XVII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 866 di lunedì 9 ottobre 2017
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO
La seduta comincia alle 14.
ANNA MARGHERITA MIOTTO , Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 18 settembre 2017.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Baldelli, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Centemero, Antimo Cesaro, D'Alia, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Manlio Di Stefano, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Sorial, Tabacci, Simone Valente, Valeria Valente e Velo sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente ottantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Discussione congiunta del disegno di legge e del documento: S. 2834 - Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2016-2017 (Approvato dal Senato) (A.C. 4620); Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (Anno 2016) (Doc. LXXXVII, n. 5) (ore 14,04).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4620: Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2016-2017; e del documento: Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (Anno 2016) (Doc. LXXXVII, n. 5).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 6 ottobre 2017 (Vedi l'allegato A della seduta del 6 ottobre 2017).
(Discussione congiunta sulle linee generali – A.C. 4620 e Doc. LXXXVII, n. 5)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione congiunta sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza sul disegno di legge di delegazione europea 2016-2017, deputato Paolo Tancredi.
PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 4620. Presidente, onorevoli colleghi, oggi cominciamo e avviamo l'esame del disegno di legge di delegazione 2016-2017, approvato dal Senato lo scorso 2 agosto.
Ricordo, in primo luogo, che nella presente legislatura il Parlamento ha dimostrato di sapere dare piena e concreta attuazione al dettato della legge n. 234 del 2012, che ha attuato una riforma organica delle norme sulla partecipazione dell'Italia all'attuazione della normativa dell'Unione europea.
La legge n. 234, in particolare, ha disposto lo sdoppiamento dell'annuale legge comunitaria, in due distinti provvedimenti, la legge di delegazione, appunto, e la legge europea, che rappresentano degli strumenti legislativi molto efficaci per assicurare il periodico adeguamento dell'ordinamento alla legislazione europea.
Mi preme, infatti, richiamare il costante impegno parlamentare che, successivamente alla citata riforma, ha garantito l'approvazione di otto leggi, rispettivamente quattro leggi di delegazione e quattro leggi europee, riferite agli anni 2013, 2014, 2015 e 2016.
In particolare, attraverso le deleghe conferite con le leggi di delegazione, si è consentita l'implementazione in via legislativa di 139 direttive, di cui 122 risultano pienamente attuate. Ad esse andranno aggiunte le 29 oggetto del provvedimento in esame.
In questa sessione la Camera è chiamata a consolidare i risultati del virtuoso percorso di allineamento agli obblighi posti dall'Unione Europea e, attraverso una rapida approvazione del disegno di legge di delegazione, potrà garantire il tempestivo adeguamento alle direttive europee di recente emanazione, evitando l'avvio di possibili procedure di infrazione nei confronti del nostro Paese.
Ricordo che il disegno di legge sottoposto all'Assemblea è stato esaminato dalla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), in sede referente, a partire dalla seduta del 20 settembre. L'esame si è concluso lo scorso 4 ottobre con l'approvazione di un testo, avente contenuto identico a quello approvato nell'altro ramo del Parlamento. Segnalo, infatti, che la Commissione, ai sensi del Regolamento, ha acquisito sul testo i pareri delle Commissioni permanenti della Camera, che hanno ritenuto di esprimersi tutte in senso favorevole, senza procedere all'approvazione di proposte modificative o integrative del disegno di legge.
Con riguardo al disegno di legge di delegazione, faccio osservare che, conformemente ai contenuti prescritti nella legge n. 234, esso reca disposizioni di delega, avente ad oggetto il recepimento di atti dell'Unione nell'ordinamento nazionale.
L'articolato si compone di quindici articoli e un allegato, volti a dare attuazione, mediante delega legislativa, a 29 direttive emanate dall'Unione europea, di cui 28 inserite in allegato. Si tratta prevalentemente di atti emanati nell'anno 2016, per quanto riguarda 23 direttive; le restanti direttive risultano invece emanate tre nel 2015 e tre nel 2017. Le direttive dovranno essere recepite in via legislativa, mediante l'emanazione di uno o più decreti, da sottoporre al parere delle Commissioni parlamentari.
Con riguardo a sei direttive, di cui cinque inserite in Allegato A, sono previsti principi e criteri direttivi specifici per l'esercizio della delega, in aggiunta a quelli generali prescritti dalla legge n. 234 del 2012.
Il provvedimento reca, inoltre, disposizioni di delega riguardanti l'adeguamento della normativa nazionale a otto regolamenti dell'Unione e alle disposizioni dell'Accordo su un tribunale unificato dei brevetti.
Gli articoli 1 e 2 del disegno di legge contengono disposizioni per il conferimento della delega legislativa al Governo. In particolare, l'articolo 1 delega il Governo a recepire nell'ordinamento italiano le ventotto direttive europee, appunto inserite nell'allegato A. I termini, le procedure, i principi e i criteri direttivi di delega sono fissati in via generale dagli articoli 31 e 32 della legge n. 234.
L'articolo 2 conferisce, invece, al Governo la delega legislativa per la disciplina sanzionatoria di violazioni di obblighi contenuti in direttive attuate in via regolamentare o amministrativa o in regolamenti dell'Unione, sulla base dei principi e criteri previsti dall'articolo 32, comma 1, lettera d), della legge n. 234.
L'articolo 3 conferisce al Governo una delega legislativa per l'attuazione della direttiva (UE) n. 2015/2436, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, nonché per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 2424 del 2015. I decreti legislativi devono essere emanati, previo parere delle Commissioni parlamentari.
L'articolo 4 reca la delega per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 1257/2012, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell'istituzione di una tutela brevettuale unitaria e alle disposizioni dell'Accordo su un tribunale unificato dei brevetti.
L'articolo 5 reca i principi e i criteri direttivi specifici, relativi alla delega per l'attuazione della direttiva (UE) n. 2016/97, sulla distribuzione assicurativa, che abroga la direttiva 2002/92/CE, sull'intermediazione assicurativa. L'individuazione di specifici criteri di delega è dovuta alle diverse opzioni che la direttiva consente di esercitare o meno da parte del legislatore nazionale.
L'articolo 6 contiene una delega legislativa per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 2016/425, sui dispositivi di protezione individuale, che abroga la precedente direttiva 89/686/CEE del Consiglio. Il legislatore nazionale dovrà individuare le autorità nazionali competenti in materia di sorveglianza del mercato e controlli, nonché allo svolgimento delle attività prescritte dal regolamento in tema di notifica degli organismi di valutazione della conformità dei prodotti in questione. Verrà esercitata l'opzione relativa alla possibilità di affidare all'organismo unico nazionale di accreditamento la valutazione e il controllo dei predetti organismi da notificare.
L'articolo 7 conferisce la delega per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 2016/426, sugli apparecchi che bruciano carburanti gassosi e che abroga la precedente direttiva. Segue una delega all'adozione di regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, commi 1 e 2, della legge n. 400 del 1988.
L'articolo 8 delega il Governo ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, uno o più decreti legislativi, per adeguare la normativa nazionale al regolamento (UE) n. 596/2014 relativo agli abusi di mercato. Tra i principi e criteri direttivi specifici per l'esercizio della delega, si segnala la necessità di garantire un appropriato grado di protezione dell'investitore, di tutela della stabilità finanziaria e dell'integrità dei mercati finanziari. La Consob viene designata quale autorità competente.
L'articolo 9 contiene una delega legislativa per l'adeguamento al regolamento (UE) n. 2016/1011, sugli indici usati come indici di riferimento negli strumenti finanziari e nei contratti finanziari o per misurare la performance di fondi di investimento e recante modifica delle direttive nn. 2008/48/UE e 2014/17/UE e del regolamento (UE) n. 596/2014.
L'articolo 10 reca la delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 2015/2365, sulla trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli. Le nuove norme sulla trasparenza completano, peraltro, le disposizioni della direttiva n. 2009/65/UE, riguardante gli OICVM e della direttiva 2011/61/UE sui GEFIA. Tali disposizioni, in materia di trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli (cosiddetto Securities financing transactions) e le altre norme in tema di strutture di finanziamento sono strettamente collegate alle citate direttive, che costituiscono il quadro giuridico di disciplina della creazione, gestione e commercializzazione degli organismi citati, gli OICVM.
L'articolo 11 individua uno specifico principio al quale il Governo deve attenersi nell'esercitare la delega per l'attuazione della direttiva n. 680 del 2016, in materia di protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti, al fine di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati, inclusa la salvaguardia e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica. Il termine del recepimento è il 6 maggio 2018.
L'articolo 12 reca specifici principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva n. 681 del 2016, sull'uso dei dati del codice di prenotazione (PNR), al fine di prevenzione, accertamento e indagine e azione penale nei confronti del reato di terrorismo e dei reati gravi. La direttiva dovrà essere recepita entro il 25 maggio 2018. L'articolo 13 delega il Governo a provvedere all'adeguamento del quadro normativo interno al regolamento UE n. 2016/679, al fine di garantire un sistema armonizzato in materia di privacy. L'articolo 14 reca principi e criteri direttivi specifici relativi alla delega per l'attuazione della direttiva n. 2016/2102, relativa all'accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici contenuta nell'allegato A del provvedimento in esame. Il termine di recepimento previsto dalla direttiva è il 23 settembre 2018. Infine, l'articolo 15 introduce specifici criteri direttivi per l'attuazione della direttiva n. 2016/943, relativa alla protezione dei segreti commerciali e al contrasto agli illeciti, da recepire entro il 9 giugno 2018. Presidente, lascerei l'elenco delle direttive in allegato…
PRESIDENTE. Consegna l'intervento, insomma.
PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 4620. Sì, consegno l'intervento. Vorrei chiudere, Presidente, ricordando che, nel corso dell'esame al Senato, il disegno originariamente presentato dal Governo è stato modificato in più parti: lascio anche queste parti alla discussione. Segnalo, da ultimo, che è in corso al Senato l'esame del disegno di legge di legge europea 2017, approvato dalla Camera, per confermare sostanzialmente un allineamento dei tempi di esame dei provvedimenti europei da parte delle Camere.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza sul disegno di legge di delegazione europea 2016-2017, deputato Gianluca Pini: prendo atto che è assente.
Ha facoltà di intervenire il relatore sulla Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (anno 2016), deputato Marco Bergonzi.
MARCO BERGONZI, Relatore sul Doc. LXXXVII, n. 5. Presidente, la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, come è noto, rappresenta il principale strumento per l'esercizio della funzione di controllo ex post del Parlamento sulla condotta del Governo nelle sedi decisionali dell'Unione europea. La Relazione consuntiva dovrebbe recare un rendiconto dettagliato delle attività svolte e delle posizioni assunte dall'Italia nell'anno precedente, al fine di consentire alle Camere di verificare l'adeguatezza e l'efficacia dell'azione negoziale italiana e la sua rispondenza rispetto agli indirizzi parlamentari.
In particolare, il documento deve indicare: gli sviluppi del processo di integrazione europea; la partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea; l'attuazione in Italia delle politiche di coesione economica, sociale e territoriale; l'andamento dei flussi finanziari verso l'Italia e il loro utilizzo, accompagnati da una valutazione di merito sui principali risultati annualmente conseguiti; ed infine, il seguito dato e le iniziative assunte in relazione ai pareri, alle osservazioni e agli atti di indirizzo delle Camere. Sulla Relazione consuntiva per il 2016, tutte le Commissioni competenti in sede consultiva hanno espresso parere favorevole.
La Relazione è articolata in quattro parti, e per un esame analitico delle quattro parti rimando alla documentazione presentata. In particolare, mi preme evidenziare che risulta in aumento l'attività di informazione qualificata alle Camere e alle regioni sulle proposte legislative europee, e risulta altresì apprezzabile l'impegno del Governo nel dare conto dei numerosi atti di indirizzo emessi dalle Camere (103 in totale) e del seguito che ad essi è stato dato nella definizione della posizione italiana in fase di formazione delle norme europee.
La relazione è poi completata da alcuni allegati che concernono i Consigli dell'Unione europea, i Consigli europei, i flussi finanziari dall'Unione europea all'Italia nel 2016, ed il recepimento delle direttive nell'anno di riferimento. Si possono esprimere alcune considerazioni conclusive, cioè che la Relazione appare sostanzialmente coerente con quanto prescritto dalla legge n. 234 del 2012; si confermano, peraltro, taluni punti di criticità già segnalati, con riferimento alla Relazione consuntiva per il 2015, in particolare l'omogeneità di impostazione: le parti curate da diverse amministrazioni interessate non sempre sono riconducibili a un modello univoco e consolidato. Nel complesso, la Relazione consuntiva per il 2016 presenta un ulteriore miglioramento rispetto ai progressi già compiuti nel corso degli ultimi anni, evidenziando lo sforzo e l'impegno profuso dal Governo per dare attuazione alla legge e fornire maggiori informazioni sull'andamento dei negoziati in sede europea.
Ricordo, poi, che è stata presentata una risoluzione che contiene alcuni impegni al riguardo per il Governo, che sono in particolare: a proseguire nel lavoro sin qui svolto per la trasmissione al Parlamento di sempre maggiori informazioni sull'andamento dei negoziati in sede europea, come già è emerso nella Relazione consuntiva 2016; ad assicurare che le prossime Relazioni consuntive diano ancora più analiticamente conto del seguito dato dal Governo agli atti di indirizzo delle Camere adottati con riferimento a specifici progetti o questioni, precisando in quale misura essi siano stati tenuti in considerazione nella formazione della posizione italiana; a riferire regolarmente ai competenti organi parlamentari sul seguito dato agli atti di indirizzo approvati dalle Camere in merito alla formazione delle politiche e della normativa dell'Unione europea, come stabilito dalla legge n. 234 del 2012; ed infine, a garantire un adeguato seguito in sede europea alle questioni emerse e alle priorità politiche orizzontali e settoriali discusse nel corso dell'esame parlamentare della Relazione consuntiva.
PRESIDENTE. La ringrazio. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
È iscritta a parlare la deputata Chiara Scuvera. Ne ha facoltà.
CHIARA SCUVERA. Presidente, oggi più che mai l'Europa è al centro del dibattito, nella politica e nella società. L'Europa viene spesso raccontata, e purtroppo anche percepita come la causa dell'impoverimento e della marginalizzazione. Xenofobia, protezionismi e sovranismi minacciano ciò che passo dopo passo la cooperazione tra gli Stati ha costruito. Illusioni di autosufficienza rischiano di impoverire ulteriormente le nostre periferie. Credo, però, che bisogni cogliere anche l'occasione di questo dibattito - che c'è anche tra i cittadini e non solo tra gli addetti ai lavori, e non solo nella politica - appunto sull'Europa, per raccontare i vantaggi che dall'Europa sono derivati per gli Stati, e anche per cogliere le nuove sfide che devono essere perseguite e non possono più essere eluse, come quella di una grande riforma istituzionale.
Con le Primavere arabe è iniziato un nuovo ciclo anche della storia europea: storici flussi migratori e crisi del petrolio impongono un cambiamento di paradigma; e sta maturando, a giudicare anche dai documenti che sono stati approvati in Europa, una presa di coscienza nella classe dirigente europea sulla necessità di una svolta nelle politiche economiche di sviluppo, che non solo vadano oltre l'ordinaria amministrazione, come abbiamo già detto nei programmi e nelle relazioni programmatiche, ma che puntino a una vera e propria riconversione, poggiando sui pilastri della cooperazione internazionale e di un rapporto paritario con l'Africa, su una strategia energetica che punti sulla decarbonizzazione e sull'energia pulita, sul sostegno all'innovazione in impresa.
Certo, sarebbe imperdonabile se questo nuovo sviluppo che vogliamo costruire non fosse inclusivo.
Una strategia di crescita non può non essere accompagnata da strumenti di welfare adatti a processi produttivi investiti dalla cosiddetta quarta rivoluzione industriale. È chiaro che la digitalizzazione spinta dei processi può rappresentare un'opportunità di miglioramento anche delle condizioni di lavoro, per esempio, per il superamento del lavoro usurante; però, è anche vero che la nuova sfida dei diritti si gioca sul tempo del lavoro e, quindi, sull'orario di lavoro, sulla formazione continua, sul sostegno al reddito e alla ricerca di un nuovo lavoro.
Forse è questa la sfida che riguarda i progressisti sulle politiche del lavoro nel nuovo tempo; la proposta dell'Italia di un sussidio europeo di disoccupazione è sempre evidentemente attuale e, a proposito degli incoraggianti segnali di ripresa interna, il Presidente Gentiloni ha opportunamente affermato che si tratta di fare in modo che questa crescita sia inclusiva, vada a vantaggio dei più deboli. L'Italia ha, per la prima volta, uno strumento universale di sostegno al reddito, rappresentato, appunto, dal reddito di inclusione, e di contrasto alla povertà e di inclusione attiva nel mondo del lavoro e nella società.
Per combattere i nazionalismi e la xenofobia e farsi riconoscere come soggetto, e non come nemico, nelle periferie, l'Europa deve puntare su una misura universale di contrasto alla povertà e contrastare il racconto falso e in mala fede che addossa sui migranti e sui rifugiati la responsabilità della crisi. Stati Uniti d'Europa e bilancio unico europeo non devono più essere vissuti come utopie, ma come obiettivi, come politiche praticate e non come sogni. I Governi possono, effettivamente, incidere ed avere voce in capitolo in questo processo di cambiamento, ponendosi come interlocutori credibili. E io credo che, in questi anni, i nostri Governi e il Parlamento abbiano dato buona prova in tal senso; ciò è avvenuto con il grande sforzo per il superamento delle infrazioni europee, praticamente dimezzate, anche grazie all'infaticabile lavoro del sottosegretario Sandro Gozi, e il migliore utilizzo dei fondi europei; è avvenuto attraverso la strategia riformista dei nostri Governi, con parole nuove in Europa, come quelle sulla necessità di superare il paradigma dell'austerity, su una strategia di responsabilità sulle migrazioni - e la giurisprudenza, sappiamo, ha dato ragione all'Italia sulla questione delle ricollocazioni -, sul protagonismo del sud Europa per una strategia globale di cambiamento nei rapporti tra il nord e il sud del mondo e nei rapporti tra il nord del mondo e i tanti sud del mondo che ci sono anche in Europa.
Abbiamo fatto la nostra parte, in questi anni, con le leggi europee, con le relazioni programmatiche, con le leggi di delegazione, come quella oggi all'esame dell'Aula. Certamente, come ha ricordato il relatore Bergonzi, si può ancora migliorare il dialogo tra Governo e Parlamento per adempiere al meglio la funzione di controllo ex post, ma, certamente, sono stati fatti degli enormi passi avanti, anche nel contributo dell'Italia nella fase ascendente e, quindi, il contributo dell'Italia nella fase di formazione della normativa europea. La nostra Commissione, per esempio, la X Commissione attività produttive, nel 2016, in tal senso, ha approvato ben 13 documenti finali, sia in materia di energia, sia in materia di politiche per l'innovazione in impresa, sia sulla tutela dei consumatori, sia per l'impulso al mercato unico digitale. E la Commissione europea ha costantemente interloquito con noi, offrendo un proficuo riscontro al lavoro che le Commissioni parlamentari hanno fatto in fase di dialogo politico. E d'altronde, come emergeva dalla relazione Tancredi, la legge di delegazione fa un grande passo avanti per il sostegno al nostro tessuto produttivo, soprattutto a quello più coraggioso, a quello creativo, a quello delle PMI innovative, che riguarda il mondo dei giovani. Per esempio, l'articolo 3 reca la delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2015/2346 in materia di marchi di impresa e l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2015/2425 sul marchio europeo. Sappiamo che sia la direttiva che il regolamento rappresentano il cosiddetto “pacchetto marchi” che è finalizzato, da un lato, ad armonizzare gli ordinamenti nazionali in materia di marchi di impresa e, dall'altro, a rendere il più possibile omogenei gli ordinamenti giuridici interni rispetto all'ordinamento giuridico europeo, laddove disciplina, in materia diretta, il marchio europeo che, come sappiamo, è il titolo di proprietà industriale che viene rilasciato dall'Ufficio europeo per la proprietà intellettuale con effetto in tutti gli Stati membri.
