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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 7 novembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,

   premesso che:

    i commi da 88 a 114 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) hanno introdotto agevolazioni fiscali volte a incoraggiare investimenti a lungo termine nelle imprese e specialmente nelle piccole e medie imprese, attraverso investimenti qualificati e piani di risparmio a lungo termine (PIR);

    in particolare, tale normativa, da un lato, ai commi da 88 a 96, prevede l'esenzione dall'imposta sul reddito per i redditi derivanti dagli investimenti a lungo termine (detenuti per almeno cinque anni) nel capitale di imprese, effettuati da casse previdenziali o da fondi pensione nel limite del 5 per cento del loro attivo patrimoniale;

    da un altro lato, ai commi da 100 a 114, si prevede l'esenzione fiscale per i redditi di capitale e i redditi diversi percepiti da persone fisiche residenti in Italia, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa commerciale, derivanti dagli investimenti effettuati nei predetti PIR, a condizione che gli strumenti finanziari in cui è investito il PIR siano detenuti per almeno 5 anni e che il valore del PIR sia investito in strumenti finanziari emessi da imprese italiane e europee, con una riserva minima del 30 per cento investito in strumenti di piccole e medie imprese, entro il limite individuale di 30.000 euro all'anno e, comunque, di complessivi 150.000 euro;

    la normativa appena richiamata sta già sortendo effetti positivi, con risultati che sono andati ben oltre le aspettative: attualmente sono attivi sul mercato 44 fondi PIR compliant che, nei primi 9 mesi dell'anno, hanno raccolto circa 5 miliardi di euro, oltre le iniziali stime del Governo, pari a 2 miliardi di euro, che ha così rivisto l'obiettivo per tutto il 2017 a 10 miliardi; secondo le stime degli uffici studi delle principali case di investimento italiane, la raccolta dei PIR cumulata al 2021 potrebbe superare i 70 miliardi; ciò nonostante le masse gestite e amministrate dal private banking, che ammontano a circa 750 miliardi di euro su circa 900.000 clienti ricchi, non siano ancora interessate all'attuale normativa se non in maniera molto marginale;

    lo strumento dei PIR rappresenta quindi uno straordinaria opportunità per sostenere una politica industriale volta a rafforzare la patrimonializzazione delle imprese italiane e, tra queste, in particolare, quelle di medie e piccole dimensioni, che stanno investendo nell'innovazione con l'obiettivo di essere competitive sui mercati internazionali e mantenere il passo con i cambiamenti in atto nel sistema economico ovvero la quarta rivoluzione industriale (cosiddetta Industria 4.0);

    in questa prospettiva, il Governo ha individuato nel venture capital una delle leve di crescita del Paese (legge di bilancio 2017 e decreto industria 4.0), considerato che le imprese altamente innovative soffrono di vincoli di credito a causa di asimmetrie informative da parte degli investitori e, per tale ragione, è fondamentale favorire la produttività e la crescita del Paese, convogliando più fonti di finanziamento verso le imprese tecnologicamente innovative;

    l'industria del venture capital in Italia è tuttavia molto indietro rispetto al resto dell'Europa; l'Italia investe solo lo 0,005 per cento del suo Pil in venture capital, contro una media europea che si attesta intorno allo 0,028 per cento: si pensi che nel primo trimestre 2017 gli investimenti sulle start-up sono stati solo di 35 milioni di euro su un totale di 4,9 miliardi di euro in private equity e private debt; il venture capital in Italia vale inoltre solo l'1 per cento dei finanziamenti privati alle imprese (secondo i dati Aifi 2016): si rivela dunque necessario rilanciare e rafforzare lo sviluppo del mercato italiano del venture capital, tra l'altro strutturando strumenti finanziari appropriati in grado di soddisfare adeguatamente la domanda degli investitori;

    in tale contesto appare infine necessario mitigare l'impatto di alcuni fattori che limitano la competitività del mercato dei capitali italiano, favorendo nel contempo il collocamento e la quotazione sul mercato di un paniere sempre più ampio di titoli azionari e obbligazionari emessi da società italiane, sia per rafforzare l'industria finanziaria domestica, che dalla Brexit potrebbe cogliere importanti vantaggi, sia per ampliare le opportunità di investimento dei PIR,

impegna il Governo:

   ad assumere tutte le iniziative utili, anche di carattere normativo, per:

    a) favorire la canalizzazione del risparmio privato verso il venture capital, prevedendo che, per usufruire dell'agevolazione fiscale sui PIR, sia obbligatorio investire almeno il 3 per cento della soglia di investimento prevista dai PIR, in Organismi di investimento collettivo del risparmio quotati che investano prevalentemente in start-up innovative di cui all'articolo 25, commi 2 e 3, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, o in piccole e medie imprese innovative di cui all'articolo 4 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3;

    b) allargare l'agevolazione fiscale dei PIR alle quote di Fondi di credito e alle obbligazioni emesse a fronte di cartolarizzazioni di crediti erogati a piccole e medie imprese tramite piattaforme peer-to-peer specializzate, gestite peraltro da intermediari soggetti a vigilanza dalla Banca d'Italia;

    c) estendere l'agevolazione fiscale PIR anche a forme di gestione individuale (gestioni patrimoniali) e non solo collettiva (fondi) per permettere anche al mondo delle gestioni di private banking di accedere direttamente agli investimenti PIR, lasciando i vincoli PIR in capo alla gestione e non agli investimenti sottostanti;

    d) innalzare dal 5 per cento fino al 10 per cento il tetto stabilito per gli investimenti effettuati da casse previdenziali o fondi pensione, limitatamente alla sottoscrizione dei PIR, nonché di ampliare i limiti individuali di 30.000 euro annui e di 150.000 euro complessivi previsti per le persone fisiche, ad esempio portando il primo limite a 100.000 euro e il secondo a 500.000 euro;

    e) prevedere un credito di imposta del 50 per cento per tutte le società che optano per la quotazione, purché sotto la soglia di 1,5 miliardi di euro di capitalizzazione post quotazione, oppure che effettuino aumenti futuri di capitale o emissione di obbligazioni.
(7-01385) «Fregolent, Pelillo, Bernardo».


   La VI Commissione,

   premesso che:

    i commi da 88 a 114 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) hanno introdotto agevolazioni fiscali volte a incoraggiare investimenti a lungo termine nelle imprese e specialmente nelle piccole e medie imprese, attraverso investimenti qualificati e piani di risparmio a lungo termine (PIR);

    in particolare, tale normativa, da un lato, ai commi da 88 a 96, prevede l'esenzione dall'imposta sul reddito per i redditi derivanti dagli investimenti a lungo termine (detenuti per almeno cinque anni) nel capitale di imprese, effettuati da casse previdenziali o da fondi pensione nel limite del 5 per cento del loro attivo patrimoniale;

    da un altro lato, ai commi da 100 a 114, prevede l'esenzione fiscale per i redditi di capitale e i redditi diversi percepiti da persone fisiche residenti in Italia, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa commerciale, derivanti dagli investimenti effettuati nei predetti PIR, a condizione che gli strumenti finanziari in cui è investito il PIR siano detenuti per almeno 5 anni e che il valore del PIR sia investito in strumenti finanziari emessi da imprese italiane e europee, con una riserva minima del 30 per cento investito in strumenti di piccole e medie imprese, entro il limite individuale di 30.000 euro all'anno e, comunque, di complessivi 150.000 euro;

    attualmente, sono attivi sul mercato 44 fondi PIR compliant che, nei primi 9 mesi dell'anno, hanno raccolto circa 5 miliardi di euro; le stime di settore prevedono una raccolta complessiva pari a 10 miliardi di euro entro la fine del 2017 e di oltre 70 miliardi di euro entro il 2021; le imprese altamente innovative soffrono di vincoli di credito a causa di asimmetrie informative da parte degli investitori e, per tale ragione, è fondamentale favorire la produttività e la crescita del Paese, convogliando più fonti di finanziamento verso le imprese tecnologicamente innovative: in linea con quanto appena asserito sarebbe altresì opportuno rafforzare il sostegno agli investimenti nell'economia reale, soprattutto a favore di piccole e medie imprese e società che non possono aspirare alla quotazione presso i principali mercati regolamentati;

    lo strumento dei PIR potrebbe quindi rappresentare una straordinaria opportunità per sostenere una politica industriale volta a rafforzare la patrimonializzazione delle imprese italiane e, tra queste, in particolare, quelle di medie e piccole dimensioni, che investono in innovazione con l'obiettivo di essere maggiormente competitive nei mercati internazionali e di essere al passo con i cambiamenti in atto nel sistema economico,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte a:

    a) prevedere l'applicazione del meccanismo di detassazione previsto per gli investimenti qualificati ai sensi dell'articolo 1, commi da 88 a 96, della legge di bilancio 2017, anche agli investimenti effettuati tramite sottoscrizione di strumenti obbligazionari aventi le medesime caratteristiche dei titoli (quote e azioni) elencati dal comma 89 della medesima legge;

    b) prevedere, nel caso di cessione degli investimenti assistiti dalle agevolazioni tributarie prima del termine di 5 anni, la piena vigenza delle agevolazioni tributarie, a condizione che le liquidità liberate vengano reinvestite in altri strumenti finanziari della medesima tipologia;

    c) semplificare le regole per l'emissione, da parte delle piccole e medie imprese italiane, di azioni o obbligazioni oggetto dei meccanismi agevolativi, al fine di ampliare le opportunità di investimento in imprese nazionali, nonché di promuovere la semplificazione delle procedure di quotazione, in particolare per quanto riguarda i titoli obbligazionari, fermi restando tutti gli opportuni controlli delle autorità di vigilanza;

    d) estendere l'agevolazione fiscale sui PIR anche a forme di gestione individuale (gestioni patrimoniali) e non solo collettiva (fondi) per permettere anche al mondo delle gestioni di private banking di accedere direttamente agli investimenti PIR, lasciando i vincoli PIR in capo alla gestione e non agli investimenti sottostanti;

    e) prevedere un credito di imposta del 20 per cento per tutte le società che optano per la quotazione, purché sotto la soglia di 500 milioni di euro di capitalizzazione post quotazione, oppure che effettuino aumenti futuri di capitale o emissione di obbligazioni.
(7-01386) «Sibilia».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

   la trasmissione Le Iene del 29 ottobre 2017 ha mandato in onda un servizio di estrema gravità in cui si dimostrerebbe l'inattendibilità dei risultati delle votazioni all'estero, almeno nella circoscrizione Europa, a seguito di gravi irregolarità compiute nel momento del voto e in sede di spoglio delle schede;

   ciò che viene denunciato, attraverso svariate testimonianze, sarebbe anzitutto che i plichi contenenti le schede elettorali destinate ai cittadini italiani residenti al di fuori del territorio nazionale, cadrebbero in alcuni casi in mano degli stessi candidati, che le reperirebbero o attraverso la corruzione di addetti al servizio postale locale, o tramite la sottrazione dai recapiti postali delle stesse, o ancora comprandole dagli elettori disposti a cederle;

   tale fenomeno non avrebbe peraltro carattere residuale, dato che la trasmissione fa riferimento a diverse migliaia di schede votate attraverso l'organizzazione di un solo candidato, segnatamente il deputato Mario Caruso; questo comportamento risulterebbe piuttosto diffuso;

   nel contempo, sarebbero stati disattesi anche i controlli incrociati da compiersi presso i seggi nazionali del centro di Castelnuovo di Porto, dato che, da quanto emerge dallo stesso servizio, sarebbe prassi diffusa di non procedere all'esame delle schede ad una ad una, come previsto dalla legge, ma cumulativamente e senza un controllo del codice identificativo associato ad ogni iscritto all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero;

   è stato denunciato inoltre, per accelerare i tempi, il ricorso per le operazioni di spoglio a personale esterno rispetto a quello designato dalle strutture competenti;

   si tratta di migliaia e migliaia di voti e in una occasione il voto estero è stato decisivo per la vittoria di una coalizione –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda adottare, in vista delle prossime tornate elettorali, per scongiurare il perpetuarsi delle violazioni segnalate.
(2-01995) «Dieni, Toninelli, Cecconi, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Agostinelli, Alberti, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Crippa, Da Villa, Daga, Dall'Osso, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mantero, Marzana, Micillo, Nesci, Parentela, Pesco, Petraroli, Pisano, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Tofalo, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PASTORINO, BRIGNONE, CIVATI e ANDREA MAESTRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con riferimento allo stanziamento di 800 milioni di euro disposto dal decreto n. 191 del 2015 a favore del Gruppo Ilva, è stato previsto che una somma pari a 534 milioni di euro sarebbe stata da erogarsi tra il 2016 e il 2017 quale prestito ponte destinato al gruppo siderurgico Ilva di Taranto;

   tali somme erano destinate esclusivamente all'attuazione e realizzazione di un Piano di tutela ambientale e sanitaria del gruppo siderurgico;

   tuttavia, si apprende che lo stanziamento, che era destinato al risanamento ambientale di Ilva, sarà invece utilizzato, come previsto dal decreto fiscale collegato alla legge di bilancio 2018, (decreto-legge del 16 ottobre 2017 n. 148) pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 242 del 2017, per il finanziamento di altre misure che nulla hanno a che fare con il piano suindicato;

   in particolare, considerando le disposizioni del suddetto decreto-legge (articolo 20, comma 5, lettere f e g) si apprende che due quote del prestito (200 milioni e 334 milioni) sono state inserite in capitoli di spesa, come la copertura della rottamazione delle cartelle esattoriali;

   nei mesi scorsi, dopo i pareri dei commissari e del comitato di vigilanza, è stato dato il via alla trattativa per la cessione del gruppo Ilva ad Am Investco;

   Il Ministro dello sviluppo economico dava rassicurazioni, oltre che con riferimento al sostegno al reddito dei lavoratori in esubero, anche per il risanamento ambientale dell'Ilva, dichiarando: «useremo tutti i margini previsti per conseguire i risultati migliori in termini occupazionali, ambientali e finanziari», tali affermazioni lasciano alquanto scettici i diretti interessati;

   nel mese di luglio 2017 i nuovi investitori, inoltre, comunicavano che avrebbero messo a disposizione 1,1 miliardi di euro per realizzare il Piano ambientale previsto dal loro piano industriale, per attuare il quale è stato previsto un altro miliardo e 83 milioni di euro provenienti dall'accordo intervenuto con i precedenti proprietari;

   quest'ultima cifra doveva essere utilizzata per bonificare e decontaminare le zone esterne a quelle trasferite ad Am Investco per riportare Ilva a una situazione precedente a quella ivi cui erano avvenuti i danni ambientali causati dalla precedente gestione;

   tuttavia, ai primi di ottobre 2017, il Ministro dello sviluppo economico dichiarava la sua decisione di fermare subito la trattativa su Ilva con il gruppo Arcelor Mittal, azionista leader di Am Investco Italy –:

   quali siano i motivi che inno portato il Governo a dirottare la copertura finanziamento di cui al decreto n. 191 del 2015 destinato al risanamento ambientale del polo industriale Ilva ad altre misure;

   quali forme di tutela del territorio s'intendano mettere in atto in attesa che il polo industriale di Taranto sia ceduto a nuova gestione.
(5-12627)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPADONI, MANLIO DI STEFANO, DI BATTISTA, DEL GROSSO, SCAGLIUSI e GRANDE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il dottor Mario Andrea Vattani, figlio dell'ex segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale Umberto Vattani, attivista di estrema destra fin dalla giovane età, coinvolto in note azioni di violenza contro esponenti e militanti di sinistra negli anni ’80, in relazione alle quali è stato poi assolto, funzionario diplomatico dal 1991, è diventato alto dirigente con il grado di Ministro plenipotenziario nel 2006;

   il 14 maggio 2011 il suddetto ha partecipato, come protagonista a un concerto organizzato a Roma dall'associazione di estrema destra «Casapound», durante il quale – come mostrato dal video postato sul sito «Repubblica.it Rep.TV» – accompagnato dalla sua band ha cantato inneggiando alla Repubblica sociale italiana, denigrando la Repubblica italiana, celebrando squadristi e bandiere nere, attaccando pacifisti e disobbedienti e ricordando, con orgoglio, le violenze nei confronti di un antifascista, ai tempi dell'università; ad ascoltarlo c'era un pubblico di neofascisti che in piedi lo salutavano con il braccio proteso nel saluto romano ai quali Vattani ha rivolto anch'egli un analogo saluto;

   malgrado tale comportamento, a giudizio degli interroganti, lesivo degli obblighi di lealtà alla vigente Costituzione, il 26 luglio del 2011, veniva destinato alla sede di Osaka, in Giappone, come console generale, su sua richiesta personale, pur non essendovi, ad avviso degli interroganti, in quella sede esigenze di servizio che giustificassero l'impiego di un alto dirigente e, i relativi elevati costi in termini di indennità varie;

   appena raggiunta la nuova sede a Osaka, è stato richiamato al Ministero per essere sottoposto a procedimento disciplinare per il comportamento tenuto nella menzionata esibizione, ma egli ha fatto ricorso al Tar del Lazio che ha sospeso il richiamo;

   successivamente, è stato costretto a rientrare a Roma, ha subito il procedimento disciplinare e una sanzione di sospensione dal servizio e dallo stipendio per quattro mesi, che però non ha scontato avendo nuovamente fatto ricorso al Tar del Lazio che, con sentenza n. 9877 del 2012 ha stabilito che non sussistessero i presupposti per adottare la sanzione disciplinare sopra citata;

   il Ministero allora ha nuovamente fatto ricorso nel 2013 al Consiglio di Stato;

   invece di essere adibito a un incarico minore in attesa del giudizio del Consiglio di Stato, egli ha ottenuto, a decorrere dal 22 ottobre 2014, il ruolo di «Coordinatore per i rapporti tra l'Unione Europea e i Paesi dell'Asia e del Pacifico sia sul piano bilaterale che multilaterale» con trattamento economico di direttore centrale con una retribuzione di circa 130.000 euro lordi, nella direzione generale per la mondializzazione e le questioni globali;

   il 4 febbraio 2015 è stato anche eletto membro del Consiglio del Sindacato nazionale dipendenti del Ministero affari esteri (Sndmae), in aperta contraddizione con la presa di posizione dello stesso sindacato di tre anni prima sui fatti citati;

   a oggi, Mario Vattani, non ha avuto alcun danno in conseguenza del suo operato, in quanto la sanzione disciplinare decisa dall'Amministrazione, è stata annullata dal Tar del Lazio e, sul ricorso del Ministero, il Consiglio di Stato non si è ancora inspiegabilmente pronunciato –:

   quali urgenti iniziative di competenza intendano assumere affinché si possa pervenire alla piena applicazione senza deroghe o eccezioni, delle disposizioni di legge che impongono di perseguire atti e comportamenti dei propri dipendenti che vìolino i principi democratici e antifascisti posti alla base della Costituzione italiana e i doveri che ne derivano a tutti i funzionari in servizio.
(4-18382)


