pianisti accompagnatori per le classi di strumento non è mai stato affrontato da quando è passata la legge n. 508 del 1999 ora ci sarebbe la possibilità, senza ricorrere a un decreto del Presidente della Repubblica, di inserire nella contrattazione nazionale questa nuova figura professionale;
   la situazione assume caratteristiche di urgenza per il fatto che, a meno di ulteriori proroghe, dal primo gennaio 2018 i conservatori non potranno più attuare contratti di tipologia di collaborazione coordinata e continuativa con conseguenze disastrose per la loro organizzazione –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali ulteriori informazioni e precisazioni intenda fornire sulla regolamentazione attuale delle attività di accompagnamento pianistico svolte nei conservatori italiani;
   se e quali soluzioni intenda promuovere con riferimento all'urgenza che sembra prospettarsi nei conservatori, per l'inizio dell'anno 2018, quando terminerà la possibilità di contrarre contratti di collaborazione coordinata e continuativa con i pianisti accompagnatori;
   se e quali iniziative il Ministro intenda assumere in relazione alla deregolamentazione descritta e per rimediare all'assenza di una figura professionale che è invece presente in tutta la formazione musicale internazionale, quale quella del pianista accompagnatore;
   se intenda adottare iniziative per favorire la creazione della nuova figura professionale come suggerito dalla citata mozione della conferenza dei direttori dei conservatori, in modo da risolvere una volta per tutte le difficoltà che al momento riguardano studenti, docenti e personale dei conservatori italiani. (4-16763)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALLASIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è notizia di questi giorni quella che la Savio, azienda che progetta, prototipa, produce e commercializza componenti per serramenti, ha confermato il licenziamento di 82 lavoratori dello stabilimento di Chiusa San Michele, su 304 addetti;
   il numero in realtà sembra essere inferiore, quale risultato degli incontri tra la proprietà ed i sindacati: 12 lavoratori dovrebbero andare in sostituzione di altrettanti dipendenti della cooperativa esterna impiegati nel magazzino di Sant'Antonino di Susa, 10 dovrebbero essere ricollocati in un'altra azienda del gruppo o comunque presso imprese fornitrici, mentre alcuni lavoratori hanno volontariamente già lasciato l'azienda;
   domenica 28 maggio 2017 si è tenuta una marcia di solidarietà, con partenza appunto dallo stabilimento di Chiusa San Michele, che ha registrato la partecipazione di oltre 500 persone tra lavoratori delle aziende del territorio e cittadini;
   la Valle Susa negli anni ha perso gran parte della capacità produttiva ed il predetto annuncio aggrava una situazione già molto problematica –:
   se e quali urgenti iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, i Ministri interrogati intendano adottare per scongiurare il rischio di licenziamento e trovare un percorso alternativo per tutti i lavoratori coinvolti;
   se e quali iniziative il Governo intenda mettere in campo urgentemente per contrastare la continua delocalizzazione delle produzioni a danno dei livelli occupazionali. (4-16764)


   CARRESCIA, LODOLINI, MANZI e MORANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la contrattazione collettiva per il settore terziario, distribuzione e servizi si sviluppa attraverso più contratti nazionali dei quali uno sottoscritto da Confcommercio ed uno da Confesercenti, nonché, per la sola distribuzione commerciale cooperativa, uno firmato anche dal mondo della cooperazione e dalle federazioni di categoria di Cgil, Cisl, Uil;
   Federdistribuzione, associazione alla quale aderiscono alcune aziende della grande distribuzione organizzata, pur non essendo mai stata firmataria di alcun contatto nazionale, ha anticipato alle organizzazioni sindacali, per conto delle sue associate, la disdetta del Contratto collettivo nazionale di lavoro sino ad allora applicato, ossia il Contratto collettivo nazionale di lavoro terziario, distribuzione e servizi sottoscritto da Confcommercio con le categorie di Cgil Cisl e Uil e scaduto a dicembre 2013;
   dal 2013 ad oggi tuttavia nessun contratto nazionale è stato firmato da Federdistribuzione, mentre il precedente contratto applicato è stato rinnovato, e quindi sostituito da un nuovo contratto nazionale il 30 marzo 2015 (Confcommercio-Filcams-CGIL; Fisascat-CISL; Uiltucs-UIL);