Ancora, l'articolo 4 contiene la delega per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni, invece, del regolamento (UE) 1257/2012 che, invece, è relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata per l'istituzione di una tutela brevettuale unitaria e alle disposizioni dell'accordo sul tribunale unificato dei brevetti, accordo che abbiamo ratificato e poi è stato reso esecutivo e che è stato ratificato con la legge n. 214 del 2016. La legge di delegazione europea - è stato ricordato - contiene delle norme importanti per la tutela del segreto commerciale nonché per il conseguente contrasto alla contraffazione.
Ma, perché, Presidente, mi soffermo su queste iniziative? Perché noi sappiamo che ancora troppe sono le barriere che riguardano le nostre imprese, soprattutto le piccole e medie imprese, e i costi che esse devono affrontare, per esempio, dovendo, come avviene nel brevetto europeo tradizionale, validare il brevetto in tutti i singoli Stati aderenti. Ecco perché noi, in questi anni, abbiamo incoraggiato un'adesione convinta all'European Patent System, in modo, appunto, da potere dare alle nostre imprese uno strumento unico di brevettazione e, soprattutto, da affrontare un unico costo.
Ricordo che, pochi giorni fa, abbiamo anche ratificato un accordo internazionale e, quindi, la Convenzione di Ginevra va a rivedere l'accordo dell'AIA, che va a semplificare, invece, il deposito unico dei disegni e dei modelli industriali. Anche qui, semplificazione, strumento unico, possibilità di ristabilire delle condizioni di parità tra le imprese in Europa per poter tutelare il proprio know-how e la proprietà intellettuale e poter così, come dire, tutelare la propria capacità di innovazione e competere secondo il proprio potenziale. Sappiamo che quell'accordo prevede anche il dialogo con i sistemi regionali, quindi, con il sistema europeo e, poi, anche, con il sistema africano.
Quindi, io credo che questi sforzi che noi abbiamo fatto, questo lavoro che è stato fatto rispetto all'adeguamento alla normativa europea, ma anche come contributo alla formazione dell'ordinamento giuridico europeo, vada nella direzione, non soltanto del rafforzamento dell'integrazione, ma anche nella creazione di strumenti giuridici unici, di strumenti giuridici unificati che possano, in modo paritario, essere accessibili per i cittadini e le imprese in Europa. Questo, appunto, va fatto, non soltanto per le politiche di sviluppo, non soltanto per le politiche di impresa, ma va fatto anche sul welfare.
Ecco perché, nella parte iniziale, accennavo al sussidio europeo di disoccupazione per consentire proprio il dialogo diretto e l'uguaglianza dei cittadini anche in Europa. Ecco perché sono convinta che questa legge di delegazione vada approvata rapidamente, così come abbiamo fatto sulla legge europea e, quindi, andare avanti in questo dialogo sempre più proficuo e, soprattutto, costruttivo con le istituzioni europee.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Baroni.
MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie, Presidente. La legge di delegazione europea, come sappiamo, è uno dei due strumenti di adeguamento all'ordinamento dell'Unione europea introdotti dalla legge del 24 dicembre 2012, n. 234, che ha attuato una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea. Questo provvedimento, in pratica, cerca di recuperare il ritardo accumulato con gli altri Paesi europei rispetto al recepimento di moltissime direttive dell'Unione europea.
La legge di delegazione europea che il Parlamento si accinge ad approvare è un grande contenitore di deleghe date al Governo per recepire le direttive e per avviare l'attuazione delle direttive stesse. Le direttive, com'è noto, vengono emanate dall'Unione europea, che è guidata dalla Commissione, considerata ormai come un'entità fortemente antidemocratica anche da Paesi economicamente più avanzati rispetto al nostro. Mi riferisco, ad esempio, alla Gran Bretagna ed in particolare ad una lettera pubblicata dal The Guardian il 17 febbraio del 2016 e sottoscritta da numerosi rappresentanti di istituzioni britanniche, tra cui numerosi esponenti della sinistra e del sindacato. Bene, i sottoscrittori di questa lettera sottolineano il carattere regressivo e antidemocratico di quell'istituzione: una Unione europea irreversibilmente determinata ad attuare privatizzazioni, tagli al welfare, bassi salari ed erosione dei diritti sindacali.
Noi sosteniamo una visione positiva di una futura Europa basata sulla democrazia, sulla giustizia sociale e sulla sostenibilità ecologica, non sugli interessi di profitto di una piccola élite. Non è la grande Europa immaginata e propagandata all'epoca dell'ingresso, quella che doveva essere proprio l'unione dei popoli: abbiamo solo creato un'unione europea politica, abbiamo creato l'euro, abbiamo messo in piedi un'unione monetaria, che ha sottratto potere decisionale agli eletti e l'ha consegnata nelle mani di una Commissione, alla fine, eletta da nessuno. E questo mi riporta alla mente un Premier non eletto, ma questa è un'altra storia, tutta italiana. Oggi, in pratica, ci ritroviamo governati da un'Unione Europea schiacciata da fortissime pressioni lobbistiche, senza la possibilità per i parlamentari eletti di riuscire ad incidere significativamente sui provvedimenti. Da qui, poi, vengono fuori direttive e regolamenti che siamo costretti a recepire per non cadere in infrazione e, quindi, essere sanzionati.
Analizziamo ora il contenuto di questo disegno di legge di delegazione europea. Ad esempio, all'articolo 1, il Governo è delegato ad adottare, secondo i termini e le procedure, i decreti legislativi per l'attuazione delle direttive elencate nell'allegato A. Grazie a questo articolo si fornisce una delega in bianco al Governo, stabilendo che deve adottare ben ventotto direttive presenti nell'allegato A con dei decreti legislativi: una delega che permette al Governo di fare, ovviamente, un po' quello che gli pare. Noi siamo totalmente contrari a questo modus operandi, considerate le bastonate normative regalate agli italiani da questo Governo. Per fortuna, siamo arrivati a fine legislatura: le elezioni politiche sono alle porte e gli italiani hanno capito i trucchi dei politici per giustificare queste continue ingiustizie e vessazioni.
Vediamo cosa contiene questo allegato A: abbiamo, per esempio, la direttiva 1034 del 2016, denominata MiFID 2, che interviene sul sistema finanziario e che richiede che le transazioni finanziarie debbano essere realizzate nell'ordine del millesimo di secondo. Le transazioni finanziarie, per quasi il 90 per cento del totale, vengono fatte da robot, da software: in pratica, consegniamo il destino del sistema finanziario alle macchine, senza preoccuparci minimamente degli squilibri che si possono verificare, ad esempio, in caso di crash. Questa non è un'ipotesi, ma è già successo in passato ed ha prodotto, ad esempio, un decadimento della Borsa del 10 per cento nell'ordine di ventidue secondi. L'Unione europea dovrebbe ingegnarsi ed attivare un'imposta sulle transazioni finanziarie a livello comunitario, ma, purtroppo, ci regala queste direttive senza curarsi delle conseguenze, compresa la possibilità di affossare qualche altro Paese dopo la Grecia.
Tra le altre direttive presenti non possiamo che rilevare la direttiva 2016/ 2370 sull'apertura del mercato dei servizi di trasporto ferroviario nazionale di passeggeri e la governance dell'infrastruttura ferroviaria. Questa direttiva ci dice che bisogna rafforzare l'indipendenza del gestore dell'infrastruttura, con particolare attenzione ai casi in cui il gestore sia integrato verticalmente. Il nostro Paese è l'unica nazione europea ad aver aperto la libera concorrenza nel settore dell'Alta velocità: bisognerebbe chiedersi perché la Francia, la Germania o altri Paesi non lo hanno fatto. Per una volta che abbiamo l'occasione di dimostrare la nostra lungimiranza nell'aver aperto alla libera concorrenza nel settore ferroviario, il Governo cosa fa? Resta muto, silente, afflitto da una strana forma di masochismo, specie nei confronti del Governo francese, come è già successo per la vicenda Fincantieri ed il controllo dei cantieri navali STX. Quell'accordo è l'ennesima concessioni ai francesi: quando si tratta di interesse nazionale altrui l'Italia è sempre molto sensibile e comprensiva, mentre l'interesse nazionale italiano è considerato un concetto obsoleto. Un Governo, quello italiano, sempre prono ai diktat di altri Paesi europei e, considerato il perdurante immobilismo e la schizofrenia di dichiarazioni del Governo fatte dentro agli schermi televisivi, che affermano sempre il contrario di quello che viene sostenuto in sede di Commissione europea e di quel che vota la maggioranza nel Parlamento europeo, voteremo, anche per queste ragioni, contrari a questo provvedimento.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Buttiglione. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signor Presidente. Il tempo è avaro, quindi, mi limiterò a due osservazioni fondamentali e, forse, qualcun'altra. La prima osservazione è: bene, credo che, grosso modo, bisogna complimentarsi con il buon lavoro fatto dal sottosegretario Gozi e dal Governo sul tema della riduzione delle infrazioni, ma anche sul tema, prima della trattativa sulla direttiva, ma, poi, della trasposizione in Italia del brevetto europeo. So che ha dovuto affrontare molti ostacoli, perché ci sono quelli i quali pensano che l'Italia vivrebbe meglio se si chiudesse su se stessa e, siccome abbiamo tante imprese che vivono copiando, sono ostili al brevetto. Noi dobbiamo puntare sulle imprese che stanno sul mercato internazionale, quelle che fanno brevetti, perché è da lì che deriva il flusso di ricchezza che alimenta, poi, tutti i rami della vita del Paese.
Colgo l'occasione per rivolgere un caldo invito agli amici alla mia destra e alla mia sinistra - veramente, i banchi sono vuoti, ma quando fossero pieni -, i quali sono antieuropei perché vorrebbero politiche keynesiane. Guardate, politiche keynesiane con una moneta comune non se ne possono fare, è assolutamente escluso, perché producono inflazione e l'inflazione va a finire a casa degli altri e nessuno vuole un'inflazione regalata dal vicino. Si possono fare solo se si fanno gli Stati Uniti d'Europa: dovreste essere molto più europeisti. I cosiddetti sovranisti dovrebbero essere molto più europeisti, perché in un'Europa che effettivamente ha una sovranità propria si potrebbero anche fare politiche in deficit, ripartendo il deficit fra i diversi bilanci nazionali o anche adottando un bilancio europeo che fosse in deficit. Io voterei contro, ma sarei contento per il fatto che ci sarebbe una Europa politica.
Allora, molte lamentele sono inutili, perché sono fuori dalla realtà: o esiste un'Europa comune o certe politiche non si possono fare. Fra l'altro, la crisi della sinistra in tutta Europa da cosa dipende? La sinistra vorrebbe politiche in deficit, politiche di maggiore spesa sociale, che in questo contesto non si possono fare. E questo è una conseguenza del fatto che l'Unione europea c'è e non c'è, ha la sovranità, ma non ce l'ha. Ma possiamo restituire sovranità agli Stati? No, perché il nostro problema è governare un mercato mondiale: l'Italia è una grande nazione commerciale, non vive di quello che produce nei suoi confini e, allora, aiutare l'Italia a stare nel mercato mondiale è la condizione della prosperità degli italiani. Chiuse le osservazioni positive sul Governo, invece, il Governo non ci dice nulla, ma io ho dei sospetti, sull'attuazione della legge n. 234.
Ci sono i nuclei di valutazione previsti all'articolo 20, mi pare, della legge del 12 dicembre 2012? Io ne dubito, perché vedo, a volte, che ci arrivano in XIV Commissione dei provvedimenti nei quali è chiaro che chi ha scritto la norma attuativa non sa qual è la trattativa che è stata fatta e perché gli italiani si sono battuti per ottenere certe cose, esempio lampante la direttiva Bolkestein. Signor sottosegretario, vorrei dirle molte altre cose, ma il Presidente mi richiama. Avremo un'altra occasione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-UDC-Idea).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Elvira Savino. Ne ha facoltà.
ELVIRA SAVINO. Signor Presidente, colleghi, il disegno di legge di delegazione europea 2016-2017 in discussione oggi in Aula contiene più di una delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione degli altri atti dell'Unione europea. Il disegno di legge è stato approvato lo scorso agosto dal Senato ed è giunto all'esame della XIV Commissione come un testo sostanzialmente blindato, seguendo ormai la brutta prassi che caratterizza la navetta dei provvedimenti, esaminati, però, da un solo ramo del Parlamento, su cui la Camera non ha potuto, quindi, apporre alcuna modifica. Esso si compone di 15 articoli e prevede il recepimento di 29 direttive europee, di cui 28 contenute nell'allegato A.
Tra le 29 direttive da recepire, tre sono state adottate nel 2015, 23 nel 2016 e tre nel 2017. Risultano, inoltre, scaduti i termini per il recepimento di due direttive. L'articolato contiene altresì principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega relativa a cinque direttive europee, inserite sempre nell'allegato A. Sono, inoltre, presenti deleghe legislative per l'adeguamento della normativa nazionale a otto regolamenti europei, mentre l'articolo 4 contiene norme per il coordinamento e il raccordo con le disposizioni dell'accordo su un tribunale unificato dei brevetti. Si tratta, quindi, di un provvedimento che adegua il nostro ordinamento alle norme prodotte dal legislatore europeo; in questo modo, l'Italia ottempera agli obblighi derivanti dalla nostra appartenenza all'Unione europea.
La legge di delegazione è, quindi, uno strumento che fisiologicamente interviene su diversi settori normativi. In questo caso specifico, si va dalla distribuzione assicurativa, tema sul quale si sono concentrate alcune nostre proposte emendative, agli abusi di mercato, dalla trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali, dalla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi ai marchi d'impresa. In tema di giustizia vengono rafforzati alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, la direttiva UE 2016/343. Allo stesso modo, vengono rimarcate le garanzie per i minori indagati o imputati nei processi penali, direttiva 2016/800. Il settore ambientale vedrà recepita la direttiva 2016/2284, riguardante la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici. Il comparto dei trasporti nazionale ferroviario vedrà recepita la direttiva 2016/2370, dove verrà prevista l'apertura del mercato dei servizi di questo settore per i passeggeri e la governance dell'infrastruttura ferroviaria.
È evidente come il recepimento di tali direttive sia quindi destinato ad incidere sulla vita di tutti i giorni dei cittadini e delle imprese che ne saranno soggetti. Troppo spesso abbiamo assistito a recepimenti affrettati e poco prudenti, causando, non di rado, un enorme blocco normativo, ritardando gli operatori del settore interessato con conseguenze negative. La discussione di questo provvedimento va di pari passo con il dibattito sulla relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione Europea 2016. Nessuno, o perlomeno nessuno di Forza Italia, mette in dubbio l'appartenenza del nostro Paese all'Unione europea, ma, come abbiamo avuto modo di ribadire in diverse occasioni, quel che non ci ha convinto in questi anni è stato il modus operandi delle istituzioni e, soprattutto, la poca incisività dei Governi di centrosinistra di questa legislatura nel far sentire alta la voce dell'Italia in Europa. La governance dell'area euro è sembrata orientata verso l'unione bancaria, economica e di bilancio, senza una progressione parallela dell'unione politica, per cui sono aumentati i controlli europei ed è cresciuta la forza di una burocrazia comunitaria sempre più invadente, senza il necessario controbilanciamento politico, e quindi democratico.
Nel corso di questi anni l'Italia non ha influito concretamente sulle decisioni chiave dell'Unione e non ha avuto capacità di esercitare una proposta o una mediazione sul nodo decisivo della governance della UE, dove i singoli Paesi continuano a far valere i propri interessi in senso disgregativo, privi della forza e della visione di una vera Europa, quella che avevano immaginato i padri fondatori. Lo stesso Esecutivo più volte ha evidenziato in diversi casi i profili di criticità dei vari negoziati; un esempio su tutti la questione migratoria, che rappresenta ancora oggi un problema che l'Unione europea non ha mai affrontato in maniera seria, approfondita e risolutiva. La stessa relazione consuntiva spiega come permangono diversi aspetti tuttora irrisolti sul fronte delle politiche europee sull'immigrazione, ed il cammino da percorrere è ancora lungo. La stessa relazione programmatica discussa a giugno rilevava come resta ancora molto da fare per far rispettare pienamente e da tutti gli obblighi di solidarietà in materia di asilo e di diritti fondamentali, evidenziando la necessità di migliorare le recenti proposte di riforma del diritto di asilo e sviluppare una politica solidale e integrata con la dimensione esterna prefigurata nel Migration compact per affrontare le cause all'origine dei flussi.
Non possiamo, però, omettere come sia stato il Governo italiano per primo ad accettare l'immobilismo europeo su questo tema, troppo preso ad ottenere per se stesso quei margini di flessibilità vitali per poter rincorrere politiche di spesa non strutturali, ma finalizzate ad ottenere un consenso che in ogni caso non è mai arrivato. Sulla bilancia dell'Europa il Governo ha quindi preferito troppo spesso sacrificare politiche di più ampio respiro per rincorrere i propri interessi; in questo modo, non ha contribuito a quell'evoluzione di cui l'Europa avrebbe bisogno per uscire dall'orizzonte limitato in cui si è rinchiusa, costringendo i Paesi membri a muoversi entro perimetri sempre più stretti, con normative di eccessivo dettaglio, riservando alle grandi questioni solo un estenuante immobilismo.
Questa incapacità dell'Europa di soddisfare le esigenze economiche e sociali della sua popolazione è sfociata nell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea ed è tuttora assai percepita nei Paesi della UE. Sul tema immigrazione il Governo italiano non è riuscito ad imporre un'azione coordinata della UE, con la previsione di una politica condivisa in materia di asilo e di rimpatri, nonché di interventi contro i trafficanti di persone. L'Italia non ha saputo offrire all'Europa quell'impulso decisivo in grado di mettere in campo le misure necessarie per governare un fenomeno altrimenti destinato a creare una frattura sempre più indelebile nel patto sociale tra cittadini e Stato europeo, nonché negli equilibri fra gli Stati membri, con conseguenze drammatiche per la stessa tenuta e la convivenza tra gli Stati. La corsa ad un accordo con la Libia dello scorso agosto ha costituito, di fatto, l'ennesima prova di un percorso tortuoso e sbagliato che in materia di politiche migratorie il Governo ha intrapreso in maniera del tutto isolata. L'Italia si è infatti ritrovata stretta nella morsa degli egoismi dei Paesi europei, che hanno di fatto reso il canale della rotta del Mediterraneo centrale l'unica porta aperta verso l'Europa.
Sul fronte dell'economia, la relazione evidenzia come l'adozione da parte della Commissione europea nel mese di novembre e poi da parte dell'Eurogruppo a dicembre di un orientamento favorevole ad una politica fiscale espansiva per la zona euro nel suo complesso non fa che dare credito alla tesi, da lungo tempo sostenuta dal Governo italiano, della necessità di utilizzare la leva fiscale per la ripresa economica, in particolar modo da parte di quei Paesi dell'Eurozona che si ritrovano in surplus di bilancio. Con particolare riferimento ai Paesi in surplus di bilancio, non dimentichiamo che Forza Italia chiede da tempo di adottare opportune iniziative volte a stimolare in particolare la Germania alla reflazione, finalizzata a ridurre il suo eccessivo surplus della bilancia commerciale, che danneggia tutti gli altri Paesi dell'Eurozona e provoca squilibri troppo ampi tra gli Stati. Il surplus crescente dell'economia tedesca ha dimostrato negli anni della crisi che l'espansione monetaria senza una politica che aiuti la convergenza economica tra i vari Paesi non fa che alimentare uno squilibrio che ci pone in conflitto anche con il resto del mondo. L'Europa degli ultimi anni ad evidente trazione tedesca non ha volutamente colto, sbagliando, che l'eccesso di surplus produce altrettanti danni quanto l'eccesso di deficit, e le misure per fronteggiare la crisi che ne sono derivate non hanno fatto altro che peggiorare la situazione, piuttosto che risolverla. Pensare che la convergenza delle economie dovesse passare attraverso la deflazione interna ai Paesi cosiddetti deboli e imposta attraverso il consolidamento fiscale anche nei periodi di recessione ha quindi prodotto deflazione generalizzata e nessun consolidamento fiscale.