   VALLASCAS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il quotidiano Il Corriere della Sera, nell'inserto Economia del 23 ottobre 2017, ha pubblicato un'intervista, con il titolo «Dopo i treni, dateci gli acquedotti», al presidente e amministratore delegato di Hitachi, Toshiaki Higashihara, nella quale il manager, nell'illustrare gli ambiti e i settori di espansione dell'azienda, con particolare riguardo all'Italia, avrebbe manifestato un motivato interessamento per il sistema idrico;

   in particolare, il presidente di Hitachi avrebbe affermato che l'Italia «è un Paese strategico per Hitachi che vuole diventare globale. Vorremmo espanderci su energia, acqua e sanità. [...] Abbiamo aperto un tavolo con le istituzioni, anche per l'efficienza idrica»;

   il manager avrebbe precisato questo interessamento per il sistema idrico affermando che «In Italia va disperso circa il 38 per cento dell'acqua potabile, 3,2 miliardi di metri cubi all'anno: una delle perdite maggiori d'Europa. Se ne può recuperare la metà. Siamo già operativi in questo settore con alcune società, ma vorremmo fare di più per accelerare la soluzione e soprattutto la prevenzione del problema idrico. Vogliamo crescere velocemente»;

   da quanto esposto si rileverebbe un forte interessamento da parte di una multinazionale di rilevanti dimensioni di mercato per un servizio pubblico essenziale e necessario per i cittadini come il sistema idrico integrato;

   giova ricordare che la consultazione referendaria del 12 e 13 giugno 2011 avrebbe fatto emergere una chiara volontà popolare che la gestione dell'acqua resti pubblica e non venga inglobata in sistemi di mercato, anche a seguito dei pericoli che sarebbero stati ravvisati da una progressiva «depubblicizzazione» del sistema con l'ingresso di un numero rilevante di operatori privati;

   è il caso di osservare che la presenza dei privati nella gestione di un bene pubblico come l'acqua desterebbe molteplici perplessità proprio per la natura e le finalità dell'impresa privata che sarebbero, non solo inconciliabili, ma addirittura in conflitto con le finalità di un servizio pubblico come il sistema idrico integrato;

   a questo proposito giova ricordare che l'Onu ha dichiarato il diritto all'acqua un diritto universale e fondamentale, ha sottolineato che l'acqua potabile e per uso igienico è un diritto essenziale relativo alla dignità della persona e raccomanda agli Stati di attuare iniziative per garantire acqua potabile di qualità, accessibile, economica; gli organi di stampa riportano con crescente frequenza molteplici criticità nella gestione della risorsa idrica, tra errori di contabilizzazione dei consumi, un sistema tariffario oneroso e spesso ingiustificato e una rete «colabrodo» nella quale, come esposto in premessa, si perderebbe il 38 per cento di acqua potabile;

   Il Sole 24 Ore del 9 ottobre 2017, riportando i dati di un'indagine di Utilitalia, sui tempi e sulle risorse necessarie per rinnovare la rete, riferirebbe che «ai ritmi attuali, che in 12 mesi registrano il rinnovo di 3,8 metri ogni chilometro di rete, ci vorranno 250 anni per sostituire tutti i nostri malconci tubi con un'infrastruttura nuova»;

   le dichiarazioni del presidente dell'Hitachi, mettendo in relazione lo stato delle reti e la necessità di cospicui finanziamenti, secondo l'interrogante fornirebbero una pericolosa giustificazione all'ingresso dei privati nella gestione del sistema idrico integrato;

   è il caso di ricordare che il «collegato ambiente» del 2016 avrebbe previsto un fondo di garanzia per opere idriche di potenziamento, depurazione e fognature, dispositivo che non risulterebbe ancora attivato –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per evitare l'ingresso dei privati nella gestione del sistema idrico integrato e per il rispetto delle disposizioni legislative nonché della consultazione referendaria del 2011 in materia di acqua pubblica;

   se il Governo non ritenga opportuno, per quanto di competenza, farsi promotore di un processo di rinnovo di rete, condotte e impianti del sistema idrico, prevedendo adeguati finanziamenti ed erogando quelli già previsti, come le risorse del fondo di garanzia di cui al «collegato ambiente» 2016.
(4-18383)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

   il dottor Ahmadreza Djalali, medico ricercatore iraniano di 45 anni, è stato condannato a morte il 21 ottobre 2017 con sentenza pronunciata dal giudice del tribunale rivoluzionario iraniano, Abolghasem Salavati;

   a partire da questa data, il dottor Ahmadreza Djalali avrebbe venti giorni per proporre ricorso avverso la sentenza;

   la motivazione della condanna alla pena capitale risiederebbe nella «collaborazione del medico ricercatore con lo stato di Israele». Tuttavia, è la stessa attività di ricerca scientifica portata avanti dal dottor Djalali, incentrata soprattutto sul ruolo dell'ospedale nelle catastrofi e sulla sicurezza degli ospedali quando esposti a rischi diversi, nonché sulla formazione dei professionisti che operano nella risposta ai disastri, a richiedere il confronto tra diverse realtà internazionali nella pianificazione ospedaliera, perché si possa arrivare ad una sintesi per la loro migliore risposta in caso di esposizione a una condizione di disastro;

   lo stesso Djalali avrebbe fatto sapere che, come riportato dall'articolo di Nature «Iranian scholar sentenced to death» pubblicato il 23 ottobre 2017 a firma del dottor Michele Catanzaro, pur essendo stato più volte avvicinato da militari e servizi segreti iraniani, egli non solo non ha mai coltivato gli interessi di Israele o di qualsiasi altro Stato, ma ha sempre rifiutato ogni tipo di coinvolgimento in attività che non fossero squisitamente accademiche;

   lo stesso Djalali ritiene di essere stato arrestato per il suo rifiuto di spiare Paesi europei per conto del suo Governo; in particolare, gli sarebbe stato richiesto di raccogliere informazioni sensibili circa infrastrutture strategiche, di contro-terrorismo e per la difesa contro il rilascio/diffusione di sostanze Cbrn (chimiche, biologiche, radiologiche, nucleari e esplosive), piano operativi, progetti di ricerca e quant'altro connesso a stati di crisi o di allarme terroristico;

   la condanna giunge, nell'ambito di una lunga detenzione iniziata il 24 aprile 2016, svoltasi nel carcere di alta sicurezza Evin di Teheran, nel corso della quale il dottor Djalali ha condotto scioperi della fame e della sete per ribadire la propria innocenza affinché gli fosse garantito un giusto processo;

   l'accademico Ahmadreza Djalali è stato docente e ricercatore in medicina dei disastri presso l'università del Piemonte orientale, presso il Karolinska Institutet di Stoccolma, nonché presso la Vrije Universiteit Brussel. La sua attività di ricerca gode di molti meriti e riconoscimenti nella comunità scientifica internazionale, motivo per cui era spesso chiamato a tenere dei seminari in vari Paesi. Qualunque sia il suo passaporto Djalali è oggi un ricercatore sequestrato al suo lavoro e alla sua vita, in attesa di essere giustiziato;

   a partire dall'Italia e dalla Svezia è necessario che i Paesi che traggono continui benefici dalla libera comunità della ricerca diano dei segnali chiari e intransigenti a quelli dove le libertà fondamentali latitano o vengono ogni giorno disattese;

   la condanna a morte di un ricercatore, di chi non coltiva altro che la conoscenza, deve essere vissuta dalla comunità internazionale come un attacco portato al cuore del nostro modello di convivenza;

   durante la seduta antimeridiana del Senato del 25 ottobre 2017, n. 905, oltre 120 senatori, appartenenti a tutti i gruppi parlamentari, hanno presentato un'interpellanza urgente di contenuto analogo alla presente –:

   quali iniziative il Governo abbia adottato nei mesi scorsi, come dichiarato dal Ministro interpellato il 23 ottobre 2017, e quali ulteriori passi intenda tempestivamente muovere alla luce dell'aggravarsi della situazione, sia attraverso la sede diplomatica italiana, sia coinvolgendo le istituzioni europee ed in particolare l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, per scongiurare l'esecuzione della sentenza di condanna a morte e restituire alla libertà il dottor Ahmadreza Djalali.
(2-01994) «Locatelli, Paola Boldrini, Bossa, Bueno, Carloni, Carnevali, Carrozza, D'Ottavio, Dallai, Fabbri, Fossati, Garavini, Gasparini, Ghizzoni, Gnecchi, Incerti, Lacquaniti, Latronico, Andrea Maestri, Marzano, Merlo, Minnucci, Nicchi, Pastorelli, Pinna, Placido, Quintarelli, Rabino, Romanini, Rossi, Terrosi, Venittelli, Zampa, Zan, Roberta Agostini, Auci, Borghi, Ciracì, Coccia, Gianni Farina, Patrizia Maestri, Malisani, Palmizio, Pellegrino, Tidei, Giovanna Sanna».

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 25 settembre 2017 si è svolto nella regione autonoma del Kurdistan iracheno un referendum per l'indipendenza al quale il 92,7 per cento dei partecipanti si è espresso in favore della creazione di una vera e propria Repubblica curda sovrana;

   invece di avviare trattative che sarebbero anche potute sfociare nel riconoscimento al Kurdistan iracheno di forme ulteriori di autonomia diverse dall'indipendenza, a fronte degli esiti del referendum curdo, il Governo iracheno ha avviato una vasta campagna militare tesa a ridurre l'area sotto il controllo effettivo dell'esecutivo autonomo del Kurdistan, in particolare strappandogli Kirkuk;

   il mancato avvio di un dialogo tra le parti e la campagna militare avviata dal Governo centrale iracheno hanno, da ultimo, portato anche alle dimissioni del presidente Massoud Barzani, con decorrenza dal 1° novembre 2017;

   a dispetto del ruolo svolto dal 2014 nella lotta allo Stato Islamico, soltanto Israele sembra sensibile alla causa curda ed appoggia pienamente il tentativo di autodeterminazione, mentre da parte occidentale si riscontra un'incredibile freddezza;

   per quanto riguarda il nostro Paese, a dispetto di una incisiva presenza italiana nell'area e del ruolo svolto in questi anni nel sostenere la formazione e lo sviluppo di efficaci capacità militari curde, in particolare addestrando ed armando i peshmerga, il Governo ha preferito rimanere silente anche dopo l'inizio delle operazioni militari irachene contro i curdi –:

   per quali motivi, il Governo abbia deciso, non solo di non appoggiare il processo di autodeterminazione dei curdi iracheni, ma di non esprimere neanche una critica nei confronti della scelta del Governo iracheno di ricorrere alla forza contro la regione autonoma del Kurdistan, attuando nei suoi confronti una vasta e sanguinosa campagna militare.
(4-18388)


   MARCON. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 18 ottobre 2017 è stato ritrovato in Argentina il cadavere di Santiago Maldonado, un giovane ventinovenne che risultava scomparso dal 1° agosto 2017 e la cui sparizione ha fatto rievocare nel Paese la storia dei desaparecidos;

   i fatti che hanno portato a quella che l'opinione pubblica argentina e internazionale hanno definito una desaparición – definizione peraltro ribadita anche dal Comitato contro le sparizioni forzate dell'Onu – sono ormai di pubblico dominio;

   la protesta della comunità mapuche del territorio di Pu Lof en resistencia di Cushamen di quei giorni d'estate è avvenuta su terre di proprietà della «Compañia de Tierras Sud Argentino Sa» facente parte del gruppo Benetton;

   su quelle terre le popolazioni mapuche avanzano delle rivendicazioni, in quanto abitanti originari dei territori, come riconosciuto da parte di più di venti trattati firmati dai Governi di Spagna, Argentina e Cile. Le proteste che negli ultimi anni hanno avuto come teatro queste zone si ineriscono in questa contesa; così come vi si inseriscono gli avvenimenti del 1° agosto che hanno portato prima alla scomparsa e poi al ritrovamento del cadavere di Santiago Maldonado;

   sembra impossibile che a distanza di più di un trentennio dalla fine della dittatura argentina, protagonista di tante sparizioni forzate e uccisioni, tanto da aver reso necessaria la previsione di uno specifico reato nel codice penale del Paese (articolo 142-ter) e da aver internazionalizzato l'uso del termine desaparecido e di tutte le sue declinazioni, si debba ancora assistere a sparizioni e morti sospette a seguito di interventi della forza pubblica;

   ancora peggio che in una vicenda di questo tipo possa esserci anche solo il sospetto di un qualsivoglia coinvolgimento di una azienda italiana, tirata in causa dai media e a cui la Cild, Coalizione italiana libertà e diritti civili, ha inviato una missiva per chiedere che il gruppo Benetton prenda pubblicamente posizione riguardo alla richiesta di verità e giustizia per la sorte di Santiago Maldonado facendo pressione sulle autorità argentine affinché facciano piena luce e chiarezza su questa questione;

   in Argentina è in corso un conflitto che vede protagonista, suo malgrado, la popolazione indigena dei mapuche, che rivendica la proprietà di terre ora formalmente di proprietà della «Compañia de Tierras Sud Argentino Sa» –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché, con il coinvolgimento del gruppo Benetton, si contribuisca ad accertare la verità e le responsabilità della morte in Argentina di Santiago Maldonado e a risolvere la questione della popolazione indigena dei mapuche.
(4-18391)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   Colacem spa di Galatina (Lecce), con un recupero di 100.000 tonnellate annuali di ceneri leggere per quantità di ceneri pesanti recuperate nel cemento, ha avviato la procedura di rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale (Aia), con procedimento delegato dalla regione Puglia alla provincia di Lecce;

   l'operazione «Araba Fenice» il 28 settembre 2017, disposta dalla direzione distrettuale antimafia di Lecce, ha evidenziato irregolarità sullo smaltimento delle ceneri della centrale di Cerano e portato al sequestro con facoltà d'uso di Cerano, Ilva e Cementir; in relazione a tali attività è ipotizzato il reato di traffico e gestione abusiva e organizzata di quantitativi di ceneri contaminate da sostanze pericolose;

   per ora l'operazione «Araba Fenice» non è intervenuta sul flusso di ceneri da Cerano a Colacem, nonostante dai Mud risultino i seguenti quantitativi di materiali trasferiti nel 2016: 35.000 tonnellate ceneri pesanti, 78.000 tonnellate ceneri leggere, 1.700 tonnellate ceneri di torba non trattata, 13.000 tonnellate di rifiuti solidi prodotti dai processi di desolforazione dei fumi della centrale di Cerano;