   le aziende aderenti a Federdistribuzione non hanno applicato gli aumenti salariali contenuti in tale ultimo accordo né in altri nel frattempo rinnovati (Confesercenti) o ultra vigenti (Cooperative) per cui le imprese aderenti a tale Federazione da oltre due anni operano in assenza di un contratto nazionale sottoscritto e dichiarano di applicare un contratto non più vigente, di cui Federdistribuzione non era per altro firmataria, non riconoscendo ai dipendenti gli aumenti contrattuali;
   da notizie di stampa (Corriere della sera dell'11 febbraio 2017) si è appreso che lo stesso Ministero del lavoro è stato interpellato sulla questione sia dalle organizzazioni di categoria e sindacali sia dall'Inps per avere indicazioni puntuali;
   la fruizione di diversi benefici fiscali e contributivi, compreso l'esonero contributivo per le nuove assunzioni previsto dai commi dal 178 al 180 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (cosiddetta Legge di stabilità 2016) è per legge espressamente condizionata al rispetto da parte del datore di lavoro «degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale», come disposto dall'articolo 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, richiamata anche dalla circolare dell'Inps 18 aprile 2008, n. 51 in materia di documento unico di regolarità contributiva;
   il mancato chiarimento da parte del Ministero e l'assenza di indicazioni agli organi ispettivi presta quindi il fianco al rischio di una indebita fruizione di benefici contributivi e fiscali, oltre a generare dumping fra le imprese che insistono sullo stesso comparto e un danno ai lavoratori che non si vedono riconosciuti gli aumenti contrattuali previsti dall'unica contrattazione vigente –:
   se e quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere, indicando in quali tempi intendano procedere, per evitare possibili danni ai lavoratori e alle imprese, nonché il rischio di una indebita fruizione dei benefici che la normativa collega inscindibilmente al rispetto dei contratti vigenti, con eventuale conseguente danno per l'erario;
   se si intendano fornire, per quanto di competenza, puntuali indicazioni agli organi ispettivi dello Stato al fine di effettuare le opportune verifiche e adottare le eventuali conseguenti iniziative. (4-16774)


   LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'introduzione della «NASpI» (nuova assicurazione sociale per l'impiego) a decorrere dal 10 maggio 2015, per effetto del Jobs Act, ha aggravato le condizioni già difficili dei lavoratori dello spettacolo, i cui rapporti di lavoro sono strutturalmente temporanei, in quanto legati al cartellone, alla produzione e al singolo evento, benché possano assumere molteplici forme contrattuali;
   secondo la normativa previgente, questi lavoratori, al raggiungimento dei requisiti richiesti, ottenevano il trattamento speciale della «MiniASpI» e, prima ancora, dell'indennità di disoccupazione a requisiti ridotti: misure di sostegno al reddito certamente insufficienti per la loro consistenza, ma concepite per le specificità dei lavoratori che alternano fasi di lavoro a fasi di disoccupazione; il decreto legislativo 22 del 2015, invece, ha esteso l'ambito di applicazione della «NASpI» anche nei confronti di coloro che lavorano nel mondo dello spettacolo, mantenendo in vigore la normativa speciale per i soli stagionali dell'agricoltura e, attraverso un correttivo successivo, anche per i lavoratori dei settori produttivi del turismo e degli stabilimenti termali;
   eppure, nella disciplina previdenziale, la peculiarità del lavoro temporaneo nello spettacolo è sempre stata presente ed è stata confermata anche a seguito dell'inglobamento dell'Enpals nell'Inps, avvenuto il 1o gennaio 2012, dato che l'annualità contributiva utile al raggiungimento del requisito previdenziale viene riconosciuta con 120 giornate lavorate, anziché con 52 settimane di versamenti;
   con la «NASpI», i lavoratori temporanei dello spettacolo possono percepire una indennità di misura pari al 75 percento della retribuzione, ma di durata pari solo al 50 percento delle giornate lavorate e con decurtazioni ulteriori del 3 percento mensile per i rari casi in cui si superino i tre mesi di trattamento; gli importi che ne scaturiscono non devono, inoltre, superare i massimali stabiliti anno per anno;
   va peraltro aggiunto che, secondo una rilevazione dell'Inps, nel settore dello spettacolo le giornate di lavoro si attestano su medie annue decisamente basse e talora non raggiungono nemmeno la soglia minima delle giornate indennizzabili;
