Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 17 luglio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge del 19 agosto 2016, n. 166, sono state introdotte disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi;
    l'articolo 15 della succitata legge, in particolare, modificando l'articolo 157 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, ha novellato la disciplina concernente la raccolta di medicinali non utilizzati o scaduti, la donazione di medicinali e il loro successivo impiego per finalità di solidarietà sociale;
    la legge citata ha demandato al Ministero della salute, attraverso l'emanazione di un decreto da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge, il compito di definire le modalità che rendano possibile la donazione di medicinali inutilizzati ad organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus) e il loro impiego in confezioni integre, correttamente conservati e ancora nel periodo di validità, in modo tale da garantire la qualità, la sicurezza e l'efficacia originarie, con esclusione dei medicinali da conservare in frigorifero a temperature controllate, dei medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope e dei medicinali dispensabili solo in strutture ospedaliere;
    il decreto del Ministero della salute, non ancora emanato, deve definire inoltre i requisiti dei locali e delle attrezzature idonei a garantire la corretta conservazione dei suddetti medicinali nonché le procedure intese alla tracciabilità dei lotti dei medicinali ricevuti e distribuiti;
    la distribuzione gratuita di medicinali non utilizzati da parte degli enti che svolgono attività assistenziali è consentita direttamente ai soggetti indigenti o bisognosi, dietro presentazione di prescrizione medica, ove necessaria, a condizione che dispongano di personale sanitario ed inoltre gli enti che svolgono attività assistenziale sono equiparati, nei limiti del servizio prestato, al consumatore finale rispetto alla detenzione e alla conservazione dei medicinali; la legge n. 166 del 2016 ribadisce, infine, che è vietata qualsiasi cessione a titolo oneroso dei medicinali oggetto di donazione;
    i recenti dati dell'Istat, relativi al 2016, confermano l'inesorabile crescita delle persone in condizioni di povertà; sono infatti un milione e 619 mila le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta, famiglie nelle quali vivono 4 milioni e 742 mila individui; i numeri sono esattamente il doppio rispetto al 2007;
    anche i dati della spesa farmaceutica sono sintomatici e come si evince dal terzo rapporto dell'Osservatorio donazione farmaci (Odf) del 2016, in Italia si spendono in media 682 euro annui a persona per curarsi, ma per le persone indigenti questa spesa scende a 123 euro e rispetto al totale della spesa media mensile, nelle famiglie non povere si destina il 4,4 per cento del budget domestico per curarsi, in quelle povere si scende al 2,6 per cento. All'interno di questa spesa, le persone povere destinano 72,60 euro all'anno pro capite per comprare farmaci (in media se ne spendono 268,80). Dunque tra gli indigenti quasi 6 euro di spesa su 10 finiscono in farmaci, contro i meno di 4 medi. Le difficoltà non sono solo dei poveri: oltre 12 milioni di italiani hanno dovuto limitare il numero di visite mediche o gli esami di accertamento per motivazioni di tipo economico;
    al tempo stesso, non accenna a diminuire il fenomeno dello spreco dei medicinali e, secondo quanto emerge dal Rapporto sui rifiuti urbani dell'Ispra del 2016, sono migliaia le tonnellate di farmaci scaduti che finiscono nel rifiuti delle famiglie: secondo l'analisi che ha riguardato 1.968 comuni, corrispondenti a 14.300.153 abitanti, sono 1.270,6 tonnellate, costituite da 92,4 tonnellate di farmaci scaduti pericolosi (medicinali citotossici e citostatici) e da 1.178,2 tonnellate farmaci scaduti non pericolosi. I comuni analizzati rappresentano il 24,5 per cento dei comuni italiani e il 23,6 per cento degli abitanti. L'incidenza del costo della fase di raccolta e trasporto sul costo totale della raccolta differenziata di ciascuna frazione ammonta all'81,2 per cento per i farmaci pericolosi e al 72 per cento per i farmaci non pericolosi. I ricavi risultano trascurabili rispetto al costo complessivo di gestione della raccolta differenziata dei farmaci scaduti, in quanto per i medicinali scaduti la destinazione è essenzialmente un trattamento finalizzato allo smaltimento, generalmente in inceneritori per rifiuti speciali pericolosi;
    sulla base dei dati dell'Ispra succitati uno studio, pubblicato dall'Anaao e dal titolo «Costi riducibili e spese riducibili in sanità», fa una stima dei costi dello spreco dei farmaci evidenziando che «al termine del 2014 la spesa sostenuta per lo smaltimento dei farmaci è stata quantificata intorno a 2,3 milioni di euro. Una sottostima, questa, del volume totale andato nei rifiuti, se si pensa che lo studio ha interessato solo il 24,6 per cento dei comuni italiani», mentre, facendo una stima complessiva, si arriva a una cifra che supera i 9 milioni di euro l'anno;
    «Uno studio del British Medical Journal – scrive l'Anaao – affronta il problema del confezionamento di farmaci costosi, come quelli oncologici, distribuiti in fiale contenenti una quantità di principio attivo superiore a quella necessaria e quindi necessariamente sprecata, e calcola che il 10 per cento del volume dei farmaci erogati finirà nel cestino (l'equivalente di 1,6 miliardi di euro)»;
    tra le cause dello spreco dei farmaci c’è senz'altro l'inappropriatezza prescrittiva ed, infatti, secondo il rapporto OsMed 12, nel 2015 il consumo di antibiotici è diminuito del 2,7 per cento, ma il loro impiego inappropriato supera il 40 per cento, secondo i dati del Ministero della salute, nelle condizioni cliniche degli adulti prese in esame (infezioni acute non complicate delle basse vie urinarie e delle vie respiratorie). Quest'ultime, quand'anche nell'80 per cento dei casi si sia riscontrata una patogenesi virale, sono state trattate, in modo inappropriato, soprattutto con fluorochinoloni, cefalosporine e macrolidi. Anche per i farmaci antidiabetici rimane una percentuale non marginale di inappropriatezza;
    ogni anno tonnellate di medicinali non sono più utilizzabili e spesso si tratta di confezioni mai aperte e scadute (con stime che si aggirano intorno al 40 per cento) e spesso si tratta di farmaci autoprescritti o auto-sospesi; secondo l'Aifa, i medicinali che più sono sprecati sono gli antibiotici, gli analgesici, gli sciroppi, i farmaci per l'ipertensione e per lo scompenso cardiaco, gli antiaggreganti e gli anticoagulanti;
    i danni economici di questo spreco sono enormi, poiché per la maggior parte si tratta di medicinali posti a carico del servizio sanitario nazionale, risorse che sono state stimate in oltre 2 miliardi di euro e che ben potrebbero essere reinvestite in salute per i cittadini;
    peraltro, come già indicato nella mozione n. 1-01463, approvata il 24 gennaio 2017, a prima firma del deputato Mantero, l'uso inappropriato dei farmaci, come gli antibiotici, genera anche il cosiddetto fenomeno dell'antibiotico resistenza (l'uso improprio degli antibiotici che ne determina l'inefficacia terapeutica) che, secondo i dati diffusi dal rapporto « Review on Antimicrobial Resistance», pubblicato nel 2016, entro il 2050, potrà costituire la prima causa di morte al mondo, con un tributo annuo di oltre 10 milioni di vite, più del numero dei decessi attuali per cancro; uno scenario che ha condotto i Paesi membri dell'Onu ad impegnarsi per mettere in atto politiche e iniziative per contrastare l'antibiotico resistenza e, a riguardo, appare virtuosa l'esperienza dei Paesi Bassi che ha affrontato il problema con un differente sistema di confezionamento dei farmaci, consentendo di preparare dosi unitarie e pacchetti personalizzati;
    lo studio Antimicrobial Resistance and causes of Non-prudent use of Antibiotics in human medicine in European Union (Arna), finanziato dall'Unione europea e condotto da un team di ricerca olandese, ha concluso infatti che una delle principali cause del fenomeno dell'automedicazione con antibiotici sono i cosiddetti left-overs, ovvero quelle dosi che superano il numero di quelle prescritte dal medico curante e che rimangono nella disponibilità dei pazienti;
    l'abuso di farmaci non è correlato solo all'ambito ospedaliero o domestico, ma riguarda anche l'uso, ad esempio, degli antibiotici in veterinaria che dovrebbe essere limitato al trattamento delle patologie e non esteso alla prevenzione o alla profilassi di gruppo/allevamento e parimenti anche per i farmaci veterinari dovrebbero essere comunque garantiti e sollecitati un utilizzo più appropriato, nonché forme di donazione per i medicinali non utilizzati;
    evitare lo spreco dei farmaci appare dunque necessario per garantire una salute più equa e più appropriata per tutti i cittadini e, in tal senso, è importante in primis garantire una capillare informazione ed educazione sull'uso appropriato dei medicinali, attraverso il contributo e la collaborazione di tutti i soggetti coinvolti: medici prescrittori, industrie farmaceutiche, farmacie e consumatori, anche attraverso campagne di sensibilizzazione dell'opinione pubblica tutta;
    appare necessario che l'Italia introduca disposizioni normative efficaci sul confezionamento dei farmaci, sia ad uso umano e sia ad uso veterinario, così da evitare una vendita di medicinale che non sia commisurata alle necessità terapeutiche;
    i medicinali inutilizzati sono anche quei farmaci destinati a essere eliminati dal circuito commerciale per diversi motivi come, ad esempio, per difetti di confezionamento o di produzione dovuti al processo produttivo o distributivo oppure a intervenute variazioni dell'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC), tali in ogni caso da non comprometterne l'idoneità di utilizzo in termini di qualità, sicurezza ed efficacia per il consumatore finale; tali medicinali donati a Onlus possono essere dispensati a consumatori finali in Italia oppure all'estero;
    è chiaro che per il trasferimento di tali medicinali non utilizzati è necessario un sistema di efficiente tracciabilità dei lotti dei medicinali ricevuti e distribuiti, nonché un rigoroso procedimento di qualificazione degli operatori/soggetti coinvolti così da evitare qualsiasi traffico o commercio non conforme e rischioso per la salute dei beneficiari ed, in tal senso, l'atteso decreto del Ministero della salute, come previsto dalla legge n. 166 del 2016, appare necessario e non ulteriormente procrastinabile;
    le disposizioni concernenti la donazione di medicinali non utilizzati sottendono quindi diverse questioni e problematiche, non solo specificatamente riferibili alla solidarietà sociale ma anche alla tutela della salute e alla tutela ambientale, nonché alla correlata economicità del sistema sanitario, la cui spesa si contraddistingue per un'esponenziale e inappropriata crescita della spesa farmaceutica, da un lato, e per una sperequazione tra le popolazioni diversamente abbienti, dall'altro, sperequazione che uno Stato civile ha comunque il dovere di superare non già e non solo attraverso la cosiddetta filantropia ma con misure dirette a garantire sia il reddito sia l'accesso a tutte le cure necessarie e appropriate;
    le donazioni di quei medicinali che sono sottratti dal circuito commerciale o non sono utilizzati, dunque, sono condivisibili nella misura in cui si atteggiano a strumento sussidiario dei doveri dello Stato, doveri che contemplano le risorse necessarie per assicurare ai cittadini meno abbienti un pieno accesso alle cure;
    solo nel contesto appena esposto, dunque, le donazioni dei farmaci non utilizzati devono essere sollecitate, agevolate e garantite, attraverso procedure che siano trasparenti e soprattutto tutelanti per i soggetti che ne beneficeranno,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative efficaci che mirino alla raccolta e alla donazione dei medicinali non utilizzati e, contestualmente, alla riduzione dell'acquisto e del consumo inappropriato dei farmaci sia in ambito domestico e ospedaliero sia in ambito veterinario, attraverso efficaci programmi di formazione dei professionisti della salute nell'ottica di garantire l'appropriatezza prescrittiva;
2) ad assumere le iniziative di competenza per assicurare, al più presto possibile, la predisposizione di un differente sistema di confezionamento dei farmaci, che preveda l'introduzione di dosi unitarie o pacchetti personalizzati al fine di evitare autoprescrizioni da parte dei cittadini;
3) ad assumere iniziative, attraverso campagne istituzionali di informazione e di educazione sanitaria sull'uso prudente e appropriato dei farmaci, volte ad incoraggiare tutti i cittadini ad agire in modo proattivo per ridurre sia lo spreco delle risorse sia i rischi per la salute;
4) ad assumere iniziative per incrementare i controlli e la tracciabilità sulla distribuzione, sulla prescrizione e sull'uso di medicinali, ivi inclusi i medicinali non utilizzati o eliminati dal circuito commerciale;
5) ad assumere le iniziative previste dalla legge n. 166 del 2016, ovvero ad emanare il prescritto decreto ministeriale al fine di definire una compiuta ed efficace disciplina per la raccolta e la donazione di medicinali non utilizzati o scaduti e il loro successivo impiego per finalità di solidarietà sociale;
6) ad assumere iniziative per ridurre lo spreco dei farmaci attraverso la coordinata sensibilizzazione di tutti i cittadini sia ad un uso appropriato dei farmaci, sia alla donazione, per finalità di solidarietà sociale, di quelli non utilizzati, anche al fine di ridurre la quantità di medicinali che non confluisce nel sistema di raccolta all'uopo adibito per il corretto reimpiego e utilizzo.
(1-01665) «Silvia Giordano, Lorefice, Grillo, Mantero, Colonnese, Nesci, Baroni, Cecconi».


   La Camera,
   premesso che:
    lo sperpero di alimenti e di farmaci determina un fortissimo impatto dal punto di vista sociale, economico ed ambientale;
    per la prima volta con la legge «Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi» (legge 19 agosto 2016, n. 166) si definiscono, in Italia, i termini come «spreco» o «eccedenza alimentare» e si interviene al fine di indirizzare il recupero e la donazione di tali beni all'interno di un programma più vasto di politiche contro la povertà;
    l'Italia è il primo Paese europeo ad essersi dotato di una legge organica che riguarda il recupero e la donazione per solidarietà sociale nell'intera filiera economica: è stato possibile raggiungere tale obiettivo grazie alla collaborazione fattiva degli enti caritativi impegnati da anni in questo ambito e alle imprese dei settori coinvolti;
    la riduzione degli sprechi nelle varie fasi di produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione di prodotti alimentari, farmaceutici o di altri prodotti, è divenuto un obiettivo prioritario da perseguire attraverso alcune buone pratiche che la legge n. 166 del 2016, approvata dal Parlamento a larghissima maggioranza, intende agevolare;
    tra queste si evidenzia, oltre al recupero e alla donazione delle eccedenze alimentari, la donazione dei farmaci ai fini di solidarietà sociale destinandole in via prioritaria all'utilizzo umano;
    l'approvazione della legge sulla donazione e sulla limitazione degli sprechi, in particolare per quanto riguarda il settore farmaceutico, si è resa necessaria dai dati sempre più preoccupanti sulla povertà sanitaria che purtroppo riguarda anche il nostro Paese;
    secondo l'Osservatorio nazionale sulla donazione farmaci, organo scientifico della Fondazione Banco farmaceutico onlus, che annualmente promuove la pubblicazione di dati finalizzati alla comprensione del fenomeno della «povertà sanitaria», utilizzando i dati provenienti dalla giornata di raccolta del farmaco annuale (GRF), dalle donazioni delle aziende farmaceutiche e dai sistemi di monitoraggio degli oltre 1.600 enti caritativi che fanno parte della rete servita da Banco farmaceutico, ha evidenziato che nel 2016 è cresciuta la richiesta di medicinali da parte degli enti assistenziali sostenuti dalla Fondazione;
    in particolare, quanto emerge dal rapporto 2016 «Donare per curare: Povertà sanitaria e Donazione Farmaci», promosso dalla Fondazione Banco farmaceutico onlus con il supporto del comitato scientifico composto da Ufficio nazionale per la pastorale della salute CEI, ACLI, Associazione medicina e persona, UNITALSI, Caritas Italiana, presentato all'Aifa il 10 novembre 2016 rispetto al 2015, la povertà sanitaria in Italia registra un forte aumento: nel 2016 è cresciuta dell'8,3 per cento la richiesta di medicinali da parte dei 1.663 enti assistenziali (+1,3 per cento rispetto allo scorso anno) sostenuti da Banco farmaceutico. Le confezioni donate in occasione della giornata di raccolta del farmaco (GRF) di sabato 13 febbraio sono state pari a 944 mila unità. Il raccolto generato dalla GRF, pari a quasi 354 mila confezioni, ha consentito di coprire il 37,5 per cento del fabbisogno espresso. A queste vanno poi aggiunte 1,2 milioni di confezioni raccolte nei primi 8 mesi del 2016 attraverso il sistema delle donazioni aziendali;
    in 3 anni la richiesta di farmaci è salita del 16 per cento, a fronte del costante aumento degli indigenti assistiti: gli utenti complessivi sono cresciuti nel 2016 del 37,4 per cento (nel 2016, gli enti sostenuti da Banco farmaceutico hanno aiutato oltre 557 mila persone, il 12 per cento dei poveri italiani). Gli aumenti maggiori si evidenziano al Nord-ovest (+90 per cento) e al Centro (+84 per cento). La crescita più significativa è tra gli stranieri (+46,7 per cento), i maschi (+49 per cento) e le persone sopra i 65 anni di età (+43,6 per cento). Le difficoltà non riguardano solo i poveri: risulta da tale indagine che oltre 12 milioni di italiani e 5 milioni di famiglie hanno limitato il numero di visite mediche o gli esami di accertamento per motivazioni di tipo economico;
    sempre lo stesso rapporto evidenzia come nel 2016 le donazioni di farmaci sembrano assestarsi su un numero pari a quelle del 2015 così come le donazioni aziendali, mentre sembrano crescere le donazioni derivanti dal recupero farmaci validi. Se, infatti, l'anno scorso questo canale rappresentava il 5 per cento del totale del raccolto, nel 2016 si stima che si possa arrivare a coprire il 6,5 per cento di tutti i farmaci donati (si toccava appena il 2 per cento solo nel 2013);
    ai dati raccolti dal Banco farmaceutico, si devono aggiungere le esperienze virtuose di moltissimi altri enti caritativi diffusi capillarmente nell'intero territorio nazionale, che con professionalità ed impegno svolgono un servizio importante per le persone più fragili;
    nonostante il 14 settembre 2016 sia entrata definitivamente in vigore la legge n. 166 del 2016, manca ancora ad oggi, il decreto attuativo del Ministro della salute previsto dall'articolo 15 che, modificando l'articolo 157 del decreto legislativo n. 219 del 2006, predispone misure di semplificazione burocratica e incentivi per la donazione di medicinali non utilizzati, correttamente conservati e non scaduti;
    l'approvazione immediata di tale decreto si rende quanto mai necessaria,

impegna il Governo:

1) nella stesura del decreto applicativo così come previsto dall'articolo 15 delle legge n. 166 del 2016 e dalle disposizioni previste dalla legge n. 155 del 2003 in essa richiamata, e che equipara gli enti che svolgono attività assistenziale, nei limiti del servizio prestato, al consumatore finale in termini di responsabilità civile rispetto alla detenzione e alla conservazione dei medicinali, ad assumere iniziative affinché i requisiti di tracciabilità del annuo siano coerenti con la finalità perseguite della citata legge n. 166 del 2016, adeguati alle norme e alla tutela della salute pubblica, nonché proporzionati rispetto alle attività a fini di solidarietà sociale e ai costi che un ente caritativo può ragionevolmente sostenere per l'adempimento di tale attività;
2) nella stesura del decreto applicativo così come previsto dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016 a prevedere, ai fini di una migliore tracciabilità del farmaco a cura dei donatori, l'aggiornamento della «banca dati centrale» mediante definizione della specifica causale «donazione»;
3) ad assicurare, nella stesura del decreto applicativo di cui all'articolo 15 della legge n. 166 del 2016, il pieno rispetto delle disposizioni previste dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 2, comuni 350, 351, 352, poiché operano in ambiti differenti e non sovrapponibili;
4) nella stesura del decreto applicativo così come previsto dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016, a prevedere le specificità legate allo differenti tipologie di soggetti, donatari esistenti, le associazioni che svolgono attività di pura distribuzione di confezioni integre e nel periodo di validità e le associazioni che ricevono in donazione tali beni e li somministrano disponendo di personale sanitario in genere e svolgendo quindi attività di tipo assistenziale;
5) nella stesura del decreto applicativo così come previsto dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016, in coerenza con le finalità espresse dall'articolo 1 della medesima legge, a favorire il recupero e la donazione di prodotti farmaceutici a fini di solidarietà sociale in tutte le fasi della filiera, comprendendo quindi i medicinali cedibili dal produttore, così come i medicinali già regolarmente inseriti nel circuito commerciale della distribuzione e della somministrazione, purché siano in confezioni integre, correttamente conservati e ancora nel periodo di validità;
6) nella stesura del decreto applicativo così come previsto dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016 a definire in via preliminare quali siano i medicinali inutilizzati e quindi cedibili comprendendo fra questi i medicinali soggetti a prescrizione, i medicinali senza obbligo di prescrizione, i medicinali da banco e i relativi campioni gratuiti, oggetto di donazione o destinati a essere eliminati del circuito commerciale o a non esservi immessi a causa, a titolo esemplificativo e non esaustivo, di difetti di confezionamento o di produzione dovuti al processo produttivo e logistico, tali in ogni caso da non compromettere l'idoneità di utilizzo in termini di qualità, sicurezza ed efficacia per il consumatore finale;
7) nella stesure del decreto applicativo così come previsto dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016 e dalle disposizioni finali della legge medesima, a ribadire, ai fini della fiscalità, che trattasi di cessioni a titolo gratuito che non richiedono la forma scritta per la loro validità, che alle stesse non si applicano le disposizioni del titolo V del Libro secondo del codice civile;
8) nella stesura del decreto applicativo così come previsto dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016, a ribadire, a tutela dei donatori e degli enti caritativi donatari, che è vietata qualsiasi cessione a titolo oneroso dei medicinali oggetto di donazione;
9) a coordinare la stesura del decreto applicativo così come previsto dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016, con quanto previsto dal testo del decreto legislativo di prossima pubblicazione «Codice del Terzo settore, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106».
(1-01666) «Gadda, Lenzi, Amato, Argentin, Paola Boldrini, Burtone, Capone, Carnevali, Carocci, D'Incecco, Marco Di Maio, Galperti, Manfredi, Miotto, Moretto, Patriarca, Piazzoni, Piccione, Valeria Valente, Vazio».


   La Camera,
   premesso che:
    il tema dell'appropriatezza prescrittiva dei farmaci rappresenta oggi in Italia una delle frontiere di sostenibilità della spesa;
    in particolare, le difficoltà nel comprimere la parte inappropriata della complessiva spesa per la farmaceutica, rappresentano un vincolo diretto ed indiretto nella maggior disponibilità di risorse economiche per l'innovazione tecnologica e per la rapida dispensabilità dei nuovi farmaci da parte del Servizio sanitario nazionale (SSN);
    oltre alle problematiche relative all'appropriatezza della prescrizione, il nostro Paese sconta le difficoltà culturali negli adeguamenti delle abitudini della popolazione e della produzione delle case farmaceutiche che rende difficile il confenzionamento dei farmaci in monodose oppure in confezioni adeguate ai più comuni cicli terapeutici;
    nel nostro Paese esiste un'ulteriore distorsione culturale rappresentata dalla tendenza delle famiglie a costituire veri e propri «armadi farmaceutici» domestici, con accumulazione di farmaci che spesso non vengono utilizzati;
    contemporaneamente, secondo i dati diffusi dal Censis, aumenta negli anni il numero degli italiani «in difficoltà», che sarebbero costretti a privarsi di prestazioni sanitarie importanti (o addirittura essenziali) per motivi economici, mentre cresce la quantità delle persone che si rivolge ad organizzazioni assistenziali per ottenere la pronta disponibilità dei farmaci;
    in risposta a tali criticità di contesto, è stata approvata la legge n. 166 del 19 agosto 2016, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 202 del 30 agosto dello stesso anno, contenente «disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi»;
    l'articolo 15 di tale legge supera e compendia il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, che regolava le attività di raccolta e di donazione di medicinali, attribuendo ad un successivo decreto del Ministero della salute l'individuazione delle modalità che consentano «la donazione di medicinali non utilizzati ad organizzazioni non lucrative di utilità sociale (onlus) e l'utilizzazione dei medesimi medicinali da parte di queste, in confezioni integre, correttamente conservati e ancora nel periodo di validità, in modo tale da garantire la qualità, la sicurezza e la validità originarie»;
    è del tutto evidente che la nuova normativa appare finalizzata ad un riutilizzo virtuoso dei farmaci già in possesso dei pazienti, contribuendo ad una svolta culturale che ostacoli le tendenze all'accumulo immotivato e consentendo il recupero in condizioni di sicurezza delle confezioni farmaceutiche inutilizzate per vari motivi;
    tale esigenza appare certificata dalla ricerca del 2009 pubblicata dall'Istituto Mario Negri di Milano che ribadiva come il 49 per cento delle confezioni di farmaci per adulto e addirittura il 65 per cento delle confezioni pediatriche non venisse effettivamente utilizzato, contribuendo a consolidare uno spreco vieppiù intollerabile nelle attuali condizioni di sofferenza del finanziamento del nostro sistema sanitario pubblico;
    nello stesso senso depone l'esperienza della Fondazione Banco farmaceutico che, in un solo anno, con un progetto partito a Roma nel 2013, che peraltro coinvolgeva soltanto 43 delle 800 farmacie romane, è riuscita a raccogliere ben 23.000 confezioni di farmaci non scaduti e riutilizzabili, per un valore commerciale di 300.000 euro;
    dando seguito a tali esperienze, ogni anno, la Fondazione Banco farmaceutico organizza la giornata nazionale della donazione con la partecipazione di migliaia di volontari e di una rete di farmacie nazionali che partecipa all'iniziativa che consente la donazione di farmaci senza obbligo di ricetta medica, soprattutto antinfiammatori, antidolorifici, antipiretici, che vengono trasferiti per il riutilizzo agli enti assistenziali territoriali;
    il recupero del farmaco non utilizzato, non scaduto è sicuramente un'operazione eticamente auspicabile per l'azione di risparmio di risorse comuni, ma è anche un'attività di apprezzabile valenza ambientale, perché evita la produzione di rifiuti inquinanti;
    spesso le norme di garanzia della sicurezza dell'utilizzo appaiono talmente complesse e di difficile interpretazione da disincentivare ogni attività di recupero;
    attualmente, la legge n. 166 attribuisce una grande responsabilità nelle procedure di riutilizzo al medico di medicina generale (Mmg), che meglio di chiunque altro dovrebbe conoscere le buone condizioni di conservazione del prodotto, garantite dal detentore del farmaco;
    che – per poter davvero essere efficace – tale ruolo centrale del Mmg necessita di affiancamento e supporto nella individuazione dei protocolli e nella condivisione delle responsabilità da parte dei produttori e degli operatori delle farmacie e dei servizi farmaceutici;
    in tal senso, appare paradigmatica la pubblica denuncia del padre di Alessandro Pibiri, il caporal maggiore della Brigata Sassari morto a Nassiriya il 5 giugno del 2006 che, volendo restituire i farmaci oncologici e salvavita non più utili alla moglie morta di cancro, si senti rispondere dalle strutture della ASL competente e dalla regione che avrebbe dovuto provvedere a distruggerli o a donarli ad una non meglio specificata associazione umanitaria;
    all'entrata in vigore della legge n. 166 del 2016 c'era dunque grande aspettativa per i decreti attuativi, attesi entro il dicembre 2016;
    in particolare, l'attesa riguardava la individuazione dei canali di donazione alle Onlus e le procedure di verifica, di conservazione e di utilizzo dei farmaci da parte delle organizzazioni non lucrative, nonché le modalità attraverso cui garantire la consegna ai richiedenti;
    all'interno dei decreti attuativi possono altresì essere previste norme per il coinvolgimento delle farmacie al pubblico nelle attività di raccolta e di verifica dell'utilizzabilità dei farmaci, anche attraverso l'attivazione delle strutture di volontariato e di protezione civile già presenti nel contesto della stessa professione farmacista;
    che appare comunque indispensabile un radicale intervento sui temi dell'appropriatezza nel settore del farmaco, destinato al contenimento degli sprechi, ma anche al raggiungimento delle migliori finalità terapeutiche,

impegna il Governo:

1) ad emanare al più presto il decreto attuativo previsto dalla legge n. 166 del 2016 dettando le norme che, nel rispetto delle esigenze di sicurezza, consentano di attivare ogni procedura di sensibilizzazione della popolazione e dei prescrittori sul corretto utilizzo del farmaco, sulla raccolta dell'inutilizzato, sulla sua conservazione in condizioni di correttezza e di sicurezza e sul riutilizzo virtuoso da parte delle Onlus, a favore delle fasce più deboli della popolazione;
2) a verificare che le norme inserite nel decreto di cui sopra, nel rispetto delle esigenze di sicurezza di riutilizzo, siano della massima semplicità attuativa, al fine di favorire la massima affermazione possibile della cultura del recupero e del riuso del farmaco non utilizzato;
3) ad attivare un tavolo tecnico tra produttori, medici di medicina generale e farmacie di comunità, finalizzato a definire protocolli di riutilizzo del farmaco più rispettosi della tutela dagli sprechi e delle esigenze di sicurezza;
4) ad attivare un'azione virtuosa di educazione dei prescrittori e dei consumatori dei farmaci che tenda ad evitare gli incomprensibili fenomeni di «accaparramento» e di «accumulo in scorta» che spesso sono una delle più potenti spinte all'inutilizzo e allo spreco;
5) a stimolare ogni iniziativa tendente alla centralizzazione dei magazzini farmaceutici regionali, finalizzata al miglior utilizzo di scorte e giacenze;
6) a stimolare la crescita della cultura della «dose unitaria» finalizzata a personalizzare prescrizioni e terapie, quanto meno in ambito ospedaliero;
7) a promuovere azioni di collaborazione tra prescrittori, farmacisti e aziende produttrici, finalizzate alla disponibilità di confezioni industriali sempre più coerenti rispetto alle necessità terapeutiche.
(1-01667) «Vargiu, Latronico, Altieri, Capezzone, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Marti, Matarrese».


   La Camera,
   premesso che:
    a partire dagli inizi degli anni Novanta, il Governo italiano, per garantirsi l'ingresso nell'euro attraverso anticipazioni di cassa che gli avrebbero consentito di rientrare negli obiettivi di deficit fissati dalle autorità europee, ha sottoscritto contratti derivati per un valore di circa 159 miliardi di euro, un centinaio dei quali del tipo interest rate swap, cioè quelli attraverso i quali le due controparti si scambiano, a scadenze prefissate, flussi di interessi rispetto ad un medesimo capitale di riferimento;
    i suddetti contratti, che a loro volta avrebbero dovuto proteggere nel tempo il debito pubblico dalle oscillazioni valutarie e dei tassi di interesse, si sono nella realtà rivelati un salasso per la collettività continuando, a distanza di oltre trentacinque anni, a gravare sul bilancio pubblico. Secondo dati recentemente resi noti dalla Corte dei conti e rilevabili anche dall'ultimo bollettino della Banca d'Italia, la posizione negativa complessiva dello Stato in contratti derivati al 31 dicembre 2016 ammontava a circa 37,8 miliardi di euro, di cui 8,3 miliardi riferibili al solo anno 2016. Tra il 2013 ed il 2016, il mark-to-market (cioè l'attualizzazione dei flussi futuri in funzione di condizioni di mercato attuali), ossia l'impatto negativo dei derivati sul bilancio statale, pari a 24 miliardi di euro, è stato capace di annullare tutto il vantaggio che era derivato dal ribasso dei tassi di interesse correlato al Quantitative Easing della Bce;
    al cosiddetto « mark-to-market», valore peraltro non iscritto nel bilancio statale perché da corrispondere solo al momento dell'estinzione dei derivati, occorre aggiungere il valore dei depositi di liquidità, cioè di tutte quelle garanzie che lo Stato italiano deve offrire in sede di sottoscrizione di futuri contratti derivati, come prescritto dalla legge di stabilità 2015. L'articolo 33 di quest'ultima, infatti autorizza il Tesoro a stipulare accordi di garanzia bilaterale in relazione alle operazioni in strumenti derivati, costituita da titoli di Stato di Paesi dell'area euro oppure da disponibilità liquide gestite attraverso movimentazioni di conti di tesoreria o di altri conti appositamente istituiti. Si tratta di una clausola capestro nota come « Double way Credit Support Annex (CSA)», che obbliga la parte su cui grava la perdita potenziale a garantire i pagamenti futuri sui contratti derivati attraverso un deposito di garanzia. In una fase come quella attuale, caratterizzata da bassi tassi di interesse e conseguente « mark-to-market» negativo, il Ministero dell'economia e delle finanze è chiamato a garantire gli impegni assunti, al fine di immunizzare le banche dal rischio di controparte;
    quanto premesso evidenzia come attorno ai derivati di Stato sembra essersi compiuto un paradosso: originariamente stipulati per proteggere il debito pubblico da pericolosi rialzi dei tassi d'interesse, lo hanno avviluppato in una pericolosa e perversa spirale negativa incessantemente alimentata dalle costose rinegoziazioni che la direzione del Tesoro è stata costretta a sottoscrivere con le banche d'affari internazionali per tutelarsi dai rischi di mercato. Ciò, a sua volta, ha innescato un peggioramento della percezione degli operatori finanziari sulla solvibilità dello Stato italiano, che ha continuato a complicare lo stesso collocamento sul mercato dei titoli del suo debito;
    contrariamente a quanto accade oggi, negli anni Novanta, caratterizzati da un più alto grado di volatilità dei mercati, questi contratti erano assolutamente conoscibili tanto da essere pubblicati, periodicamente e con grande ricchezza di dettagli, sulla Gazzetta Ufficiale. Inoltre, nello stesso periodo cambiano le regole in materia e l'allora Ministero del tesoro viene investito di una più ampia facoltà di ristrutturare il debito pubblico interno ed estero, in relazione alle condizioni di mercato, avvalendosi di strumenti a disposizione dei mercati (articolo 2, comma 165, della legge n. 662 del 1996);
    i suddetti dati impongono un'esigenza di trasparenza e correttezza di quanto esposto in bilancio, soprattutto quando le risorse in gioco riguardano l'intera collettività. Inoltre l'operatività di quanto disposto dall'articolo 33 della legge di stabilità 2015 dovrebbe essere assicurata in un quadro di assoluta trasparenza di tutte le operazioni in finanza derivata condotte da tutte le articolazioni dello Stato, inclusi gli enti territoriali e locali, a maggior ragione di quelle dal profilo di rischio elevato, in alcuni casi addirittura speculativo, ad oggi note soltanto in termini sintetici e privi delle necessarie specifiche contrattuali che rendano possibile una valutazione piena dell'operato del Governo e facciano chiarezza su una questione avvolta da troppe zone d'ombra;
    altro aspetto non trascurabile è quello della posizione di potenziale conflitto di interesse ricoperta dal Tesoro, che di fatto si trova, da un lato, a pagare commissioni milionarie alle banche erogatrici di derivati, mentre dall'altro deve proporre alle stesse di acquistare i titoli che emette per garantire il debito pubblico italiano;
    sollecitato su più fronti, sia pubblico che parlamentare, ad un maggiore livello di disclosure e di trasparenza dei contratti derivati, soprattutto di quelli contenenti clausole di chiusura anticipata a beneficio della controparte e la cui applicazione può comportare gravi perdite economiche in pregiudizio dell'Erario (come peraltro avvenuto tra il 2011 ed il 2012 allorquando il Tesoro dovette sborsare circa 3,1 miliardi di euro all'istituto americano Morgan Stanley, che troppo esposto nei confronti del debito pubblico italiano, fece appello ad un codicillo che le consentiva di chiudere un contratto sottoscritto nel 1994), il Governo ha alzato, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, una cortina di opacità, invocando generiche esigenze di riservatezza e di tutela del proprio potere contrattuale ed appellandosi ai princìpi della legge n. 241 del 1990, che nega qualsiasi forma di accesso agli atti amministrativi che integri un controllo generalizzato dell'operato della pubblica amministrazione;
    ancora più gravi sono le motivazioni addotte dal Governo alla richiesta di ostensione più volte avanzata, nel corso dell'attuale legislatura, da parte di alcuni membri del Parlamento, avendogli contestato: 1) che non erano portatori di un «interesse diretto, concreto e attuale a conoscere il contenuto dei contratti»; 2) che la loro richiesta era finalizzata ad un «controllo generalizzato dell'operato della pubblica amministrazione» vietato dall'articolo 24 della richiamata legge n. 241 del 1990; 3) che la divulgazione avrebbe esposto lo Stato a turbolenze di mercato, oltre che ad uno svantaggio competitivo dell'Italia rispetto al sistema bancario ed agli altri Stati che ricorrono ai derivati;
    i suddetti rilievi ostativi, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, sono destituiti di qualsiasi fondamento giuridicamente rilevante. La stessa Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, nel 1991 a seguito dell'entrata in vigore della legge 7 agosto 1990, n. 241, sul procedimento amministrativo, ha sottolineato che nella legislazione vigente non esistono norme che contrastino con la divulgazione di questi contratti. Infatti, il diniego di ostensione e la sottrazione di documenti al diritto di accesso debbono essere considerati come eccezioni nell'attività della pubblica amministrazione che deve, in generale, ispirarsi alla regola della trasparenza come, peraltro, confermato dal Consiglio di Stato, (con sentenza n. 1370 del 17 marzo 2015), secondo cui «(...) il diritto di accesso (...) è collegato a una riforma di fondo dell'Amministrazione, ispirata ai princìpi di democrazia partecipativa, della pubblicità e trasparenza dell'azione amministrativa desumibili dall'articolo 97 Cost., che s'inserisce a livello comunitario nel più generale diritto all'informazione dei cittadini rispetto all'organizzazione e alla attività (...) amministrativa quale strumento di prevenzione e contrasto sociale ad abusi e illegalità (...)»;
    un'ulteriore conferma in questo senso arriva dalla cosiddetta riforma Madia della pubblica amministrazione che all'articolo 7, lettera h), delega il Governo ad espandere il diritto di accesso a favore della conoscibilità di informazioni rilevanti per la vita dei cittadini;
    di più, ai sensi dell'articolo 24, comma 2, della richiamata legge n. 241 del 1990, le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità e sottratti all'accesso. Nella fattispecie il Ministero delle finanze con proprio decreto ministeriale del 29 ottobre 1996, n. 603, recante regolamento per la disciplina delle categorie di documenti sottratti al diritto di accesso in attuazione dell'articolo 24, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, non ha ritenuto di dover annoverare, all'articolo 5, tra le categorie di documenti inaccessibili per motivi attinenti alla riservatezza di persone, gruppi ed imprese, i contratti che lo Stato italiano possa aver stipulato con banche o istituti finanziari, i quali, pertanto, non possono pertanto essere sottratti al diritto di accesso;
    sulla base di quanto sopra riportato, il Governo avrebbe dovuto porre su questi documenti il segreto di Stato per poterne motivare la segretezza sulla base del diritto;
    l'accesso ai documenti amministrativi, inteso come il diritto degli interessati a prendere visione ed ad estrarre copia di documenti amministrativi, costituisce principio generale dell'attività amministrativa, al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza. Inoltre, l'articolo 22, comma 5, della legge n. 241 del 1990 stabilisce che l'acquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, debba essere informata al principio di leale cooperazione istituzionale. A parere dei firmatari del presente atto, al fine di poter espletare pienamente il loro mandato parlamentare i membri del Parlamento sono titolari di una legittimazione soggettiva all'accesso ai documenti amministrativi per esigenze conoscitive connesse ai compiti istituzionali, che trova però un limite nel tenore dell'articolo 24 della legge n. 241 del 1990, in base al quale sostanzialmente il parlamentare, al pari di qualsiasi soggetto, ha l'onere di indicare l'interesse qualificato all'ostensione degli atti, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, nonché di motivare l'istanza in funzione di tale interesse;
    la ridda di notizie giornalistiche e di illazioni che si inseguono negli ultimi tempi sui derivati sottoscritti dal Tesoro, supportate dalla recente indagine della Corte dei conti, sta generando un clima pericoloso che rischia di minare la credibilità della gestione del debito pubblico, posto che la suddetta ed invocata riservatezza, ostativa alla richiesta di trasparenza da parte delle istituzioni parlamentari, convive con una costante fuga di notizie che rendono ingestibile ed opaca la realtà. Occorrerebbe, piuttosto, rassicurare il mercato portandolo a conoscenza di informazioni quali il valore nozionale, il risultato netto, la data di inizio e quella di chiusura, la controparte, di tutte le operazioni in derivati che si sono chiuse, incluse quelle per novazione del contratto,

impegna il Governo:

1) a migliorare la divulgazione delle informazioni relative ai contratti derivati, dando completa e puntuale informazione all'opinione pubblica in merito all'impiego dei predetti strumenti finanziari ed ai rischi per la finanza pubblica ad essi connessi, con particolare riguardo a quelli contenenti clausole di chiusura anticipata a beneficio dell'istituto, finanziario, la cui applicazione può comportare gravi perdite economiche in pregiudizio dell'erario;
2) ad assumere iniziative per elevare il livello di disclosure attualmente applicabile al Parlamento, anche nella prospettiva di introdurre un'informativa esaustiva e di maggiore trasparenza, trasmettendo anche a quest'ultimo il report semestrale sul dato aggregato che periodicamente il Governo consegna alla Corte dei conti;
3) ad abbattere quel muro di riservatezza che ha opposto fino ad oggi, rendendo pubblici tutti i rapporti economici attualmente in essere con il sistema finanziario, e fornendo, con riferimento ai contratti derivati, informazioni dettagliate relative alla porzione del proprio debito, al profilo temporale del portafoglio, ai relativi valori e commissioni;
4) ad assumere iniziative per apportare le dovute modifiche normative all'articolo 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, al fine di riconoscere ai membri del Parlamento la legittimazione all'esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi, fra cui i contratti derivati, per esigenze connesse allo svolgimento dei loro compiti istituzionali.
(1-01668) «Paglia, Marcon, Fassina, Andrea Maestri».