   il distretto di Galatina è l'area con la più alta incidenza di neoplasie e malattie polmonari croniche nella provincia di Lecce (dati ASL) ed è identificata dall'Istituto superiore di sanità «area cluster per tumori polmonari». Le rappresentanze mediche hanno richiesto provvedimenti, segnalando che Colacem, con un'area di deposito allo scoperto di carbon coke di 14.000 metri quadri, è classificato come industria insalubre. I danni ambientali e sanitari stimati sono compresi fra 37 e 67 milioni di euro. L'impianto Colacem è all'ottavo posto tra i cementifici italiani per emissioni di ossidi di azoto e produce 600.000 ton/anno di CO2;

   si registra, ad avviso degli interpellanti, la pressoché totale inesistenza di monitoraggio dell'impianto Colacem da parte di enti terzi e di Arpa;

   nel verbale della conferenza di servizi tenutasi il 25 maggio 2017 la regione Puglia indica le prescrizioni di seguito riportate: estensione dello SME (sistema di monitoraggio continuo delle emissioni), già previsto per il camino E06 anche ai camini E20 ed E29 relativi; prescrizioni su monitoraggi periodici dei microinquinanti anche per i camini E20 ed E29, con riguardo ai composti assimilabili alla diossina, quali furani e PCB; inserimento prescrizioni più stringenti in ordine a controlli su benzo(a)pirene e metalli pesanti; richiesta esiti deposimetrici ad Arpa, relativi all'area esterna allo stabilimento; inserimento campane di controllo vento-selettive all'interno dello stabilimento; nel caso in cui le risultanze delle misurazioni su benzo(a)pirene facciano ricadere nel campo delle misure urgenti per il contenimento di Benzo(a)pirene, è stato indicato che si proceda all'applicazione dell'articolo 3, comma 2, della legge della regione Puglia n. 3 del 2011, prevedendo la predisposizione del piano di risanamento sulle sorgenti industriali); sono inoltre richiesti ad Arpa: a) validazione degli autocontrolli effettuati da Colacem; b) esiti del Centro salute ambiente/progetto Jonico Salentino da fornire ad Arpa nell'area in questione; inserimento di controlli delle emissioni diffuse all'interno dello stabilimento nel periodo necessario a costruire l'auspicabile copertura del parco carbonile (deposito carbone e coke, ora a cielo aperto); Inserimento controlli radioattività sia ambientale sia sui filtri dei camini; ogni prescrizione o disposizione conseguente alla verifica di esaustività delle prove effettuate in riscontro alle disposizioni del piano di monitoraggio e controllo; valutazioni di impatto emissivo cumulativo con altre sorgenti inquinanti con medesimo dominio di ricaduta di area vasta;

   si segnala che le suddette indicazioni della regione Puglia, anche dopo l'ultima seduta della conferenza tenutasi il 10 ottobre 2017 risultano agli interpellanti disattese;

   in un esposto depositato in procura e nella conferenza dei servizi del 10 ottobre 2017 per il rinnovo dell'Aia di Colacem i sindaci dei comuni di Galatina, Soleto, Sogliano Cavour, Cutrofiano, Zollino e Corigliano d'Otranto hanno richiesto lo «stop» cautelativo del conferimento di ceneri da parte della centrale ENEL di Cerano;

   in data 4 ottobre 2017 è stata presentata in Senato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-08173 dal senatore Maurizio Buccarella nella seduta n. 890 sul caso Colacem, rivolta ai Ministri dell'ambiente, della salute e dello sviluppo economico per ottenere chiarimenti in merito all'utilizzo di eventuali ceneri contaminate, nonché per stigmatizzare l'attuale sistema di controlli –:

   se non ritenga necessario assumere ogni iniziativa di competenza per pervenire al fermo cautelativo dell'impianto fino a quando non vengano ottemperate le prescrizioni già concordate nelle conferenze di servizi per il rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale (Aia), nello specifico l'apposizione dei filtri a manica e la copertura del carbonile, a cui si aggiunge la richiesta preventiva di valutazione d'impatto sanitario (Vis);

   se non ritenga urgente, per quanto di competenza, la verifica sulle ceneri in partenza dall'impianto dell'Enel di Cerano;

   se non ritenga necessario assumere ogni iniziativa di competenza per procedere all'inibizione definitiva dell'utilizzo di ceneri provenienti dalla centrale Enel di Cerano, combustione di qualunque tipologia di combustibile derivato da rifiuti, utilizzo di ceneri industriali di qualunque provenienza nel ciclo di produzione del cemento nel rispetto della direttiva europea «REACH»;

   se non ritenga necessario promuovere, per quanto di competenza, una valutazione di impatto sanitario (Vis), da effettuarsi secondo linee guida accreditate (Ispra, Ministero della salute) ad opera di tecnici di rilevanza nazionale ed esperti di tali metodiche utilizzando un approccio combinato tossicologico ed epidemiologico;

   se non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, per pervenire a un concordato idoneo sistema di controllo e di monitoraggio, non discusso durante le conferenze di servizi del 24 novembre 2016, 7 marzo 2017 e 10 ottobre 2017.
(2-01996) «Fassina, Pannarale, Pellegrino, Marcon».

Interrogazioni a risposta immediata:


   MARCON, PELLEGRINO, GREGORI, FRATOIANNI, AIRAUDO, CIVATI, FASSINA, DANIELE FARINA, PAGLIA e PLACIDO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 13 luglio 2016 l'Unesco aveva diffuso un documento nel quale si evidenziava la condizione di rischio al quale è esposto uno degli ecosistemi più fragili, ricchi e complessi quale è la laguna di Venezia a causa di pratiche poco rispettose dell'ambiente tra le quali i transiti di grandi navi commerciali e passeggeri nella laguna di Venezia;

   da fonti di stampa si apprende che il 7 novembre 2017 a Roma presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si sarebbe svolta una riunione in merito alla road map che dovrebbe portare il transito delle grandi navi da crociera lontano dal canale della Giudecca, come previsto dal decreto Clini-Passera, tutt'ora in vigore benché inapplicato;

   i comitati ambientalisti e parte considerevole della cittadinanza veneziana hanno denunciato le soluzioni emerse dal Comitatone come strutturalmente inadeguate, dannose sul piano ambientale e foriere di rischi per la città. Esse infatti non hanno nemmeno il vaglio della valutazione d'impatto ambientale;

   il nuovo progetto prevede che le navi non entreranno più dalla bocca di porto del Lido ma da quella di Malamocco, che attraversano già ora le porta-container, percorreranno il canale dei petroli costeggiando le fabbriche. Alcune, le più grandi, si fermeranno a Marghera; le altre continueranno per il canale Vittorio Emanuele (il quale dovrà subire importanti escavi del fondale, con tutti i problemi ambientali che ciò comporta) fino alla Marittima, l'attuale terminal su cui sono stati investiti oltre cento milioni di euro;

   la soluzione prospettata presenta molti elementi critici, tra gli altri gli effetti impattanti negativi sulla morfodinamica ed idrodinamica lagunare e i rischi di incidenti rilevanti, alcuni evidenziati perfino dall'Autorità portuale e dalla Capitaneria di porto, come già avvenuto nei pareri negativi della Commissione valutazione impatto ambientale per il progetto Contorta-Sant'Angelo-Marittima e per Marghera prima zona industriale;

   è stato accertato che i lavori di escavo della Laguna stanno trasformando e devastando irrimediabilmente tale ecosistema, insieme agli effetti deleteri che i fenomeni di moto ondoso ed inquinamento atmosferico determinano su di esso e sulla città intera –:

   quali siano i motivi per i quali il Governo non ha proceduto fino ad ora a trovare le soluzioni alternative di navigazione prefigurate dal decreto Clini-Passera, rispettose della tutela dell'ecosistema nella laguna di Venezia e richieste dall'Unesco.
(3-03346)


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la Fluorsid, industria chimica ricompresa tra le attività a rischio d'incidente rilevante, ubicata nell'agglomerato industriale dell'area vasta di Cagliari (Macchiareddu), è balzata recentemente agli onori della cronaca per l'azione investigativa da parte della procura di Cagliari che ipotizza un «disastro ambientale provocato da emissioni in aria non controllate di polveri (con una caratterizzazione chimica particolare) e di anidride solforosa e illecito smaltimento (sotterramento non autorizzato) di rifiuti industriali anche pericolosi». Attualmente, risulta autorizzata con un provvedimento di autorizzazione integrata ambientale emanato nel mese di luglio 2015 (Dec-Min-0000131-9/7/2015) a seguito di modifiche impiantistiche e di un riesame della precedente autorizzazione (Gab-Dec-2011-0233-12/11/2011);

   il decreto legislativo n. 152 del 2006, oltre a dettare i criteri per le autorizzazioni ambientali citate, tratta anche della valutazione della compatibilità ambientale (VIA) di opere/progetti/impianti. Tutte queste disposizioni legislative dovrebbero condurre ad un quadro di prescrizioni e limiti per un esercizio compatibile con l'ambiente e la salute umana delle attività antropiche;

   antecedentemente al provvedimento di autorizzazione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha emanato nel mese di agosto 2012 un provvedimento di compatibilità ambientale (Dva-Dec-2012-0000431-7/8/2012), che permette alla società Fluorsid di raddoppiare la produzione di acido solforico da 170.000 t/a 340.000 t/a e quindi anche dei processi produttivi e delle materie prime correlate e, di conseguenza, anche delle emissioni di polveri e gas;

   dall'esame del provvedimento di compatibilità ambientale, si evincono delle prescrizioni di monitoraggi aggiuntivi (nei nuovi punti di emissione e con centraline di rilevamento economicamente gestite dalla società), che discendono anche da un quadro ambientale della qualità dell'aria, descritto dalla regione Sardegna, già critico a quel tempo e attualmente confermato dalla relazione annuale per il 2015 dell'Arpas –:

   se non ritenga necessario, in relazione agli ultimi eventi di cronaca, valutare l'esigenza di promuovere un riesame approfondito in ordine alle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale attuale, anche alla luce del fatto che all'interno dell'A.I.A. non sono state recepite tutte le prescrizioni del provvedimento di V.I.A. predisposto sempre all'interno del Ministero.
(3-03347)


   MOTTOLA e BOSCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel nostro Paese il settore della green economy ha molte eccellenze. Sono infatti circa 385.000 le imprese che vi fanno riferimento per un «giro d'affari» ormai prossimo ai 200 miliardi di euro ed in grado di creare nuova occupazione come nessun altro settore industriale;

   bisogna pertanto favorire gli investimenti selettivi e mirati per favorire la crescita di queste imprese che costituiscono un valore aggiunto capace di implementare il tessuto economico produttivo del Paese e contribuire in questo modo alla crescita del prodotto interno lordo;

   la green economy costituisce pertanto un grande potenziale di sviluppo che deve essere assecondato perché questo settore può avere, come detto, enormi effetti positivi non solo sulla crescita economica ed occupazionale, ma anche per un miglioramento della sostenibilità ambientale e della qualità della vita –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare, oltre a quelle già attivate, per implementare gli investimenti per le imprese che si occupano di green economy in modo da coniugare effetti positivi sia sull'ambiente che sullo sviluppo del tessuto produttivo.
(3-03348)

Interrogazioni a risposta orale:


   TERZONI, DAGA, BUSTO, DE ROSA, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il giornale CentroPagina riporta, in un articolo del 19 ottobre, la messa in opera di un lavoro di dragatura del fiume Esino nei pressi di Fabriano (Ancona), nella frazione di Borgo Tufico, fra la centrale idroelettrica e il campo base della Quadrilatero; alcuni residenti, vista la scena, hanno chiesto spiegazione all'operatore e questi «ha affermato che stava effettuando lavori di pulitura del fiume per conto della centrale e che tutte le autorizzazioni erano in loro possesso»;

   il fiume è stato dragato per decine di centimetri e il materiale di risulta, ghiaia di fiume, è stato usato per riprofilare le sponde del fiume senza alcuna stabilità e alla prima piena potrebbero determinarsi problematiche non indifferenti; l'altezza di una della sponde è pari ad un valore compreso tra oltre un metro a circa due metri, mentre l'altezza dell'altra sponda in alcuni punti sembra avvicinarsi ai 3 metri;

   secondo quanto riporta l'articolo, anche Legambiente si è espressa sull'intervento affermando che: «il danno è notevole perché viene distrutto per l'ennesima volta un ecosistema, quello del fondale del fiume e delle sue rive, che dà vita a vegetali e animali, pesci compresi»;

   al termine dell'articolo l'esponente di Legambiente si chiede «se esiste realmente una autorizzazione per l'esecuzione e in caso affermativo se doveva essere realizzato così; chi ha autorizzato e se ha tenuto conto di tutte le normative vigenti e del contratto di fiume; se una centrale idroelettrica ha uno “statuto speciale” per il quale può fare nel fiume tutto quello che vuole» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se intenda verificare, anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, se la centrale idroelettrica sita a Borgo Tufico (Ancona) avesse tutti i permessi necessari per effettuare tale l'operazione;

   se siano stati vagliati gli eventuali danni alla flora e alla fauna di uno dei tratti più caratteristici del fiume Esino;

   se la stabilità degli argini, costituita da riporti di ghiaia, sia regolare, o se invece possa presentare un rischio per l'ambiente e l'incolumità pubblica in caso di piogge abbondanti o torrenziali;

   nel caso non ci sia stata un'operazione corretta e conforme alle norme, quali iniziative di competenza intenda assumere, in sinergia con gli enti locali affinché sia sistemato il tratto di fiume danneggiato.
(3-03338)


   TERZONI, DAGA, BUSTO, DE ROSA, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 19 agosto 2017, lungo il confine del parco regionale della Gola della Rossa di Frasassi, è stato rinvenuto un giovane esemplare maschio di aquila reale gravemente ferito, a cui è stato sparato con un fucile a pallini;

   grazie alle cure dei veterinari e al pronto intervento del Wwf il rapace è tornato in buone condizioni di salute ed è stato liberato appena un mese dopo;

   i carabinieri forestali hanno immediatamente eseguito un'indagine che ha portato all'individuazione del colpevole, e alla conseguente denuncia;

   l'aquila reale, si ricorda, è un animale soggetto a rigorosa tutela ai sensi del combinata disposto delle seguenti norme, internazionali e statali: convenzione di Berna (19 settembre 1979); direttiva dell'Unione europea «uccelli selvatici» (79/409/CEE del 2 aprile 1979); legge n. 157 del 1992 in materia di tutela della fauna selvatica e disciplina dell'attività venatoria; legge n. 394 del 1991, in materia di tutela delle aree protette;

   nel parco, la cui superficie è di oltre 10 mila ettari, dimorano molte altre specie protette, come il lupo e il gufo reale;

   il Parco Gola della Rossa ricade anche nella rete natura 2000, attraverso S.i.c. – siti di interesse comunitario e Z.p.s. – zone di protezione speciale, stabilite dalla direttiva 79/409/CEE dell'Unione europea. In particolare, si tratta di S.i.c. Gola di Frasassi (IT5320003, 692 ettari), Gola della Rossa (IT5320004, 1.309 ettari), Valle della Vite Valle dell'Acquerella (IT5320012, 1.062 ettari) e Valle Scappuccia (IT5320002, 281 ettari) e delle Z.p.s. per l'Avifauna (ZPS) Gola della Rossa e di Frasassi (IT320017, 2.626 ettari) e Valle Scappuccia (IT5320016, 1.019 ettari) –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo per garantire controlli continuativi e costanti nelle aree protette italiane, onde evitare che questi fenomeni si verifichino di nuovo e, in particolare, come intenda tutelare le specie protette in parchi come quello sopra indicato considerato che la sorveglianza non è affidata ai carabinieri forestali se non previa convenzione e che i guardiaparco, quando sono presenti, risultano numericamente insufficienti;

   se il Ministro interrogato abbia intenzione di effettuare una ricognizione dell'effettiva presenza di personale addetto alla sorveglianza e al controllo in tutti i territori ricadenti nelle aree protette, acquisendo dati sia sul personale presente nelle singole aree che sulle ore effettivamente svolte all'interno delle aree protette, in modo tale da avere un quadro delle effettive coperture e favorire un'implementazione dei controlli secondo legge.
(3-03339)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il lago di Vico in provincia di Viterbo rappresenta il bacino di approvvigionamento idrico per circa 15.000 abitanti;

   il prosciugamento dell'emissario sta causando seri problemi agli impianti di captazione dei comuni attraversati, nonché a numerose attività agrituristiche locali, e riveste anche una notevole rilevanza ambientale per la presenza di una Riserva Naturale, e perché l'area rientra in un Sito di interesse comunitario e in una Zona di protezione speciale;

   il sistema di chiuse che regola l'afflusso di acqua nell'emissario risulta essere interrato e non più funzionante, quindi il repentino innalzamento del livello del lago comporterebbe un eccessivo carico sul canale con inevitabili danni, e per questo più parti ne chiedono il ripristino urgente;

