XVII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
in questi ultimi anni l'attività in strumenti finanziari derivati dello Stato è stata oggetto di specifico monitoraggio da parte della Camera dei deputati ed, in particolare, della VI Commissione finanze che ha svolto un'indagine conoscitiva, facendo luce su un settore dei mercati finanziari che appare particolarmente complesso soprattutto in relazione alla laboriosità dei procedimenti contrattuali che riguardano tali strumenti;
l'attività di indagine della VI Commissione ha fatto sì che la direzione generale del tesoro assumesse formalmente l'impegno di rendere regolare il flusso informativo attraverso la stesura di un rapporto annuale sulla gestione del debito pubblico;
attraverso questo rapporto si è definito il computo dei sistemi sottostanti all'utilizzo degli strumenti derivati nell'ambito della gestione complessiva, illustrando in modo specifico le operazioni concluse nell'anno di riferimento;
la situazione del debito pubblico italiano, che rimane tra i più alti al mondo fa sì che il nostro Paese sia esposto ai derivati, soprattutto, considerando il fatto che la gestione di strumenti finanziari così delicati sia spesso priva della dovuta informazione e trasparenza;
appare quindi necessario spiegare meglio i diversi impatti non solo finanziari, ma anche di natura contabile sui saldi e sugli stock di finanza pubblica, consentendo di chiarire come si collegano fra loro le diverse pubblicazioni in materia;
le decisioni assunte dalla Bce di mantenere bassi i tassi di interesse, anche di fronte a tassi di crescita altalenanti, non possono essere il pretesto per sottovalutare o comunque non considerare un intervento per ridurre in modo significativo il debito pubblico, facendo in modo che, al termine del Quantitative Easing, i mercati giudichino in modo positivo la sostenibilità del debito pubblico, non esponendo perciò a potenziali rischi l'economia italiana;
abbattere inoltre tutti i filtri di riservatezza, rendendo pubblici tutti i rapporti economici attualmente in essere con il sistema finanziario, fornendo con riferimento ai contratti derivati, informazioni dettagliate relative alla porzione del proprio debito e al profilo temporale del portafoglio deve rappresentare la strada da perseguire da parte delle istituzioni;
nonostante, infatti, siano stati rispettati molti degli adempimenti richiesti dalla riforma della legge di contabilità (legge 4 agosto 2016, n. 163), con l'ottemperanza del dispositivo di cui all'articolo 10, comma 3, lettera f), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, attraverso l'inserimento nel documento di economia e finanze di una disamina degli effetti dei flussi di cassa correlati alla gestione in strumenti derivati, sarebbe ancora necessario intervenire al fine di aumentare la responsabilità degli agenti contabili che si occupano di tali investimenti, individuando con precisione i criteri di responsabilità amministrativa e i soggetti cui imputare eventuali gestioni poco oculate,
impegna il Governo:
1) ad individuare, attraverso gli strumenti a disposizione, forme di pubblicità al fine di fornire elementi di conoscenza e informazione di natura periodica in ordine alle operazioni in strumenti derivati che consentano ex post la possibilità di operare un controllo e una valutazione sulla gestione effettuata;
2) a migliorare la trasparenza in relazione alle informazioni relative ai contratti derivati rendendo noti semestralmente sul sito web del Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi ai predetti strumenti finanziari e ai possibili rischi per la finanza pubblica ad essi connessi;
3) a valutare la possibilità di assumere iniziative per apportare le dovute modifiche normative all'articolo 24 della legge del 7 agosto 1990, n. 241, al fine di riconoscere ai membri del Parlamento la legittimazione all'esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi, fra cui i contratti derivati, per esigenze connesse allo svolgimento dei loro compiti istituzionali.
(1-01670) «Zanetti, Francesco Saverio Romano, Abrignani, Auci, Borghese, D'Agostino, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Marcolin, Merlo, Parisi, Rabino, Sottanelli, Vezzali».
La Camera,
premesso che:
l'utilizzo dei contratti derivati da parte del Ministero dell'economia e delle finanze è inquadrato nell'ambito della gestione del debito pubblico, e dovrebbe essere in primo luogo finalizzato alla minimizzazione dei fattori di rischio sui mercati;
fino al 2005 attraverso l'uso di tali contratti è stato perseguito il duplice obiettivo di contenere il fabbisogno e il deficit attraverso operazioni di rimodulazione dei flussi d'interesse, e di allungare la durata complessiva del debito, mentre a decorrere dalla seconda metà degli anni 2000 le attività in derivati avrebbero dovuto servire esclusivamente questo secondo scopo;
la grande crisi economica che ha interessato l'economia mondiale a partire dal 2008 ha poi prodotto una situazione per cui oggi si sta sopportando il costo di questa sorta di assicurazione, senza che si sia concretizzato lo scenario da cui ci si voleva proteggere, ma anzi con un'evoluzione dei tassi di mercato di segno opposto e mai sperimentata prima in quanto a durata e intensità;
attualmente il portafoglio di strumenti derivati per la gestione del debito emessi dalla Repubblica italiana ammonta a circa centosessanta miliardi di euro ed è pari a circa il nove per cento del totale di titoli di Stato in circolazione;
nel settembre 2016 la procura regionale del Lazio della Corte dei conti ha contestato un danno di 4,1 miliardi di euro ai vertici del Ministero dell'economia e delle finanze per la vicenda dei contratti relativi a derivati firmati con la banca americana Morgan Stanley e chiusi tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012;
agli esponenti del Ministero dell'economia e delle finanze è stato contestato il trenta per cento del danno erariale cagionato allo Stato italiano per effetto di un indebito pagamento alla banca americana Morgan Stanley, cui è stato contestato il restante settanta per cento del danno;
l'accusa mossa dalla Corte dei conti ai dirigenti del Ministero è, infatti, quella di aver messo in campo «operazioni speculative» che avrebbero portato il Tesoro a pagare 3,1 miliardi alla banca d'affari per l'estinzione anticipata degli swap, giudicata illegittima dalla procura contabile;
il pagamento a Morgan Stanley è avvenuto su disposizione del Ministero dell'economia e delle finanze tra la fine del 2011 e i primi mesi del 2012, quando l'Italia stava attraversando la cosiddetta crisi dello spread ed era oggetto di continui declassamenti decretati dalle agenzie di rating alla stregua di dati e valutazioni che la procura di Trani ha ritenuto «colposamente manipolative»;
la vicenda del pagamento alla Morgan Stanley mette in luce il rischio che il denaro dei contribuenti sia incongruamente utilizzato a fini speculativi,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative per una maggiore trasparenza in materia di con atti derivati, rendendo pubbliche, a cadenza periodica, e consultabili, le informazioni circa lo stock di contratti derivati in essere, la titolarità delle controparti, i costi sostenuti, l'impatto sul debito pubblico, la data di estinzione prevista per i singoli contratti;
2) a rendere pubbliche le informazioni relative a quali e quanti contratti derivati siano stati oggetto di estinzione anticipata in seguito al declassamento dell'Italia in termini di rating, chi ne fossero le controparti e quali siano stati i costi aggiuntivi sostenuti.
(1-01671) «Rampelli, Nastri, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
il dipartimento per l'informazione e l'editoria, nell'ambito dei propri compiti istituzionali, stipula contratti con le agenzie di stampa per l'acquisto di servizi giornalistici ed informativi. L'acquisto di tali servizi è sempre avvenuto tramite procedura negoziata ai sensi dell'articolo 57, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;
per l'individuazione dei contraenti abilitati a fornire i servizi di agenzia alle pubbliche amministrazioni statali, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha, da sempre, selezionato le sole agenzie a diffusione nazionale sulla base dei parametri indicati dall'articolo 2, comma 122, della legge 24 novembre 2006, n. 286;
nell'anno 2014 il Governo pro tempore, si era impegnato, in risposta ad una interrogazione del primo firmatario del presente atto a «semplificare ed anche a ridurre» il settore delle agenzie di informazione primaria, ciò attraverso una razionalizzazione della spesa e una riduzione e specializzazione delle agenzie di stampa;
nell'anno 2016 sono entrati in vigore nuovi requisiti per le agenzie di stampa candidate a fornire i loro notiziari al Governo. I requisiti risultano molto più restrittivi rispetto ai precedenti e sono stati approvati con una direttiva sottoscritta in data 19 giugno 2015 dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all'informazione ed all'editoria. Ciò sempre con l'asserito obiettivo di razionalizzare ed ottimizzare la spesa;
la medesima direttiva è stata impugnata innanzi al tribunale amministrativo e nelle more, essendo stata sospesa, si è proceduto con proroghe tecniche semestrali;
in data 6 febbraio 2017 è stata depositata la sentenza n. 2011/2017 con la quale la sezione prima del Tar del Lazio ha deciso in merito alla legittimità della medesima direttiva citata sottolineando come appaia «evidente che la motivazione centrale dell'atto sia costituita da una contrazione dei fondi disponibili, ragione che, tuttavia, è espressa in maniera estremamente generica e non è in alcun modo collegata, in termine di apprezzabile necessità, con individuazione dei nuovi criteri». Per poi aggiungere come tale finalità «avrebbe potuto essere raggiunta anche a mezzo di diverse e meno restrittive previsioni (quali ad esempio il taglio proporzionale dei compensi)»;
la medesima sentenza ha altresì aggiunto come nel testo della delibera resti oscuro il profilo centrale del modo in cui i nuovi criteri si conciliano con il rispetto del pluralismo. La stessa direttiva è stata quindi annullata dal Tar del Lazio;
è stato successivamente indetta la gara a procedura aperta da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento per l'informazione e l'editoria, ai sensi del decreto legislativo n. 50 del 2016, per l'affidamento di servizi giornalistici ed informativi per gli organi centrali e periferici delle amministrazioni dello Stato di cui al bando di gara inviato alla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea il 2 maggio 2017, suddivisa in 10 lotti;
l'ipotesi di far ricorso ad una gara nel comparto delle agenzie di stampa viene ricondotta anche ad una delibera dell'Autorità nazionale anticorruzione, la n. 853 del 20 luglio 2016, nella quale tuttavia si legge «valuti codesta amministrazione il ricorrere dei presupposti per fare luogo a procedura negoziata senza pubblicazione dei bando di gara, lasciando dunque aperto il ricorso ad altre soluzioni»;
il bando citato risulta impugnato dinanzi agli organi della giurisdizione amministrativa;
occorrerebbe chiarire, inoltre, la posizione del responsabile del dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio; infatti, lo stesso è membro della Commissione con il compito di formulare specifiche proposte per la ridefinizione dei principi e delle linee direttive cui la Presidenza del Consiglio dei ministri deve attenersi per la stipula degli atti contrattuali con le agenzie di stampa e di informazione; inoltre, è componente della Commissione che sta valutando le offerte in relazione al predetto bando –:
se non ritenga opportuno fornire ogni elemento utile sui motivi della impugnazione del bando di cui in premessa;
se il citato bando di gara risulti oggetto di esposti all'ANAC;
se risultino impugnazioni avverso il bando di gara relativo all'affidamento di servizi giornalistici e strumentali ad agenzie di stampa con rete di servizi esteri e la loro diffusione all'estero, pubblicato il 16 giugno 2017, e quali elementi intenda fornire al riguardo;
quali siano i suoi orientamenti circa l'eventualità che, per come è stata concepita la formulazione del bando di gara per l'affidamento dei servizi giornalistici ed informativi per gli organi centrali e periferici delle amministrazioni dello Stato, nonostante esso avesse come scopo principale la razionalizzazione della spesa pubblica, la procedura possa comportare un impegno economico per lo Stato superiore rispetto a quello previsto per l'annualità 2014, che, al contrario, avrebbe dovuto essere ridotto;
se intenda chiarire se i contratti stipulati con le agenzie saranno previsti su base semestrale, con conseguenti difficoltà di pianificazione da parte delle agenzie di stampa;
se intenda precisare come mai, nonostante la dichiarata intenzione di razionalizzare il settore (anche sotto il profilo quantitativo) delle agenzie di stampa, la formulazione del bando ha provocato, di fatto, un aumento delle agenzie stesse;
se intenda specificare come mai la formulazione del bando di gara non preveda alcuna specializzazione per le agenzie di stampa;
se non vi sia, ai sensi del disposto di cui all'articolo 77 del nuovo codice degli appalti, una sovrapposizione di cariche in capo al responsabile del dipartimento/ufficio autonomo per la programmazione ed il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri.
(2-01894) «Pizzolante, Bosco».
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
nel capitolo della relazione annuale 2017 dedicato ai crimini ambientali, la direzione investigativa antimafia certifica la perdurante commissione di attività legali e illegali nella gestione dei rifiuti, con particolare riguardo agli incessanti roghi di rifiuti che da anni devastano il territorio nazionale e in particolare il territorio campano;
nella relazione viene specificato che se fino a tempi più recenti i criminali ambientali si rivolgevano alla camorra per l'attività di smaltimento illegale dei rifiuti, oggi dispongono «direttamente di discariche legali dove operare illegalmente», con sponde nei pubblici poteri, in alcuni casi vere e proprie «connivenze con gli organi preposti alla vigilanza» che rendono del tutto vana qualsiasi attività di prevenzione;
con l'avvento della stagione estiva, il territorio nazionale è attraversato puntualmente da incendi boschivi e altri roghi le cui cause, come sottolineato dal dossier annuale di Legambiente «Incendi 2017», afferiscono alle più svariate attività criminali;
il contrasto al fenomeno degli incendi boschivi e dei roghi tossici coinvolge tutti i livelli istituzionali, il più alto dei quali, il Governo nazionale, è stato fortemente indebolito nella sua azione in seguito allo scorporamento del Corpo forestale dello Stato ai sensi della legge n. 14 del 2015, tale per cui esso si trova oggi «frazionato» tra l'Arma dei carabinieri e il Corpo Nazionale dei vigili del fuoco, con relativa carenza di operatività dovuta alla dispersione di risorse che erano state appositamente formate;
il Corpo nazionale dei vigili del fuoco non dispone oggi degli uomini e dei mezzi sufficienti per svolgere la propria fondamentale funzione: sotto il primo profilo, va tenuto conto della carenza di organico, ben al di sotto della media europea, mentre sul fronte dei mezzi si evidenzia la mancanza di autopompe, serbatoi, autoscale e autobotti, molte delle quali fuori servizio e inutilizzabili;
le carenze di uomini e mezzi dei vigili del fuoco si riflettono inevitabilmente sul corretto funzionamento dell'intero sistema di spegnimento, sia a livello aereo sia a livello di terra;
un'altra grave problematica attiene al coordinamento degli interventi, per il quale appaiono necessarie le figure dei direttori delle operazioni di spegnimento degli incendi boschivi (DOS), numericamente ridotte in seguito all'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri;
altre carenze si registrano a livello regionale, per esempio in Campania, dove non risulta ancora approvato il piano anti incendi boschivi (Piano ABI) 2017, e a livello comunale, dove in molti casi non risulta istituito il «catasto con le aree percorse da fuoco», come previsto dalla legge n. 353 del 2000;
merita inoltre segnalare che diverse regioni non hanno proceduto a stipulare le convenzioni che stanziano i fondi di potenziamento del servizio di spegnimento degli incendi;
nei giorni scorsi si sono susseguiti incessantemente roghi tossici nell'area napoletana, nonché incendi boschivi, fra le altre, in Campania, in Calabria, in Sicilia e nel Lazio;
per quanto riguarda la Sicilia, ma anche altre regioni, si riscontra inoltre una drammatica carenza di mezzi antincendio aerei che sembrerebbe in parte anche dovuta allo smembramento del Corpo forestale nazionale;
per quanto riguarda il territorio campano, oltre agli incendi che hanno devastato il Parco Nazionale del Vesuvio, nella notte del 10 luglio 2017 si sono sprigionati roghi tossici nell'area nord di Napoli, a Mento e a Mugnano, e poi ancora nei comuni limitrofi di Qualiano, Villaricca, Casandrino, Mugnano e Calvizzano;
gli organi di stampa riferiscono da tempo dell’«imminente ricorso» ai droni nella strategia di prevenzione e contrasto ai reati ambientali, tuttavia nessuno di questi pare ancora essere in dotazione delle autorità preposte;
il 10 luglio 2017 il presidente della regione Campania e i carabinieri hanno sottoscritto un protocollo d'intesa relativo alle nuove modalità di controllo del territorio mediante uso di droni, tablet e laboratori mobili che dovrebbero consentire, da un lato, l'individuazione dei responsabili dei roghi tossici, dall'altro l'intervento tempestivo delle autorità competenti nella gestione dell'emergenza;
il protocollo d'intesa s'inserisce nel più ampio piano delle azioni per il contrasto al fenomeno dell'abbandono e dei roghi dolosi in Campania (cosiddetto Progetto Iter), con particolare riguardo alla Terra dei fuochi, e prevede che sia la regione Campania, con le risorse disponibili nell'ambito del Programma Por-Fesr 2014/2020, a finanziare l'acquisto di otto droni e degli altri strumenti necessari per effettuare il monitoraggio del territorio, mentre l'Arma dei carabinieri si avvarrà di personale specializzato per l'impiego delle nuove tecnologie –:
quali iniziative immediate si intendano assumere, per quanto di competenza, per contrastare i fenomeni di connivenza fra criminalità ambientale e organi preposti alla vigilanza denunciati nella relazione 2017 della direzione investigativa antimafia;
quali siano lo stato dell'arte e le prospettive a livello nazionale rispetto alla sperimentazione dei droni con finalità di contrasto al fenomeno dei roghi tossici, degli incendi boschivi e, più in generale, dei reati ambientali, e quali siano precisamente le ragioni del ritardo accumulato nel loro utilizzo;
quale sia la effettiva disponibilità e dislocazione dei mezzi antincendio Canadair dichiarata dalla Protezione civile, a chi sia affidata la gestione degli stessi e di quale ente siano i piloti dei suddetti mezzi;
se non si ritenga necessario e urgente assumere iniziative per apportare modifiche o innovazioni normative volte a fare valere la responsabilità degli enti locali inadempienti nella prevenzione del fenomeno di cui in premessa, anche attraverso la previsione di specifici strumenti sanzionatori;
se non si ritenga che vi siano carenze organiche e di mezzi nell'ambito del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché in termini di presenza dei direttori delle operazioni di spegnimento, e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, si intendano assumere al fine di superare rapidamente tali criticità.