   dalla base di calcolo per il periodo indennizzabile bisogna, inoltre, scomputare i periodi contributivi che hanno già dato luogo a prestazioni di sostegno al reddito per la disoccupazione;
   ancora, superato il limite massimo di cinque giornate di lavoro durante la fruizione della «NASpI», viene meno lo status di disoccupato, quindi la sesta giornata lavorata interrompe l'erogazione del trattamento;
   per di più, i voucher non sono utili alla «NASpl» e neanche a fini previdenziali, perché confluiscono nella gestione separata invece che nel fondo lavoratori dello spettacolo dell'Inps;
   occorrerebbe quanto meno parificare i contributi previdenziali versati in costanza di rapporti di collaborazione a quelli versati in costanza di rapporti di lavoro subordinato anche ai fini della «NASpI», come già accade ai fini pensionistici;
   in base alla vigente disciplina della «NASpI», se si simula una paga giornaliera lorda di 100 euro (che rappresenta comunque un importo superiore alla media per i lavoratori temporanei), si produce la seguente situazione:
    con 30 giornate di lavoro si otterrebbero 719,70 euro di indennità in soluzione unica;
    con 120 giornate di lavoro si otterrebbero invece 2878,80 euro di indennità in tre soluzioni mensili;
    il reddito imponibile annuo, comprensivo di «NASpI», nelle suddette ipotesi, sarebbe pari a 3719,70 euro nel primo caso e a 14878 nel secondo;
    è evidente come un sostegno al reddito inadeguato renda assai complicata la sopravvivenza del settore professionale occupato nel mondo dello spettacolo –:
   se il Ministro interrogato non reputi urgente assumere ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, al fine di risolvere le criticità create dal Jobs act riguardo alla tutela dei lavoratori del mondo dello spettacolo, con specifico riferimento alle misure di sostegno al reddito. (4-16777)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, del lavoro e delle politiche sociali e dell'interno hanno firmato in data 27 maggio 2016 il protocollo contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura. L'intesa sottoscritta anche dall'Ispettorato nazionale del lavoro, dalle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Piemonte, Puglia e Sicilia, dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni di categoria ha come finalità principale quella di sostenere e rafforzare gli interventi di contrasto al caporalato ed allo sfruttamento su tutto il territorio nazionale in particolare a partire dai territori di Bari, Caserta, Foggia, Lecce, Potenza, Ragusa e Reggio Calabria;
   tale protocollo riguarda una serie di iniziative contro il fenomeno del caporalato e per il miglioramento delle condizioni di accoglienza dei lavoratori;
   sembra che nonostante il citato protocollo non siano ancora state attuate le azioni concrete auspicate. Infatti, alcune delle istituzioni che hanno sottoscritto il documento suddetto aspettano invano di essere convocate per costituire il gruppo di coordinamento e controllo che avrebbe dovuto avere il compito di vigilare sull'attuazione del protocollo stesso. È da rilevare inoltre che ad oggi non c’è stata alcuna convocazione sebbene manchino ormai pochi mesi al termine della sua validità;
   tra l'altro, sembra che in alcune realtà territoriali, come Foggia, Lecce e Ragusa dove esiste un tavolo di confronto ancora attivo, non si riescano a definire gli interventi –:
   se non intendano chiarire urgentemente quali siano le ragioni della mancata attuazione del protocollo citato in premessa, che costituisce un elemento fondamentale per contrastare il caporalato;
   se non intendano attivarsi per attuare il protocollo citato, al fine di assicurare il rispetto della legge in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. (4-16761)


   GAGNARLI, L'ABBATE e BENEDETTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   da circa 4 anni, le associazioni di categoria agricole, insieme alle organizzazioni sindacali, chiedono di dotare il settore florovivaistico, uno dei pochi ad oggi ancora sprovvisto, di una idoneità professionale che possa dare forza al comparto, garantendo professionalità e competenze minime per svolgere la professione;