   secondo il rappresentante dell'Area bacini idrografici, il livello del lago nell'inverno 2016 era 1,80, garantendo in estate un flusso a 1,30 chiudendo le paratoie, mentre nel 2017 il livello è stato 1,50-1,60 a causa della siccità; lo standard invernale di 1,80-1,90 è stabilito dall'A.r.di.s – Agenzia regionale per la difesa del suolo, soppressa nel 2015, deputata anche alla verifica delle paratoie;

   il livello del lago viene misurato con asta idrometrica gestita dal Centro funzionale regionale che effettua controlli almeno 2-3 volte al mese, con zero fissato alla quota 508,269 metri sul livello del mare; nel 2010 gli veniva abbinato un sistema di teletrasmissione i cui dati erano gestiti dall'ufficio idrografico e mareografico di cui però al momento non vi è più traccia;

   l'A.r.di.s. con ordinanza di perimetrazione del demanio idrico e di definizione dei livelli idrometrici del lago di Vico compatibili con le utilizzazioni della risorsa idrica del 2010, dispone una quota media annuale di 510,30 metri sul livello del mare, zero idrometrico a 508,893 metri sul livello del mare, limite superiore del livello lacuale tra febbraio e giugno di 510,90 metri corrispondente a 2,01 metri sull'asta, limite inferiore del livello lacuale tra luglio e gennaio a 509,00 metri corrispondente a 0,11 metri sull'asta;

   dalle risultanze delle indagini effettuate dai comuni coinvolti, provincia e attività produttive del 2010, per un approvvigionamento idrico durante tutto l'anno, si stabilì un livello massimo di 2 metri da alzare a 2,05-2,10, a seguito dei cambiamenti climatici;

   durante la conferenza internazionale svoltasi a Bolsena nel 2002 è stato presentato lo studio «Bilancio Idrogeologico Del Lago Di Vico» dell'Università della Tuscia e di Perugia nel quale si riconosce il ruolo fondamentale dell'emissario ai fini del volume idrico immagazzinato;

   l'interramento delle chiuse interrompe il complesso ciclo riproduttivo dell'anguilla che popola il lago di Vico, e che è stata inserita nel 2013 nella lista rossa dell'Unione internazionale per la conservazione della natura anche considerando l'inaccessibilità agli habitat di acque interne a causa di dighe e altri ostacoli lungo il corso dei fiumi –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in ordine alle criticità riportate in premessa circa gli interventi e la sorveglianza relativi alla situazione del lago di Vico e quali iniziative di competenza intenda assumere ai fini della salvaguardia dell'ambiente, della pubblica incolumità dell'approvvigionamento idrico;

   se, per quanto di competenza, non intenda promuovere un nuovo bilancio idrico del lago di Vico, alla luce dei cambiamenti climatici in atto, che riveda i livelli lacuali più alti per garantire l'approvvigionamento costante dell'emissario.
(5-12622)


   SENALDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il testo unico sull'ambiente ha riconfermato una specifica disciplina per gli imballaggi ed i rifiuti di imballaggi, di qualunque materiale costituiti, già introdotto con il decreto n. 22 del 1997;

   il medesimo testo unico dell'ambiente, all'articolo 234, al fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta ed il trattamento dei rifiuti di beni in polietilene destinati allo smaltimento, ha pure istituito il Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene, esclusi gli imballaggi di cui all'articolo 218, comma 1, lettere a), b), c), d), e);

   in attuazione delle citate previsioni normative nel 1998 sono stati costituiti: il CONAI (dedicato alle imprese produttrici ed utilizzatrici di imballaggi) ed il POLIECO (dedicato ai produttori, distributori ed importatori di beni a base di polietilene);

   le aziende produttrici di film adesivizzato in polietilene hanno aderito al consorzio obbligatorio POLIECO ed hanno provveduto a versare a POLIECO il contributo ambientale;

   dopo circa un decennio dall'istituzione dei menzionati Consorzi, il CONAI ha invocato nei riguardi dei ricordati produttori del film adesivizzato in polietilene l'obbligo degli stessi di aderire al consorzio CONAI unilateralmente, qualificando il prodotto sopra descritto quale imballaggio e, dal 2015, ha attivato in danno dei produttori del film adesivizzato in polietilene plurime procedure giudiziali nelle quali la richiesta di accertamento dell'obbligo di iscrizione dei ricordati produttori al CONAI è stata accompagnata da ingenti pretese economiche (decine di milioni di euro), la cui portata si palesa come costo insostenibile per le aziende;

   le aziende operano, quanto al contributo ambientale, quali soggetti preposti alla riscossione dello stesso, provvedendo quindi a girare al consorzio di appartenenza (POLIECO) le somme riscosse;

   chiaramente gli importi richiesti dal CONAI corrispondono a cifre mai incassate e neppure trattenute dai produttori, i quali, nell'ipotesi di soccombenza, quanto alla pretesa economica di cui sopra, si troverebbero, ferma l'incertezza circa la prosecuzione dell'attività d'impresa, a dover intraprendere in danno dei propri clienti iniziative finalizzate a conseguire da quelli il reintegro postumo di quanto eventualmente versato dai medesimi, in esecuzione della pronuncia giudiziale;

   la situazione di incertezza ed il potenziale grave danno economico che potrebbe derivare in capo alle aziende e/o a talune di esse, laddove non via sia uniformità di giudizio, mettono a repentaglio la sopravvivenza stessa del settore, con ricadute a livello sociale esclusivamente per questioni interpretative che vedono le aziende del settore coinvolte in un potenziale contenzioso fra consorzi ex lege previsti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione;

   se intendano assumere iniziative volte a chiarire quale sia la corretta interpretazione della norma per dare certezza ad un settore di nicchia altamente considerato nel mondo;

   quali modalità possano essere messe in campo per risolvere il potenziale contenzioso tra i due consorzi preposti allo smaltimento.
(5-12623)


   LUIGI GALLO, MICILLO, VACCA, FRUSONE, SIBILIA, DAGA, TOFALO e D'UVA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la società Gori spa è il soggetto affidatario della gestione del servizio idrico integrato per l'Ambito territoriale ottimale della regione Campania, in virtù di convenzione trentennale stipulata in data 30 settembre 2002;

   Gori spa è il paradigma del disastro della gestione del servizio idrico in Campania, tenuto conto che nei suoi primi dieci anni di esercizio non ha raggiunto l'equilibrio economico-finanzario, maturando un debito nei confronti della regione Campania di 282.999.149,32 euro per il mancato pagamento dei corrispettivi dovuti all'ente per la fornitura di «acqua all'ingrosso» dagli acquedotti regionali e per i servizi di «collettamento a depurazione delle acque reflue» negli impianti di depurazione a gestione regionale;

   a fronte della disastrosa situazione economica del gestore, con la deliberazione n. 171/13 (cosiddetta «salva Gori»), la giunta regionale della Campania ha autorizzato la rideterminazione del predetto debito complessivo maturato per gli esercizi 2002-2012, rinunciando ad un credito di oltre 70 milioni di euro; inoltre, ha concesso sul predetto credito fortemente decurtato una rateizzazione ventennale non onerosa per i primi dieci anni e onerata del solo tasso legale per i successivi dieci anni;

   tutto ciò avveniva senza alcuna preventiva definizione degli elementi che hanno portato la società gestrice prima a contestare e poi a vedersi sostanzialmente decurtato il debito contratto con la regione con la prevedibile conseguenza del ripetersi della condizione di sostanziale insolvenza del gestore;

   e difatti, per il periodo 2013-2014, la Gori s.p.a ha continuato ad accumulare debiti nei confronti della regione Campania, risultando inadempiente nel pagamento dei ruoli correnti, sia per la depurazione che per le forniture idriche, accumulando in soli due anni un ulteriore debito di circa 92 milioni di euro;

   inoltre, nel successivo biennio 2015/2016, la Gori s.p.a. ha accumulato un ulteriore debito nei confronti della regione Campania di circa 19 milioni di euro per forniture regionali dei servizi di collettamento e depurazione delle acque reflue, per il quale la regione Campania ha conseguito dal tribunale di Napoli il decreto ingiuntivo 1966/2017;

   per la verifica di ipotesi di responsabilità erariale nella gestione della vicenda debitoria della Gori spa il primo firmatario del presente atto, unitamente a tutti i consiglieri regionali della Campania del Movimento 5 stelle, ha inoltrato in data 11 maggio 2016 un formale esposto alla procura presso la Corte dei conti della Campania;

   da organi di stampa (fonte Repubblica del 4 giugno 2016) si apprende che l'inchiesta della procura contabile risulterebbe estesa anche alle spese sostenute dalla Gori spa per gli incarichi esterni e consulenze, nonché alla legittimità di molteplici assunzioni di personale;

   la concessionaria ha proposto opposizione avverso il predetto decreto ingiuntivo, rilevando che l'impossibilità di far fronte a tutti i debiti nei confronti della regione deriverebbe dalla inadeguatezza tariffa;

   dal bilancio della Gori spa si evince che il commissario straordinario dell'Ente d'ambito sarnese vesuviano ha preannunciato (con la propria nota prot. 3002819 del 6 giugno 2017) che l'intera condizione debitoria di Gori troverà una soluzione nell'ambito del procedimento di approvazione tariffaria avviato dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas con nota prot. n. 18827/P del 26 maggio 2017 laddove si definiranno le modalità di pagamento di tutto quanto dovuto dalla Gori spa alla regione Campania per i servizi di fornitura di acqua all'ingrosso, collettamento e depurazione delle acque reflue –:

   se il Ministro intenda assumere iniziative normative per evitare che la copertura di croniche inefficienze dei soggetti gestori possa dare luogo alla rimodulazione dei piani tariffari a vantaggio degli stessi gestori privati, anche in presenza di inchieste della Corte dei conti.
(5-12625)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'aggiornamento della mappatura del rischio industriale in Italia, a livello nazionale e regionale, è un compito dell'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale);

   la mappa permette di conoscere l'entità e la distribuzione territoriale dei fattori di rischio di incidenti rilevanti legati alle attività industriali e il suo aggiornamento è dunque un presupposto importante alla ricerca e all'attuazione dei diversi strumenti di prevenzione e di controllo dei rischi;

   per l'elaborazione di tale mappa l'articolo 15 del decreto legislativo n. 334 del 1999 predispose – nei limiti delle risorse finanziarie previste – presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che ne curava l'aggiornamento in collaborazione con l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (Anpa) divenuta oggi Ispra, l'inventario degli stabilimenti suscettibili di causare incidenti rilevanti. L'inventario si basava sulle informazioni, tratte dalle notifiche e dalle schede d'informazione alla popolazione (Allegato V del decreto legislativo n. 334 del 1999), fornite dai gestori degli stabilimenti e pervenute al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a partire dall'ottobre 2000 e, successivamente all'entrata in vigore del decreto, è stato continuamente aggiornato mediante le informazioni pervenute da parte anche del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, delle regioni, delle prefetture e altro;

   l'inventario, aggiornato, permetterebbe di avere a disposizione una serie di notizie (dati identificativi dell'azienda e dello stabilimento, attività, ubicazione geografica e georeferenziazione, sostanze detenute con i rispettivi quantitativi e altro): importanti elementi preliminari per la determinazione del rischio potenziale per la popolazione e l'ambiente derivante dalla presenza nelle vicinanze di una determinata industria classificata ai sensi dell'articolo 6/7 e dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 334 del 1999;

   a seguito dell'entrata in vigore della direttiva 2012/18/UE (Seveso III), il decreto di recepimento della stessa, il decreto legislativo n. 105 del 2015, all'articolo 5 ha stabilito di affidare all'Ispra il compito di predisporre e aggiornare l'Inventario, di cui il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha mantenuto l'indirizzo e il coordinamento. A regime doveva essere utilizzato anche per la trasmissione da parte dei gestori delle notifiche per permettere all'Ispra di verificarne la completezza e la conformità e consentire la comunicazione di informazioni corrette alla Commissione europea ai sensi dell'articolo 21 comma 3 della Direttiva e della decisione europea 895/2014. Il decreto ha anche suddiviso gli stabilimenti in due grandi gruppi, gli stabilimenti di «soglia inferiore» in cui sono presenti cioè quantità inferiori di sostanze pericolose, e stabilimenti di «soglia superiore» in cui le sostanze pericolose sono presenti in quantità più elevate;

   risulta però agli interroganti che sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la pagina dedicata all'inventario – diventato Inventario nazionale degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante – sia aggiornata al 31 maggio 2015, nonostante sia riportato che «L'elenco viene aggiornato semestralmente. A seguito dell'entrata in vigore del D.lgs. 105/2015, gli aggiornamenti successivi al 1° giugno 2015 saranno effettuati a partire dal mese di giugno 2016». Così come risulta che sul sito dell'Ispra, la pagina relativa alla Mappatura del rischio industriale in Italia contiene dati aggiornati al 30 aprile 2015 –:

   se il Governo intenda chiarire i motivi del mancato aggiornamento dell'inventario nazionale degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante e conseguentemente della mappatura del rischio industriale in Italia;

   se non ritenga opportuno e urgente assumere iniziative volte a stanziare le risorse necessarie affinché vengano entrambi aggiornati per l'importanza che rivestono ai fini della ricerca e dell'attuazione dei diversi strumenti di prevenzione e di controllo dei rischi.
(4-18389)


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il decreto ministeriale 14 febbraio 2013, n. 22, «Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152» ha istituito un Comitato di vigilanza e controllo con il compito di garantire il monitoraggio della produzione e dell'utilizzo del CSS-combustibile ai fini di una maggiore tutela ambientale e dell'uniforme applicazione del regolamento sul territorio nazionale;

   si registrano, tuttavia, proposte progettuali che presentano margini di incertezza in merito alla corretta applicazione delle citate disposizioni, come nel caso esemplificativo del progetto d'inserimento di una nuova linea produttiva (impianto in pirolisi) nell'impianto di recupero rifiuti non pericolosi in comune di Cernusco sul Naviglio (Milano), presentato dalla società Tregenplast s.r.l. Tale processo, secondo quanto consta agli interroganti, prevede la conversione catalitica a caldo (pirolisi) di rifiuti plastici (poliolefine) per la produzione di combustibili derivati: olio combustibile denso Btz, gasolio per riscaldamento, Virgin-nafta destinati al riutilizzo presso il sito di proprietà e/o alla commercializzazione;

   dalle indicazioni progettuali non è chiaro quale sia il regime dei «prodotti di recupero» utilizzati, se siano qualificabili come rifiuti o come combustibili riconducibili all'ambito di applicazione dell'articolo 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006 che impone il rispetto di specifiche condizioni;

   come noto, il procedimento di pirolisi, oltre a oli combustibili di poco pregio, genera gas di sintesi ed è considerata una tecnologia non priva di rischi per la salute dei cittadini e per l'ambiente;

   le principali criticità di tali impianti riguardano gli aspetti emissivi, in un territorio, quale quello della provincia di Milano, dove la qualità dell'aria è già fortemente compromessa, tanto da richiedere l'attivazione di misure straordinarie previste dal «protocollo regionale sulla qualità dell'aria» –:

   se, all'esito dell'attività di monitoraggio di cui all'articolo 15 del decreto ministeriale 14 febbraio 2013, n. 22, siano emerse fattispecie analoghe a quella descritta in premessa e se non ritenga opportuna un'iniziativa normativa che definisca in termini puntuali i presupposti per il rilascio delle autorizzazioni per i predetti impianti, nel rispetto delle più ampie garanzie di partecipazione dei cittadini;

   considerata la grave situazione di inquinamento atmosferico registrata in alcune regioni del Nord, se non intenda assumere iniziative normative anche per definire limiti di emissione atmosferica più stringenti, ovvero la transitoria sospensione dei procedimenti di autorizzazione di progetti che in ragione degli impatti cumulativi possano determinare un aggravamento non tollerabile delle condizioni di qualità dell'aria.
(4-18392)