(2-01895) «Luigi Gallo, Cozzolino, Fico, Daga, Busto, De Rosa, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Cecconi, Simone Valente».
Interpellanze:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro per gli affari regionali per sapere – premesso che:
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 il Consiglio dei ministri ha definito e aggiornato i livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, garantendo parità di diritti su tutto il territorio nazionale;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è entrato in vigore il 18 marzo 2017;
all'articolo 24, lettera i), del decreto è sancito un diritto fondamentale per le centinaia di coppie italiane affette da infertilità e sterilità: il Servizio sanitario nazionale garantisce consulenza, supporto psicologico e assistenza per la lotta, spesso sine causa, a tali problematiche, nonché l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita;
l'articolo 49 riconosce finalmente quale livello essenziale di assistenza anche la fecondazione eterologa, e la selezione dei gameti; per tali tecniche, è previsto il pagamento di un contributo, un ticket la cui misura dovrà essere fissata dalle regioni;
tali diritti, che attengono ad un aspetto fondamentale nella vita di una coppia, cioè il diritto ad avere un figlio, anche con l'ausilio di tecniche scientificamente avanzate, devono poter essere esercitati in tutto il territorio nazionale, senza disparità di trattamento;
allo stato attuale, le regioni applicano normative con differenti limiti, generando inevitabili discriminazioni: ad esempio Toscana sono garantiti 3 tentativi entro un limite di età di 43 anni; in Sardegna i tentativi sono illimitati ma solo sino a 45 anni;
i nuovi livelli essenziali di assistenza, per quanto attiene le condizioni di erogabilità (allegato 4D del decreto), prevedono un limite di 6 tentativi per la fecondazione omologa, cui si aggiungono ulteriori 6 per la fecondazione eterologa, con un limite di età di 46 anni;
le norme transitorie del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (articolo 64) stabiliscono, però, che le disposizioni in materia di assistenza specialistica ambulatoriale si applichino dalla data di pubblicazione del decreto di approvazione delle tariffe massime delle prestazioni previste dalle disposizioni in materia;
il ritardo nell'approvazione delle tariffe sta vanificando la possibilità di esercitare il diritto costituzionalmente garantito e sta generando disuguaglianza tra le coppie che devono sottoporsi a queste tecniche, con costi che si aggirano tra i 4500 e i 7000 euro per ogni tentativo (i costi si riferiscono ai soli intervento di prelievo dei gameti e trasferimento degli embrioni, escluse visite, farmaci e altro); a solo titolo di esempio, una donna di 45 anni, che avrebbe diritto a usufruire di questo livello d assistenza a carico del Servizio sanitario nazionale rischia di arrivare al compimento del 46o anno senza potersene avvalere;
non è inoltre chiaro se il numero dei tentativi, fissato nel numero di sei, debba essere calcolato retroattivamente;
l'ingiustificato ritardo sta generando una notevole confusione tra le centinaia di pazienti, anche a causa di informazioni discordanti fornite dalle regioni e dai centri per la procreazione medicalmente assistita –:
se il Governo non intenda accelerare i tempi di definizione e pubblicazione del decreto ministeriale per la definizione delle tariffe massime delle prestazioni di cui in premessa, che consentirebbe la piena applicabilità delle disposizioni in materia di assistenza specialistica ambulatoriale, stante un ingiustificabile ritardo che sta vanificando la possibilità di esercitare un diritto costituzionalmente garantito quale quello alla procreazione;
se non si intendano assumere iniziative per prevedere nel decreto il rimborso delle somme eventualmente sostenute da coloro che avrebbero avuto i requisiti per l'accesso alla copertura del Servizio sanitario nazionale alla data del 18 marzo 2017, nonché per far decorrere il limite dei 6 tentativi dalla data di approvazione delle tariffe.
(2-01890) «Pili».
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
il 18 dicembre 2015 l'attuale Sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi, del PD, membro del Governo pro tempore, solennemente garantì alla Camera dei deputati e all'intera nazione, la sua assoluta estraneità alla questione relativa alla Banca Etruria e del Lazio, una banca popolare con sede principale in Arezzo;
nella provincia vive la famiglia della Sottosegretaria, il cui padre, già membro del consiglio di amministrazione dell'istituto in rappresentanza del mondo agricolo e delle cooperative, poco tempo dopo la nomina a Ministro della Repubblica della figlia, ne divenne vicepresidente;
nel clima di polemica politica, in molti, ipotizzavano un interessamento dell'allora Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento nelle vicende della Banca del suo territorio, ma soprattutto interessava la posizione del padre impegnato a togliere l'istituto dalle «sabbie mobili» in cui si trovava e che sembravano coinvolgerlo, come poi è accaduto, anche personalmente. Il Ministro pro tempore, nel suo intervento, garantiva sulla «sua onestà», anzi «sfidava» i colleghi sull'argomento assicurando che non aveva favorito in alcun modo il padre vicepresidente dell'istituto, garantendo in caso contrario pronte dimissioni, a prescindere da avvisi di garanzia, iniziative giudiziarie o altro: «Non c’è alcun conflitto d'interessi, né favoritismo, né corsia preferenziale (...) non ho tutelato la mia famiglia (...) si dimostri che ho favorito (...) mi si dica che son venuta meno ai miei doveri istituzionali e sarò la prima a lasciare»;
senonché un noto giornalista, direttore di quotidiani di assoluta rilevanza e prestigio, scrive in un suo libro di recente pubblicazione che le cose non sarebbero come la Sottosegretaria Boschi dichiarò in Parlamento. Il Ministro in realtà avrebbe «messo le mani» sulle questioni del padre (che si impegnava a fondo, come risulta da atti incontroversi, sulle iniziative per Banca Etruria), interpellando, per un intervento su Banca Etruria, l'amministratore delegato di un importante istituto nazionale. La smentita dell'allora Ministro Boschi veniva però posta nel nulla dall'ex Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che, non solo, ha scritto nel suo ultimo libro ma ha anche dichiarato a più riprese sui media a proposito dell'interessamento di Boschi sulle faccende di Banca Etruria che in quel periodo tutti si interessavano di banche;
è poi emerso senza smentite, né precisazioni di sorta, che nel corso dell'anno 2014, in casa Boschi il Ministro, il di lei padre, l'allora presidente dell'istituto, l'ex deputato Dc, Fornasari, si riunirono insieme all'amministratore delegato di Veneto Banca per valutare nella massima riservatezza come, con l'appoggio del Governo, si potesse fare fronte alle richieste di Bankitalia;
anche recenti dichiarazioni di esponenti politici di maggioranza riportate dai media hanno smentito il Ministro Boschi, sulla sua estraneità alle questioni di Banca Etruria;
ancora, dalle intercettazioni telefoniche apparse sui media e relative ai colloqui telefonici del padre della Sottosegretaria Boschi si evincono frasi che sembrerebbero confermare un fitto dialogo in merito ai problemi di Banca Etruria e ad altre banche e ai relativi possibili interventi governativi –:
se il Presidente del Consiglio sia a conoscenza dei fatti qui sommariamente esposti;
se non ritenga, nel caso in cui emerga una concreta responsabilità del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, di invitarla a lasciare l'incarico di Governo, mantenendo fede alla parola data in Parlamento di fronte al popolo italiano;
se non intenda, su questo impegnativo tema del comportamento e delle dichiarazioni della Sottosegretaria Maria Elena Boschi fornire urgentemente ogni utile ulteriore elemento.
(2-01893) «Bianconi».
Interrogazione a risposta orale:
ZACCAGNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
a quanto risulta all'interrogante, una delle maggiori aziende farmaceutiche del mondo, Merck Sharp & Dohme (MSD), leader nella lotta contro le malattie prevedibili con vaccinazione, ha elargito un consistente finanziamento a favore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma per la chiamata diretta di un professore di prima fascia nel settore scientifico igiene generale e applicata della facoltà di medicina e chirurgia. La Merck Sharp & Dohme ha da sempre ricoperto un ruolo chiave all'interno del settore mettendo a disposizione dei cittadini di tutto il mondo centinaia di milioni di dosi di vaccini e sperimentando nei suoi laboratori soluzioni innovative alle maggiori criticità di sanità pubblica globale; anche l'Italia è un Paese che sta divenendo in questo mercato sempre più protagonista, con centri di ricerca altamente qualificati di produzione ed esportazione in tutto il mondo; i dati forniti da Farmindustria indicano che la crescita dell’export, nel settore dei vaccini, è stata del 174 per cento, nel periodo dal 2008 al 2014;
l'Università Cattolica vede fra i propri autorevoli docenti il professor Walter Ricciardi, professore ordinario di igiene generale ed applicata (attualmente in aspettativa), direttore dell'istituto di sanità pubblica fino al 2015 ed ora presidente dell'Istituto superiore di sanità, Iss, l'organo tecnico-scientifico del servizio sanitario nazionale. L'Iss ha svolto un ruolo significativo nella predisposizione del piano nazionale per la prevenzione vaccinale 2017-2019, in particolare all'interno del gruppo di lavoro interistituzionale «strategie vaccinali», e lo stesso professor Ricciardi, nella veste di presidente dell'Istituto superiore di sanità, ha svolto un ruolo attivo di supporto tecnico-scientifico nella predisposizione del decreto-legge n. 73 del 2017 sui vaccini, in corso di esame al Senato, e nella valutazione degli emendamenti al primo articolo dello stesso, partecipando al dibattito con convegni e dichiarazioni e attraverso stampa e tv;
l'Istituto superiore di sanità, Iss, è l'unico organo tecnico-scientifico che si è pronunciato in data 4 luglio 2017 rispetto all'emendamento 1.1000 della relatrice al decreto-legge n. 73 del 2017 sulla modifica dell'articolo 1, comma 1, in merito alla obbligatorietà dei vaccini e all'accesso a scuola; la nota dell'Iss al riguardo, si limita peraltro ad affermare la piena rispondenza dell'emendamento rispetto alle problematiche del Paese, senza riportare alcun dato o valutazione tecnico-scientifica, rinviando a quanto rappresentato dall'Iss stesso «negli ultimi tre anni», nonostante il dibattito sulla non coerenza di alcuni dati riportati nella relazione illustrativa del decreto-legge n. 73 del 2017 rispetto ai dati pubblicati dallo stesso Iss; l'emendamento 1.1000 della Relatrice, a quanto risulta all'interrogante, non è stato valutato dagli altri organismi facenti parte del gruppo di lavoro interistituzionale «Strategie vaccinali» –:
se non reputino opportuno adoperarsi per evitare il formarsi di situazioni di conflitto di interesse, anche solo potenziale, su fatti riguardanti una materia così delicata come quella della prassi vaccinale, al fine di tutelare la credibilità delle istituzioni agli occhi dell'opinione pubblica, a tal fine assumendo le iniziative di competenza per sollevare il professor Gualtiero Walter Ricciardi, già oggetto di altre interrogazioni parlamentari, dall'incarico di presidente dell'Istituto superiore di sanità;
posto che all'interrogante pare configurarsi una violazione formale e sostanziale della normativa sui conflitti di interesse e sulla trasparenza, di quali elementi dispongano circa il finanziamento privato messo a disposizione dalla Merck Sharp & Dohme, per la chiamata diretta di un professore di prima fascia presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore. (3-03171)
Interrogazione a risposta in Commissione:
PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
a seguito di un sopralluogo dell'interrogante nel cuore di Cagliari, sotto la sede centrale del Banco di Sardegna di viale Bonaria a Cagliari è stata accertata la presenza di un vero e proprio ghetto;
si tratta di una situazione di una gravità inaudita con rischi gravi e latenti che riguardano non solo i cittadini cagliaritani ma chiunque sia costretto a transitare in quell'area trasformata in un dormitorio permanente a cielo aperto, utilizzato soprattutto da migranti e senzatetto;
si registrano decine di persone che da settimane hanno trasformato quell'area nel centralissimo viale Bonaria in un vero e proprio ghetto, dove avviene di tutto, con condizioni igienico sanitarie gravissime;
è impensabile che sindaco, prefetto e la stessa regione non si occupino di questa situazione considerato che si tratta dell'esito di quella che appare all'interrogante un'accoglienza fasulla, decantata in tutti questi mesi;
si tratta di una vera e propria zona franca dentro la città dove il degrado, l'abbandono, il malessere sociale regnano indisturbati;
si tratta di argomenti che per taluni non bisognerebbe affrontare per non creare difficoltà alle istituzioni che dovrebbero occuparsene ossia i Ministri competenti e il sindaco, che sembrano ignorare il degrado che cresce giorno dopo giorno, in ogni angolo della città capitale della Sardegna, in seguito ad una gestione fallimentare della cosiddetta accoglienza;
la ghettizzazione dei migranti non può essere più sottaciuta;
i veri razzisti sono coloro che concepiscono questo tipo di accoglienza, consentendo la creazione di ghetti pericolosi sotto ogni punto di vista, sia al centro che alla periferia di una città;
si tratta di un razzismo messo in atto da parte di coloro che speculano su questa povera gente e poi lasciano che le città siano occupate da degrado di ogni genere;
l'interrogante ha pubblicato le immagini di tale abbandono, perché non si può in alcun modo stare in silenzio dinanzi a questo degrado assoluto;
non ci sono parole per quello che succede dentro il cuore della città di Cagliari;
questa non è accoglienza, è degenerazione;
non sono più tollerabili, secondo l'interrogante, ignavia, sufficienza o menefreghismo –:
se il Governo non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza attraverso le strutture preposte, al fine di ripristinare le condizioni di sicurezza per quell'area della città di Cagliari;
se il Governo non ritenga di dover assumere iniziative urgenti e indifferibili per eliminare ogni situazione di ghettizzazione di migranti e senza tetto.