Da questo punto di vista, almeno l'apertura mostrata ad una politica fiscale espansiva, come ho detto prima, rappresenta sicuramente un passo avanti, ma, come sottolinea la stessa relazione, resta ancora molto da fare per dotare l'Eurozona di tutti gli strumenti di cui avrebbe bisogno.
In ogni caso, quello che serviva e che sarebbe stato anche funzionale ad una maggiore efficienza della politica monetaria da parte di Mario Draghi era la reflazione in Germania, che avrebbe fatto aumentare la crescita dell'Eurozona di almeno un punto all'anno e avrebbe con tutta probabilità evitato o sicuramente rallentato la nascita dei populismi.
Un'Europa senza crescita non è più possibile e non verrebbe accettata dai cittadini. Senza crescita si blocca la trasmissione della politica monetaria all'economia reale, come è avvenuto negli anni dell'ultima lunga crisi. Oggi può e deve essere l'intera Unione europea a rispondere all'esigenza di sviluppo, riprendendo quello spirito che ha accompagnato i sei Paesi che hanno fondato l'Europa e che richiamiamo da tempo per scongiurare la disgregazione europea, per non sfociare in derive populiste e autoritarie.
Ritornando più propriamente al contenuto della legge di delegazione e al recepimento della normativa comunitaria, occorre - e non ci stancheremo mai di ripeterlo - un efficace sforzo per migliorare l'impostazione delle politiche europee. Non è necessario, anzi è controproducente predisporre un assetto normativo così micro-dettagliato, ma è fondamentale recuperare la discussione e un forte decisionismo in merito a questioni sicuramente più ampie e cruciali per il futuro dell'Unione. Non possiamo accettare che la legge di delegazione europea sia uno strumento meramente compilativo delle direttive da recepire e auspichiamo un'attenta analisi delle politiche italiane per arrivare a una migliore integrazione europea, augurandoci sicuramente una maggiore incidenza dell'Italia nella politica dell'Unione (Applausidei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta sulle linee generali.
(Repliche – A.C. 4620 e Doc. LXXXVII, n. 5)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza sul disegno di legge n. 4620, Gianluca Pini, che però non è in Aula.
Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 4620, deputato Paolo Tancredi, che però ha esaurito il tempo.
Prendo atto che il relatore sul Doc. LXXXVII, n. 5, il collega Bergonzi, rinuncia alla replica.
Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.
SANDRO GOZI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Io ringrazio, ovviamente, tutti i colleghi che sono intervenuti. Partirei dai dati che il relatore Tancredi ha voluto ricordare sul lavoro comune che abbiamo svolto in questa legislatura, lavoro che deve essere motivo di soddisfazione per tutti: per il Governo, per il Parlamento, io direi non solo per il Parlamento nella sua maggioranza, ma per il Parlamento nella sua interezza, e cioè anche dei gruppi politici di opposizione, perché, dopo tutto, quello che abbiamo fatto è aumentare la credibilità dell'Italia e rendere un servizio migliore ai cittadini, alle imprese italiane e anche ai contribuenti.
Io ricordo che mi sono impegnato a fare un rapporto regolare di fronte a queste Camere del lavoro in materia di lotta alle infrazioni, lotta alle frodi al bilancio europeo e gestione dei casi controversi degli aiuti di Stato. Ricordo che erano 121 le infrazioni, quando il precedente Governo, presieduto da Matteo Renzi, si era insediato, oggi sono 64: una riduzione praticamente della metà, che non ha precedenti nella storia della Repubblica italiana e che è frutto di un lavoro comune, perché frutto del lavoro, della scelta e dell'accordo politico, che, vedo, continua a non piacere alla collega Savino, ma mi sembra che piaccia alla maggioranza dei gruppi e quindi il Governo ritiene di andare nella direzione della maggioranza dei gruppi e di procedere, sulla base di una scelta che ha fatto il Parlamento nella passata legislatura, col contributo anche allora dei gruppi di opposizione, nella separazione della legge europea, della legge di delegazione, di un processo che prevede di cominciare legge europea e legge di delegazione in maniera incrociata, una volta alla Camera e una volta al Senato, con un lavoro molto approfondito e in piena cooperazione del Governo e dei gruppi politici in prima lettura, e un'adozione, che io auspico accada anche in questo caso, della legge di delegazione 2016-2017 in seconda lettura alla Camera, perché questo ha permesso di venire incontro a due esigenze diverse, ma altrettanto importanti.
La prima esigenza è quella di essere tempestivi nella gestione del contenzioso e nella prevenzione del contenzioso. Su questo ci siamo riusciti e io auspico che anche nella prossima legislatura chiunque occupi i posti che al momento il sottoscritto ed altri colleghi del Governo occupano vorrà proseguire in quella direzione, perché è la direzione giusta. Perché, se l'Italia vuole mettere in discussione - come ha fatto, voglio ricordarlo - alcune regole, alcune scelte, alcune politiche o alcune assenze o alcune non politiche dell'Unione europea, lo può fare solo se dimostra di essere un partner affidabile ed un partner efficiente. E i metri sulla affidabilità ed efficienza dei partner non si discutono, si misurano, e si misurano sul fatto che l'Italia era “maglia nera” per le infrazioni nel 2014; nel 2016, secondo il rapporto della Commissione europea, è maglia rosa: l'Italia, nel 2016, è il Paese che ha ridotto di più le infrazioni nell'Unione europea. Oggi l'Italia fa molto meglio di altri partner; ricordo che la Germania ne ha 89, la Francia ne ha 89, la Spagna ne ha più di noi e, quindi, è chiaro che, nel momento in cui andiamo a contestare - io sono d'accordo, lo abbiamo fatto e continueremo a farlo - il fatto che il surplus commerciale tedesco, benché non possa essere oggetto di infrazione, sia uno squilibrio fondamentale, abbiamo più credibilità. Nel momento in cui facciamo, come il sottoscritto ha fatto lo scorso anno assieme ai Ministri degli interni e assieme ai colleghi di Governo, un'azione fortissima nei confronti della Commissione europea, perché apra a delle procedure di infrazione per violazione palese degli accordi sulla redistribuzione dei rifugiati nei confronti di Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria, è chiaro che, essendo noi il Paese che alle infrazioni resiste meglio, abbiamo più credibilità. E, infatti, guarda caso, la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione molto accelerata nei confronti della Polonia, della Repubblica Ceca e dell'Ungheria. Perché? Perché violano degli obblighi di solidarietà nella redistribuzioni dei rifugiati, che è una violazione semplicemente inaccettabile. Nel momento in cui l'Italia, dal 2014, nel semestre di Presidenza italiano dell'Unione europea, ha finalmente convinto il Consiglio dei ministri europeo a occuparsi dell'essenziale, di quei valori dei padri fondatori a cui anche chi è intervenuto dell'opposizione, MoVimento 5 Stelle e Forza Italia, ha fatto riferimento, tra i quali noi del Governo mettiamo come primo punto lo Stato di diritto, se oggi, finalmente, c'è un dialogo molto serrato e delle procedure aperte contro la Polonia per gravi rischi di violazione dello Stato di diritto da parte di questo Paese, questo è anche e direi soprattutto, me lo lasci dire, merito del Governo italiano del 2014, che ha spinto con forza affinché l'Unione europea si occupasse molto meno del dettaglio e molto di più dei valori e delle questioni fondamentali, tra le quali c'è, innanzitutto, nell'Unione europea, lo Stato di diritto.
Questi sono risultati concreti, poi possiamo discutere di tutto il resto, ma qui ci sono delle cifre: le cifre dicono che abbiamo ridotto del 60 per cento le frodi al bilancio europeo in Italia, le cifre dicono che, per quanto riguarda i casi di aiuti di Stato aperti - e sappiamo benissimo, basti guardare ad alcuni casi recenti, quanto sia pericoloso per l'imprenditore, per il contribuente, per il lavoratore e, in generale, per il cittadino italiano avere casi di Stato aperti -, noi siamo passati da ventidue casi di aiuti di Stato aperti a quattro - quattro! - in tre anni e mezzo, e questi sono i risultati.
Poi, certo, si può anche discutere di alcuni risultati recenti, che abbiamo ottenuto, ad esempio, al vertice di Lione. Io ho ascoltato quanto Baroni ha detto sull'accordo Fincantieri-Stx, ed è, direi, quasi divertente, perché le stesse parole sono state utilizzate dall'opposizione contro il Primo Ministro Philippe e il Presidente Macron in Francia, e cioè: i francesi dicono che ha vinto l'Italia, in quest'Aula si è detto che ha vinto la Francia, in realtà hanno vinto tutti, perché? Perché l'accordo al 51 per cento permetterà di sviluppare Fincantieri, è di grande interesse industriale per Fincantieri, è di grande interesse industriale anche perché non andiamo in dei cantieri in crisi, come quando entrarono i coreani, ma andiamo in dei cantieri che hanno degli ordini per dieci anni a venire, e questi cantieri adesso lavoreranno sotto controllo italiano, lavorando in sinergia piena tra Fincantieri e Stx; e anche perché abbiamo fatto quello che il presidente Hollande non aveva concesso, non aveva aperto, cioè l'estensione della cooperazione tra Francia e Italia a Saint-Nazaire, nel settore dell'industria militare navale. Ed è inutile che noi parliamo ed è inutile che anche i colleghi dell'opposizione, nelle loro risoluzioni, invitino a costruire un'Europa della difesa, come anche voi avete fatto, se poi non si costruisce un'industria europea che sia al servizio dell'Europa e della difesa.
L'entrata in Naval Group e nell'operazione Stx-Fincantieri dà questa possibilità. Noi possiamo costruire non solo un grande campione industriale del navale civile, in grado di reggere la concorrenza internazionale (che non è sempre equa e noi vogliamo lo sia di più, ma vogliamo anche affermarci) ma, in più, permette di sviluppare finalmente la cooperazione nel navale militare. È fondamentale, se vogliamo andare nella direzione, che noi riteniamo la direzione giusta, di costruire un'Europa della difesa.
Ringrazio per l'apprezzamento il collega Buttiglione. Sull'attuazione con i decreti legislativi l'attenzione è sempre altissima e lo è ancora di più, perché è vero - ma, lei, collega Buttiglione, lo sa bene, è il braccio di ferro permanente tra indirizzo politico e attività amministrativa - dobbiamo continuare, dobbiamo aumentare la pressione. Facciamolo insieme. Qualsiasi proposta, che possa provenire da lei e dalla XIV Commissione della Camera, per migliorare ancora questo lavoro, è assolutamente la benvenuta.
Condivido con lei quello che, in realtà, lei, il sottoscritto ed altri in queste aule dicevano da anni, e cioè che questa battaglia sovranista nazionalistica è contro l'interesse nazionale stesso, perché ci sono delle cose che possiamo fare solo rafforzando e sviluppando la dimensione europea, cioè sviluppando una sovranità a livello europeo. Credo sia un dato politico molto rilevante il fatto che il Paese, che sempre di più è stato legato alla concezione molto tradizionale della sovranità nazionale, il Paese che sempre di più ha contrastato, in realtà, l'Europa comunitaria, il Paese che ha sempre pensato all'Europa come Europa degli Stati, la Francia, abbia oggi un Presidente che, davanti alla Sorbona, dichiara che la sovranità, per la quale vuole lavorare e che non c'è ancora e non ce ne è abbastanza, è la sovranità europea.
Nei grandi progetti, nell'Europa della difesa, nella politica estera, nella crescita, credo sia un dato politico molto rilevante, che deve non solo interrogarci, ma sul quale dobbiamo lavorare insieme. Ed è quello che stiamo facendo ed è quello che abbiamo fatto al vertice di Lione ed è quello che intendiamo fare, vista l'agenda europea dei prossimi mesi, che finalmente è un'agenda operativa, un'agenda che vuole avanzare nell'Europa della difesa, che vuole aprire un dibattito sulla zona euro, con tempi probabilmente un po' più lunghi, vista la situazione berlinese, ma siamo entrati in una nuova fase politica. E noi stiamo lavorando in questa direzione e stiamo lavorando anche con la Spagna. Io stesso ero, qualche giorno fa, a Madrid e il messaggio che ho dato agli amici spagnoli è assolutamente diretto. La Spagna deve spingere, assieme all'istituzione europea, assieme al nostro Paese, assieme alla Francia, assieme alla Germania nel gruppo di testa, per raggiungere rapidamente, almeno un gruppo di Stati, quegli obiettivi di cui abbiamo parlato più volte anche in quest'Aula.
Venendo in maniera più specifica ai due provvedimenti che abbiamo all'esame, la legge di delegazione 2016-17, come è già stato ricordato, è una legge su cui abbiamo lavorato molto al Senato, esattamente nello spirito di cui parlavo, tanto che sono state aggiunte ben sette deleghe al Senato, perché, appunto, l'obiettivo è quello di un pieno coinvolgimento, in prima lettura, e un'apertura più ampia possibile al Parlamento in questo settore. Direi che è una legge di delegazione, che dà più opportunità alle imprese e più diritti e sicurezza ai cittadini. Dà più opportunità alle imprese, perché delega ad introdurre delle normative molto rilevanti per l'attività quotidiana delle nostre imprese, delle nostre piccole e medie imprese.
Il tema del segreto commerciale è un tema che avevamo messo come priorità durante la Presidenza italiana del 2014. È diventato direttiva, è diventato legge europea nel 2016. È un tema che è stato concepito su misura per le piccole e medie imprese, perché sono quelle che più subiscono le violazioni e i segreti commerciali e più avevano bisogno di un approccio comune a livello europeo.
Vi è il tema dei marchi, il tema degli abusi di mercato e il tema dei brevetti, che l'onorevole Scuvera e l'onorevole Buttiglione hanno voluto citare. È stato un passo difficile, contrastato, molto contrastato, anche all'interno del nostro Paese, ma che io ritengo strategico, quello di avere portato l'Italia ad aderire alla cooperazione rafforzata in materia di brevetti e, quindi, a darci la possibilità di sfruttare pienamente questa nuova normativa, per un Paese che è all'avanguardia. Infatti, l'Italia, se non vado errato, è il terzo Paese che brevetta di più nell'Unione europea di oggi, con ancora il Regno Unito dentro.
Abbiamo delle regioni che sono tra le prime in Europa, per quanto riguarda il numero di brevetti. Penso alla Lombardia, penso all'Emilia Romagna. Quindi io sono convinto, noi del Governo siamo convinti, che questa fosse una scelta strategica, che va nella direzione giusta, va nella direzione dell'interesse delle nostre imprese, va nella direzione di quelle imprese coraggiose e innovative, che scommettono sull'innovazione, che scommettono sul know how, che scommettono sulla tutela. Infatti, è chiaro che anche avere buone idee, senza avere una buona tutela a livello imprenditoriale, non basta. Quindi, sono convinto che un rapido recepimento della normativa, in materia di brevetto unificato europeo, vada nella direzione giusta, per quanto riguarda gli interessi delle imprese italiane.
Per quanto riguarda i diritti dei cittadini, penso alla maggiore trasparenza finanziaria su alcuni prodotti finanziari, penso all'innovazione profonda della tutela europea in materia di dati personali, che, se voi approverete questo provvedimento, ci accingiamo a introdurre in Europa. Penso alla network and information security, cioè un altro strumento di aumento della sicurezza per quanto riguarda il settore informatico, così come il famoso PNR, il famoso codice di navigazione, che ci permetterà di avere un controllo maggiore di chi entra ed esce dai nostri confini europei. Sappiamo quante volte, nei momenti più tragici degli attentati, abbiamo invocato questa forma di controllo sui voli aerei, che finalmente oggi, adesso, possiamo introdurre.
Questa è direi la caratteristica principale di un provvedimento, che ovviamente comprende anche altri settori, altre direttive.
Infine ringrazio il relatore Bergonzi, per il suo intervento e per l'apprezzamento che ha voluto dare del lavoro, anche consuntivo, che questo Governo ha svolto. Lei ha già ricordato 103 atti di indirizzo provenienti dal Parlamento. Erano 36 nel 2015, quindi certamente il Parlamento ha fatto un grande passo in avanti, nell'interpretare, nel modo giusto, la legge n. 234 del 2012 e nell'interpretare nel modo giusto lo spirito del Trattato di Lisbona. I Parlamenti nazionali sono dei protagonisti centrali, io direi preventivi, a livello di indirizzo politico e di controllo ex post del nuovo modo di concepire le politiche e il diritto europeo.
L'attività informativa che abbiamo svolto è anch'essa aumentata moltissimo. Abbiamo preso in esame, presso il Dipartimento delle politiche europee, 7.400 atti e documenti dell'Unione europea. Erano 6.600 nel 2015. Abbiamo segnalato in maniera particolare 131 atti legislativi e 213 atti non legislativi. Li abbiamo segnalati al Parlamento italiano, in considerazione della particolare rilevanza che questi atti comportavano, a nostro modo di vedere, per l'Italia.
Credo che dobbiamo proseguire in questa direzione. Credo che dobbiamo proseguire nella direzione anche richiesta da parte del Parlamento, anche più regolare, di audizioni e di verifiche, su quello che i diversi membri del Governo italiano stanno facendo, a livello europeo durante i negoziati più rilevanti. Abbiamo sempre risposto, ovviamente, in maniera positiva. Credo che aiuti anche noi, credo che aiuti anche il Governo stesso, se anche in questa fase finale della legislatura c'è un'attenzione ancora più elevata da parte delle Camere sui negoziati di particolare rilevanza. Infatti, credo che questo sia il miglior modo di farsi valere, di tutelare i propri interessi e di aumentare la propria influenza nei negoziati europei, che sono sempre più decisivi, oggi e domani (Applausidel deputato Buttiglione).
(Annunzio di risoluzioni)
PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate e sono in distribuzione le risoluzioni Bergonzi e Sberna n. 6-00355, Gianluca Pini ed altri n. 6-00356, Battelli ed altri n. 6-00357 e Occhiuto ed Elvira Savino n. 6-00358, riferite alla relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (Anno 2016). Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione del disegno di legge: S. 1324 - Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute (Approvato dal Senato) (A.C. 3868-A); e delle abbinate proposte di legge: Catanoso Genoese; Rondini ed altri; Grimoldi; Lenzi; Fabbri; Miotto ed altri; Senaldi ed altri; Binetti; Lodolini ed altri; Gregori ed altri; Vezzali; Vezzali; Lenzi e Ghizzoni; Elvira Savino; Elvira Savino (A.C. 334-993-1088-1229-1429-1961-2312-2518-2781-3263-3307-3319-3377-3999-4556) (ore 15,12).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3868-A: Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute; e delle abbinate proposte di legge nn. 334-993-1088-1229-1429-1961-2312-2518-2781-3263-3307-3319-3377-3999-4556.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 6 ottobre 2017 (Vedi l'allegato A della seduta del 6 ottobre 2017).
(Discussione sulle linee generali – A.C. 3868-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, presidente della XII Commissione, deputato Mario Marazziti.
MARIO MARAZZITI, Relatore. Presidente, il provvedimento in questione si riferisce a un disegno di legge presentato dal Governo a inizio della legislatura e sulle materie del DDL - molte e volte a riformare una legislazione stratificata non più corrispondente alle necessità in diverse aree sanitarie - insistono 15 disegni di legge presentati e abbinati, oggi unificati proprio in un testo, che è quello che andiamo a discutere.
È stato un esame lungo: al Senato oltre due anni, alla Camera l'esame è iniziato presso la Commissione affari sociali il 27 luglio 2016 e si è concluso lo scorso giovedì 5 ottobre. La complessità è data anzitutto dal contenuto. Il provvedimento in esame, infatti, affronta vari temi di grande rilevanza: dalla sperimentazione clinica dei medicinali al riordino delle professioni sanitarie, vecchie e nuove, oltre a disposizioni concernenti l'esercizio abusivo della professione sanitaria, il Ministero della salute, la sua dirigenza, e altre materie.