   nel luglio 2016, tale riconoscimento è stato assicurato con l'articolo 12 della legge n. 154 del 2016 (collegato agricolo). Al comma 1, infatti, si disciplina l'esercizio dell'attività di manutenzione del verde, stabilendo che l'attività di costruzione, sistemazione e manutenzione del verde, pubblico o privato affidata, a terzi, può essere esercitata, oltre che dagli iscritti al registro ufficiale dei produttori articolo 20, comma 1, lettere a) e c), del 19 agosto 2005, n. 214) anche da imprese agricole, artigiane, industriali o in forma cooperativa, iscritte al registro delle imprese, purché abbiano conseguito un attestato di idoneità che accerti il possesso di adeguate competenze;
   lo stesso articolo, al comma 2, ha stabilito che le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sono tenute a disciplinare le modalità per l'effettuazione dei corsi di formazione ai fini dell'ottenimento dell'attestato di cui al comma 1. Le regioni possono procedere direttamente o attraverso soggetti accreditati, in conformità al modello definito ai sensi dell'accordo Stato-regioni e province autonome del 20 marzo 2008, e/o attraverso soggetti specificamente autorizzati in base alle disposizioni adottate da ciascuna regione e provincia autonoma;
   tutte le regioni italiane sono, pertanto, impegnate a stabilire quali saranno le necessarie certificazioni che distingueranno un giardiniere professionista da un semplice appassionato del verde. In alcune regioni si sta delineando la pericolosa prospettiva secondo la quale, per riconoscere la figura professionale del manutentore del verde, saranno sufficienti un corso di 50 ore (di cui almeno la frequenza dell'80 per cento), la maggiore età e nessuna esperienza;
   al contrario di altre professioni, quindi, secondo questa disposizione regionale non occorreranno prerequisiti specialistici per accedere al corso formativo, come ad esempio un percorso di studi attinente alla materia e un tirocinio di due o tre anni nel settore;
   l'impostazione di questo testo è stata osteggiata anche dalle associazioni di categoria (Coldiretti, Confagricoltura, Cia e Assoflora), in quanto non perseguirebbe l'obbiettivo fondamentale del «collegato agricolo» (articolo 12), dal momento che non tiene conto dell'esperienza e della professionalità acquisita dagli operatori, anche con titoli di studio –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare per assicurare che i percorsi formativi individuati e predisposti ai fini dell'ottenimento dell'attestato di cui all'articolo 12, comma 1, della legge n. 154 del 2016, siano idonei in termini di durata e contenuti didattici e pratico-applicativi e garantiscano l'adeguato riconoscimento delle competenze pregresse acquisite dai soggetti che intendano accedervi. (4-16769)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   dal 23 al 25 maggio 2017 si è tenuta a Roma la ventottesima edizione del Forum PA, evento sull'innovazione della pubblica amministrazione. Come è stato riportato dal sito online www.startupitalia.eu nell'articolo del 26 maggio 2017, «il tema centrale è stato il ruolo delle amministrazioni pubbliche nella costruzione di uno sviluppo economico e sociale che garantisca benessere equo e sostenibile. Gli argomenti erano connessi con l'Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile e con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile approvati dalle Nazioni Unite (traguardo da raggiungere entro il 2030)»;
   Key4biz, nell'articolo del 23 maggio 2017, ha riportato una parte dell'intervista di Claudio Cerasa, direttore del quotidiano Il Foglio e moderatore del dibattito «Se la PA cambia, cambia il Paese», tenutosi durante il summit, al Ministro interrogato. Il magazine italiano sulla digital economy e sulla cultura del futuro ha evidenziato come, durante la conversazione, sia stata trascurata la tematica inerente allo sviluppo del processo di digitalizzazione del settore pubblico. Inoltre, durante l'incontro è stato realizzato anche un sondaggio redatto dagli organizzatori dell'evento, di cui l'80 per cento dipendenti della Pubblica amministrazione. Il 62 per cento ha dichiarato che la burocrazia è cresciuta negli ultimi 5 anni, a causa dell'elevato numero di leggi e della scarsa semplificazione nei processi. In una parola, poco o nulla è stato detto sulla digitalizzazione dei servizi pubblici. Quando le è stato chiesto di parlare delle cose che non vanno nel settore, il Ministro Madia ha affermato che occorre aumentare la digitalizzazione dei servizi;