(5-11876)
Interrogazioni a risposta scritta:
PARENTELA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
si apprende dal dossier incendi 2017 di Legambiente che in Italia, nell'ultimo mese, sono più di 26 mila gli ettari di boschi bruciati, pari al 98,3 per cento della superficie distrutta dalle fiamme nell'intero 2016 e ci sono già due vittime in Calabria;
l'articolo 3 della legge quadro in materia di incendi boschivi, legge n. 353 del 2000, ha disposto l'approvazione da parte delle regioni dei piani regionali per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi da sottoporre a revisione annuale. Il presidente Mario Oliverio, ad esempio, in relazione agli incendi che in modo diffuso e preoccupante stanno colpendo, in questi giorni, molte zone della Calabria, ha costituito una unità di crisi con la partecipazione dei dipartimenti regionali interessati, Calabria verde, la protezione civile regionale ed il Comando dei vigili del fuoco; ciononostante, l'azione di contrasto alle fiamme nei boschi del cosentino si è rivelata finora fallimentare;
i danni provocati dagli incendi, come al solito, risultano aggravati dalla scarsa disponibilità di mezzi. Ogni anno migliaia di ettari di bosco vengono distrutti da incendi dolosi e colposi e non è solo la Calabria a farne le spese ma l'Italia tutta. Le stime degli ultimi trenta anni sono spaventose: circa il 12 per cento delle aree forestali italiane sono andate in fumo;
nonostante la palese necessità di incrementare nei numeri la flotta aerea antincendio dello Stato, anche per il 2017, non risultano iniziative che prevedano un aumento della disponibilità di mezzi aerei per far fronte agli incendi boschivi;
una relazione pubblicata in data 24 febbraio 2015 dalla Corte dei conti europea rivela che i fondi dell'Unione europea per la prevenzione di incendi boschivi e la ricostituzione di foreste danneggiate da calamità naturali e incendi non sono stati gestiti in modo sufficientemente adeguato. Nel rapporto la Corte sottolinea, inoltre, che gli interventi di prevenzione, che rappresentavano oltre l'80 per cento degli 1,5 miliardi di euro di fondi disponibili per il periodo 2007-2013, non erano sufficientemente mirati e che agli obiettivi ambientali è stata attribuita scarsa priorità durante la selezione degli interventi e talvolta essi sono stati trascurati durante la fase di attuazione –:
quale sia l'ammontare delle risorse già stanziate, la natura degli interventi finora adottati e se non ritenga che sia diventato improcrastinabile un incremento della flotta aerea antincendio;
se non si ritenga urgente assumere iniziative per rivedere la tabella A del decreto legislativo n. 177 del 2016 al fine di incrementare le dotazioni organiche trasferite dal Corpo forestale dello Stato ai vigili del fuoco; parimenti, se non si intenda trasferire un maggior contingente di mezzi terrestri ed aerei dell'ex Corpo forestale dello Stato ai vigili del fuoco;
se non si intenda dichiarare lo stato di emergenza in relazione agli incendi che, in questi giorni, stanno devastando in particolar modo la Calabria. (4-17351)
ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
il 13 luglio 2017 è stato pubblicato il dossier incendi 2017 di Legambiente dal quale emerge che da metà giugno ad oggi, 26.024 ettari di superfici boschive sono state distrutti dagli incendi, pari al 93,8 per cento del totale della superficie bruciata in tutto il 2016;
l'incremento degli incendi nella stagione 2017 appare giustificato anche per effetto delle trasformazioni organizzative seguite all'emanazione del decreto legislativo n. 177 del 2016 che ha determinato l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
il decreto, infatti, ha suddiviso tra i due Corpi le funzioni dell'ex Corpo forestale dello Stato, assegnando quelle investigative e repressive ai carabinieri e le attività di contrasto degli incendi boschivi e il coordinamento degli spegnimenti ai vigili del fuoco;
purtroppo, però, le nuove funzioni assegnate al Corpo dei vigili del fuoco – finora dislocato soprattutto nei principali centri urbani, con pochi distaccamenti nelle aree montane – non sono state accompagnate da un incremento di personale specializzato e dalla dotazione idonea e adeguata di mezzi in grado di intervenire nelle aree montane;
per questo motivo e considerando che già nei primi mesi del 2017 le richieste di intervento per incendi avevano raggiunto il record decennale, la situazione doveva essere affrontata per tempo e con risorse adeguate;
invece, soltanto a metà giugno 2017 il Presidente del Consiglio dei ministri ha emanato e trasmesso alle regioni l'annuale direttiva per le «Attività antincendio boschivo per la stagione estiva 2017. Individuazione dei tempi di svolgimento e raccomandazioni per un più efficace contrasto agli incendi boschivi, di interfaccia e ai rischi conseguenti» (Gazzetta Ufficiale n. 137 del 15 giugno 2017). Un'azione che, soprattutto in questo anno di modifiche normative e di incremento degli incendi, per essere efficace, avrebbe dovuto essere accompagnata da altri interventi a livello nazionale che ancora non sono stati messi in campo;
per rendere pienamente operativo il decreto legislativo n. 177 del 2016 mancano infatti:
un decreto ministeriale – che avrebbe dovuto essere adottato entro il 14 novembre 2016 – del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, per definire le risorse finanziarie, i beni immobili, gli strumenti, i mezzi, gli animali, gli apparati, le infrastrutture e ogni altra pertinenza del Corpo forestale dello Stato che sono trasferiti alle altre amministrazioni, tra cui quelle da destinare ai vigili del fuoco per le attività di antincendio boschivo;
un decreto ministeriale – che avrebbe dovuto essere adottato entro il 13 dicembre 2016 – del Ministero dell'interno, d'intesa con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministero dell'economia e delle finanze, per l'individuazione, nell'ambito dei vigili del fuoco, del servizio antincendio boschivo e la sua articolazione in strutture centrali e territoriali, e l'attività di coordinamento dei nuclei operativi speciali e dei centri operativi antincendio boschivo del Corpo forestale dello Stato, trasferita ai vigili del fuoco –:
se il Governo non ritenga urgente completare, con l'adozione dei decreti attuativi necessari, il passaggio di competenze del Corpo forestale dello Stato, del personale, degli strumenti e dei mezzi riguardanti l'antincendio boschivo, in modo da garantire su tutto il territorio l'adeguata gestione dell'emergenza e svolgere l'attività di prevenzione;
se il Governo non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per concertare con la Conferenza delle regioni l'elaborazione di una convenzione quadro che permetta al Corpo nazionale dei vigili del fuoco di semplificare la stipula, regione per regione, di specifiche convenzioni, al fine di poter svolgere al meglio, per tempo e in piena efficienza, i nuovi compiti assegnati, anche attivando personale ausiliario nei periodi critici. (4-17356)
CAUSIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 19, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 4 agosto 2006 ha istituito il fondo per le politiche della famiglia; successivamente, l'articolo 1, commi 1250 e 1251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), tra i vari interventi, ha previsto disposizioni per il sostegno alle adozioni internazionali e il pieno funzionamento della Commissione adozioni internazionali (CAI);
l'articolo 1, comma 411, della legge di stabilità 2016 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un autonomo fondo per le adozioni internazionali e, dunque, il fondo per le politiche per la famiglia – presso il quale le risorse per il sostegno alle adozioni internazionali erano finora appostate – è stato conseguentemente ridotto di pari entità dal comma 412. La gestione del fondo per le adozioni internazionali è stata assegnata al segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri;
per coordinamento, il comma 413 dell'articolo 1 della citata legge di stabilità ha eliminato dalle finalizzazioni del fondo per le politiche della famiglia, previste dalla legge finanziaria 2007, il sostegno alle adozioni internazionali e alla relativa Commissione;
la Commissione per le adozioni internazionali (CAI) presso la Presidenza del Consiglio è l'autorità centrale in materia di adozioni internazionali nel nostro Paese e garantisce che le adozioni dei bambini stranieri avvengano nel rispetto dei principi stabiliti dalla Convenzione dell'Aja del 1993;
l'8 giugno 2016, il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento pro tempore, Maria Elena Boschi, in risposta ad una interrogazione a risposta immediata in Assemblea ha sostenuto che «nell'ambito delle risorse relative al 2016, oltre ai 15 milioni già previsti, ci sono anche 7 milioni e mezzo, derivanti dai riporti relativi alle annualità precedenti, che sono sempre destinati ai rimborsi e quindi relativi alle adozioni internazionali, ma per quanto riguarda le spese sostenute dalle famiglie. A questi 7 milioni e mezzo si aggiungono 12 milioni e mezzo, sempre nell'ambito del Fondo per le adozioni internazionali, che sono destinati appunto ai rimborsi per le spese sostenute»;
sul sito della Commissione adozioni internazionali è stato pubblicato in data 12 luglio 2017 una nota attraverso la quale «si comunica che sono in corso i rimborsi delle spese sostenute per le adozioni conclusesi nell'anno 2011 che saranno integralmente liquidati entro la fine del corrente anno 2017, nel rispetto dei criteri fissati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 agosto 2011 (...) non vi è stato alcun provvedimento analogo che preveda il rimborso delle spese sostenute per le adozioni concluse dopo il 31 dicembre 2011. Pertanto, attualmente non verrà dato seguito ad ogni eventuale istanza di rimborso relativa agli anni successivi al 2011»;
i minori entrati in Italia per adozione dal 1o gennaio 2012 al 31 dicembre 2015 sono stati 10.353 e dunque, anche alla luce del dato riportato, ad avviso dell'interrogante, il mancato rimborso delle spese sostenute per le adozioni concluse dopo il 31 dicembre 2011 mostra una palese discriminazione nei confronti di tutte quelle famiglie che accolgono minori abbandonati –:
se il Governo non intenda fare chiarezza circa la decisione assunta in merito ai rimborsi delle spese sostenute per le adozioni conclusesi negli anni successivi al 2011 e se non intenda intraprendere le opportune iniziative al fine di garantire che il fondo per le adozioni internazionali possa mantenere la finalità di rimborsare le spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della procedura di adozione del minore straniero. (4-17360)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta scritta:
FANTINATI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi, un articolo di stampa riferiva che ad un quindicenne di Montagnana, comune in provincia di Padova, nel corso di un esame del sangue sono stati riscontrati 294,7 nanogrammi Pfoa per millilitro di sangue contro il limite fissato tra 1,15 e 8;
le analisi del ragazzo, uno dei 76 soggetti tra i 14 e i 65 anni sottoposti allo screening regionale, hanno mostrato uno sforamento di oltre 35 volte il limite consentito dalla legge;
questo è solo l'ultimo, in ordine di tempo, dei tanti casi di ragazzini esposti alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche in Veneto;
il 12 luglio 2017, una delegazione delle famiglie che hanno fondato il «Comitato Zero Pfas Montagnana», ha portato le analisi del sangue dei loro figli alla sede di Treviso dei carabinieri del Noe;
la caratteristica che rende pericolose queste sostanze è il fatto che si accumulano non nel grasso, ma nel sangue e nel fegato, rendendosi così biologicamente più disponibili, con lunghi tempi di escrezione dall'organismo; ciò favorisce l'insorgenza di neoplasie renali, al testicolo, oltre al diabete, alle malattie cardiovascolari e all'Alzheimer, e rappresenta un grave rischio anche per le gestanti;
l'attuale direttiva 1998/83/CE sull'acqua potabile è oggetto di valutazione e in Italia il Ministero della salute ha stabilito un livello massimo di Pfas nelle acque ad uso umano di 500 nanogrammi/litro, mentre in altri Paesi esso è decisamente inferiore: in Germania, ad esempio, è di 100ng/l, in New Jersey (USA) 40ng/l. Sono allarmanti i dati emersi dai biomonitoraggi sui residenti dell'area contaminata in Veneto, con valori preoccupanti soprattutto nei ragazzi quattordicenni rispetto ai loro coetanei residenti in altre aree;
sono trenta i comuni distribuiti tra le province di Vicenza, Verona e Padova interessati dall'inquinamento delle acque superficiali e delle falde acquifere, alcune di queste destinate anche alla produzione agroalimentare e zootecnica –:
quali iniziative di competenza si intendano adottare, anche di concerto con la regione Veneto, per affrontare questa emergenza e favorire una soluzione strutturale del problema, localizzando e vietando tutti gli scarichi di Pfas nelle aree colpite da fenomeni di contaminazione, nonché individuando, contestualmente, altre fonti di approvvigionamento idrico potabile. (4-17353)
PALESE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
si apprende da notizie di stampa (La Gazzetta del Mezzogiorno e Lecce del 1o luglio 2017) che per l'ennesima volta negli ultimi anni, sulla costa salentina, in località San Leonardo, nei pressi dello scarico in mare del depuratore consortile di Gallipoli, è stata avvistata dai bagnanti, e fotografata, una chiazza di colore marrone in mare, sottocosta, presumibilmente contenente sostanze provenienti dallo scarico del suddetto depuratore;
la cosa desta preoccupazione nei cittadini e nei turisti anche perché, pur non verificandosi tale situazione da parecchio tempo, ormai da anni, in presenza di condizioni atmosferiche, venti e moto ondoso di un certo tipo, i reflui del depuratore finiscono di fatto sottocosta;
da situazione è stata anche oggetto di una sentenza del Tar Lecce di febbraio 2013 quando, su ricorso presentato dal sindaco di Gallipoli, il Tar condannò la regione Puglia e autorità competenti, sollecitandoli a trovare una soluzione definitiva entro 90 giorni;
da allora non risulta che ciò sia avvenuto e, invece, continuano a registrarsi avvistamenti in mare di chiazze marroni e maleodoranti e denunce di cittadini istituzioni locali –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione denunciata in premessa;
se il Ministro non ritenga di dover attivare tutte le iniziative di competenza finalizzate alla verifica di quanto denunciato anche tramite ispezioni e prelievi di acqua marina nella località indicata, da parte del Noe o di altre strutture statali deputate al controllo e alla tutela della salute dei bagnanti;
di quali elementi disponga il Governo circa gli interventi effettuata in esecuzione della sentenza sopracitata per evitare lo scarico sotto costa di sostanze inquinanti. (4-17362)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazione a risposta in Commissione:
SGAMBATO, VALIANTE, MANFREDI, GNECCHI, D'OTTAVIO, ZAN, D'INCECCO, PORTA e GARAVINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
l'anfiteatro campano di Santa Maria Capua Vetere è un anfiteatro di epoca romana, secondo per dimensioni solo al Colosseo, cui probabilmente servì come modello, essendo stato verosimilmente il primo anfiteatro del mondo romano;
da circa due anni l'arena è inaccessibile per motivi di sicurezza, legati alla mancanza di restauro e manutenzione del tavolato;
vi è il serio pericolo che, qualora non saranno effettuate opere di sostituzione ed integrazione del tavolato, potrebbe essere inibito l'accesso ai sotterranei, uno dei principali motivi di attrazione e singolarità del monumento;
l'impossibilità di utilizzare tale area rende il monumento privo di uno dei luoghi più suggestivi per la presentazione di spettacoli e stagioni teatrali di elevato valore artistico e culturale;
come ulteriore fattore di degrado c’è la mancanza della manutenzione del verde dell'area archeologica e del diserbo delle parti costruite (in particolare, della cavea) che rende ancora più visibili le condizioni precarie del sito;
a maggior ragione, sono urgenti ed indifferibili le opere sopracitate atteso che si registra una sempre maggiore attenzione del pubblico verso questo anfiteatro, dimostrato dall'incremento del flusso di visitatori e dall'attenzione positiva che i media nazionali ed internazionali rivolgono al sito archeologico;
appare improcrastinabile, dunque, la realizzazione di interventi urgenti per la tutela e la fruizione completa del sito, così come rilevato anche dalla VII Commissione della Camera, in occasione della missione nel sito svolta in data 25 maggio 2017;
va segnalata anche l'assenza di personale Ales per la custodia, la manutenzione e la valorizzazione del sito: tali unità lavorative potrebbero ben integrare quelle attualmente in servizio ed assicurare la manutenzione del verde e il diserbo dell'area archeologica dell'anfiteatro –:
se sia a conoscenza di tale situazione di degrado;
se non ritenga opportuno assumere iniziative per inserire con urgenza un progetto di restauro dell'anfiteatro campano di Santa Maria Capua Vetere nel quadro dei finanziamenti di cui ai fondi strutturali ancora a disposizione o eventualmente prossimi ad essere disponibili, consentendo la realizzazione di lavori indispensabili ed indifferibili per la messa in sicurezza e l'utilizzo dell'arena;
se non ritenga opportuno assumere iniziative per inserire nei prossimi progetti Ales anche il sito di Santa Maria Capua Vetere che comprende l'area archeologica dell'anfiteatro campano e della piazza Adriano, il museo dei Gladiatori e il museo archeologico dell'antica Capua e il Mitreo. (5-11878)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta in Commissione:
PRESTIGIACOMO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il libero consorzio comunale di Siracusa è un libero consorzio comunale di 403.985 abitanti della Sicilia, con capoluogo Siracusa, subentrato nel 2015 alla soppressa provincia regionale;
in una lettera inviata dal commissario, dottor Giovanni Arnone, il 1o febbraio 2017 al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e finanze, oltre a tutte le autorità regionali, viene illustrata la pesante situazione di indebitamento dell'ente;