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   i refrigeranti sono prodotti della chimica fondamentali per la distribuzione e conservazione del cibo e la sua salubrità, per il benessere delle persone, per la produzione industriale;

   si tratta degli Hfc (idrofluorocarburi) introdotti dal protocollo di Montréal (1987): pur non essendo ozono-lesivi come i precedenti Cfc, producono un potente effetto serra; per questo se ne prevede la rapida sostituzione con gas naturali o miscele a minor effetto climalterante;

   secondo uno studio di Legambiente e Cueim del 2014, a fronte di una diminuzione negli ultimi venti anni del 15 per cento delle emissioni totali di gas serra, le emissioni di gas fluorurati sono invece aumentate del 60 per cento, e per gli Hfc sono passate da 28 milioni di tonnellate nel 1990 alle attuali 84 (più 200 per cento). Nel nostro Paese l'aumento delle emissioni è stato del 466 per cento rispetto al 1990. Grazie all'emendamento di Kigali (2016) del Protocollo di Montréal, le Parti si sono impegnate a ridurre la produzione e il consumo di Hfc di oltre l'80 per cento nei prossimi 30 anni, consentendo così il contenimento della temperatura globale di circa mezzo grado;

   i nuovi obblighi avrebbero già dovuto essere rispettati dall'Italia attraverso l'attuazione del regolamento (UE) 517/14 (cosiddetto regolamento F-gas), ma, a quattro anni dall'emanazione del regolamento si è ancora in attesa di un nuovo decreto del Presidente della Repubblica attuativo;

   tale ritardo crea notevoli criticità, tra le quali:

    per l'ambiente, la situazione di vacatio legis non permette di rispettare le nuove regole dettate dal regolamento (UE) 517/14;

    per le centomila imprese di installazione e manutenzione, si rileva che esse, gestendo i refrigeranti Hfc presenti sul campo, si trovano in completa assenza di regole certe e della nuova definizione delle competenze;

    per le imprese produttrici del settore nel sistema confindustriale e non, leader mondiale tecnologico e di mercato, si registra una normativa in cambiamento costante, che comporta una costante pressione sui costi industriali e gestionali in un ambito estremamente competitivo a livello globale;

    con la collaborazione delle associazioni di categoria e ambientaliste è stato messo a punto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare uno schema di decreto, pronto per l'approvazione del Consiglio dei ministri e la successiva emanazione da parte del Presidente della Repubblica;

    tale schema di decreto contiene nuove disposizioni per l'anagrafica delle emissioni per rendicontare il processo di recupero, riciclo, rigenerazione e dismissione delle sostanze in questione, con beneficio dell'ambiente;

    nella dichiarazione finale del G7 Ambiente di giugno 2017 a Bologna il Ministro ha sottoscritto l'importante passaggio della dichiarazione comune che, al punto 24, cita espressamente il phase-down degli Hfc come significativo contributo all'emendamento di Kigali;

    è stata già aperta dalla Commissione europea una procedura Eu Pilot (9154/2017) di pre-infrazione, alla quale il Ministero ha risposto inoltrando la bozza di decreto –:

    se non intenda assumere le iniziative di competenza per l'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica attuativo del regolamento (UE) 517/14, così come per la messa a punto degli interventi normativi volti alla disciplina delle violazioni;

   poiché si rileva che i refrigeranti sono uno dei pochi rifiuti speciali e pericolosi non ancora dotati di una gestione dei costi ambientali di trattamento e smaltimento, se non intenda assumere iniziative al fine di attivare un tavolo tecnico e di lavoro che coinvolga le associazioni affinché si correggano immediatamente le storture dei costi particolarmente elevati per la filiera per il trattamento e lo smaltimento, per addivenire quanto prima alla definizione di un sistema consortile che consenta la piena applicazione della tracciabilità di filiera e del principio «chi inquina paga».
(4-18393)


   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'ultimo rapporto dell'Ispra sui rifiuti urbani 2017 (pagina 78) ha stimato la composizione merceologica media dei rifiuti nel periodo 2008-2016, evidenziando come il 3,7 per cento sia costituito da pannolini e altri materiali assorbenti. Considerando la produzione annua di rifiuti urbani in circa 30 milioni di tonnellate, si può quantificare in oltre 1 milione e 100.000 tonnellate l'ammontare della categoria di rifiuti predetta;

   l'impatto ambientale dei pannolini monouso è noto da anni;

   secondo due studi internazionali, una ricerca inglese, realizzata nel 2005 (e aggiornata nel 2008) dall'Agenzia per l'ambiente del Regno Unito (Aumônier et alii, 2008), ed una ricerca australiana dell'Università del Queensland (O'Brien et alii, 2009), i pannolini usa e getta per neonati e infanti assommano a circa 6.000 in numero e al peso di 1 tonnellata in 2,5-3 anni di vita, si possono ipotizzare in Italia 2,2 miliardi di pannolini all'anno oltre 150 mila tonnellate di rifiuti prodotti ogni anno dai soli pannolini «usa e getta». Nel confronto del ciclo di vita fra pannolini lavabili e «usa e getta» gli studi certificano un vantaggio per i lavabili in termini di rifiuti prodotti e costo pluriennale, 600 euro (compresi lavaggi) contro circa 1.600 euro, senza tener conto del costo per lo smaltimento degli «usa e getta» (circa 150 euro), dei consumi energetici (830-1.550 MJ MJ contro 2.000-6.300 riducibili con attenzione alle temperature di lavaggio), e del consumo di suolo per produrre le materie prime (13-40 m2 contro 407-809 m2 per anno). Il consumo di acqua è sovrapponibile;

   in termini di salute i pannolini lavabili rispetto agli «usa e getta» comporterebbero una riduzione di eritemi e dermatiti da coloranti o agenti chimici, di patologie, nonché una migliore motilità delle anche, una normalizzazione della temperatura interna (importante per la fertilità) e una precoce autonomia dai pannolini stessi (con riduzione dell'utilizzo totale);

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ribadisce che le regioni in sede di rilascio delle autorizzazioni per la gestione dei rifiuti possono determinare i criteri «end of waste». Con una circolare pubblicata in data 1° luglio 2016, prot. 0010045, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è intervenuto a dirimere una situazione di stallo che da tempo si protraeva in merito all'attribuzione della competenza sulla determinazione dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto;

   da fonti di stampa si apprende che in data 25 ottobre 2017 è stato inaugurato a Spresiano (Treviso) il primo impianto industriale per il riciclo dei pannolini costruito dall'azienda Fater (di proprietà del gruppo Angelini e della multinazionale Procter&Gamble) e dal consorzio di gestione dei rifiuti Contarina. Questo impianto, a quanto risulta agli interroganti, dovrà rimanere fermo per limiti normativi. I materiali in uscita riciclabili (circa il 30 per cento) quali cellulosa (50 per cento), plastiche miste (25 per cento) e polimero (25 per cento) risultano rifiuti e non sottoprodotti ed è difficile recuperarli come carta, piccoli oggetti in plastica o barriere protettive;

   si attende o una modifica dell'autorizzazione regionale o il decreto ministeriale «end of waste» in questo settore. La regione Veneto ha chiesto formalmente a gennaio all'istituto superiore di sanità di esprimere un parere sulla sicurezza sanitaria del prodotto che deriva dal recupero dei pannolini. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avrebbe in previsione la convocazione di un apposito tavolo tecnico in vista di un decreto ministeriale per dichiarare il prodotto come non rifiuto e solo in quel contesto l'istituto superiore di sanità esprimerà il proprio parere –:

   se il Ministro interrogato intenda avviare programmi informativi in merito ai benefici ambientali, economici e sanitari dei pannolini lavabili e prevedere misure di incentivo al loro utilizzo;

   se intenda convocare il tavolo tecnico in vista del decreto ministeriale «end of waste» relativo a materiali cellulosici, plastiche miste e altri polimeri.
(4-18396)

COESIONE TERRITORIALE E IL MEZZOGIORNO

Interrogazioni a risposta immediata:


   SCOTTO, BOSSA, NICCHI, LAFORGIA, MARTELLI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LACQUANITI, LEVA, MATARRELLI, PIERDOMENICO MARTINO, MOGNATO, MURER, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, ROSTAN, SANNICANDRO, SIMONI, SPERANZA, STUMPO, ZACCAGNINI, ZARATTI e ZOGGIA. — Al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. — Per sapere – premesso che:

   la Fondazione Idis-Città della Scienza di Napoli, si trova in una situazione di crisi economica e di ingente disavanzo finanziario, che sta comportando, tra l'altro, il blocco dell'erogazione degli stipendi;

   a fronte di questa ennesima crisi, veniva presentata una proposta di budget previsionale per il 2017. Più in dettaglio, presentava due ipotesi di budget: una prima ipotesi prevedeva la messa in mobilità di 13 unità lavorative, un accordo sindacale per la riduzione del 15 per cento della retribuzione di tutti i dipendenti e l'esternalizzazione di attività attualmente facenti capo a uffici e dipendenti della Fondazione; una seconda ipotesi contemplava un'integrazione straordinaria al contributo annuale della Regione;

   il 20 ottobre i lavoratori di Città della Scienza, dichiarano lo stato di agitazione con conseguente blocco delle attività della struttura;

   il 24 ottobre i lavoratori apprendono che il presidente ha chiesto alla regione Campania il commissariamento di Fondazione Idis;

   il 27 ottobre le richieste dell'assemblea dei lavoratori vengono riprese e ribadite dalla Segreterie CGIL Campania e CGIL Napoli e dalla Filcams Campania e Filcams Napoli, che con una lettera indirizzata alla regione Campania, sottolineano l'urgenza dell'intervento della regione stessa, sia per far fronte agli adempimenti pendenti sia per predisporre un nuovo piano industriale della Fondazione;

   l'intera area sarà interessata nei prossimi anni dall'impiego di ingenti risorse per la rigenerazione urbana con interventi di bonifica ambientale e di realizzazione delle opere infrastrutturali, come attesta l'accordo interistituzionale tra Governo, regione Campania e Comune di Napoli del 19 luglio scorso –:

   quali iniziative si intendano adottare, nel rispetto delle proprie prerogative, al fine di consentire il rilancio della Fondazione Idis e più in generale delle prospettive dello Science Center di Città della Scienza e dell'area di Bagnoli, in maniera tale da garantire anche la stabilità del posto dei lavoratori impiegati e la regolare corresponsione delle retribuzioni.
(3-03342)


   PALESE e OCCHIUTO. — Al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. — Per sapere – premesso che:

   le mappe regionali contenute nel settimo rapporto sulla politica di coesione pubblicato il 9 ottobre 2017 dalla Commissione Europea dimostrano come tra il 2008 e il 2015 in molte regioni europee l'indice del reddito medio pro capite sia diminuito rispetto alla media Ue;

   in Italia, e in particolare nel Mezzogiorno, tutti gli indicatori mostrano una situazione estremamente preoccupante specie dal punto di vista del reddito e della disoccupazione giovanile ma anche per la qualità delle Amministrazioni regionali;

   secondo la stessa Commissione Ue tali Regioni, tra cui appunto quelle del Mezzogiorno d'Italia, non sono abbastanza arretrate da poter competere con quelle più povere ma non sono neanche abbastanza avanzate da essere autonome e poter competere;

   sulla base di questi dati, la Commissione ritiene opportuni tre interventi da mettere in atto nel prossimo quadro pluriennale di sostegno, quindi dal 2020 in poi, tra cui la modifica degli attuali criteri di ripartizione dei fondi strutturali tra gli Stati membri: non più solo il reddito pro capite come avviene oggi ma anche l'età e la composizione della popolazione, i cambiamenti climatici, la disoccupazione, il tasso di migrazione;

   questa modifica comporterebbe una diminuzione delle risorse destinate all'est Europa con un conseguente aumento di quelle destinate agli Stati membri dell'Ue;

   se tale modifica dovesse essere approvata e se l'attuale entità dei fondi strutturali fosse confermata anche dal 2020 in poi, in base ad alcune simulazioni, in Italia potrebbero arrivare circa 10 miliardi in più rispetto alla programmazione 2014-2020;

   nel quadro economico attuale e considerando gli ultimi dieci anni caratterizzati dalla grave crisi economica che in Italia si è aggiunta ad una atavica difficoltà di convogliare la spesa pubblica nazionale verso investimenti e grandi opere, i fondi strutturali costituiscono praticamente gli unici fondi che finanziano le politiche di sviluppo e coesione e, quindi, gli interventi infrastrutturali e sociali nelle Regioni del Mezzogiorno –:

   se il Ministro interrogato intenda sostenere con ogni mezzo in sede europea la proposta di modifica dei criteri di ripartizione dei fondi strutturali della prossima programmazione, nonché adottare iniziative per ripristinare con legge, come fatto in passato da altri Governi italiani, il vincolo di destinazione di tutte le risorse destinate alle politiche di coesione, destinando l'85 per cento alle Regioni del Mezzogiorno ed il restante 15 per cento a quelle del Centro-Nord.
(3-03343)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la cronaca recente (L'Arena del 22 ottobre 2017) riporta alcune notizie relative alla trattativa, avviata un paio di anni fa, tra il comune di Peschiera del Garda (Verona) e la Serenissima sgr spa, società veronese di gestione del risparmio, per la realizzazione di una maxi operazione immobiliare, dal valore stimato di 80 milioni di euro, per i lavori che porteranno a ristrutturare e destinare a nuovo uso gli ex beni demaniali (Padiglione Ufficiali, Caserme La Rocca e XXX Maggio) e l'ex casa di riposo comunale Gandini, e che porteranno a realizzare un complesso residenziale al posto dell'attuale scuola media e a costruire un nuovo edificio scolastico nella località Porto Vecchio, su un terreno che sarà acquistato dal comune;

   tale operazione verrà gestita attraverso un fondo immobiliare in cui confluiranno sei immobili, ovvero quelli portati dal comune (l'attuale scuola media, il terreno su cui sorgerà quella nuova e l'ex casa di riposo) e gli ex beni demaniali acquisiti tre armi fa da Cassa depositi e prestiti Investimenti sgr;

   tra gli altri protagonisti della complessa operazione figura anche Invimit sgr spa, che fa capo al Ministero dell'economia e delle finanze e che, attraverso il fondo "i3Core", sottoscritto dall'Inail porterebbe la quasi totalità del capitale necessario per attuare il progetto di valorizzazione;

   all'operazione partecipa anche l'azienda bergamasca Yousave, presentatrice di un project financing che prevede l'esternalizzazione della gestione dell'illuminazione pubblica per 18 anni con un canone annuo a base d'asta di 940 mila euro e che in cambio si impegnerà ad aumentare, modernizzare i punti luce esistenti con impianti a basso consumo;

   sui due project financing avanzati da Serenissima sgr spa e Yousave è stata istituita una commissione di indagine chiesta dai consiglieri di opposizione Mirjana Stampfer, Tiziano Cimarelli e Walter Montresor;

   la proposta di valorizzazione sarà soggetta ad una gara pubblica indetta dal comune per trovare chi gestirà l'operazione: in qualità di proponente, Serenissima sgr potrà scegliere se allinearsi alle eventuali condizioni più vantaggiose offerte da altre concorrenti, aggiudicandosi la gara, o se ritirarsi con il risarcimento delle spese di intermediazioni sostenute finora;

   Peschiera del Garda di recente ha ottenuto un importante riconoscimento per l'ingresso della sua fortezza veneziana nella Lista dei Patrimoni mondiali Unesco nell'ambito del sito transnazionale «Le opere di difesa veneziane tra XVI e XVII secolo», insieme a Bergamo e Palmanova per l'Italia, Zara e Sebenico per la Croazia, Cattaro per il Montenegro; tale lista è stata decretata nel corso della 41esima sessione del Comitato Patrimonio Mondiale di Cracovia, per cui il comune dovrà relazionare all'Unesco, entro il 1° dicembre 2019, attenendosi ad una specifica raccomandazione, ovvero di rivedere e modificare la pianificazione per integrare nel patrimoniale le fortificazioni più tarde (quelle del periodo asburgico) al fine di riconoscere la coerenza tattica del sito militare nel suo stadio finale;

   è necessario sottolineare inoltre che in diverse zone di Peschiera del Garda sussistono vincoli paesaggistici e monumentali (questi ultimi in particolare relativi alla fortificazione asburgica) in spregio ai quali si realizzerebbe la maxi operazione sopra descritta –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e, alla luce di quanto sopra descritto, quali iniziative, per quanto di competenza, intendano porre in essere al fine di impedire qualsiasi operazione che pregiudichi, attraverso quella che appare all'interrogante una vera e propria «svendita», la salvaguardia del patrimonio immobiliare e paesaggistico di Peschiera del Garda, anche in considerazione del recente inserimento della cinta muraria nel patrimonio Unesco, che consente all'Italia di mantenere il primato dei Paesi con il numero più alto di siti iscritti al Lista dei Patrimoni mondiali Unesco.
(5-12620)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VALLASCAS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni, sarebbero state più volte riviste le modalità di calcolo della perequazione (la rivalutazione dell'importo pensionistico legata all'inflazione), a seguito delle innovazioni introdotte dal legislatore ovvero delle sentenze della Corte costituzionale e dell'applicazione delle disposizioni in materia da parte dell'Inps;

   in particolare, la Consulta, con la sentenza n. 70 del 2015, ha dichiarato illegittimo l'articolo 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 21;

   la citata norma interveniva sul meccanismo automatico della perequazione, per il biennio 2012-2013, annullandone o riducendone gli effetti in base al trattamento pensionistico, nell'ambito di una serie di misure volte al contenimento della spesa pubblica:

   a seguito della sentenza, è stato emanato il decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2015, n. 109, recante disposizioni urgenti in materia di pensioni, che avrebbe ridotto o addirittura escluso gli aumenti e gli arretrati spettanti;

   la legge n. 109 del 2015 riguarda i pensionati che percepivano una prestazione superiore a tre volte il trattamento minimo Inps nel 2011 o nel 2012 (circa 1.450 euro lordi ai valori di allora) e, pertanto, non avrebbero ottenuto, nel biennio 2012-2013, la rivalutazione del reddito pensionistico a causa della «legge Fornero»;