   nello specifico, secondo quanto è stato pubblicato da Key4biz, nel corso dell'intervista non è stato menzionato nessun riferimento all'anagrafe digitale, al sistema pubblico di identità digitale (SPID) che si attesta solo a 1 milione e 400 mila, metà delle quali erogate perché obbligatorie per accedere al bonus Cultura per i neo-maggiorenni e alla Carta docenti. Nessuna domanda sul PagoPA (sistema dei pagamenti elettronici) affidato al team digital di Diego Piacentini, commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale. Né tantomeno un accenno alla carta d'identità elettronica, il cui progetto risale alla legge Bassanini 127/1997;
   la testata ha ricordato, infine, che «l'obiettivo dell'Anagrafe nazionale della popolazione, previsto entro il 2016, non è stato raggiunto. La nuova scadenza è tra 18 mesi. Quando ai soli 4 comuni (Lavagna, Bagnocavallo, Sant'Agata sul Santerno e Cesena) in cui l'anagrafe nazionale popolazione residente è attiva si aggiungeranno tutti gli altri allora i cittadini potranno accedere a tutte le proprie informazioni anagrafiche tramite l'identità elettronica SPID»;
   Paolo Aielli, amministratore delegato del Poligrafico dello Stato, nell'audizione del 5 aprile 2017 presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione delle pubbliche amministrazioni, ha riferito come l'anagrafe unica sia fondamentale anche per lo sviluppo della carta d'identità elettronica –:
   alla luce dei fatti esposti in premessa, quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda assumere per attuare in tempi celeri il processo di digitalizzazione volto a migliorare il settore della pubblica amministrazione, offrendo tutti i servizi pubblici online e da mobile ai cittadini;
   come intenda garantire lo sviluppo dei servizi pubblici digitali per l'innovazione del settore pubblico e dell'intera società;
   quali iniziative intenda adottare per garantire una maggiore efficienza e trasparenza nella pubblica amministrazione, semplificando gli ostacoli burocratici.
(4-16772)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   MAROTTA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da alcune settimane nell'ufficio postale di Centola-Palinuro il personale è ridotto a due soli impiegati, obbligando i cittadini a code defatiganti;
   il comune non ha ricevuto notizia di riduzione del numero dei dipendenti dell'ufficio postale: si teme che il personale a sportello sia stato ridotto per decisioni autonoma di Poste Italiane spa. Giova ricordare che l'articolo 5, comma 1, della delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), n. 342/14/CONS, ha previsto l'obbligo di notifica preventiva delle modifiche agli assetti organizzativi ai sindaci dei comuni interessati, almeno 60 giorni prima della data prevista di attuazione dell'intervento;
   Poste italiane è una società per azioni a partecipazione pubblica e i diritti dell'azionista sono esercitati dal Ministero dell'economia e delle finanze. Il piano industriale 2015-2019 di Poste italiane ha previsto un notevole ridimensionamento del servizio, da sostituire con tecnologie telematiche non sempre utilizzabili nelle aree marginali del Paese o dalle fasce anziane della popolazione. Il servizio postale universale è affidato a Poste italiane spa fino al 30 aprile 2026;
   il contratto di programma vigente tra il Ministero e Poste italiane prescrive, all'articolo 2, comma 6, che quest'ultima trasmetta annualmente all'Agcom l'elenco degli uffici postali che non garantiscono condizioni di equilibrio economico;
   Centola-Palinuro è un comune di circa 5.200 abitanti, un numero tale da garantire le suddette «condizioni di equilibrio economico» in qualsiasi periodo dell'anno; Centola Palinuro, in qualità di comune turistico noto in tutto il mondo, nel periodo estivo vede aumentare la sua popolazione fino a 70.000 abitanti;
   i trend turistici del Cilento per i prossimi anni presentano due aspetti positivi: da un lato, si prevede l'incremento delle presenze, con percentuali decisamente superiori a quelle nazionali (+13 per cento, rispetto al +5 per cento nazionale nel 2016); dall'altro, la regione e gli enti locali stanno perseguendo una politica di destagionalizzazione (collegamenti aerei tramite l'aeroporto di Salerno, migliori trasporti ferroviari e marittimi – Metro del mare, offerte su accoglienza, creazione di itinerari naturalistici, ciclistici, culturali ed enogastronomici) che sta creando una presenza turistica anche al di fuori dei mesi estivi centrali. A Pasqua del 2017 si è verificato in Cilento un boom di presenze trainato soprattutto dai turisti stranieri (+2,8 per cento);