L'esame presso la Commissione affari sociali della Camera è stato caratterizzato in una prima fase da un ampio ciclo di audizioni, nell'ambito delle quali sono stati auditi i rappresentanti di diversi ordini e federazioni, di associazioni rappresentative di professioni non riconosciute, oltre a vari esperti delle due principali materie trattate dal disegno di legge, ovvero la sperimentazione clinica e il riordino delle professioni sanitarie. Ampio spazio è stato poi dedicato all'esame delle circa 300 proposte emendative presentate. Le leggi - credo - si fanno anzitutto ascoltando, studiando e poi decidendo. Al riguardo, vorrei sottolineare che sono stati approvati emendamenti presentati dai diversi gruppi parlamentari, e che tutti i gruppi rappresentati in Commissione, sia pure nella diversità delle rispettive posizioni, hanno dato un apporto concreto all'approvazione del provvedimento in discussione.
In termini generali, faccio presente che la scelta prevalsa in Commissione è stata quella di mantenere l'impianto del disegno di legge come approvato dal Senato, pure apportando modifiche rilevanti in varie parti del testo. Il tempo e gli approfondimenti fatti ci permettevano di perfezionare e mettere meglio a punto questioni anche affrontate dal Senato.
Faccio presente nel dettaglio che, nel corso dell'esame in sede referente, è stato soppresso l'articolo 2 del testo originario del disegno di legge, concernente l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, perché nel frattempo è stato realizzato, attraverso l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio 12 gennaio 2017: i nuovi LEA, quindici anni dopo, su cui abbiamo anche lavorato intensamente nella nostra Commissione. Quindi, il fatto di non esserci più nel disegno di legge, non si tratta di un accantonamento, ma di un fatto estremamente positivo, perché già avviato.
Con riferimento al tema della sperimentazione clinica, lo sforzo compiuto è stato quello di introdurre nell'ambito della delega al Governo principi e criteri direttivi più omogenei e stringenti, in considerazione soprattutto della disciplina intervenuta in materia con il Regolamento europeo n. 536/2014. In particolare, sottolineo l'introduzione di uno specifico riferimento alle malattie rare e all'età pediatrica, per quanto riguarda l'oggetto della sperimentazione, oltre che alla medicina di genere relativamente all'approccio metodologico. Alla medicina di genere è dedicato anche l'articolo 3, inserito nel corso dell'esame in sede referente.
Ritengo importante, poi, il fatto di aver inserito nell'articolo 1 specifiche misure volte ad assicurare che la sperimentazione avvenga con la massima trasparenza e in assenza di conflitti di interesse lungo tutto il percorso della ricerca e non solo all'inizio.
Un'altra novità importante è quella di avere aggiunto una disposizione che ha per oggetto il riordino dei comitati etici - era atteso ormai da anni -, prevedendo l'istituzione presso l'Agenzia italiana del farmaco del Centro di coordinamento nazionale dei comitati etici territoriali, cui sono attribuite funzioni di indirizzo, di consulenza e di supporto dell'attività dei singoli comitati, nonché di monitoraggio del rispetto dei termini della sperimentazione. Esso non si sostituisce ai comitati etici territoriali, ma contribuisce a dare certezze ai ricercatori e a tutti i soggetti coinvolti nella ricerca, agli investitori, quanto a tempi, modalità, qualità e spesa, rimuovendo incertezze di sistema e disomogeneità.
L'obiettivo della riforma è quello di garantire la qualità, e individuare con certezza i comitati etici territoriali, riducendone il numero, portandolo ad un massimo di quaranta, oltre a un massimo di tre di valenza nazionale, di cui uno dedicato - almeno uno - alla sperimentazione in ambito pediatrico.
Sono state introdotte norme innovative che contribuiranno a garantire i gruppi di ricerca pubblici italiani, fidelizzandone l'attività attraverso un meccanismo di ritorno, compensazione e remunerazione da parte dell'industria quando da tali ricerche provenga in futuro un provento come volano di accumulazione del Fondo per la ricerca pubblica a favore dei centri di ricerca pubblici. Altrettanto vale per la brevettabilità della ricerca no profit, dal 2004 non più brevettabile, quindi non sviluppabile, e di fatto relegata a un ruolo troppo spesso solo teorico.
L'altro tema centrale del disegno di legge è rappresentato dal riordino delle professioni sanitarie: l'articolo 4. Faccio presente, innanzitutto, che la disciplina attualmente in vigore risale all'immediato dopoguerra, quindi mi pare fuori di dubbio l'esigenza di procedere ad un ammodernamento. Alcune istanze di riconoscimento e riorganizzazione risalgono addirittura agli anni Venti del secolo scorso. La scelta, anche in questo caso, è stata quella di mantenere l'impianto già previsto nel testo originario del provvedimento, con le modifiche e integrazioni apportate durante l'esame al Senato, per quanto riguarda la definizione degli ordini e delle federazioni delle professioni sanitarie e la disciplina dei loro organi, apportando però anche alcune novità sostanziali.
È ampio il dibattito europeo sul ruolo degli ordini, con orientamenti non convergenti, corrispondenti anche a storie diverse. Direi che lo sforzo fatto è stato quello di andare verso un maggiore consenso verso la loro azione, rafforzandone la funzione pubblicistica senza intaccare l'impianto del Senato, ma attraverso indicazioni in sintonia, anche e molto, con il nostro tempo, che indicano la strada per una maggiore partecipazione degli iscritti e democraticità interna, al fine di rafforzare lo stesso ruolo positivo delle rappresentanze.
Prendendo in considerazione la diversa consistenza anche territoriale delle diverse articolazioni degli ordini, al fine di evitare aggravi amministrativi e finanziari, sono stati introdotti: la possibilità di ricorrere a forme di avvalimento o di associazione tra ordini per l'esercizio di funzioni di particolare rilevanza; la composizione del collegio di revisori dei conti; le modalità previste per lo svolgimento delle elezioni degli organi e il quorum per la validità delle elezioni medesime, come pure l'inserimento di un limite al numero dei mandati.
Ma una disposizione centrale che vorrei sottolineare è quella di cui all'articolo 6, che modifica la procedura attualmente prevista, per l'individuazione e istituzione di nuove professioni sanitarie, dall'articolo 5 della legge n. 43 del 2006. Il fine è di assicurare che tale individuazione possa avvenire, a seguito dell'entrata in vigore della legge, sulla base di criteri oggettivi, in tempi ragionevolmente certi, con istanza anche dal basso; un modo per ridurre la forza di gruppi di pressione o della politica su una materia prevalentemente tecnica. La Commissione, quindi, ha preferito definire una procedura che possa garantire tutti coloro che intendono ottenere il riconoscimento, anziché individuare discrezionalmente una o più nuove professioni sanitarie in un lungo elenco di aspirazioni, richieste e preoccupazioni, anche legittime, anche di professioni già riconosciute, circa gli ambiti di azione contigui.
Si prevede, innanzitutto, che l'iniziativa per ottenere il riconoscimento spetti anche alle associazioni professionali rappresentative di coloro che intendono ottenere tale riconoscimento oltre che, ai sensi della disciplina attualmente in vigore, in sede di recepimento di direttive comunitarie, ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti dal piano sanitario nazionale o dai piani sanitari regionali. Un'altra importante novità è quella per cui il Ministero della salute dovrà pronunciarsi entro sei mesi dall'invio dell'istanza motivata. L'istituzione di nuove professioni sanitarie è effettuata previo parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanità, mediante uno o più accordi sanciti in sede di Conferenza Stato-regioni che dovranno individuare, tra l'altro, l'ambito di attività di ciascuna professione e i criteri di valutazione dell'esperienza professionale, anche qui con un limite temporale fissato.
L'ordinamento didattico della formazione universitaria delle nuove professioni sanitarie è demandato a un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità. Si prevede che la definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni debba avvenire evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute. È il cuore delle nuove professioni.
È una legge aperta, quella che andiamo a discutere in Aula e che spero si approvi rapidamente, una legge aperta e non chiusa, visto che l'innovazione tecnologica, scientifica, sociale e organizzativa è tale da non poter prevedere quante e quali nuove professioni sanitarie stiano per affacciarsi o siano già operanti, senza averne ancora il riconoscimento. In questo modo non sarà necessaria periodicamente una nuova legge o una sanatoria a ritmi periodici.
Evidenzio, quindi, che nell'ambito della nuova procedura appena illustrata, sono state riportate le figure dell'osteopata e del chiropratico, articolo 7, di cui il Senato aveva previsto l'istituzione. Esse vengono, quindi, individuate dalla legge; ai fini della loro istituzione si segue la procedura generale, con tutti i passaggi che ho appena indicato: accordo Stato-regioni da adottare entro tre mesi dall'entrata in vigore del provvedimento in esame, per stabilire l'ambito di attività e le funzioni caratterizzanti le professioni dell'osteopata e del chiropratico, successivo decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di concerto con il Ministro della salute, entro sei mesi dall'entrata in vigore del provvedimento in esame, acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, per definire l'ordinamento didattico della formazione universitaria in osteopatia e in chiropratica, nonché gli eventuali percorsi formativi integrativi, nonché la valutazione dei titoli equipollenti.
Nell'ambito del riordino, ci sono ulteriori spazi per una ridefinizione di attività che hanno una indubbia rilevanza come supporto delle professioni sanitarie nell'area tecnico-riabilitativa.
Vorrei andare a concludere questa relazione, ricordando che, tra le modifiche introdotte nel corso dell'esame in Commissione al testo trasmesso dal Senato, c'è la nuova disposizione di cui all'articolo 5 che istituisce l'area delle professioni sociosanitarie, l'articolo 11 che apporta alcune modifiche alla legge n. 24 del 2017, sulla responsabilità professionale del personale sanitario e l'esercizio abusivo della professione, l'articolo 12 che reca modifiche alla disposizione già presente nel testo trasmesso dal Senato volta proprio a disciplinare questo esercizio abusivo e l'articolo 16 che contiene, nel testo ricevuto dal Senato, norme relative all'attività dei farmacisti, su cui è intervenuta, nel frattempo, la legge sulla concorrenza.
Come presidente della Commissione affari sociali e come relatore di questo disegno di legge ho invitato le associazioni dei farmacisti, le parafarmacie e le farmacie a un confronto, perché, qualora lo ritenessero possibile, potesse essere utilizzato questo strumento di legge per cercare di diradare alcune confusioni reali, operative che hanno danneggiato sia operatori nelle farmacie che nelle parafarmacie a seguito di questa unicità italiana, introdotta dalla legge che ha aperto l'esperienza delle parafarmacie, undici anni fa.
Ci sono sofferenze da entrambe le parti; gli incontri sono stati positivi, sono state individuate delle linee possibili per un accordo nel futuro che garantisca tutti i punti di sofferenza del sistema, per poi, magari, andare a una chiarificazione, a una separazione dei due percorsi. Ma non mi sembrano maturi i tempi, tutto questo non è rifluito in emendamenti pervenuti in maniera organica alla Commissione, pertanto, questa è una materia che è già stata regolata, allo stato attuale, dal decreto concorrenza e che, quindi, credo non potrà vedere, almeno nella mia sensibilità, miglioramenti in un senso o nell'altro che potrebbero squilibrare ulteriormente il sistema. Ma questa presidenza sottolinea la positività di un percorso di incontro che potrebbe dare frutti in un prossimo futuro e mi auguro che accada proprio questo.
Mi correva l'obbligo di dirlo e mi correva anche l'obbligo di dire quanto lavoro è stato fatto in questi quattro anni, per dare conto del lavoro fatto, anche, dalla Commissione affari sociali, per ringraziare gli uffici e i funzionari della Commissione che hanno accompagnato questo lavoro complesso e lo hanno reso possibile. Vorrei ringraziare anche i colleghi del Senato e del Ministero della Salute con cui è stata avviata una interlocuzione periodica, proprio per arrivare a un testo rispettoso del loro lavoro e, al tempo stesso, condivisibile nelle parti innovate.
Vorrei porre, concludendo, all'attenzione di quest'Aula e del Parlamento tutto, la grande occasione che abbiamo nell'approvare questo testo e vederne l'approvazione definitiva, da parte del Senato, in questa legislatura. Mi auguro che il clima e il metodo del lavoro in Commissione permetterà anche in quest'Aula un'approvazione sicura del provvedimento che, per chi ha avuto la bontà di seguirmi in questa relazione, innova e migliora materie rilevanti in vari campi della nostra sanità pubblica ed è atteso, da qualche decennio, per alcune parti, da innumerevoli esercenti le professioni sanitarie o aspiranti tali. In un tempo di grandi cambiamenti, lo ripeto, è una legge aperta e non chiusa, proprio per poter recepire senza più sanatorie, anche in futuro, l'innovazione che avanza a ritmo non prevedibile.
PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in un'altra fase del provvedimento. È iscritta a parlare la deputata Maria Amato. Ne ha facoltà.
MARIA AMATO. Grazie, Presidente. Apro il mio intervento con un elenco, quello degli auditi: Aifa, Comitato nazionale per la biosicurezza, Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, Istituto superiore di sanità, Farmindustria, Federazione nazionale degli ordini dei veterinari italiani, Federazione degli ordini dei farmacisti italiani, Ordine nazionale dei biologi, Società italiana di fisica, Federazione nazionale dei collegi degli infermieri e Federazione nazionale dei collegi professionali dei tecnici sanitari di radiologia, Associazione nazionale titolari di laboratorio odontotecnico, Federazione nazionale collegi ostetriche, Consiglio nazionale dei chimici, Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi, Associazione italiana ingegneri clinici, Federazione nazionale ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Associazione dei medici ospedalieri, Coordinamento nazionale associazioni professioni sanitarie, Coordinamento libere associazioni professionali, Associazione italiana fisioterapisti, Comitato promotore per la formazione delle competenze dell'osteopata, Associazione italiana chiropratici, Associazione italiana massaggiatori sportivi e terapisti dello sport, Istituto nazionale per la naturopatia, Confartigianato odontotecnici, Società italiana di ecografia cardiovascolare, Associazione nazionale assistenti sanitari, Registro degli osteopati d'Italia, Federottica, Sindacato nazionale odontotecnici, Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa, Coordinamento per il riconoscimento e la difesa della professione del musicoterapeuta. L'elenco degli auditi, rigorosamente in ordine cronologico, rende da solo la misura della complessità dei contenuti del testo in esame; ci rappresenta, inoltre, lo spaccato dell'evoluzione del sistema sanità e il rischio della frammentazione iper-specialistica intorno al malato; ci dà la misura della necessità di un'armonizzazione tra il mondo della sanità e quello della formazione.
In un contesto in cui è necessario rimettere in fase tecnologia e umanizzazione, iper-specializzazioni e relazione di cura, percorsi multidisciplinari e presa in carico, ruolo del medico e delle professioni sanitarie, perché bisogna prendersi cura del paziente e non solo della sua malattia.
L'approccio a questo testo è stato proprio uno spazio grande, importante alle audizioni, alla conoscenza di nuovi profili, alle problematiche di chi l'ordine professionale ce lo aveva già e chi non ce lo aveva e lo voleva riconosciuto, a quelli che volevano essere riconosciuti professione sanitaria e a quelli che con la stessa laurea, in parte, volevano essere nelle professioni sanitarie e, in parte no. Ad un contesto così complesso si associa, quindi, un testo eterogeneo che affronta diverse ed importanti tematiche.
La Commissione ha compiuto un lavoro notevole rispetto ad un provvedimento caratterizzato da numerosi aspetti, oltre quello degli ordini, tra i quali la sperimentazione clinica, la tutela delle persone ricoverate e vittime di violenza, l'esercizio abusivo della professione sanitaria. Un paziente lavoro emendativo e un contesto dialettico aperto e sereno in Commissione ha, a mio avviso, consentito il miglioramento della qualità del testo e, in particolare, per la parte delle professioni sanitarie, introdotto soluzioni che normano a monte le modalità per l'istituzione di nuove professioni sanitarie, piuttosto che limitarsi ad un elenco che avrebbe un respiro breve e poco risponderebbe alla evolutività del pensiero scientifico e dei modelli organizzativi sanitari.
Per il tema delle sperimentazioni, fonte e riferimento sono, tra gli altri, una mozione del 2014 del Comitato nazionale per la bioetica e i contenuti della Carta di Napoli del giugno 2017. Secondo il Comitato bioetico nazionale, lo stretto collegamento fra dimensione scientifica ed etica dovrebbe essere confermato dalla composizione necessariamente interdisciplinare del Comitato etico di riferimento e di coordinamento dei comitati etici territoriali, tenuto conto della differenza di genere, che dovrebbero possedere competenze etiche, scientifiche giuridiche ed essere nominati nel rispetto del principio della terzietà secondo criteri trasparenti.
La Carta di Napoli per la tutela della persona nelle sperimentazioni cliniche ha ricordato l'importanza del principio dell'inderogabile preminenza della tutela della dignità e dei diritti dell'autodeterminazione, alla sicurezza, al benessere, alla riservatezza della persona inclusa negli studi clinici.
Per quello che riguarda la sperimentazione clinica, dunque, la prima modifica interessa i farmaci ad uso umano, per cui abbiamo aggiunto al riferimento di genere anche quello pediatrico. È infatti un dato ormai acquisito dalla scienza che il metabolismo dei farmaci, in particolare per differenze della fisiologia epatica, abbia significative differenze tra l'uomo e la donna e tra il bambino e l'adulto. Abbiamo aggiunto la necessità del consenso informato da parte del paziente per le procedure di sperimentazione con uso di materiale biologico che lo riguardino direttamente. Uno spazio particolare viene dato alle associazioni, con una importanza specifica riguardo alle associazioni di malati rari, incrementando le garanzie di qualità nel percorso autorizzatorio, di trasparenza e di condivisione del risultato, con interesse ai sistemi informativi e all'accesso ai dati.
Delicatissimo è il tema dei Comitati etici ed impegnativa la discussione ed il percorso per arrivare alla formulazione del testo, con un risultato che vuole salvaguardare il paziente prima di ogni altra cosa, semplificando per quanto possibile le procedure e con un'attenzione sempre alta all'equilibrio nella ricerca tra etica e obiettivo economico di risultato. Problema quest'ultimo - il prevalere dell'interesse economico e la ricerca sul farmaco a livello globale - che incide nel determinare o accentuare disuguaglianze. Etica e business: due concetti che non coincidono, ma che insistono fortemente nel mondo della ricerca, nelle sue implicazioni e nelle sue conseguenze.
Il testo rappresenta una vera e propria riforma dei comitati etici attraverso la razionalizzazione ed una maggiore omogeneità del livello nazionale, avvicinandoci alla regolamentazione europea e migliorando così il raccordo con regole internazionali, come internazionali sono la gran parte delle ricerche, per esempio, sulle malattie rare o sulle patologie neurodegenerative.
Viene istituito presso Aifa il Centro di coordinamento nazionale dei comitati etici territoriali per le sperimentazioni cliniche, con funzioni di coordinamento, indirizzo ed affiancamento all'Agenzia nella stesura di linee guida ad hoc. Tale centro interviene su richiesta dei singoli comitati etici territoriali, esprimendo valutazioni su trial anche in caso di eventi avversi; svolge un'attività di vigilanza sugli stessi comitati territoriali e sul rispetto dei termini previsti dalle normative comunitarie; interviene anche in termini sanzionatori. Nel testo si stabilisce la composizione del Centro di coordinamento, dando enfasi, competenza e preparazione documentata e specificando che i membri non debbano trovarsi in conflitto di interesse.
Quanto sia importante insistere su trasparenza, incompatibilità, centralità degli obiettivi di interesse e sicurezza del malato ce lo dice la definizione stessa delle funzioni del Comitato etico che, per le sperimentazioni cliniche dei medicinali, è un organismo indipendente che ha la responsabilità di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti in sperimentazione e di fornire pubblica garanzia di tale tutela.