   è il caso di osservare che la legge n. 109 del 2015 sarebbe oggetto di un procedimento di legittimità costituzionale dinanzi alla Consulta in merito alle misure sulla perequazione delle pensioni ordinarie superiori ai 3.000 euro lordi mensili;

   è opportuno rilevare che la Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 70 del 2015, ha stabilito l'incostituzionalità della norma in argomento ripristinando il diritto ad una piena rivalutazione degli assegni pensionistici;

   viceversa, la decisione della Consulta, ad avviso dell'interrogante, sarebbe stata in larga parte vanificata con il decreto-legge n. 65 del 2015, riconoscendo una rivalutazione parziale e retroattiva dei trattamenti, solo, però, quelli ricompresi tra 3 e 6 volte il minimo Inps, lasciando sostanzialmente confermato il blocco biennale sui trattamenti superiori a 6 volte il minimo;

   numerosi giudici contabili, amministrativi e del lavoro avrebbero accolto i ricorsi proposti da migliaia di pensionati e trasmesso gli atti alla Consulta in relazione alla questione di legittimità del blocco della perequazione con decorrenza 1° dicembre 2012;

   nel 2017 sia il tasso di inflazione definitivo relativo allo scorso anno che quello provvisorio relativo ai primi 9 mesi del 2016 è risultato pari a zero. Gli assegni in pagamento dal 1° gennaio 2017 non subiscono alcun cambiamento;

   a gennaio 2017 ci sarà un conguaglio una tantum negativo per recuperare la maggiore indicizzazione concessa nel 2015, quando fu riconosciuta una rivalutazione provvisoria dello 0,3 per cento nel dicembre 2014 contro una rivalutazione effettiva dello 0,2 per cento;

   la legge n. 19 del 2017, di conversione del decreto-legge «mille proroghe» n. 2004 del 2016 ha differito al 1° gennaio 2018 il conguaglio negativo dello 0,1 per cento rispetto a quanto percepito nel 2015;

   contro tali disposizioni i cittadini hanno presentato numerosi ricorsi ai tribunali i quali in diversi casi hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale, estendendola, a volte, al meccanismo di perequazione applicato al periodo 2017-2018, ritenuto penalizzante per gli importi elevati –:

   quali siano gli orientamenti del Governo in merito ai fatti sopra riportati;

   se non si ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per revocare il blocco delle perequazioni così come disposto.
(4-18385)


   FRACCARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   con l'interrogazione a risposta scritta 4041/XV del 27 febbraio 2017 relativa all’«Adeguamento degli incarichi di presidenza dei consorzi Bim alle disposizioni relative alla gratuità degli incarichi ed alla normativa sulla trasparenza amministrativa» presentata al consiglio provinciale di Trento si interrogava la giunta provinciale per chiedere se i presidenti dei consorzi bacini imbriferi montani dovessero conformarsi alle disposizioni sulla gratuità delle cariche previste dall'articolo 5, comma 9, della legge 7 agosto 2012, n. 135;

   nonostante i bacini imbriferi montanti risultino nell'elenco delle amministrazioni pubbliche che devono rispettare la suddetta prescrizione, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni (cosiddetto elenco ISTAT), nella risposta del presidente della giunta provinciale del 27 aprile 2017 si specifica che: a) la norma in esame (legge n. 135 del 2012) prevede che il divieto di attribuire cariche a titolo oneroso a pensionati non si applica per quelle ricoperte in qualità di «componenti delle giunte degli enti territoriali»; b) i bacini imbriferi montani, in quanto enti di secondo livello costituiti fra enti territoriali, vengono qualificati da parte della dottrina come enti assimilabili agli enti territoriali e pertanto non sono soggetti agli obblighi previsti dall'articolo 5, comma 9, della legge 7 agosto 2012, n. 135;

   con deliberazione dell'assemblea del Consorzio BIM del Chiese n. 12 del 23 marzo 2017 avente ad oggetto «Attribuzione al Presidente del Consorzio dell'indennità di carica e determinazione della sua misura. Gettone di presenza dei componenti dell'assemblea» si delibera di attribuire, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, del decreto del presidente della regione 9 aprile 2015, n. 63, al presidente del consorzio dei comuni della provincia di Trento compresi nel bacino imbrifero montano del Chiese, eletto dall'assemblea con deliberazione n. 2 del 10 gennaio 2017, un'indennità mensile di carica di 932,00 euro a decorrere dalla data della sua elezione –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti indicati in premessa e se ritenga di assumere le iniziative di competenza per chiarire la corretta interpretazione delle disposizioni sulla gratuità delle cariche dirigenziali e direttive citata nelle premesse, con particolare riferimento ai bacini imbriferi montani.
(4-18398)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   il Gruppo operativo mobile (Gom), costituito nel 1997, è composto quasi esclusivamente da personale della polizia penitenziaria e può contare su 593 unità dislocate in dodici reparti operativi in tutta Italia, che si occupano di 731 ristretti particolari, in quanto, tra i delicati compiti del gruppo, vi è quello di custodia, traduzioni e controllo del detenuti ad altissimo indice di pericolosità, sottoposti al «regime del 41-bis», nonché di taluni detenuti collaboratori di giustizia;

   con decreto 28 luglio 2017, il Ministro della giustizia ha inteso riorganizzare il gruppo ridefinendone, In parte, compiti e caratteristiche operative, e disponendo che si debba interessare, inoltre, della «vigilanza e osservazione di detenuti per reati di terrorismo, anche internazionale, specificamente individuati dalla Direzione generale dei detenuti e del trattamento, anche se ristretti in regimi diversi da quello previsto dall'articolo 41-bis, comma 2, della legge»;

   a fronte delle nuove gravose attribuzioni, lo stesso decreto non appare tuttavia fornire al Gom un adeguato assetto organizzativo-funzionale in grado di garantirne la peculiare, necessaria operativa;

   sotto il richiamato profilo, fra tutte, desta particolare preoccupazione la cancellazione del «Funzionano delegato» e la contestuale eliminazione di quell'autonomia amministrativa-contabile, sin qui riconosciuta per l'indispensabile necessità di correlare l'azione operativa con quella amministrativa, dovendo peraltro il gruppo corrispondere con prontezza a esigenze di mobilità;

   peraltro, la revoca dei profili di autonomia non può ricondursi a motivi di economicità, in quanto la gestione in capo al Gom di alcuni rilevanti capitoli di spesa, non ha sortito effetti negativi sull'ammontare dei costi complessivi i quali, dal 2011 al 2016, si sono ridotti da 9 a 4,6 milioni di euro;

   si ravvisa, pertanto, un ingiustificato depotenziamento del Gom, che può importare gravi ripercussioni in termini di sicurezza alla luce di una situazione che vede, con ridotte risorse organiche stabilmente sotto la soglia minima di 600 unità ed in continuo decremento dal 2010 (619) ad oggi (593), un numero di servizi in continuo aumento, con particolare riguardo ai permessi con scorta, alle visite ambulatoriali, ai ricoveri ospedalieri programmati e urgenti, anche per effetto dell'elevata età anagrafica di una parte dei reclusi a loro affidati;

   è drasticamente aumentato il numero dei permessi di necessità concessi dagli uffici di sorveglianza ai detenuti in regime di 41-bis;

   le parole pronunciate dal capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Consolo: «ho avuto anche incontri alla Direzione nazionale antimafia con i sostituti procuratori, perché si ragioni sul limitare il numero di persone da sottoporre al 41-bis» sono ad avviso degli interpellanti assolutamente gravi e da condannare;

   altresì, il 2 ottobre 2017 il Dap ha emanato la circolare n. 3676/6126 recante «l'organizzazione del circuito detentivo speciale previsto dall'articolo 41-bis O.P.», la quale, da un lato, adegua l'applicazione del regime del «carcere duro» alle gravi carenze strutturali delle carceri, mettendone a rischio la sicurezza, dall'altro lato, scarica sulle spalle dei direttori degli istituti e degli agenti di polizia penitenziaria la responsabilità di tali carenze a fronte di una non adeguata implementazione della circolare; esponendo, Inoltre, l'amministrazione penitenziaria a ricorsi da parte dei boss mafiosi che non trovassero pienamente rispettati i diritti loro riconosciuti dalla circolare stessa;

   si osserva peraltro che, nell'ambito dei lavori preparatori per la predisposizione della circolare in questione, durati oltre un anno e mezzo, non risulta essere stata in alcun modo coinvolta la Commissione parlamentare antimafia –:

   se non ritenga che la riorganizzazione della struttura e la ridefinizione delle funzioni del Gom non debba essere opportunamente modificata così da conferire, mediante il ripristino della figura del «funzionario delegato», un grado di autonomia contabile e della gestione del personale adeguato alle esigenze operative di un ufficio dalle competenze così delicate, bilanciandone altresì la dotazione organica di 821 unita così come previsto dalla bozza di provvedimento del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del 2015 o almeno prevedendone un numero pari a quello dei ristretti al «carcere duro», anche a fronte degli adempimenti previsti dagli articoli 14.1, 16 e 36 della circolare citata in premessa rispettivamente sulla verbalizzazione dei controlli, le perquisizioni personali e lo svolgimento del rito religioso;

   se intenda indicare quando sia prevista l'apertura della sezione da circa 100 posti del carcere di Cagliari Uta, che, insieme a quella del carcere di Sassari, sarebbe la sola a corrispondere ai requisiti previsti dalla legge per ospitare detenuti al 41-bis e se esista un piano per incrementare i posti con strutture idonee e rispondenti alle disposizioni dell'articolo 2 della circolare di cui in premessa;

   se non ritenga di intervenire modificando in senso restrittivo alcune disposizioni della circolare di cui in premessa che comportano oggettivi rischi per la sicurezza delle sezioni di carcere duro, in modo da evitare, ad esempio, situazioni di supremazia e richieste irrealizzabili da parte di «boss» mafiosi, come lo spostamento di materassi o altri oggetti ortopedici, la gestione critica di tempistiche e l'utilizzo di stanze nelle carceri con numero elevato di detenuti o di pentolame; l'utilizzo di colori diversi per disegnare in modo che non si possano mandare messaggi all'esterno; la consultazione di libri a copertina rigida che spesso sono usati per contenere pizzini;

   se non ritenga di modificare gli articoli 7.1 e 7.2 e 16.2, della circolare di cui in premessa per rendere obbligatorio e vincolante il parere della direzione distrettuale antimafia nella gestione del peculio, dei giornali e delle conversazioni telefoniche;

   se non ritenga di modificare gli articoli 14.1, 16 e 16.3 della circolare di cui in premessa in modo da non permettere colloqui senza vetri con minori ed impedire la possibilità che il materiale giuridico processuale possa essere consegnato dai difensori tramite supporti informatici idonei a nascondere e far passare comunicazioni dall'esterno all'interno tramite lettura con dispositivi elettronici;

   se non ritenga di modificare l'articolo 16.6 della circolare di cui in premessa per eliminare l'enunciato «incontri riservati senza limiti di tempo» che a parere degli interpellanti contrasta con la legislazione nazionale ed in particolare con l'articolo 67 della legge n. 354 del 1975 sull'ordinamento penitenziario che non lo prevede espressamente, e specificare che gli «incontri» dei garanti dei detenuti locali non sono da considerarsi colloqui riservati, bensì visite;

   se nel corso dei lavori preparatori per la predisposizione di una circolare inerente al regime carcerario del 41-bis, siano stati sentiti ulteriori organismi competenti in materia.
(2-01998) «Sarti, Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti, D'Uva, Dadone, Nesci, Alberti, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Brescia, Brugnerotto, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colonnese».

Interrogazione a risposta immediata:


   SALTAMARTINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI e SIMONETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   lo scorso 10 maggio sono state stuprate a Roma, in un boschetto in zona Collatino, due giovani quattordicenni, attirate con l'inganno in una trappola da due rom di nazionalità bosniaca, Mario Seferovic, ventunenne, detto «Alessio il sinto», e Bilomante Maikon Halilovic, ventenne;

   Seferovic, che sembra abbia già a suo carico dei precedenti come autore di reati contro il patrimonio, sarebbe stato l'unico dei due ad usare violenza nei confronti delle giovani, mentre Halilovic avrebbe collaborato allo stupro come «palo»;

   Seferovic risulterebbe altresì aver minacciato successivamente la madre di una delle giovani vittime, allo scopo di ottenerne il silenzio;

   Seferovic e Halilovic risultano risiedere in un campo rom situato nel Comune di Roma;

   quanto è avvenuto dimostra come sugli insediamenti rom della Capitale sia necessario intensificare la vigilanza –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per rivedere le norme concernenti le misure alternative al carcere che, di fatto, consentono a determinati soggetti la libertà di agire e di continuare a delinquere, macchiandosi di reati sempre più gravi.
(3-03341)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la Cassa delle ammende è un ente pubblico italiano, istituito presso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia e dallo stesso finora amministrato. La sua disciplina contenuta nell'articolo 4, comma 4, della legge 9 maggio 1932, n. 547 è stata riformata dall'articolo 44-bis della legge 27 febbraio 2009, n. 14. Il suo statuto avrebbe dovuto essere emanato entro il 6 dicembre 1932. Ci sono voluti invece 84 anni e 8 mesi;

   infatti, solo dal 28 luglio 2017 è entrato in vigore, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 102 del 10 aprile 2017;

   in base all'articolo 2 dello statuto la Cassa eroga i propri fondi per il finanziamento di programmi di reinserimento in favore di detenuti ed internati, programmi di assistenza ai medesimi ed alle loro famiglie, progetti di edilizia penitenziaria finalizzati al miglioramento delle condizioni carcerarie e programmi di giustizia riparativa in favore delle vittime di reato o della comunità locale;

   il pre-rapporto 2017 sulle carceri, presentato da Antigone a luglio 2017, conferma la crescita dei detenuti (il sovraffollamento è al 113,2 per cento) e denuncia che in alcune carceri lo spazio minimo è sceso sotto quello previsto di 3 metri quadrati per detenuto. Altri dati riguardano le condizioni di detenzione: nel 68 per cento degli istituti ci sono ce le senza doccia (come previsto dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000); non è assicurata la separazione dei giovani adulti dagli adulti (come previsto dall'articolo 14 dell'ordinamento penitenziario); a lavorare è circa il 30 per cento dei detenuti, ma nel 26 per cento degli istituti non ci sono datori di lavoro esterni; nel 6 per cento non ci sono corsi scolastici attivi e nel 41,5 per cento non ci sono corsi di formazione professionale. Uno sguardo viene posto anche ai contatti con l'esterno e ai rapporti con la famiglia, di cui si riconosce l'utilità per il reinserimento sociale e la prevenzione di atti di autolesionismo: negli istituti visitati nel corso del 2017 da Antigone, solo ad Opera sono possibili i colloqui con i familiari via Skype e solo nella casa di reclusione di Alessandria è possibile per i detenuti accedere a internet;

   per le sue finalità e considerando che la consistenza di cassa-patrimonio e depositi della Cassa delle ammende, al 31 dicembre 2016 ammontava a 69.343.533,23 euro, è del tutto evidente la necessità di portare finalmente a pieno regime l'istituto per intervenire efficacemente sulle cronicità del sistema penitenziario italiano, soprattutto per recuperare i ritardi accumulati negli ultimi dieci anni che hanno portato l'Italia ad essere il primo Paese europeo con più sentenze della Corte europea dei diritti umani non eseguite;

   si ricorda, infatti, che già nel 2013 la Cedu condannò l'Italia per trattamento inumano e degradante sollecitandola a porre rimedio al sovraffollamento carcerario. Ma il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa, nel rapporto relativo al 2016, recentemente ha confermato che molti istituti di pena ancora operano al di sopra delle proprie capacità e ha ribadito che l'Italia deve rispettare gli standard relativi allo spazio necessario in cella per ogni detenuto: 6 metri per due di spazio vitale, esclusi i sanitari, in cella singola, e 4 metri per due in una cella condivisa –:

   se il Governo intenda fornire un aggiornamento circa i tempi previsti per rendere pienamente operativa la Cassa delle ammende e le nomine degli organi necessari al suo funzionamento;

   se non ritenga prioritario assumere iniziative per sanare le cronicità rilevate dagli organismi europei superando definitivamente i limiti che rendono il sistema penitenziario italiano primo per sentenze della Cedu non eseguite.
(5-12621)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la E78 è una strada di classe A di lunghezza totale di 290 chilometri, di cui 15 in Umbria, che collegherà, una volta ultimata, Grosseto con Fano;

   molti tratti della E78 presentano ancora caratteristiche di viabilità ordinaria, ma, al termine dell'adeguamento, si arriverà ad un corridoio stradale, con caratteristiche di superstrada, definito SGC dei Due Mari;

   nel 2013 le regioni Marche, Umbria e Toscana con l'Anas hanno costituito una società pubblica di progetto per la realizzazione dei tratti mancanti. Abbandonata l'ipotesi del regime di finanza di progetto, il costo inizialmente ipotizzato era di circa 680 milioni di euro per la tratta toscana e di circa 520 milioni di euro per la tratta umbra;

   in particolare, per il tratto umbro è previsto il collegamento tra la E78 e la E45 tramite la galleria della Guinza, da Selci-Lama a Parnacciano, fondamentale per il rilancio del comprensorio altotibertino;

   il 5 settembre 2017 l'Anas ha ufficializzato una prima ipotesi di studio progettuale, a valere sul piano pluriennale degli investimenti 2016-2020, che prevede, con un investimento di 100 milioni di euro, l'adeguamento a 2 corsie del tratto Selci Lama (E45)-Parnacciano (Guinza) – con sovrapposizioni con la viabilità locale – e la costruzione di ben 7 rotonde in soli 10 chilometri. Invece, tutti i tratti della E78 che non ricadono nel territorio umbro sono stati realizzati o saranno realizzati con quattro corsie;

   il 21 settembre 2017 il Governo, rispondendo all'interrogazione n. 5-12232 presentata dall'interrogante, ha ufficializzato gli stanziamenti previsti per i vari lotti da realizzare per completare la E78 nel tratto Umbria-Marche, evidenziando che tutti gli interventi sono stati inseriti nel piano pluriennale 2016-2020 per un investimento complessivo di 552 milioni di euro, di cui 190 a valere sul fondo di sviluppo e coesione (Fsc) e 123 sul fondo unico Anas (Fua);

   emerge tuttavia una discrepanza sulle risorse stanziate a copertura dell'investimento complessivo, in quanto se l'importo stimato del progetto è di 522 milioni di euro e sono disponibili soltanto 190 milioni di euro a valere sul Fsc e 123 sul Fua, pari ad un totale di 313 milioni di euro, mancherebbero oltre 200 milioni di euro di risorse finanziarie;

   l'Umbria, penultima regione italiana per perdita di prodotto interno lordo, sconta anni di mancati investimenti sulle infrastrutture viarie e ferroviarie che l'hanno resa scarsamente attrattiva per gli investitori. Il completamento della E78 è, quindi, di fondamentale importanza per il collegamento con il Mar Tirreno, con tutti i benefìci del caso per il rilancio dell'economia locale –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare affinché sia modificato il progetto dell'Anas riportando, per il tratto umbro, la strada da due a quattro corsie, vista l'importanza strategica che la E78 riveste a livello nazionale e locale; quale sia l'esatto ammontare delle risorse messe a disposizione per il completamento dell'opera.
(5-12614)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALMIZIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel luglio del 2018 dovrebbero avere inizio i cantieri per il potenziamento della linea ferroviaria «Direttissima» Bologna-Prato-Firenze, la direttrice che attraversa la Val di Setta, che dovrebbero protrarsi per (almeno) tre anni;

   i lavori comporteranno l'interruzione della linea tra le 9,30 e le 16,30 dal lunedì al venerdì, e l'interruzione quasi totale durante il weekend e ciò ha inevitabilmente generato forte preoccupazione per i numerosi pendolari (studenti e lavoratori) che giornalmente utilizzano questa linea ferroviaria;

   il traffico ferroviario tra Bologna e Prato, in particolare, verrà garantito solo durante determinati orari e su un unico binario;

   i sindaci delle zone interessate hanno concordato un'azione comune, chiedendo chiarimenti alla regione Emilia-Romagna e a Rete ferroviaria italiana, senza, tuttavia, ricevere adeguate risposte;

   è necessario trovare un compromesso tra la necessità di implementare le infrastrutture e quella di tutelare la quotidianità dei cittadini, limitando al massimo, durante questi lavori, i disagi dei pendolari e garantendo il servizio negli orari di punta;

   a giudizio dell'interrogante, quando è stata presa la decisione di sopprimere il traffico ferroviario lungo la Direttissima, non sono stati opportunamente considerati i disagi a carico degli utenti –:

   se il Ministro interrogato non intenda valutare la possibilità di prevedere un tavolo di confronto con la regione Toscana, le regione Emilia-Romagna e Rete ferroviaria italiana per insediare i cantieri di lavoro in orari diversi da quelli in cui la Direttissima è utilizzata maggiormente, magari utilizzando le ore notturne, in cui comunque il servizio è fermo, e se sia già previsto un piano per limitare il più possibile i disagi in questi 3 anni di lavori.
(4-18381)

INTERNO

Interrogazione a risposta immediata:


   TONINELLI, CECCONI, COZZOLINO, DADONE, D'AMBROSIO e DIENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel 2012 la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha bocciato la legge elettorale varata in Bulgaria nel 2005, anche sulla base della violazione delle previsioni del «Codice di buona condotta in materia elettorale» della Commissione europea per la Democrazia attraverso il Diritto, cosiddetta di «Venezia»;

   ad avviso degli interroganti, il nuovo sistema elettorale viola quelle previsioni in modo evidente sotto il profilo dell'uguaglianza degli elettori, dato che la circostanza per la quale il solo Governo, espressione di una parte politica e di una maggioranza contingente, sia deputato al disegno dei collegi uninominali, espone palesemente tale operazione alle forme di manipolazione note come «gerrymandering», violando apertamente le indicazioni del Codice, che specifica che «qualora le circoscrizioni elettorali debbano essere ridefinite si deve tenere in considerazione un parere espresso da una commissione indipendente, comprendente, preferibilmente, un geografo, un sociologo, una rappresentanza equilibrata dei partiti e, se del caso, dei rappresentanti delle minoranze nazionali» nonché che «lo scarto massimo ammissibile rapportato alla chiave di ripartizione non dovrebbe superare il 10 per cento, e in ogni caso non il 15 per cento, salvo che siano previste circostanze speciali (protezione di una minoranza, entità amministrativa a bassa densità di popolazione)» laddove è invece disposto nel testo della legge che tale scarto possa arrivare fino al 20 per cento (articolo 3, comma 1, lettera c), e comma 2, lettera c)), il doppio di quello previsto dal codice;

   la natura puramente maggioritaria del sistema elettorale previsto per l'attribuzione dei collegi uninominali fa sì che i risultati negli stessi possano essere facilmente influenzati attraverso forme di manipolazione nel loro disegno;

   autorevoli fonti di stampa riferiscono che tale manipolazione non sia meramente ipotetica ma sia già in atto, riportando che sul tema vi è «grande collaborazione» tra alcune forze politiche – Lega Nord e Forza Italia, in particolare la prima attraverso il vicesegretario Giorgetti e la seconda attraverso il capogruppo del gruppo parlamentare in Senato Romani – e il titolare del dicastero dell'interno (Corriere della Sera 30.10.2017) –:

   se il Governo non intenda procedere all'accoglimento delle disposizioni della Commissione di Venezia nella determinazione dei collegi non superando lo scostamento del dieci per cento, consentendo la partecipazione di rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari ai lavori della Commissione di cui il Governo si avvarrà per la determinazione medesima nonché a trasmettere alle Camere il lavoro di istruttoria propedeutica svolto ai sensi del DPCM 23 ottobre 2017.
(3-03340)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DA VILLA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il «contrassegno per parcheggio per disabili», conforme al modello previsto dalla raccomandazione n. 98/376/CE del Consiglio dell'Unione europea, viene rilasciato, previo accertamento medico, dal proprio comune di residenza, dietro richiesta dell'interessato al sindaco, in base all'articolo 188 del codice della strada e all'articolo 381 del suo regolamento di esecuzione ed attuazione, ed è valido e utilizzabile su tutto il territorio nazionale;

   pur nel rispetto di alcune limitazioni, esso consente all'invalido (o disabile) di circolare nelle zone a traffico limitato (Ztl), nella zone a traffico controllato (Ztc), nelle aree pedonali urbane (Apu), nelle vie e corsie preferenziali di tutti i comuni d'Italia con qualsiasi veicolo «[...] con il solo onere di esporre il contrassegno, che denota la destinazione attuale dello stesso al suo servizio, senza necessità che lo stesso faccia riferimento alla targa del veicolo sul quale in concreto si trovi a viaggiare, e nessuna deroga alla previsione normativa risulta stabilita relativamente alle zone a traffico delimitato nei centri abitativi [...]» (Corte di cassazione, sezione II civile, sentenza n. 719 del 2008);

   le modalità con cui viene regolamentato tale accesso nelle zone a traffico limitato, nelle zone a traffico controllato, nelle aree pedonali urbane e nelle vie e corsie preferenziali, possono variare da comune a comune. In alcuni casi è sufficiente l'esposizione del contrassegno, mentre in altri, soprattutto se sono presenti varchi elettronici, occorre preventivamente comunicare il numero di targa del veicolo interessato al comune dove esso si recherà, altrimenti potrebbe essergli inflitta una impropria sanzione, per cui si dovrebbe successivamente fare ricorso al prefetto o giudice di pace competente per il comune in questione;

   non risulta all'interrogante che, alla luce della normativa vigente e della più alta giurisprudenza, e fatte salve circostanze atipiche e inconsuete, sussistano gli estremi per respingere fondatamente un siffatto ricorso da parte di un disabile che sia stato multato, mentre era regolarmente in possesso del contrassegno durante il suo periodo di validità;

   fonti di stampa riportano la denuncia dell'associazione Adico secondo cui sarebbe invalsa, da parte della prefettura di Venezia, e in senso contrario alla maggioranza delle prefetture italiane, la prassi di respingere tendenzialmente tutti i ricorsi di questo tipo, con pronunciamenti in seguito regolarmente ribaltati dai competenti giudici di pace: da ultimo le cronache hanno registrato in tal senso il caso di una donna di Spinea –:

   se il Governo sia a conoscenza di tale orientamento da parte del prefetto di Venezia;

   se intenda fornire elementi circa l'istruttoria svolta dal prefetto per giungere alle conclusioni citate nel caso riportato dalla stampa;

   se, alla luce della forte sensibilità sociale della problematica in questione, il Governo intenda assumere iniziative di competenza affinché la prefettura di Venezia valuti una revisione di tale orientamento, qualora confermato;

   se si intenda fornire dei dati statistici circa gli esiti della totalità dei ricorsi presentati al prefetto di Venezia avverso i verbali di accertamento delle violazioni del codice della strada e, in particolare, di quelli proposti dai titolari di contrassegno avverso le sanzioni per le infrazioni del genere indicato in premessa.
(5-12624)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   la ratio della cosiddetta riforma Madia è, in primo luogo, quella di valorizzare il merito nella pubblica amministrazione, invitando nel contempo le varie amministrazioni pubbliche a mettere in campo riforme per il raggiungimento del fine prefissato, garantendo ai più capaci e meritevoli di poter accedere ad una progressione verticale di carriera;

   dalla lettura delle proposte che in questi giorni il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa Civile presso il Ministero dell'interno ha inviato alle organizzazioni sindacali dei vigili del fuoco non emergono, invece, iniziative volte alla valorizzazione delle risorse umane, in particolare del personale in possesso di titoli di studio e abilitazioni professionali a vario titolo;

   al contrario, si propone l'istituzione di un ruolo direttivo speciale, riservato a un gruppo di tecnici diplomati che con tale riforma andrebbero a ricoprire incarichi per l'accesso ai quali è solitamente richiesta la laurea, a discapito di tutti gli altri operatori dei vigili del fuoco in possesso di titolo accademico e che da anni aspirano ad accedere ai ruoli direttivi mediante concorso interno;

   l'istituzione del citato ruolo speciale si pone, secondo l'interrogante, in aperto contrasto sia con le previsioni della «riforma Madia» sia con quelle del «decreto Brunetta»;

   la riforma dell'ordinamento del Corpo dei vigili del fuoco deve essere, invece, strutturata in conformità alla «riforma Madia», nel rispetto dei criteri di meritocrazia e giustizia sociale, permettendo ai suoi membri laureati in geologia, in chimica, in biologia l'accesso all'istituendo ruolo di funzionario direttivo tecnico scientifico antincendio, e a quelli laureati in giurisprudenza di accedere all'istituendo ruolo di funzionario direttivo giuridico antincendio, considerato che gli adempimenti di polizia giudiziaria e prevenzione degli incendi boschivi da assolvere durante le operazioni di soccorso tecnico urgente sono in continuo aumento e richiedono l'ausilio di personale altamente specializzato; la stessa riforma va definita in modo che si possa costituire presso ciascun comando provinciale un nucleo investigativo antincendio, coordinato da un funzionario tecnico giuridico antincendio –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere affinché nella riforma dell'ordinamento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sia garantito il rispetto del merito, attraverso l'introduzione dei correttivi di cui in premessa.
(4-18376)


   BIANCOFIORE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la tratta ferroviaria Verona-Bolzano-Brennero è notoriamente una delle più «difficili»; infatti, negli ultimi mesi, diverse aggressioni hanno coinvolto i capitreno impegnati nel controllo dei titoli di viaggio e non solo;

   l'attività della sezione della polizia ferroviaria (Polfer) di Bolzano si inserisce in un quadro operativo particolarmente gravoso in quanto ha affrontato (e continua ad affrontare) il fenomeno dei migranti in transito verso il nord Europa. Situazione che ha comportato la predisposizione di numerosi servizi dedicati svolti in collaborazione con le polizie tedesche e austriache;

   oltre alla gestione dei servizi legati al fenomeno migratorio (già di per sé decisamente impegnativo), il compartimento Polfer di Bolzano ha assicurato, nel complesso, svariati servizi di prevenzione e repressione;

   l'Austria destina oltre 300 agenti e mezzi corazzati per potenziare i controlli, evitare il valico del confine e la permanenza nel proprio territorio, bloccare i migranti diretti nel nord Europa, mentre gli agenti italiani al Brennero, a supporto della polizia, per vigilare sui transiti, erano fino a ieri solo 11, il che già lasciava non poche perplessità;

   il personale di polizia in servizio al valico del Brennero ha sempre dovuto accontentarsi di «soluzioni tampone» sia sotto il profilo sanitario, che dell'incolumità personale. Soluzioni che non sono state di certo sufficienti a gestire una situazione con un aumento esponenziale del numero degli immigrati;

   gli stessi agenti lavorano quotidianamente al limite delle proprie possibilità per fronteggiare, con professionalità ed umanità, il fenomeno dell'immigrazione. Per certo, ogni ulteriore aggravio in termini numerici – come sta accadendo nelle ultime ore, non a caso –, produrrà uno scenario che rischia di travolgere loro ed i cittadini;

   è notizia dei giorni scorsi della decisione assunta a Roma di non confermare il rafforzamento dell'organico della Polfer di Bolzano, sottovalutando in modo improvvido e illogico la portata del fenomeno migratorio al valico del Brennero, peraltro in costante aumento, come è facilmente verificabile –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire le motivazioni per cui si è deciso, secondo l'interrogante, arbitrariamente e incomprensibilmente, eliminare le attività di controllo degli agenti delle forze di polizia ferroviaria sulla tratta che va da Verona al Brennero;

   se il Ministro interrogato intenda chiarire le motivazioni per cui si è deciso di non confermare il rafforzamento dell'organico della polizia ferroviaria (Polfer), in una zona geografica dove i servizi di prevenzione e repressione dei reati sono necessari e fondamentali, a causa di frequenti episodi di violenza derivati principalmente da ingenti flussi migratori;

   se il Ministro interrogato non ritenga come apparirebbe più che necessario, secondo l'interrogante, non solo di confermare l'apporto di 11 agenti della polizia ferroviaria assegnati in Alto Adige, ma anche di prevedere un aumento dell'organico della polizia ferroviaria nel territorio altoatesino per garantire la sicurezza, messa di recente a dura prova, un migliore coordinamento delle attività per definire strategie comuni che garantiscano più sicurezza per passeggeri e personale viaggiante.
(4-18384)