   tutto ciò premesso, appare assolutamente necessario che un servizio essenziale come quello postale (che oggi incorpora anche taluni servizi finanziari) debba essere assicurato in termini di assoluta efficienza nel Cilento e nel comune di Centola Palinuro in particolare, sia perché è un atto dovuto da parte di Poste italiane, sia perché l'inefficienza di questo servizio si riflette sull'immagine pubblica dei comuni a cui tale servizio è sottratto o ridotto;
   tale impostazione è confermata dal fatto che nella fase di definizione del contratto di programma tra Ministero e Poste, si è scelto, con reciproco scambio di consenso sul testo finale, di ribaltare la precedente prospettiva, incentrata sulla «razionalizzazione», sulla base dell'assunto che la capillarità della presenza di Poste italiane non debba essere considerata più un onere bensì un asset strategico, un valore: dunque ogni chiusura o riduzione di presenza, per quanto giustificata dall'equilibrio economico, impoverirebbe un asset della società; in particolare, all'articolo 5, comma 5, del citato contratto, Poste italiane si è impegnata a ricercare ogni possibilità di potenziamento dei servizi, anche mediante accordi con le regioni e gli enti locali –:
   di quali iniziative il Governo intenda farsi promotore, per quanto di competenza, con riferimento alla vicenda esposta in premessa, al fine di alleviare il disagio e il danno che produce il susseguirsi di misure di ridimensionamento dei servizi da parte di Poste Italiane. (3-03057)

Interrogazione a risposta scritta:


   MURGIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è intendimento del Governo procedere con la chiusura e l'accorpamento dell'attuale sistema camerale nazionale;
   il sistema delle camere di commercio della Sardegna rientra nel perimetro degli enti camerali da sopprimere o accorpare;
   l'esigenza di concorrere agli obbiettivi di razionalizzazione e risparmio imposti a livello nazionale sta determinando in Sardegna un lento e insopportabile stillicidio che ha segnato la sorte di tanti altri uffici governativi dell'isola;
   le disposizioni di cui alla legge 11 agosto 2014, n. 114, hanno finora prodotto lievi e impercettibili risparmi per i cittadini e le imprese e ridottissimi contenimenti della spesa per lo Stato;
   in data 18 maggio 2017 l'Unioncamere nazionale per il tramite del consiglio di presidenza ha trasmesso al competente Ministero dello sviluppo economico una propria indicazione relativa agli accorpamenti delle camera di commercio di Nuoro con quella di Sassari e di quella di Oristano con Cagliari;
   appare discriminatorio che si colpiscano le camere di commercio della Sardegna, territorio nel quale le stesse svolgono preziose funzioni sostitutive di altri uffici governativi soppressi e sostengono processi di aggregazione e innovazione del tessuto economico regionale;
   il sistema camerale rappresenta una espressione di democrazia economica e un irrinunciabile valore aggiunto per lo sviluppo e la promozione socio economici dell'intero territorio regionale;
   il sistema camerale della Sardegna può vantare lusinghieri parametri di efficienza se paragonati a quelli in ambito nazionale, e alcuni enti rientrano a pieno titolo nell'ambito di applicazione delle deroghe previste dalla legge delega, con riferimento all'operatività camerale nei territori montani e in quelli non infrastrutturati;
   gli eventuali accorpamenti comporterebbero l'inevitabile rideterminazione delle dotazioni organiche del personale dipendente con la conseguente mobilità o riallocazione del personale in esubero –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se sia stato valutato il gravissimo danno al sistema economico delle micro, piccole e medie imprese dei territori interessati e il conseguente isolamento di aree già pesantemente colpite da quelli che l'interrogante giudica indiscriminati tagli governativi, nonché l'inevitabile negativo impatto occupazionale sugli addetti della camera di commercio di Nuoro;
   quali iniziative si intendano assumere a tutela dei livelli occupazionali del sistema camerale;
   se non si ritenga, per quanto di competenza, di adottare, con urgenza, iniziative utili al concreto decentramento degli uffici, a livello regionale, al servizio di imprese e cittadini. (4-16759)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta orale Zolezzi n. 3-02592, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 novembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Alberti.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Binetti n. 4-16754, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 805 del 29 maggio 2017.