Una risposta all'espressione culturale sempre più forte che reclama la giusta trasparenza e la separazione tra interesse individuale e bene comune; una scelta di indirizzo sostenuta unanimemente che non poteva non essere conditio sine qua non in una norma che coniuga scienza, etica ed economia.
Un decreto del MEF e del Ministero della salute stabilirà in seguito la tariffa unica a carico del promotore della sperimentazione uniformemente applicata sul territorio nazionale. Siamo Paese leader mondiale nel settore farmaceutico e dobbiamo applicare al meglio il regolamento europeo che ispira le norme contenute nel primo articolo per poterci candidare come sede di sperimentazione. Ora tutto questo avviene già in altri continenti e per questo l'Europa ha semplificato ed accelerato le procedure. Noi condividiamo il regolamento, ma abbiamo voluto aggiungere, accentuare e rafforzare le regole per una maggiore trasparenza.
I due decreti del Ministero della salute avranno, il primo, la finalità di ridurre il gran numero attuale di comitati etici, con un massimo di quaranta, almeno uno per regione, anche considerando il peso dell'attività svolta, e l'altro l'individuazione dei tre comitati etici a valenza nazionale, di cui uno dedicato alla sperimentazione clinica in ambito pediatrico. In sintesi, regole più snelle, maggiormente armonizzate con la normativa europea, più trasparenti, con minore parcellizzazione e maggiore controllo della qualità nell'attività, mantenendo la giusta distribuzione territoriale con attenzione al merito, principi etici irrinunciabili.
Per quello che riguarda gli ordini delle professioni sanitarie, ricordo che l'attuale disciplina risale all'immediato dopoguerra e sicuramente era necessario un adeguamento della normativa. Sottolineo, anche solo in riferimento ad aspetti di maggiore rilevanza costituzionale, per esempio, il ruolo che nel frattempo hanno assunto le regioni in materia sanitaria e quello della giustizia amministrativa.
Anche nel campo del riordino degli ordini è essenziale tenere conto dell'accresciuta sensibilità nell'opinione pubblica e nella classe medica verso il rispetto dei principi di democrazia interna, di trasparenza e per rispondere a questi obiettivi è previsto un appropriato regime delle incompatibilità e un intervento sui limiti del mandato.
Il testo per il riordino degli ordini è costruito, ripeto, su obiettivi di democrazia, trasparenza, rispetto della differenza di genere, con misure che con dispiacere abbiamo visto determinare posizioni di contrarietà, anche rigide, per esempio su quelle che si vogliono introdurre per assicurare la neutralità dei revisori contabili. Abbiamo colto preoccupazioni di importanti associazioni, anche ordinistiche, con cui, però, auspichiamo si ristabiliscano presto regolari canali di interlocuzione. È, però, ingeneroso il giudizio di ingerenza politica, a meno che non ci si riferisse ai principi che sostengono una maggiore democrazia e trasparenza.
Resta ancora la fase di discussione in Aula e di ulteriore miglioramento emendativo, con tempi che, però, consentano al provvedimento di avere un respiro possibile nel limitato tempo residuo di questa legislatura.
C'è molto altro in questo testo, per esempio la modifica dell'articolo 3 rispetto al testo del Senato, con l'aggiunta di un 3-bis, per cui si stabilisce che l'individuazione di nuove professioni sanitarie deve essere riconosciuta su tutto il territorio nazionale, avviene in sede di recepimento di direttive comunitarie o per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei piani sanitari regionali che non trovano rispondenza in professioni già riconosciute, ovvero su iniziativa delle associazioni professionali rappresentative di coloro che intendono ottenere tale riconoscimento.
A tal fine, le associazioni professionali inviano richiesta al Ministero della salute, che si pronuncia entro i successivi sei mesi, e, in caso di valutazione positiva, previo parere tecnico scientifico del Consiglio superiore di sanità, le attiva mediante uno o più accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Gli accordi a cui si fa riferimento individuano l'ambito delle attività dei profili professionali sociosanitari, definendo le funzioni caratterizzanti ed evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute. Con un successivo accordo in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni sono stabiliti i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti. Con un decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero della salute, acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, è definito l'ordinamento didattico della formazione universitaria delle nuove professioni sanitarie.
Quindi tempi certi, no alla parcellizzazione e alle sovrapposizioni, iter di formazione universitari dedicati e autorizzati, criteri piuttosto che un elenco di nuove professioni, criteri per una sanità al passo con i tempi, che riconosca la centralità del paziente, guardando alla persona nella sua complessità e interezza, e alla sua malattia con visione specialistica, e con la integrazione armonica delle funzioni delle diverse professioni sociosanitarie.
La professione sanitaria da anni attraversa difficoltà per lo status, per contratti assenti o da rivedere, difficoltà e incertezze nei percorsi formativi, responsabilità crescenti, avvocati immediatamente fuori la porta, un turnover assente. Problemi a cui questa legislatura ha dato alcune risposte normative, per esempio la questione degli orari dopo la sentenza dell'Unione europea.
Si è iniziato, inoltre, il percorso per la stabilizzazione dei precari. Ricordo la legge sulla responsabilità professionale e le risorse, per quanto limitate, per i contratti.
Questo testo, con il riordino degli ordini e riforma della vecchia legge n. 43 per il riconoscimento delle professioni sanitarie, i suoi contenuti etici e normativi, sono un ulteriore importante tassello per un sistema sanitario in cui le figure che ruotano intorno al paziente vivono il loro ruolo con riconosciuta pari dignità, in un sistema di ordini e federazioni snello, ben articolato, democratico e trasparente.
Concludo ringraziando il presidente Marazziti per la capacità di ascolto, di interlocuzione mai interrotta, neppure dopo immeritate critiche e continue sollecitazioni da parte di alcune associazioni, e per il clima positivo che ha caratterizzato la discussione in Commissione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Baroni. Ne ha facoltà.
MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie, Presidente. Occorre premettere che il testo pervenuto dal Senato, su cui il MoVimento 5 Stelle si era espresso in maniera contraria, era totalmente irricevibile. Il testo è stato diffusamente modificato in Commissione alla Camera ed è stato decisamente migliorato proprio grazie all'intervento costante del MoVimento 5 Stelle, che ne ha evidenziato le numerose incongruenze e criticità. Diversi emendamenti del MoVimento 5 Stelle sono stati approvati, alcuni dei quali molto incisivi; anche la maggioranza ha avuto un ruolo propositivo e migliorativo, e di questo bisogna darne atto. Soprattutto, va dato atto che gli esponenti della maggioranza non erano presidenti, vicepresidenti o consiglieri di ordini professionali, e ciò ha reso possibile un esame del provvedimento più indipendente e imparziale, non inficiato da un clamoroso conflitto di interesse e dalla incompatibilità di cariche o incarichi, come è, invece, avvenuto nell'altro ramo del Parlamento, ove addirittura era evincibile l'integrale sovrapponibilità del DDL Lorenzin con alcune proposte dei senatori presidenti di ordini professionali depositate ben prima del DDL Lorenzin.
Ciò detto, il provvedimento rimane sbagliato, ed è l'ennesima occasione perduta per dare un volto veramente moderno e democratico alla sanità italiana, ancora imbrigliata in corporativismi, poca trasparenza e per gli interessi di pochi.
Questo provvedimento è un po' il manifesto della salute del Ministro Lorenzin e non fa che confermare la visione assolutamente retrograda e arcaica della sanità che già abbiamo avuto modo di verificare in questi quasi cinque anni in cui la Ministra è rimasta tenacemente in sella e come abbiamo drammaticamente appurato qualche mese fa, con l'approvazione del decreto coercitivo sui vaccini; e anche in questo abbiamo ricevuto un provvedimento chiaramente male impostato e mal fatto ab origine.
Un testo intriso di interessi che sono lontani anni luce dai bisogni di salute dei cittadini e dai problemi dei professionisti della sanità, lasciati soli e sottopagati nelle strutture sanitarie, costretti a tamponare, con orari di lavoro inaccettabili, una carenza di personale ormai drammatica.
Non si condivide la natura omnibus del provvedimento, che disciplina questioni molto diverse, alcune delle quali, invece, data l'importanza, avrebbero richiesto una trattazione dedicata, come, ad esempio, la sperimentazione clinica dei medicinali o il riordino delle professioni sanitarie. Invece, accanto a questioni di rilievo, si introducono disposizioni, o meglio prebende, sulle farmacie, oppure si istituisce e disciplina il ruolo unico della dirigenza sanitaria del Ministero della salute, un ruolo dirigenziale ad hoc per pochi e privilegiati soggetti, in contrasto con lo spirito e la delega Madia e con il testo unico del pubblico impiego, che hanno già istituito il ruolo unico della dirigenza per tutte le amministrazioni pubbliche.
Diciamo un'altra verità preliminare: le modifiche intervenute in sede referente, alcune delle quali non accolte con favore da esponenti delle categorie interessate, potrebbero, in realtà, essere ancora modificate, se non in quest'Aula, al Senato, ove la maggioranza, però, sembra avere questa sensibilità diversa, per usare un eufemismo.
Dunque, l'iter del provvedimento potrebbe, in realtà, non concludersi entro il termine della legislatura, e pertanto viene il lecito dubbio che il rush finale dell'approvazione in quest'Aula rappresenti una sorta di spot elettorale per la Ministra Lorenzin. È difficile a credersi che si voglia approvare una delega così complessa al termine della legislatura. Le nostre premesse sono quindi pessimiste, ma speriamo veramente di essere sconfessati, sia nel corso del dibattito in Aula, nel quale avremo l'occasione di tentare di eliminare le prebende e apportare talune necessarie modifiche per rendere il provvedimento accettabile, ma, soprattutto, speriamo di essere sconfessati da quel che avverrà in Senato, dove il testo dovrà rimanere intonso.
Chissà se addirittura il Ministro Lorenzin avrà mai l'ardore di apporre la fiducia al Senato, così come ha fatto di recente per coercizzare i cittadini.
Fatte queste doverose premesse, entriamo ora nell'anima del provvedimento, evidenziando quali sono per noi le principali criticità, che auspichiamo siano superate anche grazie ai nostri ulteriori emendamenti. Pur migliorata molto grazie anche al MoVimento 5 Stelle, la delega sulle sperimentazioni cliniche presenta ancora alcune criticità che devono essere superate: non si risolve l'immediata necessità di adeguare la materia delle sperimentazioni al regolamento europeo del 2014, che prevede il passaggio da una gestione puramente nazionale ad una gestione coordinata a livello europeo. Sarebbero auspicabili indicazioni più incisive per tutelare l'indipendenza della sperimentazione clinica e per garantire l'assenza di conflitti di interesse. Altrettanto auspicabile, come proposto in fase emendativa dal MoVimento 5 Stelle, è il trasferimento delle competenze sulla sperimentazione clinica all'Istituto superiore di sanità, al fine di tenere ben distinta la ricerca di un farmaco dalla successiva commercializzazione. Dirimente sarebbe, inoltre, la rimozione della segretezza dei dati delle sperimentazioni dopo l'immissione in commercio del farmaco, in conformità proprio a quanto indicato dal Regolamento dell'Unione europea.
Il riordino dei Comitati etici, organismi deputati alla valutazione delle domande di sperimentazione clinica, come proposti dal relatore in Commissione, non sono organizzati in maniera da garantire un'efficace indipendenza, come richiesto dal Regolamento dell'Unione europea, poiché proprio la territorialità fa permanere la correlazione con i siti delle sperimentazioni cliniche. Soprattutto, il provvedimento all'esame non chiarisce se si intende separare la valutazione delle domande per gli aspetti etici dalla valutazione per gli aspetti scientifici, come richiesto da Regolamento UE, poiché di fatto si rimanda sine die a tale separazione, correlandola ad un decreto che potrebbe anche non vedere mai la luce, e non viene specificato quale sarà l'organismo deputato a valutare le sperimentazioni cliniche proprio dal punto di vista scientifico.
Se appare senz'altro condivisibile l'articolo aggiuntivo sulla medicina di genere, rimane complessivamente critico il tentativo di riforma delle professioni sanitarie, soprattutto tenendo conto che dovrà applicarsi non più alle attuali sei professioni regolamentate - medici, farmacisti, veterinari, infermieri, ostetriche e tecnici di radiologia - ma ben ventuno ulteriori professioni, per complessive ventisette professioni: biologi, chimici, tecnico audiometrista, tecnico di laboratorio biomedico, tecnico di neurofisiopatologia, tecnico ortopedico, tecnico audioprotesista, tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare, igienista dentale, dietista, educatore professionale sanitario, fisioterapista, logopedista, ortottista e assistente in oftalmologia, podologo, tecnico della riabilitazione psichiatrica, terapista della neuro e psico motricità dell'età evolutiva, terapista occupazionale, tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, assistente sanitario, con l'aggiunta del fisico. Una dislocazione provinciale per ventisette professioni, e non più sei, significa avere migliaia e migliaia di poltrone con costi a carico dei professionisti iscritti agli albi; si creano ordini con più professioni, ma ciascuna professione avrà una Commissione d'albo - quindi è stata aggiunta la Commissione d'albo - con un numero di componenti presumibilmente non inferiore a cinque, ma potrebbe essere anche di nove componenti. Moltiplicando i cinque componenti della Commissione d'albo per ciascuna delle ventisette professioni per le 107 province italiane arriviamo a ben oltre 14 mila poltrone. A questi numeri devono essere aggiunti i membri dei consigli direttivi per un numero variabile da sette a quindici, da moltiplicare per sette, otto ordini e per le 107 province, per un totale di ulteriori 6-7 mila poltrone. Si aggiungono, poi, i quindici componenti di ciascun comitato centrale e della Commissione d'albo delle federazioni nazionali e arriviamo ad oltre 200 ulteriori poltrone. Infine, bisogna aggiungere i tre componenti del Collegio dei Revisori dei conti per ciascun ordine e per ciascuna provincia, per oltre 2.500 ulteriori poltrone: siamo dunque ben oltre le 22.500 poltrone; attualmente sono, invece, circa 6 mila. Tutte queste poltrone richiedono uffici e personale amministrativo e soprattutto richiedono gettoni e diarie. Chi paga tutto ciò? Ma gli iscritti agli albi, naturalmente.
In legge di bilancio noi avevamo chiesto l'assunzione di 6 mila unità tra personale medico e sanitario e li avete negati, e non serve raccontare la storiella che non sono a carico della finanza pubblica, poiché quelle poltrone sono pagate dai cittadini con una tassa obbligatoria e per noi questo è una vergogna. È assurdo che questo enorme numero di professioni sanitarie abbia una struttura ordinistica, ma bisognerebbe dire “ordinastica”, ancora di livello provinciale, nonostante l'esiguità numerica di alcune professioni. Vedete, il paradosso che viene proposto come cavallo di battaglia, la soppressione delle province per quanto riguarda la gestione politica di questo Paese, e non si riesce nemmeno a chiedere che venga gestito l'ordine a livello regionale, che sarebbe assolutamente congruo col sistema sanitario regionale, così come è concepito.
La maggior parte dei sei ordini attualmente esistenti non sono in grado di funzionare perché il numero degli iscritti e i relativi introiti non consentono un corretto funzionamento e la maggior parte delle risorse vengono usate per rimborsi e compensi degli eletti. Molti, infatti, sono privi di personale e non riescono ad onorare tutti gli adempimenti tipici di una pubblica amministrazione: contabilità, appalti pubblici, trasparenza anticorruzione, procedimento amministrativo, eccetera, con l'evidente impossibilità di dare seguito alle attività istituzionali di loro competenza. Un'articolazione quanto meno regionale, come abbiamo detto, sarebbe peraltro più consona alla struttura regionale del sistema sanitario italiano.
In fase emendativa, per ovviare a questo evidente problema, il relatore ha inserito la possibilità dell'avvalimento o dell'associazione per l'esercizio delle funzioni più rilevanti e, pur ritenendo apprezzabile il tentativo di ovviare all'evidente assurdità di avere migliaia di enti pubblici incapaci di funzionare, in realtà le soluzioni o aggiustamenti trovati non appaiono risolutivi e, comunque, sono di difficile applicazione. Bisogna avere il coraggio di riordinare gli ordini su base regionale. Se da un lato si conferma quanto già vigente, ovvero la natura di ente pubblico non economico, dall'altro lato si introduce una maggiore autonomia, così ampia che mal si concilia con l'anzidetta natura di ente pubblico non economico, volta a tutelare interessi pubblici, ma soprattutto mal si concilia con il carattere paratributario impositivo dei contributi degli iscritti, che, quindi, non è volontario, ma sono obbligati ad iscriversi, non per ricevere in cambio un servizio, ma in forza del loro status di professionista. Riguardo alla trasparenza e alle incompatibilità dentro gli ordini, rimane la volontà di depotenziarne l'applicazione, nonostante proprio il presidente dell'ANAC in audizione avesse rilevato l'ambiguità della disposizione contenuta nel provvedimento.
Nell'ambito dei procedimenti disciplinari rimane insufficiente la separazione tra fase istruttoria e fase giudicante ed appare opportuno che la funzione disciplinare degli ordini sia ripensata, come peraltro avvenuto per altre professioni, per evitare che soggetti eletti siano anche soggetti giudicanti, ovvero evitare che le Commissioni disciplinari coincidano con gli organismi elettivi degli ordini, che ben possono usare, e assai spesso la usano, la mannaia del procedimento disciplinare per opportunità politiche ed elettorali.
Fiore all'occhiello del MoVimento 5 Stelle in fase emendativa è la previsione che il Collegio dei revisori dei conti sia composto da soggetti esterni, ossia da revisori legali, ma rimane l'assenza del controllo della Corte dei conti, pur richiesto con altri emendamenti. I revisori dei conti esterni è il minimo sindacale per quanto ci riguarda; significa semplicemente applicare la legge e il Ministro Lorenzin ha avuto il coraggio di presentare un testo in cui i revisori dei conti erano ancora i sanitari medesimi: stendiamo un velo pietoso. Ancora oggi è bene che i cittadini italiani lo sappiano: ci sono enti pubblici non economici con revisori dei conti che svolgono la professione di infermiere, di ostetrica, di medico; fanno esercizio abusivo della professione di revisore legale, in aperta violazione delle norme sul controllo contabile vigenti per tutte le pubbliche amministrazioni, senza che il ministero vigilante abbia mai eccepito nulla.
Apprezzabile è l'introduzione di un più rilevante quorum nel sistema elettorale, nonché la previsione che il presidente uscente dell'ordine non sia più il presidente del seggio elettorale.
Grazie al MoVimento 5 Stelle è stata introdotta l'espressione di voto per via telematica, ma senza che, al riguardo, sia stata posta una scadenza al decreto attuativo, e nemmeno l'obbligatorietà che ci avrebbe posto all'avanguardia in Unione Europea, dato che gli ordini già forniscono la posta elettronica certificata ai loro iscritti: quindi, sarebbe stato un emendamento a costi praticamente identici rispetto a quelli sostenuti attualmente.
L'introduzione del limite dei mandati, come introdotto in fase emendativa, appare assolutamente insufficiente, poiché la consecutività indicata in realtà rende inefficace il limite di mandato, e poiché le cariche all'interno di un ordine non sono elettive, non sono gli iscritti che le eleggono, ma sono elezioni di secondo livello del consiglio direttivo, che ben potrebbero variare, anche a distanza di pochi mesi, durante l'arco quadriennale del mandato elettorale. Pertanto, sarebbe stato necessario correlare il limite al mandato elettorale a tutti i membri del consiglio direttivo, eliminare la non consecutività, bensì proprio andare oltre il secondo mandato elettorale.