un contributo straordinario della regione siciliana pari a 15.400.00 euro ha consentito, nel mese di dicembre 2016, di pagare gli stipendi ai dipendenti che non percepivano i salari dal mese di luglio;
le entrate delle ex province hanno subito, in questi ultimi esercizi finanziari, costanti decurtazioni dovute al prelievo forzoso destinato al risanamento e alla stabilizzazione della finanza pubblica;
i trasferimenti dello Stato all'ente sono passati da 16.615.352,42 euro per l'anno 2010, e progressivamente, a 12.817.046,6 euro per il 2011, a 5.068.301,36 per il 2012, fino al prelievo forzoso di ben 19.413.227,41 euro per l'anno 2016;
le somme residue dovute per il periodo 2015-2016 ammonterebbero a 16.352.530,58 euro, e il prelievo forzoso previsto per il 2017 sarebbe di 22.000.000 euro con un saldo di esercizio negativo pari a 38.352.530,58, che non può che paralizzare drasticamente l'intera attività dell'ente;
a fronte di queste somme, lo Stato, mediante l'Agenzia delle entrate, continua ad operare il recupero forzoso, trattenendo le quote dell'imposta sulle assicurazioni per la responsabilità civile auto e dell'imposta provinciale di trascrizione dei veicoli, provocando, di fatto, l'azzeramento delle entrate proprie del libero consorzio e il blocco di tutte le attività degli stessi uffici;
l'ente, penalizzato da questo enorme drenaggio, non potrà corrispondere gli emolumenti ai propri dipendenti, provvedere alla manutenzione della viabilità secondaria, finanziare le spese relative all'istruzione scolastica superiore e universitaria, garantire assistenza ai soggetti disabili, e sarà impossibile fornire il carburante dei mezzi alla polizia municipale, alla protezione civile e al personale per il controllo ambientale;
sul libero consorzio gravano, inoltre, rate di mutui pari 6.500.000 euro annui fino al 2044; i debiti fuori bilancio raggiungono somme elevate; in assenza di fondi non sarà possibile rispettare i piani di rientro per i principali fornitori (Enel, Telecom) e ad oggi sono state disabilitate tutte le linee per chiamate esterne;
l'ammontare complessivo di tali debiti è difficilmente quantificabile, ma sicuramente, a quanto consta all'interrogante, si tratta di almeno 100 milioni di euro;
in queste condizioni non si potrà fronteggiare nessuna situazione di emergenza; è la paralisi economica e sociale, e l'angoscia e lo sconforto irrompono su centinaia di lavoratori e famiglie che vedono mortificate le loro vite e il loro futuro –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della drammatica situazione determinata dal prelievo forzoso che impedisce al consorzio siracusano di adempiere alle proprie funzioni, in quanto totalmente privato delle risorse finanziarie necessarie;
se non ritenga, per quanto di competenza, di adottare urgentissime iniziative straordinarie sul piano finanziario attivandosi al fine di sospendere immediatamente il prelievo forzoso. (5-11877)
Interrogazione a risposta scritta:
FEDRIGA, ALLASIA, BUSIN, GRIMOLDI, GUIDESI, MOLTENI, GIANLUCA PINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
da notizia di stampa si apprende la situazione di circa 55.000 piccoli autotrasportatori che, vittime dell'ennesimo caso di mala burocrazia, saranno costretti a versare nelle casse dello Stato più di quanto effettivamente dovuto;
nello specifico, come spiega anche l'associazione degli artigiani e delle piccole e medie imprese, in base a quanto stabilito dall'articolo 66, comma 5, del Tuir (decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917), le piccole attività di autotrasporto con un volume di affari non superiore a 400.000 euro possono usufruire di deduzioni forfettarie per le spese non documentate. Di norma, ogni anno, prima della scadenza del pagamento delle imposte relative alla dichiarazione dei redditi, l'Agenzia delle entrate comunica gli importi usufruibili delle deduzioni forfettarie. I piccoli autotrasportatori possono quindi utilizzare tali importi per la determinazione del reddito;
si tratta di una platea di contribuenti composta per la quasi totalità da aziende artigiane che, per il 51 per cento, si concentrano in quattro regioni del Nord Italia: Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna;
quest'anno però, il provvedimento dell'Agenzia fiscale è stato pubblicato 4 giorni dopo il 30 giugno, ossia 4 giorni dopo la scadenza per il versamento, senza aggravio, delle imposte;
dunque, gli autotrasportatori non hanno potuto operare il versamento ed ora potranno usufruire delle agevolazioni previste solo con la scadenza del 31 luglio e con una maggiorazione dello 0,4 per cento;
l'importo si aggira intorno a 50 euro per ciascun contribuente, per un totale di quasi 3 milioni di euro in più che entreranno nelle casse dell'erario;
in questo modo, un intero settore, quello dell'autotrasporto, ma anche una intera macroregione del Paese (le quattro regioni dove si concentrano queste imprese artigiane) stanno subendo un considerevole pregiudizio a causa di una grave ed ingiustificata mancanza dell'amministrazione finanziaria;
il buon andamento e l'imparzialità sono due dei principi informatori del funzionamento dell'amministrazione pubblica, declinati espressamente nell'articolo 97 della Costituzione, così come lo è il principio di legalità, in base al quale le pubbliche amministrazioni sono tenute ad ottemperare alle disposizioni normative; va tenuto anche conto della protezione del contribuente accordata dalla legge n. 212 del 2000 (il cosiddetto statuto del contribuente) –:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare con urgenza, al fine di escludere in ogni modo che i piccoli autotrasportatori, alla prossima scadenza del 31 luglio, versino una maggiorazione non imputabile a proprie responsabilità, bensì soltanto a quello che costituisce secondo gli interroganti, un mancato rispetto delle norme da parte dell'amministrazione finanziaria. (4-17354)
GIUSTIZIA
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
da oltre un mese, ad avviso degli interpellanti, dai giornali locali, si evince un attacco mediatico contro la casa di reclusione di Padova per tutto quello che rappresenta dal punto di vista dell'esecuzione del trattamento penitenziario in applicazione di quanto previsto dalla Costituzione, dalle leggi, dagli ordinamenti e da regolamenti specifici, oltre a quanto previsto dalle direttive europee; questo attacco è rivolto in particolare modo al precedente direttore Salvatore Pirruccio (promosso dallo stesso dipartimento di amministrazione penitenziaria da poco più di un anno a vice provveditore delle carceri del Triveneto), alle cooperative e alle associazioni operanti all'interno del carcere Due Palazzi di Padova, che affiancano e sostengono le istituzioni nell'applicazione dell'articolo 27 della Costituzione, che considera le pene detentive come uno strumento di rieducazione e riabilitazione dell'individuo nella società, elementi che limitano moltissimo la possibilità di recidiva e che dunque tutelano la sicurezza collettiva;
nello specifico, la Cooperativa Giotto e Ristretti Orizzonti (Associazione Granello di senape), assieme a tutto il tessuto associativo e alla presenza dell'istituzione scolastica, sono considerati come un fiore all'occhiello nell'intero sistema carcerario italiano e internazionale per i percorsi di reinserimento nelle attività lavorative e di cessazione delle azioni criminali dei detenuti, attraverso programmi di apprendimento scolastico, professionale e culturale;
la casa di reclusione di Padova è un modello di qualità ed eccellenza per il lavoro svolto dai detenuti opportunamente affiancati dalle cooperative, che attraverso i loro programmi di qualifica professionale garantiscono un altissimo tasso di reinserimento nella società dopo il periodo detentivo; di particolare rilievo è l'attività svolta da Ristretti Orizzonti, che conta una redazione di decine di detenuti e un progetto con le scuole che vede ogni anno il confronto con circa 8.000 studenti, e permette di conoscere dall'interno la vita, le dinamiche e le criticità che si verificano durante la detenzione, e soprattutto permette alle persone detenute una riflessione sul proprio reato e sui danni arrecati, con particolare attenzione alle vittime, scongiurando e prevenendo la reiterazione dei reati commessi, anche attraverso l'incontro con i familiari delle vittime di crimini;
alcuni organi di stampa locali hanno incriminato il modello rappresentato dalla casa di reclusione di Padova dando risalto all'accusa, in particolare alla Cooperativa Giotto, a Ristretti Orizzonti e ai relativi presidenti, di essere i responsabili del declassamento a detenuti comuni di «dodici» detenuti (alcuni di questi impegnati in percorsi scolastici, lavorativi e di attività culturali educative) reclusi in regime di alta sicurezza, per evitare il loro trasferimento in altre carceri dopo la trasformazione del Due Palazzi da carcere di alta sicurezza a carcere a media sicurezza, avvenuta nel 2015 (anche se in realtà a Padova permane una sezione di alta sicurezza); in particolare, inoltre, in una testata locale il ritrovamento di un cellulare e di droga è stato addebitato a presunte libertà di movimento godute da alcuni detenuti della redazione di Ristretti Orizzonti, citati come «pupilli» della direttrice della rivista; una lettera aperta della stessa, nella quale si faceva chiarezza sulla notizia in modo puntuale, non sarebbe mai stata pubblicata dal quotidiano;
le strumentalizzazioni mediatiche hanno origine, tra l'altro, da una ispezione fatta dal dipartimento di amministrazione penitenziaria nel 2015, che secondo quanto sempre riferito dai quotidiani locali, rilevava una stretta collaborazione tra la Cooperativa Giotto, Ristretti Orizzonti e l'allora direttore, e da un'indagine in corso per falso in atto pubblico che vede coinvolto proprio Pirruccio, su cui Ristretti Orizzonti e la Cooperativa avrebbero esercitato forti pressioni per la declassificazione dei «dodici» detenuti;
il merito e l'azione di altissimo valore di Ristretti Orizzonti sul tema della «declassificazione» sono stati sostanzialmente sottolineati proprio dal direttore della direzione generale detenuti e trattamento del dipartimento di amministrazione penitenziaria Roberto Calogero Piscitello (che ha la competenza per le declassificazioni dei detenuti che si trovano in regime di alta sicurezza) il 5 ottobre 2016 (testo registrato e pubblicato nel numero del novembre 2016 di Ristretti) e il 14 aprile 2017 (testo registrato e in pubblicazione nel prossimo numero di Ristretti) davanti alla stessa redazione di Ristretti Orizzonti;
è necessario rilevare come nessun direttore di carcere abbia la facoltà di declassificare alcun detenuto, facoltà che spetta invece esclusivamente al dipartimento di amministrazione penitenziaria, e che non sia arrivato alcun comunicato da parte del dipartimento stesso per evidenziare questa prerogativa, soprattutto dopo le polemiche sull'indagine che vede coinvolto il direttore Pirruccio e, indirettamente, Ristretti Orizzonti e la Cooperativa Giotto –:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e abbia disposto, per quanto di competenza, tutte le verifiche necessarie al riguardo, per evitare che enti, la cui meritoria e ormai ultraventennale azione è sempre stata riconosciuta anche dalle stesse istituzioni di giustizia e penitenziarie, possano essere delegittimati nel loro lavoro.
(2-01891) «Zan, Ginoble, Berretta, Pilozzi, Morassut, Iacono, Rostellato, Orfini, Peluffo, Tino Iannuzzi, Malpezzi, Giachetti, Rubinato, Albanella, Bazoli, Benamati, Crivellari, Culotta, Aiello, Argentin, Bini, Villecco Calipari, Ginefra, Boccadutri, Cuperlo, Chaouki, Bratti, Carella, Manfredi, Tinagli, Marzano, Amato, Petrini».
Interrogazione a risposta immediata:
MOLTENI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
a gennaio del 2012 Remi Nikolic, all'epoca dei fatti minorenne, a bordo di una vettura di grossa cilindrata (suv) aveva travolto e brutalmente ammazzato l'agente di polizia locale di Milano Niccolò Savarino;
per questi fatti Remi Nikolic di etnia rom, scappato nell'immediatezza dei fatti con una rocambolesca fuga in Ungheria dove è poi stato arrestato, è stato condannato per omicidio volontario alla pena della reclusione di anni 9 e mesi 8;
già in primo grado i giudici avevano riconosciuto all'imputato le attenuanti generiche come prevalenti rispetto alle aggravanti, condannandolo a 15 anni, rispetto ai 26 anni di reclusione chiesti dal pubblico ministero, sulla base del «contesto di vita famigliare» nel quale il ragazzo «è cresciuto, caratterizzato dalla commissione di illeciti da parte degli adulti di riferimento»; in secondo grado poi al ragazzo è stato comminato il minimo della pena prevista in un dibattimento per un caso di omicidio volontario commesso da un minore;
purtroppo oggi si assiste, nuovamente, a quella che appare agli interroganti la solita denegata giustizia, che ha visto i Governi e le connesse maggioranze dal 2013 inanellare una serie di provvedimenti secondo gli interroganti «salva delinquenti» o «svuota carceri», che hanno alimentato nell'opinione pubblica la convinzione che le vittime del reato non sono assolutamente tutelate, e questo non è che uno degli ultimi episodi in ordine di tempo;
la decisione, nel caso specifico del tribunale per i minorenni di Milano, di concedere solo dopo 5 anni e sei mesi di reclusione presso l'istituto penale per minorenni «Cesare Beccaria» di Milano l'affidamento in prova ai servizi sociali di Remi Nikolic, infatti, lascia attoniti e suscita lo sdegno dei familiari di Savarino, che hanno commentato «siamo schifati, noi aspettiamo ancora il risarcimento»;
è evidente che una simile decisione, se, da un lato, lascia l'opinione pubblica sbigottita nonché tutti i firmatari della presente interrogazione, ritenendo «sconcertante» che Remi Nikolic sia «libero» con tutto questo anticipo rispetto alla data di fine della pena, dall'altro lato, pone dei seri dubbi di «tenuta del sistema democratico» anche presso le stesse autorità –
se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali interventi ed iniziative di competenza intenda adottare, anche di natura emergenziale, al fine di evitare che casi similari possano ripetersi nel futuro, nonché, fermo restando il rispetto delle attribuzioni costituzionali, in relazione all'operato del tribunale per i minorenni di Milano nel caso di Remi Nikolic. (3-03160)
Interrogazione a risposta scritta:
PARENTELA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
D.D.D., residente a Fuscaldo (Cosenza), tre anni fa, è rimasto vittima di un'estorsione, denunciata e conclusa con l'arresto di un ex imprenditore e due complici;
la parte lesa, a seguito della condanna, ha subìto diffamazioni e minacce culminate con le intimidazioni a danno dei suoi genitori, ai quali è stato recapitato un proiettile fuori l'uscio della loro abitazione;
in data 26 maggio 2016, durante un comizio elettorale in un luogo pubblico, un sottufficiale del nucleo operativo dei carabinieri di Paola, nell'occasione in borghese, ha perquisito con modalità discutibili e dichiarato in stato di arresto D.D.D. per averlo ripreso, a suo dire, con il telefonino, sequestrato, poi in una colluttazione che ha procurato a quest'ultimo una frattura del capitello radiale del braccio destro. In data 15 luglio 2016, il tribunale di Cosenza, ha accolto il ricorso presentato da D.D.D. ed ha ordinato la restituzione del cellulare;
a Fuscaldo, il signor D.D.D, e molti come lui, vivono costantemente nella paura, si sentono abbandonati dallo Stato e preda di una criminalità organizzata che minaccia ed intimidisce –:
quali iniziative urgenti intendano assumere, in materia di prevenzione, controllo del territorio e contrasto alla criminalità organizzata, affinché venga tutelata la sicurezza dei cittadini di Fuscaldo;
se non ritengano opportuno assumere iniziative per istituire un osservatorio per la sicurezza e la legalità. (4-17364)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta immediata:
FRANCESCO SAVERIO ROMANO, ABRIGNANI, AUCI, BORGHESE, D'ALESSANDRO, D'AGOSTINO, FAENZI, GALATI, MARCOLIN, MERLO, PARISI, RABINO, SOTTANELLI, VEZZALI e ZANETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
le tariffe praticate dalle compagnie aeree che operano negli aeroporti siciliani continuano ad essere elevate, spesso inaccessibili, in particolare nei confronti degli utenti a basso reddito, per gli studenti, gli anziani e i pendolari;
gli strumenti d'intervento in materia di continuità territoriale, garantita tramite trasporto aereo, che (in conformità con le disposizioni dal regolamento CE n. 1008/2008) assegna al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (attraverso l'articolo 36 della legge 17 maggio 1999, n. 144) la competenza a disporre, con proprio decreto, l'imposizione degli oneri di servizio pubblico sugli scali per la Sardegna e le isole minori della Sicilia dotate di scali aeroportuali, non sembrano tuttavia aver sortito effetti positivi al riguardo;
le risorse per la continuità territoriale nei collegamenti aerei per le isole minori della Sicilia, per gli anni dal 2013 al 2016, stabilite dall'articolo 1, comma 310, della legge di stabilità per il 2013 (che ha individuato i fondi attraverso i quali si provvede alla compartecipazione a carico dello Stato, per la compensazione degli oneri di servizio pubblico, relativamente alla continuità territoriale aeroportuale, nel rispetto di quanto previsto dal sopra esposto regolamento), appaiono non incidere significativamente alla riduzione dei prezzi offerti;
accanto alle sopra esposte disposizioni, andrebbero tuttavia valorizzate le possibilità offerte dalla Commissione europea, comunicazione 2014/C/99/03 in materia di orientamenti sugli aiuti di Stato agli aeroporti, in particolare quanto previsto al paragrafo 6, che nell'ambito del regime di aiuti a carattere sociale per i servizi di trasporto aereo, ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 2, lettera a), del Trattato, considera gli aiuti compatibili con il mercato interno alle seguenti condizioni: l'aiuto deve avere un carattere sociale, ossia deve, in linea di principio, riguardare solo alcune categorie di passeggeri che viaggiano su una tratta (ad esempio, bambini, persone con disabilità, persone con basso reddito, studenti, persone anziane). Tuttavia, nel caso in cui la rotta in questione serva a collegare aree remote, regioni ultraperiferiche, isole e aree scarsamente popolate, l'aiuto potrebbe riguardare l'intera popolazione della regione interessata –:
quali orientamenti il Ministro interrogato intenda esprimere, per quanto di competenza, con riferimento a quanto esposto in premessa e se, al riguardo, non intenda adoperarsi in coerenza con quanto disposto dalla comunicazione europea, al fine di introdurre agevolazioni in grado di assicurare un piano tariffario più accessibile nei riguardi degli utenti siciliani, fortemente penalizzati dalle tariffe aeree attualmente in vigore. (3-03169)
GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il raddoppio della tratta ferroviaria Spoleto-Campello si colloca nel progetto di potenziamento della linea Orte-Falconara e presenta uno sviluppo complessivo di 9,7 chilometri, di cui circa 6,2 in affiancamento alla sede ferroviaria esistente e circa 3,5 in variante, in galleria artificiale;
i lavori, iniziati nel 2001, non sono stati ancora ultimati e il costo complessivo, tra fallimenti, sospensioni e inadempienze delle tre ditte aggiudicatarie, è di oltre 100 milioni di euro;
per terminarli, nel 2010 era stata individuata l’AtiTecnis spa di Catania, aggiudicataria dell'appalto da 37,6 milioni di euro, pubblicato da ItalferrRfi;
i lavori sarebbero dovuti finire a giugno 2015, tuttavia a marzo 2016 la società viene coinvolta nell'indagine sugli appalti Anas e tra gli arrestati ci sono due noti imprenditori ai vertici dell'impresa;
dopo l'interdittiva antimafia del prefetto di Catania, l'azienda è commissariata e, a maggio 2016, rescinde il contratto di appalto per il raddoppio della Spoleto-Campello;
il 23 maggio 2017 il Governo, rispondendo all'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-11417, ha confermato la rescissione del contratto con la AtiTecnis spa, vincitrice dell'ultima gara appalto, e la rinuncia alla commessa della seconda azienda in graduatoria, annunciando la necessità di indire un nuovo bando per il quale si dovrà attendere la fine del 2017;
negli stessi giorni è stata divulgata la notizia che Daniele Moretti, direttore Investimenti centro di Rete ferroviaria italiana, avrebbe dato conferma della ripresa immediata dei lavori concernenti il raddoppio del tratto Spoleto-Campello, in particolare per il completamento di parte del progetto iniziale per la realizzazione di uno dei due nuovi binari. Un'informazione che contraddice quanto dichiarato dal Sottosegretario Del Basso De Caro, in risposta all'interrogazione n. 5-11417, circa la necessità di indire una nuova gara di appalto i cui tempi spostano la ripresa dei lavori oltre la fine del 2017;
il rapido completamento del raddoppio in questione è di fondamentale importanza affinché l'Umbria possa essere attraversata dai treni ad alta velocità, perché le particolari condizioni di quel tratto ferroviario costringono già oggi i convogli a fermarsi, provocando ritardi e disagi ai pendolari –:
se trovino conferma le notizie di cui in premessa e quale sia il cronoprogramma previsto per i lavori di raddoppio della tratta Spoleto-Campello, il cui termine è di fondamentale importanza per l'efficientamento del trasporto ferroviario locale e per il futuro transito dei treni ad alta velocità in Umbria. (3-03170)
Interrogazione a risposta scritta:
RICCIATTI, ZARATTI, MELILLA, KRONBICHLER, FRANCO BORDO, FOLINO, NICCHI, DURANTI, SANNICANDRO, SCOTTO, PIRAS e QUARANTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
nell'area del cratere del terremoto, nel tratto tra Matelica Nord e Castel Raimondo, è in definizione il progetto esecutivo per la costruzione della Pedemontana, l'asse viario ideato circa 40 anni fa che avrebbe dovuto supportare lo sviluppo del comparto industriale e della piccola e media impresa all'epoca in pieno sviluppo, in quell'area, mediante un sistema di infrastrutture viarie che, raccordando l'asse Foligno-Civitanova strada statale 77 all'asse Perugia-Ancona strada statale 76 e 318, andrebbe a completare il progetto meglio noto come Quadrilatero Marche Umbria; non è chiaro se le analisi e le valutazioni sull'effettivo valore della realizzazione di tale opera siano stati più rivisti e aggiornati dalla data di prima approvazione del progetto preliminare avvenuta nel lontano 2002;
all'epoca la Società Quadrilatero presentò un'analisi di valorizzazione in cui il progetto fu considerato come un volano sull'economia dell'area, al punto da prevedere effetti economici, in termini di valore aggiunto nei vari ambiti territoriali, che ammontavano a circa 200 milioni di euro;
con questi dati il progetto fu autorizzato dal comune di Matelica, dalla regione Marche e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al punto da diventare un progetto strategico di rilievo nazionale;
al contrario, nella Gazzetta Ufficiale serie generale n. 109 del 12 maggio 2017 è stata pubblicata la delibera del Cipe del 1o gennaio 2016 in cui dall'esame di uno schema di «piano di valorizzazione» delle aree leader, trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 24 marzo 2016, lo stesso Ministero rilevava che, nonostante la previsione di ulteriori elementi incentivanti per la valorizzazione delle aree, permanevano criticità e incertezze che non avrebbero consentito allo stato l'attivazione delle successive fasi procedurali: in conclusione, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti intendeva rinunciare al progetto del «Pav»;
dal lontano 2002, molti furono gli eventi che impattarono sull'area in questione modificandone sostanzialmente il tessuto economico sociale: la crisi delle piccole e medie imprese e il relativo collasso del «modello imprenditoriale marchigiano» dopo il 2008, la chiusura delle industrie Merloni e il relativo effetto domino su tutte le aziende satelliti, il bail in di Banca delle Marche fino al terremoto del 30 ottobre 2016;
in questo territorio messo in ginocchio da una concomitanza di eventi avversi, si sta cercando con enormi difficoltà di ripartire dalle risorse dei luoghi, una soft economy costituita dai prodotti agricoli di qualità, dal «Verdicchio di Matelica», fiore all'occhiello del made in Italy e da tutte le attività ricreative, agrituristiche e enogastronomiche che proprio dall'ambiente traggono fonte di sostentamento;
la ricostruzione non può passare attraverso infrastrutture viarie che, oltre a rivelarsi inutili, in questa particolare fase economica, porteranno ulteriore distruzione per almeno 5 anni, decretando la desertificazione di tutto il territorio;
la ricostruzione dovrebbe ripartire dalla comunità, dalle case, dalle stalle, dai laboratori e dalle fabbriche e strade come la Pedemontana progettate in un'altra epoca dovrebbero essere oggetto di revisione progettuale, al fine di porre maggiore attenzione al risparmio di risorse economiche e naturali, ad esempio con l'ottimizzazione e l'ampliamento dei tracciati esistenti –:
quali siano le analisi economiche in possesso del Governo in seguito agli eventi sismici che hanno interessato il cratere del terremoto;
se e quali siano le previsioni di investimento nell'area da parte di soggetti esterni;
quale sia l'ambito di potenziale sviluppo economico previsto dalle analisi di settore per l'area in questione;
quali siano i dati relativi al traffico di mezzi pesanti che al momento giustificherebbero la velocità estrema di esecuzione di un'opera che apporterà altra povertà ad un'area già duramente colpita, in termini di perdita di posti di lavoro e di risorse. (4-17352)
INTERNO
Interrogazioni a risposta immediata:
LAFORGIA, SPERANZA, SCOTTO, MARTELLI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, LACQUANITI, MATARRELLI, MELILLA, MOGNATO, MURER, NICCHI, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, ROSTAN, SANNICANDRO, STUMPO, ZACCAGNINI, ZARATTI e ZOGGIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la Fp Cgil ha evidenziato che, secondo uno studio elaborato dai dirigenti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, servirebbero quarantamila vigili del fuoco per assicurare tempi di intervento utile ai cittadini. Sono molto meno di trentamila, invece, gli addetti in servizio operativo;
le innumerevoli emergenze che hanno scosso il nostro Paese in questi ultimi 12 mesi e, da ultima, l'emergenza incendi che ha letteralmente devastato gran parte del territorio nazionale sembravano aver spinto il Governo verso un deciso investimento, tanto che era stato promesso un primo aumento di organico per portare a 33.000 il numero dei vigili operativi, senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato;
di fatto ai vigili del fuoco sono state assegnate competenze in materia di incendi boschivi, che erano prima svolte dal Corpo forestale dello Stato. Nonostante ciò, solo 300 forestali circa sono entrati a far parte dei vigili del fuoco, mentre i rimanenti 8.000, unitamente a quasi tutti i mezzi antincendio, sono stati trasferiti all'Arma dei carabinieri che non si occupa di estinzione di incendi;
proprio nel pieno delle ennesime emergenze, mentre il Paese brucia, il Governo sembrerebbe deciso a tagliare le risorse ripetutamente promesse;
anche i sindacati dei vigili del fuoco, Fns Cisl e Uil Pa vigili del fuoco, hanno pubblicato una nota unitaria di protesta in relazione ai fondi stanziati per assunzioni extra di personale a tempo indeterminato nell'anno 2017;
dopo la soppressione del Corpo forestale dello Stato, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco si ritrova con le competenze «AIB» in più, ma con uomini e mezzi in meno ed esigenze in termini di risorse umane reali e tangibili;
un possibile rischio in ordine alla piena funzionalità del Corpo nazionale trova riscontro anche nel fatto che il Ministro interrogato aveva rappresentato al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione la necessità di destinare al piano delle assunzioni straordinarie per i vigili del fuoco almeno 23.000.000 di euro a regime –:
quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere alla luce di quanto descritto in premessa al fine di impedire che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco veda, come denunziato dalle organizzazioni sindacali, definitivamente minata la propria funzionalità a causa della limitazione dei fondi stanziati in favore del soccorso pubblico, in un momento storico particolarmente drammatico come quello che si sta vivendo sul fronte delle emergenze. (3-03161)
GIGLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
è noto che le navi che partecipano alle operazioni di salvataggio nel Mar Mediterraneo portano i naufraghi nel porto italiano più vicino;
una volta sbarcati, ai profughi si applica il «regolamento di Dublino» e l'Italia diventa responsabile per tutte le loro pratiche di asilo, assistenza o rimpatrio;
è utile ricordare che il principio generale alla base del «regolamento Dublino III» (lo stesso della vecchia Convenzione di Dublino del 1990 e di «Dublino II») è che ogni domanda di asilo deve essere esaminata da un solo Stato membro e la competenza per l'esame di una domanda di protezione internazionale ricade in primis sullo Stato che ha svolto il maggior ruolo in relazione all'ingresso e al soggiorno del richiedente nel territorio degli Stati membri;
tuttavia, il diritto della navigazione, in particolare la Convenzione di Montego Bay del 1962, prevede che, durante la navigazione in acque internazionali, una data nave sia soggetta alle legge dello Stato di cui batte la bandiera;
la citata Convenzione, infatti, al comma 1 dell'articolo 92 afferma chiaramente: «Le navi battono la bandiera di un solo Stato e, salvo casi eccezionali specificamente previsti da trattati internazionali o dalla presente Convenzione, nell'alto mare sono sottoposte alla sua giurisdizione esclusiva»;
viceversa, se la nave si trova nelle acque territoriali di una nazione, si applica la legge di questa, mentre non è rilevante la cittadinanza dell'equipaggio o dei passeggeri;
stando a quanto sopra esposto, il primo «suolo» su cui i profughi sbarcano non è dunque necessariamente quello italiano, ma quello rappresentato dalla bandiera della nave da cui sono stati raccolti;
è fin troppo noto che altri Stati dell'Unione europea impediscono alle navi che raccolgono i profughi di attraccare nei propri porti per sbarcarli. È evidente, dunque, che lo Stato italiano potrebbe fare altrettanto per le navi battenti bandiera di altri Paesi;
appare, quindi, plausibile affermare, a parere dell'interrogante, che il «regolamento di Dublino» non venga sempre correttamente applicato, dato che spesso il primo territorio dell'Unione europea su cui il profugo poggia il piede non è quello italiano, ma quello dello Stato corrispondente alla bandiera battuta dalla nave che l'ha raccolto –:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per una corretta interpretazione del «regolamento di Dublino», tale che sia in armonia con le norme del diritto della navigazione e, in particolare, con la Convenzione di Montego Bay. (3-03162)
MARCON, AIRAUDO, BRIGNONE, CIVATI, COSTANTINO, DANIELE FARINA, FASSINA, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, ANDREA MAESTRI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PASTORINO, PELLEGRINO e PLACIDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
tra giugno e luglio 2017 l'Italia è stata percorsa da incendi che hanno interessato 26.000 ettari di superfici boschive, il 94 per cento del totale delle superfici bruciate nel 2016, concentrate soprattutto in Sicilia, Calabria, Campania, Lazio, Puglia (dossier Legambiente);
la vastità delle conseguenze degli incendi appare agli interroganti direttamente riconducibile alla «riforma Madia» della pubblica amministrazione che ha soppresso, sciaguratamente, il Corpo forestale dello Stato, indebolendo il presidio di prevenzione sul territorio;
gli 8 mila forestali sono stati malamente ridistribuiti tra vigili del fuoco (360), pubblica amministrazione (circa 1.240), Arma dei carabinieri (6.400), attribuendo però ai vigili del fuoco le attività di contrasto degli incendi e il coordinamento degli spegnimenti, che prima erano assegnate al Corpo forestale dello Stato;
in più, la «riforma Madia» sconta ritardi nell'approvazione dei decreti attuativi per il passaggio di competenze, personale e mezzi dell'ex Corpo forestale dello Stato, impedendo così di garantire su tutto il territorio gli interventi nelle situazioni di emergenza e per le attività di prevenzione;
in particolare questo incide sui vigili del fuoco – finora dislocati soprattutto nei centri urbani e con pochi distaccamenti nelle aree montane – che senza adeguati strumenti e risorse non possono fronteggiare al meglio le accresciute responsabilità;
in particolare, un cortocircuito è sorto col passaggio di proprietà dei mezzi del Corpo forestale dello Stato, che fino al 2016 erano a disposizione dello Stato: una flotta di 32 elicotteri, di cui 30 in grado di intervenire negli incendi. Questi nel 2017 sono transitati all'Arma dei carabinieri, che ne hanno destinati 13 per altre finalità, quindi non operano più in caso d'incendi: 5 dei 18 Ab412 e tutti gli 8 nh500;
dei 17 mezzi aerei assegnati ai vigili del fuoco per lo spegnimento incendi, sembrerebbe ne siano stati impiegati solo 7 in questi giorni. Si tratta dei 4 S-64, enormi «gru volanti» in grado di sganciare fino a 9 mila litri per volta, e di 3 Ab412;
la flotta italiana conta anche su 16 Canadair, dislocati su 14 diverse basi sul territorio nazionale;
la flotta aerea antincendio dello Stato risulta quindi maldistribuita tra i Corpi, ridotta e insufficiente a fronteggiare vasti incendi in più regioni, come in questi giorni. Basterebbe dismettere l'acquisto di inutili aerei da guerra F35 per incrementare la flotta anti-incendio –:
se non ritenga urgente procedere alla completa attuazione della riforma della pubblica amministrazione, recuperando le risorse per incrementare la flotta dei mezzi antincendio e le maggiori risorse da trasferire ai vigili del fuoco. (3-03163)
DIENI, DI BATTISTA, BATTELLI, CECCONI, COZZOLINO, DADONE, D'AMBROSIO, TONINELLI, DEL GROSSO, MANLIO DI STEFANO, GRANDE, SCAGLIUSI, SPADONI e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nell'ambito del convegno «Sessant'anni di Unione europea. Una scommessa per il futuro», tenutosi presso l'Assemblea generale Confartigianato Brescia e Lombardia orientale, svoltosi a Brescia lunedì 3 luglio 2017, Emma Bonino, già Ministro degli affari esteri dal 2013 al 2014, ha criticato alcune condotte dell'attuale gestione dei flussi migratori, dopo le missioni Mare nostrum, Triton e Sophia;
in questo ha anzitutto ipotizzato una recrudescenza del fenomeno migratorio nei prossimi anni, data la prossima emersione di nuovi fenomeni problematici in Stati africani oggetto di immigrazione all'interno del continente;
in seguito ha dichiarato: «bisogna che ci diciamo che il fatto che nel 2014 e nel 2016 abbiamo chiesto che il coordinatore fosse la Guardia costiera e gli sbarchi avvenissero tutti quanti in Italia l'abbiamo chiesto noi. L'accordo l'abbiamo fatto noi!»;
in proposito, risultano agli interroganti notizie di respingimenti e procedure di riammissioni di minori da parte della Francia, ciò che appare lesivo di norme del diritto internazionale e del diritto dell'Unione europea, le quali prevedono specifiche tutele per i minori migranti non accompagnati –:
se sia vero che, in conseguenza degli accordi stretti negli anni compresi tra il 2014 e il 2016 dal Governo, l'Italia risulti ad oggi l'unico Paese in cui possono avvenire sbarchi di migranti e come intenda attivarsi per evitare che i Paesi di confine con l'Italia possano adottare respingimenti dei migranti minori in violazione dei loro diritti stabiliti da norme europee. (3-03164)
BRUNETTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
dall'inizio del 2017 sulle coste italiane sono sbarcati 93.292 migranti, il 16,79 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2016 (79.877);
a fronte di una situazione che rappresenta una vera e propria emergenza, il Governo si mostra inefficace nell'azione. Negli ultimi vertici europei, da Tallinn a Varsavia, l'Italia si è trovata ancora una volta isolata: di fatto, non è stato ancora rivisto il mandato di Triton, facendo di fatto decadere la richiesta di condividere con altri Stati l'accoglienza dei migranti salvati nel Mediterraneo;