    BINETTI, BUTTIGLIONE, CERA e DE MITA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   ancora una volta nel pomeriggio del 24 maggio 2017 una adolescente è stata prelevata con la forza dalla sua casa, in cui vive da tempo insieme alla madre e al nonno, per essere portata presso la casa famiglia Rosa Luxemburg a Capranica;
   al momento del prelievo la ragazza G. J. di 13 anni era sola in casa, perché la madre e il nonno si erano recati dai loro avvocati per sollecitarli a chiedere una sospensiva del provvedimento, che prevedeva la possibilità di un eventuale spostamento in casa famiglia, annunciato da tempo ma senza alcuna data precisa;
   una ragazza di 13 anni è stata portata via da casa sua per essere trasferita in una casa famiglia vicino Roma. Sarebbero stati mobilitati, a quanto risulta all'interrogante un'autoambulanza, una macchina dei vigili del fuoco con una lunga scala per raggiungere da fuori l'appartamento, almeno altre 4 automobili e una quindicina di persone, per lo più uomini;
   secondo quanto riferito all'interrogante, la ragazza non avrebbe aperto la porta, essendo sola in casa e avendo ricevuto questa indicazione dalla madre, ma qualcuno, servendosi della scala dei vigili, sarebbe entrato dalla finestra, con ciò spaventando enormemente la ragazza;
   l'interrogante non intende avanzare nessun giudizio sulle ragioni per cui un'adolescente, che un anno fa ha trascorso diversi mesi in una casa famiglia, da cui è uscita ad agosto, per tornare a vivere con la madre e il nonno e frequentare la terza media nella scuola di quartiere, debba essere nuovamente sottratta alla sua famiglia, ai suoi affetti, alle sue consuetudini, alla scuola compresa, per essere condotta per la seconda volta in una casa famiglia;
   si vuole però sottolineare come la ragazza, coinvolta in una serie di eventi familiari di cui è vittima, come spesso accade ai minori, sia stata nuovamente «violentata» dai fatti accaduti ieri;
   si è trattato di un prelievo forzato, che ha messo in moto un dispiegamento di forze che appare all'interrogante di dimensioni sproporzionate a quelle necessarie per prelevare una bambina di 13 anni, che vive a Roma con la madre e il nonno;
   la normalità di una vita da ragazza adolescente, faticosamente riconquistata dopo il precedente passaggio in casa famiglia, è ciò che più sta a cuore a G. J. I suoi amici, la sua musica, i suoi hobby di tredicenne. Invano, la ragazza ha scritto al giudice, ai vari servizi, per chiedere di essere ascoltata e manifestare i suoi legittimi desideri e le sue più che normali esigenze;
   nei mesi appena trascorsi, seguiti al suo ritorno in famiglia, a quanto consta all'interrogante, nessuno l'ha ascoltata e ciò è tanto più grave, in quanto più volte parlando del rapporto tra giustizia e minori, si è sottolineato non solo l'obbligo di ascolto del minore, ma anche la necessità di intervenire sempre e solo nel supremo interesse del minore stesso;
   molti diritti di questa ragazza, ad avviso dell'interrogante, sono stati calpestati e tra tutti anche quello all'istruzione, perché oltre all'allontanamento da casa quello che più la preoccupa sono gli esami, il terrore di poter perdere un anno di scuola e dover rinunziare ai suoi amici, al suo gruppo classe;
   per una serie di ragioni di cui è difficile ripercorrere la genesi, e forse in questo momento non è neppure necessario, sembra che siano subentrate perplessità da parte della scuola, che a detta della famiglia, potrebbero mettere in discussione la possibilità che G.J. faccia gli esami nelle stesse condizioni dei suoi compagni, negli stessi giorni e nello stesso luogo –:
   se il Governo intenda assumere iniziative normative per evitare che si verifichino questi ripetuti fatti incresciosi che sottraggono un minore così violentemente alla sua famiglia, al suo ambiente e al suo naturale processo di sviluppo;
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere per rassicurare la ragazza, la famiglia e la scuola e garantire alla stessa giovane il diritto all'istruzione permettendo un sereno espletamento degli esami di terza media nel suo contesto naturale, con gli insegnanti, i compagni e la scuola che ha frequentato quest'anno.
   (4-16754)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Cozzolino n. 4-14492 del 14 ottobre 2016.