Grazie ai 5 Stelle, si prospetta la possibilità che la tassa di iscrizione all'albo sia diversificata tenuto conto dello stato occupazionale e reddituale degli iscritti; rimane la rilevante criticità che affida ad organi eletti funzioni gestionali e amministrative, senza che sia contemplata, come avviene per tutta la pubblica amministrazione, la separazione tra la gestione amministrativa e dirigenziale e le funzioni di indirizzo politico. Aumenta sensibilmente il numero dei componenti dei comitati centrali delle federazioni nazionali, che dagli attuali 7 o 9 passano a 15 componenti. L'aumento del numero dei componenti comporta ovviamente l'aumento delle risorse necessarie a mantenerli, sia con riguardo a missioni, diarie, e sia con riguardo a strutture amministrative di supporto, che a tutt'oggi sono troppo esigue e in affanno: sarebbe stato auspicabile prevedere almeno l'incompatibilità tra la carica provinciale e quella nazionale, in maniera da rendere più democratico e rappresentativo l'intero farraginoso sistema.
Infine, il provvedimento introduce ex novo lo statuto delle federazioni nazionali approvato dai consigli nazionali. Tale statuto definisce le attribuzioni e le funzioni delle federazioni regionali e interregionali degli organi, le modalità di articolazione territoriale degli ordini, nonché l'organizzazione e gestione degli uffici del patrimonio, delle risorse umane e finanziarie. Lo strumento statutario appare azzardato, soprattutto qualora non sia approvato quantomeno dal Ministero vigilante. Non appare condivisibile delegare ad un atto statutario interno l'organizzazione e gestione degli uffici del patrimonio, delle risorse umane e finanziarie, tenuto conto che per tutti gli enti pubblici non economici valgono le norme pubbliche. Tale previsione è sintomatica della reiterata volontà di gestire le risorse economiche ed umane in maniera assolutamente svincolata da ogni controllo esterno, nonostante tali risorse siano acquisite in forza di un potere impositivo delegato dallo Stato.
Sono state complessivamente condivise le modifiche introdotte in fase emendativa su impulso del relatore in riferimento alle professioni di chiropratico e di osteopata, laddove si è fornita più coerenza all'iter del riconoscimento. In riferimento ai delitti non colposi è apprezzabile anche l'introduzione dell'aggravante per aver commesso il fatto in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie sia pubbliche che private e presso strutture socio-educative. In riferimento alla formazione medica specialistica, si prevede la definizione di ulteriori modalità attuative, anche negoziali, per l'inserimento dei medici in formazione specialistica all'interno delle strutture sanitarie e inserite nella rete formativa, senza però che siano indicati i criteri o principi, e senza che in realtà si sia risolta l'esiguità delle risorse necessarie, unitamente alla disciplina che consente, per esigenze formative, l'impiego di medici extracomunitari anche in strutture cliniche. Si teme che tali disposizioni siano un éscamotage per sopperire alla carenza di personale sanitario del SSN, o comunque incentivare un sistema di impiego a costo zero o comunque ridotto.
Si esprimono forti perplessità laddove si elimina il divieto di esercizio cumulativo della professione di farmacista con l'esercizio di altre professioni, e si consente di fatto alle farmacie private di diventare delle strutture che, dotandosi di personale sanitario, erogano prestazioni sanitarie in regime privatistico, sulla base di convenzioni o concessioni pubbliche. Inoltre, il riferire il divieto di esercitare la propria attività all'interno delle farmacie solo ai professionisti abilitati alla prescrizione di medicinali, e non anche ad esempio ai medici in generale o ai laureati in medicina, o senza specificare esattamente a che tipo di prescrizione ci si riferisca, appare rischioso, tenuto conto che, ad esempio, alla prescrizione su ricettario rosa del SSN sono abilitati solo i medici di medicina generale convenzionati per il sistema, i medici addetti alla continuità assistenziale pubblica, i pediatri in libera scelta, gli specialisti ambulatoriali interni, i medici dipendenti del SSN, e non anche, quindi, i medici che non siano dipendenti o convenzionati con il SSN.
Non condivisibili sono poi le disposizioni relative al settore farmaceutico, soprattutto laddove si modifica la norma vigente che in caso di successione ereditaria obbliga l'erede, che non sia farmacista, a cedere la quota di partecipazione nel termine di sei mesi dalla successione, e il termine di sei mesi è modificato in due anni: si ritiene che si cerchi di favorire il sistema familistico delle farmacie, consentendo a figli o parenti di farmacisti di procrastinare la partecipazione della farmacia per due anni.
Sconcertanti, infine, sono poi le disposizioni sulla dirigenza del Ministero della salute, che oltre a porsi in conflitto con la legge n. 124 del 2015, la delega cosiddetta Madia, sembrano introdotte per beneficiare alcuni dirigenti specifici del Ministero. Si fa presente che anche la Commissione affari costituzionali, nel proprio parere reso sul provvedimento, ha espresso un'osservazione analoga, sollevando la necessità di valutare l'istituzione del nuovo ruolo della dirigenza sanitaria del Ministero della salute, poiché in realtà è già presente un ruolo della dirigenza pubblica nel Testo unico del pubblico impiego (articolo 23 del decreto legislativo n. 165 del 2001), che ha istituito l'unico ruolo valido per tutte le pubbliche amministrazioni, e che si articola nella prima e seconda fascia, nel cui ambito sono definite apposite sezioni per garantire la specificità tecnica. Invece sembra che il Ministro Lorenzin voglia un ruolo ad hoc per il suo Dicastero, evidentemente necessario a sistemare i diversi personaggi che da svariato tempo si aggirano negli uffici del Ministero della salute, effigiandosi della qualifica di dirigenti ma che dirigenti non sono.
Concludo, Presidente. Come già detto all'inizio, il testo pervenuto dal Senato era inaccettabile, oserei dire inguardabile; sono stati apportati alcuni miglioramenti, e la reazione scomposta degli ordini, che non vogliono i revisori dei conti esterni, è, in tal senso, emblematica. Siamo probabilmente sulla strada giusta; appare inquietante però il silenzio del Ministro Lorenzin, che non difende il suo caro provvedimento, né difende il lavoro condotto finora in questo ramo del Parlamento, che ha rimediato ad alcune sviste elementari. Ripeto: siamo probabilmente sulla strada giusta, pur essendo ancora necessario ripulirla da alcuni macigni ingombranti; esempi: ordini provinciali e riduzione delle poltrone, limite dei mandati anche non consecutivi negli ordini professionali, netta separazione tra chi valuta la domanda di sperimentazione dal punto di vista etico e chi la valuta dal punto di vista scientifico, soppressione della segretezza dei dati sulle sperimentazioni dopo che sia stata concessa l'autorizzazione in commercio di un farmaco, e soprattutto eliminare le prebende o “marchette” per farmacisti e dirigenti del Ministero della salute. Auspichiamo che quest'Aula elimini queste criticità, e che abbia il coraggio di innovare veramente la sanità italiana.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Paola Binetti. Ne ha facoltà.
PAOLA BINETTI. Presidente, membri del Governo, mi spiace avere solo quattro minuti per intervenire su un disegno di legge così importante, per cui ho deciso di dedicare ad ogni tema un minuto, quindi potrò andare poco più in là dell'enunciato. Il primo punto riguarda la sperimentazione clinica, e in realtà io mi rallegro molto invece che sia stata fatta chiarezza, che siano stati ribaditi dei principi, che in qualche modo si sia sottolineato come l'uomo, il paziente non è l'oggetto della ricerca ma il soggetto; e questo lo si sia fatto facendo riferimento esplicitamente a quel Protocollo di Helsinki, da cui poi sono partite tutte le successive dichiarazioni per il riconoscimento dei diritti, in particolare dei diritti dei pazienti. A me sembra un buon punto di riferimento, e ci auguriamo che poi il coordinamento dei centri etici renda davvero più facile il far ricerca, e non solo il parlare di ricerca.
Il secondo punto di cui mi rallegro, anche se mi sarei aspettata qualcosa di più chiaro, di più determinante, riguarda finalmente l'istituzione della professione dell'osteopata.
Sono quasi 2 milioni, alcuni dicono che si arriva a 4 milioni; ma non è facile, non essendo regolamentata la professione, sapere esattamente quanti sono gli italiani che ricorrono alle cure degli osteopati, e bisogna riconoscere che, molto spesso, ottengono da queste cure risultati largamente soddisfacenti.
Ma proprio l'estensione della richiesta da parte dei pazienti e la necessità, quindi, di garantire con sicurezza la qualità e la competenza del professionista che svolge il compito di osteopata, rendevano urgente stabilire non solo la professione, e riconoscerla in quanto tale come avviene in molti Paesi d'Europa, ma codificarne quello che è il piano di studi, identificare un suo posizionamento all'interno delle professioni sanitarie, riuscire a superare quella che è stata una frizione molto pesante con altre figure di professionisti, peraltro inserendo entrambi nella stessa classe di laurea che è quella che vede i tecnici di radiologia e di tutte poi le professioni rivolte alla riabilitazione. Speriamo che questo aiuti a creare posizioni di collaborazione, che veramente tolgano di mezzo quelle conflittualità che hanno esasperato un po' il clima in questi mesi.
Un terzo punto interessante, lo accenno soltanto: mi rallegro molto che la professione del biologo sia stata spostata dall'area della giustizia (evidentemente c'era una lettura soltanto in chiave dei casi drammaticamente volti alla criminalità o alla criminalità organizzata) verso quello che è il suo collocamento naturale, che è il Ministero della salute. Ciò vuol dire che la mente umana viene considerata non solo nella sua possibile devianza delittuosa, ma viene considerata soprattutto come una struttura da poter difendere.
Il quarto punto è quello che riguarda la formazione specialistica. Mi preoccupa un po' quel riferimento a nuove modalità attuative anche negoziali in un momento in cui abbiamo bisogno di difendere la professione dei medici specialisti che quest'anno sono stati defraudati. Io voglio dirlo chiaramente in quest'Aula: è stato tolto un anno di vita ai migliori dei laureati a giugno del 2016, che a oggi, ottobre 2017, non hanno ancora potuto confrontarsi con gli esami della scuola di specializzazione. Riflettere sulla scuola di specializzazione è un dovere di giustizia nei confronti di coloro che impegnano nel loro processo di formazione dai 10 agli 11 anni e che, in questo caso, per colpa del Ministero, sono diventati perlomeno 12. Anche a questo dovrebbe servire questa legge e ci auguriamo che vada in porto.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Elvira Savino. Ne ha facoltà.
ELVIRA SAVINO. Grazie, signor Presidente. Il disegno di legge quest'oggi all'esame dell'Aula reca la delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali, nonché diverse disposizioni volte ad un aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, nonché al riordino delle professioni sanitarie e della dirigenza sanitaria del Ministero della salute.
Il testo sul quale ci troviamo a discutere e sì quello che risulta dalla precedente approvazione da parte del Senato, e sul quale Forza Italia aveva espresso grande condivisione, ma nella sostanza esso è stato praticamente stravolto in sede di esame nella Commissione affari sociali della Camera.
Nell'ambito dell'esame ed approvazione del testo in Senato, infatti, Forza Italia ha lavorato con impegno e armonia, insieme a tutte le altre forze politiche, al fine di predisporre un testo legislativo che fosse in grado di disciplinare situazioni che da anni attendevano l'intervento del legislatore. Mi riferisco, ad esempio, alla delega al Governo per la revisione della disciplina in materia di sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano oppure ancora all'aggiornamento dei LEA, dei livelli essenziali di assistenza, auspicato da molti.
Altro aspetto importante aveva riguardato il riordino delle professioni sanitarie. Si era raggiunto infatti un buon punto di equilibrio, ridisegnando ruoli e ridando dignità professionale a più di un milione di operatori che aspettavano questo provvedimento da diversi anni, nella convinzione che le professioni sanitarie devono essere tutelate nella loro autonomia in quanto ciò rappresenta un elemento di garanzia per la salute dei cittadini e per la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale.
Tuttavia, nonostante l'iniziale favore espresso in Senato, Forza Italia ritiene che, alla luce delle modifiche approvate dalla Camera in Commissione affari sociali, il provvedimento in esame non possa dirsi soddisfacente e ciò per alcune ragioni che vado di seguito ad illustrare.
In primo luogo, per quanto riguarda il riordino della disciplina degli ordini delle professioni sanitarie. Il testo licenziato dalla XII Commissione introduce alcuni elementi che, in realtà, non vanno nella direzione di una vera e propria riforma degli ordini, ma rappresentano di fatto un elemento di paralisi della loro attività, che sono in aperta contraddizione con le istanze di alternanza che emergono a supporto di queste misure.
Diverse altre questioni problematiche si riscontrano con riferimento, da un lato, ai quorum rilevanti per le elezioni dei consigli degli ordini, rispetto ai quali tuttavia il testo non prevede quale procedura debba essere seguita nel caso in cui non vengano raggiunti né in prima, né in seconda convocazione, e dall'altro lato le modalità di svolgimento delle elezioni. Si prevede infatti la moltiplicazione dei seggi, nonché la possibilità del voto telematico, con evidenti ricadute non solo logistiche, ma anche in termini di efficienza complessiva della procedura, considerati i tempi e le risorse necessarie per svolgerla.
Inoltre, anche la previsione secondo la quale il collegio dei revisori dei conti deve essere costituito da revisori legali iscritti al registro rappresenta un onere del tutto sproporzionato rispetto al profilo economico dell'attività degli ordini.
Forza Italia, inoltre, esprime il proprio rammarico per la mancata istituzione della figura professionale del podoiatra, della sua professione sanitaria, così come risultante da un mio emendamento presentato nell'ambito dell'esame in Commissione. È noto, infatti, come il podoiatra si stia progressivamente sviluppando in Paesi come gli USA, il Canada, nonché in diversi Paesi europei, come il Regno Unito, l'Irlanda, la Spagna e il Portogallo, in quanto figura professionale dotata di una forte cultura della prevenzione e del servizio alla collettività che assume un ruolo sempre più rilevante nell'ambito delle strategie di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle affezioni, delle difformità podaliche e dei tessuti annessi al piede attraverso procedure terapeutiche podoiatriche. Considerata la rilevanza della funzione, si era previsto che si potesse accedere alla professione soltanto al termine della frequenza di un corso di laurea articolato in due cicli di studi universitari, tre più due, o quattro più uno, all'esito del quale appunto il podoiatra avrebbe acquisito tutte le necessarie competenze in termini di capacità di diagnosticare, prescrivere e/o valutare qualsiasi tipo di trattamento podoiatrico, ortopodologico, chiropodologico, fisico, farmacologico, preventivo, basato sulla storia clinica del paziente in relazione al suo bisogno di salute. Forza Italia, inoltre, aveva ritenuto importante l'istituzione di una simile figura professionale nella convinzione che il podoiatra si caratterizzi per alcune rilevanti peculiarità che lo differenziano dagli osteopati e dai chiropratici. Proprio per questo motivo, a differenza delle citate professioni che prevedono percorsi di studio solo triennali, si era immaginato per il podoiatra la frequenza di un corso di laurea quinquennale, considerato non solo che le patologie da questo trattate sono alquanto invalidanti per l'individuo che ne è affetto, si pensi ad esempio alle ulcere diabetiche ovvero alle complicanze che sorgono a seguito di malattie di grandissima rilevanza sociale, come il diabete o l'artrite reumatoide, ma soprattutto per il crescente peso scientifico che tale figura sta assumendo nello scenario internazionale. Prendiamo atto, dunque, che vi è stata una mancata volontà politica di istituire la figura professionale del podoiatra, cionondimeno Forza Italia invita tutte le forze politiche a valutare l'opportunità di aggiornare il profilo professionale della figura del podologo che ad oggi non risulta essere stato oggetto di alcun aggiornamento da molti anni e che per tale motivo rischia di diventare una professione obsoleta e non in grado di raggiungere quelli che sono attualmente gli standard europei.
Si potrebbe anche pensare alternativamente di prevedere, allo stesso modo di come fece il Governo nel 2007 per i chiropratici, l'istituzione di un registro che consenta a coloro che sono in possesso del diploma di laurea magistrale o di un titolo equivalente di esercitare perlomeno liberamente le proprie mansioni sul territorio nazionale.
In conclusione, Forza Italia ribadisce con forza il proprio giudizio negativo su questo provvedimento e si augura che in Aula si possa lavorare per introdurre tutti i necessari elementi correttivi sugli aspetti che abbiamo evidenziato, nel tentativo di coniugare l'efficienza, che alla luce appunto delle modifiche introdotte dalla Camera pare del tutto archiviata, con la salvaguardia di principi che stanno alla base della vita degli ordini, così da non essere del tutto paralizzati.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Monchiero. Ne ha facoltà.
GIOVANNI MONCHIERO. Grazie Presidente. L'iter stesso di questo disegno di legge governativo, che gira per le Aule parlamentari ormai da tre anni, dimostra quanto delicata e complessa fosse la materia affrontata, anzi occorre dire le materie affrontate, perché effettivamente questa proposta di legge non si sottrae al giudizio di essere una sorta di piccolo decreto omnibus, che tocca argomenti e temi tra loro abbastanza distanti. Tuttavia, li tocca in modo complessivamente positivo. Era indubitabile che tutte le problematiche connesse alla sperimentazione clinica meritassero una risistemazione, perché spesso le nostre aziende ospedaliere e gli istituti di ricerca erano in difficoltà a intervenire tempestivamente, di fronte alle richieste di sperimentazione, che provenivano dal mondo della ricerca. Mi pare che la norma, in questo senso, colmi una lacuna e, pur con qualche complessità di troppo, tuttavia risolva anche l'annosa questione dei comitati etici, risorsa indispensabile, perché il confine tra l'etica e la scienza nella fase di sperimentazione è certamente un confine molto delicato. È un confine che merita di essere, come dire, approfondito, in ogni momento e in ogni circostanza, con il massimo delle competenze possibili.
In realtà, non è certamente su questo tema che il disegno di legge ha incontrato le sue difficoltà. Credo che la cosa più spinosa fosse la revisione degli ordini in materia di professioni sanitarie. Effettivamente il collegamento fra ordine e concezione corporativa delle relazioni economiche è un collegamento stretto, storico, plurisecolare. Ogni qual volta si incide su questa materia, vengono fuori delle reazioni e delle incomprensioni. È stato così anche recentissimamente, perché non voglio sottacere che mi ha un po' stupito la presa di posizione, fortemente negativa, dell'ordine dei medici sulla proposta di legge finale, così come è stata licenziata dalla XII Commissione, che invece a me pare che, pur con qualche lacuna sottolineata dai colleghi che mi hanno preceduto, vada comunque nella direzione giusta, quella di rafforzare la democrazia interna agli ordini e rafforzarne la trasparenza. Si tratta di valori fondamentali per il buon funzionamento di una struttura, che non può non avere una rappresentanza fortemente e trasparentemente democratica al proprio interno.
Poi c'è la questione, anche recentemente sollevata dalla collega Savino e da chi mi ha preceduto, del riordino e del riconoscimento delle professioni sanitarie. Mi riferisco all'introduzione, qui in Commissione alla Camera, del nuovo testo dell'articolo 6, che è frutto di una mediazione anche complessa e che va ascritto a merito anche personale del presidente della Commissione, che voglio qui elogiare per avere comunque trasformato, quella che era una norma ad hoc, in una norma aperta. Se domani sarà necessario risistemare la professione del podologo e affiancargli il podiatra, come richiedeva poc'anzi la collega, beh, insomma, nell'articolo 6 è scritta la procedura su come fare. Naturalmente il come fare, se il fare o non fare, è una valutazione politica, che gli enti e le istituzioni richiamati dalla norma dovranno esaminare e decidere, valutando le necessità, valutando il contesto, valutando anche i progressi scientifici e le mutate necessità. Ma la norma che istituisce la nuova procedura mi pare una norma aperta e, come tale, assolutamente condivisibile.
Così come ho molto apprezzato l'istituzione dell'albo degli ingegneri biomedici all'interno dell'ordine degli ingegneri. Gli ingegneri biomedici sono una risorsa forte del sistema sanitario, sono figure fondamentali in tutti gli ospedali italiani, perché hanno favorito e accompagnato l'adeguamento tecnologico di strutture che alla tecnologia sono sempre più votate e lo saranno ancora di più in futuro.