alla debolezza della missione di Frontex, si aggiunge quella di Eunavfor Med-Sophia, mai giunta alla sua terza fase, che conformemente alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite applicabili o al consenso dello Stato costiero interessato, avrebbe potuto consentire l'adozione di tutte le misure necessarie nei confronti di un'imbarcazione e relativi mezzi che sono sospettati di essere usati per il traffico e la tratta di esseri umani, anche eliminandoli o rendendoli inutilizzabili;
il Governo aveva informalmente minacciato la chiusura dei porti e azioni «eclatanti» in caso di mancate risposte adeguate da parte dell'Europa, ma, di fatto, oggi, l'Italia si ritrova ancora obbligata a raccogliere e valutare le domande di asilo di chi arriva dal mare solo perché il Governo italiano ha deciso che il nostro centro marittimo di coordinamento fosse responsabile per tutto il Mediterraneo centrale e destinatario di tutte le chiamate di emergenza;
il punto è che la chiusura dei partner europei rispetto alla condivisione degli sbarchi non dipende dal «regolamento di Dublino», ma dalle condizioni che in particolare il Governo Renzi ha accettato (nel 2014-2015) aderendo alle missioni europee Triton e Sophia;
ad oggi, inoltre, ancora non risultano chiari i contorni dell'accordo che l'Italia avrebbe raggiunto con gli Stati membri per recepire il codice di regolamentazione elaborato dalla Guardia costiera per le organizzazioni non governative che svolgono attività nel Mediterraneo. Sembrerebbe che anche in questo caso l'accordo sia «al ribasso», con «impegni» anziché «obblighi» per le organizzazioni non governative in mare –:
se il Governo intenda dichiarare lo stato di emergenza umanitaria nel territorio nazionale, in relazione all'eccezionale afflusso di migranti, per porre in essere ogni misura utile e mobilitare ogni possibile risorsa per affrontare quella che appare agli interroganti una catastrofe migratoria, e se intenda chiarire definitivamente i termini dell'accordo in merito al codice di condotta delle organizzazioni non governative. (3-03165)
FIANO, CARLONI, TARTAGLIONE, CARBONE, CUPERLO, DE MENECH, MARCO DI MAIO, FABBRI, FAMIGLIETTI, FERRARI, GASPARINI, GIACHETTI, GIORGIS, LATTUCA, LAURICELLA, MAURI, MARCO MELONI, NACCARATO, NARDI, PICCIONE, POLLASTRINI, RICHETTI, FRANCESCO SANNA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in questo avvio di estate gli incendi hanno bruciato oltre 26 mila ettari di superficie boschiva del nostro Paese, pari alla superficie arsa nel corso di tutto il 2016;
il Centro operativo aereo unificato vanta una delle maggiori flotte di cui abbia potuto disporre nell'ultimo decennio, a cui contribuisce per circa l'80 per cento il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
i velivoli del Corpo hanno effettuato dal 15 giugno 2017 ad oggi più di 2 mila ore di volo, a fronte delle 509 del 2016, e più di 11 mila lanci d'acqua, a fronte dei 2 mila e 500 circa dello stesso periodo del 2016;
particolarmente colpite risultano essere le regioni del Sud: Campania, Sicilia, Calabria, dove si sono registrate purtroppo due vittime, ma anche Lazio, Sardegna e Toscana risultano essere fortemente danneggiate dagli incendi;
le fiamme, nella quasi totalità dei casi di natura dolosa, si concentrano nelle regioni più colpite dal fenomeno della criminalità organizzata (il 58 per cento dei roghi registrati nel 2016). Ciò evidenzia un legame netto fra fenomeni di malaffare e incendi, fenomeno che andrebbe contrastato con una più efficiente e severa legislazione in materia;
hanno molto colpito le immagini del Vesuvio avvolto dalle fiamme e che da giorni è assediato da focolai che si propagano e si riattivano continuamente;
va riconosciuto l'encomiabile lavoro svolto sul campo dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dalla Protezione civile e dai volontari impegnati a domare le fiamme e preservare il territorio e va respinto ogni tentativo di strumentalizzazione su presunte inefficienze correlate erroneamente al processo di riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato;
si riscontrano, tuttavia, criticità in ordine alla mancata stipula da parte di alcune regioni delle convenzioni in materia di piani antincendio per una più efficace organizzazione del lavoro a terra con i vigili del fuoco e con la Protezione civile;
vi è molta preoccupazione da parte dei cittadini e delle istituzioni locali anche in relazione al perdurare di un lungo periodo di siccità e di un caldo che sembra non voler dare tregua al Paese e la prospettiva di altri mesi in queste condizioni è più che allarmante –:
quali iniziative il Governo intenda assumere da oggi al 30 settembre 2017, data di chiusura della campagna antincendi, per rafforzare l'azione di contrasto degli incendi, coinvolgendo tutti gli enti che a vario titolo sono responsabili della tutela del territorio e al fine di superare alcune delle criticità richiamate in premessa. (3-03166)
GAROFALO e BOSCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il continuo, sempre più massiccio afflusso dei migranti nel nostro territorio sta mettendo in gravi difficoltà il Paese e, particolarmente, i sindaci; soprattutto i sindaci dei comuni siti nel Mezzogiorno;
il Ministero dell'interno, a maggio 2017, ha richiesto all'Anci di mettere a disposizione più strutture per accogliere fino a 200 mila migranti;
i sindaci di numerose città, particolarmente di quelle concentrate nel Sud d'Italia, lamentano l'impossibilità di gestire la presenza di un numero così eccessivo di migranti nei loro territori;
la situazione è soprattutto grave nei comuni più piccoli, che devono a volte accogliere un numero di migranti largamente superiore rispetto al previsto: una problematica che sta generando serie difficoltà gestionali e logistiche con la conseguenza di creare (come avvenuto, per citare solo un esempio, a Castell'Umberto in Sicilia) attriti e contrasti tra i vari livelli istituzionali;
l'Unione europea e gli Stati membri dovrebbero rapidamente decidere, in nome della solidarietà indispensabile rispetto ad un fenomeno epocale, di sostenere in misura adeguata il nostro Paese: abbandonare l'Italia a fronteggiare da sola tale fenomeno significherebbe condannarla ad un'emergenza dalle conseguenze inimmaginabili;
nelle more di questa situazione risulta indispensabile, per il nostro Paese, intervenire con misure idonee a scongiurare che l'accoglienza dei migranti avvenga attraverso una gestione confusa, inadeguata e, magari, calata «dall'alto»: per un fenomeno che non ha più carattere di emergenza, ma che si sta consolidando come una problematica costante e, anzi, in continua progressione;
indispensabile, in questo quadro, appare il coordinamento ed il confronto costante delle autorità centrali con i sindaci dei comuni interessati, che costituiscono il primo anello di una catena che non può assolutamente risultare spezzata o superata da decisioni unilaterali;
i sindaci, specie quelli dei comuni del Sud, stanno operando in maniera generosa ed infaticabile in una situazione tanto drammatica e complessa, ma sono costretti a confrontarsi, più aumentano le difficoltà, con una condizione in cui si trovano da soli a fronteggiare il pesante fenomeno ed a subire decisioni prese dall'alto senza che possano minimamente incidere sulle medesime –:
quali iniziative intenda adottare per superare le problematiche indicate al fine di coinvolgere, in un confronto corretto e positivo, i sindaci dei comuni che si trovano a fronteggiare un fenomeno così complesso e destabilizzante come quello di un'immigrazione che, quotidianamente, diviene sempre più allarmante. (3-03167)
CIRIELLI, RAMPELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
continuano a susseguirsi gli episodi di violenza commessi in Italia da immigrati irregolari già colpiti da ordini di espulsione non eseguiti e pertanto ancora presenti nel territorio nazionale;
l'ultimo in ordine temporale si è verificato il 17 luglio 2017, quando nei pressi della stazione di Milano un poliziotto è stato aggredito con un coltello da un immigrato con precedenti per violenza e resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, che si trova ancora in Italia nonostante un ordine di espulsione emesso dal questore di Sondrio;
gli articoli 13 e seguenti del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, disciplinano l'espulsione dello straniero disposta «per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato» dal Ministro dell'interno;
in base alla disciplina vigente in materia di immigrazione, l'espulsione dello straniero, una volta che sia stata decretata dal prefetto, va eseguita immediatamente, mediante l'accompagnamento alla frontiera per mezzo della forza pubblica, e ove ciò non sia possibile, per determinati motivi indicati tassativamente dalla legge, l'interessato deve essere trattenuto, il tempo necessario, all'interno di un centro di permanenza;
il testo unico disciplina, inoltre, la responsabilità penale dello straniero che «senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore» in quanto destinatario di un secondo provvedimento di espulsione;
nel 2016, a fronte di centottantamila arrivi di immigrati sono state eseguite appena cinquemila espulsioni e per il 2017 non sembrano esserci variazioni di rilievo;
le difficoltà nell'esecuzione delle espulsioni sono da ricondurre anche ai numerosi tagli subiti dal «fondo rimpatri», istituito dall'articolo 14-bis del citato testo unico, che hanno fatto sì che lo stesso non abbia una dotazione finanziaria sufficiente a eseguire i provvedimenti di rimpatrio obbligatorio;
il massiccio arrivo di immigrati soccorsi dai cosiddetti barconi avviene per larga parte in violazione delle norme del «regolamento di Dublino» che stabiliscono il principio del Paese di primo ingresso, perché come tale dovrebbe essere riconosciuta la nazione cui appartiene la nave che effettua il salvataggio –:
quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di potenziare l'esecuzione delle espulsioni. (3-03168)
Interrogazione a risposta orale:
SCHIRÒ. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto si apprende dalle agenzie di stampa e da quanto segnalato da diverse associazioni catanesi, tra cui la rete antirazzista, la comunità di Sant'Egidio e l'Arci, la nave «C Star», lunga 40 metri e battente bandiera dello Stato di Gibuti, noleggiata dal gruppo di estrema destra Generazione identitaria, dovrebbe fare scalo nei prossimi giorni nel porto di Catania;
lo scopo di tale iniziativa, a parere dell'interrogante dal chiaro sapore provocatorio, è quello di intralciare le operazioni di salvataggio in mare dei migranti da parte delle unità gestite dalle organizzazioni non governative;
secondo quanto dichiarato da un esponente del suddetto gruppo e raccolte dal quotidiano la Repubblica, il progetto, denominato « Defend Europe», intende bloccare «le barche dei clandestini impedendogli di toccare le coste italiane fin quando la guardia costiera libica non verrà a prenderseli per riportarli indietro», nonché il controllo dell'operato delle imbarcazioni di salvataggio delle organizzazioni non governative;
l'esercizio di tali attività da parte di un'unità privata appare al di fuori di ogni legittimità e probabile motivo di ulteriore tensione in acque già teatro di gravissime sciagure;
lo scalo nel porto etneo sarebbe funzionale all'imbarco delle provviste necessarie alla missione e di volontari arruolati nell'operazione paramilitare, provenienti da diversi paesi europei;
la presenza di una nave non coordinata con la Guardia costiera e dal dichiarato intento di ostacolare le operazioni di salvataggio potrebbe rappresentare un grave pericolo per i naufraghi e per il personale operante in mare –:
quali urgenti iniziative intendano adottare al fine scongiurare che il dramma dell'immigrazione via mare in Mediterraneo possa trasformarsi in un'occasione per quelli che appaiono gesti provocatori di speculazione politica da parte di gruppi xenofobi;
quali iniziative di prevenzione ritengano di dover adottare al fine di impedire situazioni di ulteriore pericolo per i naufraghi e per i soccorritori, in conseguenza dell'azione di disturbo messe in atto da imbarcazioni che, senza alcuna titolarità, intendono contrastare le azioni di soccorso. (3-03159)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MICCOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il settore della vigilanza privata, così come tanti altri comparti produttivi, ha risentito della profonda crisi economica che colpito il nostro Paese a decorrere dal 2008;
l'intero settore conta 1.326 imprese, con quasi 70 mila occupati, di cui circa 41 mila guardie armate, e un fatturato complessivo che si aggira attorno ai 3 miliardi e 300 milioni;
tra le attività rientranti nelle competenze delle imprese di sicurezza privata, particolare rilievo riveste il servizio di trasporto dei valori, sia per l'incidenza complessiva sui fatturati e l'impiego di personale, sia per la delicatezza e pericolosità che può rivestire per gli addetti e per i frequentatori degli esercizi dove si svolge;
ai sensi dell'allegato, D, punto 3.1.3, del decreto ministeriale n. 269 del 2010, il servizio di trasporto valori fino a 1,5 milioni di euro deve essere svolto da almeno 3 guardie private giurate a bordo di un furgone blindato. Di contro, al successivo punto 3.1.4, in tabella A, si specifica che il personale impiegato può ridursi a due unità qualora si utilizzino furgoni blindati dotati di sistemi ad alta tecnologia;
se tale previsione può avere una sua logica con riferimento alla specifica fase del trasporto, a parere dell'interrogante, appare meno appropriata relativamente alle fasi che precedono e seguono il trasporto vero e proprio, ovvero il prelievo e il deposito del denaro;
infatti, in tali fasi deve essere eseguita la cosiddetta «bonifica del perimetro» che prevede il controllo da parte di un operatore, affinché nessuno intralci o interrompa il servizio che deve svolgersi, nel minor tempo e con la massima attenzione possibile, al fine di ridurre al minimo i rischi;
come noto, il servizio di prelievo e di deposito si svolge prevalentemente all'interno di supermercati, uffici postali, banche, tutti luoghi normalmente frequentati da un'utenza numerosa e inerme. Tenuto conto che l'unità operativa, ordinata alla guida del furgone non può in nessun caso scendere dal mezzo blindato, l'unico altro agente presente deve contestualmente assolvere alle operazioni di bonifica e alla materiale attività di prelievo o deposito del denaro;
appare evidente come tali condizioni di esercizio aumentino i rischi di attacchi e rapine a mano armata, mettendo a serio rischio l'incolumità degli operatori e dei cittadini che si dovessero trovare ad essere presenti al momento dello svolgimento di tali attività;
paradossalmente, proprio la presenza sui furgoni di sistemi ad alta tecnologia, quali la macchiatura delle banconote, il rinforzo del vano valori, il sistema di blocco furgone gestito dal centro operativo, le resine biocomponenti, finisce per rendere particolarmente vulnerabili le fasi del prelievo e del deposito;
inoltre, altrettanto evidente appare come tali metodiche operative generino un continuo stress da lavoro correlato, in contrasto con le disposizioni di cui all'articolo del decreto legislativo n. 81 del 2008 –:
se, alla luce degli elementi sommariamente evidenziati in premessa, non ritenga opportuno assumere iniziative per rivedere la normativa in questione, anche attraverso un previo confronto con le organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro e dei lavoratori del settore della sicurezza privata, al fine di migliorare gli standard di sicurezza di tutte le fasi del servizio del trasporto di denaro. (5-11871)
ALBANELLA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
in questo avvio d'estate, quasi tutto il territorio siciliano è stato interessato da una serie di incendi di grande rilevanza e gravità;
in questi ultimi giorni focolai molto estesi hanno minacciato diversi comuni, dove le fiamme sono arrivate nelle vicinanze di abitazioni, villaggi turistici e contrade rurali, lambendo la zona industriale di Catania;
nella popolazione e nelle istituzioni locali si manifesta una grande preoccupazione, perché il territorio siciliano, negli ultimi anni è stato, purtroppo, interessato da incendi di vastissime proporzioni e le condizioni meteorologiche avverse, con il perdurare di elevate temperature e di un lungo periodo di siccità, costituiscono fattori che accentuano il rischio di nuovi incendi;
nonostante l'importante e meritoria attività svolta dai vigili del fuoco, dal Corpo forestale, dalla protezione civile e dal nucleo operativo volontari, le operazioni di spegnimento dei focolai si svolgono con estrema difficoltà per carenza di uomini e mezzi;
sarebbe indispensabile un capillare controllo del territorio, utilizzando anche tecnologie nuove e più sofisticate, al fine di intervenire con la massima tempestività –:
quali iniziative urgenti intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di rafforzare gli organici del Corpo dei vigili del fuoco in servizio sul territorio della regione Sicilia e per supportare l'azione della protezione civile e del servizio di intervento antincendio, considerando anche l'opportunità di utilizzare le Forze armate, con particolare riguardo all'Esercito e alla Marina militare per implementare il numero di elicotteri ad uso esclusivo della Sicilia, con i quali integrare la flotta nazionale già presente nell'isola. (5-11873)
Interrogazioni a risposta scritta:
NUTI, DI BENEDETTO, DI VITA, LUPO e MANNINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
presso il Ministero dell'interno è stato istituito il fondo di solidarietà per le vittime del racket e dell'usura, unificato nel 2011 con il fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso;
l'accesso alle risorse del fondo, sia per la parte relativa alle vittime di estorsione sia per la parte relativa alle vittime di usura, è gestito dal Comitato di solidarietà vittime dell'estorsione e dell'usura, presieduto dal commissario straordinario del Governo per il coordinamento, delle iniziative antiracket ed antiusura, ed è composto da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, da un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, da tre membri designati dal Cnel (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro) ogni due anni in modo da assicurare la presenza, a rotazione, delle diverse categorie economiche, da tre membri delle associazioni antiracket e antiusura, anch'essi in carica per due anni e da un rappresentante della Consap (Concessionaria dei servizi assicurativi pubblici) senza diritto di voto;