   La Camera,
   premesso che:
    l'esigenza di favorire e incentivare il recupero e la donazione per fini di solidarietà, di farmaci non più utilizzati, è per prima cosa un dovere sociale, e questo ancora di più in una perdurante crisi economica quale quella attuale, nella quale si è fatto più acuto il disagio di una fascia sempre più larga di popolazione, e la povertà sanitaria è sempre più una emergenza con la quale troppe persone devono fare i conti quotidianamente. Sono raddoppiati i cittadini che hanno difficoltà ad acquistare medicinali, anche quelli con prescrizione medica, e questo colpisce in modo profondo il diritto alla salute e l'accesso alla cura dei cittadini più deboli. Peraltro, sono proprio di queste ore i dati comunicati dall'Istat che indicano come nel 2016, la povertà assoluta in Italia ha visto coinvolte ben 4 milioni e 742 mila persone, pari a 1,619 milioni di famiglie residenti;
    con la legge del 19 agosto 2016, n. 166, il nostro Paese si è dotato di un'importante strumento legislativo finalizzato alla riduzione degli sprechi di prodotti alimentari, farmaceutici o di altri prodotti, attraverso la realizzazione di alcuni obiettivi prioritari quali quello di favorire il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari, e di prodotti farmaceutici ed altri prodotti a fini di solidarietà sociale, nonché di ridurre la produzione di rifiuti anche promuovendo il riuso e il riciclo con l'obiettivo di estendere il ciclo di vita dei prodotti;
    per quanto riguarda in particolare i prodotti farmaceutici, l'articolo 15 della citata legge, apportando alcune modifiche all'articolo 157 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, interviene sulla normativa vigente in materia di raccolta di medicinali non utilizzati o scaduti e di donazione di farmaci, introducendo disposizioni dirette ad incentivare la donazione alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale onlus di medicinali non utilizzati. Alle onlus è consentita la distribuzione a titolo gratuito dei farmaci direttamente ai soggetti indigenti;
    peraltro il citato articolo 15, prevedeva che entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della norma, e quindi entro novembre 2016, il Ministero della salute avrebbe dovuto emanare un proprio decreto al fine di individuare le diverse modalità che rendono possibile la donazione di medicinali non utilizzati a organizzazioni non lucrative di utilità sociale, e l'utilizzazione dei medesimi medicinali da parte di queste, garantendone la qualità, la sicurezza e l'efficacia originarie. Il medesimo decreto avrebbe dovuto altresì definire i requisiti dei locali e delle attrezzature idonei a garantirne la corretta conservazione e le procedure volte alla tracciabilità dei lotti dei medicinali ricevuti e distribuiti;
    peraltro, va sottolineato negativamente il fatto che la medesima legge n. 166 del 2016, prevede complessivamente l'emanazione di ben otto diversi provvedimenti attuativi in capo al Governo, e, in particolare, al Ministero della salute, al Ministero dell'economia e delle finanze, al direttore dell'Agenzia delle entrate. A un anno di distanza dall'entrata in vigore della legge n. 166 del 2016, di questi otto, solamente un decreto ministeriale è stato emanato. Tutto ciò impedisce di fatto al provvedimento di poter essere pienamente reso operativo, lasciando conseguentemente sulla carta molte delle principali previsioni normative contenute, compresa, come si è visto, quella relativa ai medicinali non utilizzati;
    così come non risulta che, a distanza di un anno, abbiano avuto alcun seguito concreto – e a tutt'oggi rimangono di fatto mere previsioni «manifesto» – le attività di promozione, formazione e sensibilizzazione in materia di riduzione degli sprechi, introdotte dall'articolo 9 della medesima legge n. 166, e che a vario titolo vedono coinvolti il servizio pubblico radiotelevisivo, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, i Ministeri della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nonché le stesse regioni. Previsioni che riguardano campagne di promozione di modelli di consumo e di acquisto improntati a criteri di solidarietà; forme di sensibilizzazione per incentivare il recupero e la redistribuzione per fini di beneficenza e la prevenzione della produzione di rifiuti alimentari; la promozione nelle scuole di percorsi mirati all'educazione a una sana alimentazione e a una produzione alimentare ecosostenibile, nonché alla sensibilizzazione contro lo spreco degli alimenti. Nulla di tutto questo risulta ancora essere stato fatto dal Governo;
    si ricorda che nel nostro Paese vengono vendute migliaia di tonnellate di farmaci, e molti di questi non vengono utilizzati e scadono;
    lo spreco enorme legato ai farmaci non più utilizzati e in particolare a quelli scaduti, è stato ben evidenziato dai dati pubblicati nel rapporto sui rifiuti urbani 2016 prodotto dall'Ispra. Dati riguardanti 1.968 comuni (il 24,5 per cento dei comuni italiani) e il 23,6 per cento dei cittadini, e che indicano una quantità di rifiuti farmaceutici di circa 1.270 tonnellate, delle quali 92,4 tonnellate di farmaci scaduti pericolosi, e 1.178,2 tonnellate di farmaci scaduti non pericolosi;
    questa quantità elevatissima di medicinali scaduti che finiscono troppo spesso nell'indifferenziata, oltre a rappresentare una ulteriore grave fonte di inquinamento e di possibile contaminazione per l'ambiente, rappresentano anche uno spreco e un costo, sia per l'impossibilità di poterli donare, sia per il valore in sé dei prodotti non più utilizzati, sia per i costi di raccolta e smaltimento. Gran parte dei medicinali vengono infatti gestiti e smaltiti a parte e con procedure diverse rispetto alla gran parte degli altri rifiuti;
    un contributo alla riduzione dell'uso non controllato dei farmaci e dello spreco di medicinali non più utilizzati o scaduti, può venire oltre che da una maggiore informazione e consapevolezza dei cittadini nell'acquisto corretto dei medicinali, anche promuovendo efficacemente la produzione e la vendita di farmaci sfusi o monodose, e quindi tarati in relazione alla terapia o alle diverse esigenze, o incentivando comunque le aziende farmaceutiche a proporre una diversa modulazione delle quantità contenute nelle confezioni;
    sotto questo aspetto, si ricorda che la legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), all'articolo 1, comma 591, al fine della razionalizzazione e del contenimento della spesa farmaceutica, aveva positivamente previsto che con decreto del Ministro della salute, venissero individuate le modalità per la produzione e la distribuzione in ambito ospedaliero, in via sperimentale per un biennio, di medicinali in forma monodose. Anche in questo caso, ancora una volta, e similmente con quanto precedentemente segnalato in merito alla legge n. 166 del 2016, non risulta che sia mai stato emanato il decreto ministeriale attuativo della suddetta previsione,

impegna il Governo:

1) ad emanare in tempi brevi il decreto del Ministero della salute previsto dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016 al fine di consentire la donazione di medicinali non utilizzati alle onlus, l'utilizzazione dei medesimi medicinali da parte di queste, per finalità sociali;
2) ad assumere iniziative per prevedere esplicitamente che le disposizioni previste dal suddetto articolo 15 in materia di cessione a titolo gratuito di farmaci non utilizzati, siano estese anche ai farmaci ad uso veterinario;
3) ad attivarsi al fine di garantire la rapida emanazione dei provvedimenti attuativi in materia previsti dalla citata legge n. 166 del 2016, dei quali solamente uno risulta ad oggi essere stato emanato, consentendo così che una legge importante come quella richiamata, volta a favorire, per quanto rileva in questa sede, la donazione dei prodotti farmaceutici a fini di solidarietà sociale possa essere pienamente attuata;
4) ad attuare quanto già previsto dal comma 591, dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014, provvedendo a tal fine all'emanazione del previsto decreto del Ministero della salute che deve individuare le modalità per la produzione e la distribuzione in ambito ospedaliero, in via sperimentale per un biennio, di medicinali in forma monodose;
5) al fine di agevolare il conferimento da parte dei cittadini di farmaci non più utilizzati, ad assumere le opportune iniziative, in coordinamento con gli enti territoriali, affinché siano implementate sensibilmente le farmacie che possono ricevere detti farmaci, garantendo la separazione tra farmaci scaduti e quindi destinati allo smaltimento, e quelli non utilizzati ma in corso di validità e quindi in condizione di poter essere recuperati.
(1-01669) «Fossati, Murer, Fontanelli, Nicchi, Laforgia».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   da circa un mese numerosi incendi divampano anche in Umbria, in Campania, nel Lazio, in Calabria, in Basilicata, in Puglia, in Abruzzo e in Sicilia;
   in Sicilia, la situazione è molto critica. I quotidiani siciliani hanno evidenziato la gravissima situazione creatasi a seguito di numerosi ed importanti incendi avvenuti dal 30 giugno 2017. Il Giornale di Sicilia del 4 luglio 2017 pubblica anche il dato drammatico dell'anno 2016, per cui la Sicilia è risultata la seconda regione in Italia per numero di roghi, pari a 841, dopo la Calabria, in cui ne sono stati registrati 1.140;
   la Gazzetta del Sud del 5 luglio 2017 riporta le gravi conseguenze subite da tutta la Valle del Timeto (Patti-Messina) causate da un imponente e devastante incendio. È stato dichiarato lo stato di calamità, un atto che dovrebbe consentire interventi di emergenza e il risarcimento dei danni attraverso fondi PAC, oltre che il ricorso al contratto di area per l'ottenimento di contributi e sgravi fiscali;
   la Gazzetta del Sud dell'11 luglio 2017 titola «Messina ferita dai mafiosi del Fuoco», «Panico nel polo universitario, a S. Michele, contrada Catanese e Corso Italia, Chiusa la A18». Tre giorni intensi di incendi hanno «assediato» la città dello stretto. Lungo la A18 il fuoco è giunto a pochi centimetri dalle auto e si sono verificati tamponamenti a catena. La morsa degli incendi ha coinvolto anche la A/19 Palermo-Catania. Alcuni residenti nella vallata sono stati costretti ad abbandonare precipitosamente le loro abitazioni e gli animali di alcune fattorie;
   numerosi e gravi incendi sono divampati nelle scorse settimane anche nel catanese, nel siracusano e nel ragusano dove sono stati colpiti dalle fiamme un'azienda che si occupa di impianti di trattamento, recupero e valorizzazione dei rifiuti a Grammichele, diverse case di cura per anziani, agriturismi, resort e aziende agricole;
   a Chiaramonte Gulfi un incendio, durato più di 24 ore, ha messo in ginocchio il paese montano distruggendo buona parte della pineta. I danni ingentissimi hanno riguardato tre aziende zootecniche completamente bruciate, compresi gli animali, ed alcune abitazioni distrutte. Numerosi altri roghi si sono verificati in provincia di Ragusa: nella discarica di cava dei modicani, in una segheria di imballaggi, in un deposito di lana;
   nel siracusano sono divampati incendi anche in riserve naturali e patrimonio dell'Unesco, quali Avola antica (Cavagrande) e la valle dell'Anapo-Pantalica, tra Floridia e Solarino, distruggendo centinaia di ettari di patrimonio boschivo;
   i sindacati lamentano che il governo regionale non ha programmato le risorse per organizzare con mezzi, uomini e attrezzature la campagna antincendio e la manutenzione del territorio. A Chiaramonte Gulfi, ad esempio, è sotto accusa il ritardo dei canadair intervenuti dopo molte ore a causa del fatto che la Sicilia non dispone di una pattuglia autonoma;
   i deputati regionali e nazionali M5S lamentano che i ritardi nella programmazione delle campagne antincendio, l'assenza di presidi e la mancata riorganizzazione del corpo forestale siciliano (dopo lo scioglimento di quello statale) sono le vere cause. Gli incendi estivi, quali che siano le origini, hanno una sola motivazione: la mancata prevenzione;
   con legge regionale 6 giugno 1996, n. 16, la regione siciliana ha regolato la programmazione delle attività di antincendio boschivo a livello regionale. Si riscontra però una drammatica carenza di mezzi antincendio aerei che sembrerebbe in parte anche dovuta al «numero di elicotteri venuti meno quest'anno a seguito dello smantellamento del Corpo forestale nazionale (assorbito dall'Arma dei carabinieri), voluto dalla riforma Madia», in quanto «fino allo scorso anno infatti la Regione disponeva degli elicotteri proprio grazie a una convenzione con il Corpo forestale dello Stato»;
   la regione siciliana, si apprende dalla stampa, ha fatto richiesta di quattro elicotteri da dedicare alla Sicilia, ma, stando alle notizie stampa, il capo della protezione civile nazionale non avrebbe ancora deciso se concedere questi mezzi;
   sul sito della protezione civile, si può notare che la flotta aerea per il 2017 in Sicilia vede Canadair così dislocati: 3 a Trapani, 1 a Comiso e 1 a Catania, per un totale di 5 aerei per tutto il territorio regionale –:
   quali iniziative di competenza intendano promuovere per garantire un moderno ed adeguato servizio antincendio per la regione siciliana, considerando anche le caratteristiche del territorio, formato (al momento) da boschi e da zone verdi in generale, caratterizzato in estate dalla presenza di temperature torride e spesso anche colpito da forti venti, in modo da provare a preservare questo importantissimo e bellissimo territorio Mediterraneo italiano;
   se abbiano già predisposto o intendano predisporre, per quanto di competenza, una verifica per accertare se sia stato attivato il piano antincendio nella regione Sicilia e se sia stato stabilito un numero sufficiente di «DOS» (direttori delle operazioni di spegnimento);
   quale iniziativa intendano adottare per verificare l'aggiornamento del catasto previsto dalla legge n. 353 del 2000 che, al comma 2 dell'articolo 10, prescrive che i comuni provvedono, entro novanta giorni dalla data di approvazione del piano regionale di cui al comma 1 dell'articolo 3, a censire, tramite apposito catasto, i soprassuoli già percorsi dal fuoco nell'ultimo quinquennio, avvalendosi anche dei rilievi effettuati dal Corpo forestale dello Stato e che tale catasto è aggiornato annualmente;
   se non intendano valutare l'opportunità di dare mandato all'Aeronautica militare di avviare un'operazione di pattugliamento aereo h24 tramite gli Apr Predator A+, noti come droni, già dislocati presso la base aerea di Sigonella a tutela delle aree boschive siciliane maggiormente a rischio di incendi e per contrastare gli illeciti connessi, considerato che la legge 14 luglio 2004, n. 178, recante «disposizioni in materia di aeromobili a pilotaggio remoto delle Forze Armate», non esclude la possibilità di utilizzare gli Apr anche nelle situazioni di emergenza di competenza della protezione civile;
   se non ritengano opportuno riprogrammare le campagne di prevenzione incendi, nonché valutare la possibilità di dotare il Corpo dei vigili del fuoco, la protezione civile e la regione siciliana di adeguati mezzi aerei, anche alla luce della disponibilità di mezzi non ancora assegnati o operativi, a seguito del riassetto del Corpo forestale dello Stato.
(2-01887) «Villarosa, Lorefice, Rizzo, Grillo, Cancelleri, Marzana, D'Uva, Di Benedetto, Lupo».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per gli affari regionali, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro dell'interno, il Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, per sapere – premesso che:
   secondo il «dossier incendi» presentato da Legambiente il 13 luglio 2017, da metà giugno sono andati in fumo ben 26.024 ettari di boschi italiani, un numero nei fatti pari al totale incendiatosi nel 2016;
   le regioni italiane più colpite risultano essere la Sicilia con 13.052 ettari distrutti dal fuoco, seguita dalla Calabria con 5.826 ettari, la Campania 2.461, Lazio con 1.635, la Puglia 1.541, la Sardegna 496, l'Abruzzo 328, le Marche 264, la Toscana 200, l'Umbria 134 e la Basilicata 84;
   per far fronte a quest'emergenza, il Paese sembra in forte ritardo: molte regioni non risultano aver approvato il piano antincendio boschivo («AIB») per l'anno 2017, e le relative modalità attuative per organizzare la prevenzione, il lavoro a terra, e gli accordi con i vigili del fuoco e con la protezione civile;
   in particolare, le situazioni di ritardo più gravi si registrano in Calabria, Campania, Lazio e Sicilia. Nel Lazio, che presenta il 35,2 per cento (605.859 ettari) di superficie regionale ricoperta da boschi e foreste, ad oggi risultano attivi incendi estesi per 1.635 ettari. Suddetta regione non risulta aver ancora approvato il piano AIB 2017, e solo a giugno ha definito e sottoscritto l'apposita convenzione con il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per lo svolgimento delle essenziali funzioni ad esso delegate;
   lo stesso vale per la Campania, che ha il 32,7 per cento della superficie regionale coperta da boschi e foreste, con un'estensione totale di 445.274 ettari, e che vede ad oggi 2461 ettari percorsi dal fuoco: oltre a non aver approvato il piano «AIB» 2017, non ha definito e sottoscritto l'apposita convenzione con il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per lo svolgimento delle essenziali funzioni ad esso delegate. Solo in questi ultimi giorni ha emanato le ordinanze sugli incendi boschivi, trasferendo le competenze dall'assessorato all'agricoltura a quello alla protezione civile, senza però, a quanto risulta, accompagnare il passaggio con un trasferimento di uomini e mezzi;
   la Sicilia, che ha 338.171 ettari di foreste e boschi (il 13,1 per cento della superficie regionale), ha approvato, il 10 maggio 2017, il piano «AIB» 2017. Tuttavia, ad oggi non ha ancora provveduto a definire e sottoscrivere l'apposita convenzione con il Corpo nazionale dei vigili del fuoco; inoltre, non si hanno notizie sull'attivazione dei centri operativi provinciali (COP) per aumentare efficacia ed efficienza nel coordinamento degli interventi a scala territoriale locale;
   la Calabria, che ha il 40,6 per cento della sua superficie regionale con circa 613.000 ettari di boschi e foreste, di cui, tra metà giugno e inizio luglio, ne sono bruciati 5.826, ha approvato il piano «AIB» 2017 il 12 giugno 2017 e solo il 4 luglio 2017 ha definito e sottoscritto l'apposita convenzione con il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per lo svolgimento delle essenziali funzioni ad esso delegate, destinando la somma complessiva di circa 700.000 euro. Non ha inoltre ancora indicato il numero degli operatori impegnati nella lotta attiva agli incendi boschivi con relative fasce di età e in regola con la certificazione di idoneità fisica;
    a questo, va sommato il lento processo di riorganizzazione del servizio antincendio a seguito dell'assorbimento del Corpo forestale dello Stato da parte dell'Arma dei carabinieri, oltre alla riorganizzazione delle province, che risulta essere un processo in itinere ancora in larga parte del Paese;
   ha destato poi stupore la scarsa disponibilità di mezzi aerei per lo spegnimento incendi, in particolare i cosiddetti Canadair, considerati molto efficienti in caso di roghi più vasti, la cui flotta, dal 2010 ad oggi, è stata dimezzata, arrivando a quindici unità in tutta Italia (meno di uno per regione);
   gli incendi, nella quasi totalità delle volte di natura dolosa, secondo Legambiente si concentrano nelle regioni più colpite dal fenomeno della criminalità organizzata (il 58 per cento dei roghi registrati nel 2016). Ciò evidenzia un legame netto fra fenomeni di malaffare e incendi, che andrebbe contrastato con una più efficiente e severa legislazione in materia –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in merito a quanto esposto in premessa, atteso che la salvaguardia del patrimonio boschivo rappresenta un'azione di capitale importanza nel fragile contesto naturalistico del Paese; se e quali iniziative concrete il Governo, in qualità di responsabile dell'azione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile, intenda promuovere per definire misure di prevenzione e di contrasto degli incendi, in particolare per quanto riguarda la flotta aerea.
(2-01889) «Carloni, D'Incecco, Tartaglione, Capozzolo, Malisani, Montroni, La Marca, Pinna, Salvatore Piccolo, Manfredi, Sgambato, Campana, Iacono, Gnecchi, Censore».

Interrogazioni a risposta scritta:


   COLLETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'emergenza incendi che le regioni meridionali del nostro Paese stanno fronteggiando in questi giorni, sta colpendo anche diverse province della regione Abruzzo;
   in particolare, nella tarda mattinata dell'11 luglio 2017, un incendio di vaste proporzioni si è sviluppato a Caramanico Terme, in località Colle della Rena, tra le contrade San Tommaso e Scagnano, al confine con San Valentino in Abruzzo Citeriore. Il fronte dell'incendio sta interessando non solo il territorio comunale di Caramanico, ma anche quelli confinanti raggiungendo terreni e abitazioni; per fronteggiare la situazione è stato necessario sollecitare un mezzo aereo, arrivato, tra l'altro, solo nel pomeriggio inoltrato. Non solo, un Canadair è dovuto partire addirittura dalla città di Cagliari per raggiungere la citata zona;
   in base ad un primo bilancio tracciato dal sottosegretario alla presidenza della giunta regionale che si occupa di protezione civile, Mario Mazzocca, sono circa sessanta gli ettari di terreno andati in fumo. Lo stesso, ha sottolineato, inoltre, che «con due Canadair sarebbe stato più semplice fronteggiare la situazione»;
   solamente nella mattinata del 13 luglio 2017 la regione Abruzzo e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco hanno sottoscritto una convenzione con la quale viene disciplinata l'attività di spegnimento degli incendi boschivi sul territorio della regione Abruzzo. Quest'ultima, per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla convenzione, sarà costretta a sopportare un onere finanziario quantificato forfettariamente in 450 mila euro;
   tale emergenza sta creando ingenti danni al patrimonio boschivo e alla macchia mediterranea, oltre che seri disagi e rischi per la stessa incolumità fisica della collettività;
   la flotta aerea impegnata nella campagna Aib 2017 risulta composta da sedici Canadair CL415 – due dei quali cofinanziati dalla Commissione europea nell'ambito del progetto BufferIT – quattro elicotteri Erickson S64F (uno dei quali considerato riserva tecnica), e altri otto elicotteri del comparto difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   risulta dal sito internet istituzionale del dipartimento della protezione civile, in particolare dalla tabella relativa allo schieramento della flotta aerea statale Aib 2017 (in dotazione dal 1o luglio al 31 agosto 2017) che la regione Abruzzo può contare solamente su una base operativa di Pescara, dalla qual poter far partire un solo elicottero AB-412;
   negli anni passati, alcune flotte regionali erano costituite da elicotteri del Corpo forestale dello Stato messi a disposizione attraverso convenzioni stipulate con le regioni. Quest'anno, per effetto del decreto legislativo n. 177 del 2016 (emesso ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a) della legge n. 124 del 2015) si è disposto lo smembramento del Corpo forestale dello Stato, e il relativo passaggio di competenze al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e dell'Arma dei carabinieri che insieme alle regioni concorrono nell'attività di contrasto agli incendi boschivi. Quest'ultimi (già con pochi mezzi e uomini) non pare però siano stati dotati delle opportune risorse umane e materiali per adempiere alle competenze prima affidate al Corpo forestale e garantire, di conseguenza, alla collettività una campagna antincendi efficace ed efficiente. Infatti, sciolto il Corpo forestale, solo una parte marginale di esso è confluita nel Corpo dei vigili del fuoco, mentre un'altra parte è stata assorbita nell'Arma dei carabinieri;
   alla luce di ciò, le regioni, tra cui quella abruzzese, chiamate a organizzare i propri sistemi antincendio in modo nuovo e con poche risorse, stanno facendo enorme fatica a contrastare in modo efficace l'emergenza incendi, soprattutto in quei contesti in cui esisteva un collaudato e consolidato rapporto di collaborazione con il Corpo forestale, che interveniva nei casi di necessità con i propri Canadair –:
   se siano a conoscenza dei drammatici sviluppi della situazione nonché delle emergenze analoghe di altre regioni e quali iniziative nell'ambito delle rispettive competenze, intendano adottare per risolvere le criticità sopra esposte, al fine di prevenire e contrastare in modo efficace il fenomeno degli incendi boschivi;
   se si intenda chiarire come il Ministero dell'interno stia utilizzando i mezzi ereditati dall'assorbito Corpo forestale.
   (4-17339)


   TAGLIALATELA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   dai primi giorni del mese di luglio 2017 in Campania e sul Vesuvio si sono sviluppati violentissimi incendi che hanno creato danni enormi sia dal punto di vista ambientale che per la salute dei cittadini;
   la legge n. 353 del 2000 sugli incendi boschivi affida compiti e ruoli specifici ai diversi organi dello Stato (regione, province, enti parco, soggetti gestori di aree protette e boschi, comuni, Corpo forestale dello Stato, vigili del fuoco) per le necessarie attività di conservazione, tutela, previsione, prevenzione, lotta attiva, ricostituzioni boschive;
   la regione Campania ed, in particolare, la sua società in house «SMA Campania S.p.A.», svolgono ed attuano le principali azioni in materia di prevenzione e contrasto degli incendi nelle aree boschive, con il concorso diretto dello Stato in caso di aree protette nazionali;
   tali azioni sono determinate nell'ambito del piano regionale di difesa dagli incendi boschivi, che comprende le indicazioni e le previsioni relative alle tre voci fondamentali nelle quali si articola la strategia di contrasto agli incendi: previsione, prevenzione e lotta attiva;
   l'articolo 8 della legge n. 353 del 2000 stabilisce anche le competenze specifiche dell'ente gestore di un parco nazionale, individuandole nell'elaborazione della proposta di piano antincendi dell'area protetta e nella messa in atto delle attività di previsione e prevenzione;
   nell'ambito di sopralluoghi effettuati direttamente dall'interrogante e dai colloqui avuti con i vigili del fuoco direttamente coinvolti nelle operazioni di spegnimento, sono emersi numerosi fattori suscettibili di aver contribuito a sviluppare gli incendi, quali l'assenza di monitoraggio costante del territorio capace di individuare subito i primi focolai d'incendio, l'assenza di manutenzione del sottobosco, lo stato di abbandono in cui versano i sentieri realizzati all'interno del Parco nazionale del Vesuvio, il mancato intervento di scelbatura delle strade e la presenza di vegetazione nei fondi adiacenti che hanno contribuito al propagarsi delle fiamme da un lato all'altro della carreggiata, la presenza di microdiscariche abusive nell'intera area parco e di rifiuti lungo le strade, che alimentano gli incendi e generano fumi altamente tossici, l'assenza di efficaci linee frangifuoco che avrebbero sicuramente contribuito a ridurre l'intensità degli incendi, la grande difficoltà ad approvvigionarsi di acqua per la mancanza di una rete di idranti e di vasche di accumulo, che avrebbero consentito di risparmiare tempo prezioso e risorse, la difficoltà per gli automezzi dei Vigili del fuoco ad accedere in strade strette, l'insufficienza delle risorse disponibili in termini di uomini e mezzi a causa della soppressione del Corpo forestale dello Stato;
   a giudizio dell'interrogante appaiono evidenti le gravissime inadempienze da parte dell'Ente parco nazionale del Vesuvio e della regione Campania, e in particolare per la sua società in house «SMA Campania S.p.A.» –:
   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda assumere in relazione alla situazione, con particolare riferimento alle eventuali responsabilità dell'Ente parco del Vesuvio, in ordine alla mancata esecuzione delle opere di prevenzione contro gli incendi boschivi previste dalla legge;
   quali iniziative siano state intraprese dalla Protezione civile e dall'Esercito per evitare, considerati la perdurante siccità ed il clima estivo, il ripetersi di ulteriori incendi;
   quali iniziative di competenza intendano assumere per prevedere forme di aiuto economico per riparare non solo ai notevolissimi danni ambientali, ma anche a quelli che hanno colpito le numerose aziende agricole che sono state devastate dalle fiamme. (4-17346)


   TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 maggio 2017, la notizia dell'ennesimo blocco a danno della linea ferroviaria storica Napoli-Salerno, previsto per il mese di agosto 2017, ha creato polemiche e malcontento tra i pendolari che vogliono saperne di più e chiedono di limitare al massimo i disagi: cresce, quindi, l'indignazione di chi usufruisce della vecchia linea ferroviaria, per andare a lavoro o a scuola;
   un blocco dei treni nel mese di agosto 2017 sarebbe un danno incalcolabile all'economia locale;
   a fronte delle criticità che sono sul tavolo di lavoro costituito dal presidente della provincia di Salerno e dai sindaci territoriali, le rassicurazioni sulla ricerca costante di soluzioni stonano, in quanto lo «stato di agitazione» dei pendolari continua –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, per favorire una positiva soluzione di questa problematica. (4-17349)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SGAMBATO, GNECCHI, IACONO, AMATO, MANFREDI e CARNEVALI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'11 luglio 2017, nell'area di smaltimento dei rifiuti ex Ilside srl, ubicata nel comune di Bellona, provincia di Caserta, si è sviluppato un gravissimo incendio, sprigionatosi nell'area scoperta e sotto tettoia ove erano stoccati i rifiuti pericolosi speciali tra cui amianto, rifiuti ospedalieri, scarti della lavorazione di vernici e gomme di auto;
   dalla relazione di sopralluogo dell'Arpac del 16 settembre 2014 risultava una giacenza di rifiuti al 6 luglio 2013 di circa 4.500 tonnellate, di cui 1.500 tonnellate di rifiuti urbani e rifiuti speciali pericolosi e non, e 3.000 tonnellate di rifiuti combusti nei precedenti incendi, miscelati a terra di spegnimento;
   circa il 90 per cento dei rifiuti oggetto d'incendio era costituiti da cumuli di sovvallo provenienti dalla selezione meccanica dei rifiuti urbani differenziati;
   tuttavia, negli ultimi due anni vi è stato uno sversamento non autorizzato di rifiuti speciali pericolosi anche denunciato e documentato da riprese video e foto da attivisti del luogo;
   sono stati eseguiti rilievi dall'Asl e dall'Arpac, proseguiti da parte di quest'ultima autorità anche negli ultimi giorni in diversi punti, a distanza dal sito bruciato, al fine di verificare le conseguenze del rogo;
   da questi primi risultati analitici derivanti dalle attività di campo si desume la presenza, nell'aria ambiente campionata, di benzene, formaldeide, acetaldeide;
   l'Arpac ha, altresì, segnalato che l'incendio ha interessato anche rifiuti contenenti amianto;
   lo stesso sito, già il 17 aprile 2012, fu oggetto di un incendio di analoghe dimensioni, tanto da essere sottoposto a sequestro ed affidato ad un custode giudiziale per poi essere dissequestrato alla fine dell'anno 2012 –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza siano state assunte per prevenire e riparare il danno ambientale, nonché per contrastare il rischio di incendi all'interno dell'area ex Ilside;
   se risultino la natura e le cause dell'incendio;
   quali iniziative di competenza si intendano porre in essere, anche promuovendo una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, per monitorare la situazione dell'area, nell'ottica di affrontare e superare con la massima urgenza una problematica che, per le vaste proporzioni e gli ingenti danni provocati fino ad oggi, rappresenta ormai una vera e propria emergenza ambientale per il territorio di Bellona e dei comuni limitrofi, tenuto conto che tale sito insiste in un'area esclusivamente agricola con colture di eccellenza e che vi è in questo territorio solo una fabbrica di conglomerati edilizi a basso impatto ambientale.
(5-11870)

Interrogazione a risposta scritta:


   CORDA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il colosso Ceco dell'energia EPH rappresenta una delle più importanti realtà produttive della Sardegna nord-occidentale. A seguito della dismissione dei gruppi 1 e 2 della centrale termoelettrica di Fiume Santo (Sassari) è stato deciso di procedere alla demolizione dei gruppi stessi mediante la tecnica delle esplosioni controllate;
   la centrale è dotata di sistemi ambientali molto avanzati in grado di abbattere gli elementi inquinanti, ma il problema deriva dal fatto che il sito delle lavorazioni dista solo poche centinaia di metri (600) dai siti di importanza comunitaria «Stagno di Pilo» e «Stagno di Casaraccio» (ITB010002);
   gli stessi siti rientrano tra le aree naturali protette della provincia di Sassari e sono entrambi due delle più importanti aree umide del nord Sardegna; infatti ospitano diverse specie nidificanti, tra i quali l'airone rosso ed il tarabusino;
   inoltre risultano di fondamentale importanza per lo svernamento del fenicottero rosa e di diversi anatidi migratori;
   considerando la vicinanza a queste aree strategiche per la tutela della fauna e della flora di importanza europea, l'uso di cariche esplosive metterebbe a rischio l'ambiente e la salute pubblica, in quanto le esplosioni produrrebbero polveri altamente nocive e contaminanti che si disperderebbero nell'aria e contaminerebbero il suolo causando danni tanto per il territorio, quanto per gli esseri animali e vegetali presenti in queste zone –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e se abbia adottato o intenda adottare iniziative idonee al fine di tutelare questi siti di interesse comunitario e prevenire eventuali ricadute negative che potrebbero ripercuotersi su tutto l'ambiente e il territorio circostante e sugli essere animali che vi abitano ed, in particolare, sull'avifauna presente;
   se si intenda assumere ogni iniziativa di competenza per favorire una revisione del progetto di demolizione mediante l'utilizzo di cariche esplosive, sostituendolo magari con altre modalità di smantellamento che potrebbero avere inoltre ripercussioni positive anche in ambito economico-sociale. (4-17343)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIMONE VALENTE, BATTELLI e MANTERO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la biblioteca universitaria di Genova trova origine nella libreria del Collegio dei Gesuiti; nel 1801 viene dichiarata pubblica biblioteca nazionale e nel 1975 diviene istituto periferico del Ministero dei beni e delle attività culturali;
   poiché la sede originaria della biblioteca, sita in Genova via Balbi 3, non riusciva a garantire spazi adeguati ad accogliere i circa 700 mila volumi che costituiscono la collezione libraria, nel 2002 il Ministero acquista l'edificio dell'ex hotel Colombia Excelsior da anni in stato di abbandono;
   nell'ambito del programma di spesa 2001-2003 dei fondi derivanti dal gioco del lotto viene stanziato uno specifico finanziamento per realizzare la nuova sede, affidando la delega di stazione appaltante dapprima al provveditorato opere pubbliche per la Liguria e, dal 2003, alla Soprintendenza per i beni architettonici della Liguria;
   successivamente, sono stati stanziati ulteriori fondi per far fronte ai diversi progetti di variante e alle numerose richieste di proroga proposte sull'opera in conseguenza di alcune mutate esigenze della direzione generale per i beni librari;
   in data 28 maggio 2012 viene emesso il certificato di collaudo e, dall'autunno 2013, prende avvio la fase di trasferimento di uffici, servizi e materiali della biblioteca dalle sedi originarie alla sede attuale;
   gravi difetti di esecuzione hanno comportato una dilazione dei tempi di messa in sicurezza e la necessità di molti lavori di rifacimento;
   ricorsi amministrativi e varianti in corso d'opera hanno protratto ben al di là delle previsioni il completamento dei lavori;
   permangono forti criticità strutturali ed impiantistiche, quali disfunzioni del sistema di climatizzazione con esondazione di acqua e assenza di adeguati impianti di videosorveglianza e sicurezza che impediscono l'accurata custodia del pregevole patrimonio librario;
   a quanto consta agli interroganti, si aggiungono altresì ulteriori questioni amministrative, quali criticità relative alla disciplina antincendio nonché all'esperimento delle procedure di gara;
   la biblioteca, che da anni doveva aprire in tutti i suoi spazi, è parzialmente funzionante, e la fase realizzativa si discosta dal progetto originario che affidava all'Istituto il ruolo di polo di attrazione culturale;
   ad oggi risulta che sia stata affrontata una spesa di circa 40 milioni di euro e non è chiaro quante risorse finanziarie serviranno ancora, considerato che circa 400 mila volumi si trovano nella sede originaria in attesa di essere trasferiti e non ricevono adeguata tutela;
   inoltre, esiste un problema legato all'insufficienza della dotazione organica: uno studio di fattibilità, commissionato nel 2006 dalla direzione della biblioteca e costato circa 45 mila euro, ha individuato il fabbisogno di personale per l'intera struttura in 101 unità; attualmente, ne sono in servizio 47, destinate a rapida diminuzione per gli imminenti pensionamenti;
   i ritardi nell'ultimare i lavori stanno comportando un ingente impiego di denaro pubblico –:
   quali iniziative siano state adottate negli ultimi anni per custodire e tutelare la copiosa quantità di opere presenti nella sede originaria della biblioteca sottoposta al costante pericolo di muffe;
   quali ragioni abbiano causato un rallentamento nell'ultimazione dei lavori necessari al potenziamento della capienza dei magazzini librari per ospitare il materiale librario ancora nella sede originaria;
   quali siano le risultanze degli incarichi affidati per realizzare un piano di efficientamento energetico per ridurre le elevate spese di gestione;
   quali chiarimenti intenda fornire circa le procedure di affidamento dei servizi aggiuntivi in origine destinati a far fronte a tali gravosi costi;
   se i lavori effettuati garantiscano certezza di sicurezza, salubrità e benessere lavorativo e quali lavori siano ancora necessari;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per risolvere in tempi brevi le anomalie suindicate e ovviare alla carenza di personale per aprire la biblioteca assicurandone tutte le funzioni. (5-11869)

Interrogazione a risposta scritta:


   TOFALO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 9 della Costituzione italiana pone tra i principi fondamentali lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica e la tutela e la salvaguardia del patrimonio storico, artistico ed ambientale;
   il patrimonio artistico italiano è in larga parte venduto ai privati e lasciato senza cure; nella fattispecie, il castello medioevale di Rocca San Quirico e Villa Ravaschieri di Roccapiemonte è un chiaro esempio;
   ai sensi dell'articolo 30 del decreto legislativo n. 42 del 2004, oltre che sui proprietari, l'obbligo di eseguire le opere necessarie alla conservazione del bene sottoposto a tutela, incombe sull'ente territoriale ove lo stesso è ubicato, oggi in difficoltà ad adottare provvedimenti per salvaguardare il valore storico-artistico dei patrimoni privi di manutenzione;
   si osserva che, ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 42 del 2004, qualora l'ente territoriale o i proprietari non ottemperino alla diffida per la esecuzione delle opere necessarie alla conservazione del bene, tali opere devono essere eseguite dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   a una precedente interrogazione, n. 4-07206, su un problema simile, tre anni fa la Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo pro tempore, Ilaria Carla Anna Borletti dell'Acqua, rispondeva «Più in generale, sembra di potersi osservare, riguardo alle preoccupazioni manifestate dall'interrogante, che la strumentazione normativa offerta dal Codice, e sopra sinteticamente richiamata, appare in linea di principio adeguata; il nodo è rappresentato dalla limitatezza delle risorse, pubbliche e private, indirizzate alla tutela. Ma rispetto a tale nodo, come è noto, questo Ministero è impegnato ad invertire il pluriennale trend di riduzione che ha colpito tali risorse e sta iniziando a conseguire importanti risultati.» Dopo 3 anni la situazione è pressoché la stessa, anzi, in un articolo di « latinaoggi.eu» si legge «la Regione offre, i Comuni ignorano. Non tutti, ma molti sì, scavalcano a piè pari gli avvisi pubblici per la valorizzazione e il finanziamento dei gioielli di famiglia, o si perdono nella burocrazia» –:
   se il Ministro sia informato dei fatti sopra descritti;
   quali iniziative il Ministro intenda tempestivamente assumere per un intervento di ristrutturazione del sopradescritto bene;
   se il Ministro intenda assumere iniziative per provvedere ad una rapida sburocratizzazione del settore. (4-17348)

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:


   MALPEZZI, MAURI, COVA e FIANO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è di tre anni fa la decisione di trasferire il presidio dei carabinieri della città di Cassano d'Adda, in provincia di Milano;
   il limitrofo comune di Pioltello ha già finanziato 1,2 milioni di euro per ampliare l'attuale tenenza attraverso l'applicazione di quota di avanzo di amministrazione;
   in tal senso, la giunta comunale di Pioltello, nel corso dell'ultimo consiglio comunale del 27 aprile 2017, ha presentato la variante di bilancio per l'ampliamento della caserma già presente;
   l'approvazione di tale variante dal parte del consiglio comunale ha dimostrato la volontà tangibile e concreta di trovare spazi affinché il presidio si trasformi da tenenza in compagnia;
   al trasferimento della caserma di Cassano avrebbe dovuto fare seguito il mantenimento nella città di almeno un presidio per la cittadinanza;
   per questa ragione, l'amministrazione comunale di Cassano ha presentato diverse soluzioni per mantenere un presidio sul territorio tra cui la possibilità di usare i locali che sino a poco tempo fa ospitavano la pretura, e attualmente non sono utilizzati, manifestando la volontà di dare una risposta seria e concreta al legittimo desiderio di sicurezza dei cittadini;
   appare quindi evidente la necessità di trovare una soluzione che consenta al comune di Cassano di mantenere un presidio e garantire al contempo il trasferimento della compagnia a Pioltello –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di assumere le opportune iniziative per garantire la sicurezza dei cittadini di Cassano con la ricollocazione della stazione dei carabinieri e, nel frattempo, agevolare il trasferimento della compagnia nel comune di Pioltello. (3-03157)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LAFFRANCO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la scuola di lingue estere dell'Esercito (Slee) è stata fondata nel 1963 per «contribuire alla formazione del personale delle Forze armate e di altri corpi e amministrazioni dello Stato, organizzando, conducendo e coordinando attività linguistiche al fine di permettere di operare nei contesti internazionali»;
   da notizie di stampa si è saputo che il comitato degli insegnanti con una lettera inviata alle più alte cariche istituzionali, tra cui il Ministro della difesa, nonché alla regione Umbria e al sindaco di Perugia, sede della scuola, ha segnalato che è stata avviata una gara ad evidenza pubblica sul MePa, il Mercato elettronico della pubblica amministrazione con la quale si intende affidare i futuri corsi di lingua ad imprese private;
   il mercato elettronico della pubblica amministrazione è uno strumento di commercio elettronico del Ministero dell'economia e delle finanze avviato gestito da Consip dal 2003, di tipo business to government (B2G), a disposizione delle amministrazioni pubbliche italiane per effettuare acquisti di importo inferiore alla soglia comunitaria (135 mila euro per le pubbliche amministrazioni centrali e 209 mila euro per le altre amministrazioni);
   nel MePA, le pubbliche amministrazioni registrate possono consultare il catalogo elettronico e confrontare e acquistare i beni e servizi offerti dai fornitori abilitati sul sistema; le tipologie di beni e servizi e le condizioni generali per la loro fornitura sono definite in specifici bandi; per iscriversi è sufficiente una regolare iscrizione dell'attività alla camera di commercio e al registro delle imprese per l'attività commerciale oggetto dei bandi;
   alla Slee si effettuano anche corsi di lingua italiana per il personale militare straniero destinato alla frequenza delle Accademie militari e degli organismi di studio di più alto livello dello Stato Maggiore della Difesa, preposti alla formazione dirigenziale nel comparto della sicurezza e della difesa –:
   quali siano gli orientamenti del Governo al riguardo, posto che esternalizzare e privatizzare l'istruzione dei militari dell'Esercito appare gravemente lesivo della necessità di riservatezza, anche in considerazione del fatto che gli insegnanti che attualmente se ne occupano devono essere in grado di tradurre dialetti e lingue che, di per sé, indicano in quali teatri operativi l'Italia si muove ma soprattutto in quali future missioni internazionali essa intende impegnarsi;
   come il Governo intenda tutelare l'occupazione degli insegnanti che hanno così efficacemente istruito in lingue estere le Forze armate italiane e, in particolare, i componenti di Forze armate straniere, con le relative delicate implicazioni di discrezione che ciò comporta. (5-11867)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIBAUDO, TARICCO, BOCCUZZI, BORGHI e BONOMO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 21 della Maddalena, che collega il sud del Piemonte con il sud francese attraverso il Colle della Maddalena e collega in particolare la città di Cuneo con il comune di Gap (Hautes-Alpes, PACA), è un'importante via di comunicazione dell'area alpina occidentale ed è percorsa ogni giorno da oltre mille mezzi pesanti (autorimorchi o autoarticolati), in parte, per il trasporto merci tra Italia e Francia e in parte per il trasporto di acque minerali prodotte in lata valle; la sua gestione è affidata ad Anas s.p.a.;
   il manto stradale della strada statale 21 appare in condizioni critiche, con asfalto molto risalente negli anni e lavori di manutenzione ordinaria che hanno costellato il percorso di toppe e aggiustamenti vari;
   le condizioni del manto stradale sono rese tali anche a causa degli agenti atmosferici che, ad alta quota, influiscono pesantemente con il suo mantenimento; occorre considerare, inoltre, che ormai ogni inverno la strada rimane chiusa per giorni o settimane a causa delle valanghe che ostruiscono il passaggio e mettono a rischio l'incolumità di automobilisti e camionisti, causando oltretutto il blocco delle vie di comunicazione del Piemonte sud-occidentale con la Francia;
   per risolvere il problema negli ultimi anni è stato adottato da Anas e dalle istituzioni locali il Pidav, piano di intervento per il distacco artificiale delle valanghe, allo scopo di monitorare e manipolare le masse nevose per una regolazione e messa in sicurezza della circolazione. Tale soluzione non ha però impedito nuove chiusure della strada;
   all'interno della convenzione Pidav era stato inserito l'impegno di Anas a realizzare uno studio di fattibilità per la progettazione e la realizzazione delle strutture paravalanghe, considerate la migliore soluzione per garantire una normale circolazione e il miglior mantenimento della strada statale 21;
   tale progettazione è prerequisito, affinché Anas possa inserire l'intervento nei futuri contratti di programma;
   recentemente, i collegamenti stradali con la Francia sono stati resi maggiormente difficoltosi a causa delle necessarie misure cautelative e di rinforzo rispetto ai lavori eseguiti nei pressi del tunnel del Tenda, sul raddoppio del quale la Guardia di finanza ha sequestrato il relativo cantiere ed effettuato numerosi arresti;
   secondo quanto riportato negli ultimi giorni dalla stampa, la condizione delle opere malamente eseguite sul raddoppio del tunnel del Tenda è di una tale gravità da richiedere un rinvio indeterminato dei tempi dei lavori –:
   quali iniziative intenda adottare per il miglioramento dei collegamenti transalpini nella provincia di Cuneo, con particolare attenzione per il tunnel del Tenda e per la strada statale 21;
   quale sia lo stato della progettazione dei paravalanghe per la strada statale 21 del Colle della Maddalena da parte di Anas s.p.a.;
   quali iniziative intenda adottare per la manutenzione ordinaria e straordinaria della strada statale 21 del Colle della Maddalena, vista anche la sua permanente centralità nei collegamenti transalpini causata dalla chiusura dei cantieri per il raddoppio del tunnel del Tenda. (4-17345)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   MARCON, FRATOIANNI, PANNARALE, ANDREA MAESTRI e PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   un gruppo di persone, a totale disprezzo delle leggi e della dignità umana, assedia violentemente 20 rifugiati arrivati il 1o luglio nella frazione di Roncolevà di Trevenzuolo (VR) presso la casa in cui sono ospitati, affidati ad una cooperativa che ha vinto l'apposito bando della prefettura;
   già alla vigilia dell'arrivo dei profughi sono stati lanciati sassi e pietre contro la casa e contro gli operatori della cooperativa ospitante, distruggendo i cristalli e fracassando la carrozzeria della macchina del presidente;
   all'arrivo degli ospiti i contestatori hanno rivolto volgari insulti degradanti e razzisti. Gridando «scimmie», hanno loro intimato di andarsene via dalla struttura e di tornare al loro Paese. Non domi nella loro incivile attività razzista e persecutoria all'imbrunire accendono i fari delle macchine per illuminare le finestre della casa, affinché non possano dormire o costringerli con questo caldo a chiudere le imposte;
   inoltre, gli operatori sono impediti nel loro lavoro con i richiedenti asilo, in quanto appena si riuniscono con gli stessi per svolgere i vari corsi i «manifestanti» iniziano a suonare e trombette e a emettere musica assordante a tutto volume;
   i profughi sono minacciati a non uscire dalla casa, altrimenti diventano oggetto di insulti e di pedinamenti intimidatori apertamente filmati per far pesare il controllo di ogni loro azione. Squallido è, in questo senso, il filmato realizzato e messo in rete da un tale Squassabia, imprenditore e proprietario dell'area privata messa a disposizione del presidio bellicoso;
   non è possibile tollerare questo «presidio razzista», violento e minaccioso. Non è tollerabile che il sindaco di Trevenzuolo porti la sua solidarietà e sostegno non ai 20 profughi, ma ai razzisti violenti e minacciosi, come non è tollerabile che abbiano fatto altrettanto i sindaci, dimentichi dei loro compiti e doveri istituzionali, di Erbè, Isola della Scala, Pastrengo, Sant'Anna d'Alfaedo e di Castelbelforte (MN);
   pare che i «manifestanti» intendano terminare l'assedio, sciogliere le righe e tornare nelle loro case, ma restano gli episodi di violenza in queste due settimane che, a giudizio degli interroganti, vanno condannati e puniti, vigilando che non si ripetano ulteriormente;
   va ricordato che contro edifici ospitanti richiedenti asilo nella provincia di Verona ci sono stati attentati con uso di ordigni esplosivi, come a San Zeno di Montagna, oppure l'affissione di uno striscione con la scritta «Verona ai Veronesi», i cui autori di estrema destra sono stati identificati; si è parlato tuttavia di «ragazzate e bravate», come a Bovolone e a Cerea;
   il bisogno di intervenire in modo netto, determinato e preventivo contro il razzismo e gli organizzatori d'odio è diventato urgente e da non sottovalutare. Non è accettabile che simili episodi contra legem siano tollerati; essi vanno impediti e in questo caso vanno perseguiti coloro che hanno commesso eventuali illeciti –:
   di quali informazioni disponga sui fatti riportati in premessa;
   se non intenda assumere le iniziative di competenza, anche valutando l'invio di una circolare a tutti i prefetti e in particolare a quello di Verona, affinché, siano impedite le condotte di coloro che, nel totale disprezzo delle leggi e della dignità umana, mettono in atto azioni come quella dell'assedio violento alla struttura che ospita i rifugiati a Roncolevà di Trevenzuolo, segnalando prontamente e senza eccezione alcuna i fatti all'autorità giudiziaria e mettendo in atto efficaci azioni di ordine pubblico, anche preventive.
   (3-03158)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, di attuazione dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge n. 124 del 7 agosto 2015, è stato disposto, a decorrere dal 1o gennaio 2017, l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri ad eccezione delle competenze in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e spegnimento con mezzi aerei degli stessi, attribuite al Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   nello specifico, l'articolo 9 del citato decreto legislativo n. 177 del 2016 attribuisce al Corpo nazionale dei vigili del fuoco talune competenze precedentemente spettanti al Corpo forestale dello Stato in materia di lotta agli incendi boschivi e spegnimento con mezzi aerei degli stessi, anche in concorso con le regioni;
   il ruolo di azione e coordinamento del Corpo forestale dello Stato in merito agli interventi sugli incendi boschivi è stato di fatto disattivato, poiché dei trentadue elicotteri appartenenti al Corpo forestale dello Stato sedici sono stati assegnati ai vigili del fuoco e sedici ai carabinieri, quest'ultimi esonerati dal servizio antiincendio;
   come riportato dalle maggiori agenzie di stampa, dei sedici elicotteri, attribuiti ai vigili del fuoco, quattordici sono fermi in manutenzione o per problemi legati a mancate certificazioni tecniche;
   quanto riportato mostra l'inopportunità dello scioglimento del Corpo forestale dello Stato, alla luce del ruolo strategico che lo stesso Corpo ha da sempre rivestito nel nostro Paese, il quale ospita un sistema forestale inestimabile e unico al mondo di oltre 300 mila chilometri quadrati;
   la predetta riforma nel prevedere l'assorbimento del Corpo forestale nei ruoli dell'Arma dei carabinieri e dei vigili del fuoco ha comportato inevitabili complicazioni, anche per quanto concerne il riparto delle competenze affidate all'Arma, ai vigili del fuoco ed alle regioni mettendo a rischio la funzionalità del soccorso alla cittadinanza –:
   quali urgenti e indifferibili iniziative il Governo intenda adottare per garantire il regolare svolgimento delle attività assegnate in precedenza al Corpo forestale dello Stato, assorbito nell'Arma dei carabinieri e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, intervenendo sulle gravi carenze organiche e organizzative, al fine di far fronte alle problematiche concernenti il soccorso tecnico urgente antincendio, in considerazione dell'aumento degli incendi che stanno colpendo il territorio nazionale. (4-17340)


   D'ALESSANDRO, PARISI, CHIARELLI, SARRO e MAROTTA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento al gravissimo fatto di sangue che si è verificato nel tribunale di Milano che allo stato, ha fatto registrare tre vittime e due feriti, episodio che rappresenta un chiaro indice di come la sicurezza pubblica non sia affatto garantita neanche in luoghi altamente simbolici come un importante palazzo di giustizia, che rappresenta un grave vulnus per la sicurezza dei cittadini ed una perdita di prestigio per le pubbliche istituzioni;
   la città di Milano è chiamata quest'anno ad ospitare l'Expo 2015, evento simbolo di rilievo internazionale, che vedrà la presenza di milioni di visitatori a cui è necessario garantire il più alto livello di sicurezza –:
   a) come sia stato possibile che una persona sia potuta entrare armata di tutto punto dentro i locali del palazzo di giustizia di Milano;
   b) se e come si intendano perseguire le responsabilità di chi doveva garantire la sicurezza del predetto tribunale;
   c) come si intenda agire per evitare che simili episodi si possano ripetere in futuro e come si intende garantire una adeguata sicurezza degli edifici pubblici non solo a Milano ma anche in tutto il territorio nazionale. (4-17347)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   negli ultimi giorni si sono verificati ben quattro femminicidi in poche ore, sintomo di una strage non si ferma. Due donne sono state uccise dai loro compagni e una ragazza è in coma, massacrata dal fidanzato, vicende che si aggiungono ai due femminicidi dei giorni precedenti. Si tratta di un bilancio pesantissimo quello delle ultime ore, con altri episodi di violenza sulle donne, come le quattro ragazze abusate a Monza dal titolare dei centri estetici dove stavano facendo uno stage. Una strage di donne, per mano di uomini che hanno avuto con loro un rapporto affettivo, che non si ferma e che nel 2016 ha visto un femminicidio ogni tre giorni: il numero delle vittime nel 2016 oscilla, a seconda delle fonti, da 110 fino a 120. Secondo i dati ufficiali, nei primi cinque mesi del 2017, si sono contati almeno 29 casi. Numero sempre alto, nonostante l'aumento delle denunce per atti persecutori o maltrattamenti;
   un'analisi del fenomeno è stata fatta dal capo della polizia, Franco Gabrielli, in audizione alla Commissione parlamentare d'inchiesta: anche se dai dati emerge un calo dei femminicidi è vietato indulgere nell'ottimismo. Persiste «un'area oscura di abusi e maltrattamenti» frutto di «una subcultura che reifica la donna disconoscendole il diritto alla libertà e all'autonomia». Il contrasto, per Gabrielli, «non si può fare solo con strumenti di polizia. Occorre fare rete tra mondo della prevenzione, della repressione e le istituzioni che operano nel sociale. Solo con uno sforzo sinergico possiamo pensare di abbattere il fenomeno». I dati della polizia indicano negli ultimi anni una «progressiva riduzione» dei femminicidi, passati dai 124 del 2011 ai 111 del 2016 (-11 per cento). Il calo è stato maggiore nei primi cinque mesi dell'anno, in cui si sono verificati 29 casi. L'aggressore è in maggioranza il partner (53 per cento) o l'ex partner (15 per cento). Tra i moventi si registra un calo di quello passionale ed una crescita dei rancori personali. I nuovi strumenti di prevenzione messi a disposizione dal legislatore, ha spiegato Gabrielli, «hanno cominciato ad incidere sulla riluttanza delle vittime a denunciare». I numeri evidenziano infatti un aumento delle denunce per atti persecutori (da 9.027 nel 2011 a 12.675 nel 2016), per maltrattamento (da 9.294 a 13.913). Calano invece quelle per percosse (da 15.200 nel 2015 a 13.729 nel 2016) e per violenza sessuale (da 4.617 nel 2011 a 3.984 nel 2016, mentre nei primi 5 mesi del 2017 le denunce sono state 1.381 contro le 1.584 dello stesso periodo del 2016):
   è evidente che si è di fronte ad un fenomeno radicato e diffuso nel nostro paese, una «mattanza da fermare»: negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia sono state 1.740, di cui 1.251 (il 71,9 per cento) in famiglia. Un fenomeno che ha radici nel mancato rispetto della donna, frutto di una cultura che si fonda su un'immagine stereotipata della stessa;
   la legge n. 107 del 2015 al comma 16, prevede che il piano triennale dell'offerta formativa assicuri l'attuazione dei princìpi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, nel rispetto dei limiti di spesa di cui all'articolo 5-bis, comma 1, primo periodo, del predetto decreto-legge n. 93 del 2013;
   la legge n. 119 del 15 ottobre 2013, all'articolo 5, prevede un piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere. Il piano persegue come finalità: la prevenzione del fenomeno della violenza contro le donne attraverso l'informazione e la sensibilizzazione della collettività, rafforzando la consapevolezza degli uomini e ragazzi nel processo di eliminazione della violenza contro le donne; la promozione dell'educazione alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere nell'ambito dei programmi scolastici delle scuole di ogni ordine e grado, al fine di sensibilizzare, informare, formare gli studenti e prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere, anche attraverso un'adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo; garantire la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con la violenza di genere e lo stalking –:
   quali iniziative urgenti e linee guida la Ministra interrogata intenda promuovere per contrastare la violenza contro le donne e attuare quanto previsto dal comma 16 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015 e dall'articolo 5 della legge n. 119 del 2013 nelle parti di sua competenza.
(2-01888) «Centemero».

Interrogazione a risposta scritta:


   D'INCÀ. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le problematiche relative al sottodimensionamento del personale in servizio presso l'ufficio scolastico regionale per il Veneto, ufficio IV, ambito territoriale di Belluno, già emerse a gennaio 2017, che hanno determinato la sospensione del servizio di ricevimento al pubblico nei settori organici, mobilità, ruolo del personale docente, educativo ed amministrativo, tecnico e ausiliario, nonché la conseguente sospensione delle comunicazioni telefoniche, con i predetti uffici, continuano a persistere;
   la realtà del suddetto ufficio presenta ancora forti criticità. Infatti, le variazioni intervenute nell'organico dal 1o giugno 2015, per cessazioni dal servizio, sono state pari ad 8 unità di personale e un'altra cessazione è prevista dal mese di novembre 2017. Per ciascuna di queste, non è stata ancora effettuata alcuna sostituzione, anzi si sono disposti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca due trasferimenti ad altri uffici di ambito territoriale, come da richiesta delle 2 unità coinvolte, notificate il 27 giugno 2017 e in essere dal 3 luglio 2017 con effetto immediato;
   non ha dato, inoltre, alcun esito favorevole al subentro di unità presso l'ufficio di ambito territoriale di Belluno nemmeno lo scorrimento delle graduatorie dei precedenti concorsi;
   ad oggi la situazione dell'ufficio di ambito territoriale di Belluno è pertanto la seguente: su 20 unità in organico di diritto stabilite per il funzionamento regolare, ne operano solo 7 e dal 1o novembre 2017 saranno 6 per una ulteriore quiescenza. La scopertura è quindi di oltre il 60 per cento della pianta organica, a fronte di adempimenti immutati, necessari per garantire l'avvio dell'anno scolastico;
   inoltre, a causa di tale grave, persistente e cronica carenza degli organici del personale comparto ministeri, l'ufficio di ambito territoriale di Belluno da molti anni si avvale, in via provvisoria, di alcune unità di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, che spesso ricopre, con competenza, posti che richiedono autonomia e responsabilità;
   per colmare almeno in parte, il vuoto di organico creatosi, l'ufficio di Belluno ha quindi presentato richiesta di trasferimento (su esplicita domanda di dette risorse) dal comparto scuola a quello del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ma tale richiesta è stata rigettata. Così come non sono state autorizzate richieste di altre mobilità intercompartimentali (per esempio da enti locali, unità in esubero disponibile al rientro presso l'ufficio di ambito territoriale, residenti nel comune di Belluno);
   non ha trovato, inoltre, alcun riscontro neanche la destinazione presso questo ufficio di ambito territoriale del personale delle province in esubero;
   a parere dell'interrogante, non definire una soluzione compensativa da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nell'immediato, comprometterebbe seriamente tutta l'attività di questo ufficio, con gravi ripercussioni sul servizio al territorio e sull'utenza;
   pertanto, risulta indispensabile, in prossimità dell'inizio dell'anno scolastico che venga ripristinata la pianta organica di diritto;
   le problematiche riguardanti l'ambito territoriale di Belluno, inoltre, non sarebbero un caso isolato, in quanto da fonti sindacali si apprende che tutto il Veneto soffrirebbe una scopertura di organico di oltre il 30 per cento sul totale e non sarebbe in grado di assicurare l'offerta didattica in termini qualitativi –:
   se intenda intraprendere iniziative urgenti, anche di carattere normativo, per porre rimedio alla problematica su esposta, che vede coinvolti l'ufficio territoriale di Belluno e, in generale, quelli della regione Veneto. (4-17344)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   TONINELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   fonti di stampa (Chiudono l'azienda lasciando a casa 50 donne senza stipendi: ora cercano personale sul quotidiano online Bergamo News del 12 luglio 2017; Ditta di Cremosano chiude senza attivare le procedure: oltre 50 donne disoccupate sul quotidiano online CremaOggi del 13 luglio 2017) riportano che un'azienda di Cremosano in provincia di Cremona, la Summers srl, dopo essere spuntata dal nulla nell'aprile 2017 ed aver assunto decine di persone, si è sostanzialmente dileguata negli scorsi giorni, dopo aver corrisposto alle stesse la retribuzione dovuta solo per pochissimi giorni: a fine giugno 2017 le poche lavoratrici che non si erano dimesse per giusta causa, hanno trovato i cancelli chiusi e nessuna notizia; si sono quindi recate alla «casa madre» ovvero presso la Hypnotic Cosmetic srl di Treviglio-Caravaggio, dove è stata parimenti chiusa la sede della società;
   a richiedere l'attenzione ai massimi livelli su quella che appare una operazione di dubbia legittimità, perpetrata ai danni di molte persone, è la circostanza per la quale l'episodio in questione non sarebbe un caso isolato ma un vero e proprio sistema, un «modello di business» in contrasto con la legge, del quale le società Summers srl e la Hypnotic Cosmetic Srl, che operano nel settore del confezionamento di cosmetici con sede, rispettivamente, a Cremosano e Caravaggio, si sarebbero avvalse sistematicamente, per conto di committenti importanti come i negozi Kiko, Società Ghota di Lallio e Pharmacos di Caravaggio;
   contro queste società già nel novembre del 2016, dopo molti ricorsi, la Cgil di Bergamo presentò un esposto alla procura della Repubblica di Bergamo, al comando della Guardia di finanza ed all'ispettorato del lavoro;
   nonostante ciò, queste società hanno continuato ad assumere, abbandonando le cooperative, ed utilizzando agenzie di somministrazione e, recentemente, hanno aperto una nuova unità operativa a Cremosano, in provincia di Cremona, tra Treviglio-Caravaggio e Crema;
   perfino negli ultimi giorni, a quanto risulta all'interrogante, è possibile reperire tra gli annunci di lavoro online nuovi annunci per la stessa tipologia di lavoro oggetto della truffa in questione da parte di Summer srl –:
   in generale, quali strumenti siano stati attivati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per quanto di competenza, per contrastare forme di assunzione di dubbia legittimità organizzate in maniera sistematica, come quella descritta in premessa, e quali eventuali ulteriori iniziative il Ministro interrogato stia valutando al riguardo;
   nello specifico, se il Ministro sia a conoscenza della vicenda illustrata in premessa e quali mirate iniziative, attraverso l'ispettorato del lavoro o qualsiasi altra competente struttura statale intenda promuovere sullo specifico caso ivi denunciato. (4-17338)


   BATTAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la decisione di «Engie Italia» di abbandonare il call center «CalleCall» di Locri sta determinando forte preoccupazione tra i lavoratori nonché in tutto il comprensorio locrideo;
   la ragione di tale decisione sarebbe da rinvenire nelle difficoltà logistiche e questo determinerebbe un esubero di 129 addetti;
   il suddetto call center nel corso degli anni si è distinto per capacità professionali e di stare sul mercato;
   è evidente che quanto sostenuto dalla proprietà non è assolutamente convincente e si pone, secondo l'interrogante, come un maldestro tentativo di abbattimento del costo del lavoro a spese dei dipendenti ponendo un serio problema nell'ambito delle corrette relazioni industriali –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto richiamato in premessa e quali iniziative intenda assumere in tempi rapidissimi al fine di verificare quanto sta accadendo e di valutare l'opportunità di convocare un tavolo di confronto in sede ministeriale tra proprietà e organizzazioni sindacali, con l'obiettivo di salvaguardare una importante realtà produttiva e i livelli occupazionali in un comprensorio notoriamente difficile. (4-17350)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   BERGAMINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da recenti fonti giornalistiche, Francesco Carfagna, un vignaiolo apprezzato e stimato per i suoi vini « Slow», proprietario di Altura, un'azienda agricola sull'isola del Giglio, in Toscana, sarebbe stato punito per aver ripulito dagli sterpi un terreno di circa 100 metri quadrati di sua proprietà, con una pena pari a undici giorni di carcere e otto mila euro di multa;
   lo stesso imprenditore agricolo, in una lettera, racconta l'assurda vicenda di cui si è reso protagonista specificando, innanzitutto, che egli opera in «paesaggi agricoli eccezionali, praticamente sempre terrazzati, difficili e situati spesso in località marginali e di straordinaria bellezza, non meccanizzabili e non fagocitabili dalle multinazionali del cibo globalizzato, degli OGM e dell'agroindustria sono considerati ovunque di altissimo valore e importanza, non solo ambientale, ma anche economica e sociale». Terreni di questo tipo sono tutelati dalle normative nazionali e locali allo scopo di stimolare il recupero dei paesaggi agricoli eccezionali, ma, al contempo, sono sottoposti a tutele maggiori rispetto agli altri che, a volte, ne ostacolano il recupero;
   Francesco Carfagna prosegue specificando che quello che avrebbe posto in essere non è altro che un'attività di pulizia dai rovi e dagli arbusti senza, tuttavia, chiedere l'autorizzazione, aggiungendo che probabilmente la pena è eccessivamente punitiva, in quanto si sarebbe verificata una chiara sproporzione nell'equiparare «il taglio della frasca a una lottizzazione abusiva a scopo edilizio»;
   la legge 12 dicembre 2016, n. 238, recante la disciplina della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino, all'articolo 7, comma 1, tutela i cosiddetti vitigni eroici o storici. Secondo quanto testualmente stabilito, infatti, «Lo Stato promuove interventi di ripristino, recupero, manutenzione e salvaguardia dei vigneti delle aree soggette a rischio di dissesto idrogeologico o aventi particolare pregio paesaggistico, storico e ambientale, di seguito denominati “vigneti eroici o storici”». Sotto tale aspetto, dunque, non si comprende bene come chi agisca per tutelare i vitigni possa essere soggetto a pene tanto severe, equiparando addirittura le attività agricole ad abusi edilizi;
   l'imprenditore Carfagna, infine, tiene a specificare che non vuole contributi, ovvero finanziamenti pubblici, ma chiede solamente di poter continuare a fare ciò che ha sempre fatto, senza timore di denunce e condanne, auspicando, in particolare, che per i territori agricoli eccezionali possano essere previste norme specifiche, anche in deroga rispetto a quelle per i luoghi ordinari, che possano contemplare autorizzazioni speciali o assegnazioni privilegiate per coloro i quali vogliano recuperare le terrazze con la ripulitura e ripiantare la vigna nei territori viticoli eccezionali, fatta salva la «doverosa e giustissima vigilanza» –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito alla vicenda esposta in premessa e quali chiarimenti intenda fornire al riguardo;
   se abbia intenzione di adottare, per quanto di competenza, le necessarie iniziative, anche di carattere normativo, affinché si proceda ad una salvaguardia concreta dell'attività di recupero dei territori agricoli eccezionali, rimodulando il sistema sanzionatorio che, in caso contrario, finirebbe, di fatto, non solo per continuare ad apparire sproporzionato rispetto all'entità del fatto commesso ma, soprattutto, rischierebbe seriamente di disincentivare operazioni di recupero, ripristino e manutenzione di territori che rappresentano un patrimonio di alto valore paesaggistico, storico ed ambientale per il Paese. (4-17341)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il primo firmatario del presente atto nell'interrogazione 4-16981, ancora senza risposta, ha chiesto al Ministro dello sviluppo economico, alla luce della pubblicazione del decreto di compatibilità ambientale relativo al metanodotto «Trieste-Grado-Villesse», «se intendesse specificare le tempistiche inerenti alla convocazione della conferenza di servizi decisoria per il procedimento di autorizzazione del rigassificatore di Zaule» a Trieste;
   in occasione del summit dei Balcani occidentali, tenutosi nel capoluogo giuliano il 12 luglio 2017, il Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, attraverso un comunicato stampa, ha riportato come ci siano ancora «dubbi sul futuro energetico di Trieste in tema di rigassificatori» e ha chiesto al Ministro interrogato, ospite dell'evento, di fornire chiarimenti sul quadro delle infrastrutture energetiche presenti nel Friuli Venezia Giulia;
   la nota ha evidenziato come «(...) resta ancora oscuro il futuro delle infrastrutture Gnl nel tratto costiero triestino di Zaule. L'impianto di rigassificazione on-shore (progetto Gas Natural) è stato ritenuto nel 2009 degno di un decreto di compatibilità ambientale dal Mattm (Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare). Il 15 maggio 2017 si è aggiunto anche il decreto di compatibilità ambientale del gasdotto Trieste-Villesse, funzionale al progetto dell'impianto di rigassificazione di Zaule»;
   secondo quanto riportato, «La Conferenza dei Servizi Istruttoria dell'11 giugno 2015 era stata rinviata in attesa che la Regione FVG si esprimesse con un decreto delineando il proprio parere sul gasdotto Trieste-Villesse. Il 14 giugno 2016 alcune associazioni ambientaliste avevano presentato in conferenza stampa una lettera aperta alla Presidente della regione FVG Debora Serracchiani per sollecitare la presentazione del decreto. Il 15 giugno 2017 è stata dichiarata invece la compatibilità ambientale anche per il gasdotto. La conclusione della vicenda è affidata alla Conferenza dei Servizi Decisoria che dovrà essere convocata dal Mise. Tante dichiarazioni di contrarietà da parte della Regione ad entrambi i progetti, ma concretamente ? Anche sulle osservazioni dell'Autorità portuale in merito alla non compatibilità dello sviluppo del porto con l'impianto di Zaule (e della bonifica della ex discarica di via Errera) la Regione non ha dato l'appoggio che ci saremmo aspettati»;
   il Comitato ha spiegato che attualmente «(...) nel Documento di consultazione della Strategia energetica nazionale di Mise e Mattm non è previsto un impianto on-shore in alto Adriatico ma genericamente un impianto off-shore FSRU (Float storage and regassification unit). Occorre constatare che il Piano Europeo di finanziamento a infrastrutture energetiche strategiche di rigassificazione on-shore in alto Adriatico ha scelto l'impianto di Veglia, e che il Mise ha dichiarato che il rigassificatore di Zaule non è strategico. Vorremmo che il Ministro Calenda riunisse la conferenza dei servizi decisoria e che in quella occasione esprimesse la sua contrarietà alla realizzazione di entrambi i progetti»;
   in ultimo, il Comitato ha sostenuto come «(...) anche senza l'intesa della Regione i progetti potrebbero essere approvati, perché l'ultima parola spetterebbe al Mise che, di fronte all'opposizione della Regione potrebbe richiedere che la decisione definitiva venga affidata al Consiglio dei ministri» –:
   alla luce dei fatti esposti in premessa, se il Ministro interrogato intenda chiarire definitivamente la posizione del Governo sulla costruzione del terminale per la rigassificazione di Gnl in località Zaule a Trieste e del metanodotto «Trieste-Grado-Villesse». (5-11868)

Interrogazione a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende da diverse fonti, nonché dal comunicato stampa diramato dalla Federazione lavoratori Poste-Sicilia, si starebbero verificando una serie di disagi nella consegna delle raccomandate, atti giudiziari e pacchi allo sportello, rispetto ai quali si sono addirittura registrate diverse ore di attesa da parte degli utenti;
   secondo quanto dichiarato dal segretario regionale SLP-CISL Sicilia, Giuseppe Lanzafame, le quattro sigle sindacali, Cisl, Failp, Confsal e Ugl stanno proseguendo con le loro attività di protesta tramite sciopero di prestazioni straordinarie, per via dei numerosi disservizi che stanno colpendo gli uffici postali siciliani. Infatti, nel citato comunicato si afferma testualmente: «Prossima chiusura di uffici a doppio turno, il recapito a giorni alterni non funziona; eliminando il 50 per cento delle zone e di personale, adesso la consegna degli oggetti a firma non recapitati avviene in tutti gli sportelli delle agenzie (prima erano concentrati in pochi uffici). Il progetto di agevolare il cliente a recarsi nel più vicino Ufficio Postale dalla propria residenza per ritirare il plico, è condiviso dalla Cisl ma, come spesso accade, la sola teoria è diffusa in azienda, a discapito della pratica. Troppa fantasia dietro progetti elaborati dai vertici senza tenere conto di tante variabili. Carenza di operatori allo sportello, disorganizzazione interna fra le varie funzioni, lunghe attese da parte dei clienti, poca formazione del personale, dati discordanti, reclami e tanta rabbia dei clienti, di cui la stragrande maggioranza sono professionisti. Da due mesi a questa parte il caos è la quotidianità»;
   tutto ciò finisce con il ripercuotersi sugli impiegati e sui direttori degli uffici che diventano i capri espiatori di un'organizzazione lavorativa generale priva di efficienza ma che non è a loro imputabile;
   ad aggravare la situazione è il periodo contingente in cui si stanno verificando i disagi, ossia quello estivo, che è reso deleterio dalla mancanza di portalettere che non vengono sostituiti e di sportellisti che avrebbero diritto al godimento delle ferie, che spesso tuttavia vengono negate;
   dal canto suo, il coordinatore territoriale della Cisl SLP Ragusa, Giorgio Giummarra, in una lettera ha sottolineato il problema, ribadendo le numerose segnalazioni fatte in passato circa la carenza dell'organico dei portalettere ed alle quali non hanno fatto quasi mai seguito riscontri concreti. Inoltre, grossi disagi emergono quando i già pochi dipendenti usufruiscono delle ferie, che fanno sì che la zona rimanga non servita e che al rientro del personale risulti affidato a questo ultimo un carico di incombenze da smaltire del tutto sproporzionato e di dimensioni esagerate: «Il tutto con grave danno d'immagine per l'Azienda e il disagio di tanti colleghi che, in questa situazione, si vedono negato il singolo giorno di ferie richiesto per gravi motivi di carattere personale o familiare» –:
   se il Governo intenda fornire chiarimenti sulla vicenda esposta in premessa e, per quanto di competenza, se intenda adottare le opportune iniziative al fine di favorire un riequilibrio degli organici dei dipendenti postali per uno svolgimento efficiente di tutte le ordinarie attività di consegna e recapito postale rispetto alle quali, se non si addivenisse ad una tempestiva soluzione, si rischierebbe di prolungare ulteriormente i già numerosi ritardi e disservizi, a totale discapito di dipendenti e cittadini. (4-17342)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Paglia n. 4-17328, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Airaudo.

Ritiro di una firma da una interrogazione.

  Interrogazione a risposta in Commissione Mongiello e Michele Bordo n. 5-11788, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 luglio 2017: è stata ritirata la firma del deputato Michele Bordo.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta orale D'Alessandro e altri n. 3-01426 del 9 aprile 2015 in interrogazione a risposta scritta n. 4-17347;
   interrogazione a risposta scritta Malpezzi e altri n. 4-16482 del 4 maggio 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-03157.

ERRATA CORRIGE

  Risoluzione in Commissione Martelli e altri n. 7-01311 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 833 del 13 luglio 2017. Alla pagina 48881, seconda colonna, dalla riga ventottesima alla riga ventinovesima, le parole: «per i lavoratori e a 66 per le lavoratrici» si intendono soppresse.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BASILIO, ARTINI, CORDA, ALBERTI, FRUSONE, PAOLO BERNINI e RIZZO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   risulta evidente che componenti del precedente Governo e persone che hanno rivestito in passato cariche istituzionali, ma che attualmente non ricoprono nessun ruolo, abbiano tuttora la possibilità di usufruire di auto blu e servizio di scorta senza che risultino particolari esigenze di tutela e senza l'esistenza di elementi di rischio conclamati così gravi e probanti tali da disporre di servizi di scorta;
   tale procedura, ritenuta dall'interrogante ingiustificata, costa ai contribuenti palesemente grandi sacrifici, un costo che si aggira intorno a svariati milioni di euro l'anno e impegna migliaia di agenti delle forze dell'ordine sottraendoli di conseguenza alla tutela della sicurezza dei cittadini;
   come si evince dalle dichiarazioni del Sindacato autonomo di polizia «Con la crisi e i tagli siamo arrivati al punto che il sistema sicurezza non può più permettersi di garantire 585 scorte con un enorme impiego di uomini delle forze dell'ordine impegnati a garantire la sicurezza di pochi». «Solo a Roma sono mille al giorno – spiega Nicola Tanzi, segretario nazionale del Sap –, finora mi risulta siano state tagliate 70 scorte di quarto livello, delle 174 scorte assegnate a parlamentari ed ex ministri, credo che queste debbano essere azzerate per andare, se necessario, a rafforzare, invece, quelle garantite alle più alte cariche dello Stato. La modulazione delle misure di tutela va da quelle di primo livello, indicato come rischio imminente ed elevato, che impiega fino a tre auto blindate e sei agenti, fino al quarto livello, di basso rischio, che prevede un'auto non blindata e un autista»;
   il disagio sociale nel Paese è forte, ed è giusto garantire sicurezza a chi è più esposto, ma l'attuale situazione appare incompatibile con l'esigenza di un rigoroso contenimento delle spese ed eliminazione di ogni spreco e contribuisce ulteriormente al discredito della classe politica, apparendo all'opinione pubblica come un privilegio ingiustificato –:
   quanto costi al contribuente il servizio di suddetta protezione e come si articoli;
   se sia disponibile un elenco delle personalità appartenenti ai precedenti Governi o a personalità che hanno ricoperto in passato alte cariche istituzionali che godono tuttora di un servizio di scorta o usufruiscono di mezzi e personale della pubblica amministrazione;
   quali siano i motivi che hanno finora consentito il perdurare di un servizio che appare agli interroganti ingiustificato;
   quali provvedimenti i Ministri interrogati intendano urgentemente assumere perché questa situazione sia il più possibile limitata, ovvero se possano essere resi pubblici i motivi per l'eventuale prosecuzione. (4-01659)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame viene evidenziato come personalità che in passato hanno ricoperto incarichi di Governo o alte cariche istituzionali continuino a fruire di dispositivi di protezione, senza che siano esposti a un rischio grave e conclamato. Ciò si tradurrebbe in un ingiustificato onere per il bilancio dello Stato e in un aggravio dell'impegno richiesto alle forze di polizia, distolte dai precipui compiti di tutela della sicurezza dei cittadini.
  In relazione a tale situazione, l'interrogante formula una serie di quesiti volti ad acquisire dati e informazioni e a conoscere quali iniziative si intendano assumere per limitare le misure di protezione in questione.
  Si premette che l'individuazione delle personalità istituzionali esposte a rischio per le funzioni esercitate o per altri comprovati motivi, alle quali vengono applicati i dispositivi tutori, e i criteri per la loro protezione sono contenuti nel decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, convertito nella legge 2 luglio 2002, n. 133 e nei relativi decreti ministeriali di attuazione. Tra tali personalità non sono compresi i Presidenti della Repubblica, anche cessati dall'incarico, alla cui protezione si provvede ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 39 del 1991.
  Alla luce della menzionata normativa, le misure di protezione vengono adottate solo dopo un'approfondita valutazione del concreto livello di rischio, garantendo poi il costante monitoraggio del profilo di rischio dei soggetti protetti.

  La valutazione si svolge ad un duplice livello: in sede periferica, presso le prefetture – uffici territoriali del Governo e, in sede centrale, presso l'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (Ucis).
  Al riguardo, l'Ucis ha il compito di raccogliere ed analizzare le informazioni sulle situazioni a rischio comunicate dai Prefetti, nonché quelle direttamente fornite dagli organismi di informazione e sicurezza e dagli uffici e reparti delle varie Forze di polizia.
  Completata l'attività istruttoria e valutativa, l'Ucis, nel caso in cui sussistano i presupposti sulla base del livello di rischio accertato, adotta le misure di protezione e vigilanza.
  Le misure disposte sono calibrate a seconda del livello di rischio accertato e comportano un impegno diversificato sia in termini di personale di polizia che di risorse strumentali.
  Le misure di protezione e vigilanza disposte comportano, comunque, all'atto della cessazione degli incarichi istituzionali, valutazioni collegiali a livello provinciale e centrale, volte a verificare l'attualità o meno dell'esposizione a rischio del soggetto tutelato e, conseguentemente, l'opportunità di procedere al mantenimento, alla rimodulazione o alla revoca della misura tutoria.
  Fanno eccezione il Presidente del Consiglio dei ministri, i Ministri della difesa, della giustizia e dell'interno, nei cui confronti, alla cessazione dell'incarico, il dispositivo tutorio viene mantenuto per un periodo di tempo prefissato, pari a un anno per la prima carica e a tre mesi per le altre tre.
  Ma anche in questi casi, allo scadere del termine fissato, viene effettuata una valutazione del livello di esposizione al rischio, onde stabilire l'eventuale mantenimento o rimodulazione della misura di protezione in ragione dell'attualità dell'esposizione a rischio della personalità.
  In sintesi, il mantenimento dell'assetto tutorio può trovare fondamento nelle espresse disposizioni normative e in profili residuali di esposizione personale al rischio connessi ai pregressi incarichi governativi ricoperti.
  In ogni caso, il livello di esposizione al rischio costituisce oggetto di periodica e sistematica rivisitazione, finalizzata a verificare la perdurante necessità del dispositivo tutorio predisposto e la sua adeguatezza alla luce delle effettive esigenze oppure la sua revoca.
  Ciò premesso, in relazione alla protezione attuata nei confronti dei membri delle compagini governative precedenti (Governi Berlusconi, Monti, Letta e Renzi) e a coloro che hanno ricoperto alte cariche istituzionali, si rappresenta che sono già state revocate 28 misure e ne sono state rimodulate diverse altre.
  Allo stato attuale, sono 29 le personalità che risultano destinatarie di dispositivi di protezione, di cui 25 ex membri di governo e 4 personalità che in passato hanno ricoperto alte cariche istituzionali.
  Sei posizioni sono all'esame per l'eventuale revoca o rimodulazione.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   BASILIO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie provenienti da organi di stampa locali e nazionali emerge che, in una vasta area al confine tra le regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia, durante le ore serali dell'11 gennaio 2017 cittadini avrebbero avvertito rumori di notevole intensità causati dalla presenza di velivoli militari;
   in particolare, un forte boato, dal tenore assordante tale da superare la barriera del suono ed avvertito in diverse zone come Pordenone, Codroipo, Vittorio Veneto e Fagagna, sarebbe diretta conseguenza del sorvolo di un caccia americano partito dalla base militare di Aviano nel corso di una delle tante esercitazioni;
   il predetto velivolo avrebbe volato per alcuni istanti a bassissima quota sulla città di Aviano, tanto da costringere i cittadini a tapparsi le orecchie a causa del boato assordante;
   l'accaduto, che ha generato sconcerto e preoccupazione tra i cittadini coinvolti, ha dato vita a un dibattito, anche sui social network, circa l'opportunità di svolgere esercitazioni militari impiegando velivoli che, per le loro caratteristiche, sono in grado di superare la barriera del suono e causare pericolosi ed «inutili» rumori;
   il Comando americano della base di Aviano, interpellato sui fatti, avrebbe dichiarato di essere a conoscenza di un addestramento svolto in quelle ore dallo stormo « 31st Fighter Wing»;
   numerose sono le segnalazioni dei cittadini residenti nelle aree prossime alla base militare e che, periodicamente, assistono ad esercitazioni piuttosto «invasive» della tranquillità dei territori e delle città interessate;
   in attesa che il Comando americano della base fornisca risposte certe circa quanto accaduto nei cieli di Aviano, è opportuno che il Governo intervenga per garantire una pacifica convivenza tra i nostri concittadini e la base americana ospitata sul territorio italiano –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno interloquire con il Comando della base americana di Aviano per contribuire a far luce sui fatti;
   se nella giornata dell'11 gennaio 2017 fossero previste ad Aviano esercitazioni programmate per utilizzare aerei caccia generatori di boom sonico, oppure se si fosse verificata la necessità dell'utilizzo di quel tipo di velivolo per una sopravvenuta situazione di emergenza e, in tal caso, di quale esercitazione si sia trattato e quale emergenza si sia verificata;
   se le prefetture di Pordenone e Belluno siano state informate delle esercitazioni in parola e se le autorità prefettizie abbiano inoltrato una nota informativa ai Ministeri su quanto accaduto;
   se il Governo non ritenga possibile assumere iniziative di competenza per promuovere un monitoraggio periodico delle esercitazioni militari programmate ed eseguite sul territorio nazionale dai comandi militari stranieri, anche al fine di valutarne l'invasività rispetto alle esigenze delle città interessate. (4-15278)

  Risposta. — I boati avvertiti l'11 gennaio 2017 nelle province di Treviso, Pordenone e Udine sono riconducibili alla missione denominata «Buzzard 21», composta da velivoli F-16 statunitensi appartenenti al 31o Fighter Wing di Aviano.
  La missione, regolarmente programmata e autorizzata, prevedeva un volo di addestramento ed escludeva attività a velocità superiore a quella del suono.
  Il pilota, avendo superato la suddetta soglia, ha provveduto, comunque, a segnalare l'avvenuto «bang sonico» alle autorità militari italiane e americane, così come comunicato, nell'immediatezza dell'evento, anche dal comando aeroporto di Aviano.
  Per quanto concerne gli ulteriori aspetti richiamati nell'atto, si evidenzia che il traffico aereo operativo è regolamentato da specifica direttiva dello Stato maggiore dell'aeronautica nella quale, fra le altre prescrizioni, è anche previsto che i voli operativi debbano evitare il sorvolo dei centri abitati, fatta eccezione per alcuni, come i voli operativi per esigenze reali di difesa dello spazio aereo nazionale e di soccorso.
  Più nello specifico, per quanto concerne i voli a velocità superiore a quella del suono, viene prescritto che possono essere effettuati sul territorio nazionale secondo ben definiti limiti procedurali, temporali, geografici e a una quota non inferiore a circa 11.000 metri sul livello del mare e, comunque, non nell'area alpina.
  Si sottolinea che i velivoli stranieri che operano all'interno dello spazio aereo italiano sono sottoposti alle stesse regole del volo di quelli nazionali ed è espressamente previsto che, prima di condurre l'attività richiesta, debbano dimostrare di avere piena conoscenza delle procedure nazionali.
  Eventuali violazioni sono oggetto di registrazione da parte dell'equipaggio sulla documentazione ufficiale relativa al volo e vengono tempestivamente notificate allo Stato maggiore aeronautica per le azioni di competenza, come accaduto nel caso in questione.
  La Forza armata, nell'ambito dei rapporti instaurati con la controparte statunitense, ha provveduto, anche nella circostanza, a ribadire la necessità di evitare il ripetersi di simili episodi.
Il Sottosegretario di Stato per la difesaGioacchino Alfano.


   BORGHESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   molti servizi giornalistici in Italia hanno rivelato l'esistenza di un «gioco» pazzo che si effettua sul social network « facebook» proveniente dalla Russia dal nome Blue Whale;
   i giovanissimi ragazzi con età compresa tra i 13 e i 17 anni, vengono spinti al termine di questo gioco a suicidarsi;
   i giovani che aderiscono a questo «gioco» ricevono dei compiti da svolgere giornalmente da parte di un curatore che adesca i giovani tramite i social network;
   le sfide vanno dalla semplice pubblicazione di un disegno, una balena blu, all'autolesionismo;
   l'ultimo compito assegnato ai giovani adolescenti è folle. Viene ordinato loro di salire sul più alto edificio della città e di buttarsi nel vuoto;
   in Russia i giovani morti suicidi a causa di questo «gioco» secondo le prime informazioni sarebbero già oltre 157;
   il gioco denominato Blue Whale ha già raggiunto anche Francia e Gran Bretagna;
   in Svizzera per il momento si registra un solo caso confermato nel Canton Vaud, come riportato da Le Nouvelliste3;
   gli inquirenti di mezzo mondo stanno indagando su un altro caso riguardante un'adolescente di Fully, in Vallese. La ragazza presenterebbe le ferite tipiche del gioco mortale;
   nel Ticino Svizzero, è stato segnalato dai media un probabile caso riguardante una giovane, in quanto numerosi cittadini hanno segnalato prontamente alla cantonale il profilo facebook dell'adolescente allo scopo di verificare e, se del caso, aiutare la ragazza in difficoltà –:
   di quali informazioni disponga il Governo su questo fenomeno orripilante che porta al suicidio i giovani e che cosa intenda fare, per quanto di competenza, per predisporre tutte le misure necessarie a tutelare la salute e la vita dei giovani medesimi. (4-16762)

  Risposta. — La polizia postale e delle comunicazioni in questi ultimi mesi è impegnata, tanto d'iniziativa che sulla base di specifiche segnalazioni, a valutare, attraverso il monitoraggio della rete internet, l'effettiva portata del fenomeno del «blue whale», che desta allarme sociale e ha avuto una vasta eco sugli organi di informazione.
  Tale pratica avrebbe come obiettivo, per chi la conduce in rete in qualità di «curatore», di coinvolgere i partecipanti in atti di autolesionismo, inducendo comportamenti sempre più pericolosi fino a determinare nelle vittime intenzioni suicide.
  L'attività della polizia postale e delle comunicazioni mira ad identificare persone o gruppi di persone eventualmente coinvolti in tale fenomeno, per prevenire l'esposizione di bambini e ragazzi ad un rischio per la loro incolumità connesso alla frequentazione della Rete. Nel contempo, ai medesimi fini, viene svolta una raccolta centralizzata delle segnalazioni.
  Sono state ricevute finora dalla polizia postale e delle comunicazioni circa 170 segnalazioni relative al fenomeno. Gli accertamenti disposti, volti alla tempestiva localizzazione delle vittime e alle verifiche investigative e tecniche necessarie, hanno fatto emergere che la percentuale dei casi qualificanti ipotesi di reato, come l'istigazione al suicidio o il procurato allarme, è inferiore al 5 per cento delle segnalazioni pervenute.
  Si informa che nel portale del commissariato di pubblica sicurezza on line è stata resa operativa una stanza virtuale dedicata, per rivolgere consigli ai genitori e ai ragazzi e illustrare i pericoli emergenti in Rete, agevolare le segnalazioni e sensibilizzare gli utenti, anche grazie all'ausilio specialistico di psicologi della Polizia di Stato.
  È peraltro evidente che la prevenzione di qualsiasi forma di uso distorto e pericoloso del web, che costituisca espressione di disagio e vulnerabilità giovanile – compreso il fenomeno qui in esame – richiede anche il coinvolgimento attivo del mondo della scuola, delle famiglie e dell'associazionismo. In tal senso, la tematica della «balena blu» è stata inserita nella campagna che gli uffici della citata struttura specialistica della polizia di Stato svolgono nelle scuole per un uso consapevole del web.
  In conclusione si ribadisce il costante impegno per prevenire e contrastare la diffusione di tale fenomeno, assicurando che i contenuti di rilevanza penale ad esso eventualmente connessi, rinvenuti all'interno degli spazi e servizi di comunicazione online, saranno prontamente riferiti all'autorità giudiziaria.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   BOSCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il sistema viario nazionale di secondo livello, quello costituito dalle strade statali facente capo all'Anas, attraversa un periodo di notevole difficoltà a causa, prevalentemente, della totale assenza di manutenzione anche ordinaria;
   l'osservazione di talune infrastrutture, da punti di vista desueti quali ad esempio l'alveo di un torrente nel caso di ponti o viadotti, conferisce spettacoli che si potrebbero definire terrificanti;
   per quanto concerne la strada statale 115 Porto Empedocle (AG), numerosi ponti sono stati monitorati dal basso nel loro tratto aereo: in particolare, sono stati controllati i ponti di Spinola, Salsetto, Zubbie-Re;
   si tratta di viadotti con strutture portanti in cemento armato realizzati negli anni ’60 secondo criteri oramai superati. Infatti, i viadotti sui torrenti Spinola e Salsetto sono costituiti da arco portante in cemento armato sul quale gravano i pilastri che sostengono l'impalcato stradale. Il viadotto sul torrente Zubbie-Re, invece, è costituito da una travatura Gerber in cemento armato;
   le strutture in argomento sono state realizzate ancor prima della emanazione delle norme anti-sismiche avvenuta il 2 febbraio 1974. Le strutture dei tre viadotti si presentano in condizioni di estremo degrado, con le armature metalliche a vista, staccate dall'impalcato ed interessate da fenomeni corrosivi in avanzato stadio;
   il processo ossidativo è stato innescato dalla mancanza di adeguate opere o apparati di smaltimento delle acque meteoriche. Infatti, i manufatti presentano solo in qualche pluviale spezzoni di tubo per il deflusso delle acque. Il sistema, tuttavia, è risultato assolutamente inadeguato per cui, nei 50 anni di vita e a causa del persistente dilavamento degli elementi in cemento armato, si è innescato un fenomeno di ossidazione che, in forza di una progressione evolutiva anche in condizioni anaerobiche, comporterà, in mancanza di adeguati provvedimenti, la disgregazione delle armature metalliche e, di conseguenza, il collasso delle strutture aeree;
   numerosi «conci» degli elementi ad arco si presentano in condizioni critiche, con armature ossidate e prive di copri ferro e con evidenti segni di sfaldamento del calcestruzzo. Particolare apprensione destano quelli che vengono definiti «conci in chiave» che sono quelli corrispondenti al punto apicale dell'arco portante, poiché la loro eventuale disgregazione comporterà l'immediato crollo della struttura;
   lo schema strutturale del viadotto sul torrente Zubbie-Re è diverso, in quanto si tratta di travate a struttura piena di consistenti dimensioni in termini di sezioni in cemento armato e di luci delle campate. Tuttavia, anche in questo caso e per le stesse ragioni, le strutture portanti del manufatto, ancorché ciclopiche, sono interessate da avanzati fenomeni disgregativi, sia del calcestruzzo che delle relative armature metalliche, che condurranno certamente a condizioni di pregiudizio della stabilità dell'infrastruttura e della sicurezza pubblica;
   il direttore regionale Anas, in risposta ad una sollecitazione dell'associazione «Mareamico» di Agrigento, ha comunicato che i viadotti in questione sono oggetto di un continuo monitoraggio, che ne verifica lo stato d'efficienza e funzionalità;
   si precisa, in particolare, che il viadotto Salsetto è stato oggetto negli anni scorsi di interventi di manutenzione ed altri interventi sono stati programmati per il futuro –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto espresso in premessa;
   se non ritenga opportuno promuovere un tavolo tecnico composto da personale dell'Anas ed amministratori locali, al fine di fare il punto completo dello stato dei viadotti della strada statale 115 Porto Empedocle (il cui stato di degrado ed abbandono non può più essere disconosciuto e tanto meno può essere giustificato da questioni legate alle ristrettezze economiche) e stabilire un piano di interventi che assicurino la sicurezza dei viadotti citati. (4-14781)

  Risposta. — In merito alla manutenzione dei viadotti Spinola, Salsetto e Re, che insistono sulla strada statale 115 Porto Empedocle (Agrigento), si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni fornite dalla Direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali di questo dicastero e dalla società Anas.
  Per quanto concerne il viadotto Re, Anas fa presente di aver eseguito un intervento per il risanamento corticale nell'anno 2015 e che, a partire dal 28 novembre 2016, ha avviato lavori di risanamento corticale della campata sul viadotto stesse che sono stati ultimati il 17 gennaio scorso. Sono, inoltre, previsti ulteriori interventi manutentivi per un importo di 466 mila euro.
  Per quanto riguarda il viadotto Salsetto, la suddetta società ha eseguiti lavori di risanamento corticale di una delle pile e sono previsti interventi per un importo di 1,450 mila euro.
  Anche per il viadotto Spinola sono previsti lavori per un importo di 1,250 mila euro.
  Infine, Anas, conferma che nell'ambito delle sue attività di istituto, assicura continuo monitoraggio dei tre viadotti posizionati lungo la strada statale 115.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   MATTEO BRAGANTINI, CAON e PRATAVIERA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la TCT s.r.l. è una società che opera in Italia e all'estero nel settore dello studio e realizzazione di soluzioni legate all'ingegnerizzazione e alla realizzazione di cabine elettriche prefabbricate, impiegate anche per la realizzazione di impianti fotovoltaici;
   il 12 agosto 2013, TCT sottoscriveva con Talesun Solar Bucharest s.r.l., un contratto per la fornitura di cabine elettriche e lavori accessori di cablaggio necessari per la realizzazione di impianti fotovoltaici siti in Romania;
   lo stesso giorno, Zhongli Talesun Solar Co. Ltd., società di diritto cinese, primario produttore e distributore mondiale di pannelli fotovoltaici, con sedi in Europa e nel resto del mondo, controllante di Talesun, inviava a TCT una lettera di fidejussione, regolata dal diritto italiano, ai sensi della quale si dichiarava garante del corretto adempimento dei pagamenti dovuti da Talesun Solar Bucharest S.r.l. nei confronti di TCT in forza del contratto escutibile a prima chiamata;
   TCT ha adempiuto regolarmente e con diligenza alle obbligazioni del contratto;
   nonostante i pagamenti in acconto effettuati, risultano ancora dovuti per attività contrattuali euro 368.500,00;
   il 12 maggio 2015, TCT inviava alle società di cui sopra una lettera di diffida e messa in mora per richiedere formalmente il pagamento del debito residuo e, il 29 maggio 2015, una lettera di escussione della garanzia per richiedere formalmente il pagamento di quanto dovuto dalla controllata Talesun in forza del contratto;
   nonostante i solleciti non risulterebbe ancora effettuato alcun pagamento;
   con decreto ingiuntivo n. 27477/2015 del 7 settembre 2015 il tribunale di Milano ha ingiunto a Zhongli Talesun Solar di pagare a TCT S.r.l. per le causali la somma di euro 368.500,00;
   il 20 ottobre 2015, l'anzidetto decreto, unitamente al ricorso e relativa traduzione, è stato notificato al Ministero della giustizia cinese al fine di recapitarlo alla debitrice Zhongli Talesun Solar Co., Ltd. ai sensi della Convenzione de L'Aja del 15 novembre 1965;
   nonostante i numerosi solleciti inviati al Ministero della giustizia cinese non è stato dato alcun riscontro motivato in ordine allo stato della notifica ed in ordine alle ragioni del ritardo;
   il Ministero ha dato solo due riscontri rilevando, il 22 febbraio 2016, che «Il caso è ora nel sistema giudiziario in fase di elaborazione. Una volta che sarà ultimata la notifica ed acquisita la ricevuta di ritorno, vi faremo sapere. Grazie» e, il 29 novembre 2016, che «(...) si prega di notare che il sistema giudiziario cinese è responsabile per il servizio di consegna. Generalmente questa procedura richiede diversi mesi a volte più di un anno. Abbiamo trasferito le carte alla Corte Suprema lo scorso ottobre. La Corte Suprema non ha risposto ancora da allora. Chiamerò per riferire loro la vostra preoccupazione. Grazie»;
   sulla vicenda vi è stata anche una segnalazione da parte dei legali che seguono la questione per conto della TCT, all'ufficio consolare italiano di Pechino;
   ci si chiede quali strumenti possa utilizzare un'impresa italiana affinché gli sia riconosciuto il pagamento del proprio credito verso un'impresa cinese, nonostante siano state pedissequamente seguite le procedure indicate dal tribunale di Milano e quanto previsto dalla convenzione de L'Aja del 1964 –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per tutelare le imprese italiane, nel caso in cui ci si trovi davanti a «inerzia» o «procedure dilatorie» da parte di altro Stato firmatario della medesima Convenzione internazionale de L'Aja. (4-15671)

  Risposta. — La notifica degli atti giudiziari tra Italia e Repubblica popolare cinese è regolata dal Trattato bilaterale per l'assistenza giudiziaria in materia civile del 1991 e dalla Convenzione de L'Aja del 1965 relativa alla notificazione e alla comunicazione all'estero degli atti giudiziari ed extra-giudiziari in materia civile o commerciale.
  Tenuto conto della riserva avanzata dalla Repubblica popolare cinese all'articolo 10 della suddetta Convenzione, che prevede – alla lettera a) – la possibilità che gli atti in questione siano indirizzati direttamente tramite posta alle persone che si trovano all'estera la notifica degli atti giudiziari in Cina può avvenire esclusivamente per il tramite del locale Ministero della giustizia, secondo un procedimento interno che richiede tempi molto lunghi dovuti ai numerosi passaggi procedurali che lo caratterizzano. Difatti, l’iter previsto dall'ordinamento cinese interessa, nell'ordine, il Ministero della giustizia (per l'esame di ricevibilità formale della notifica), la corte Suprema (per l'esame sostanziale della notifica e per la corrispondenza linguistica del testo originale e del testo tradotto), l'Alta Corte di livello provinciale, il tribunale competente di livello municipale e la corte locale; successivamente la conferma della notifica segue il percorso inverso.
  Come specificato dal Ministero della giustizia, alla complessa burocrazia locale si affiancano alcune criticità inerenti i requisiti linguistici delle notifiche e la base giuridica utilizzata per eseguirle. Infatti, se si richiama la Convenzione de L'Aja del 1965, gli atti redatti in italiano devono necessariamente essere corredati da una traduzione in lingua cinese. Se invece si richiama il trattato bilaterale per l'assistenza giudiziaria in materia civile del 1991, le notifiche possono essere effettuate in lingua italiana, con traduzione in cinese, francese o inglese. Le autorità cinesi non ritengono quindi ammissibile che si richiami la Convenzione de L'Aja, inviando la traduzione degli atti giudiziari in francese o cinese o esclusivamente in lingua italiana.
  Per porre rimedio alle criticità evidenziate da parte cinese, il Ministero della giustizia, in veste di autorità centrale per l'Italia ai sensi del citato trattato del 1991, ha predisposto una nota per tutti uffici notifiche, esecuzione e protesti nazionali e per il Consiglio nazionale forense tramite la quale ha sollecitato l'impiego del trattato bilaterale, che, come detto, consente anche l'utilizzo della lingua inglese o francese, attraverso un espresso riferimento allo stesso nella richiesta, attirando altresì l'attenzione sulla necessità di curare le traduzioni. Dalla ricognizione, effettuata dal Ministero della giustizia, di tutte le richieste di notifica partite dall'Italia o restituite dalla Cina nel periodo 2007-2016, sembra emergere una maggiore possibilità di successo delle notifiche richieste ai sensi del trattato bilaterale, permanendo tuttavia numerosi i casi di mancata risposta da parte delle autorità cinesi e di esito negativo delle notifiche per mancanza dei requisiti.
  In tale contesto, l'ambasciata Italia a Pechino interviene regolarmente presso il Ministero della giustizia della Repubblica popolare cinese a sostegno delle istanze di parte italiana. Con particolare riferimento all'impresa italiana TCT s.r.l., sono stati richiesti a più riprese aggiornamenti sulla notifica nei confronti della società Zhongli Talesun Solar Co. Ltd. Secondo quanto riferito ai funzionari dell'ambasciata a Pechino, la notifica in questione sarebbe stata trasmessa il 16 ottobre 2015 dal Ministero della giustizia della Repubblica Popolare Cinese alla Corte suprema la quale sarebbe stata sollecitata più volte per il tramite del Ministero della giustizia cinese.
  Per la notifica nei confronti della società Zhongli Talesun Solar Co. Ltd., così come per altre notifiche circa le quali si è in attesa di riscontro, non si mancherà di procedere a ulteriori solleciti in tutte le sedi opportune e di approfondire i nodi problematici nelle occasioni di discussione multilaterale che dovessero essere organizzate a L'Aja, al fine di favorire una più efficace cooperazione a tutela dei cittadini e delle imprese italiane.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleBenedetto Della Vedova.


   BRANDOLIN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel lontano anno 2005 venne annunciato il progetto di un nuovo stabilimento della prestigiosa ditta di ultraleggeri Pipistrel Lsa Srl di Aidussina nel compendio dello scalo Duca d'Aosta di Merna (Gorizia), primo passo per fare dell'aeroporto Duca D'Aosta di Gorizia un vero scalo transfrontaliero;
   nel 2011 finalmente il progetto si concretizza con la concessione di tre ettari dell'area aeroportuale di Gorizia per vent'anni (rinnovabili per altri 20) all'azienda Pipistrei, nata ad Aidussina nel 1987 e leader a livello mondiale per la produzione di ultraleggeri di ultima generazione;
   nel 2014 la società avvia la realizzazione della sede-magazzino, annunciando previsioni occupazionali di 250 dipendenti e la produzione di 200 aerei all'anno, con l'entrata in funzione di 6 mila dei 10 mila metri quadri di superficie dello stabilimento in vista della prima fase produttiva destinata agli Stati Uniti;
   il costo delle strutture finora realizzate è di 5 milioni di euro, con la previsione di stanziare altri 500 mila euro per cominciare a produrre e un investimento finale, a struttura ultimata, di 8 milioni di euro;
   nell'ottobre 2003 è stata creata una società per azioni nata per rilanciare l'attività dello scalo, che nel 2015 ha vinto la gara per la gestione dell'aeroporto e ha ottenuto la concessione provvisoria dall'Enac;
   la Società consortile S.p.a. «Aeroporto Amedeo Duca d'Aosta di Gorizia», da parte sua, ha già avviato un progetto preliminare per il recupero della palazzina d'ingresso dell'aeroporto che accoglierà anche la sede della società consortile, finanziato con 100 mila euro, come ulteriore passo avanti verso il recupero dello scalo goriziano;
   per dare effettivo avvio a tutti i progetti è però necessario il completamento delle operazioni per permettere l'avvio della gestione dello scalo da parte della società consortile –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato circa le tappe necessarie per il completamento delle procedure che permetterebbero alla società consortile di iniziare ad operare nell'immobile di cui in premessa, in modo tale da consentire l'immediato avvio dell'operatività alla Pipistrel, dando così una vera svolta all'economia della provincia isontina messa a dura prova dalla crisi. (4-15213)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni assunte presso l'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) e il Ministero dell'interno.
  Preliminarmente, Enac ha fatto presente che l'aeroporto di Gorizia è stato affidato in concessione con procedura ad evidenza pubblica alla società consortile, aeroporto di Gorizia «Amedeo duca D'Aosta»; l'atto di concessione è stata perfezionato il 31 gennaio scorso con la firma del direttore generale dell'Enac.
  Presso tale aeroporto è in fase di costruzione uno stabilimento della società Pipistrei, la cui sede legale è ad Aidussina (Slo), di proprietà di un imprenditore sloveno, destinato alla produzione di velivoli ultraleggeri, il quale dovrebbe consentire l'impiego di circa 250 lavoratori. Il provvedimento di concessione per la realizzazione di tale stabilimento è stato rilasciato dalla direzione aeroportuale nord-est dell'Enac il 1o giugno 2011.
  L'affidamento della gestione totale dell'aeroporto alla società consortile non incide comunque sulle attività della società Pipistrel in quanto la società consortile sostituirà Enac nei rapporti attivi e passivi.
  ENAC ha comunicato che il progetto di realizzazione dell'edificio della Pipistrel è stato approvato dalla direzione pianificazione e progetti con nota del 1o marzo 2012.
  Per i controlli autorizzativi relativi alla realizzazione dell'intervento, Enac evidenzia che la Commissione di collaudo e agibilità, nominata il 28 dicembre 2016 dalla direzione operatività, a seguito delle verifiche effettuate ha rilasciato il certificato di agibilità parziale dell'opera, limitatamente al solo edificio ad uso industriale e non della parte destinata ad uffici, in data 21 marzo 2017,
  Quanto ai finanziamenti, Enac ha precisato che la realizzazione dello stabilimento Pipistrel è stata finanziata principalmente con fondi privati, fatto salvo una piccola quota di fondi pubblici; si tratta di 500.000 euro finanziati dalla camera di commercio di Gorizia di cui 250,000 già erogati su un importo finale stimato di circa 6.000,000 di euro. Negli accordi sarà poi previsto un ulteriore finanziamento, sempre da parte della camera di commercio di Gorizia, legato però all'assunzione di personale.
  In merito agli episodi delittuosi che hanno interessato il cantiere, il Ministero dell'interno ha comunicato che effettivamente, durante i lavori di costruzione del manufatto industriale, si sono verificati dal 2014 quattro atti di danneggiamento di natura vandalica; l'ultimo dei quali all'inizio di quest'anno ha comportato la rottura di circa una quarantina di vetrate e la manomissione del quadro elettrico che consentiva l'illuminazione del cantiere. Dalle informazioni acquisite dalla locale questura si è avuto modo di appurare che le indagini volte alla individuazione dei responsabili di tali gesti vandalici sono ancora in corso, ma finora non sarebbe emerso alcun particolare tale da far ritenere che gli autori dei reati siano aderenti ad ideologie di tipo nazionalistico o xenofobo o appartengano a gruppi aventi tale connotazione. Secondo le stesse fonti investigative di polizia, inoltre, le suddette azioni delittuose non avrebbero evidenziato allo stato attuale intenti volti a dissuadere investitori stranieri dall'avviare iniziative imprenditoriali nel nostro Paese, né si sarebbero ravvisati elementi che possano ricondurre tali gesti a matrici di qualsivoglia ideologia politica od eversiva.
  Infine, Enac informa che il 25 maggio 2017 l'imprenditore sloveno ha tenuto una conferenza stampa, alla presenza dei sindaci della zona, durante la quale ha annunciato l'inizio delle attività presso lo stabilimento, con la presenza per il momento di un numero limitato di lavoratori.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le proprietarie del ristorante il Vecchio Mulino di Casavecchia di Pieve Torina (Macerata), – località duramente colpita dal sisma del 24 ottobre 2016 –, il quattro maggio 2017, lanciavano un disperato appello attraverso il social network Facebook, per denunciare il mancato rimborso da parte dello Stato per la Convenzione stipulata con i vigili del fuoco;
   nell'appello, scrivono che dal mese di novembre 2016 non ricevono più aiuti e rimborsi, pertanto, se lo Stato non garantisce ed eroga le fatture emesse, rischiano di chiudere l'attività;
   la struttura, aveva stipulato una convenzione per 200 pasti al giorno con i vigili del fuoco mettendo a disposizione il locale già all'arrivo dei primi soccorsi proprio per garantire loro il vitto;
   i vigili del fuoco, infatti, hanno una convenzione speciale secondo la quale è lo Stato a dover pagare il vitto;
   le proprietarie – scrivono su Facebook – «Siamo state contattate dai Vigili del Fuoco per fare la convenzione con i pasti. All'inizio facevamo avanti e indietro da Porto Potenza. Procurarsi le materie prime non è stato mai semplice: 200 pasti giornalieri erano tanti e i soldi pian piano finivano»;
   nel mese di novembre 2016 lo Stato invia un primo pagamento, cioè quello riferito alle prime fatture emesse e tale pagamento ha consentito di poter retribuire il personale e pagare i fornitori;
   il loro accorato appello era già stato al centro della cronaca locale e regionale, proprio perché dopo il pagamento del mese di novembre 2016, nulla è più seguito malgrado il ristorante continui l'attività e nonostante un esposto in prefettura;
   le proprietarie sono oppresse dai debiti con i fornitori e, purtroppo, anche il personale – per maggior parte cittadini senza una casa o che ha perso la propria attività – non può essere retribuito per il lavoro svolto;
   la titolare, nei giorni scorsi, chiamava il comando dei vigili del fuoco di Macerata dichiarando a mezzo stampa: «Mi avevano detto di aver richiesto al Ministero la somma di 120.000 euro per pagare tutti i ristoratori delle province di Macerata e Ascoli i pasti consumati nel mese di dicembre, volevo sapere qual era stato l'esito ma mi hanno detto che il Ministero ha respinto la loro richiesta. Io devo ancora prendere 150.000 euro di pasti, mi hanno pagato solo il mese di novembre, mi sono indebitata con tutti, con i fornitori, con le banche, sul conto mi sono rimasti 500 euro, lavoro con 10 persone a cui non riesco neanche a pagare gli stipendi. Quando mi arriveranno i soldi, dovrò pagare anche gli interessi sulle somme che ho dovuto chiedere» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se quanto sopra affermato dalle proprietarie della struttura corrisponda al vero, e in caso affermativo, quali siano i motivi che hanno impedito i rimborsi pari a 150 mila euro – dopo il solo erogato nel mese di novembre 2016 – da parte dello Stato, nonostante le fatture presentate da «Il Vecchio Mulino di Casavecchia» di Pieve Torina, relative alle spese sostenute per garantire i pasti ai vigili del fuoco;
    se il Governo non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza affinché siano date risposte certe sui tempi e sui modi di rimborso dei pagamenti sostenuti da «Il Vecchio Mulino di Casavecchia» di Pieve Torina, per fare sì che esso non debba chiudere l'attività a causa dei debiti accumulati per i mancati rimborsi mai pervenuti da parte dello Stato;
   quante siano ad oggi le attività con sede nelle zone colpite dal terremoto nei mesi di agosto e ottobre 2016 e gennaio 2017, a cui lo Stato deve ancora erogare i rimborsi per le spese da esse sostenute nell'ambito delle convenzione per i pasti con lo Stato. (4-16572)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante, unitamente ad altri deputati, chiede notizie in merito al mancato pagamento delle fatture emesse dal ristorante il «Vecchio Mulino» sito nel comune di Pieve Torina, per l'erogazione del vitto in favore di una parte del personale dei vigili del fuoco in servizio su quel territorio per l'emergenza sismica che ha colpito l'Italia centrale tra l'agosto del 2016 e il gennaio 2017.
  Inoltre, chiede di conoscere se vi siano altre strutture di ristorazione per le quali sia riscontrabile una situazione analoga.
  Si premette che, a seguito dei predetti eventi sismici, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco ha istituito, per la gestione delle operazioni di soccorso nel territorio della ragione Marche, i Comandi operativi avanzati di Ascoli Piceno, Fermo, Macerata e Arquata del Tronto. Al personale ivi operante si è reso necessario garantire un adeguato servizio mensa e, a tal fine, si è fatto ricorso anche alla stipula di convenzioni con vari esercizi di ristorazione, tra i quali quello citato nell'interrogazione.
  Per quanto concerne il rimborso delle fatture in favore dei predetti ristoratori, si fa presente che le criticità segnalate sono state determinate dal fatto che le risorse a disposizione del Corpo nazionale sul proprio Fondo per le emergenze e sull'ordinario capitolo di bilancio destinato al servizio mensa dei vigili del fuoco sono risultate esigue in rapporto alle ingenti aliquote di personale impiegato in Italia centrale e alla prolungata durata del loro impiego. Ragion per cui, per una sollecita definizione del problema, si è reso necessario prelevare, nei limiti del possibile, delle somme anche dal cosiddetto «Fondo scorta» del Corpo nazionale.
  Complessivamente, per far fronte alle esigenze di vitto, il Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile ha accreditato in favore della direzione regionale dei vigili del fuoco delle Marche, in diversi momenti e a valere sui fondi sopra menzionati, un importo complessivo di circa 644 mila euro.
  Tali accreditamenti hanno consentito di provvedere, in un primo momento, al saldo delle fatture relative al periodo agosto-novembre 2016. Successivamente, e precisamente nel mese di maggio 2017, si è provveduto al saldo delle fatture relative al periodo dicembre 2016 – febbraio 2017, nonché al pagamento di una parte delle fatture relative al mese di marzo 2017.
  Per quanto riguarda le fatture al momento non evase, riferibili ai mesi di marzo e aprile 2017, si rappresenta che i comandi provinciali delle Marche hanno già provveduto ad inoltrarle alla direzione regionale dei vigili del fuoco. Per onorarle, si procederà ad effettuare, se del caso, ulteriori prelievi dal Fondo scorta del Corpo nazionale, in attesa che il Dipartimento dei vigili del fuoco si veda reintegrati i pertinenti capitoli di bilancio da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della protezione civile.
  Le modalità e la tempistica di pagamento cui si è fatto appena cenno valgono per tutti gli esercizi di ristorazione di cui il Corpo nazionale si è avvalso nel territorio marchigiano durante l'emergenza in questione, compreso il ristorante in «Vecchio Mulino» sito nel comune di Pieve Torina.
  Si informa, infine, che oltre a quest'ultimo ristorante, nella provincia di Macerata sono otto gli esercizi per i quali si sta progressivamente provvedendo a saldare le spettanze per i servizi di ristorazione erogati, mentre per altre due strutture, situate nel comune di Tolentino e di Camerino, la convenzione per i servizi in questione è stata attivata solo a partire dal marzo 2017.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   CAMPANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 gennaio 2014 il sindacato autonomo di polizia Sap ha denunciato la chiusura di 73 uffici della polizia postale e delle comunicazioni in tutta Italia;
   si tratta di presidi di legalità importanti per la lotta ai reati informatici, cyber bullismo, pedo-pornografia online e truffe informatiche;
   quattro ragazzi su dieci sono testimoni di atti di cyberbullismo da parte di coetanei, uno su cinque vittima di episodi di violenza. Il dato è stato reso noto dal presidente del Sindacato autonomo di polizia (Sap) Gianni Tonelli nel corso del convegno organizzato dall'Osservatorio nazionale bullismo e doping svoltosi alla Camera nel luglio 2013 –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   come verranno impiegati gli agenti della polizia postale degli uffici chiusi, al fine di non disperdere questo patrimonio di competenza in un momento in cui anche gli scenari internazionali invitano ad alzare l'attenzione sui rischi che arrivano dal web. (4-07577)

  Risposta. — La questione evidenziata dall'interrogante, relativa alla chiusura di alcune sezioni della polizia postale e delle comunicazioni, è legata, al pari della proposta di soppressione di altri uffici di polizia sul territorio nazionale, all'attuazione di un piano di razionalizzazione sottoposto al parere delle autorità provinciali di pubblica sicurezza nei primi mesi del 2014.
  Il piano è ancora in attesa di definizione, anche per la sopravvenienza della legge n. 124 del 2015, con cui il Parlamento ha delegato il Governo ad adottare importanti misure di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Per quanto attiene in particolare al riordino del sistema della pubblica sicurezza, il legislatore ha chiarito che il nuovo assetto organizzativo dovrà essere volto ad evitare duplicazioni e sovrapposizioni dispersive nell'esercizio delle funzioni di polizia, nonché favorire la gestione associata dei servizi strumentali in adesione ai principi di efficienza della spesa pubblica.
  Tali principi sono stati recepiti nell'articolo 3 del decreto legislativo n. 177 del 2016, con cui è stato stabilito che la razionalizzazione della dislocazione delle forze di polizia sul territorio sarà determinata con decreto del Ministro dell'interno, privilegiando l'impiego della polizia di Stato nei comuni capoluogo e dell'Arma dei carabinieri nel restante territorio, fatte salve specifiche deroghe per particolari esigenze di ordine e sicurezza pubblica.
  Per giungere alla compiuta definizione di tale disegno di valenza strategica, sono stati istituiti presso il dipartimento della pubblica sicurezza appositi gruppi interforze che non hanno ancora terminato la loro attività.
  Tanto detto in linea generale, si rappresenta che anche la polizia postale e delle comunicazioni è coinvolta nel riordino in questione, essendo evidente la necessità di adeguarne l'organizzazione alle notevoli trasformazioni registratesi nel settore.
  Infatti, alle tradizionali mansioni di scorta e tutela di beni e servizi postali se ne sono affiancate e sostituite altre del tutto differenti, caratterizzate da spiccate connotazioni di alta specializzazione tecnologica e orientate al contrasto del crimine informatico nelle sue forme più variegate.
  Muovendo da tale constatazione, il piano di razionalizzazione punta a concentrare le più spiccate e qualificata risorse professionali nei compartimenti dei capoluoghi regionali e nelle sezioni provinciali in cui operano procure distrettuali con ampia competenza in tema di reati informatici.
  Si sottolinea, comunque, che le professionalità attualmente in servizio presso le sezioni continueranno a operare sul territorio, prevedendo tale rimodulazione un loro impiego nei reparti investigativi delle locali questure.
  Si intende assicurare fin d'ora che il nuovo assetto organizzativo della polizia postale e delle comunicazioni sarà ispirato ad esclusive esigenze di efficientamento e di adeguamento alla trasformazione tecnologica del Paese, senza che ne venga a soffrire la qualità del «prodotto» sicurezza.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   CARDINALE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le tariffe praticate sui voli di linea sulle tratte Roma-Catania, Roma – Palermo, ma anche per Milano, Torino, in particolare da parte di Alitalia sono particolarmente elevate;
   un volo preso su queste tratte arriva a superare costantemente i 400 euro ed è del tutto evidente per l'interrogante che ci si trova di fronte ad una discriminazione per i cittadini siciliani ed in particolare per quelli residenti nelle province di Caltanissetta ed Enna;
   vi è anche il problema relativo ad una inefficacia della cosiddetta continuità territoriale che invece trova una migliore e più incisiva applicazione per la Sardegna;
   Alitalia esercita di fatto un monopolio sugli slot siciliani ed è per questo, anche in considerazione della peculiarità della Sicilia, che la compagnia aerea dovrebbe prestare maggiore attenzione all'utenza nell'applicazione delle sue tariffe –:
   se e quali iniziative il Governo intenda intraprendere, con urgenza, al fine di aprire un tavolo di confronto con le compagnie aeree, con la regione siciliana ed anche in sede comunitaria, al fine di raggiungere una vera applicazione del principio di continuità territoriale e promuovere una riduzione delle tariffe praticate lungo le tratte più importanti per la Sicilia. (4-14069)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta resi dalla direzione generale per gli aeroporti ed il trasporto aereo e dall'Ente nazionale per l'aviazione civile.
  In ordine alla problematica sollevata concernente le tariffe particolarmente elevate sulle rotte citate nell'atto ispettivo (Roma-Catania, Roma-Palermo ma anche per Milano e Torino) si precisa che dette rotte non sono di continuità territoriale ma soggette al libero mercato e, pertanto, non è possibile incidere sul regime tariffario scelto dal vettore nell'osservanza della normativa del regolamento CE 1008/2008, fermo restando l'obbligo per lo stesso di comunicare i supplementi di prezzo opzionali in modo chiaro, trasparente e non ambiguo all'inizio di qualsiasi processo di prenotazione, occorrendo, anche, a tal fine, che essi siano espressamente accettati dal passeggero.
  Circa, poi, la questione della continuità territoriale, si precisa che, nel mese di aprile 2016, il presidente della regione Siciliana ha richiesto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il conferimento della delega per indire la conferenza di servizi propedeutica alla instaurazione di un nuovo modello di continuità territoriale in argomento.
  I lavori della conferenza di servizi, la cui prima seduta si è tenuta l'11 luglio 2016, si sono conclusi nella seduta del 26 ottobre 2016.
  Al fine di assicurare la continuità territoriale aerea per le isole di Lampedusa e Pantelleria, per il periodo 1o luglio 2017 – 30 giugno 2018, è stato stabilito che venga esperita una gara europea mediante bando da adottarsi alle medesime previsioni agevolativi in atto vigenti; a tale fine sono destinate risorse pari ad euro 11.564.717,69 (iva inclusa) che trovano copertura per euro 6.043.145,12 sui fondi Enac per euro 3.854.905,90 sui fondi della regione, e per euro 1.666.666,67 sui fondi dell'articolo 1, comma 486, della legge n. 208 del 2015.
  Nell'ambito della citata conferenza di servizi è stato altresì previsto che, con successivo bando, della durata minima di anni 2 a decorrere dal 1o luglio 2018, da emanarsi a seguito di una nuova conferenza dei servizi, sarà istituito un nuovo regime onerato da e per le isole di Lampedusa e Pantelleria che terrà conto delle agevolazioni richieste per le specifiche categorie di passeggeri indicate e per le tratte specificate nel verbale della prima seduta dell'anzidetta conferenza.
  Infine, la conferenza, si è impegnata ad assicurare anche il diritto alla mobilità delle popolazioni che gravitano sugli aeroporti di Comiso e Trapani prevedendo interventi in loro favore nel rispetto dei vincoli di legge e comunitari in materia di oneri di servizio pubblico.
  In linea con le anzidette determinazioni, è stata esperita la gara europea annuale di cui sopra (cfr. GUUE C 442 del 29 novembre 2016) per esercire in esclusiva i collegamenti da e per le isole minori in argomento. La gara è stata aggiudicata alla società Mistral Air che opererà i servizi aerei onerati per il predetto periodo 1o luglio 2017 – 30 giugno 2018.
  Il 17 maggio 2017 si è svolta, in prima seduta, una nuova conferenza di servizi con lo scopo di individuare il contenuto degli oneri di servizio pubblico da imporre sui collegamenti aerei da e per le isole di Lampedusa e Pantelleria a far data dal 30 giugno 2018 e su quelli da e per gli scali di Trapani e Comiso.
  Al riguardo occorre far presente che ulteriori risorse – per un importo pari euro 30 milioni – derivanti dalla delibera Cipe n. 54/16 sono state destinate alla continuità territoriale da e per la Sicilia.
  Pertanto, le risorse totalmente disponibili per far fronte alle esigenze di continuità territoriale sono di gran lunga maggiore rispetto a quelle previste dalla legge di stabilità 2016 e si attestano, tenuto conto delle risorse messe a disposizione dalla regione e dall'Enac, a circa 70 milioni di euro. È evidente come l'intendimento di assicurare un'efficace programmazione della continuità territoriale da e per la Sicilia con rassegnazione di risorse significative abbia comportato un allungamento dei tempi delle procedure, atteso il coinvolgimento di una pluralità di soggetti istituzionali, ivi compresi i competenti uffici della Commissione europea, per la corretta definizione delle stesse.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   CATANOSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da quanto si è appreso, nelle scorse settimane, il presidente della regione siciliana ha incontrato l'imprenditore indiano Mahesh Panchavaktra giunto insieme al «comitato per l'aeroporto della Piana del Mela»;
   nel corso dell'incontro, Panchavaktra avrebbe illustrato il progetto imprenditoriale che individua l'area del Mela come punto di riferimento e di sviluppo delle attività aeree, marittime e ferroviarie, integrate nel sistema di trasporto internazionale;
   a questo, progetto, il presidente del regione siciliana avrebbe assicurato la cooperazione della regione al fine di accelerare la realizzazione del progetto;
   secondo quanto ha dichiarato il presidente Crocetta, è «fortemente positiva l'idea di sviluppare attività portuali su Milazzo per l'intercettazione dei grandi traffici marittimi che dall'Asia, attraversano il canale di Suez, il Mediterraneo, per arrivare fino a Rotterdam, considerando positivo, per la Piana del Mela, un hub intermodale di trasporti, passeggeri e merci, che possano contribuire fortemente allo sviluppo dell'intera area metropolitana di Messina e della Sicilia»;
   sempre secondo quanto ha dichiarato il presidente della regione siciliana, per la metà del mese di febbraio 2017 è prevista la firma del protocollo di intesa con la società privata, le comunità, gli assessorati interessati per la realizzazione dell'aeroporto, il potenziamento dell'attività portuale e del trasporto ferroviario;
   il problema principale da risolvere, prima di pensare alla progettazione, alla firma di protocolli d'intesa e di accordi pubblico/privati ed alla realizzazione di nuovi aeroporti in Sicilia, è l'adeguamento dell'attuale piano regionale trasporti della Sicilia ed, in particolare, della parte relativa al trasporto aereo-aeroporti;
   già l'attuale piano deve essere integrato ed adeguato, con gli attuali scali aeroportuali, all'evoluzione degli ultimi anni dello specifico settore;
   una volta adeguato il piano regionale trasporti, per realizzare un aeroporto del tipo ipotizzato nel messinese bisogna raccogliere una cifra, da parte dei fondi privati stranieri, molto vicina a 600 milioni di euro;
   inoltre, per mantenere in esercizio un aeroporto internazionale del tipo ipotizzato sono necessarie ulteriori ed ingenti risorse, forse anche superiori all'investimento iniziale dovuto alla sua realizzazione;
   questi investimenti privati potrebbero avere un ritorno economico se non dopo molti anni ed a condizione che ci sia uno sviluppo armonico del trasporto aereo in Italia ed in Sicilia. Diversamente non si potrebbe prospettare che il fallimento degli investitori e degli eventuali partner, con gravi ricadute anche per l'economia siciliana;
   per quanto riguarda gli investimenti pubblici, lo scalo ipotizzato entrerebbe in concorrenza con gli scali di Catania e Palermo che già necessitano di ingenti interventi infrastrutturali: pista nuova ed ampliamento dell'aerostazione a Catania, altri importanti interventi per Punta Raisi;
   in merito all'attuale piano regionale dei trasporti siciliano e ad una sua eventuale modifica è intervenuto il presidente dell'Ente nazionale per l'aviazione civile, Vito Riggio, sostenendo che per prevedere la costruzione di nuovi scali è necessario chiedere ed ottenere l'autorizzazione in tal senso da parte del competente Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   a giudizio dell'interrogante, un terzo aeroporto siciliano dovrebbe essere realizzato con denaro e investimenti esclusivamente privati, con lo sviluppo di un piano d'impresa quarantennale e con investitori chiari, ben identificabili e rintracciabili;
   la Sicilia ed i siciliani non possono permettersi il fallimento di tale progetto miliardario ed il Governo deve essere coinvolto e responsabilizzato nelle sue competenze;
   se, come dice il presidente della regione siciliana, gli investitori privati sono concreti e solidi le finanziariamente e se il nuovo aeroporto non sarà concorrenziale a Palermo e Catania, cioè non farà perdere posti di lavoro piuttosto che crearne di nuovi, ben vengano gli investimenti imprenditoriali;
   è del tutto evidente che l'area metropolitana di Messina ed il territorio della sua provincia siano penalizzati dal punto di vista delle infrastrutture e non si può non essere d'accordo a nuovi e maggiori investimenti, pubblici e privati;
   bisogna valutare con estrema attenzione eventuali iniziative che potrebbero penalizzare, prima che portare benefici, gli abitanti della Sicilia, oltretutto non realizzando altre infrastrutture magari più necessarie, ed essere oggetto di speculazioni azzardate da parte di soggetti interessati –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato in merito a quanto annunciato al presidente della regione. (4-15438)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per gli aeroporti ed il trasporto aereo di questo Ministero e dall'ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC).
  In merito all'ipotesi di realizzazione di un nuovo scalo aeroportuale nel territorio messinese, come già riferito il 2 marzo 2017 in occasione dello svolgimento di interrogazioni a risposta immediata in commissione alla Camera, si segnala che non risulta pervenuto alcun progetto al riguardo né a questo Ministero, né all'Enac, che è l'ente competente in materia di valutazione delle condizioni di fattibilità tecnica delle infrastrutture aeroportuali. Si è a conoscenza del solo interesse manifestato da una multinazionale indiana ad investire in tal senso nella Valle del Mela, interesse che non si è però concretizzato in alcuna proposta di piano progettuale.
  Occorre evidenziare che, anche in presenza di un piano del genere, da sottoporre comunque previamente alla verifica della fattibilità tecnica ed economica, è necessario rapportarsi alla programmazione nazionale in materia contenuta nel piano nazionale degli aeroporti. Infatti, sulla base della rilevazione precedentemente compiuta sul sistema aeroportuale italiano e ipotizzando che non intervengano eventi di mercato significativamente diversi da quelli previsti, il complesso degli scali individuati di interesse nazionale in tale Piano appare in grado di rispondere alla crescita del traffico prospettata entro il 2030, tenuto conto degli interventi di adeguamento e potenziamento in corso, pianificati anche oltre l'orizzonte dei master pian aeroportuali già elaborati.
  L'assetto della rete definito restituisce, infatti, un quadro di equilibrio del sistema aeroportuale su scala nazionale che, confrontato con la domanda potenziale di traffico, non mostra, al momento, necessità di ulteriori integrazioni in termini di nuovi impianti ma di potenziamenti e sviluppi delle infrastrutture esistenti e, soprattutto, miglioramenti dell'accessibilità e delle connessioni intermodali affinché i territori possano trarre i maggiori benefici da un sistema trasportistico integrato.
  Si ricorda, peraltro, che gli orientamenti sugli aiuti di Stato agli aeroporti e alle compagnie aeree (comunicazione della Commissione 2014/C 99/03) sottolineano che gli aeroporti devono essere in grado di coprire i propri costi di funzionamento e gli investimenti pubblici devono essere utilizzati per finanziare la costruzione di aeroporti efficienti sotto il profilo economico, evitando distorsioni di concorrenza e proliferazione di aeroporti economicamente non efficienti e, pertanto, occorrerebbe una specifica analisi costi-benefici in relazione alla valutazione della sostenibilità ai sensi dei medesimi orientamenti.
  L'ottica in cui muoversi, infatti, in base agli indirizzi europei è di considerare la gestione aeroportuale quale attività economica rivolta alla fornitura di beni e servizi, a prescindere dallo status giuridico o dal tipo di proprietà (privata o pubblica) degli operatori del settore e dalle loro modalità di finanziamento.
  In tale contesto, l'opportunità di realizzazione di nuove infrastrutture aeroportuali dovrebbe tener conto del generale quadro di riferimento di fattibilità tecnico-economica anche alla luce dei richiamati orientamenti comunitari, nonché della ampia disponibilità di sei aeroporti già riconosciuti di interesse nazionali in Sicilia, quali Catania, Palermo, Trapani, Comiso, Lampedusa e Pantelleria.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da un comunicato del Coisp, Sindacato indipendente di polizia, il dipartimento della pubblica sicurezza si appresterebbe a chiudere tantissimi uffici della polizia postale sul territorio;
   contemporaneamente, questa specialità della polizia di Stato è chiamata ad intervenire in ogni parte d'Italia per i tanti interventi necessari e di cui è altamente specializzata, non ultimo il fenomeno cosiddetto Blue Whale, così come il contrasto alle varie forme di cyberbullismo;
   la polizia di Stato, insieme all'Arma dei carabinieri, è tra le Istituzioni quella verso cui i cittadini hanno più fiducia;
   quando polizia e carabinieri arretrano da spazi così importanti, il danno maggiore è per la comunità ed è dimostrato dal fatto che c’è qualcun altro pronto a occuparli;
   a giudizio dell'interrogante occorre rivedere, ove fosse vera la notizia comunicata dal Coisp, il piano di razionalizzazione degli uffici della polizia di Stato, ed in particolare della polizia postale, sul territorio –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di risolvere le problematiche esposte in premessa.
   (4-16841)