Si tratta, quindi, nel complesso di un'ottima norma, nella quale, però, io vorrei sottolineare anche qualche piccola ombra, a prescindere dal fatto che questa sottolineatura si traduca poi in decisioni dell'Aula nell'esame di emendamenti, che saranno esattamente presentati su questi temi. Si tratta di un discorso un po' più generale che vorrei fare. Comincerei con quello più spinoso.
Io ritengo che sia un errore intervenire sul complesso problema delle farmacie, a piccoli spot, mettendo una riga e una finanziaria di un anno, poi mettendo una norma e un decreto sulla concorrenza, poi introducendo qui questa strana definizione di farmacia, che diventa quasi una struttura ambulatoriale. Insomma, mi pare che il tema delle farmacie, della loro relazione con altre forme di commercializzazione di farmaci, in primis le parafarmacie, nella loro relazione con il Servizio sanitario nazionale, meriti una sistemazione organica, che ridefinisca il ruolo della farmacia, che ne definisca anche gli aspetti economici, che definisca tutti quegli aspetti anche di natura personale e familiare. Non possiamo dimenticare che la farmacia è nata nel tempo come la bottega del farmacista. Ecco, trasformare la bottega del farmacista in un ambulatorio o in una clinica privata, così, con una “normicina”, infilata più o meno distrattamente in una legge che si occupa di tutt'altro, francamente non mi pare una buona tecnica di legislazione.
Così come mi suscita qualche perplessità, come ricordava anche prima la collega Binetti, la parte relativa alla specialistica. Introdurre il concetto di rapporto negoziale nelle procedure di accesso ai corsi di specializzazione a me pare usare una terminologia potenzialmente pericolosa, almeno su questo punto. Così sul comma successivo del medesimo articolo, che introduce - immagino a fin di bene, ma chiaramente mi pare del tutto stravagante - che, chi non ha titolo per potere esercitare la professione medica, possa andarsi a specializzare in medicina nelle nostre università. Ecco, qui immagino si cerchi di affrontare una lacuna amministrativa, ma è una risposta davvero sbagliata. Quando le procedure amministrative per il riconoscimento del titolo di studio conseguito all'estero, in Paesi extracomunitari, diventa così lungo, da dovere introdurre una deroga, per far sì che, chi non ha ottenuto questo riconoscimento, possa partecipare e lavorare in ospedale, a me pare che sarebbe molto più semplice snellire la procedura amministrativa e giungere a tempestive decisioni circa il riconoscimento. Così vorrebbe una sana amministrazione.
Con queste più piccole e marginali perplessità, ribadisco comunque il giudizio positivo sul complesso del disegno di legge e, quindi, sin da ora un nostro voto favorevole su questa interessante e importante legge.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare la collega Paola Boldrini. Ne ha facoltà.
PAOLA BOLDRINI. Presidente, onorevoli colleghi, ci apprestiamo oggi a fare la discussione generale sul disegno di legge n. 3868-A, approvato al Senato e trasmesso alla Camera nel maggio 2016.
Come hanno già ricordato sia il relatore che altri colleghi, questo iter è stato lungo, ma perché ha visto anche una serie di audizioni importanti, per far sì che il testo fosse revisionato nella sua parte e in concordanza con il testo comunque pervenuto dal Senato, per poi migliorarlo ulteriormente.
È un disegno di legge che, come abbiamo sentito, tocca molte modifiche, sul tema delle sperimentazioni cliniche, dei medicinali, dei comitati etici, della riorganizzazione degli ordini professionali e delle federazioni nazionali, dell'istituzione dell'area delle professioni socio-sanitarie e di nuove professioni sanitarie, nonché dell'esercizio abusivo della professione sanitaria e della dirigenza medica. È una riorganizzazione di normative che avevano ormai il tempo che correva. Sono leggi che ormai sono tanti anni che sono in essere, quindi, una revisione doveva essere fatta.
Ma io mi soffermerò su alcune parti del provvedimento. Con l'articolo 1 si parte proprio dalla sperimentazione di farmaci. Reca una delega al Governo per la revisione della disciplina in materia di sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano, al fine di coordinare la disciplina nazionale con la normativa europea, recentemente innovata dal Regolamento dell'Unione europea n. 536 del 2014, che comporterà il passaggio, da una gestione puramente nazionale delle valutazioni e delle sperimentazioni cliniche, a una gestione coordinata a livello europeo, ciò che richiederà l'applicazione di criteri e di procedure condivise.
Ma arriviamo poi ad altri articoli. Come si è detto già prima, l'articolo 2, che prevedeva l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, i famosi LEA, è stato soppresso, anche perché, dalla nascita di questo disegno di legge, nel frattempo sono stati emanati invece i decreti per l'aggiornamento dei LEA.
Quindi quest'articolo è stato soppresso.
Invece, un articolo al quale tengo particolarmente è l'articolo 3, perché è un articolo aggiuntivo rispetto al testo pervenuto dal Senato e per la prima volta è dedicato completamente all'applicazione e alla diffusione della medicina di genere nel sistema sanitario nazionale. È praticamente un emendamento aggiuntivo che richiama una gran parte di un testo di legge che io stessa ho depositato alla Camera il maggio scorso, ed è in piena sintonia con quanto espressamente citato all'articolo 1 riguardo la sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano, che ha introdotto uno specifico riferimento appunto alla medicina di genere. La medicina di genere non è una visione ideologica o una moda, come ho sentito anche in Commissione, tant'è che la Ministra della salute, Lorenzin, oltre ad aver inserito la medicina di genere nel semestre europeo e nell'agenda italiana, ha già annunciato che porterà il tema all'attenzione del prossimo G7 sulla salute, che si terrà il 4 e 5 novembre; e Farmindustria ha reso noto che più di un'azienda investe sulla ricerca di genere. Quindi, mi aspetto che questo articolo rimanga intonso anche nella discussione in Senato. Infatti - e qui lo devo dire, perché è la prima volta che mi appresto a farlo e ne colgo l'occasione -, è degli anni Settanta del secolo scorso la denuncia che la medicina non è una scienza neutra. Da quel momento è diventato sempre più sorprendente constatare come lo sviluppo della medicina fosse avvenuto attraverso studi condotti quasi solo su uomini, in base all'errato pregiudizio scientifico, supportato da un costrutto di pensiero strutturalmente androcentrico, che il corpo della donna, a parte i diversi apparati sessuali e procreativi, sia come quello dell'uomo.
Prestare attenzione alle conseguenze delle differenze sessuali e del fattore genere in medicina, cioè applicare quella che più comunemente è denominata medicina di genere, anche genere-specifica o gender-sensitive, non significa parlare di una disciplina aggiuntiva alla medicina o avere una visione ideologica, ma significa conoscere e applicare un nuovo approccio allo studio del funzionamento del fisico umano, in salute e in malattia, in modo attento alle diversità fra uomini e donne. Sesso e genere rappresentano due termini comunemente male interpretati, anche dalla letteratura scientifica. Con il termine “sesso” ci si riferisce agli aspetti biologici, morfologici e funzionali che caratterizzano l'essere uomo o donna; il termine “genere”, invece, ha una storia diversa e recente: divenne d'uso negli anni Cinquanta del secolo scorso in uno dei due significati, quello riferito alle categorie personali e sociali di identità, femminilità e mascolinità. Nel 2006, la Commissione determinanti sociali della salute dell'Organizzazione Mondiale della Sanità afferma i contenuti specifici del genere, e lo riconosce come fattore che determina salute e malattia. Numerosi studi - perché su evidenze scientifiche ci dobbiamo basare - dimostrano che uomini e donne sono diversi dal punto di vista biomedico nell'anatomia, nella genetica ed epigenetica, nel metabolismo e nel funzionamento di recettori, enzimi e proteine, nei livelli degli ormoni sessuali e loro effetti, nelle eziologie, prevalenze e sintomatologie di diverse patologie e in molti altri aspetti afferibili alle differenze sessuali. Le donne, per esempio, hanno rispetto all'uomo sintomi diversi di insorgenza di infarto e ictus, prima e terza causa di morte per le donne in Italia nel 2015 (dato riferito dal Ministero della salute), e vengono sottoposte in misura minore a terapie coronariche salvavita. Questo è un dato importantissimo, perché molti non conoscono questi dati e credono che il primo dato di morte per le donne sia il tumore al seno; invece no, purtroppo è l'infarto miocardico.
Ma andiamo oltre. È del 2016 l'uscita negli Stati Uniti di un documento ad opera dell'American Heart Association proprio in tema di infarto acuto del miocardio e la donna, che era stato preceduto dalle linee guida sull'ictus nelle donne: anche qui abbiamo un'evidenza scientifica che viene connotata in sperimentazioni e quindi in ricerche scientifiche. Sul tema si riveda l'attenzione anche di Nature, che dal suo famoso editoriale “Putting gender on the agenda”, del 2010, ha continuato a proporre vari aspetti della medicina di genere; come pure The Lancet, che si orienta sempre più chiaramente a indirizzare anche i suoi autori e ricercatori all'analisi sesso-genere orientata.
Gli strumenti di valutazione tarati solo su campioni maschili, sia in clinica che nelle scienze umane, possono, oltre che rappresentare loro stessi un gender bias generare a loro volta genderbias nella misurazione.
Esempio di buona pratica è quella della Cochraneorganisation, che ha sperimentato, tra il 2005 e il 2012, l'attivazione di un gruppo sui metodi di ricerca legati a sesso e genere con il quale si proponeva di valutare l'applicabilità e la qualità dell'orientamento al sesso e genere nella ricerca biomedica, arrivando anche a elaborare una guida per pianificare revisioni sistematiche attente a sesso e genere. I termini di trasformazione e ripensamento dei metodi di ricerca si configurano come uno slogan di un'altra interessante buona pratica, il gendered innovations in science, health & medicine, engineering, and environment project, diretto da una tra le più autorevoli studiose del genere, Londa Schiebinger, docente di storia della scienza che coordina workshop internazionali con una sorta di metodo Delphi, per desumere come in tal modo la ricerca, in particolare biomedica, può ripensare concetti, teorie, priorità, risultati, linguaggio e parametri biomedici delle varie patologie con attenzione al genere.
Fatta questa premessa, l'articolo prevede che il Ministero della Salute, avvalendosi del Centro nazionale di riferimento della medicina di genere dell'Istituto superiore di sanità (già istituito l'anno scorso), entro dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge predispone un piano volto alla diffusione della medicina di genere mediante divulgazione, formazione e indicazione di pratiche sanitarie che, nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura tengano conto delle differenze derivanti dal sesso e dal genere, al fine di garantire la qualità e l'appropriatezza delle prestazioni erogate dal Sistema sanitario nazionale in modo omogeneo sul territorio nazionale; prevede inoltre che, tra gli obiettivi del Patto per la salute, devono essere garantiti la promozione e il sostegno della medicina di genere quale approccio interdisciplinare tra diverse aree mediche; prevede inoltre che il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, predisponga un piano formativo nazionale per la medicina di genere volto a garantire la conoscenza e l'applicazione dell'orientamento alle differenze di sesso e genere, con la promozione di specifici studi presso i corsi di laurea in medicina e delle professioni sanitarie. Ricordo che è già in corso un progetto pilota, partito da quest'anno accademico, in accordo ovviamente con il CUN, che vede oltre 40 atenei che stanno sperimentando corsi di medicina con un approccio di medicina di genere. Quindi, siamo già avanzati, aggiungere questo ulteriore articolo in questa legge credo che sia davvero di fondamentale importanza.
Ma andiamo oltre, perché il testo prevede anche tantissimi altri riaggiornamenti. L'articolo 4, ad esempio, è completamente dedicato al riordino della disciplina degli ordini delle professioni sanitarie. Anche qui abbiamo sentito che si prevede una revisione di una norma che va a novellare il decreto legislativo n. 233 del 13 settembre 1946, quindi una norma, come dicevamo, molto avanti negli anni, con la finalità appunto di riorganizzare gli albi nazionali e le federazioni nazionali, in parte introducendo nuove disposizioni relative agli ordini e alle federazioni. Con la novella di cui si diceva prima, si richiamano gli ordini delle professioni sanitarie esistenti, dei medici chirurghi, dei veterinari e dei farmacisti, aggiungendo, rispetto alla normativa vigente, gli ordini dei biologi e delle professioni infermieristiche, delle professioni di ostetriche, dei tecnici sanitari e di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche della riabilitazione e della prevenzione. Gli ordini sopra richiamati sono costituiti a livello territoriale. Si introducono inoltre nuove norme al fine del riordino delle discipline degli ordini e delle relative federazioni nazionali, che devono tenere in considerazione, anche qui, oltre al ricambio generazionale, anche un equilibrio di genere, che deve essere riscontrato.
Andando invece all'articolo 5, aggiuntivo rispetto al testo del Senato, esso detta le regole per l'istituzione delle aree delle professioni socio-sanitarie in applicazione dell'articolo 6 dell'intesa sancita, nel luglio 2014, fra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano: sul nuovo Patto della salute per gli anni 2014-2016 è istituita l'area delle professioni socio-sanitarie secondo quanto previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo 13 dicembre 1992, n. 502. Ecco appunto un altro articolo che va a novellare un testo già esistente.
L'articolo 6, invece, che è la modifica all'articolo 5 della legge già citata prima, la n. 43, istituisce e riconosce nuove professioni sanitarie senza la necessità di avere un intervento legislativo ad hoc, anche al fine di evitare che alcuni studenti si trovino a seguire percorsi di studio senza reali sbocchi nel mondo del lavoro.
Infatti, il nuovo articolo 5, che revisiona l'articolo 5 della legge n. 43, prevede l'individuazione delle nuove professioni sanitarie in conformità, però, con il recepimento di direttive dell'Unione europea ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione, però, dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei piani sanitari regionali che non trovano rispondenza in professioni già riconosciute, ovvero su iniziativa delle associazioni professionali rappresentative di coloro che intendono ottenere tale riconoscimento. A tal fine, anche le associazioni interessate inviano istanza motivata al Ministero della salute, che si pronuncia entro i successivi sei mesi, e, in caso di valutazione positiva, attiva la procedura del comma 2. La riformulazione di questo articolo della legge n. 43, come appena descritto, fa salva la valutazione - e qui è la cosa importante - tecnico-scientifica per l'istituzione di nuove professioni, a partire dal punto essenziale rappresentato dall'individuazione del percorso formativo.
L'opportunità di dare, quindi, una valutazione tecnica in merito a una materia che non può essere interamente delegata al dibattito pubblico e politico, osservando che l'impianto adottato dovrebbe permettere l'opportuna elasticità per riconoscere nuove professioni sanitarie che potranno emergere in un prossimo futuro; quindi, anche qui, una norma che permette un'elasticità e un'apertura per il prossimo futuro, laddove vengano riconosciute nuove professioni sanitarie dove ve ne sia l'esigenza. Nell'articolo 7, novellato anche in questo caso rispetto a quello pervenuto dal Senato, che prevede, quindi, l'individuazione e l'istituzione delle professioni sanitarie dell'osteopata e del chiropratico, andranno riconosciute e individuate, in base all'istituzione delle quali si applica la procedura di cui all'articolo 5, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, modificato dalla presente legge. Quindi, anche qui vediamo che c'è un ritornare a un nuovo modo di poter riconoscere le nuove professioni sanitarie, comprese, quindi, anche quelle dell'osteopata e del chiropratico.
Poi, andando all'articolo 8, che è stato inserito al Senato nel corso dell'esame in Assemblea, questo trasformava il Consiglio nazionale dei chimici nella Federazione nazionale degli ordini dei chimici e dei fisici. Agli ordini si applicano le disposizioni relative alle professioni sanitarie; pertanto, la Federazione è posta sotto l'alta vigilanza del Ministero della salute. Si inseriscono, poi, all'articolo 9, le professioni di biologo e di psicologo nell'ambito delle professioni sanitarie. Riguardo all'organizzazione e all'ordine dei biologi si estende la disciplina di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 233 del 1946, come novellato dall'articolo 3 del provvedimento in esame. L'articolo 10, invece, inserito sempre dal Senato, nel corso dell'esame in Commissione, prevede l'istituzione presso l'ordine degli ingegneri dell'elenco nazionale certificato degli ingegneri biomedici e clinici, un'altra professione importantissima, demandando a un regolamento interministeriale la definizione dei requisiti per l'iscrizione su base volontaria. I requisiti per l'iscrizione su base volontaria all'elenco nazionale saranno fissati da un regolamento del Ministero della giustizia di concerto con il Ministero della salute, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
Invece, l'articolo 11 - dobbiamo citarlo, anche questo è importante - è un articolo appositamente inserito per correggere l'articolo 9 della legge emanata nel marzo scorso, la legge n. 24 del 2017 sulla responsabilità medica, e l'articolo 14, nonché abrogare i commi 2 e 4 della legge 8 novembre 2012, n. 189. L'articolo 12, che è l'ex articolo 9 del testo pervenuto dal Senato, invece interviene sul reato di esercizio abusivo della professione sanitaria, sostituendo l'articolo 348 del codice penale e modificando gli articoli 589 e 590, modificando il testo unico delle leggi sanitarie. Anche qui viene prevista e inserita una speciale abilitazione dello Stato e punito chi non rispetta la norma con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 10 mila a 50 mila euro. Quindi, si prevedono anche delle pene pecuniarie, oltre a sanzioni amministrative. Andando poi oltre, l'articolo 13, che è inserito anche questo dal Senato, estende al farmacista, e ne abbiamo sentito parlare anche prima, che, senza prescrizione medica, dispensi farmaci e sostanze dopanti per finalità diverse da quelle proprie ovvero da quelle indicate nell'autorizzazione all'immissione in commercio, le pene previste per il reato di commercio di sostanze dopanti all'articolo 9 della legge n. 376 del 2000, che ha configurato come reato il doping. Passiamo, poi, all'articolo 14, che ha modificato, di fatto, l'articolo 61 del codice penale, aggiungendo il comma 11-sexies, che qualifica come aggravante comune l'avere, nei delitti colposi, commesso il fatto in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie o presso strutture sociosanitarie residenziali o semiresidenziali, in strutture pubbliche o private, ovvero presso strutture socioeducative. Questo è un articolo novellato proprio perché purtroppo agli onori della cronaca spesso arrivano queste notizie aberranti riguardanti pazienti che sono in stato anche di fragilità, che purtroppo ricorrono in situazioni penose da vedersi, e quindi è giusto che ci siano anche qui delle pene aggravanti per chi ha commesso questo tremendo reato.
Arriviamo, poi, all'articolo 16, invece, - li sto appunto passando molto velocemente – che interviene sul testo unico della legge sanitaria, che, anche qui, è una legge del 1934, di cui riscrive l'articolo 102, prevedendo anche l'abolizione del vecchio divieto all'esercizio cumulativo delle professioni sanitarie. Nella nuova formulazione, quindi, il conseguimento di più lauree o diplomi dà diritto all'esercizio cumulativo delle corrispondenti professioni o arti sanitarie. Gli esercenti le professioni o arti sanitarie possono svolgere la loro attività in farmacia, ad eccezione dei professionisti abilitati alla prescrizione di medicinali, la cui attività è in ogni caso incompatibile con l'esercizio della farmacia. L'articolo 16 interviene, inoltre, anche sull'articolo 7 della legge n. 362 del 1991, di cui si sostituiscono i commi 4 e 9, rispettivamente consentendo che la sostituzione temporanea nella direzione della farmacia privata di cui è titolare una società sia operata con un qualsiasi farmacista iscritto all'albo, e non necessariamente con un altro socio farmacista, ed elevando da sei a quarantotto mesi il termine entro il quale il soggetto che abbia acquisito a titolo di successione ereditaria una partecipazione a una società di gestione di farmacie e che non abbia i relativi requisiti deve cedere la quota in oggetto.