secondo quanto riportato nell'ultima relazione del Ministero dell'interno sull'attività del commissario straordinario, ai sensi dell'articolo 2, comma 10, del decreto del Presidente della Repubblica 19 febbraio 2014, n. 60, con dati aggiornati ai primi 5 mesi del 2016, sono state deliberate erogazioni per un totale di 9.646.840,54 euro, di cui 6.473.829,52 per estorsione e euro 3.173.011,02 per usura;
si ritiene che la trasparenza e la pubblicità di questo Comitato, anche in virtù dell'elevato ammontare delle somme erogate, non sia sufficiente e che si renda necessaria la massima pubblicità dei lavori di questo organo e dei beneficiari delle erogazioni deliberate, anche per rendere noti eventuali conflitti di interessi tra membri del Comitato e beneficiari;
la legge n. 44 del 1999, articolo 19, comma 1, lettera d), stabilisce che il Comitato di solidarietà vittime dell'estorsione e dell'usura è composto, tra gli altri, anche «da tre membri delle associazioni od organizzazioni iscritte nell'elenco di cui all'articolo 13, comma 2. I membri sono nominati ogni due anni con decreto del Ministro dell'interno su designazione degli organismi nazionali associativi maggiormente rappresentativi. Il Ministro dell'interno, su proposta del Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura, determina con proprio decreto i criteri per l'individuazione della maggiore rappresentatività» –:
se non ritenga opportuno assumere iniziative per assicurare la pubblicità dei lavori del Comitato di cui in premessa, pubblicando sul sito internet del Ministero dell'interno i verbali delle riunioni dello stesso;
se non ritenga opportuno assumere iniziative per rendere accessibili le generalità dei soggetti che ottengono erogazioni da parte del fondo di cui in premessa;
se, dal momento dell'istituzione del Comitato, sia sempre stato rispettato il principio della rotazione di cui alla legge n. 44 del 1999, articolo 19, comma 1, lettera d), e se sia possibile fornire lo «storico» dei componenti del Comitato per la parte relativa a associazioni ed organizzazioni antiracket ed antiusura;
secondo quali criteri e con quali modalità operative sia assicurata l'individuazione della maggiore rappresentatività di cui alla legge n. 44 del 1999, articolo 19, comma 1, lettera d). (4-17357)
MATARRESE, DAMBRUOSO, VARGIU e PIEPOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto riportato dalla stampa, i cittadini del quartiere di Japigia a Bari sono costretti, ormai da più di un anno, a dover sopportare i rilevanti disagi derivanti dalla situazione di illegalità che si è venuta a creare a seguito della ormai nota difficoltà di gestione dei campi nomadi, sia abusivi che regolari, e dalle attività illecite che sembrerebbero essere connesse alla presenza degli stessi nomadi;
la rilevanza della problematica è da considerarsi sotto due profili: quello del pericolo per la salute dei cittadini, derivante dalla inalazione delle polveri sottili che inquinano l'aria e che sono prodotte dalla combustione di materiali diversi, e quello del pericolo per l'incolumità dei residenti che sono costantemente minacciati da incendi in aree prossime alle abitazioni. C’è da evidenziare, inoltre, la presenza costante di insediamenti abusivi di nomadi che occupano zone di territorio sempre diverse, eludendo l'intervento delle forze dell'ordine;
l'ultimo rogo appiccato da ignoti in ordine di tempo risale al 12 luglio 2017 nell'area dinanzi alle palazzine di strada Cannone, nella zona di San Marco/Parco Sud sulla quale insiste un campo nomadi abusivo. I cittadini hanno denunciato, ancora una volta, l'impossibilità di respirare l'aria che è chiaramente e puntualmente invasa da fumi tossici derivanti dalla combustione di materiali che vanno dalla semplice sterpaglia, alla plastica, alla refurtiva, alla spazzatura recuperata dai cassonetti e poi scartata poiché ritenuta inutile. A seguito dell'incendio divampato il 12 luglio, è stato disposto l'allontanamento dei nomadi del campo rom abusivo di Japigia in strada Cannonea (contrada Torre Carnosa);
i roghi e gli insediamenti abusivi sono ormai una costante per il quartiere Japigia e il primo firmatario del presente atto ha già posto questa situazione all'attenzione del Governo in un'interrogazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la 5-09928 discussa il 3 novembre 2016 in VIII Commissione. Nonostante la difficoltà ad individuare i colpevoli e nonostante le rassicurazioni del Governo pro tempore che evidenziò anche la necessità di aumentare le attività di controllo e di prevenzione, nulla è cambiato e i residenti sono ancora oggi costretti a vivere in condizioni al limite della vivibilità;
a distanza di più di un anno il ripristino della legalità in quest'area è ormai divenuta un'esigenza non più procrastinabile e appare urgente la necessità di un'azione coordinata tra tutte le autorità competenti che possano porre in essere adeguate attività di prevenzione e di controllo costante del territorio al fine di individuare ed assicurare alla giustizia i responsabili dei reati –:
quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di ripristinare le condizioni di legalità nell'area indicata in premessa ed, in particolare, se non intenda potenziare le attività di controllo e di prevenzione al fine di garantire e mantenere costante la sicurezza dei cittadini residenti nella zona provvedendo altresì al monitoraggio costante dell'intera area nell'ottica dell'individuazione e dello sgombero di eventuali altri insediamenti abusivi di nomadi. (4-17359)
PANNARALE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 14, comma 2, del decreto legislativo n. 286 del 1998 prevede che nei centri di identificazione ed espulsione lo straniero destinatario dei provvedimenti di espulsione sia trattenuto «con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza e il pieno rispetto della sua dignità»;
in data 24 giugno 2017 l'interrogante, accompagnata da Yasmine Accardo, referente della campagna LasciateCIEntrare, ha effettuato una visita presso il Centro di identificazione ed espulsione di Brindisi, in località Restinco, dalla quale sono emerse rilevanti inadeguatezze strutturali, condizioni igienico-sanitarie assai precarie e modalità di trattenimento lesive della dignità e dei diritti dei trattenuti;
il Centro di identificazione ed espulsione suddetto si trova isolato in aperta campagna e condivide con il Centro di accoglienza per richiedenti asilo lo spazio all'interno della cinta muraria che lo circoscrive; dopo diverse chiusure nel corso degli anni per lavori di ristrutturazione è stato riaperto nell'ottobre 2015, ha una capienza massima di 48 posti ed è affidato alla gestione della cooperativa Auxilium;
al momento della visita risultavano presenti 47 migranti, circa la metà dei quali provenienti dal carcere;
la struttura appare simile ad una gabbia: il centro è infatti organizzato in tre blocchi di cemento chiusi da una rete metallica in alto, circondati da sbarre e chiusi da pannelli in plexiglas che, durante la stagione estiva, rendono il caldo asfissiante; le due stanze adibite all'isolamento sanitario di persone affette da patologie che necessitano di quarantena sono completamente vuote e prive di arredi ad eccezione di una lastra di cemento fissata al pavimento con piedi di ferro; le condizioni dei dormitori risultano particolarmente inadeguate, con lenzuola e asciugamani di carta sottilissima, materassi di spugna sudici, usurati dal tempo e dalla muffa e dalla notevole presenza di insetti; si rileva inoltre l'assenza di kit per l'igiene personale;
l'interrogante ha tenuto all'interno del centro detentivo vari colloqui con i trattenuti, tra i quali si segnala quello con A. A., nato il 31 maggio 1988 in Tunisia, che ha denunciato nell'occasione abusi e visibili maltrattamenti;
dal racconto di A. A. tenuto alla presenza della signora Carmela Scavone, funzionaria e delegata della prefettura di Brindisi, si apprende che nella notte di domenica 18 giugno 2017 il tunisino è stato trasferito in ospedale dopo essersi ferito con una lametta ad un braccio, come testimoniano i segni ancora visibili, e averla ingoiata, nel tentativo di impedire il trasferimento coatto. Dimesso dopo un'ora circa, senza alcuna possibilità di visionare il referto, sarebbe stato al centro detentivo e, alla presenza di un infermiere del centro e di poliziotti e militari, sarebbe stato prima perquisito, e poi bloccato con le manette dietro la schiena. Sarebbe dunque stato legato con dello scotch da pacchi, ripetutamente e violentemente strattonato e picchiato dai presenti; inoltre, da personale non identificato gli sarebbe stata praticata un'iniezione di un farmaco non noto che ha come effetto la sedazione. Da quella notte A. A. è in sciopero della fame, in evidenti condizioni di deperimento fisico e di prostrazione psicologica –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati e se intenda accertare le condizioni strutturali e di gestione del Centro di identificazione ed espulsione di Brindisi incompatibili con una permanenza rispettosa della dignità dei migranti trattenuti, nonché verificare quanto riportato in ordine all'esercizio di condotte illegali e di atti lesivi dei diritti fondamentali e della dignità umana delle persone trattenute;
sulla base di quali presupposti giuridici persone che hanno già scontato in carcere la loro pena siano ulteriormente trattenute in condizione di detenzione nella struttura del Centro di identificazione ed espulsione. (4-17363)
SIMONETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
da quanto si apprende dagli organi di stampa, la sede della prefettura di Biella ha ospitato un convegno di lavoro promosso ed organizzato da una parlamentare del Partito democratico;
l'incontro, anche se verteva su un tema di rilevante importanza come il femminicidio, non può essere inquadrato come iniziativa istituzionale del Governo, in quanto promosso appunto da una senatrice, esponente del PD del territorio, priva di incarichi governativi;
l'evento, piuttosto, si configura ad avviso dell'interrogante come libero strumento di iniziativa politica del singolo, sia pure in vista di un seguito parlamentare nelle sedi competenti;
la scelta della location prefettizia per iniziative politiche assume, pertanto, un rilievo tutt'altro che trascurabile;
il prefetto è l'organo amministrativo periferico, rappresenta il Governo a livello territoriale, è terminale politico-operativo dell'apparato della sicurezza, e per queste ragioni deve garantire la giusta equidistanza tra tutti gli eletti nelle assemblee parlamentari e delle loro iniziative politiche –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare per evitare un utilizzo improprio della sede prefettizia di Biella. (4-17365)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta in Commissione:
RICCIATTI, MELILLA, ZARATTI, SCOTTO, NICCHI, SANNICANDRO, PIRAS, QUARANTA, DURANTI, MARTELLI e FRANCO BORDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
con una nota stampa del 22 giugno 2017 il Ministro interrogato annunciava una iniziativa del Ministero per fornire libri di testo gratuiti per l'anno scolastico 2017/2018 per gli studenti residenti nelle aree colpite dal sisma;
l'iniziativa, che interessa 140 comuni, è prevista da una convenzione siglata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dall'Associazione italiana editori;
alla comunicazione è seguita una circolare che definisce i dettagli dell'iniziativa e stabilisce i termini per poter accedere all'esenzione. Tra i criteri, ci sono quello della residenza in uno dei comuni colpiti dal sisma, della certificazione di inagibilità della casa, di un livello isee non superiore a 32 mila euro. Contribuiscono a definire il livello di priorità delle domande lo stato di disoccupazione e l'eventuale perdita dell'attività produttiva;
la circolare solleva parecchie perplessità, considerato innanzitutto che nella nota ufficiale che presentava l'iniziativa non era esplicitata la necessaria presenza di specifici requisiti per accedere al beneficio, con ciò lasciando presumere che il provvedimento fosse rivolto a tutte le famiglie residenti nell'area del cratere;
inoltre, a seguito di sollecitazione da parte della testata Il Fatto Quotidiano (Il Fatto Quotidiano.it, «Terremoto Centro Italia, la Fedeli aveva promesso libri gratis a tutti gli studenti ? Circolare Miur cambia le carte in tavola», 17 luglio 2017) il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca avrebbe precisato che il progetto è nato da una prima donazione messa a disposizione dall'Associazione italiana editori a seguito dei primi eventi sismici. Dopo i successivi eventi tellurici, tuttavia, il Ministero avrebbe deciso di includere nell'iniziativa anche gli altri comuni colpiti, per un totale di 140;
la scelta del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di estendere il beneficio ai 140 comuni dell'area non tiene tuttavia in adeguata considerazione l'oggettiva differenza delle situazioni tra comune e comune, con il rischio che il beneficio venga riconosciuto anche in contesti meno disagiati, a scapito di famiglie in maggior difficoltà, pur in presenza di un livello e superiore;
il parametro isee dei 32 mila euro, infatti, rischia di non essere il più adeguato per determinare lo stato di bisogno reale delle famiglie;
il criterio del reddito, considerato autonomamente rispetto alla gravità della situazione del singolo comune colpito dal sisma, rischia di essere fonte di, squilibrio nella applicazione della misura –:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di evitare che l'estensione del beneficio a tutti i comuni dell'area del sisma, in presenza di situazioni di gravità molto diverse, sia fonte di disuguaglianze;
se non ritenga doveroso assumere iniziative per estendere la misura a tutti gli studenti residenti nei comuni del cratere o, in alternativa, rivedere i criteri per accedere al beneficio dei libri gratuiti, privilegiando i comuni maggiormente colpiti dal sisma, a prescindere dai livelli isee, o innalzando le soglie per i comuni maggiormente colpiti. (5-11875)
Interrogazioni a risposta scritta:
VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
il sistema di istruzione e formazione professionale (IeFP) si articola in una vasta gamma di indirizzi e di percorsi che sono realizzati da strutture formative accreditate dalle regioni;
dalla circolare n. 20 del 7 giugno 2017, emanata dall'assessorato dell'istruzione e della formazione professionale – dipartimento dell'istruzione e della formazione professionale della regione siciliana, si evince che ai minori siciliani iscritti al primo anno dei percorsi triennali di IeFP per l'assolvimento dell'obbligo di istruzione non viene garantita la prosecuzione al secondo anno di IeFp se non rientrano nei 78 percorsi autorizzati per il 2017/2018; essi vengono quindi costretti a iscriversi presso le istituzioni scolastiche statali;
ai minori siciliani iscritti al secondo anno dei percorsi triennali di IeFP per l'assolvimento dell'obbligo di istruzione, non viene garantita la prosecuzione al terzo anno di IeFp se non rientrano nei 50 percorsi autorizzati per il 2017/2018; essi sono quindi costretti a iscriversi presso le istituzioni scolastiche statali;
ai minori siciliani iscritti al terzo anno dei percorsi triennali di IeFP per l'assolvimento dell'obbligo di istruzione, non viene garantita la prosecuzione al quarto anno di IeFp se non rientrano nei 20 percorsi autorizzati per il 2017/2018; essi sono pertanto costretti a iscriversi presso le istituzioni scolastiche statali;
ai minori siciliani che hanno chiesto l'iscrizione al primo anno dei percorsi triennali di IeFP per l'assolvimento dell'obbligo di istruzione, non viene garantita l'iscrizione al primo anno di IeFp se non rientrano nei 90 percorsi autorizzati per il 2017/2018; essi sono dunque costretti a iscriversi presso le istituzioni scolastiche statali;
c’è il rischio che da settembre 2017 in Sicilia, a migliaia di ragazzi sarà negato il diritto di scelta dei percorsi di IeFP con la conseguenza che le famiglie di questi allievi dei percorsi di IeFP non autorizzati, saranno costrette a ricorrere all'iscrizione dei loro figli presso le istituzioni scolastiche statali;
il diritto di scelta tra i percorsi della IeFP e quelli delle istituzioni scolastiche, è sancito dalla legge in attuazione del diritto costituzionale all'istruzione (articolo 33);
in particolare, va richiamato il «principio generale sull'istruzione» – che vale anche per le regioni ad autonomia speciale – stabilito nell'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 61 del 2017, ove si afferma espressamente il diritto degli studenti, al termine del primo ciclo di istruzione, di scegliere tra i percorsi della IeFP e quelli delle istituzioni scolastiche;
l'iniziativa assunta all'assessorato all'istruzione e alla formazione professionale della regione siciliana non appare conforme ai princìpi generali stabiliti nell'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 61 del 2017 –:
di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se intenda assumere le iniziative di competenza, anche di carattere normativo e nelle sedi di concertazione con le regioni, per garantire non solo l'assolvimento degli obblighi di istruzione dei giovani interessati ma anche la libertà di scelta dei percorsi scolastici, evitando che possano determinarsi criticità come quelle sopra segnalate. (4-17358)
GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, dispone misure concernenti l'avvio di un processo di statizzazione e razionalizzazione in favore degli istituti superiori musicali non statali e delle accademie non statali di belle arti di cui all'articolo 19, commi 4 e 5-bis, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104;
secondo quanto stabilito dalla suddetta normativa, i pertinenti enti locali continuano a garantire l'uso gratuito degli spazi e degli immobili, così come si faranno carico delle situazioni debitorie pregresse alla statizzazione e per le quali questi risultavano già tenuti alla data di entrata in vigore del decreto, previa convenzione da stipulare tra ciascun ente e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
ai fini dell'attuazione di tali misure è stata disposta l'istituzione di un apposito fondo, con uno stanziamento di 7,5 milioni di euro per l'anno 2017, di 17 milioni di euro per l'anno 2018, di 18,5 milioni di euro per l'anno 2019 e di 20 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020;