  Risposta. — La questione evidenziata dall'interrogante, relativa alla chiusura di alcune sezioni della Polizia postale e delle comunicazioni, è legata, al pari della proposta di soppressione di altri uffici di polizia sul territorio nazionale, all'attuazione di un piano di razionalizzazione sottoposto al parere delle autorità provinciali di pubblica sicurezza nei primi mesi del 2014.
  Il piano è ancora in attesa di definizione, anche per la sopravvenienza della legge n. 124 del 2015, con cui il Parlamento ha delegato il Governo ad adottare importanti misure di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Per quanto attiene in particolare al riordino del sistema della pubblica sicurezza, il legislatore ha chiarito che il nuovo assetto organizzativo dovrà essere volto ad evitare duplicazioni e sovrapposizioni dispersive nell'esercizio delle funzioni di polizia, nonché favorire la gestione associata dei servizi strumentali in adesione ai principi di efficienza della spesa pubblica.
  Tali principi sono stati recepiti nell'articolo 3 del decreto legislativo n. 177 del 2016, con cui è stato stabilito che la razionalizzazione della dislocazione delle forze di polizia sul territorio sarà determinata con decreto del Ministro dell'interno, privilegiando l'impiego della Polizia di Stato nei comuni capoluogo e dell'Arma dei carabinieri nel restante territorio, fatte salve specifiche deroghe per particolari esigenze di ordine e sicurezza pubblica.
  Per giungere alla compiuta definizione di tale disegno di valenza strategica, sono stati istituiti presso il dipartimento della pubblica sicurezza appositi gruppi interforze che non hanno ancora terminato la loro attività.
  Tanto detto in linea generale, si rappresenta che anche la Polizia postale e delle comunicazioni è coinvolta nel riordino in questione, essendo evidente la necessità di adeguarne l'organizzazione alle notevoli trasformazioni registratesi nel settore.
  Infatti, alle tradizionali mansioni di scorta e tutela di beni e servizi postali se ne sono affiancate e sostituite altre del tutto differenti, caratterizzate da spiccate connotazioni di alta specializzazione tecnologica e orientate al contrasto del crimine informatico nelle sue forme più variegate.
  Muovendo da tale constatazione, il piano di razionalizzazione punta a concentrare le più spiccate e qualificate risorse professionali nei compartimenti dei capoluoghi regionali e nelle sezioni provinciali in cui operano procure distrettuali con ampia competenza in tema di reati informatici.
  Si sottolinea, comunque, che le professionalità attualmente in servizio presso le sezioni continueranno a operare sul territorio, prevedendo tale rimodulazione un loro impiego nei reparti investigativi delle locali questure.
  Si intende assicurare fin d'ora che il nuovo assetto organizzativo della Polizia postale e delle comunicazioni sarà ispirato ad esclusive esigenze di efficientamento e di adeguamento alla trasformazione tecnologica del Paese, senza che ne venga a soffrire la qualità del «prodotto» sicurezza.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'adeguatezza degli organici delle forze dell'ordine e la loro articolata e diffusa presenza sul territorio costituiscono un fondamentale ed ineludibile aspetto di qualsiasi strategia di contrasto alla criminalità, di tutela della sicurezza pubblica e di garanzia di concreta legalità;
   in particolare, la polizia postale e delle comunicazioni svolge, sotto questo profilo, un ruolo decisivo e sempre più importante, intervenendo in campi contrassegnati da crimini particolarmente odiosi, come nel caso del contrasto di reati di cui possono essere vittime i minori, oppure tali da minare le regole e gli stessi canali di scambio propri della e-economy;
   la stessa Unione europea ha sottolineato con forza l'esigenza di assicurare condizioni di facile e sicura agibilità dell’e-commerce, come pilastro della democrazia economica e delle prospettive di crescita delle nostre comunità;
   contrasterebbe con questa evidente e diffusa esigenza, se attuato, il progetto, all'esame del Ministero dell'interno, di soppressione delle sezioni provinciali di polizia postale, con il trasferimento del personale specializzato presso le questure per svolgere compiti ordinari di ordine pubblico e sicurezza e il mantenimento di un suo autonomo presidio solo nei capoluoghi di regione;
   tale progetto di riforma, di fatto, prevede la riduzione della presenza territoriale e, conseguentemente, l'indebolimento della possibilità d'azione della polizia postale, oggi in prima fila nel combattere le nuove frontiere dell'illegalità;
   la polizia postale, inoltre, è una struttura con funzioni e specificità uniche, non duplicate nelle altre forze di polizia;
   come se ciò non bastasse, la riduzione numerica e la chiusura delle sezioni di polizia postale non apporterebbe alcun reale risparmio economico, considerato che i costi di logistica e delle strumentazioni rimarrebbero a carico di Poste Italiane spa;
   paradossalmente, proprio la chiusura graverebbe le questure di ulteriori spese per dotare il personale trasferito di attrezzature tecnologiche, consumi di energia, affitti e altro;
   il lavoro della polizia postale risulta strategico anche per l'attività dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza impegnato nel dare piena attuazione ai diritti dei bambini e dei ragazzi, frequenti vittime di reati per i quali l'azione della «Postale» è fondamentale;
   i cittadini hanno il «diritto» di pretendere dallo Stato un livello di sicurezza adeguato ed uniforme senza discriminazioni di territorio, e tale protezione, in termini di prevenzione e di repressione, può essere efficacemente garantita solo da agenti specializzati operanti sul territorio –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative ritenga opportuno adottare per affrontare, nell'ambito delle relazioni con le competenti strutture dello Stato, il tema della necessaria capillare presenza di personale specializzato della polizia postale in tutte le province, scongiurandone l'azzeramento;
   se, atteso il costante ed inesorabile aumento del carico di lavoro di tale specialità sul territorio, sia sotto l'aspetto qualitativo che quantitativo, intenda garantire un congruo numero di personale specializzato di rinforzo in ogni attuale ufficio territoriale provinciale della polizia postale e, in particolare, un'aliquota di agenti riservati alla prevenzione dei reati di cyberbullismo nelle scuole. (4-12849)

  Risposta. — La questione evidenziata dall'interrogante, relativa alla chiusura di alcune sezioni della polizia postale e delle comunicazioni, è legata, al pari della proposta di soppressione di altri uffici di polizia sul territorio nazionale, all'attuazione di un piano di razionalizzazione sottoposto al parere delle autorità provinciali di pubblica sicurezza nei primi mesi del 2014.
  Il piano è ancora in attesa di definizione, anche per la sopravvenienza della legge n. 124 del 2015, con cui il Parlamento ha delegato il Governo ad adottare importanti misure di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Per quanto attiene in particolare al riordino del sistema della pubblica sicurezza, il legislatore ha chiarito che il nuovo assetto organizzativo dovrà essere volto ad evitare duplicazioni e sovrapposizioni dispersive nell'esercizio delle funzioni di polizia, nonché favorire la gestione associata dei servizi strumentali in adesione ai principi di efficienza della spesa pubblica.
  Tali principi sono stati recepiti nell'articolo 3 del decreto legislativo n. 177 del 2016, con cui è stato stabilito che la razionalizzazione della dislocazione delle forze di polizia sul territorio sarà determinata con decreto del Ministro dell'interno, privilegiando l'impiego della polizia di Stato nei comuni capoluogo e dell'Arma dei carabinieri nel restante territorio, fatte salve specifiche deroghe per particolari esigenze di ordine e sicurezza pubblica.
  Per giungere alla compiuta definizione di tale disegno di valenza strategica, sono stati istituiti presso il dipartimento della pubblica sicurezza appositi gruppi interforze che non hanno ancora terminato la loro attività.
  Tanto detto in linea generale, si rappresenta che anche la polizia postale e delle comunicazioni è coinvolta nel riordino in questione, essendo evidente la necessità di adeguarne l'organizzazione alle notevoli trasformazioni registratesi nel settore.
  Infatti, alle tradizionali mansioni di scorta e tutela di beni e servizi postali se ne sono affiancate e sostituite altre del tutto differenti, caratterizzate da spiccate connotazioni di alta specializzazione tecnologica e orientate al contrasto del crimine informatico nelle sue forme più variegate.
  Muovendo da tale constatazione, il piano di razionalizzazione punta a concentrare le più spiccate e qualificate risorse professionali nei compartimenti dei capoluoghi regionali e nelle sezioni provinciali in cui operano procure distrettuali con ampia competenza in tema di reati informatici.
  Si sottolinea, comunque, che le professionalità attualmente in servizio presso le sezioni continueranno a operare sul territorio, prevedendo tale rimodulazione un loro impiego nei reparti investigativi delle locali questure.
  Si intende assicurare fin d'ora che il nuovo assetto organizzativo della Polizia postale e delle comunicazioni sarà ispirato ad esclusive esigenze di efficientamento e di adeguamento alla trasformazione tecnologica del Paese, senza che ne venga a soffrire la qualità del «prodotto» sicurezza.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da qualche settimana si sono accesi i riflettori su « Blue Whale», il cosiddetto gioco della morte che arriva dalla Russia e il cui nome identifica un rituale che ha lo scopo di condurre gli adolescenti al suicidio, richiamando la pratica delle balene di spiaggiarsi e morire senza alcun motivo apparente;
   si tratta di una missione che gli inventori del gioco, detti anche curatori o tutor, danno a ragazzi tra i 9 e i 17 anni scelti sui social network; per cinquanta giorni, i giovani che decidono di giocare devono rispettare una serie di regole, senza farsi scoprire dai genitori;
   l'obiettivo finale è la morte; gli adolescenti che partecipano vengono convinti che solo con essa possono raggiungere il massimo livello e anche il suicidio deve seguire il disegno perverso dei curatori; gli adolescenti devono salire su un alto grattacielo e buttarsi dall'ultimo piano; con loro devono esserci dei coetanei che riprendono la scena;
   tale gioco dell'orrore ha già ucciso 157 adolescenti in Russia, portandoli al suicidio; il rituale è arrivato negli ultimi tempi anche in Brasile, Gran Bretagna e Francia;
   tra i primi a documentare gli effetti di tale rituale vi sono stati i giornalisti della trasmissione «Le Iene» con una lunga inchiesta iniziata in Russia e arrivata in Italia, a Livorno, dove nel mese di febbraio 2017 un quindicenne si è suicidato dal ventiseiesimo piano di un palazzo;
   in queste settimane, da quanto si apprende da fonti di stampa, si è sempre pensato che quello del giovane livornese fosse un normale suicidio; in realtà, più di un indizio porta a collegare la morte del giovane italiano con la Blue Whale;
   a Pescara si sarebbero verificati altri due casi; il primo di una ragazza di 13 anni salvata grazie alle segnalazioni delle amiche; il secondo di un quindicenne, salvato dal padre, dietro segnalazione di un'amica del figlio; la ragazza, dopo aver avvisato strane foto su Instagram del compagno, ha subito avvisato un'insegnante, che a sua volta ha informato il padre; il quindicenne si era inciso sul braccio una balena, una delle prove del gioco –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative ritenga opportuno adottare per prevenire e fronteggiare un pericoloso fenomeno che potrebbe colpire gli adolescenti. (4-16707)

  Risposta. — La polizia postale e delle comunicazioni in questi ultimi mesi è impegnata, tanto d'iniziativa che sulla base di specifiche segnalazioni, a valutare, attraverso il monitoraggio della rete Internet, l'effettiva portata del fenomeno del «blue whale», che desta allarme sociale e ha avuto una vasta eco sugli organi di informazione.
  Tale pratica avrebbe come obiettivo, per chi la conduce in Rete in qualità di «curatore», di coinvolgere i partecipanti in atti di autolesionismo, inducendo comportamenti sempre più pericolosi fino a determinare nelle vittime intenzioni suicide.
  L'attività della polizia postale e delle comunicazioni mira ad identificare persone o gruppi di persone eventualmente coinvolti in tale fenomeno, per prevenire l'esposizione di bambini e ragazzi ad un rischio per la loro incolumità connesso alla frequentazione della Rete. Nel contempo, ai medesimi fini, viene svolta una raccolta centralizzata delle segnalazioni.
  Sono state ricevute finora dalla polizia postale e delle comunicazioni circa 170 segnalazioni relative al fenomeno. Gli accertamenti disposti, volti alla tempestiva localizzazione delle vittime e alle verifiche investigative e tecniche necessarie, hanno fatto emergere che la percentuale dei casi qualificanti ipotesi di reato, come l'istigazione al suicidio o il procurato allarme, è inferiore al 5 per cento delle segnalazioni pervenute.
  Si informa che nel portale del commissariato di pubblica sicurezza on line è stata resa operativa una stanza virtuale dedicata, per rivolgere consigli ai genitori e ai ragazzi e illustrare i pericoli emergenti in Rete, agevolare le segnalazioni e sensibilizzare gli utenti, anche grazie all'ausilio specialistico di psicologi della polizia di Stato.
  È peraltro evidente che la prevenzione di qualsiasi forma di uso distorto e pericoloso del
web, che costituisca espressione di disagio e vulnerabilità giovanile – compreso il fenomeno qui in esame – richiede anche il coinvolgimento attivo del mondo della scuola, delle famiglie e dell'associazionismo. In tal senso, la tematica della «balena blu» è stata inserita nella campagna che gli uffici della citata struttura specialistica della polizia di Stato svolgono nelle scuole per un uso consapevole del web.
  In conclusione si ribadisce il costante impegno per prevenire e contrastare la diffusione di tale fenomeno, assicurando che i contenuti di rilevanza penale ad esso eventualmente connessi, rinvenuti all'interno degli spazi e servizi di comunicazione online, saranno prontamente riferiti all'autorità giudiziaria.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   DELL'ORCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 10 ottobre 2016, un treno freccia argento che circolava sulla tratta ferroviaria Mantova-Modena, intorno alle ore 11 all'altezza di Carpi, avrebbe attraversato il passaggio a livello di via Remesina con le sbarre del blocco stradale alzate;
   secondo fonti stampa, Rete ferroviaria italiana (RFI) avrebbe fatto sapere che il dispositivo automatico, preposto all'azionamento della sbarra (in gergo tecnico pedale), avrebbe correttamente funzionato ma, a causa della bassa velocità del treno in questione, le sbarre si sarebbero rialzate prima del suo attraversamento completo;
   la ricostruzione di RFI, se confermata, rileverebbe comunque una falla nel sistema automatico della barriera posto che sembrerebbe non rilevare la presenza di un treno in transito o in avvicinamento a velocità contenute e comunque denoterebbe una distanza tra il cosiddetto pedale e le barriere di blocco del transito stradale tale da richiedere l'installazione di dispositivi che consentono di verificare la libertà dell'attraversamento, come previsto dell'articolo 4.24 del regolamento della circolazione ferroviaria;
   la suddetta ricostruzione di RFI significherebbe inoltre che, in tale occasione, sarebbero saltate le precauzioni previste dall'articolo 15 del regolamento della circolazione ferroviaria in caso di mal funzionamento dei passaggi a livello, dato che l'anomalia non sarebbe stata rilevata con anticipo;
   sebbene fortunatamente non sia accaduto alcun incidente, sarebbe comunque necessario avviare un'indagine ministeriale sull'episodio considerato che si tratterebbe di un'anomalia che può ripetersi e che, secondo quanto riportato dalla stampa, nella stessa mattinata avrebbe interessato anche il vicino impianto tra Fossoli e Budrione;
   l'episodio di via Remesina risulta, inoltre, particolarmente preoccupante, considerato non solo il traffico presente quotidianamente sull'arteria stradale ma soprattutto il fatto che i binari sono attraversati anche da una pista ciclabile percorsa spesso da bambini e ragazzi che dalle frazioni vanno a scuola a Carpi;
   sarebbe opportuno realizzare uno studio sul raddoppio della linea Modena-Verona, così da poter migliorare complessivamente questa tratta mettendo mano a tutti i passaggi a livello e togliendo traffico veicolare in una delle zone più inquinate d'Europa;
   in generale, secondo gli ultimi dati forniti dalla polizia ferroviaria, gli incidenti sui passaggi a livello sono in aumento: nel 2015 si sono verificati 30 incidenti ai passaggi a livello con un aumento di ben il 25 per cento rispetto al 2014 –:
   se il Ministro e la direzione competente siano informati sui fatti in premessa e, considerato che l'inconveniente avrebbe potuto determinare un incidente grave nonché al fine di un generale miglioramento della sicurezza, se l'organismo investigativo ministeriale intenda portare avanti una verifica sull'episodio;
   se, in considerazione della distanza piuttosto lunga tra il meccanismo di pedale e la barriera, il passaggio a livello di via Remesina sia sussidiato da dispositivi che consentono di verificare la libertà dell'attraversamento, ai sensi dell'articolo 4.24 del regolamento della circolazione ferroviaria;
   se, in relazione all'episodio descritto in premessa, risultino essere stati attivati la marcia a vista o altri provvedimenti cautelativi ai sensi dell'articolo 15 del regolamento della circolazione ferroviaria;
   se, in considerazione della pericolosità dell'impianto di via Remesina, risulti in atto da parte di RFI un programma di eliminazione del suddetto passaggio a livello con opere alternative;
   se sia intenzione del Ministero promuovere uno studio per il raddoppio della linea Modena-Verona e per l'eliminazione di tutti i passaggi a livello sulla tratta al fine di inserire il progetto nel contratto di programma con RFI;
   a quanto ammontino complessivamente i fondi statali per l'eliminazione dei passaggi a livello e se, in considerazione dell'aumento dell'incidentalità connessa, sia stato previsto un conseguente incremento di tali fondi. (4-14512)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo, in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In merito all'episodio riguardante l'attraversamento di un passaggio a livello con le sbarre del blocco stradale alzate sulla tratta Mantova-Modena da parte di un treno freccia argento, sulla base delle informazioni pervenute da Rete ferroviaria italiana (Rfi) e dall'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (Ansf), si evidenzia quanto segue.
  Il gestore della rete ferroviaria, che ha analizzato le problematiche attinenti agli apparati di sicurezza, dell'infrastruttura ferroviaria, ha comunicato che il dispositivo che azionava le barriere a protezione del passaggio a livello in questione era regolarmente funzionante, infatti le barriere si sono abbassate prima dell'arrivo del treno. Per un guasto temporaneo avvenuto nella precedente stazione di Rolo Novi, al treno era stato prescritto di percorrere con marcia a vista (velocità minore di 4 km/h) il tratto di binario in corrispondenza del passaggio a livello. La prescrizione di marcia a vista specifica era stata impartita al fine di poter arrestare il convoglio istantaneamente con spazi di frenatura praticamente nulli.
  È stata la bassissima velocità con la quale il treno ha percorso quel tratto di binario che ha determinato l'apertura delle barriere mentre il treno stava ancora attraversando il passaggio a livello. In sostanza, si è verificato che il pedale che attiva la «liberazione» dopo il transito del treno, a causa della bassissima velocità del convoglio, ha recepito che il treno fosse regolarmente transitato in quanto il tempo intercorso fra l'azionamento del pedale da parte di una ruota e della successiva è stato superiore alla temporizzazione che comanda l'apertura delle barriere (velocità del convoglio tale da potersi arrestare in qualsiasi momento).
  Inoltre, Rfi ha riferito che le barriere si sono alzate dopo che il treno ha impegnato l'attraversamento stradale e prima che fosse completamente transitato.
  La condizione appena descritta, come precisato da Rfi, è specificatamente prevista dagli schemi di funzionamento dei passaggi a livello del tipo di quello esistente sulla via Remesina.
  A completamento delle notizie fornite dal gestore della rete ferroviaria, Ansf ha argomentato in relazione ai dispositivi di sicurezza situati a bordo del treno. In particolare, quest'ultima ha riferito che il convoglio, all'altezza del passaggio a livello in questione che presentava barriere chiuse, iniziava la marcia a vista dopo aver effettuato il previsto arresto. Nella fase di riavvio del treno, è intervenuta un'ulteriore frenatura di emergenza, che ha reso il tempo intercorso tra il riarmo delle sicurezze a bordo treno e il successivo transito sul passaggio a livello più lungo di quello programmato e tarato sul pedale di comando di apertura e chiusura delle barriere. Tale circostanza, del tutto accidentale, ha provocato l'apertura di quest'ultime mentre il treno non aveva completamente disimpegnato il passaggio a livello. L'inconveniente segnalato non ha comportato alcun danno alle persone o alle cose.
  In merito poi alle iniziative riguardanti il miglioramento della sicurezza, la problematica è stata più volte affrontata da Ansf che ha chiesto un intervento specifico, nell'ambito di un più ampio programma per l'innalzamento del livello di sicurezza dei passaggi a livello gestiti da Rfi.
  Altresì, la direzione generale per le investigazioni ferroviarie (Digifema) di questo Ministero, precisando che l'inconveniente segnalato non rientra tra quelli per i quali ha l'obbligo di investigare ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 162 del 2007, ovvero incidenti gravi, ha riferito che la tipologia di inconveniente in questione – anomalia nel sistema automatico delle barriere ai passaggi a livello – pur non presentando particolare pericolosità, è stata comunque già trattata ed analizzata in passato; invero la DIGIFEMA ha emanato raccomandazioni di sicurezza volte a rivedere i parametri in vigore relativi ai tempi di apertura e chiusura dei passaggi a livello.
  Ed intatti, al fine di evitare il ripetersi di episodi identici, Rfi informa di aver sviluppato una nuova applicazione tecnologica denominata Pepl (Pedale elettronico per protezione passaggio a livello) che andando a realizzare un circuito elettronico (circuito di rilevamento treno) sul tratto di binario in corrispondenza dell'attraversamento stradale dei passaggi a livello, vincolerà l'apertura delle barriere al completo transito dei convogli; l'installazione del dispositivo Pepl è già oggetto di un piano di installazione sui passaggi a livello della rete nazionale secondo priorità definite dai dati di traffico degli attraversamenti.
  Nel passaggio a livello della via Remesina l'installazione del Pepl verrà completata nel corso del primo semestre dell'anno 2017.
  Quanto, poi, ai fondi per l'eliminazione e la protezione dei passaggi a livello, la direzione generale per il trasporto e le infrastrutture ferroviarie di questo Ministero ha rappresentato che attualmente, nell'aggiornamento 2016 del contratto di programma con Rfi, sono previsti due tipologie di interventi.
  Il primo intervento – piano per la sicurezza della circolazione ferroviaria: sistemi per la protezione dei passaggi a livello – prevede un costo totale di 1.100 milioni di euro, di cui 192 milioni di euro finanziati, ulteriori finanziamenti (circa 50 milioni di euro) sono previsti a valere sulle risorse di cui alla legge di bilancio 2017; il piano è finalizzato alla gestione/mitigazione del rischio connesso all'attraverso dei binari in presenza di barriere chiuse:
   attrezzaggi dei passaggi a livello pubblici lato strada, mediante dossi artificiali e bande rumorose per i passaggi a livello collocati in aree densamente urbane, cartellonistica in prossimità degli attraversamenti;
   dispositivi di rilevamento della presenza di veicoli entro le barriere chiuse con invio comando di arresto del treno;
   parziale automazione dei passaggi a livello privati.

  Gli interventi sono coordinati con il piano di soppressione dei passaggi a livello (intervento tipo 2, di seguito descritto) e mirano al miglioramento dei livelli di incidentalità e di regolarità di esercizio.
  Il secondo intervento – soppressione passaggi a livello – prevede un costo totale di 7.858 milioni di euro di cui 1.753 milioni di euro finanziati. Il contabilizzato al 2015 ammonta a 1.387 milioni di euro; ulteriori risorse (circa 100 milioni di euro) sono previsti a valere sulle risorse di cui alla legge di bilancio 2017.
  Il programma di soppressione dei passaggi a livello comprende interventi per la realizzazione di opere sostitutive di tutti passaggi a livello ricadenti sulle linee commerciali, sui nodi e anche su alcune linee complementari. Le intersezioni a raso tra le linee ferroviarie e le strade costituiscono infatti punti d'interferenza del traffico spesso all'origine di pesanti anomalie dell'esercizio e, talora, di gravi incidenti anche mortali. Per la definizione del perimetro del programma e la selezione dei passaggi a livello da eliminare sono stati utilizzati i seguenti criteri e priorità previsti nella legge n. 354 del 1998;
   velocità e frequenza dei convogli ferroviari;
   volume medio giornaliero del traffico stradale veicolare;
   posti in corrispondenza dell'attraversamento;
   passaggi a livello in aree urbane e metropolitane ad alta densità abitativa e di traffico locale;
   incidentalità storica del passaggio a livello.

  Quanto al raddoppio della linea Modena-Verona, la citata direzione generale competente fa presente che, considerati gli attuali volumi di traffico, non sono al momento previsti studi al riguardo.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   FANTINATI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 2 marzo 2017, L'Arena di Verona ha pubblicato un articolo intitolato «Stupri e violenze virtuali: il “regista” è un 30enne veronese»;
   un articolo di denuncia che prende le mosse dalla segnalazione, ad opera della giornalista e blogger Selvaggia Lucarelli, di un gruppo chiuso di Facebook, denominato «Degradoland» che fa capo alla pagina pubblica «La fabbrica del degrado»;
   secondo la ricostruzione della Lucarelli, l'amministratore del gruppo è un trentenne di San Giovanni Lupatoto, autore di un post allarmante per i termini usati: «Da lunedì sarò professore di 16 ragazze del 2000/2001. Che croccantini posso usare per mantenere la loro attenzione ?»;
   «cagne» è l'appellativo che usano gli utenti del gruppo quando si rivolgono a ragazzine, preferibilmente minorenni. Ma di messaggi allarmanti, su quella pagina, ne sono stati pubblicati parecchi: «Quella... della mia ex mi ha mollato per un compagno di squadra, spiegando che ci vedevamo poco perché lavoro», scrive un utente, «istruitemi su come comportarmi con lei». Seguono offese, oltre che la foto della stessa ragazza «da molestare»;
   sulle pagine del gruppo, sono pubblicate anche immagini con alcuni gestori del gruppo che sniffano cocaina, altre che ritraggono ragazzine in slip con la scritta, sull'inguine, «FdD», l'acronimo del gruppo –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, non ritenga opportuno attivare le procedure ispettive e conoscitive previste dall'ordinamento affinché sia valutata la sussistenza dei presupposti per l'immediata chiusura di tale pagina Facebook. (4-15829)

  Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, si rappresenta preliminarmente che la polizia postale e delle comunicazioni svolge – sia a livello centrale che attraverso le proprie articolazioni territoriali – una costante attività di monitoraggio della rete Internet, tanto di iniziativa che su specifica segnalazione, al fine di individuare i contenuti di eventuale rilevanza penale all'interno degli spazi e servizi di comunicazione online, siti o spazi web, weblog, forum, newswire, portali di social network, anche in conseguenza di informazioni pervenute dai cittadini tramite il commissariato di pubblica sicurezza online.
  Per quanto attiene ai principali social network, il monitoraggio viene compiuto con particolare attenzione nei confronti di tutte le forme di intolleranza e di incitamento all'odio e alla violenza, comprese quelle contro le donne.
  Laddove vengano registrati comportamenti penalmente rilevanti, la polizia postale e delle comunicazioni provvede a trasmettere una comunicazione di notizia di reato all'autorità giudiziaria, al fine di identificare e perseguire i responsabili e di richiedere l'oscuramento del sito web incriminato.
  Con specifico riferimento alla vicenda oggetto della presente interrogazione, si segnala che la sezione della polizia postale e delle comunicazioni di Verona, a seguito di un'attività di monitoraggio, ha selezionato una pagina riconducibile a quella indicata nell'interrogazione denominata «la fabbrica del degrado», raggiungibile attraverso la Url www.facebook.com/LaFabbricaDelDegradoX/.
  I più recenti post presenti nella pagina hanno evidenziato contenuti che, seppur non incitanti in maniera diretta alla violenza o all'odio nei confronti delle donne, sono risultati di dubbia compatibilità con le condizioni di utilizzo di facebook o quanto meno sconvenienti.
  La polizia postale ha quindi segnalato la pagina in questione alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario di Verona, per la valutazione di eventuali fatti di rilievo penale.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   GADDA, GIANNI FARINA, MARCO DI MAIO, VAZIO, MORANI, DALLAI, FREGOLENT, PARRINI, GUERRA, BRAGA, DONATI, PLANGGER, PAOLO ROSSI, CAPOZZOLO, TENTORI, FRAGOMELI e GALPERTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   l'Accordo sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l'Unione europea, entrato in vigore il 1° giugno 2002, riconosce in linea di principio ai cittadini svizzeri e dell'Unione europea di scegliere liberamente il Paese, tra quelli contraenti, in cui lavorare e stabilire il proprio domicilio;
   secondo i dati dell'ufficio federale di statistica svizzero, sono circa 308 mila i lavoratori frontalieri, di cui circa 70 mila quelli italiani, residenti in maggioranza nelle province di Varese e Como, così come sono numerose anche le piccole e medie imprese italiane situate nelle aree di confine con la Confederazione ad offrire beni e servizi nel mercato elvetico;
   negli ultimi anni si è assistito – con sempre maggiore preoccupazione – al continuo ripetersi di atteggiamenti ostili da parte svizzera nei confronti di imprese o lavoratori di nazionalità italiana:
    a) il 9 febbraio 2014, un'iniziativa popolare denominata «Contro l'immigrazione di massa» ha modificato la Costituzione federale prevedendo tetti massimi e contingenti annuali per gli stranieri che esercitano un'attività lucrativa. I limiti all'immigrazione devono essere stabiliti in funzione degli interessi globali dell'economia svizzera e nel rispetto del principio di preferenza agli svizzeri, essi devono comprendere anche i frontalieri, come recita il testo dell'iniziativa, che deve esser recepito entro 3 anni dal voto;
    b) a novembre 2014 il Gran Consiglio del Canton Ticino ha portato al 100 per cento il moltiplicatore comunale per tutti i frontalieri. Un aumento di imposizione fiscale rilevante, passato dal 78 per cento medio applicato dai comuni fino al massimo consentito, che si è indirizzato verso i residenti all'interno della fascia di confine. L'appesantimento del carico fiscale è stato motivato da uno dei partiti proponenti, l'Udc/Svp, come una misura pensata per combattere un fenomeno fuori controllo, come quello del frontalierato;
    c) il 24 marzo 2015, il Gran Consiglio del Canton Ticino ha approvato una legge sulle imprese artigianali introducendo elementi restrittivi e ostativi nei confronti dei professionisti italiani che intendono stabilire in Svizzera la propria società;
   a questa breve sintesi degli eventi principali si deve aggiungere che il 25 settembre 2016 in Ticino si è tenuta una nuova iniziativa popolare promossa per inserire nella Costituzione cantonale il principio di «preferenza agli indigeni», e l'esito del referendum ha premiato la campagna delle forze della destra radicale;
   a parere degli interroganti queste iniziative rappresentano una palese violazione unilaterale degli accordi bilaterali tra la Confederazione elvetica e l'Unione europea;
   l'interrogante apprende, pertanto, con favore le parole di preoccupazione espresse dal Ministro interrogato seguito all'esito del referendum;
   con la mozione n. 1/00952, la Camera dei deputati ha impegnato il Governo a «rivalutare l'accordo tra Italia e Svizzera in materia fiscale in relazione alla formulazione, da parte delle competenti autorità federali e cantonali svizzere, di specifiche assicurazioni formali tendenti ad escludere la validità e l'applicazione di qualsivoglia iniziativa discriminatoria e lesiva dell'accordo di libera circolazione delle persone intercorrente tra Unione europea e Confederazione elvetica nei confronti di cittadini italiani occupati o occupabili in Svizzera e di aziende italiane potenzialmente interessate al mercato elvetico, nonché alla rimozione di ogni forma di discriminazione sin qui messa in campo» e «ad assumere iniziative, anche in sede europea, tese a garantire il rispetto delle norme che regolamentano il riconoscimento delle qualifiche professionali in forza dell'accordo tra l'Unione europea e la Svizzera»;
   l'accordo tra Italia e Svizzera in materia fiscale è entrato in vigore con la legge 4 maggio 2016, n. 69, e la sua piena applicazione dovrebbe essere accompagnata dalla rimozione di tutte le norme tese a limitare o ostacolare la libera circolazione;
   gli interroganti sono consapevoli che l'esito referendario sarà di difficile applicazione pratica, come testimonia la legge che il Consiglio nazionale ha varato in prima lettura il 21 settembre in applicazione della consultazione popolare del 2014, tuttavia preoccupa il diffondersi di un sentimento di ostilità nei confronti dei lavoratori frontalieri specialmente italiani –:
   visti gli impegni assunti con la mozione n. 1/00952, quali iniziative intenda assumere il Governo nei confronti della Confederazione elvetica a seguito dell'esito referendario nel Canton Ticino e a seguito dell'approvazione della legge di attuazione della consultazione popolare del 2014.
   (4-14308)

  Risposta. — All'indomani del voto nel Canton Ticino sul referendum «Prima i nostri» del 25 settembre 2016, l'ambasciatore della Confederazione Svizzera a Roma è stato ricevuto alla Farnesina per spiegare contenuto ed effetti del voto cantonale. L'iniziativa popolare impegnerebbe il Gran Consiglio del Canton Ticino ad adottare disposizioni che sarebbero incompatibili sia con il diritto svizzero che con l'Accordo sulla libertà di circolazione delle persone firmato con l'Unione europea nel 1999. Pertanto, eventuali modifiche della costituzione cantonale o norme di attuazione dell'esito referendario non potrebbero essere confermate dal Parlamento federale, cui spetta il giudizio di legittimità. Allo stato attuale, quindi, il referendum non dovrebbe avere conseguenze pratiche negative per i nostri lavoratori frontalieri. Naturalmente, il Governo si riserva di monitorare la situazione per verificare tale scenario.
  Per quanto riguarda il referendum confederale «contro l'immigrazione di massa» del 9 febbraio 2014, esso ha determinato l'introduzione nella Costituzione svizzera di un nuovo articolo (l'articolo 121a) che ha imposto l'adozione di disposizioni limitative dell'immigrazione, potenzialmente in contrasto con l'accordo UE-Svizzera del 1999. Grazie anche all'impulso dato dall'Italia, Berna e Bruxelles hanno intrapreso un dialogo per rendere coerente l'esito referendario con il principio della libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea.
  Il 16 dicembre 2016 il Parlamento svizzero ha approvato la legge di attuazione delle disposizioni costituzionali in materia migratoria. Il testo approvato prevede che il Consiglio federale, sentiti i Cantoni e le parti sociali, possa adottare misure limitate nel tempo atte ad esaurire il potenziale della forza lavoro in Svizzera. Il Consiglio, inoltre, anche su proposta dei singoli Cantoni in caso di «problemi gravi, in particolare legati ai frontalieri», potrà sottoporre all'Assemblea federale misure supplementari. Resta il fatto che ogni eventuale decisione in materia dovrà essere approvata dal Consiglio federale e sottoposta al Comitato misto Unione europea-Svizzera, come previsto dall'accordo Unione europea-Svizzera del 1999.
  La Farnesina intende comunque monitorare – assieme alle Istituzioni europee – le modalità con le quali la legge sarà applicata. Le autorità svizzere stanno attualmente lavorando al decreto esecutivo della nuova legge sugli stranieri: il Consiglio federale sta procedendo ad elaborare il testo del decreto attuativo, a cui seguirà la consultazione pubblica e l'emanazione del decreto attuativo da parte del Governo. Il passaggio in comitato misto Unione europea-Svizzera è previsto dopo l'emanazione del decreto.
  Il Governo continua altresì a monitorare, sia singolarmente che in ambito di Unione europea, il rispetto da parte svizzera dell'accordo sulla libera circolazione delle persone e del diritto dell'Unione europea. Con particolare riferimento alle misure ticinesi concernenti il casellario giudiziale e il certificato dei carichi pendenti, richiesti ai lavoratori frontalieri per ottenere i permessi di dimora e di lavoro, tali questioni sono state seguite lungo un doppio canale.
  La Farnesina si era attivata sin da subito presso il Governo di Berna, convocando una prima volta nel 2015 l'ambasciatore svizzero per esprimere preoccupazione per il grave carattere discriminatorio delle due misure; e una seconda volta – dopo che nel frattempo la misura concernente i carichi pendenti era stata rimossa nel novembre 2015 – il 4 aprile 2017, per chiedere di pervenire nel più breve tempo possibile al superamento delle procedure di controllo del casellario giudiziale. La sua revoca è stata posta dall'Italia come una delle condizioni necessarie (assieme a una soluzione «eurocompatibile» all'iniziativa popolare del 9 febbraio 2014 sull'immigrazione di massa) per la firma del nuovo accordo sul trattamento fiscale dei lavoratori frontalieri parafato a dicembre 2015.
  A livello politico, la questione è stata sollevata in numerosi colloqui, anche al più alto livello dal Presidente Gentiloni con la Presidente della Confederazione Svizzera. Io stesso ho avuto un incontro il 20 febbraio 2017 con l'allora Presidente del Consiglio di Stato del Canton Ticino, Beltraminelli; inoltre, il 24 maggio mi sono recato a Bellinzona per incontrare il Presidente Bertoli e una delegazione del Consiglio di Stato, dopo che il giorno precedente ero stato a Berna per colloqui presso il locale Ministero degli affari esteri. A Bellinzona sottolineato le nostre aspettative affinché il rapporto con il Canton Ticino sia un moltiplicatore delle eccellenti relazioni tra l'Italia e la Confederazione Elvetica, anche con la revisione di misure di carattere discriminatorio come quella relativa al casellario giudiziale.
  Mercoledì 7 giugno 2017 il Consiglio di Stato del Ticino ha annunciato, in relazione alla firma dell'accordo sulla fiscalità dei frontalieri, di aver deciso di riorientare la misura relativa alla presentazione obbligatoria del casellario giudiziale, che verrà sostituita da un nuovo sistema che prevede, oltre all'autocertificazione, la presentazione del certificato penale su base volontaria. Si tratta di un passo che sembra andare nella giusta direzione.
  La Farnesina continuerà a seguire attentamente gli sviluppi della questione e a vegliare affinché siano tutelati i lavoratori frontalieri italiani in Svizzera.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleBenedetto Della Vedova.