L'articolo 17, invece, modifica la disciplina vigente relativa al ruolo della dirigenza sanitaria, ne abbiamo già sentito parlare prima. È un articolo importante anche questo perché istituisce un unico livello di detto ruolo e, dall'altro, estende ai dirigenti sanitari del Ministero gli istituti giuridici ed economici previsti per la dirigenza sanità del sistema sanitario nazionale. L'articolo 18, infine, contiene una norma di chiusura volta a salvaguardare la competenza legislativa delle regioni a statuto ordinario e quella delle regioni a statuto speciale e delle province autonome. Questo è un testo, come è passato in Commissione, che ha avuto vari cambiamenti, però, a mio parere, è un testo che ha avuto miglioramenti da come è pervenuto anche dal Senato. Devo dire che il contesto sul quale abbiamo lavorato in Commissione è stato un contesto che ci ha reso veramente la possibilità, poi, di poter porre dei rimedi e dei miglioramenti nel testo, grazie anche all'ascolto che è pervenuto dal nostro Presidente della Commissione, nonché relatore di questo provvedimento importante, che anch'io mi auguro possa arrivare al termine della sua discussione in Aula. Molto probabilmente ci saranno ulteriori emendamenti da fare, però mi auguro che questo testo possa pervenire, appunto, alla fine della discussione in Aula con la sua approvazione e che speditamente possa poi arrivare al Senato per la conclusione definitiva.
Spiacerebbe moltissimo che, essendo a fine legislatura, questo testo non potesse vedere la luce, anche perché nel testo sono previsti vari decreti attuativi che, se poi non possono vedere la luce perché la legge non arriva al suo completamento, sarebbe un lavoro che purtroppo sarebbe stato fatto per niente, ma poiché molti hanno aspettative rispetto a questo questo disegno di legge, credo che davvero si debba fare uno sforzo ulteriore, uno sforzo di ascolto ulteriore, perché, dicevo prima, ci saranno degli emendamenti, ma sempre con l'intento di migliorare.
Credo che la nostra parte, parlo della parte della maggioranza, in Commissione abbia lavorato molto, ha lavorato molto, anche perché siedono delle persone che professionalmente sono molto preparate, e quindi credo che questo sia stato un contesto positivo da ogni punto di vista, anche da parte del Governo, che, ogni volta che noi chiedevamo attraverso la voce del nostro relatore, dava comunque una sintesi e un segnale positivo. Credo che davvero questo testo debba arrivare a compimento e mi fermo, perché non mi dilungo oltre.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 3868-A)
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore Marazziti rinunzia alla replica.
Prendo atto che anche il rappresentante del Governo rinunzia alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale.
PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato della Repubblica ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale il senatore Marco Scibona, in sostituzione del senatore Enrico Cappelletti, dimissionario.
Interventi di fine seduta.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Kronbichler. Ne ha facoltà.
FLORIAN KRONBICHLER. Grazie, Presidente. Nella notte tra sabato e domenica, questa, un ragazzo profugo curdo-iracheno di tredici anni, affetto da distrofia muscolare, è morto dopo aver riportato delle fratture dovute alla caduta dalla sedia a rotelle a causa di una barriera architettonica e dopo aver passato, insieme alla famiglia, cioè con i genitori e con altri tre fratellini più giovani di lui, ancora più piccoli, diverse notti all'addiaccio o in sistemazioni precarie, senza aver mai avuto possibilità di accesso alle strutture pubbliche di accoglienza.
Ritengo doveroso portare questo caso a conoscenza di quest'Aula, perché la tragedia del giovane morto e della sua famiglia può essere anche conseguenza di atteggiamenti e di certa cultura propri della nostra provincia ricca, autonoma, di Bolzano. È luogo comune la critica semiseria secondo cui l'Amministrazione sudtirolese si distingue per interpretare le leggi italiane con rigore prussiano, rendendo in questo modo certe norme o inapplicabili o insopportabili. E non basta: non di raro, abusa dell'autonomia per rinvigorire, a convenienza, certe sanzioni.
È il caso attuale dell'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. La ripartizione competente ai servizi sociali della provincia, in dispregio della direttiva nazionale, ha emanato una circolare in cui nega tout court l'accoglienza a soggetti vulnerabili; apparentemente procede secondo la massima “essere ospitali il meno possibile, se no vengono qui tutti”. Non vi è alcun dubbio che il piccolo Adan, così come i suoi tre fratellini di 6, 10 e 12 anni, sono tutti da considerare vulnerabili. C'è da applicare la legislazione seria, europea, e così riteniamo che l'autonomia sia data per migliorare e non per restringere i servizi a chi ne ha più bisogno.
Organizzazione dei tempi di esame di un testo unificato di proposte di legge.
PRESIDENTE. Avverto nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicato lo schema dell'organizzazione dei tempi per il seguito dell'esame del testo unificato delle proposte di legge n. 2352-A/R, recante “Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Martedì 10 ottobre 2017, alle 11:
1. Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.
(ore 15)
2. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
TONINELLI ed altri; GIACHETTI; PISICCHIO; LAURICELLA; LOCATELLI ed altri; ORFINI; SPERANZA; MENORELLO ed altri; LUPI e MISURACA; VARGIU e MATARRESE; NICOLETTI ed altri; PARISI e ABRIGNANI; DELLAI ed altri; LAURICELLA; CUPERLO; TONINELLI ed altri; RIGONI; MARTELLA; INVERNIZZI ed altri; VALIANTE ed altri; TURCO ed altri; MARCO MELONI; LA RUSSA ed altri; D'ATTORRE ed altri; QUARANTA; MENORELLO ed altri; BRUNETTA ed altri; LUPI e MISURACA; COSTANTINO ed altri; PISICCHIO; FRAGOMELI ed altri:
Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Delega al Governo per la determinazione dei collegi elettorali uninominali e plurinominali. (C. 2352-2690-3223-3385-3986-4068-4088-4092-4128-4142-4166-4177-4182-4183-4240-4262-4265-4272-4273-4281-4284-4287-4309-4318-4323-4326-4327-4330-4331-4333-4363-A/R)
Relatori: FIANO, per la maggioranza; LA RUSSA, ROBERTA AGOSTINI, MARCON, TONINELLI e TURCO, di minoranza .
3. Seguito della discussione del disegno di legge e del documento:
S. 2834 - Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2016-2017 (Approvato dal Senato). (C. 4620)
Relatori: TANCREDI, per la maggioranza; GIANLUCA PINI, di minoranza.
Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (Anno 2016). (Doc. LXXXVII, n. 5)
Relatore: BERGONZI.
4. Seguito della discussione del disegno di legge
S. 1324 - Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute (Approvato dal Senato). (C. 3868-A)
e delle abbinate proposte di legge: CATANOSO GENOESE; RONDINI ed altri; GRIMOLDI; LENZI; FABBRI; MIOTTO ed altri; SENALDI ed altri; BINETTI; LODOLINI ed altri; GREGORI ed altri; VEZZALI; VEZZALI; LENZI e GHIZZONI; ELVIRA SAVINO; ELVIRA SAVINO. (C. 334-993-1088-1229-1429-1961-2312-2518-2781-3263-3307-3319-3377-3999-4556)
Relatore: MARAZZITI.
La seduta termina alle 16,55.
TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: PAOLO TANCREDI (A.C. 4620)
PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza (Relazione – A.C. 4620).
Onorevoli colleghi!
L'Assemblea della Camera dei deputati avvia oggi l'esame parlamentare del disegno di legge di delegazione europea 2016-2017 (C. 4620), che è stato approvato dal Senato lo scorso 2 agosto 2017.
Vorrei ricordare, in primo luogo, che nella presente legislatura il Parlamento ha dimostrato di saper dare piena e concreta attuazione al dettato della legge 24 dicembre 2012, n. 234 che ha attuato una riforma organica delle norme sulla partecipazione dell'Italia alla attuazione della normativa dell'Unione europea.
La legge n. 234 del 2012, in particolare, ha disposto lo sdoppiamento della annuale "legge comunitaria" (prevista dalla legge n. 11 del 2005) in due distinti provvedimenti: la legge di delegazione europea e la legge europea, che rappresentano degli strumenti legislativi molto efficaci per assicurare il periodico adeguamento dell'ordinamento alla legislazione europea.
Mi preme infatti richiamare il costante impegno parlamentare che, successivamente alla citata riforma, ha garantito l'approvazione di otto leggi, rispettivamente, quattro leggi di delegazione europea e quattro leggi europee, riferite agli anni 2013, 2014 e 2015-2016.
In particolare, attraverso le deleghe conferite con le leggi di delegazione europea, si è consentita l'implementazione, in via legislativa, di 139 direttive, di cui 122 risultano pienamente attuate. Ad esse andranno aggiunte le 29 direttive oggetto del provvedimento in esame.
In questa sessione europea, la Camera è chiamata a consolidare i risultati del virtuoso percorso di allineamento agli obblighi posti dall'Unione europea e, attraverso una rapida approvazione del disegno di legge di delegazione europea 2016-2017, potrà garantire il tempestivo adeguamento alla direttive europee di recente emanazione, evitando l'avvio di possibili procedure di infrazione nei confronti dell'Italia per mancato o ritardato recepimento.
Ricordo che il disegno di legge sottoposto all'Assemblea è stato esaminato dalla XIV Commissione Politiche dell'Unione europea, in sede referente, a partire dalla seduta del 20 settembre. L'esame si è concluso lo scorso 4 ottobre, con l'approvazione di un testo avente contenuto identico a quello approvato nell'altro ramo del Parlamento. Segnalo infatti che la Commissione, ai sensi del Regolamento, ha acquisito sul testo i pareri delle Commissioni permanenti della Camera, che hanno ritenuto di esprimersi tutte in senso favorevole, senza procedere all'approvazione di proposte modificative o integrative del disegno di legge.
Con riguardo al disegno di legge di delegazione europea 2016-2017 faccio osservare che - conformemente ai contenuti prescritto dalla legge n. 234 del 2012) - esso reca disposizioni di delega aventi ad oggetto il recepimento di atti dell'Unione europea nell'ordinamento nazionale.
L'articolato si compone di 15 articoli, e un allegato, volti a dare attuazione, mediante delega legislativa, a 29 direttive emanate dall'Unione europea, di cui 28 inserite in allegato.
Si tratta, prevalentemente, di atti emanati nell'anno 2016 (23); le restanti direttive risultano invece emanate nel 2015 (3) e nel 2017 (3).
Le direttive dovranno essere recepite in via legislativa mediante l'emanazione di uno o più decreti legislativi, da sottoporre al parere delle Commissioni parlamentari.
Con riguardo a sei direttive, di cui cinque inserite in Allegato A, sono previsti principi e criteri direttivi specifici per l'esercizio della delega, in aggiunta a quelli generali prescritti dalla legge n. 234 del 2012.
Il provvedimento reca inoltre disposizioni di delega riguardanti l'adeguamento della normativa nazionale a 8 regolamenti dell'Unione europea e alle disposizioni dell'Accordo su un tribunale unificato dei brevetti.
Gli articoli 1 e 2 del disegno di legge contengono disposizioni per il conferimento della delega legislativa al Governo. In particolare, l'articolo 1 delega il Governo a recepire nell'ordinamento italiano le 28 direttive europee inserite nell'allegato A. I termini, le procedure, i principi e i criteri direttivi di delega sono fissati in via generale dagli articoli 31 e 32 della legge n. 234 del 2012. Sugli schemi di decreto legislativo recanti attuazione delle direttive è previsto il parere delle competenti Commissioni parlamentari.
L'articolo 2 conferisce invece al Governo la delega legislativa per la disciplina sanzionatoria di violazioni di obblighi contenuti in direttive attuate in via regolamentare o amministrativa o in regolamenti dell'Unione europea, sulla base dei principi e criteri direttivi previsti all'articolo 32, comma 1, lettera d) della legge n. 234 del 2012.
L'articolo 3 conferisce al Governo una delega legislativa per l'attuazione della Direttiva (UE) 2015/2436, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, nonché per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) n. 2424/2015 sul marchio d'impresa dell'UE. I decreti legislativi devono essere emanati previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e di quelle competenti per i profili finanziari.
L'articolo 4 reca la delega per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 1257/2012, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell'istituzione di una tutela brevettuale unitaria ed alle disposizioni dell'Accordo su un tribunale unificato dei brevetti.
L'articolo 5 reca i principi e criteri direttivi specifici relativi alla delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2016/97, sulla distribuzione assicurativa, che abroga la direttiva 2002/92/UE (direttiva sulla intermediazione assicurativa). L'individuazione di specifici criteri di delega è dovuta alle diverse opzioni che la direttiva consente di esercitare o meno da parte del legislatore nazionale. Inoltre si rende necessario coordinare e armonizzazione la disciplina vigente con le nuove norme.
L'articolo 6 contiene la delega legislativa per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 2016/425, sui dispositivi di protezione individuale e che abroga la direttiva 89/686/CEE del Consiglio. Il legislatore nazionale dovrà individuare le autorità nazionali competenti in materia di sorveglianza del mercato e controlli, nonché allo svolgimento delle attività prescritte dal regolamento in tema di notifica degli organismi di valutazione della conformità dei prodotti in questione. Verrà esercitata l'opzione relativa alla possibilità di affidare all'organismo unico nazionale di accreditamento la valutazione ed il controllo dei predetti organismi da notificare.
L'articolo 7 conferisce la delega per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 2016/426 sugli apparecchi che bruciano carburanti gassosi e che abroga la direttiva 2009/142/CE. Segue una delega all'adozione di regolamenti ai sensi dell'articolo 17, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988,~n. 400.
L'articolo 8 delega il Governo ad, adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame uno o più decreti legislativi per adeguare la normativa nazionale al regolamento (UE) n. 596/2014, relativo agli abusi di mercato. Tra i principi e criteri direttivi specifici per l'esercizio della delega (comma 3) si segnala la necessità di garantire un appropriato grado di protezione dell'investitore, di tutela della stabilità finanziaria e dell'integrità dei mercati finanziari. La CONSOB viene designata quale autorità competente.
L'articolo 9 contiene una delega legislativa per l'adeguamento al regolamento (UE) n. 2016/1011, sugli indici usati come indici di riferimento negli strumenti finanziari e nei contratti finanziari o per misurare la performance di fondi di investimento e recante modifica delle direttive 2008/48/UE e 2014/17/UE e del regolamento (UE) n. 596/2014.
L'articolo 10 reca la delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 2015/2365 sulla trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli. Le nuove norme sulla trasparenza completano peraltro le disposizioni della direttiva 2009/65/UE riguardante gli OICVM e della direttiva 2011/61/UE sui GEFIA. Tali disposizioni in materia di trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli (c.d. SFTs, Securities Financing Transactions) e le altre norme in tema di strutture di finanziamento sono strettamente collegate alle citate direttive, che costituiscono il quadro giuridico di disciplina della creazione, gestione e commercializzazione di OICVM.
L'articolo 11 individua uno specifico principio al quale il Governo deve attenersi nell'esercitare la delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2016/680, in materia di protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati, inclusa la salvaguardia e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica. Il termine di recepimento è fissato al 6 maggio 2018.
L'articolo 12 reca specifici principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2016/681, sull'uso dei dati del codice di prenotazione (PNR) a fini di prevenzione, accertamento, indagine e azione penale nei confronti dei reati di terrorismo e dei reati gravi. La direttiva dovrà essere recepita entro il 25 maggio 2018.
L'articolo 13 delega il Governo a provvedere all'adeguamento del quadro normativo interno al regolamento (UE) n. 2016/679 al fine di garantire un sistema armonizzato in materia di privacy.
L'articolo 14 reca principi e criteri direttivi specifici relativi alla delega per l'attuazione della direttiva 2016/2102, relativa all'accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici, contenuta nell'allegato A del provvedimento in esame. Il termine di recepimento previsto dalla direttiva è al 23 settembre 2018.
Infine, l'articolo 15 introduce specifici criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2016/943, relativa alla protezione dei segreti commerciali ed al contrasto agli illeciti in materia, da recepire entro il 9 giugno 2018.
L'Allegato A del disegno di legge elenca 28 direttive, di cui dispone il recepimento in via legislativa, ai sensi dell'articolo 1.
Per l'attuazione di cinque direttive inserite nell'allegato, il disegno di legge prevede principi e criteri direttivi specifici di delega, riferiti - come sopra ricordato - alle direttive: 2016/97 sulla distribuzione assicurativa; 2016/680 sul trattamento dei dati personali; 2016/681 sull'uso dei dati del codice di prenotazione (PNR); 2016/2102 sull'accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici; 2016/943 sui segreti commerciali.
Il disegno di legge non reca principi e criteri specifici di delega per le ulteriori direttive presenti in Allegato (23).
In questa sede mi limiterò a richiamarne gli estremi e il termine di recepimento. Si tratta, in particolare, delle direttive: 2015/1794 sui marittimi (10 ottobre 2017); 2015/2302 relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici collegati (1° gennaio 2018); 2016/343 sulla presunzione di innocenza e il diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (1° aprile 2018); le direttive del cosiddetto "Quarto pacchetto ferroviario", ovvero direttiva 2016/797 relativa all'interoperabilità del sistema ferroviario dell'Unione europea (16 giugno 2019), direttiva 2016/798 sulla sicurezza delle ferrovie (16 giugno 2019) e direttiva 2016/2370 sull'apertura del mercato dei servizi di trasporto ferroviario nazionale di passeggeri e la governance dell'infrastruttura ferroviaria (25 dicembre 2018); 2016/800 sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali (11 giugno 2019); 2016/801 relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi, e collocamento alla pari (23 maggio 2018); 2016/844 relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per le navi da passeggeri (1° luglio 2017); 2016/881 sullo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale (4 giugno 2017); 2016/1034 relativa ai mercati degli strumenti finanziari (senza termine di recepimento); 2016/1065 che riguarda il trattamento dei buoni (31 dicembre 2018); 2016/1148 recante misure per un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi nell'Unione (9 maggio 2018); 2016/1164 recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno (31 dicembre 2018); 2016/1214 riguardante le norme e le specifiche del sistema di qualità per i servizi trasfusionali (15 febbraio 2018); 2016/1629 sui requisiti tecnici per le navi adibite alla navigazione interna (7 ottobre 2018); 2016/1919 sull'ammissione al patrocinio a spese dello Stato per indagati e imputati nell'ambito di procedimenti penali e per le persone ricercate nell'ambito di procedimenti di esecuzione del mandato d'arresto europeo (5 maggio 2019); 2016/2258 che riguarda l'accesso da parte delle autorità fiscali alle informazioni in materia di antiriciclaggio (31 dicembre 2017); 2016/2284 concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici (1° luglio 2018); 2016/2341 relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali - EPAP (13 gennaio 2019); 2017/541 sulla lotta contro il terrorismo (8 settembre 2018); 2017/828 che riguarda l'incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti (10 giugno 2019); 2017/853 relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi (14 settembre 2018).
Ricordo che nel corso dell'esame al Senato, il disegno di legge originariamente presentato dal Governo (S. 2864) è stato modificato in più parti. Al titolo del provvedimento è stato aggiunto l'anno di riferimento 2017 (Legge di delegazione europea 2016-2017). Modificazioni testuali sono state apportate agli articoli 3, 5, 7, 8 e 10, mentre nel testo sono stati inseriti 4 nuovi articoli (art. 4 relativo alla tutela brevettuale unitaria e al tribunale unificato dei brevetti; art. 13 in materia di privacy; art. 14 sui criteri di delega in tema di accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici; art. 15 sulla protezione dei segreti commerciali e il contrasto degli illeciti in materia). La norma relativa all'attuazione della direttiva (UE) 2015/720 sulla riduzione dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero (ex art. 12 del disegno di legge originario) è stata soppressa. Infine, sono state aggiunte 4 ulteriori direttive all'elenco dell'allegato A (dir. 2016/2258 sull'accesso da parte delle autorità fiscali alle informazioni in materia di antiriciclaggio; dir. 2017/541 sulla lotta contro il terrorismo; dir. 2017/828 riguardante l'incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti; dir. 2017/853 relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi).
Segnalo da ultimo che si è appena concluso/è in corso al Senato l'esame del disegno di legge europea 2017 (S. 2886), approvato dalla Camera (C. 4505), confermando un sostanziale allineamento nei tempi di esame dei provvedimenti europei da parte delle Camere.