tuttavia, così come determinato dal comma 4 dell'articolo 22-bis del decreto-legge in parola, «nelle more del completamento di ciascun processo di statizzazione e razionalizzazione, il suddetto fondo è utilizzabile altresì per il funzionamento ordinario degli enti di cui al comma 1»;
risultano numerosi, ad oggi, gli istituti di alta formazione interessati dall'attuazione di tali norme, alcuni dei quali versano in condizioni di oggettiva difficoltà finanziaria, in particolare l'Istituto superiore di studi musicali Giulio Briccialdi di Terni, istituzione di riconosciuto prestigio nel panorama della formazione musicale e che, in mancanza di interventi urgenti, non potrà più assicurare il suo regolare funzionamento con grave pregiudizio per i molti allievi che frequentano i suoi corsi;
l'offerta formativa del predetto istituto include l'unica cattedra in Italia di chitarra flamenca, ad ulteriore testimonianza della peculiarità e dell'elevato livello di prestigio della scuola ternana;
è indispensabile che a tali istituti sia celermente consentito l'accesso alle misure sin qui esposte, a salvaguardia del loro corretto funzionamento, nonché al fine di scongiurare eventuali possibili chiusure, adottando in tempi rapidi i decreti per l'avvio dei processi di statizzazione e razionalizzazione –:
quali siano i tempi previsti per l'adozione dei decreti di cui al comma 2 dell'articolo 22-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, posto che la norma dispone che i processi di statizzazione e razionalizzazione inizino a decorrere dall'anno 2017. (4-17361)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
nel sistema previdenziale italiano, con due successivi interventi normativi effettuati nel 2009 e nel 2010, è stato introdotto un meccanismo permanente di adeguamento dei requisiti pensionistici, agganciando il requisito anagrafico all'incremento della speranza di vita accertato dall'Istat;
la riforma attuata con il decreto-legge n. 201 del 2011 ha radicalmente e drasticamente modificato il sistema previdenziale. Il conseguimento dell'obiettivo del contenimento della spesa e dell'impatto di questa sui conti pubblici è stato ritenuto dal Governo dell'epoca prioritario rispetto alle rilevanti conseguenze sociali prodotte;
la riforma così detta Fornero, tra l'altro, ha prodotto un considerevole aumento dell'età richiesta alle lavoratrici private per accedere alla pensione di vecchiaia; è inoltre intervenuta a modificare la normativa vigente in materia di adeguamento del requisito anagrafico alla speranza di vita, accelerandone la cadenza dell'aggiornamento e trasformandola da triennale a biennale;
in applicazione della normativa vigente sono già stati operati due adeguamenti dell'età pensionabile, rispettivamente con decorrenza dal 1o gennaio 2013 e dal 1o gennaio 2016, che hanno prodotto in totale un elevamento di 7 mesi dell'età anagrafica richiesta per accedere alla pensione di vecchia;
se si effettua un'analisi comparata dell'età di pensionamento tra l'Italia gli altri Paesi europei emerge il dato che vede prevista in Italia già oggi l'età più alta per accedere alla pensione. L'attuale sistema di incremento periodico del requisito anagrafico denota un'evidente carenza di gradualità; se a questo si aggiunge un meccanismo di calcolo della pensione esclusivamente basato sui contributi versati, il risultato prodotto è un sistema previdenziale particolarmente penalizzante nei confronti delle lavoratrici donne che, avendo in media carriere contributive che non superano i 25 anni, contro le carriere contributive dei lavoratori uomini che in media si attestano sui 39 anni, hanno come unica via di accesso alla pensione l'opzione della pensione di vecchiaia;
considerato che il nuovo adeguamento dell'età pensionabile, con l'elevamento di questa a 67 anni, dovrà avere decorrenza dal 1o gennaio 2019 ed, in base alle norme vigenti, perché ciò accada, è previsto che il decreto direttoriale del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sia adottato almeno un anno prima del termine di decorrenza, entro il prossimo 31 dicembre dovrà essere varato il provvedimento che disporrà un ulteriore incremento dell'età pensionabile;
da più parti del mondo politico e dalle organizzazioni sindacali è stata avanzata la richiesta di non procedere all'adeguamento dell'età pensionabile con decorrenza dal 1o gennaio 2019;
a fronte di queste proposte sulla stampa è circolata una notizia, da fonte che è però rimasta anonima, che il mancato adeguamento dell'età pensionabile per il 2019 comporterebbe un costo di circa 1,2 miliardi di euro;
il 16 luglio 2017 se il presidente dell'Inps Tito Boeri ha rilasciato un'intervista al Sole 24 ore nella quale in sostanza si dichiarava, anche in maniera alquanto esplicita, contrario ad un intervento volto ad un congelamento del prossimo scatto di età previsto. Il professor Boeri, da un lato ha dichiarato infondata la cifra circolata nei giorni precedenti che individuava in 1,2 miliardi il costo di un congelamento dell'età pensionabile, dall'altro ha però dato la notizia che un blocco totale del meccanismo di adeguamento dell'età prevista per l'accesso alla pensione alla speranza di vita fino al 2035 produrrebbe un costo di 141 miliardi di euro;
il dato fornito dal presidente dell'Inps su un'ipotesi, quale quella di un blocco totale e strutturale del meccanismo dell'adeguamento dell'età pensionabile, che al momento concerne un aspetto sostanzialmente diverso dal tema di cui si discute in queste ore, e che riguarda invece lo scatto di età previsto dal gennaio 2019, oltre ad una serie di considerazioni politiche che attengono alla persona del presidente dell'Inps ha portato alcuni organi di stampa ad utilizzare termini forti quali «terrorismo sulle pensioni» per titolare in ordine all'intervento di Boeri. Al di là dei titoli forti, a giudizio degli interpellanti l'intervento del presidente Boeri non ha contribuito a fare chiarezza su un tema estremamente rilevante per milioni di cittadini, come l'accesso alla pensione, che invece sarebbe opportuno attendersi da un organo tecnico quale è l'Inps –:
quali iniziative intenda adottare il Governo in merito all'adeguamento dell'età pensionabile che porterà un innalzamento della stessa a 67 anni a decorrere dal gennaio 2017, ma al quale si dovrà dare attuazione con provvedimenti amministrativi adottati dal Governo entro la fine dell'anno in corso;
se il Governo sia in grado di fornire una stima ufficiale relativamente al costo prodotto da un mancato adeguamento dell'età pensionabile decorrente dal mese di gennaio 2019;
quali iniziative intenda porre in essere al fine di rendere meno punitivo l'attuale sistema previdenziale nei confronti delle lavoratrici donne, che dal 2011 hanno subito un aumento molto più elevato, rispetto agli uomini, e che in media, avendo carriere lavorative più discontinue, hanno come unica opzione per l'uscita dal mondo del lavoro quella della pensione di vecchiaia.
(2-01892) «Martelli, Laforgia, Giorgio Piccolo, Zappulla».
Interrogazioni a risposta in Commissione:
RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
ad oggi non è stata intrapresa alcuna iniziativa idonea affinché sia riconosciuto e sostenuto il lavoro casalingo per l'importante funzione economica e sociale che svolge. Eppure, tale questione riguarda un considerevole bacino di donne, come riferisce l'Istat nel report «Le casalinghe in Italia»: nel 2016 l'Italia conta 7 milioni 338 mila donne che si dichiarano casalinghe;
le casalinghe in Italia lavorano duramente: quasi 49 ore a settimana, in media 2.539 ore l'anno, senza considerare le ferie, più di molti lavoratori occupati al di fuori delle mura domestiche. L'Istat calcola che le donne effettuano complessivamente 50 miliardi e 694 milioni delle ore di produzione familiare l'anno (il 71 per cento del totale) e che le casalinghe, con 20 miliardi e 349 milioni di ore, sono i soggetti che contribuiscono maggiormente a questa forma di produzione;
ciò nonostante, la loro condizione economica non è dignitosa come dovrebbe essere: nel 2015 sono più di 700 mila le casalinghe in povertà assoluta, il 9,3 per cento del totale. Quasi una su dieci, in sostanza, non possiede un reddito sufficiente a garantirsi l'acquisto di un paniere di beni e servizi essenziali. Quasi la metà (47,4 per cento) afferma che le risorse economiche della famiglia sono scarse o insufficienti; tra le occupate la quota scende al 30,8 per cento, pur essendo rilevante. Le casalinghe con i livelli più alti di povertà assoluta sono le più giovani. Le anziane presentano i valori più bassi (4,8 per cento);
poco più della metà delle casalinghe non ha mai svolto attività lavorativa retribuita nel corso della vita. Il motivo principale per cui le casalinghe di 15-34 anni non cercano un lavoro retribuito è familiare nel 73 per cento dei casi. Sono 600 mila le casalinghe scoraggiate che pensano di non poter trovare un lavoro –:
se e quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato a tutela delle donne che svolgono lavoro casalingo, in particolare alla luce dei recenti dati pubblicati dall'Istat nel report citato in premessa. (5-11872)
MICCOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la ditta Consorzio Recycling si occupa dal maggio 2012 di servizio di raccolta rifiuti speciali presso l'aeroporto «Leonardo Da Vinci» di Fiumicino. Il servizio, messo a gara da Aeroporti di Roma (Adr s.p.a.) per 36 mesi con proroga per un massimo di 24 mesi e per un importo di 3.862.000,00 di euro, è stato aggiudicato ad Ati gruppo Porcarelli ed Intereco, con decorrenza dal primo luglio 2017;
i lavoratori della Consorzio Recycling sono stati protagonisti di vari avvicendamenti societari in passato. Sono stati impiegati dal 20 luglio 1998 al 30 aprile 2010 dalla società Pescatore SRL, dal 30 aprile 2010 al 30 aprile 2012 da Hge ambiente, infine dal 1o maggio 2012 al 30 giugno 2017 nella Consorzio Recycling. La continuità occupazionale degli stessi è stata garantita, nei descritti passaggi, dall'applicazione costante del contratto collettivo nazionale FISE Assoambiente, che – all'articolo 6, in premessa, e nei commi 1 e 2 – prevede la clausola sociale nel caso di cambio d'appalto tra imprese che applicano il Contratto collettivo nazionale dei servizi ambientali specifici del settore del ciclo integrato dei rifiuti (Ccnl Fise), ossia nello specifico che l'impresa subentrante assuma ex novo tutto il personale in forza a tempo indeterminato;
nell'ultimo passaggio tra ditte, nel capitolato della gara di appalto vinta da Ati gruppo Porcarelli ed Intereco, la descritta clausola sociale non è stata inserita, poiché è stato applicato un diverso contratto: il Contratto collettivo nazionale trasporto, spedizione e logistica che non la prevede. Tuttavia, all'articolo 6, comma 4 del Contratto collettivo nazionale Fise è previsto anche che, in caso di subentro ad un'impresa che non applichi contratti dei servizi ambientali specifici del settore, «l'impresa subentrante si incontrerà con la RSU, o in mancanza con le RSA delle OO.SS. stipulanti per la ricerca di soluzioni di possibile salvaguardia occupazionale»;
alla luce di tali oneri, il 3 luglio 2017, è stato convocato un primo tavolo di confronto presso l'Ispettorato del lavoro al fine di discutere sulle problematiche derivanti dalla procedura di cambio d'appalto. In tale occasione sono state presenti solo le organizzazioni sindacali Filcams Cgil, Uil Trasporti e Fiadel, mentre non hanno partecipato né la stazione appaltante, né la Intereco Servizi srl. Ciò ha reso necessario un successivo incontro;
nel corso di quest'ultimo, avvenuto il 6 luglio 2017, l'ente committente Adr s.p.a. ha riconfermato la propria assenza, mentre l'azienda subentrante – in questo caso presentatasi al tavolo – ha esposto le proprie ragioni, a quanto risulta all'interrogante tenendo a precisare di non aver bisogno di altro personale e che il Contratto collettivo nazionale trasporto, spedizione e logistica applicato nel servizio non prevede clausola sociale;
all'interrogante risulta che, ad oggi, dei 13 dipendenti del Consorzio Recycling solo 5 sarebbero stati contattati per un colloquio di lavoro e che sarebbero state offerte loro condizioni di lavoro nettamente inferiori alle precedenti;
Aeroporti di Roma è la società che gestisce gli aeroporti romani di Fiumicino e Ciampino ed è il più grande operatore italiano ed il quinto in Europa per numero di viaggiatori. Sarebbe certo più consona una diversa condotta della società, posto che risulta quantomeno «periglioso» che, nei cambi di appalto per i servizi messi a gara, siano prospettati contratti con minori tutele e senza l'inserimento della clausola sociale –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza del modus operandi di ADR s.p.a. esposto in premessa, il quale, se fosse costantemente riproposto, potrebbe aprire la strada a molte e gravi vertenze; come intendano adoperarsi per la salvaguardia occupazionale degli 8 dipendenti della Consorzio Recycling rimasti senza lavoro, con famiglie a carico e in un'età di difficile ricollocazione. (5-11874)
SALUTE
Interrogazione a risposta scritta:
LORENZO GUERINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
come già evidenziato negli atti di sindacato ispettivo n. 5-04761, a prima firma Lenzi, e n. 5-07313, a prima firma Paola Boldrini, la fibromialgia o sindrome fibromialgica è una malattia complessa, debilitante e invalidante che compromette e riduce la qualità di vita di chi ne è affetto e colpisce approssimativamente 1,5-2 milioni di italiani, circa il 2-3 per cento della popolazione e prevalentemente le persone di sesso femminile in età adulta;
i sintomi della fibromialgia sono riscontrabili in altre malattie (reumatologiche, neurologiche e altro) ed è necessario, nella fase di studio e diagnosi, eseguire ulteriori accertamenti per escludere altre patologie e non vi è alcun esame di laboratorio o radiologico che possa diagnosticare la fibromialgia;
negli ultimi anni, la fibromialgia è stata meglio definita e caratterizzata attraverso studi che hanno stabilito anche le linee guida per la diagnosi e la terapia;
già in risposta, per altro non esaustiva, all'atto di sindacato ispettivo n. 5-04761 in cui si chiedeva il perché questa malattia non fosse stata ancora riconosciuta né come malattia invalidante, né inserita nei livelli essenziali di assistenza, il Governo pro tempore rispondeva che gli assistiti potevano già usufruire di tutte le prestazioni contenute nei livelli essenziali di assistenza, erogabili attraverso le strutture del servizio sanitario nazionale e che, allo stato attuale, esisteva una oggettiva difficoltà ad identificare correttamente, sia in termini di prevalenza che di definizione clinica, le forme di fibromialgia da prendere in considerazione per un possibile inserimento tra le patologie croniche esenti, nel rispetto dei criteri previsti dalla vigente normativa;
nella risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-07313, il Governo pro tempore affermava che aveva presentato, già nel 2011, al Consiglio superiore di sanità una richiesta di parere sulla fibromialgia; tale richiesta era poi stata reiterata e il Consiglio superiore di sanità aveva reso un parere nel settembre del 2015, ove la sezione I del Consiglio aveva proposto che lo studio della definizione dei «cut-off» potesse essere svolto dal gruppo di lavoro sulla «fibromialgia» della stessa sezione I, integrato con ulteriori esperti delle principali e maggiormente rappresentative associazioni dei pazienti, ed aveva auspicato l'attribuzione del codice identificativo di malattia, perché questo avrebbe consentito un'incisiva riduzione di consulenze, esami e prestazioni inappropriate da parte di altre figure professionali, nonché prospettato il riconoscimento di un'esenzione minima di almeno 24 mesi;
inoltre, sempre nella risposta, il Governo affermava che, poiché il citato parere considerava la fibromialgia come cronica, invalidante solo in alcuni casi, non necessariamente permanente, e che era necessario attendere che fossero definiti i «cut-off» attraverso studi idonei, il Ministero della salute riteneva che non vi erano, al momento, le condizioni per l'inserimento della fibromialgia nell'elenco delle malattie croniche allegato al decreto ministeriale n. 329 del 1999;
i referenti dell'Associazione italiana sindrome fibromialgica (AISF) sono stati ricevuti al Ministero della salute il 6 giugno 2016 per la trattazione dell'argomento «Sindrome Fibromialgica — Riconoscimento Cronicità» e il 13 settembre 2016, mantenendo gli impegni presi, c’è stata la prima convocazione del gruppo di lavoro presso la sezione 1 del Consiglio superiore di sanità, avente ad oggetto l'inserimento della stessa patologia tra le malattie croniche e l'esenzione della partecipazione della spesa sanitaria, ai sensi del decreto-legge n. 124 del 1988, per la fibromialgia –:
se il Ministro interrogato non ritenga doveroso assumere iniziative per inserire tale malattia nell'elenco delle malattie croniche di cui al decreto ministeriale n. 329 del 1999, alla luce di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi livelli essenziali di assistenza del 12 gennaio 2017. (4-17355)
Apposizione di una firma ad una mozione.
La mozione Gadda e altri n. 1-01666, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Malisani.
Ritiro di un documento di indirizzo.
Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: mozione Palese n. 1-01640 del 29 maggio 2017.
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Biasotti n. 5-11771 del 7 luglio 2017;
interrogazione a risposta scritta Dieni n. 4-17266 dell'11 luglio 2017;
interrogazione a risposta immediata in Commissione Gigli n. 5-11801 del 12 luglio 2017.
Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta scritta Prestigiacomo n. 4-15708 del 23 febbraio 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-11877;
interrogazione a risposta scritta Sgambato e altri n. 4-17193 del 6 luglio 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-11878.
ERRATA CORRIGE
Interrogazione a risposta scritta Fratoianni e altri n. 4-17075 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 820 del 26 giugno 2017. Alla pagina 48345, prima colonna, dalla riga quarantasettesima alla riga quarantottesima, deve leggersi: «revoca (ad esempio Aosta, Varese e Ravenna), sostenendo che essa, a distanza di» e non come stampato.