   GADDA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   si assiste con preoccupazione al susseguirsi di norme e comportamenti discriminatori in Cantone Ticino nei confronti di lavoratori e cittadini italiani: il 9 febbraio 2014 l'iniziativa popolare denominata «Contro l'immigrazione di massa» ha modificato la Costituzione federale prevedendo tetti massimi e contingenti annuali per gli stranieri che esercitano attività economica in Svizzera, compresi i lavoratori frontalieri, perseguendo un principio di preferenza agli svizzeri;
   nel novembre 2014 il Gran Consiglio del Canton Ticino ha incrementato le imposizioni fiscali per i frontalieri residenti entro la fascia di confine, portando al 100 per cento il moltiplicatore comunale al fine di scoraggiare la presenza italiana in Svizzera;
   il 24 marzo 2015 il Gran Consiglio del Canton Ticino ha approvato una legge sulle imprese artigianali introducendo elementi restrittivi nei confronti dei professionisti italiani che intendono stabilire in Svizzera la propria società;
   nel mese di aprile 2015 il Dipartimento delle istituzioni del Ticino, con la successiva conferma del Consiglio di Stato del maggio 2016, introduce l'obbligo della presentazione dell'estratto del casellario giudiziale e dei carichi pendenti, per i lavoratori frontalieri che chiedono il rinnovo o il rilascio ex novo del permesso di lavoro G. Ad aprile 2016 il consigliere di Stato, Norman Gobbi, ha dichiarato alla stampa che tali restrizioni non sono applicate ai lavoratori frontalieri di Francia e Germania «Perché in quei Paesi non esistono le organizzazioni criminali presenti in Italia»;
   il 25 settembre 2016 nel Ticino si è tenuta una nuova iniziativa popolare promossa per inserire nella Costituzione cantonale il principio di «preferenza agli indigeni» che ha visto prevalere la posizione più radicale;
   il 5 dicembre 2016 a seguito di un tentativo di rapina alla banca Raiffeisen di Molinazzo di Monteggio (Canton Ticino, Svizzera), le autorità ticinesi hanno disposto la chiusura di alcuni valichi di confine con l'Italia tra cui quello di Ponte Tresa, impedendo il transito – per circa due ore – a quasi 5 mila persone, molti cittadini italiani lavoratori frontalieri;
   nel mese di febbraio il consigliere Norman Gobbi aveva espresso posizioni offensive nei confronti dei nostri connazionali, collegando un episodio di corruzione in un ufficio pubblico alla nazionalità italiana del dipendente coinvolto;
   come già segnalato nell'interrogazione a prima firma dell'interrogante n. 4-14990, risulta all'interrogante che le autorità italiane non siano state prontamente avvisate dalle autorità elvetiche della imminente chiusura della frontiera, esponendo in tal modo i territori italiani coinvolti ad una situazione complessa sotto il profilo dell'ordine pubblico;
   l'interrogante ricorda che la mozione n. 1-00952 Borghi ed altri, approvata dalla Camera dei deputati, ha indicato al Governo la necessità di condizionare le determinazioni italiane da assumere nell'ambito delle relazioni internazionali con la Svizzera, ad una positiva cooperazione da parte delle istituzioni elvetiche in tutti gli ambiti. La stessa mozione, in riferimento agli accordi in materia fiscale, ha impegnato il Governo a rivalutare tale ratifica in relazione alla formulazione di specifiche assicurazioni formali tendenti ad escludere la validità e l'applicazione di qualsivoglia discriminazione –:
   se, in occasione della chiusura dei valichi di frontiera, le autorità svizzere hanno provveduto a inoltrare all'Italia opportuna comunicazione, nel rispetto delle procedure fissate dal regolamento UE 2016/399 del Parlamento europeo (codice frontiere Schengen);
   se il Governo ritenga che le affermazioni del consigliere di Stato Norman Gobbi siano lesive della dignità dei nostri connazionali e quali iniziative si siano intraprese;
   se e come il Governo intenda riconsiderare le relazioni internazionali con la Confederazione elvetica alla luce del protrarsi di comportamenti che appaiano all'interrogante evidentemente ostili e discriminatori da parte del Cantone Ticino nei confronti di lavoratori e cittadini italiani. (4-16132)

  Risposta. — In relazione alla chiusura temporanea dei valichi secondari di frontiera di Ponte Tresa, Cremenaga e Fornasette, avvenuta per circa due ore il 5 dicembre 2016, occorre rilevare che la misura è stata disposta dalle autorità ticinesi nell'ambito di una operazione di polizia volta alla ricerca degli autori di una tentata rapina in banca nel territorio elvetico di Monteggio. Sebbene non coordinata con le autorità italiane, la misura – secondo quanto precisato da parte svizzera e appreso per il tramite della nostra ambasciata a Berna – ha avuto un carattere meramente precauzionale per consentire le necessarie operazioni di polizia, non mirando pertanto a impedire la circolazione dei lavoratori frontalieri.
  Riguardo alle affermazioni del consigliere di Stato Norman Gobbi, si segnala che il nostro ambasciatore a Berna è prontamente intervenuto, rimarcando con fermezza sulla stampa ticinese il carattere inopportuno delle dichiarazioni sul nesso tra nazionalità italiana e corruzione nella pubblica amministrazione. A tale intervento ha fatto seguito una lettera chiarificatrice dello stesso Norman Gobbi all'ambasciatore italiano.
  Per quanto concerne il quesito sui rapporti con la Confederazione svizzera, si evidenzia che le relazioni italo-svizzere continuano a contraddistinguersi per l'intensità e l'elevato grado della cooperazione in molteplici settori, non ultimi quelli della sicurezza, della politica migratoria, dei trasporti e della collaborazione di polizia. In tale contesto, Roma intrattiene un dialogo aperto con Berna che consente di affrontare con franchezza le questioni di rilievo per i cittadini italiani, se necessario anche con passi concreti. Non si manca, infatti, di manifestare agli interlocutori svizzeri, anche in occasione di incontri politici ad alto livello, l'insoddisfazione e il disorientamento avvertiti a fronte dei diffusi pregiudizi anti-italiani prevalenti nel Canton Ticino.
  Come ricordato dall'interrogante, il Canton Ticino aveva introdotto misure volte a rendere obbligatoria per i lavoratori frontalieri la produzione del casellario giudiziale e del certificato dei carichi pendenti per ottenere i permessi di dimora e di lavoro. Tali questioni sono state seguite lungo un doppio canale. La Farnesina si era attivata sin da subito presso il Governo di Berna, convocando una prima volta nel 2015 l'ambasciatore svizzero per esprimere preoccupazione per il grave carattere discriminatorio delle due misure; e una seconda volta – dopo che nel frattempo la misura concernente i carichi pendenti era stata rimossa nel novembre 2015 – il 4 aprile 2017, per chiedere di pervenire nel più breve tempo possibile al superamento delle procedure di controllo del casellario giudiziale. La sua revoca è stata posta dall'Italia come una delle condizioni necessarie (assieme a una soluzione «eurocompatibile» all'iniziativa popolare del 9 febbraio 2014 sull'immigrazione di massa) per la firma del nuovo accordo sul trattamento fiscale dei lavoratori frontalieri parafato a dicembre 2015.
  A livello politico, la questione è stata sollevata in numerosi colloqui, anche al più alto livello dal Presidente Gentiloni con la Presidente della Confederazione Svizzera. Io stesso ho avuto un incontro il 20 febbraio 2017 con l'allora Presidente del Consiglio di Stato del Canton Ticino, Beltraminelli; inoltre, il 24 maggio mi sono recato a Bellinzona per incontrare il Presidente Bertoli e una delegazione del Consiglio di Stato, dopo che il giorno precedente ero stato a Berna per colloqui presso il locale Ministero degli affari esteri. A Bellinzona ho sottolineato le nostre aspettative affinché il rapporto con il Canton Ticino sia un moltiplicatore delle eccellenti relazioni tra l'Italia e la Confederazione Elvetica, anche con la revisione di misure di carattere discriminatorio come quella relativa al casellario giudiziale.
  Mercoledì 7 giugno 2017 il Consiglio di Stato del Ticino ha annunciato, in relazione alla firma dell'accordo sulla fiscalità dei frontalieri, di aver deciso di riorientare la misura relativa alla presentazione obbligatoria del casellario giudiziale, che verrà sostituita da un nuovo sistema che prevede, oltre all'autocertificazione, la presentazione del certificato penale su base volontaria. Si tratta di un passo che sembra andare nella giusta direzione.
  La Farnesina continuerà a seguire attentamente gli sviluppi della questione e a vegliare affinché siano tutelati i lavoratori frontalieri italiani in Svizzera.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleBenedetto Della Vedova.


   GALLINELLA, CIPRINI e TERZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   gli intensi eventi sismici che hanno interessato il centro Italia nei mesi di agosto ed ottobre 2016, hanno causato, come noto, oltre che la perdita di molte vite umane, danni strutturali gravissimi alle abitazioni, agli edifici pubblici e di culto e alle strade;
   ad oggi, nonostante le continue scosse, la situazione, pur ancora molto critica specie con riferimento alla predisposizione e alla consegna dei primi moduli abitativi per i numerosi sfollati, sembra sotto controllo anche grazie al lavoro incessante degli operatori della protezione civile, dei vigili del fuoco, delle istituzioni locali e dei moltissimi volontari;
   alcune significative criticità permangono tuttavia con riferimento alla transitabilità e in particolare in alcuni tratti tra Umbria e Marche dove è ancora chiusa la strada statale 685 «delle Tre Valli Umbre» (Spoleto-Norcia-Arquata del Tronto) in entrambe le direzioni tra Cerreto di Spoleto e Serravalle e tra Norcia e Arquata del Tronto, tratto, quest'ultimo, in cui risultano danneggiati anche la galleria «San Benedetto», in corrispondenza del confine regionale e cinque viadotti, tutti sul versante marchigiano con interdizione del traffico a tutti i veicoli –:
   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro rispetto a quanto espresso in premessa circa la transitabilità delle strade tra Umbria e Marche e in quali tempi sia prevista la riapertura della strada statale 685 nei tratti ad oggi ancora chiusi, al fine di consentire il regolare svolgimento del traffico in arterie che, anche se non principali, consentono collegamenti fondamentali per gli abitanti locali. (4-15239)

  Risposta. — In merito ai temi e alle problematiche sollevate con l'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta, sulla base delle informazioni rese dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle Infrastrutture stradali di questo Dicastero e dalla società Anas.
  A seguito degli eventi sismici, del 24 agosto e del 30 ottobre 2016, la strada statale (SS) 685 «delle Tre Valli Umbre» è stata interessata da importanti distacchi di materiale roccioso che hanno reso necessaria la chiusura al transito della strada in alcuni tratti. La strada statale è, tuttora, interdetta al transito per il grave danneggiamento della galleria «San Benedetto», dal chilometro 7,400 al chilometro 14,700, corrispondente al primo tratto umbro. Il resto della strada statale è percorribile, con alcune limitazioni dovute al ripristino delle condizioni di sicurezza viaria.
  Anas riferisce che il censimento delle criticità e la definizione delle soluzioni di ripristino e di messa in sicurezza della suddetta strada statale ha portato all'individuazione degli interventi necessari, quali:
   nel tratto umbro sono previsti diversi interventi di ripristino delle barriere paramassi, di consolidamento del corpo stradale e delle opere d'arte danneggiate. Risulta, peraltro, già in corso un intervento di ripristino funzionale delle barriere paramassi, per un importo di circa 1,2 milioni di euro;
   nel tratto marchigiano, invece, sono previsti interventi di ripristino delle barriere paramassi, di consolidamento del corpo stradale e delle opere d'arte danneggiate. Lungo la strada statale 685 sono stati già realizzati e ultimati lavori di ispezione dei versanti nonché i necessari disgaggi, messa in sicurezza dei versanti rocciosi, realizzazione di nuove opere di difesa e rimozione di parte del materiale franato per un importo pari a 2,29 milioni di euro.

  Inoltre, ad oggi, è in fase di appalto la galleria «San Benedetto» mentre gli altri interventi sono in fase approvativa e/o completamento della progettazione.
  Si evidenzia che, al fine di garantire la pronta operatività delle attività emergenziali l'articolo 15-ter del decreto-legge n. 205 del 2016, come introdotto dalla legge di conversione n. 229 del 2016, ha disposto, tra l'altro, che Anas provveda, in qualità di soggetto attuatore della protezione civile, ad assicurare il coordinamento complessivo, degli interventi di messa in sicurezza e ripristino della viabilità delle infrastrutture stradali nazionali, regionali e locali.
  Al riguardo, Anas riferisce che, al fine di definire le modalità di realizzazione del programma di ricostruzione, il prospetto degli interventi previsti è stato consegnato agli enti gestori, chiedendo loro di esprimersi sulla volontà di provvedere autonomamente all'esecuzione dei lavori.
  Per quanto concerne l'attuazione del 1o stralcio del programma, Anas comunica che sono in fase di attivazione gli interventi urgenti di ripristino della transitabilità e di sistemazione del versante, dal chilometro 64+800 al chilometro 66+300, della strada provinciale (SP) 209 «Valnerina» (tratto della Provincia di Macerata), previsti in fase 1. Mentre, per quanto attiene il tratto della strada provinciale 209 «Valnerina» (comune di Visso), è stata completata la progettazione dei primi interventi.
  Per quanto concerne la strada provinciale 477 «di Castelluccio» ed il tratto umbro della strada regionale (SR) 209 «Valnerina», Anas riferisce che gli interventi saranno eseguiti dalla Provincia di Perugia, in qualità di ente attuatore.
  Per completezza d'informazione Anas segnala, peraltro, di aver già realizzati lavori sull'intera strada regionale 209, per la messa in sicurezza della parete rocciosa, per un importo di circa 610 mila euro.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   GIULIETTI e LODOLINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i fenomeni tellurici del 26 e 30 ottobre 2016 hanno distrutto o danneggiato il patrimonio abitativo, produttivo e culturale di tre regioni dell'Italia centrale, l'Umbria, le Marche e il Lazio, andando ad aggravare i danni già catastrofici del terremoto avvenuto il 24 agosto 2016 nelle medesime zone;
   si tratta, purtroppo, di una situazione drammatica, che sta minacciando un patrimonio inestimabile di beni storici, artistici e monumentali dalla storia millenaria e mette in discussione le infrastrutture viarie indispensabili per la vita delle realtà colpite e dei cittadini;
   la situazione viaria al confine tra Umbria e Marche risulta particolarmente complessa e con infrastrutture che attengono spesso a diversi enti (come le province prive delle risorse necessarie);
   alcune realtà risultano completamente isolate al punto che è possibile raggiungerle solo grazie all'attività meritoria del soccorso alpino o del Corpo dei vigili del fuoco;
   è precaria la situazione delle seguenti infrastrutture: strada 209 tratto Preci Visso; strada statale 685 Norcia-Arquata del Tronto; strada provinciale Norcia-Castelluccio; strada provinciale Visso Castelluccio di Norcia; strada per Forca Canapine-Castelluccio innesto strada statale 685;
   appare indispensabile un intervento urgente del Governo e di Anas (come la stessa normativa prevede) al fine di fronteggiare un'emergenza che si prolunga da troppo tempo –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo affinché si garantisca al più presto la riapertura della strada 209 tratto Preci-Visso, della strada statale 685 Norcia-Arquata del Tronto, della strada provinciale Norcia-Castelluccio, della strada provinciale Visso Castelluccio di Norcia, della strada per Forca Canapine-Castelluccio innesto strada statale 685. (4-15123)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni rese dalla Direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali di questo Dicastero e dalla società Anas.
  A seguito degli eventi sismici, del 24 agosto e del 30 ottobre 2016, la strada statale (SS) 685 «delle Tre Valli Umbre» è stata interessata da importanti distacchi di materiale roccioso che hanno reso necessaria la chiusura al transito della strada in alcuni tratti. La strada statale è, tuttora, interdetta al transito per il grave danneggiamento della galleria «San Benedetto», dal chilometro 7,400 al chilometro 14,700, corrispondente al primo tratto umbro. 11 resto della strada statale è percorribile, con alcune limitazioni dovute al ripristino delle condizioni di sicurezza viaria.
  Anas riferisce che il censimento delle criticità e la definizione delle soluzioni di ripristino e di messa in sicurezza della suddetta strada statale ha portato all'individuazione degli interventi necessari, quali:
   nel tratto umbro sono previsti diversi interventi di ripristino delle barriere paramassi, di consolidamento del corpo stradale e delle opere d'arte danneggiate. Risulta, peraltro, già in corso un intervento di ripristino funzionale delle barriere paramassi, per un importo di circa 1,2 milioni di euro;
   nel tratto marchigiano, invece, sono previsti interventi di ripristino delle barriere paramassi, di consolidamento del corpo stradale e delle opere d'arte danneggiate. Lungo la SS 685 sono stati già realizzati e ultimati lavori di ispezione dei versanti nonché i necessari disagi, messa in sicurezza dei versanti rocciosi, realizzazione di nuove opere di difesa e rimozione di parte del materiale franato per un importo pari a 2,29 milioni di euro.

  Inoltre, ad oggi, è in fase di appalto la galleria «San Benedetto» mentre gli altri interventi sono in fase approvativa e/o completamento della progettazione.
  Si evidenzia che, al fine di garantire la pronta operatività delle attività emergenziali, l'articolo 15-ter del decreto-legge n. 205/2016, come introdotto dalla legge di conversione n. 229 del 2016, ha disposto, tra l'altro, che Anas provveda, in qualità di soggetto attuatore della protezione civile, ad assicurare il coordinamento complessivo degli interventi di messa in sicurezza e ripristino della viabilità delle infrastrutture stradali nazionali, regionali e locali.
  Al riguardo, Anas riferisce che, al fine di definire le modalità di realizzazione del programma di ricostruzione, il prospetto degli interventi previsti è stato consegnato agli enti gestori, chiedendo loro di esprimersi sulla volontà di provvedere autonomamente all'esecuzione dei lavori.
  Per quanto concerne l'attuazione del I stralcio del programma, Anas comunica che sono in fase di attivazione gli interventi urgenti di ripristino della transitabilità e di sistemazione del versante, dal chilometro 64+800 al chilometro 66+300, della strada provinciale (SP) 209 «Valnerina» (tratto della provincia di Macerata), previsti in fase 1. Mentre, per quanto attiene il tratto della SP 209 Valnerina (Comune di Visso), è stata completata la progettazione dei primi interventi.
  Per quanto concerne la SP 477 «di Castelluccio» ed il tratto umbro della strada regionale (SR) 209 «Valnerina», Anas riferisce che gli interventi saranno eseguiti dalla provincia di Perugia, in qualità di ente attuatore.
  Per completezza d'informazione Anas segnala, peraltro, di aver già realizzati lavori sull'intera SR 209, per la messa in sicurezza della parete rocciosa, per un importo di circa 610 mila euro.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   sta creando allarme e preoccupazione nel mondo logistico italiano la vicenda dell'insolvenza della società di armamento coreana Hanjin, settima compagnia al mondo del trasporto contenitori, che conta 98 navi (molte delle quali oggi sono ferme) 11 terminal e società in tutto il mondo, tra le quali Hanjin Italy con un centinaio di dipendenti;
   a fine agosto 2016 le banche creditrici del gruppo hanno bocciato il piano del management coreano per ripianare un buco da 4,5 miliardi di dollari accumulati nel solo 2015 da Hanjin e la società si è trovata a non poter onorare crediti e consegne;
   secondo il presidente di Fedespedi, preoccupato come tutti gli spedizioneri italiani per il crack della compagnia asiatica, è stimabile che ci siano dai 20 ai 25 mila container di Hanjin destinati all'Italia per un valore di circa 500 milioni di euro di merce (di questi circa 5 mila, per 175 milioni di merce, sono già presenti sul nostro territorio);
   si stima che il valore della merce trasportata attualmente a bordo delle navi di Hanjin sia vicina alla cifra di 14 miliardi di dollari a livello mondiale;
   la Confederazione generale italiana dei trasporti e della logistica sottolinea che, a fronte del blocco per inadempienza contrattuale di migliaia di container posizionati sulle banchine dei porti italiani, il danno per tutti gli operatori della catena logistica fino agli importatori ed esportatori sta assumendo dimensioni significative, nonostante la formale collaborazione della Hanjin Italia;
   il rischio che si teme è che la caduta del colosso apra la strada ad altri possibili default e si temono rischi di tenuta dell'intero settore del trasporto marittimo;
   il settore dei container da anni soffre per noli bassi ed un alto numero di ordini di nuove navi, di dimensioni sempre più grandi, portato avanti soprattutto dai primi tre grandi gruppi al mondo: la danese Maersk, la italoginevrina Msc e la francese Cma-Cgm (che recentemente si è fusa con Apl);
   è ipotizzabile che le politiche di espansione, dal punto di vista dimensionale oltre che numerico, della flotta portate avanti dai grandi operatori nel settore dei container possano portare, a lungo termine, i competitor più piccoli a non reggere le condizioni di mercato;
   i danni delle mancate consegne o del fermo in porti diversi da quelli a cui erano destinati può generare un ammontare pari al deficit della compagnia –:
   se non ritengano importante, alla luce dell'insolvenza della società di armamento coreana Hanjin, fornire un quadro aggiornato attendibile sul reale stato finanziario ed operativo della società;
   se non reputino indispensabile farsi promotori di un tavolo di concertazione fra le parti interessate, coinvolgendo anche la Hanjin Italy, al fine di addivenire ad una soluzione condivisa, che minimizzi i danni per il nostro Paese, e di sviluppare nuovi sistemi di controllo tesi a scongiurare che situazioni simili possano verificarsi in futuro. (4-14291)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Si conferma che questo Governo sta affrontando le problematiche derivanti dal crac finanziario della compagnia coreana Hanjin Shipping con energia e determinazione al fine di scongiurare le ricadute sul comparto portuale e logistico e salvaguardare gli attuali livelli occupazionali.
  Infatti, proprio presso questo Dicastero si è svolto un primo incontro con i responsabili degli uffici economici e commerciali dell'ambasciata della Corea del Sud ed è stato avviato un confronto sulle necessarie garanzie che la compagnia Hanjin dovrebbe comunque fornire in tema di import/export rispetto a contratti stipulati con porti e operatori italiani.
  La questione – seguita congiuntamente da questo Ministero e dal Ministero dello sviluppo economico e in contatto costante con le principali associazioni di categoria rappresentative dei legittimi interessi degli operatori portuali più esposti, a partire da spedizionieri e terminalisti – ha per questo Dicastero un obiettivo prioritario: definire come ritirare l’import e consegnare l’export ovunque siano le navi di proprietà o affittate da Hanjin.
  La società Hanjin dovrà comunicare, per ogni singola nave, il termine di «fine viaggio», permettendo così ai ricevitori e ai caricatori di proteggere il carico; ciò consentirebbe, almeno, una minima possibilità di recuperare le merci.
  Ovviamente, fin dalle prime battute, è stata coinvolta anche l'ambasciata italiana a Seul.
  Gli insoluti che Hanjin lascia a terminal operator, rimorchiatori, spedizionieri, piloti, trasportatori, doganalisti eccetera ammontano ad almeno una decina di milioni, considerato che il valore delle merci import/export Italia bloccate sulle navi – secondo le nostre stime – ammonterebbe circa a 1,5 miliardi e i TEU (Twenty-foot equivalent unit) annui a 150.000.
  In prospettiva, e di fronte a possibili nuovi default di altre grandi compagnie armatoriali o del trasporto marittimo, questo Ministero ritiene necessario verificare se in Italia sia possibile introdurre regole per garantire una «protezione legale» che, come negli USA, eviti il sequestro delle navi almeno fino alla consegna «a destino» dei carichi in transito.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   LIUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   lo schema idrico Basento-Bradano-Attrezzamento settore G, è un'opera di fondamentale importanza strategica per il settore agroalimentare lucano e utile alla distribuzione irrigua del distretto che si estende per circa 13.050 ettari nel nord della Basilicata. Il progetto prevede la realizzazione di: una condotta principale (collegamento diga di Genzano alla diga del Basentello) di 23,170 chilometri; diramazioni settoriali per alimentare i 14 settori del «distretto G»; une rete di distribuzione irrigua, con sviluppo di circa 400 chilometri; 14 vasche di compenso di volume variabile complete di strumenti di misura delle portate; un impianto di sollevamento per il settore G6 non portata di 172,36 lt/sec a prevalenza di 189 metri. L'opera è frutto dell'unificazione di 3 distinti progetti denominati in precedenza «Completamento schema idrico Basento Bradono. Adduttore diga di Genzano-Diga del Basentello» e «Completamento schema idrico Basento Bradano. Attrezzamento Settore G»;
   l'opera è stata valutata con pareri favorevoli già nel 2006 dall'Anas, dalle province di Matera e Potenza, dal comitato tecnico sulla valutazione di impatto ambientale e l'autorizzazione paesaggistica e dal dipartimento delle infrastrutture della regione Basilicata. I lavori sono stati lentamente avviati nel 2006 ma hanno subito il completo arresto nel 2011;
   il CIPE ha approvato il progetto di 85,7 milioni di euro precisando che i fondi non potevano essere prelevati dai Fas così come previsto inizialmente dal Ministero. Con la delibera n. 130 CIPE è stato assegnato un contributo di 6,3 milioni di euro per 15 anni a patto che fosse individuato da parte del soggetto aggiudicante, entro due mesi dalla pubblicazione della delibera, un piano economico-finanziario aggiornato. Il Ministero dell'interno, con nota del 27 ottobre 2006, ha trasmesso al CIPE la relazione integrativa con il piano economico aggiornato proponendo la conferma di finanziamento già assegnato in via programmatica e la copertura della quote residua di fabbisogno pari a 15,7 milioni di euro. Il mese successivo la regione Basilicata ha dichiarato di impegnarsi a farsi carico della somma di 6,9 milioni di euro, chiedendo di poter trattenere le eventuali economie dei ribassi d'asta nell'aggiudicazione dell'opera e precisando poi che la copertura dell'onere sarebbe derivata anche dalle royalty petrolifere;
   a seguito dell'indisponibilità dell'aggiudicatario, nell'aprile del 2011 la regione ha predisposto un nuovo bando che non è mai partito a causa della mancata disponibilità di finanziamento da parte della Cassa depositi e prestiti. Tuttavia secondo quanto riportato dalla relazione tecnica, sono ad oggi utilizzabili 62,580 milioni di euro cumulati con il contributo quindicinale di 6,3 milioni di euro;
   nel mese di ottobre 2014 il «Consorzio di Bonifica Vulture Alto Bradano» ha fissato per lo stesso mese l'inizio dei lavori per l'esame della documentazione relativa le operazioni di gara sospese ormai da oltre due anni;
   nel cosiddetto decreto «Destinazione Italia» il comma 1 dell'articolo 13 recitava: «Le assegnazioni disposte dal CIPE con le delibere n. 146 del 17 novembre 2006 e le assegnazioni disposte dalla delibera CIPE n. 33 del 13 maggio 2010 sono revocate» sancendo di fatto la revoca della delibera Cipe n. 146 contenente anche lo schema idrico lucano;
   successivamente il decreto cosiddetto «Sblocca Italia» ha ripristinato i finanziamenti per l'opera, ma con una scadenza stringente (31 dicembre 2014) pena l'annullamento del finanziamento che ne presupponeva una difficile attuazione di inizio lavori;
   l'assegnazione prevista per il 17 novembre 2014, non si è conclusa a causa di una contestazione sull'offerta vincente giudicata troppo a ribasso. La denuncia partita da una ditta di Ravenna riguarda la ditta D'Agostino Costruzioni;
   nonostante il ricorso sulle anomalie del vincitore della gara presentato dalla ditta emiliana, il 29 dicembre 2014, la commissione giudicatrice ha dichiarato la D'Agostino costruzioni vincitrice per l'aggiudicazione provvisoria motivando la stessa come un'offerta «congrua e ammissibile»;
   il giorno 7 aprile 2015, si è appreso a mezzo stampa che il commissario straordinario dei consorzi di bonifica lucani Giuseppe Musacchio ha ritenuto «carenti» i chiarimenti richiesti sull'offerta della ditta vincitrice D'Agostino Costruzioni «sfiduciando» i responsabili della gara da 58 milioni di euro;
   ad oggi i lavori sono bloccati e lasciano in sospeso le aspettative di cittadini ed agricoltori che attendono l'avvio di un'opera strettamente legata allo sviluppo del comparto agricolo e progettata per garantire un efficace utilizzo delle risorse idriche –:
   quali iniziative se del caso normative intenda porre in essere il Governo, alla luce di quanto emerso in premessa, per non vanificare i finanziamenti volti al completamento dello schema idrico Basento-Bradano per preservare il finanziamento dell'opera. (4-15739)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni fornite dalla Direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche.
  Con delibera n. 107 del 2006 il Cipe ha approvato in linea tecnica il progetto definitivo dell'intervento relativo al completamento dello schema idrico Basento-Bradano; con il decreto-legge n. 145 del 2013 (cosiddetto destinazione Italia) il finanziamento di tale opera venne di fatto revocato, salvo poi, con il successivo decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto sblocca Italia) essere riammesso a finanziamento.
  Attualmente, l'intervento è finanziato dallo Stato per l'importo di euro 73.834.000 dei quali euro 65.000.000 assegnati dal citato decreto-legge n. 133 del 2014, come definito dal decreto interministeriale Mit/Mef del 14 novembre 2014 ed euro 8.834.000 assegnati dalla delibera Cipe n. 146 del 2006.
  Soggetto aggiudicatore dell'intervento è la regione Basilicata che tramite convenzione ha conferito i compiti di stazione appaltante al Consorzio di bonifica Vulture-Alto Bradano (CdB VAB) che dal marzo 2014 è retto da un Commissario straordinario.
  Il bando di gara per l'appalto integrato, sulla base del progetto definitivo, da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, fissava al maggio 2012 il termine per la presentazione delle offerte.
  Dopo alterne vicende legate prima alla definizione della Commissione di gara poi al temporaneo definanziamento del progetto intervenuto, come prima accennato, con l'articolo 13, comma 1 del decreto-legge n. 145 del 2013, solo in data 29 dicembre 2014 veniva dichiarata aggiudicataria provvisoria l'impresa D'Agostino Angelo Antonio Costruzioni generali.
  A seguito del contenzioso messo in atto dalle associazioni temporanee d'imprese (ATI) seconda e terza classificata, la conferma di aggiudicazione all'impresa prima classificata è potuta intervenire solo più tardi con delibera del Commissario del CdB VAB n. 71 del 5 aprile 2016.
  Il CdB VAB non ha potuto procedere alla immediata contrattualizzazione per una serie di modifiche alla bozza di contratto opposte dall'impresa aggiudicataria e ritenute inaccettabili dal consorzio stesso.
  Nel settembre 2016, l'impresa aggiudicataria ha rinunciato alle precedenti richieste dichiarandosi disponibile alla stipula del contratto.
  Tuttavia, nuovamente il CdB VAB ha dovuto sospendere la stipula contrattuale per il sopraggiungere, nell'ottobre 2016, di un atto di diffida al consorzio medesimo formulato dalla mandataria dell'ATI seconda classificata, la società Intercantieri Vittadello, con il quale si intimava di disporre in autotutela l'annullamento dell'aggiudicazione definitiva.
  Il CdB VAB ha quindi ritenuto di dover sottoporre all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) una richiesta di parere di precontenzioso.
  Il 26 gennaio 2017, l'Anac ha dichiarato improcedibile tale atto trasferendo, peraltro, la documentazione all'Ufficio vigilanza lavori per gli eventuali profili di competenza.
  Conseguentemente, il Consorzio di bonifica Vulture-Alto Bradano è pervenuto alla determinazione che sussista l'obbligo per la stazione appaltante di provvedere alla sottoscrizione del contratto d'appalto con la ditta D'Agostino previa comunicazione della propria decisione all'Anac; difatti detto contratto è stato sottoscritto il 10 febbraio 2017.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   MINNUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, ha previsto l'avvio di nuove procedure di nomina dei vertici delle autorità di sistema portuali che, per questo, sono attualmente alle prese con le nomine dei componenti dei relativi comitati di gestione;
   per quanto riguarda, nello specifico, l'autorità portuale del Mar Tirreno centro settentrionale, si sono create negli ultimi mesi alcune situazioni che rischiano di bloccare uno dei pochi motori dell'economia laziale, capace di moltiplicare in pochi anni il proprio utile ed investire continuamente in nuove infrastrutture;
   si fa riferimento, in particolare, alla decisione del sindaco di Civitavecchia, Antonio Cozzolino, di nominare sé stesso quale componente del comitato, a giudizio dell'interrogante in modo non conforme alle disposizioni normative in materia;
   infatti, si sottolinea che la nuova normativa prevede, innanzitutto, l'istituto della designazione e non della delega e, soprattutto, stabilisce che il componente designato abbia gli stessi requisiti del presidente, ossia che sia «scelto fra i cittadini dei Paesi membri dell'Unione europea, aventi comprovata esperienza e qualificazione professionale nei settori dell'economia dei Trasporti portuali»;
   secondo le circolari del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del 6 e 13 dicembre 2016, tale specificazione porta ad escludere esperienze legate esclusivamente a incarichi politici e/o istituzionali, come sarebbe quella appunto del sindaco di Civitavecchia, peraltro ingegnere informatico, in favore di un organo di tipo manageriale;
   lo stesso Governo, non apportando modifiche all'articolo 9 del decreto legislativo, ha di fatto avvalorato questa interpretazione, anche alla luce della sentenza n. 4768/2016 del Consiglio di Stato che ha chiarito come l'esperienza professionale, in questo frangente, sia necessariamente da intendere come «conoscenza dei problemi, delle dinamiche socio-economiche, delle concrete realtà operative e dei profili pratici del settore»;
   tale vicenda impedisce di fatto l'insediamento del comitato di gestione, tanto che, tra l'altro, attualmente il presidente Di Majo si trova senza l'ausilio del segretario generale, figura essenziale per lo svolgimento delle sue funzioni, e la cui nomina è legata proprio all'insediamento del comitato –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché possano essere garantiti sia la regolare costituzione, sia l'insediamento del comitato di gestione dell'autorità portuale in questione, così da permettere alla stessa di svolgere le sue funzioni secondo legge. (4-16678)

  Risposta.Con riferimento al l'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Con le modifiche apportate alla legge n. 84 del 1994 dal decreto legislativo n. 169 del 2016 si è cercato di dare maggior impulso anche al processo decisionale delle Autorità di sistema portuale, snellendo la composizione dell'organo deliberativo precedente – il Comitato portuale – e attribuendo all'organo che lo ha sostituito – il Comitato di gestione – una chiara rappresentatività territoriale unitamente ad un'alta competenza professionale.
  Rappresentatività e professionalità dei membri territoriali previsti nel Comitato di gestione non significa che uno dei due requisiti possa essere ritenuto recessivo rispetto all'altro: è necessario cioè che il designato dell'ente locale comunale o regionale sia al contempo legittimamente indicato dall'organo a tal fine preposto e sia in possesso dei requisiti di cui all'articolo 8, comma 1, della legge n. 84 del 1994, come modificata, previsti per i presidenti dell'AdSP.
  Il cambiamento rispetto alla precedente versione della legge n. 84 del 1994 è infatti radicale. Mentre in precedenza in Comitato portuale sedevano, per espressa previsione normativa, i presidenti di regione e i sindaci o loro delegati, ora il Comitato di gestione prevede la presenza, per regioni e comuni, di un «designato». L'intento del legislatore è stato infatti quello di delineare la fisionomia di detto organo deliberativo delle AdSP in funzione più tecnica che politica.
  In questa prima fase applicativa della nuova normativa non è stata evidentemente colta da alcuni enti designanti la ratio suddetta, lasciando quindi spazio ad autocandidature, seppur professionalizzate.
  Per chiarire in maniera definitiva il vero spirito della legge, è in fase di definizione presso gli uffici ministeriali il testo di modifica del decreto legislativo n. 169 del 2016, che dovrà essere licenziato a breve affinché siano rispettati i termini previsti per esercitare la delega correttiva.
  Nelle more del perfezionamento dell’iter procedurale di recepimento del suddetto emendamento e del completamento della composizione del Comitato di gestione dell'Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno centro-settentrionale, questa Amministrazione, al fine di garantire la continuità amministrativa dell'ente, ha espresso parere favorevole alla convocazione del Comitato portuale ai sensi dell'articolo 22 del suddetto decreto legislativo n. 169 del 2016, secondo cui gli organi delle soppresse Autorità portuali restano in carica sino all'insediamento dei nuovi organi delle AdSP.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   PAGLIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in data 17 marzo 2015 la Commissione Cultura della Camera dei deputati approva una risoluzione che impegna il Governo, fra l'altro, «ad assicurare all'Archivio Centrale dello Stato le risorse e le collaborazioni per il riordino, l'inventariazione e la digitalizzazione del consistente materiale documentale relativo al riconoscimento della qualifica di partigiano o di patriota, quali intervento prodromico al conferimento di una attestazione di riconoscimento e di gratitudine a quanti hanno contribuito alla lotta di Liberazione»;
   a seguito di tale deliberazione, il Ministero della difesa provvede il 22 aprile 2015 a conferire la cosiddetta Medaglia della Liberazione alle sei associazioni combattentistiche (ANPI, ANPC, FIVL, FIAP, ANRP, ANCFARGL) e a 51 reduci;
   il 15 dicembre dello stesso anno veniva poi conferita ad altre dodici associazioni;
   nel corso del 2016, sulla base di elenchi ricevuti dalle associazioni, il Ministero provvedeva poi a realizzare 6784 attestati e medaglie, 5200 dei quali venivano materialmente consegnati entro il 20 giugno dello stesso anno;
   in particolare, in data 16 giugno 2016 vengono consegnate le medaglie a 83 insigniti presso la prefettura di Vicenza, nel corso di una cerimonia commemorativa di grande diffusione mediatica;
   fra questi, viene insignito Valentino Bortoloso «Teppa», partigiano combattente, attivamente impegnato nella lotta di Liberazione nella Val Leogra, e come tale certamente in possesso dei requisiti alla base del succitato riconoscimento;
   il ruolo significativo svolto da Bortoloso nella Resistenza era peraltro già stato riconosciuto il 16 marzo 1983, quando il Ministro della difesa Spadolini e il Presidente della Repubblica Pertini avevano concesso il diploma d'onore al combattente per la Libertà d'Italia 1943-1945;
   l'attribuzione della Medaglia scatena forti polemiche nel territorio del vicentino a causa della partecipazione di Bortoloso al cosiddetto eccidio di Schio, episodio risalente alla notte fra il 6 e il 7 luglio 1945, quando 54 persone detenute nel carcere locale vennero uccise da un commando armato;
   per questo episodio Bortoloso fu ritenuto colpevole e scontò dieci anni di carcere;
   a seguito di una campagna di stampa e delle richieste del sindaco di Schio, nonché di un assessore regionale del Veneto, nell'agosto 2016 il Ministero della difesa ritiene di revocare la Medaglia;
   l'interrogante ritiene che non sussistessero minimamente le condizioni per tale ritiro, anche in conseguenza dell'esplicita conferma da parte dell'ANPI delle condizioni oggettive alla base del conferimento;
   la Medaglia della Liberazione rappresenta, infatti, un riconoscimento del ruolo attivo esercitato nella Resistenza, che nel caso di Bortoloso è innegabile, al punto da essere già stato riconosciuto dalla Repubblica;
   si ricorda anche che nel 2005 a Schio si è pervenuti alla firma del Patto di concordia civica, dopo un percorso che ha impegnato ANPI, AVL, comune e famigliari delle vittime dell'eccidio, finalizzato a superare la lacerazione della memoria e della coscienza determinatasi dopo il sanguinoso episodio;
   appare quindi difficilmente comprensibile che, al di là della responsabilità scontata sul piano penale, Bortoloso non possa essere riconosciuto come ciò che effettivamente fu, ovvero un combattente per la Libertà dell'Italia dal nazifascismo –:
   sulla base di quali valutazioni il Ministero della difesa abbia stabilito di dover provvedere alla revoca della medaglia;
   se non si ritenga di dover rivedere la propria posizione, che, a giudizio dell'interrogante, si scontra in tutta evidenza con determinazioni opposte già assunte nel merito dalla Repubblica. (4-15099)

  Risposta. — Il 25 aprile 2015, in occasione della ricorrenza del 70o anniversario della guerra di liberazione e della resistenza, il Ministro della difesa ha inteso conferire ai partigiani, agli ex internati nei lager nazisti nonché ai combattenti inquadrati nei reparti regolari delle Forze armate ancora in vita una medaglia commemorativa denominata «Medaglia della Liberazione».
  L'iniziativa, fortemente voluta dal Ministro, ha trovato ulteriore supporto in una risoluzione parlamentare, approvata dalla VII Commissione della Camera dei deputati (n. 8-00100), volta a conferire un attestato ai partigiani, ai combattenti, ai patrioti, ai reduci e ai militari che hanno contribuito alla lotta di liberazione.
  La stessa iniziativa ha riscosso amplissimi consensi su tutto il territorio nazionale e ha registrato una grande partecipazione dei cittadini, in particolare dei giovani, a quelle che si sono rivelate vere e proprie «feste popolari», contribuendo così a mantenere viva la memoria delle vicende fondanti la nostra Repubblica e a trasmetterne il valore alle generazioni future.
  Ad oggi, a fronte di tali manifestazioni, sono state consegnate circa 7.000 medaglie.
  Tanto rappresentato, per quanto riguarda il merito del quesito rendo noto che il 16 giugno 2016 si è svolta presso la prefettura di Vicenza la cerimonia di consegna della medaglia della liberazione a 83 partigiani segnalati dall'Associazione nazionale partigiani d'Italia (ANPI), dall'Associazione nazionale partigiani cristiani (ANPC), dalla Federazione italiana volontari della libertà (FIVL), dalla Federazione italiana delle associazioni partigiane (FIAP), dall'Associazione nazionale reduci dalla prigionia dall'internamento e dalla guerra di liberazione (ANRP) e dall'Associazione nazionale combattenti della guerra di liberazione inquadrati nei reparti regolari delle Forze armate (ANCFARGL).
  Queste associazioni si sono fatte carico di raccogliere tutte le istanze, verificarne e certificare il possesso dei requisiti degli istanti ed inviarle al Ministero della difesa.
  Tra gli insigniti era presente anche il signor Valentino Bortoloso.
  A seguito di approfondimenti condotti dalla Difesa su richiesta delle autorità locali, è stato appurato che l'interessato fu coinvolto in un grave evento delittuoso occorso presso le carceri della città di Schio (Vicenza) tra il 6 e il 7 luglio 1945, a seguito del quale subì una condanna in forma definitiva.
  Per tale ragione il Ministro della difesa ha deciso di procedere alla revoca della medaglia della liberazione attribuita al Bortoloso e alla conseguente cancellazione del nominativo dall'albo dei premiati, notificando tale decisione al prefetto di Vicenza ed all'ANPI in data 5 agosto 2016.
Il Sottosegretario di Stato per la difesaGioacchino Alfano.


   PETRAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la linea ferroviaria Arcisate-Stabio non ha pace e non si intravede il suo completamento. Il progetto prevede lo sviluppo di circa 8,4 chilometri di cui circa 4,5 chilometri di raddoppio in sede del tratto di linea esistente da Induno Olona al bivio di Porto Ceresio e circa 3,9 chilometri di nuova linea a doppio binario fino al confine di Stato;
   nei comuni di Induno Olona e Arcisate il tracciato, secondo il progetto, si sviluppa in trincea profonda risolvendo in questo modo tutte le interferenze alla viabilità dovute ai vari passaggi a livello presenti;
   da quanto si è appreso dalla risposta del Sottosegretario di Stato alle infrastrutture e ai trasporti Umberto del Basso de Caro all'interrogazione n. 5-03907, avvenuta in data 30 ottobre 2014, la realizzazione del nuovo collegamento Arcisate-Stabio è stata affidata all'ATI Salini-Carena nel 2010 con appalto integrato il cui costo dell'intero progetto è di 261 milioni di euro;
   stante la presenza di arsenico naturale nei terreni, non accertata in sede preliminare all'inizio dei lavori, l'Appaltatore ha di conseguenza modificato il PGTR (piano di gestione terre e rocce da scavo) che prevedeva il conferimento delle terre in esubero contaminate presso l’ex cava Rainer, attraverso modellazione morfologica. La nuova versione del PGTR è stata approvata con prescrizioni dalla regione Lombardia nel maggio 2012;
   ad aprile 2013 sono state rinvenute, nel sito dell’ex cava Rainer, tracce di idrocarburi che hanno spinto la provincia di Varese a dichiarare il sito «potenzialmente inquinato»;
   nel mese di giugno 2013 la regione Lombardia chiedeva di procedere con le lavorazioni che non interessassero gli scavi e potessero consentire il prosieguo dei lavori per tre mesi;
   l'Italferr Spa, soggetto tecnico di RFI spa, ha provveduto a stilare il progetto esecutivo di sistemazione ambientale relativo a due siti per la messa a dimora definitivo delle terre e rocce da scavo, che saranno allocate in parte presso l'Area CSFBO2 (ex proprietà Rainer) ed in parte presso la Cava Femar, nel Comune di Viggiù (Varese);
   in data 5 giugno 2014 si è aperta la conferenza di servizi volta ad ottenere i pareri degli enti coinvolti; il 6 ottobre 2014 il progetto esecutivo è stato inoltrato al CIPE per l'approvazione;
   successivamente all'avvenuta approvazione del progetto esecutivo da parte del CIPE in data 10 novembre 2014 che ha sbloccato i lavori, un'altra piaga si è abbattuta sulla Arcisate-Stabio, infatti dal quotidiano La Prealpina si apprende che la RFI s.p.a. committente dell'opera, ha deciso di rescindere il contratto con l'impresa appaltatrice, l'ICS, che potrebbe portare alla chiusura del cantiere ed ai licenziamenti di 35 lavoratori;
   la questione occupazionale è ben più ampia di quanto si possa immaginare poiché la chiusura del cantiere interesserebbe non solo la ICS ma anche le circa duecento aziende che allo stesso cantiere vi lavorano;
   i disagi, che i cittadini saranno costretti a subire a causa di questi ulteriori ritardi nel completamento dell'opera, hanno spinto le amministrazioni Comunali di Induno Olona, Arcisate e Cantello insieme con la comunità montana del Piambello, a rivolgersi all'autorità giudiziaria –:
   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati, per quanto di competenza, per la risoluzione della vertenza in atto tra RFI s.p.a. ed ICS e come intendano operare affinché vengano ultimati i lavori nei tempi previsti. (4-07232)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Il nuovo collegamento Arcisate-Stabio si estende in territorio italiano nei centri abitati dei comuni di Induno Olona ed Arcisate e, oltre il confine dello Stato in territorio svizzero, si collega con il tratto Stabio Mendrisio, ultimato a giugno del 2014 da parte delle Ferrovie federali svizzere.
  La messa in esercizio commerciale della linea in territorio svizzero è iniziata in forma limitata tra Como-Chiasso e Mendrisio Stabio, nelle ore di punta con cadenza oraria fra Como e Mendrisio e semioraria tra Mendrisio e Stabio.
  La porzione dell'intervento Mendrisio-Varese in territorio italiano prevede circa 5 chilometri di raddoppio del tratto di linea esistente tra Induno Olona al bivio per Porto Ceresio, circa 3,3 chilometri della nuova linea a doppio binario Bevera-confine di Stato, la trasformazione in fermata delle stazioni di Induno Olona e Arcisate, nonché la nuova fermata di Gaggiolo.
  La realizzazione delle opere avviata nel 2010 è stata condizionata da problematiche in merito alla gestione delle terre di scavo e dal contenzioso con l'appaltatore, risoltosi con l'accordo del 19 febbraio 2014.
  In base a tale accordo è stato sottoposto all'approvazione del Cipe un progetto esecutivo di variante che individua i siti di stoccaggio definitivi dello smarino.
  In data 8 gennaio 2015, rete ferroviaria italiana e l'impresa appaltatrice Ati, Salini, poi Ics grandi lavori s.p.a., oggi SALC S.p.A. Carena, hanno firmato l'atto di risoluzione contrattuale per mutuo consenso.
  L'avanzamento dell'appalto rescisso si è attestato a circa il 47 per cento del totale lavori. Successivamente con una nuova gara sono stati riaffidati i lavori per ultimare la realizzazione della nuova linea.
  Il Cipe, nella seduta del 6 agosto 2015, delibera n. 61, pubblicata in Gazzetta ufficiale n. 2 del 4 gennaio 2016, ha reiterato il vincolo preordinato all'esproprio sulle aree interessate dal progetto definitivo del nuovo collegamento ferroviario Arcisate-Stabio ed approvato ex novo, anche ai fini della dichiarazione di pubblica utilità, il progetto definitivo di detto collegamento ferroviario del costo aggiornato di euro 261 milioni, comprensivo del progetto di sistemazione ambientale e della messa a dimora definitiva delle rocce e terre da scavo.
  Per l'intera nuova tratta è prevista l'eliminazione di tutti i passaggi a livello esistenti, mediante la realizzazione di opere stradali sostitutive.
  I lavori proseguono a pieno ritmo, con ultimazione programmata per dicembre 2017 e contestuale attivazione all'esercizio commerciale.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   PORTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è oramai da oltre un anno che il Venezuela ha sospeso i pagamenti delle pensioni a coloro i quali non risiedono nel proprio territorio; si calcola infatti che siano circa 12.000 i titolari di pensioni venezuelane residenti all'estero i quali non ricevono più la pensione venezuelana maturata in regime autonomo o in convenzione;
   nonostante l'accordo stipulato nel 2014 tra le autorità competenti venezuelane e quelle italiane per il pagamento delle pensioni venezuelane in Italia, anche ai titolari di pensione venezuelana residenti in Italia (per la maggior parte ex emigrati italiani in Venezuela che sono rientrati) è stato sospeso il pagamento della pensione;
   l'articolo 6 della Convenzione di sicurezza sociale tra il Venezuela e l'Italia, stipulata nel 1988 ed ancora in vigore, in relazione ai pagamenti all'estero recita che «Le prestazioni in denaro dovute da uno Stato contraente saranno corrisposte integralmente e senza alcuna limitazione ai titolari che risiedono nel territorio dell'altro Stato contraente o in uno Stato terzo»;
   la sospensione dei pagamenti delle pensioni venezuelane in Italia costituisce una grave violazione da parte delle autorità competenti venezuelane della Convenzione bilaterale di sicurezza sociale e del diritto internazionale, e sta creando gravi disagi economici e sociali ai connazionali rientrati in Italia dopo una vita di lavoro e di sacrifici nel Paese sudamericano;
   la convenzione di sicurezza sociale tra Italia e Venezuela, all'articolo 24, dispone che le controversie saranno risolte dalle autorità competenti delle due parti e che le controversie saranno risolte dalle autorità competenti delle due parti e che le controversie che persistono saranno risolte per via diplomatica –:
   se il Governo sia al corrente della sospensione dei pagamenti delle pensioni venezuelane ai titolari di prestazioni residenti in Italia; quali urgenti iniziative intenda intraprendere o abbia già eventualmente avviato affinché le autorità venezuelane competenti per i pagamenti delle pensioni in Italia rispettino il dettame della Convenzione di sicurezza sociale stipulata tra i due Paesi e ripristinino al più presto quindi i pagamenti delle pensioni venezuelane in Italia; se il Governo non ritenga opportuno, in collaborazione con l'INPS ed in attesa di un riscontro da parte delle autorità venezuelane, di valutare l'opportunità di concedere ai titolari di pensione in convenzione con il Venezuela residenti in Italia che non percepiscono più il pro-rata venezuelano, un'eventuale integrazione al minimo sul pro-rata pensionistico italiano, o l'assegno sociale se ne ricorrono i presupposti, per consentire loro di percepire un reddito minimo di sopravvivenza. (4-15416)

  Risposta. — Il Governo italiano segue con attenzione la questione della sospensione dei pagamenti delle pensioni venezuelane agli aventi diritto residenti all'estero e segnatamente in Italia. Si tratta di uno dei molteplici problemi che toccano la nostra comunità e i rapporti bilaterali in ragione della grave situazione economica e finanziaria del Paese latinoamericano.
  Nel 2014, anche grazie alla collaborazione dell'INPS, l'Istituto venezolano del los seguros sociales (IVSS) aveva avviato le procedure per consentire il pagamento in Italia delle pensioni venezuelane: tuttavia, dopo alcuni mesi le erogazioni si sono interrotte procurando una non corretta applicazione da parte di Caracas della vigente Convenzione bilaterale di sicurezza sociale.
  La questione è stata più volte segnalata al Ministero del lavoro venezuelano e al Ministro pro tempore Signora Iglesias. È stata anche organizzata di recente una riunione a Roma, nel corso della quale la parte venezuelana ha preso l'impegno, finora disatteso, a risolvere i problemi applicativi della Convenzione.
  È attualmente in corso un coordinamento a Caracas fra le ambasciate d'Italia, Spagna e Portogallo, ossia tra le rappresentanze dei tre Paesi maggiormente colpiti dalla sospensione dei pagamenti delle pensioni.
  Sono inoltre in programma ulteriori solleciti per richiamare le autorità venezuelane ai doveri che incombono loro in virtù della sopra citata convenzione. Qualora da parte di Caracas venisse confermata la difficoltà a procedere al pagamento delle pensioni in virtù delle note difficoltà valutarie che il Paese attraversa, si chiederà a quelle autorità di garantire una prestazione previdenziale minima in pendenza della soluzione dei problemi di disponibilità di valuta: si tratta di un provvedimento di giustizia sostanziale volto ad assicurare che i titolari di pensioni venezuelane residenti nel nostro Paese possano percepire un reddito minimo di sopravvivenza.
  A quest'ultimo proposito si precisa che per gli italiani residenti in Venezuela il problema del calcolo del valore in euro delle pensioni venezuelane è stato risolto mediante l'utilizzo del tasso di cambio DICOM, più rispondente al valore effettivo della moneta venezuelana, in luogo del tasso CENCOEX precedentemente utilizzato e che attribuiva al Bolivar un valore molto più elevato rispetto a quello reale. Tale modifica, che rende più equo per i pensionati l'accesso alle prestazioni italiane collegate al reddito, potrebbe essere applicabile anche ai titolari di pensione venezuelana residenti in Italia. All'uopo sono attualmente in corso contatti tra il Ministero del lavoro e il Ministero dell'economia e delle finanze.
  A legislazione vigente, risulta non attuabile la proposta formulata dall'interrogante di concedere ai titolari di pensione in convenzione con il Venezuela residenti in Italia, che non percepiscono più la pensione venezuelana, una eventuale integrazione al minimo sul pro-rata pensionistico italiano ovvero l'assegno sociale se ne ricorrano i presupposti. Ciò in quanto si concretizzerebbe il trasferimento sulla parte italiana di un onere finanziario che la convenzione bilaterale di sicurezza sociale pone a carico del Venezuela. A tal fine sarebbe invece necessaria una modifica normativa.
Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionaleMario Giro.


   PRODANI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, RIZZETTO, SEGONI e TURCO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   dopo l'assassinio dell'Arciduca Francesco Ferdinando e della moglie Sofia avvenuto a Sarajevo, il 28 luglio 1914 l'Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia; l'Imperatore Francesco Giuseppe, con il successivo proclama «Ai miei Popoli» del 31 luglio 1914, mobilitò le forze armate austro ungheresi, alla cui chiamata risposero i nativi del Litorale, del Tirolo e della Valcanale (parte degli attuali Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige/Sud Tirol);
   il 97° Reggimento di Trieste partì per il fronte orientale l'11 agosto 1914 con destinazione Leopoli dove, durante gli scontri con le formazioni russe, subì perdite pesantissime, pari ad oltre il 50 per cento degli effettivi impiegati; il reggimento fu ricostituito più volte con riserve e nuovi arruolati;
   numerosi altri reparti imperiali, come i famosi Kaiserjäger del Tirolo, la Marina imperiale e le formazioni dell'Esercito nazionale austriaco fecero il loro dovere con abnegazione e non con odio verso l'Austria come tramandato dalla vulgata nazionalista. Ad esempio, il 97° Reggimento KuK di Trieste che, secondo la propaganda sarebbe stato un reparto di disertori e lavativi, collezionò, in realtà, più di 3000 decorazioni al valore;
   a seguito della dichiarazione di guerra del Regno d'Italia ai due Stati di Austria ed Ungheria, gli avi del circa 1 milione e mezzo di attuali cittadini italiani delle province sopracitate, combatterono in difesa dei loro confini dalla nuova invasione;
   i volontari tirolesi germanofoni e neoromanzi del Tirolo, in numeri stimati da varie fonti dai 5 mila ai 7 mila 500, furono arruolati negli Standschützen dell'Esercito nazionale austriaco, con età non ricomprese in quella di leva, dai 14 agli 80 anni. Combatterono ad Ala la prima battaglia delle Dolomiti e tennero la linea difensiva, da soli, fino all'arrivo di altri reparti dal fronte russo, continuando a battersi in seguito, fino alla fine della guerra;
   mentre i volontari delle altre zone costituirono un battaglione di Marina da Trieste, un battaglione di terra dalla Contea di Gorizia, un battaglione di terra dall'Istria ed almeno una compagnia dalla Valcanale;
   per la Marina imperiale, il 20 per cento circa degli arruolati erano neoromanzi ed avevano studiato l'italiano a scuola come prima lingua. Più volte lodati dai comandi e dagli ufficiali, anch'essi in parte neoromanzi, furono decorati con diverse medaglie d'oro e con la medaglia al valore dell'ordine di Maria Teresa, massima onoreficenza dell'Austria Ungheria;
   i reparti dell'Esercito imperiale, come il X Marschbattalion del 97° reggimento di Trieste, ebbe più di 800 perdite sul Monte San Michele nelle prime battaglie dell'Isonzo. Lo stesso dicasi per diversi altre formazioni, come ad esempio il 47° reggimento che combatté lungamente sul Fronte dell'Isonzo, oppure i Kaiserschützen ed i Kaiserjäger che effettuarono azioni determinanti nel contrattacco di Kobarid-Krafreit-Caporetto ed in vari scontri sulle Dolomiti. Tutti questi ed altri reparti, vedevano la presenza dei nonni e bisnonni di una parte consistente di attuali cittadini italiani;
   il numero totale dei combattenti del Tirolo, Litorale e Valcanale viene stimato in oltre 100.000 unità, oltre a migliaia di volontari. La presenza di volontari delle stesse terre sul fronte opposto era meno significativa: recenti ricerche hanno dimostrato che i «volontari giuliani» di Trieste del 1915 furono qualche centinaio, mentre i volontari della «legione trentina» non sembrano, per analogia e vari indizi, stimabili in numeri maggiori;
   Lorenzo Baratter, storico e direttore del centro documentazione Luserna, nella ricostruzione storica pubblicata sul sito web I Recuperanti.it, narra le sorti dei quasi 60.000 trentini che combatterono per l'esercito nazionale austriaco ed imperiale austro-ungherese durante la Grande Guerra. Nel dopoguerra, a seguito del bando emesso il 16 novembre 1918 dalle nuove autorità italiane, dovettero affrontare lunghe prigionie e furono «esclusi de jure dal Governo italiano, in quanto ex-nemici, dai benefici assistenziali organizzati per gli ex combattenti, per i mutilati e per le altre categorie di vittime della guerra»;
   molti degli imprigionati e deportati a guerra terminata, con particolare riferimento ai volontari ed ai cosiddetti «austriacanti», tornarono alle proprie case solo nel 1920, mentre altri non vi fecero più ritorno, in quanto deceduti per cause sanitarie durante la prigionia;
   nel 1921 il decreto del prefetto Guadagnini ordinò di cancellare le parole «Tirolo» e «tirolesi» da qualsiasi supporto scritto, comprese le lapidi ed i monumenti ai caduti dei territori conquistati, e di trasferire le tombe dei caduti in luoghi anonimi. Iniziative analoghe avvennero nel Litorale e nella Valcanale;
   la storia dei soldati nativi del Tirolo, del Litorale e della Valcanale che hanno combattuto e sono caduti indossando le divise austriache ed austro-ungariche, è stata tenuta in sordina e nascosta dalla propaganda politica, già dall'Italia parlamentare del 1918 ma ancora di più dalla successiva Italia fascista, che del mito della «Vittoria mutilata» e di Vittorio Veneto fecero dei cavalli di battaglia ideologici, omettendo volutamente il racconto di questi avvenimenti;
   successivamente, la storiografia ufficiale italiana ha proseguito la narrazione classica, restando legata ad una visione «patriottica» e «liberatrice», spesso trascesa in un vero e proprio nazionalismo assimilatore, atta ad esaltare l'epopea dell'esercito italiano durante la Prima Guerra Mondiale e continuando a trasmetterne i miti. Solo negli ultimi anni si è assistito ad un approfondimento delle «storie nascoste» grazie ad una maggior attenzione ed una diversa sensibilità di ricerche storiche e pubblicazioni, quasi tutte ad opera di eredi di quegli uomini condannati alla «damnatio memoriae»;
   il recupero storico delle radici di tanti cittadini italiani è tuttavia ostacolato dalla scarsa disponibilità di fonti archivistiche, distrutte e/o disperse dopo la fine della guerra. Negli anni ’20-30 del secolo scorso fu istituito lo «Schedario degli italiani delle nuove province già militari nell'esercito austro-ungarico, morti in seguito alla guerra». Si tratta di un documento, dapprima custodito presso l'ambasciata italiana a Vienna, utilizzato durante il fascismo per la gestione delle pratiche di pensione che l'Italia riconosceva alle vedove dei circa 30.000 soldati caduti, poi segretato dalla politica di propaganda di allora;
   tale documento, ancora oggi, non risulta essere stato reso pubblico; l'accesso allo schedario potrebbe essere utile per compilare l'elenco dei soldati dei territori conquistati dall'Italia, morti per la loro Patria precedente e, soprattutto, apporterebbe un forte contributo al lavoro di ricostruzione dei fatti e delle vicende legati alle sorti dei militari e delle popolazioni delle terre conquistate;
   in sede di approvazione alla Camera dei deputati della proposta di legge A.C. 2741, contenente «Disposizioni concernenti i militari ai quali è stata irrogata la pena capitale durante la prima Guerra Mondiale», l'interrogante ha presentato, il 21 maggio 2015, l'ordine del giorno n. 9/2741-A/1 con cui ha impegnato il Governo ad adottare le opportune iniziative per ricordare in modo degno il sacrificio di quei soldati nativi dei nuovi territori italiani caduti combattendo e indossando la divisa delle forze armate austro-ungariche;
   secondo l'interrogante, appare quantomai opportuna la proposta di costituzione di una Commissione mista di storici italiani e dei Paesi eredi dell'Austria Ungheria che videro gli avi degli attuali loro cittadini coinvolti sul fronte italiano della Prima Guerra Mondiale;
   l'obiettivo sarebbe di proporre una storia condivisa da tutte le popolazioni oggi unite dai legami comunitari, anche alla luce della risoluzione del Parlamento europeo del 2 aprile 2009 che, contro alcune interpretazioni storiche distorte in senso nazionalista da parte dei Paesi membri, raccomandava di lasciare la ricerca storica ai professionisti, capaci di «utilizzare strumenti scientifici per studiare il passato sforzandosi di essere quanto più possibile imparziali» –:
   se si intenda reperire e pubblicare lo «Schedario degli italiani delle nuove province, già militari nelle forze armate austriache ed austro ungariche, morti in seguito alla guerra» in maniera da agevolare le ricerche e la compilazione dell'elenco di costoro;
   quali iniziative intendano adottare, anche di concerto con le regioni Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, per incentivare lo studio e le ricerche dei documenti relativi ai fatti accaduti nei territori divenuti italiani e promuovere la conoscenza anche di questa parte della storia;
   se intendano adoperarsi per promuovere la costituzione di una Commissione mista di storici che abbia l'obiettivo di approfondire il periodo in questione e giungere alla proposizione di una storia quanto più possibile obbiettiva e condivisa. (4-10859)

  Risposta. — Per gli aspetti che più afferiscono alle competenze istituzionali del Dicastero, gli archivi degli Stati maggiori di Forza armata e del comando generale dell'arma dei carabinieri, non dispongono del cosiddetto «Schedario degli italiani delle nuove province già militari nell'esercito austro-ungarico, morti in seguito alla guerra», oggetto dell'atto di sindacato ispettivo in esame.
  Il Dicastero, in passato, aveva esperito una ricerca relativa al citato schedario, sia presso l'archivio centrale di Stato, che presso il Ministero degli affari esteri, con esito negativo.
  Solamente presso l'ufficio storico dello Stato maggiore dell'esercito è conservato un elenco dei militari appartenenti agli eserciti austro-ungarico, bulgaro, germanico e turco, caduti e raccolti sul campo dalle truppe italiane nella guerra 1915-1918, oppure deceduti durante la prigionia di guerra in Italia.
  Tale documento, che comunque risulta incompleto, è in ogni caso consultabile.
  Per completezza d'informazione, si rappresenta che il volume «La Prima Guerra Mondiale e il Trentino» del comitato Trentino dell'istituto per la storia del risorgimento italiano e ufficio storico dello Stato maggiore dell'esercito, indica che presso la biblioteca comunale di Trento si conservano gli elenchi ufficiali del Ministero della guerra austriaco delle perdite subite dall'esercito austro-ungarico dal 12 agosto 1914 al 15 marzo 1918, dei feriti e ammalati e dei prigionieri di guerra.
  Inoltre, dalle informazioni in possesso risulta che l'archivio di Stato di Belluno potrebbe disporre dei fogli matricolari dei militari nativi della provincia di Bolzano, già in servizio nell'esercito austro-ungarico, che hanno successivamente prestato servizio nell'Esercito italiano.
  Per ciò che attiene alle iniziative per incentivare lo studio e le ricerche dei documenti relativi al tema in questione, sussiste la massima disponibilità della Difesa nello spirito auspicato dall'interrogante, anche nell'alveo delle molteplici manifestazioni organizzate dal Dicastero in concomitanza con il centenario della Grande Guerra. Va altresì segnalato che, riguardo alla specifica possibilità di istituire una commissione mista di storici, precedenti analoghe esperienze hanno mostrato quanto complesso e sensibile possa essere il raggiungimento di un risultato obiettivo e condiviso.
  Nondimeno, non si ravvisano particolari elementi ostativi al riguardo, ferma restando l'applicazione di rigorosi criteri scientifici di ricerca con il genuino obiettivo di approfondire il periodo in questione e a condizione di garantire un equilibrio oggettivo e una giusta tutela delle istituzioni coinvolte, anche in termini di diretta partecipazione alle eventuali attività promosse.
Il Sottosegretario di Stato per la difesaGioacchino Alfano.


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'Aci gestisce, ai sensi dell'articolo 11 del regio decreto-legge n. 436 del 1927, il pubblico registro automobilistico (Pra). Nell'archivio del Pra deve essere iscritto ogni autoveicolo che abbia ottenuto la licenza di circolazione. A seguito dell'iscrizione, il proprietario riceveva, fino alla recente iniziativa di dematerializzazione realizzata dall'Aci, un certificato attestante la titolarità della proprietà dell'autoveicolo (Cdp); il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti gestisce, invece, l'Archivio nazionale dei veicoli istituito, ai sensi del decreto legislativo n. 285 del 1992, presso la motorizzazione civile. In tale registro sono iscritti i dati relativi alle caratteristiche tecniche dei veicoli autorizzati alla circolazione in Italia;
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, il 6 febbraio 2017, nel bollettino n. 4 AS1345, ha riportato alcune considerazioni in merito alle disposizioni normative e regolamentari che disciplinano l'attività dell'Aci e degli Automobil Club provinciali, con particolare riguardo alla gestione del Pra;
   in particolare, l'Autorità ha spiegato come «data la presenza di due archivi, il decreto del Presidente della Repubblica n. 358 del 2000 ha previsto che la gestione delle due banche dati avvenga in modalità cooperante, ossia in modo tale da consentire lo svolgimento contestuale di tutte le pratiche relative all'immatricolazione e al passaggio di proprietà degli autoveicoli, nonché dell'emissione del Certificato di Proprietà e della Carta di Circolazione»;
   nelle considerazioni conclusive, l'Antitrust ha dichiarato che «il processo di unificazione delle banche dati ANV e PRA e dei documenti del certificato di proprietà e carta di circolazione, prospettato dalla legge n. 124 del 2015, potrà determinare una semplificazione amministrativa nella gestione delle banche dati stesse, nonché eliminare la duplicazione nei costi per la tenuta dei registri, di cui potranno altresì beneficiare i consumatori, mediante una diminuzione delle tariffe per l'esecuzione delle formalità. Peraltro, l'unificazione delle banche dati consentirebbe sia di risolvere le recenti inefficienze prodotte dalla dematerializzazione dei CDP, sia di superare le criticità insite nella posizione di ACI, che si trova a ricoprire la doppia veste di soggetto regolatore e regolato, in assenza dei necessari requisiti di terzietà e imparzialità che devono caratterizzare il soggetto regolato»;
   in relazione alla gestione dei registri del Pra e dell'archivio nazionale dei veicoli, la legge n. 124 del 2015 in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di riorganizzazione;
   il Sole 24 Ore, nell'articolo «l'Aci è nel mirino dell'Antitrust», ha spiegato che il problema più importante «sta nell'inefficienza del sistema, con due archivi parzialmente sovrapposti gestiti da enti diversi». Inoltre, (...) quel che il Garante non dice è che una razionalizzazione è urgente: la Motorizzazione non ha più il personale per reggere l'impatto delle pratiche;
   la segnalazione dell'AGCM si sofferma molto sulla dematerializzazione del Certificato di Proprietà rilevando che ha «pregiudicato la cooperazione» tra banche dati con la Motorizzazione, anche se va notato che gli archivi dei due enti non hanno collegamenti diretti e quindi nemmeno prima si poteva parlare di vera cooperazione in senso tecnico. Senza contare che ci sono ancora pratiche per le quali ancora adesso nessuna cooperazione è richiesta dalle norme;
   il Sole 24 Ore ha riportato, che «sulle tariffe, il Garante nota che Pra e motorizzazione incassano le stesse cifre, sia che l'inserimento della pratica nel sistema sia effettuato dal proprio personale, sia che esso sia svolto dalle agenzie private». Infatti, lo STA privato si vede costretto a versare delle tariffe al Pra ed alla motorizzazione per un servizio che non viene corrisposto, in quanto svolto dallo stesso STA privato. Questo secondo l'Antitrust, determina una distorsione della concorrenza tra gli STA pubblici e gli STA privati;
   il quotidiano economico ha rilevato, infine, che «il gettito incassato dal Pra finisce per coprire anche i costi dell'altra attività che l'ente svolge contestualmente: l'incasso dell'imposta provinciale di trascrizione, il cui affidamento dovrebbe avvenire in regime di concorrenza tra privati. Ma nessun altro operatore riesce a svolgerlo gratis come può fare il Pra in virtù delle tariffe che incassa come ente pubblico. La doppia natura (pubblica e privata) dell'Aci viene evocata dall'Antitrust parlando delle altre attività (anche sportive) dell'ente, delle sue articolazioni provinciali e delle controllate» –:
   quali iniziative, alla luce dei fatti in premessa, il Governo intenda assumere;
   se il Governo intenda chiarire in maniera dettagliata le tempistiche necessarie all'esercizio della delega di cui in premessa;
   se si ritenga opportuno assumere iniziative per attuare il processo di unificazione delle banche dati dell'archivio nazionale dei veicoli e del Pra ed istituire un'unica struttura, sottoposta alla vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in cui far confluire le funzioni svolte dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dall'Aci. (4-15650)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In attuazione dell'articolo 8, comma 1, lettera d), della legge 7 agosto 2015, n. 124 (deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), è stato predisposto uno schema di decreto legislativo recante «Razionalizzazione dei processi di gestione dei dati di circolazione e di proprietà di autoveicoli. Motoveicoli e rimorchi, finalizzata al rilascio di un documento unico» (A.G. n. 392-bis), approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 24 maggio 2017, dopo aver acquisito il parere finale delle competenti commissioni parlamentari.
  Detto decreto è attualmente in attesa di pubblicazione che, si prevede, avverrà entro il corrente mese di giugno.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   RONDINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende della vicenda che ha per protagonista l'Istituto di medicina aerospaziale di Milano: un dirigente di tale istituto ricopre lo stesso incarico per una struttura privata, in un reparto, quello di medicina aeronautica che di fatto, fa concorrenza diretta all'Istituto di cui sopra;
   i lavoratori hanno sollevato perplessità per il rischio di un notevole calo delle prestazioni sanitarie offerte dal centro e soprattutto un eventuale ridimensionamento della struttura da parte del Ministero della difesa;
   i dati riportano come l'Istituto sia una realtà di assoluta eccellenza e garanzia per quanto riguarda i controlli medici effettuati sui piloti civili e militari e su tutto il personale di volo: sono gli unici autorizzati ad effettuare la valutazione psicologica sui piloti, (post Germanwings), una realtà multidisciplinare;
   da qualche anno, le visite sono fortemente calate, sia per le normative cambiate, sia per la forte concorrenza privata. Fino a qualche anno fa l'Istituto si autofinanziava, grazie al considerevole numero di visite mediche che da 90/100 visite al giorno sono calate del 50 per cento –:
   se il Ministro interrogato, essendo a conoscenza della situazione, non intenda intervenire al fine di verificare se sussistano motivi di incompatibilità in merito alla figura di governo dell'Istituto di medicina aerospaziale di Milano, anche al fine di salvaguardare il lavoro e la continuità di 90 dipendenti tra civili e militari. (4-16055)

  Risposta. — Il dirigente militare citato nell'interrogazione in esame, per la propria competenza specialistica, è direttore dell'Istituto di medicina aerospaziale (IMAS) di Milano dal settembre 2013.
  Dal mese di marzo 2016 ha iniziato a svolgere, presso il policlinico di Monza, attività libero professionale esclusivamente nella giornata del giovedì, in una limitata fascia oraria pomeridiana (17,30 – 19,00), al di fuori dell'orario di servizio.
  La prestazione lavorativa in argomento è del tutto compatibile con la normativa vigente (articolo 895 del decreto legislativo n. 66 del 2010) che prevede espressamente tale possibilità (e cioè deve essere svolta al di fuori dell'orario di servizio e non deve condizionare l'adempimento dei doveri connessi con lo stato militare).
  In merito, poi, all'asserito eventuale ridimensionamento dell'IMAS di Milano, si rende noto che al riguardo non è allo studio alcuna ipotesi.
  Per quanto riguarda, invece, le attività di competenza dell'istituto, si è registrato negli ultimi anni un decremento della frequenza delle visite di idoneità spiegabile, principalmente, in ragione delle novelle normative che hanno esteso a 5 anni l'arco temporale di validità delle certificazioni aeromediche.
  Va aggiunto, infine, che proprio nell'ottica di dare il più possibile risalto alla professionalità ed alle capacità dei centri aeromedici dell'aeronautica militare, potenziandone le prestazioni, nel corso del 2016 è stato siglato un protocollo d'intesa con ENAV s.p.a. al fine di effettuare le visite mediche di conseguimento, rinnovo e riconvalida in favore del personale controllore del traffico aereo, precedentemente svolte presso i servizi assistenza sanitaria naviganti del Ministero della salute dagli esaminatori aeromedici privati.
Il Sottosegretario di Stato per la difesaGioacchino Alfano.


   SCOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in più occasioni, negli scorsi mesi, è stato annunciato che il 22 dicembre 2016 il Presidente del Consiglio ed il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti percorreranno in automobile l'autostrada Salerno-Reggio Calabria per verificare (e dimostrare pubblicamente) che i cantieri saranno stati per allora chiusi ed i lavori definitivamente terminati;
   grosse perplessità vennero avanzate allora sull'annuncio, fatto pubblicamente proprio dagli stessi Presidente del Consiglio e Ministro;
   emergono in questi giorni da fonti giornalistiche dettagli sulle scelte che hanno reso queste tempistiche possibili: il Governo, infatti, avrebbe deciso di tagliare completamente ogni lavoro da svolgersi su circa 60 chilometri della tratta, tutti situati in Calabria;
   pare, insomma, che su circa il 20 per cento del tracciato totale che interessa la Calabria si sia semplicemente ed immotivatamente rinunciato ad ogni opera di ammodernamento;
   si tratta di punti realizzati negli anni Sessanta, resi particolarmente insicuri per l'alto numero di viadotti e gallerie tra Morano e Firmo, Cosenza e Altilia, Pizzo e Sant'Onofrio;
   i lavori di messa in sicurezza relativi a 10 chilometri di tratta autostradale nella provincia di Reggio Calabria, inoltre, verranno iniziati solo successivamente all'ufficiale completamento dei lavori;
   è inaccettabile che un problema grave e perdurante da decenni come quello relativo al completamento dei lavori della Salerno-Reggio Calabria venga oggi sfruttato per operazioni di mera propaganda governativa –:
   se le notizie riportate in premessa corrispondano a verità;
   se non si ritenga urgente e doveroso mettere da parte quelle che appaiono all'interrogante operazioni di propaganda e assumere iniziative per garantire in tempi brevi il completamento dei lavori in premessa indicati, così da garantire la sicurezza delle migliaia di utenti che percorrono quotidianamente quei 60 chilometri autostradali. (4-14829)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, si forniscono i seguenti elementi di risposta, sulla base delle informazioni pervenute dalla Direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali di questo Dicastero e dalla società Anas.
  In primo luogo è necessario premettere che è stata formalizzata la ridenominazione dell'Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria in A2 «autostrada del Mediterraneo», sottolineando in tal modo il fondamentale ruolo di tale arteria di prosecuzione dell'itinerario che collega il nord e il sud Italia, raccordandosi con la A1 (Milano-Napoli), la A3 (Napoli-Salerno), la A30 (Caserta-Salerno) e il raccordo autostradale Salerno-Avellino RA02.
  Tale risultato si è potuto conseguire grazie al compimento dei lavori di ammodernamento del tracciato autostradale e con la consegna all'utenza dell'ultimo dei grandi cantieri, il Macrolotto 3 – Parte 2a tra Laino e Campotenese, lo scorso 22 dicembre.
  L'autostrada del Mediterraneo, lunga 436 km, ha il suo inizio a Fisciano (SA), dove ha sede l'università degli Studi di Salerno, e termina a Villa San Giovanni (RC), porta di accesso verso la Sicilia.
  Anas comunica che per il tratto tra Campo Calabro (RC) e Reggio Calabria, che costituisce la tangenziale al centro abitato di Reggio Calabria, sarà realizzato un intervento di miglioramento della sede stradale esistente, tramite lavori di manutenzione straordinaria comprendenti operazioni di restauro conservativo su alcune opere d'arte presenti, la sostituzione delle barriere di sicurezza esistenti, il rifacimento delle opere di regimazione idraulica e della pavimentazione della piattaforma stradale, l'installazione di barriere fonoassorbenti. Anas evidenzia, inoltre, che al momento sono in via di conclusione le procedure di affidamento dei lavori.
  Più in generale, il tracciato della nuova autostrada del Mediterraneo è oggetto di un piano di investimenti, già in corso, volto a conservare e implementare ulteriormente gli standard di comfort e sicurezza per trasformarla nella prima «smart road» europea.
  Infatti, a seguito di valutazioni condivise con questo Dicastero, Anas ha avviato un Piano di manutenzione da oltre 1 miliardo di euro per la realizzazione di interventi sui complessivi 58 km compresi tra le province di Cosenza e Vibo Valentia, comunque caratterizzati da quattro corsie.
  Il Piano prevede l'esecuzione di una pluralità di interventi finalizzati a migliorare le attuali condizioni di sicurezza, quali, tra l'altro, il risanamento del corpo stradale e delle opere ivi presenti, l'adeguamento delle barriere e degli impianti, il rifacimento della segnaletica e della pavimentazione, comprendendo inoltre l'adeguamento/rifacimento delle attuali dotazioni impiantistiche e di illuminazione, senza escludere varianti localizzate nel tratto compreso tra Cosenza e Altilia.
  Anas informa che è stata avviata la prima fase del piano sopra descritto attraverso una serie di Accordi quadro, per i quali già risultano attivati i relativi appalti, che riguardano sostanzialmente l'esecuzione di interventi sul corpo stradale, sulle opere d'arte minori, sugli impianti e sulla segnaletica.
  Per tutto quanto sopra l'autostrada del Mediterraneo oggi costituisce non solo un'infrastruttura fondamentale per la mobilità del Paese, ma rappresenta un'opportunità di sviluppo e valorizzazione del territorio, grazie alla naturale funzione di autostrada-itinerario attraverso la quale poter accedere al patrimonio di beni culturali, risorse paesaggistiche, enogastronomiche e artigianali delle Regioni attraversate. A tal fine Anas sta provvedendo alla progressiva installazione della nuova cartellonistica stradale, riportando gli itinerari turistici individuati con istituzioni ed enti locali.
  Si segnala, infine, che l'A2 diventerà la prima smart road italiana, grazie al l'implementazione delle tecnologie di ultima generazione applicate alla mobilità e alla sicurezza di chi viaggia. L'autostrada verrà interamente cablata e dotata di hot spot Wi-Fi ogni 300 metri, in modo che gli utenti possano usufruire di info-viabilità, condizioni meteo, segnalazione congestione, percorsi alternativi e sistemi di sicurezza innovativi come l'SOS On Board.
  L'infrastruttura, inoltre, sarà provvista di green island ogni 30 km, ovvero isole autostradali utili per fornire energia rinnovabile e dotate di droni per monitoraggio e soccorso.
  In tale processo di rinnovamento, grazie all'utilizzo di sistemi che consentono il dialogo tra i veicoli e l'infrastruttura, in futuro l'autostrada del Mediterraneo sarà la prima ad essere predisposta per accogliere le auto a guida autonoma.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   SENALDI, BRAGA e GUERRA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   a gennaio 2017 mezzi d'informazione hanno diffuso la notizia che le autorità svizzere, allo scopo di arginare reati contro il patrimonio a loro avviso commessi da criminali provenienti dall'Italia, avevano deciso di chiudere, nelle ore notturne, i valichi di frontiera a Novazzano, Pedrinate e Ponte Cremenaga;
   in data 1° aprile 2017 le autorità elvetiche hanno effettivamente incominciato a chiudere i tre valichi fra le ore 22 e le 5;
   la misura rischia di avere ripercussioni negative sulla viabilità nelle aree del territorio italiano che si trovano vicino ai valichi;
   la chiusura crea disagi ai frontalieri che attraversano il confine anche nelle ore interessate dal provvedimento;
   la Svizzera fa parte, come l'Italia, dell'Area Schengen, dunque non effettua più controlli sistematici alla frontiera (con eccezione per quelli previsti da precisi vincoli, dovuti a motivi di sicurezza interna o a fondati sospetti su minacce alla sicurezza pubblica e su casi di criminalità transfrontaliera) ed è tenuta a garantire la libera circolazione dei cittadini europei;
   la decisione è stata presa in modo unilaterale dalle autorità elvetiche, senza comunicazioni agli enti locali italiani che si trovano nei pressi del confine e senza tenere in considerazione i disagi conseguenti;
   la chiusura, stando alle fonti di stampa, dovrebbe rimanere in vigore per 6 mesi ma, avendo carattere sperimentale, potrebbe essere secondo l'interrogante prolungata sine die;
   la convocazione tempestiva dell'ambasciatore svizzero ha dimostrato l'attenzione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale verso la questione sollevata anche da tanti sindaci dei territori di confine –:
   se le autorità elvetiche abbiano indicato la tempistica per la risoluzione della situazione di disagio e di discriminazione che contravviene i trattati di libera circolazione;
   se, in caso di prosecuzione della chiusura notturna dei valichi di frontiera intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, a tutela dei cittadini italiani ed in particolare dei lavoratori frontalieri. (4-16174)

  Risposta. — A seguito della chiusura notturna di alcuni valichi alla frontiera italo-svizzera, il 4 aprile 2017 la Farnesina ha convocato d'urgenza l'ambasciatore della Confederazione Svizzera in Italia, Giancarlo Kessler, per rappresentargli il disappunto del Governo italiano dinanzi alle iniziative del Canton Ticino in materia di immigrazione. L'ambasciatore Kessler ha ribadito il carattere transitorio della misura, con scadenza naturale di sei mesi.
  Occorre ricordare che la misura introdotta da parte svizzera è limitata a tre valichi minori, sui complessivi ventidue attualmente aperti al transito delle vetture. Il provvedimento, inoltre, ha natura temporanea e sperimentale e, benché non coordinato con le autorità italiane, risulta compatibile con l’acquis di Schengen.
  La Farnesina continuerà a monitorare e seguire con la massima attenzione gli sviluppi della vicenda, in continuo raccordo con l'ambasciata d'Italia a Berna e con il consolato generale a Lugano, nel quadro del più generale impegno a tutela degli interessi dei cittadini italiani.
  Il Governo italiano – sia in occasione di incontri politici ad alto livello, che nelle discussioni in sede europea – ha sempre cercato di agevolare il dialogo con la Svizzera per la ricerca di una soluzione condivisa che rispetti i principi della libera circolazione e non introduca penalizzazioni nei confronti dei nostri residenti e frontalieri.
  Le tematiche ticinesi sono state sollevate in numerosi colloqui, anche al più alto livello dal Presidente Gentiloni con la Presidente della Confederazione Svizzera. Io stesso ho avuto un incontro il 20 febbraio 2017 con l'allora Presidente del Consiglio di Stato del Canton Ticino, Beltraminelli; inoltre, il 24 maggio mi sono recato a Bellinzona per incontrare il Presidente Bertoli e una delegazione del Consiglio di Stato, dopo che il giorno precedente ero stato a Berna per colloqui presso il locale Ministero degli affari esteri. A Bellinzona ho sottolineato le nostre aspettative affinché il rapporto con il Canton Ticino sia un moltiplicatore delle eccellenti relazioni tra l'Italia e la Confederazione Elvetica, anche con la revisione di misure di carattere discriminatorio.
  La Farnesina continuerà a seguire attentamente gli sviluppi della questione e a vegliare affinché siano tutelati i lavoratori frontalieri italiani in Svizzera.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleBenedetto Della Vedova.


   TERZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Pieve Torina in provincia di Macerata opera un ristorante, «Il vecchio molino», che dal mese di ottobre 2016, dopo aver firmato una regolare convenzione, fornisce i pasti giornalieri per gli uomini dei vigili del fuoco che operano nell'area del cratere sismico;
   da fonti stampa si apprende che i proprietari si trovano attualmente in gravi difficoltà economiche, perché dal mese di dicembre non vengono più pagati per il servizio reso, circa 200 pasti al giorno, e vantano un credito con lo Stato di circa 150 mila euro;
   dalle ultime notizie apprese dal sito « quifinanza.it» sembrerebbe che i gestori del ristorante abbiano ricevuto rassicurazioni per le quali il pagamento dovrebbe avvenire entro alcuni giorni –:
   se il Governo sia a conoscenza dei motivi che hanno portato a questa condizione di mancata corresponsione di quanto dovuto a fronte del servizio reso sulla base di apposita convenzione;
   quante siano le attività che hanno sottoscritto convenzioni con lo Stato per affrontare la fase di emergenza post sisma e che vantano crediti come nel caso esposto in premessa;
   come si intenda intervenire per fare in modo che i pagamenti avvengano con tempistiche in grado di non, mettere in difficoltà le attività che già soffrono per le conseguenze del sisma e lo spopolamento dei territori. (4-16568)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante chiede notizie in merito al mancato pagamento delle fatture emesse dal ristorante il «Vecchio Mulino» sito nel comune di Pieve Torina, per l'erogazione del vitto in favore di una parte del personale dei Vigili del fuoco in servizio su quei territorio per l'emergenza sismica che ha colpito l'Italia centrale tra l'agosto del 2016 e il gennaio di quest'anno.
  Inoltre, chiede di conoscere se vi siano altre strutture di ristorazione per le quali sia riscontrabile una situazione analoga.
  Si premette che, a seguito dei predetti eventi sismici, il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco ha istituito, per la gestione delle operazioni di soccorso nel territorio della regione Marche, i comandi operativi avanzati di Ascoli Piceno, Fermo, Macerata e Arquata del Tronto. Al personale ivi operante si è reso necessario garantire un adeguato servizio mensa e, a tal fine, si è fatto ricorso anche alla stipula di convenzioni con vari esercizi di ristorazione, tra i quali quello citato nell'interrogazione.
  Per quanto concerne il rimborso delle fatture in favore dei predetti ristoratori, si fa presente che le criticità segnalate sono state determinate dal fatto che le risorse a disposizione del Corpo nazionale sul proprio fondo per le emergenze e sull'ordinario capitolo di bilancio destinato al servizio mensa dei Vigili del fuoco sono risultate esigue in rapporto alle ingenti aliquote di personale impiegato in Italia centrale e alla prolungata durata del loro impiego. Ragion per cui, per una sollecita definizione del problema, si è reso necessario prelevare, nei limiti del possibile, delle somme anche dal cosiddetto «Fondo scorta» del Corpo nazionale.
  Complessivamente, per far fronte alle esigenze di vitto, il dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile ha accreditato in favore della direzione regionale dei Vigili del fuoco delle Marche, in diversi momenti e a valere sui fondi sopra menzionati, un importo complessivo di circa 644 mila euro.
  Tali accreditamenti hanno consentito di provvedere, in un primo momento, al saldo delle fatture relative al periodo agosto-novembre 2016. Successivamente, e precisamente nello scorso mese di maggio, si è provveduto al saldo delle fatture relative al periodo dicembre 2016-febbraio 2017, nonché al pagamento di una parte delle fatture relative allo scorso mese di marzo.
  Per quanto riguarda le fatture al momento non evase, riferibili ai mesi di marzo e aprile scorsi, si rappresenta che i comandi provinciali delle Marche hanno già provveduto ad inoltrarle alla direzione regionale dei Vigili del fuoco. Per onorarle, si procederà ad effettuare, se del caso, ulteriori prelievi dal Fondo scorta del Corpo nazionale, in attesa che il dipartimento dei vigili del fuoco si veda reintegrati i pertinenti capitoli di bilancio da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri-dipartimento della protezione civile.
  Le modalità e la tempistica di pagamento cui si è fatto appena cenno valgono per tutti gli esercizi di ristorazione di cui il Corpo nazionale si è avvalso nel territorio marchigiano durante l'emergenza in questione, compreso il ristorante il «Vecchio Mulino» sito nel comune di Pieve Torina.
  Si informa, infine, che oltre a quest'ultimo ristorante, nella provincia di Macerata sono otto gli esercizi per i quali si sta progressivamente provvedendo a saldare le spettanze per i servizi di ristorazione erogati, mentre per altre due strutture, situate nel comune di Tolentino e di Camerino, la convenzione per i servizi in questione è stata attivata solo a partire dal marzo di quest'anno.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   TOTARO e RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   presso il dipartimento della polizia di Stato si è tenuta una riunione periodica tra una delegazione dell'amministrazione, guidata dal vice capo della polizia con funzioni vicarie, prefetto Alessandro Marangoni, e i segretari generali di tutti i sindacati della categoria, relativa alle attività che il dipartimento sta ponendo in essere in materia di personale e assetto organizzativo dell'amministrazione;
   il prefetto Marangoni ha comunicato che l'amministrazione sta ultimando uno studio per la revisione dei presidi e degli uffici della polizia di Stato su tutto il territorio nazionale, asseritamente finalizzata ad una razionalizzazione delle risorse;
   dall'esposizione fatta dal prefetto è sembrata emergere una volontà definitiva dell'amministrazione di riorganizzare alcuni settori della polizia di Stato, nonché di procedere alla chiusura di numerosi presidi oggi esistenti sul territorio e all'accorpamento di altri;
   in particolare, per la polizia postale e delle comunicazioni, la sola struttura deputata a svolgere le attività di controllo/repressione degli illeciti penali ed amministrativi rientranti nella vasta e complessa materia delle comunicazioni, incluse (ed in primis ovviamente) le attività illecite perpetrate per mezzo della rete internet (attacchi a sistemi informatici, e-commerce, pedofilia, stalking e altro) è prevista la soppressione di tutte le sezioni provinciali esistenti, mantenendo in vita solo i pochi uffici ubicati nelle sedi ove si trovano anche le corti d'appello, vale a dire nei soli capoluoghi di regione;
   la polizia postale e delle comunicazioni svolge un'attività sulla quale ha competenza esclusiva, ad essa attribuita in forza di una espressa riserva di legge, e il suo depotenziamento appare gravissimo, soprattutto a fronte del costante aumento della criminalità informatica;
   peraltro, tutte le sezioni provinciali della polizia postale e delle comunicazioni sono ad oggi uffici a «costo zero» per lo Stato, in quanto il costo delle strutture e dei mezzi è completamente sostenuto da poste italiane;
   il personale della polizia postale attualmente in servizio riesce a garantire solo con grande sforzo la sicurezza dei cittadini presenti nei propri territori di competenza, e non appare chiaro come potrà, in futuro, l'esiguo personale superstite alla soppressione degli uffici sul territorio garantire la sicurezza anche in tutte le altre province;
   la chiusura delle sedi, infatti, determinerà la perdita di gran parte del personale specializzato nel settore dei reati informatici, posto che tali agenti si troveranno nell'impossibilità di continuare a lavorare nelle sedi superstiti a causa delle eccessive distanze rispetto ai propri luoghi di residenza, e si troverebbero riassegnati a svolgere compiti d'istituto generici;
   al contrario, gli uffici periferici provinciali della polizia postale andrebbero non solo mantenuti ma addirittura potenziati, recuperando personale dalla razionalizzazione di settori non operativi, affinché sia possibile combattere con il giusto rigore e nei tempi corretti la vasta gamma dei reati commessi a mezzo della rete virtuale –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e, se del caso, in che modo si intenda intervenire per garantire la sicurezza dei cittadini in quei luoghi nei quali verranno soppressi i presidi, con particolare riguardo alla salvaguardia delle attività svolte dalla polizia postale e delle comunicazioni;
   se non si ritenga doveroso garantire almeno un presidio di polizia specializzata nella criminalità informatica in ogni provincia e non solo nei capoluoghi di regione, considerato che questo è l'unico strumento del quale lo Stato dispone per il contrasto dei reati a mezzo informatico;
   in che modo si intenda tutelare il personale interessato, che a breve, in assenza di un intervento correttivo, sarà di fatto estromesso dalla propria specialità di appartenenza, visto che è utopistico pensare che possa accettare di accollarsi un gravoso (sia solo il profilo economico che fisico) pendolarismo quotidiano per raggiungere e continuare ad operare nelle sole distanti sedi di specialità rimanenti;
   come e a favore di chi verranno utilizzati i presunti risparmi che dovrebbero derivare dalle attività di razionalizzazione di cui in premessa. (4-03729)

  Risposta. — La questione evidenziata dall'interrogante relativa alla chiusura di alcune sezioni della polizia postale e delle comunicazioni, è legata, al pari della proposta di soppressione di altri uffici di polizia sul territorio nazionale, all'attuazione di un piano di razionalizzazione sottoposto al parere delle autorità provinciali di pubblica sicurezza nei primi mesi del 2014.
  Il piano è ancora in attesa di definizione, anche per la sopravvenienza della legge n. 124 del 2015, con cui il Parlamento ha delegato il Governo ad adottare importanti misure di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Per quanto attiene in particolare al riordino del sistema della pubblica sicurezza, il legislatore ha chiarito che il nuovo assetto organizzativo dovrà essere volto ad evitare duplicazioni e sovrapposizioni dispersive nell'esercizio delle funzioni di polizia, nonché favorire la gestione associata dei servizi strumentali in adesione ai principi di efficienza della spesa pubblica.
  Tali principi sono stati recepiti nell'articolo 3 del decreto legislativo n. 177 del 2016, con cui è stato stabilito che la razionalizzazione della dislocazione delle forze di polizia sul territorio sarà determinata con decreto del Ministro dell'interno, privilegiando l'impiego della polizia di Stato nei comuni capoluogo e dell'Arma dei carabinieri nel restante territorio, fatte salve specifiche deroghe per particolari esigenze di ordine e sicurezza pubblica.
  Per giungere alla compiuta definizione di tale disegnò di valenza strategica, sono stati istituiti presso il dipartimento della pubblica sicurezza appositi gruppi interforze che non hanno ancora terminato la loro attività.
  Tanto detto in linea generale, si rappresenta che anche la polizia postale e delle comunicazioni è coinvolta nel riordino in questione, essendo evidente la necessità di adeguarne l'organizzazione alle notevoli trasformazioni registratesi nel settore.
  Infatti, alle tradizionali mansioni di scorta e tutela di beni e servizi postali se ne sono affiancate e sostituite altre del tutto differenti, caratterizzate da spiccate connotazioni di alta specializzazione tecnologica e orientate al contrasto del crimine informatico nelle sue forme più variegate.
  Muovendo da tale constatazione, il piano di razionalizzazione punta a concentrare le più spiccate e qualificate risorse professionali nei compartimenti dei capoluoghi regionali e nelle sezioni provinciali in cui operano procure distrettuali con ampia competenza in tema di reati informatici.
  Si sottolinea, comunque, che le professionalità attualmente in servizio presso le sezioni continueranno a operare sul territorio, prevedendo tale rimodulazione un loro impiego nei reparti investigativi delle locali questure.
  Si intende assicurare fin d'ora che il nuovo assetto organizzativo della polizia postale e delle comunicazioni sarà ispirato ad esclusive esigenze di efficientamento e di adeguamento alla trasformazione tecnologica del Paese, senza che ne venga a soffrire la qualità del «prodotto» sicurezza.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   VARGIU. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 125, cosiddetta «Orientale sarda», rappresenta la principale via di comunicazione e di transito tra Cagliari, la costa orientale della Sardegna e il territorio dell'Ogliastra, rappresentando altresì il miglior collegamento tra i comuni del territorio;
   il 14 ottobre 2016, nelle prime ore del mattino, una disastrosa frana si è abbattuta sulla strada statale 125, all'altezza del chilometro 194,200, in località Dorvene, tra Dorgali e Tortolì, al confine con il territorio comunale di Urzulei;
   i massi precipitati dalla parete rocciosa hanno travolto gli alberi del costone, invadendo la carreggiata e distruggendo diverse decine di metri del guard-rail di protezione del tracciato;
   a seguito di tale evento calamitoso, il tratto della strada statale 125 interessato dalla frana è stato chiuso al traffico, con conseguente disagio per i flussi veicolari in entrambe le direzioni, che sono stati dirottati sul percorso alternativo della Nuoro-Mamoiada, con moltiplicazione dei tempi e dei costi di percorrenza e gravissimo disagio per l'utenza, in particolare per il traffico commerciale e per gli allevatori della zona;
   il tratto stradale interessato dalla frana è ricompreso nel tracciato della seconda tappa del Giro d'Italia 2017, la Olbia-Tortolì, programmata per il 6 maggio 2017. Un evento storico per i comuni di Dorgali, Urzulei e Baunei che, per la prima volta, avrebbero avuto l'occasione di essere attraversati dalla carovana rosa;
   nel caso di impraticabilità o di assenza delle condizioni di totale sicurezza, vi è già la previsione di un dirottamento della seconda tappa del Giro d'Italia su un tracciato alternativo (quello della 389 variante, Nuoro-Lanusei);
   al di là del grave danno all'immagine e allo sviluppo turistico che verrebbe patito dai comuni tagliati fuori dal percorso del Giro d'Italia, resta la quotidiana sofferenza degli operatori economici e di tutti gli automobilisti che, in assenza degli urgenti interventi di ripristino e messa in sicurezza, sono quotidianamente costretti a lunghe circumnavigazioni dalle persistenti condizioni di impraticabilità del tracciato stradale;
   secondo quanto riportato dai media locali, i sopralluoghi di Anas, tecnici comunali e della Forestale avrebbero consentito di rilevare che la portata del danno, oltre ad interessare circa 30 metri di percorso stradale, concerne anche e soprattutto il costone roccioso che ha ceduto, con una base di circa 20 metri per trenta di altezza, la cui messa in sicurezza appare indifferibile ai fini della riapertura del tracciato;
   l'avvicinarsi della stagione estiva moltiplica i danni conseguenti all'impraticabilità del tracciato: al grido di dolore dei pastori, degli allevatori e dei trasportatori si unisce ora la drammatica denuncia di tutti gli operatori turistici della zona che rischiano di registrare il crollo dei flussi di visitatori con un vero e proprio disastro di tutte le attività economiche;
   gli abitanti dei tre comuni più direttamente danneggiati dagli effetti negativi della frana hanno rivolto un accorato appello pubblico per la riapertura dell'asse stradale, quanto meno con l'utilizzo di una corsia della carreggiata, con senso unico alternato;
   a tutt'oggi non è dato di sapere quali siano le intenzioni e i tempi previsti dell'Anas per la riapertura del tracciato –:
   se non ritenga opportuno assumere urgentemente le iniziative di competenza nei confronti della società Anas Spa per l'immediata realizzazione dei lavori di ripristino della sicurezza del transito al chilometro 194,200 della strada statale 125, laddove persiste l'interruzione a causa della nota frana, con l'obiettivo di ridurre quanto meno l'entità dei gravi danni economici e di immagine presenti e futuri a carico di tutta la popolazione ogliastrina e, in particolare, dagli abitanti di Urzulei, Baunei e Dorgali. (4-15517)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni rese dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali di questo Dicastero e dalla società Anas.
  Per quanto concerne i lavori di ripristino del tratto della strada statale (SS) 125 «Orientale Sarda» l'interessato dall'evento franoso del 14 ottobre 2016 verificatosi al chilometro 194+200 nel territorio comunale di Dorgali (Nu), l'intervento, avente un costo complessivo di oltre 800 mila euro, è stato articolato in due fasi: messa in sicurezza del costone roccioso dal quale si è staccata la frana; ripristino del corpo stradale.
  I citati lavori, consegnati all'impresa esecutrice «Alpi S.r.l», di Trieste in data 8 febbraio 2017, sono stati regolarmente conclusi il 9 maggio 2017 e, pertanto, la carreggiata interessata dalle lavorazioni è stata riaperta al traffico a doppio senso di circolazione.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   VECCHIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'associazione Codici Onlus – Centro per i Diritti del Cittadino, associazione di promozione sociale ex lege n. 383 del 2000 ha verificato, a seguito di diverse lamentele raccolte tramite le segnalazioni effettuate dai consumatori siciliani, che i prezzi per voli da Catania alle altre città italiane, in particolar modo Milano, risultano essere eccessivamente elevati;
   da una simulazione, effettuata in data 21 luglio 2016 dall'associazione a titolo puramente esemplificativo su un noto motore di ricerca di viaggi, è emerso che un biglietto andata e ritorno per Tokyo da Roma costa 544 euro a fronte dei 603 necessari per raggiungere Milano da Catania;
   tale situazione comporta ingenti danni nei confronti sia di coloro che per motivi lavorativi o di salute hanno la necessità di spostarsi dal capoluogo etneo verso le altre zone del Paese, sia degli studenti fuori sede, iscritti ad atenei collocati nelle diverse città italiane, spesso appartenenti alle regioni più settentrionali, che per motivi di studio sono costretti a spendere cifre ingiustificatamente elevate per fare rientro presso le proprie famiglie d'origine o per rientrare nella città sede dell'ateneo;
   i fatti esposti mostrano una indubbia lesione delle prerogative dei consumatori ed utenti del trasporto aereo che hanno visto calpestati i diritti previsti ed espressamente tutelati dall'articolo 2 del codice del consumo, oltre che dal regolamento europeo n. 261/2004 e dalla convenzione di Montreal;
   tale modus operandi ha violato anche gli interessi collettivi dei consumatori ex articolo 139 codice del consumo e non tiene conto di emergenze che alcune famiglie disagiate devono sostenere;
   a giudizio dell'interrogante è da biasimare la pratica condotta dalle compagnie aeree che fissano il prezzo del biglietto in ragione dell'anticipo con cui viene effettuato l'acquisto, per cui il prezzo del biglietto in prossimità della partenza raggiunge cifre esorbitanti –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione alle dinamiche esposte in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per ovviare a eventuali comportamenti scorretti e lesivi nei confronti degli utenti-consumatori, posti in essere dalle compagnie aeree o da altri soggetti ad oggi non identificati.
   (4-14409)

  Risposta.— Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta resi dalla direzione generale per gli aeroporti ed il trasporto aereo e dall'Ente nazionale per l'aviazione civile.
  In ordine alla problematica concernente le tariffe particolarmente elevate sulle rotte citate nell'atto ispettivo, in particolare Roma-Milano, si precisa che dette rotte non sono di continuità territoriale ma soggette al libero mercato e, pertanto, non è possibile incidere sul regime tariffario scelto dal vettore nell'osservanza della normativa del regolamento (CE) 1008/2008, fermo restando l'obbligo per lo stesso di comunicare i supplementi di prezzo opzionali in modo chiaro, trasparente e non ambiguo all'inizio di qualsiasi processo di prenotazione, occorrendo, anche, a tal fine, che essi siano espressamente accettati dal passeggero.
  Circa, poi, la questione della continuità territoriale, si precisa che, nel mese di aprile 2016 il presidente della regione siciliana ha richiesto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il conferimento della delega per indire la conferenza di servizi propedeutica alla instaurazione di un nuovo modello di continuità territoriale in argomento.
  I lavori della Conferenza di servizi, la cui prima seduta si è tenuta l'11 luglio 2016, si sono conclusi nella seduta del 26 ottobre 2016.
  Al fine di assicurare la continuità territoriale aerea per le isole di Lampedusa e Pantelleria, per il periodo 1o luglio 2017/30 giugno 2018, è stato stabilito che venga esperita una gara europea mediante bando da adottarsi alle medesime previsioni agevolative in atto vigenti; a tale fine sono destinate risorge pari ad euro 11.564.717,69 (iva inclusa) che trovano copertura per euro 6.043.145,12 sui fondi Enac per euro 3.854.905,90 sui fondi della regione, e per euro 1.666.666,67 sui fondi dell'articolo 1, comma 486, della legge n. 208 del 2015.
  Nell'ambito della citata Conferenza di servizi è stato altresì previsto che con successivo bando, della durata minima di anni 2 a decorrere dal 1o luglio 2018, da emanarsi a seguito di una nuova Conferenza dei servizi, sarà istituito un nuovo regime onerato da e per le isole di Lampedusa e Pantelleria che terrà conto delle agevolazioni richieste per le specifiche categorie di passeggeri indicate e per le tratte specificate nel verbale della prima seduta dell'anzidetta conferenza.
  Infine, la conferenza, si è impegnata ad assicurare anche il diritto alla mobilità delle popolazioni che gravitano sugli aeroporti di Comiso e Trapani prevedendo interventi in loro favore nel rispetto dei vincoli di legge e comunitari in materia di oneri di servizio pubblico.
  In linea con le anzidette determinazioni, e stata esperita la gara europea annuale di cui sopra (confronta GUUE C 442 del 29 novembre 2016) per esercire in esclusiva i collegamenti da e per le isole minori in argomento. La gara e stata aggiudicata alla società Mistral Air che opererà i servizi aerei onerati per il predetto periodo 1o luglio 2017-30 giugno 2018.
  Lo scorso 17 maggio si è svolta, in prima seduta, una nuova Conferenza di servizi con lo scopo di individuare il contenuto degli oneri di servizio pubblico da imporre sui collegamenti aerei da e per le isole di Lampedusa e Pantelleria a far data dal 30 giugno 2018 e su quelli da e per gli scali di Trapani e Comiso.
  Al riguardo occorre far presente che ulteriori risorse – per un importo pari ad euro 30 milioni – derivanti dalla delibera Cipe n. 54/16 sono state destinate alla continuità territoriale da e per la Sicilia.
  Pertanto, le risorse totalmente disponibili per far fronte alle esigenze di continuità territoriale sono di gran lunga maggiore rispetto a quelle previste dalla legge di stabilità 2016 e si attestano, tenuto conto delle risorse messe a disposizione dalla regione e dall'ENAC, a circa 70 milioni di euro. È evidente come l'intendimento di assicurare un'efficace programmazione della continuità territoriale da e per la Sicilia con l'assegnazione di risorse significative abbia comportato un allungamento dei tempi delle procedure, atteso il coinvolgimento di una pluralità di soggetti istituzionali, ivi compresi i competenti uffici della Commissione europea, per la corretta definizione delle stesse.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   VEZZALI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la stampa locale dà notizia del fatto che il comando provinciale dei vigili del fuoco di Ancona (almeno per quanto riguarda la seconda squadra), a causa dei lavori di ristrutturazione della sede di Vallemiano, opera da due anni presso l'aeroporto Sanzio di Falconara;
   collocazione temporanea che ha consentito, però, alla squadra, di effettuare migliaia di interventi da un luogo che è strategico rispetto al territorio, su Falconara, Chiaravalle, Camerata Picena, Monte San Vito e Montemarciano;
   un decreto ministeriale degli anni ’90 prevedeva l'istituzione della cosiddetta «Falconara terrestre», un distaccamento che potesse agire in tempi rapidi sia sulla raffineria Api che sulle zone industriali di Castelferretti, Piane di Camerata, Borghetto di Monte San Vito. Decreto che non è stato mai tradotto in realtà. Mentre il mantenimento dell'attuale dislocazione della seconda squadra di Ancona potrebbe soddisfare l'esigenza allora rappresentata;
   la bassa Vallesina, quando la seconda squadra di Ancona tornerà nella sede di Vallemiano, resterà scoperta e ricadrà nelle competenze di diversi distaccamenti: Jesi, Senigallia, ecc. con tempi di percorrenza e di intervento che potrebbero allungarsi;
   dall'aeroporto Sanzio la seconda squadra parte e raggiunge facilmente tutte le località del comprensorio in poco tempo. Un beneficio che entro l'anno si potrebbe perdere visto l'approssimarsi della fine dei lavori di ristrutturazione del comando provinciale –:
   se non intenda valutare la permanenza – oltre la conclusione dei lavori di ristrutturazione del comando provinciale della seconda squadra di Ancona presso l'aeroporto Sanzio, visto che questa collocazione risponde più proficuamente all'esigenza di prossimità che le forze di polizia, ma i vigili del fuoco in particolare, devono soddisfare per rendere efficaci le loro prestazioni;
   se non intenda dare applicazione al contenuto del decreto ministeriale citato, con il quale si prevedeva l'istituzione della cosiddetta «Falconara terrestre», visto che le criticità di quell'area, anche ambientali, non sono mai state risolte in maniera definitiva, tanto che la popolazione residente e le cronache locali di tanto in tanto tornano a denunciarle. (4-15932)

  Risposta. — Con l'interrogazione indicata in esame, l'interrogante chiede l'istituzione di un distaccamento terrestre dei Vigili del fuoco presso l'aeroporto Sanzio di Falconara, conferendo così carattere di stabilità alla seconda squadra dei Vigili del fuoco del Comando provinciale dei Vigili del fuoco di Ancona, operante provvisoriamente presso quell'aeroporto.
  Si premette che l'attuale modello organizzativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco riconosce ai comandanti provinciali la facoltà di rimodulare la ripartizione sul territorio del personale a loro disposizione in presenza di comprovate esigenze, anche di carattere temporaneo.
  Facendo leva su tale elemento di flessibilità, nell'agosto 2015, in occasione dell'avvio dei lavori di costruzione della nuova sede del comando provinciale dei vigili del fuoco di Ancona, il comandante della struttura ha disposto la delocalizzazione della seconda squadra terrestre della sede centrale presso il distaccamento aeroportuale di Falconara.
  Tale scelta, ipotizzata inizialmente in forma temporanea per la sola durata dei predetti lavori, ha prodotto risultati positivi relativamente alla qualità del servizio di soccorso, sia per la notevole riduzione dei tempi di intervento, sia per l'elevato numero degli interventi espletati. Infatti, nel 2016 la squadra in questione ha effettuato 962 interventi di soccorso nel comune di Falconara e in quelli limitrofi; un analogo andamento si registra anche nell'anno in corso.
  Poiché questa soluzione si è rivelata particolarmente efficace, è stato ritenuto vantaggioso mantenere l'attuale presidio a Falconara anche dopo la conclusione dei lavori, nell'intento di assicurare alla cittadinanza un servizio di soccorso più efficiente.
  Tuttavia, l'attivazione in via permanente di un distaccamento terrestre nell'area interessata richiede la previsione di un contingente di personale superiore a quello attualmente operante. Pertanto, essa potrà essere valutata e decisa solo successivamente a un intervento normativo di potenziamento della dotazione organica del Corpo nazionale.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   VEZZALI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dai media locali e nazionali si è appreso che una struttura situata nel comune di Pieve Torina, in provincia di Macerata, miracolosamente sopravvissuta alla sequenza sismica che ha interessato il centro Italia e che ospita un'attività di ristorazione, ha assicurato, in convenzione, una media di 200 pasti al giorno ai soccorritori (Vigili del fuoco) impegnati nei comuni del cratere;
   le proprietarie del locale, pur non discutendo la possibilità di ottenere il giusto compenso per il servizio svolto, da parte dello Stato, denunciano di non riuscire a sopravvivere con un'attesa del dovuto che sta per superare i 180 giorni;
   l'esercizio è una gestione familiare che non può sopportare un'esposizione economica che, ad oggi, è di circa 150 mila euro;
   il perdurare di questo stato di cose produrrà la cessazione dell'attività e il licenziamento del personale;
   in un'area dove si fatica a ripartire, penalizzare con le lungaggini imposte dalla burocrazia una realtà imprenditoriale vitale e giovane, ma che è la continuazione di una tradizione, sembra all'interrogante un controsenso;
   allo stesso tempo, è innaturale chiedere ai turisti di non abbandonare queste zone se poi si mettono in ginocchio le realtà che, per capacità e caparbietà, hanno resistito a una sequenza di eventi drammatici, nelle quali vivono persone che credono che vi si possa e si debba restare per non far morire questi paesi –:
   se il Governo non ritenga di assicurare, in un lasso ragionevole di tempo, almeno un acconto sul dovuto per scongiurare l'ipotesi chiusura e licenziamento, visto che si sta parlando di giovani e, quindi di soggetti che non possono sostenere esposizioni presso banche e fornitori di tale livello verificando anche se si possa rivedere il sistema di liquidazione dei crediti per rendere più snello l’iter e facendo in modo che chi ce la sta mettendo tutta possa non arrendersi.
   (4-16532)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante chiede notizie in merito al mancato pagamento delle fatture emesse dal ristorante il «Vecchio Mulino» sito nel comune di Pieve Torina, per l'erogazione del vitto in favore di una parte del personale dei Vigili del fuoco in servizio su quel territorio per l'emergenza sismica che ha colpito l'Italia centrale tra l'agosto del 2016 e il gennaio di quest'anno.
  Si premette che, a seguito dei predetti eventi sismici, il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco ha istituito, per la gestione delle operazioni di soccorso nel territorio della regione Marche, i comandi operativi avanzati di Ascoli Piceno, Fermo, Macerata e Arquata del Tronto. Al personale ivi operante si è reso necessario garantire un adeguato servizio mensa e, a tal fine, si è fatto ricorso anche alla stipula di convenzioni con vari esercizi di ristorazione, tra i quali quello citato nell'interrogazione.
  Per quanto concerne il rimborso delle fatture in favore dei predetti ristoratori, si fa presente che le criticità segnalate sono state determinate dal fatto che le risorse a disposizione del Corpo nazionale sul proprio fondo per le emergenze e sull'ordinario capitolo di bilancio destinato al servizio mensa dei vigili del fuoco sono risultate esigue in rapporto alle ingenti aliquote di personale impiegato in Italia centrale e alla prolungata durata del loro impiego. Ragion per cui, per una sollecita definizione del problema, si è reso necessario prelevare, nei limiti del possibile, delle somme anche dal cosiddetto «Fondo scorta» del Corpo nazionale.
  Complessivamente, per far fronte alle esigenze di vitto, il dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile ha accreditato in favore della direzione regionale dei Vigili del fuoco delle Marche, in diversi momenti e a valere sui fondi sopra menzionati, un importo complessivo di circa 644 mila euro.
  Tali accreditamenti hanno consentito di provvedere, in un primo momento, al saldo delle fatture relative al periodo agosto-novembre 2016. Successivamente, e precisamente nello scorso mese di maggio, si è provveduto al saldo delle fatture relative al periodo dicembre 2016-febbraio 2017, nonché al pagamento di una parte delle fatture relative allo scorso mese di marzo.
  Per quanto riguarda le fatture al momento non evase, riferibili ai mesi di marzo e aprile scorsi, si rappresenta che i comandi provinciali delle Marche hanno già provveduto ad inoltrarle alla direzione regionale dei vigili del fuoco. Per onorarle, si procederà ad effettuare, se del caso, ulteriori prelievi dal Fondo scorta del Corpo nazionale, in attesa che il dipartimento dei vigili del fuoco si veda reintegrati i pertinenti capitoli di bilancio da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri-dipartimento della protezione civile.
  Le modalità e la tempistica di pagamento cui si è fatto appena cenno valgono per tutti gli esercizi di ristorazione di cui il Corpo nazionale si è avvalso nel territorio marchigiano durante l'emergenza in questione, compreso il ristorante il «Vecchio Mulino» sito nel comune di Pieve Torina.
  Si informa, infine, che oltre a quest'ultimo ristorante, nella provincia di Macerata sono otto gli esercizi per i quali si sta progressivamente provvedendo a saldare le spettanze per i servizi di ristorazione erogati, mentre per altre due strutture, situate nel comune di Tolentino e di Camerino, la convenzione per i servizi in questione è stata attivata solo a partire dal marzo di quest'anno.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   VEZZALI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sulla stampa da giorni si parla di «Blue Whale», la «balena blu», e lo si definisce un gioco;
   entrando nel merito si scopre che è un percorso macabro a cui si accede dai social network, fatto di inni all'autolesionismo, sfide sempre più dolorose, prove folli;
   digitando hashtag come #depressed o #autolesionismo, si apre un mondo tenebroso popolato da adolescenti che fanno a gara a chi si fa più male;
   un percorso fatto di 50 «step» dal quale, una volta entrati, non si riesce a uscire, perché si subiscono ricatti e minacce;
   molto diffuso nei Paesi dell'Est, « Blue Whale», si sta diffondendo in Europa, soprattutto Spagna, Portogallo, Francia e adesso anche in Italia;
   ci sarebbero già state oltre 150 vittime in tutta Europa anche se è difficile ricondurre alcuni suicidi o incidenti a questa sfida;
   le notizie in merito sono tantissime e incontrollate, si parla perfino di fake news;
   quello che viene chiamato gioco ha lo scopo di condurre una persona psicologicamente debole al suicidio dopo aver affrontato 50 giorni di prove ben precise ordinate da un «curatore», una specie di tutor che invia i messaggi con le schede delle prove da compiere e da documentare con foto;
   in rete è possibile recuperare la lista delle prove;
   «Blue Whale» si è diffuso sulla piattaforma VKontakte, una sorta di Facebook molto popolare nei Paesi dell'Est e poi su Instagram;
   con la sequenza che segue «svegliami alle 4:20, F57 e F58» si chiede di poter iniziare la sfida e di essere contattati per dare inizio al gioco;
   inutile dire che il proliferare di gruppi che scimmiottano l'originale, fa correre il rischio concreto di emulazione di questa pratica da parte di tanti ragazzi che hanno voglia di emozioni forti;
   una ragazza di soli 13 anni di Pescara è oggi ricoverata all'ospedale pediatrico Salesi di Ancona, centro di riferimento per le malattie neuropsichiatriche infantili. Ha raccontato che è tutto vero, che ha superato tutte le prove delle sofferenze auto-inflitte, prima di quell'ultimo step che la terrorizzava: buttarsi dall'ottavo piano di un palazzo. I segni che ha sulle braccia sono inequivocabili. Per fortuna si è fermata in tempo, aiutata dalle amiche e dalla famiglia –:
   se non ritenga di dover assumere iniziative per attivare forme di collaborazione con le autorità di polizia europee al fine di capire l'effettiva portata del fenomeno descritto;
   cosa si stia facendo per arginare questo fenomeno in Italia;
   se si intendano assumere iniziative per bloccare tutte le pagine internet dalle quali si accede a questo tipo di percorsi, vere e proprie esche per adolescenti fragili e in difficoltà. (4-16736)

  Risposta. — La polizia postale e delle comunicazioni in questi ultimi mesi è impegnata, tanto d'iniziativa che sulla base di specifiche segnalazioni, a valutare, attraverso il monitoraggio della rete internet, l'effettiva portata del fenomeno del «blue whale», che desta allarme sociale e ha avuto una vasta eco sugli organi di informazione.
  Tale pratica avrebbe come obiettivo, per chi la conduce in rete in qualità di «curatore», di coinvolgere i partecipanti in atti di autolesionismo, inducendo comportamenti sempre più pericolosi fino a determinare nelle vittime intenzioni suicide.
  L'attività della polizia postale e delle comunicazioni mira ad identificare persone o gruppi di persone eventualmente coinvolti in tale fenomeno, per prevenire l'esposizione di bambini e ragazzi ad un rischio per la loro incolumità connesso alla frequentazione della rete. Nel contempo, ai medesimi fini, viene svolta una raccolta centralizzata delle segnalazioni.
  Sono state ricevute finora dalla polizia postale e delle comunicazioni circa 170 segnalazioni relative al fenomeno. Gli accertamenti disposti, volti alla tempestiva localizzazione delle vittime e alle verifiche investigative e tecniche necessarie, hanno fatto emergere che la percentuale dei casi qualificanti ipotesi di reato, come l'istigazione al suicidio o il procurato allarmerò inferiore al delle segnalazioni pervenute.
  Si informa che nel portale del commissariato di pubblica sicurezza on line è stata resa operativa una stanza virtuale dedicata, per rivolgere consigli ai genitori e ai ragazzi e illustrare i pericoli emergenti in rete, agevolare le segnalazioni e sensibilizzare gli utenti, anche grazie all'ausilio specialistico di psicologi della Polizia di Stato.
  È peraltro evidente che la prevenzione di qualsiasi forma di uso distorto e pericoloso del web, che costituisca espressione di disagio e vulnerabilità giovanile – compreso il fenomeno qui in esame – richiede anche il coinvolgimento attivo del mondo della scuola, delle famiglie e dell'associazionismo. In tal senso, la tematica della «balena blu» è stata inserita nella campagna che gli uffici della citata struttura specialistica della Polizia di Stato svolgono nelle scuole per un uso consapevole del web.
  In conclusione si ribadisce il costante impegno per prevenire e contrastare la diffusione di tale fenomeno, assicurando che i contenuti di rilevanza penale ad esso eventualmente connessi, rinvenuti all'interno degli spazi e servizi di comunicazione online, saranno prontamente riferiti all'autorità giudiziaria.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.