   GINEFRA, GRASSI, BOCCIA, MICHELE BORDO, CASTRICONE, CHAOUKI, LOSACCO, MARRONI, MASSA, MONGIELLO, PELILLO, TARANTO, VALIANTE, VENTRICELLI, CAPONE, VICO, MARIANO e CASSANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   salvaguardare la pacifica convivenza tra i consociati, nel quadro di un assetto politico/costituzionale improntato sulla tutela dei diritti di libertà, significa avvertire i diritti fondamentali della persona come patrimonio inalienabile di ciascuno ed insieme di tutti i membri di una comunità;

   il rapporto dialettico che si instaura fra consenso e dissenso è l'elemento propulsore della crescita di una società civile; l'uno incarna le istanze della maggioranza dei membri della collettività di riferimento, l'altro funge da controllo e propone visioni alternative, divenendo portatore delle esigenze di una parte, più o meno numerosa, della medesima comunità politica;

   nell'interpretazione del nostro ordinamento costituzionale è fortemente dibattuto il conflitto tra due valori considerati essenziali: l'uno, la difesa delle pubbliche istituzioni da atti tendenzialmente eversivi; l'altro, il diritto dei cittadini ad associarsi e manifestare liberamente il proprio pensiero in materia politica;

   quando il diritto di critica e di libera manifestazione del pensiero supera il suo limite giuridico trasformandosi in una manifestazione che rischia di provocare violenze a cose e persone, sfocia nell'abuso di quel diritto;

   con nota protocollo 4408/SP il capo di gabinetto del presidente della regione Puglia, l'avvocato Claudio Stefanazzi, ha invitato il prefetto di Bari ad approfondire quanto si apprende da notizie di stampa e dai social network ovvero che «il movimento politico Direzione Italia sta organizzando per venerdì 10 novembre 2017 la giornata dello “Schiaffo” ovvero, come si evince dal manifesto che da giorni imperversa su social e mezzi di informazione uno “schiaffo ad Emiliano per reagire contro una sanità fallimentare”»;

   tale iniziativa è stata presentata oggi nel corso di diverse conferenze stampa tenutesi in varie città della regione;

   nella su richiamata nota l'avvocato Stefanazzi ha aggiunto: «esprimo viva preoccupazione per i toni e le immagini utilizzati per propagandare tale evento che oltrepassano i limiti del rispetto istituzionale inneggiando a forme di violenza certamente da stigmatizzare. Le dinamiche della battaglia politica, come converrà, non devono mai scadere nell'esaltazione dei mezzi di quarta azione o peggio dello scontro fisico. Ricordo che proprio il leader nazionale di Direzione Italia, l'onorevole Raffaele Fitto, è stato vittima nel 2000 – all'epoca ricopriva la carica di Presidente della Regione – di un tentativo di aggressione da parte di un gruppo di facinorosi proprio al termine di una sessione del Consiglio Regionale in cui si dibatteva del tema della sanità. Nel condannare i toni ed i contenuti della manifestazione, Le sottopongo la presente per le opportune valutazioni ed eventuali determinazioni» –:

   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per scongiurare qualsiasi manifestazione violenta.
(4-18387)


   FANTINATI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 5 novembre 2017, poco dopo mezzogiorno, una quarantina di presunti tifosi napoletani hanno assaltato e distrutto armati di spranghe e coltelli il «Caffè Oro Bianco» di Corso Cavour, bar veronese notoriamente conosciuto come locale frequentato da tifosi dell'Hellas Verona;

   all'interno del locale erano presenti alcuni avventori in attesa di guardare la partita di calcio Cagliari-Verona, quando il gruppo di sedicenti tifosi ha preso di mira vetrate, tavolini e ombrelloni del plateatico, provocando danni per qualche migliaio di euro;

   secondo la testimonianza di un avvocato, presente con la famiglia all'interno del bar al momento del raid, e raccolta da un quotidiano locale, c'è stato «solo il tempo di chiudere la porta e tenerla bloccata. È stata un'aggressione in stile Arancia Meccanica, qui i tifosi non c'entrano niente. Sono solo delinquenti. Ho messo a fuoco una dozzina di persone: i primi due avevano un coltello, altri un bastone camuffato, poteva sembrare un ombrello. Urlavano vi ammazziamo, sembrava di essere in guerra. Ci ha salvato la prontezza di riflessi, se fossero entrati nel bar sarebbe stata la fine. Le forze dell'ordine non hanno colpa se in giro ci sono delinquenti ma dovrebbero garantire un tempo d'intervento accettabile. Invece, nonostante fossimo in tanti a telefonare continuamente, sono arrivato 40 minuti dopo, senza sirene spiegate e quando gli aggressori se ne erano già andati» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e quali iniziative siano state assunte al riguardo dalle forze dell'ordine;

   se siano state rilevate responsabilità a carico di coloro che in città erano deputati all'ordine pubblico.
(4-18395)


   SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   alle elezioni amministrative del 27 maggio 2013 è stato confermato sindaco di Trenzano, comune della provincia di Brescia, il candidato del centrodestra ed esponente de Il Popolo delle Libertà Andrea Bianchi;

   nel 2013 l'attuale sindaco raccolse il 38,3 per cento dei consensi, un risultato in termini di voti assoluti sostanzialmente simile a quello del 2008 in cui Bianchi aveva raccolto il 30,2 per cento dei voti validi espressi;

   il 2 novembre 2017 il sindaco Bianchi, che nel frattempo aveva lasciato il suo partito di riferimento all'epoca del voto, ha annunciato di aver aderito alla nota organizzazione fascista CasaPound Italia;

   nella nota con cui ha annunciato il suo tesseramento in CasaPound Italia il sindaco di Trenzano ha definito la sua scelta un atto di coerenza con il suo percorso politico;

   infatti, già a luglio 2017, attaccando il Parlamento per l'approvazione della «legge Fiano», Andrea Bianchi si era detto fascista;

   in tale occasione il sindaco Bianchi aveva utilizzato parole violente e volgari nei confronti di Stato ed istituzioni, ma anche questo comportamento non è una novità considerato che già nel 2015, dopo aver partecipato a una manifestazione contro i profughi organizzata in paese da Forza Nuova, Bianchi aveva tenuto lo stesso tipo di contegno;

   in una fase come questa, in cui le aggressioni e le violenze di stampo neofascista sono in preoccupante aumento, suscita particolare apprensione l'idea di istituzioni guidate da organizzazioni dichiaratamente fasciste come CasaPound Italia;

   tale situazione rischia di essere un inaccettabile aggiramento delle norme di rango costituzionale finalizzate ad evitare una reviviscenza del ventennio fascista;

   va peraltro sottolineato come, in tutta Italia, vi siano state in questi anni numerose vicende giudiziarie che hanno coinvolto esponenti di CasaPound Italia per i loro atti di violenza –:

   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere affinché siano pienamente salvaguardati i valori e i principi sottesi alla XIIª disposizione transitoria e finale della Costituzione.
(4-18399)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

   la normativa vigente assegna alla scuola il dovere della sorveglianza degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui gli sono affidati, e comunque fino al subentro dei genitori o di persone da questi incaricate;

   in questo ambito, con la recente sentenza n. 21593 del 2017, la Corte di cassazione si è pronunciata sulla morte di un bambino che era stato investito da un autobus sulla strada pubblica all'uscita di scuola;

   dalla suddetta sentenza si evince che in caso di incidente ad un alunno minore di 14 anni fuori dall'edificio scolastico, la scuola è ugualmente responsabile, perché gli insegnanti hanno l'obbligo sia di assicurarsi che i bambini siano saliti sul bus, sia di aspettare i genitori se in ritardo. Ciò deriverebbe da un preciso obbligo di vigilanza da parte del personale scolastico di far salire e scendere dai mezzi di trasporto davanti al portone della scuola gli alunni, compresi quelli delle scuole medie, e demandando al personale medesimo la vigilanza nel caso in cui i mezzi di trasporto ritardino;

   spesso la meccanica e costante applicazione di queste norme da parte dell'istituto scolastico e del suo dirigente, finisce per scontrarsi con la volontà di molte famiglie, di voler favorire una graduale e sempre maggiore autonomia e responsabilizzazione del figlio minore, a cominciare proprio dalla possibilità per quest'ultimo di poter tornare a casa da solo;

   peraltro, l'eventuale autorizzazione, o liberatoria, che può essere chiesta in questi casi in base al regolamento di alcuni istituti scolastici ai genitori, per il rientro a casa da soli degli alunni minorenni, anche per il fatto di non essere supportata da una norma di rango primario, non esonera del tutto da eventuali responsabilità della amministrazione scolastica, per gli eventuali danni conseguenti alla descritta situazione;

   anche in conseguenza della suddetta sentenza della Cassazione, in queste settimane, sono aumentati i presidi che hanno comunicato alle famiglie che i ragazzi iscritti alle scuole secondarie di primo grado non potranno uscire soli da scuola, e che non saranno prese in considerazione autorizzazioni o liberatorie per l'uscita autonoma degli studenti. La conseguenza di tutto ciò è l'adozione da parte di un numero sempre maggiore di scuole di comportamenti eccessivamente rigidi;

   a seguito della citata sentenza della Cassazione, la Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca, annunciava e ribadiva l'obbligo di accompagnare e riprendere i minori a scuola, in quanto «lo prevede la legge», sottolineando che il Ministero dell'istruzione non ha la funzione né la responsabilità di modificare una legge dello Stato, e comunque che «per i nonni è un grande piacere andare a prendere i nipoti». Solo successivamente, diversi giorni dopo, apriva alla possibilità di una eventuale modifica normativa volta a favorire l'autonomia dello studente minorenne –:

   quali iniziative urgenti e non più rinviabili si intendano assumere per superare quanto prima le criticità esposte in premessa e favorire una sempre maggiore responsabilizzazione degli studenti minorenni, anche consentendo loro l'uscita autonoma dai locali scolastici al termine dell'orario delle lezioni, garantendo al contempo la necessaria tutela giuridica ai dirigenti e al personale scolastico.
(2-01997) «Cimbro, Nicchi, Bossa, Scotto, Laforgia».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CHIMIENTI, DI BENEDETTO, LUIGI GALLO, MARZANA, VACCA, SIMONE VALENTE, BRESCIA e D'UVA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'edilizia scolastica avrebbe dovuto essere uno dei punti forti della legge n. 107 del 2015, già dal 6 marzo 2014, giorno della conferenza tenuta dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca pro tempore Stefania Giannini e dal premierpro tempore Matteo Renzi; sono stati lanciati slogan su scuole più sicure e più belle già dal 1° settembre 2014;

   a distanza di tre anni la realtà dei 42 mila istituti scolastici del nostro Paese è, purtroppo, ben diversa. Infatti, a fronte degli oltre 5 mila interventi già conclusi dichiarati dal Governo, molto è ancora da fare: negli ultimi tre anni è stato speso appena un terzo delle risorse previste;

   solo il 3 per cento delle scuole pubbliche italiane è in ottimo stato, così come riportato anche dal «XV Rapporto Sulla Sicurezza delle Scuole» pubblicato il 28 settembre 2017 da Cittadinanzattiva. Un quarto delle scuole presenta distacchi di intonaco, segni di fatiscenza come muffe ed infiltrazioni, una scuola su quattro presenta uno stato di manutenzione del tutto inadeguato, ed è irrisorio il numero di scuole con la certificazione all'adeguamento sismico obbligatoria dal 2013;

   solo nell'anno scolastico 2016/2017, si è assistito a 44 episodi di crolli, con 6 feriti tra gli studenti ed il personale, oltre che danni alle cose e alle strutture. Sommando quelli degli anni precedenti, si arriva a 156 episodi di crolli negli ultimi quattro anni scolastici, con 24 feriti;

   la mancanza di interventi di edilizia scolastica ha, in Piemonte, reso del tutto inagibili alcune scuole pubbliche. A Frugarolo e a Predosa, entrambe in provincia di Alessandria, le scuole sono troppo vecchie e necessitano di interventi di ristrutturazione urgenti;

   a Frugarolo gli alunni della scuola primaria, e i loro insegnanti, sono stati trasferiti nell'unico locale idoneo del paese che è di proprietà della parrocchia, uno spazio con un accesso autonomo e un cortile, dove effettueranno le lezioni, mentre la mensa verrà allestita nei locali storici della Società del mutuo soccorso dove verrà svolta anche l'attività motoria;

   la stessa situazione si presenta a Predosa, dove l'amministrazione ha dovuto far ristrutturare alcuni locali della parrocchia per poter ospitare i ragazzi della scuola secondaria di primo grado. Gli studenti della scuola primaria, invece, sono stati spostati in municipio, negli uffici del primo piano, che a loro volta sono stati trasferiti al secondo. Anche in questo caso la mensa scolastica ha cambiato sede e i ragazzi per pranzare devono andare nei locali dell'ex centro anziani;

   per quanto riguarda le scuole di Predosa, sono state dichiarate inagibili in quanto il comune ha verificato che i controsoffitti della scuola, realizzata nel 1915, rappresentavano un rischio per gli studenti e il personale, così come riportato anche in un articolo del 24 ottobre 2017 pubblicato sul Fatto Quotidiano –:

   se il Ministro interrogato non intenda intervenire urgentemente, per quanto di competenza, di concerto con la regione Piemonte, per porre rimedio alla situazione delle due scuole di cui in premessa, assumendo iniziative volte a rivedere la normativa nazionale sulla sicurezza delle scuole, in particolare la legge n. 81 del 2008 e il decreto ministeriale 18 dicembre 1975, affinché le norme sulla sicurezza siano adeguate al contesto scolastico.
(5-12613)


   CHIMIENTI, DI BENEDETTO, LUIGI GALLO, MARZANA, VACCA, SIMONE VALENTE, BRESCIA e D'UVA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo il dossier di Cittadinanzattiva, presentato il 26 ottobre 2017, una famiglia media italiana con un bimbo al nido e un altro alla materna o primaria, spende al mese 380 euro, precisamente 301 euro per la retta dell'asilo e 80 euro circa per la mensa;

   un'indagine condotta sugli asili nido comunali di tutti i capoluoghi di provincia italiani, ha considerato una famiglia tipo composta da tre persone, con un reddito lordo di 44.200 euro, corrispondente ad un Isee di 19.900 euro. La rilevazione si è concentrata sulle tariffe a tempo pieno, ove esistente, con frequenza per cinque giorni a settimana;

   dal dossier si evince che in tutta Italia ci sono stati aumenti nelle rette degli asili nido, con la retta più alta in Trentino Alto Adige (oltre 500 euro) e quella più economica in Molise (196 euro). In ogni città italiana sono state apportate maggiorazioni alle rette, che vanno da un minimo dello 0,6 per cento per alcune città del Sud, ad un massimo del 50,2 per cento al Nord;

   sul fronte del numero dei posti disponibili negli asili nido, l'indagine di Cittadinanzattiva, su 110 capoluoghi di provincia, riporta un totale di 2.078 strutture che garantiscono 83.134 posti. Il 50 per cento di queste strutture è gestito direttamente dai comuni, mentre il 12,5 per cento è dato in gestione a cooperative o associazioni e il 37,5 per cento è nelle mani di privati che svolgono il servizio in convenzione;

   la ristrettezza dei numeri dei posti disponibili negli asili nido ha fatto registrare un balzo nelle liste d'attesa, che dal 2013 al 2015 sono aumentate dal 20 al 26 per cento, nonostante il numero delle domande abbia subito una diminuzione del 70 per cento a causa della dimissione dal lavoro di circa 30 mila donne per la difficoltà a conciliare occupazione e figli;

   su quest'ultimo punto il dossier di Cittadinanzattiva ha esaminato i motivi delle dimissioni attraverso l'Ispettorato del lavoro, estrapolando come oltre 6 mila donne, pari al 20,6 per cento, abbiano dovuto abbandonare il lavoro in quanto il figlio non è stato accolto al nido per mancanza di posti. Mentre il 4,9 per cento ha dovuto farlo perché i costi delle rette erano troppo alti;

   anche per quanto riguarda la situazione del servizio di mensa scolastica, i dati non si discostano da quanto suddetto, infatti una famiglia tipo spende dai 300 euro annui al Sud, fino a 1.100 euro al Nord. Cifre che, nella maggior parte dei casi presi in considerazione dall'indagine in questione, fa sì che gli studenti non possano frequentare la mensa scolastica a causa dei costi troppo elevati –:

   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per porre rimedio alla problematica dei costi troppo elevati per gli asili nido e le mense scolastiche di cui in premessa, che rendono l'Italia un Paese non adatto alle famiglie, e assicurare che le mense scolastiche siano servizi pubblici essenziali garantendone l'accesso gratuito ai minori in condizioni di povertà.
(5-12616)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GUIDESI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   per frequentare il corso di laurea magistrale a ciclo unico in medicina veterinaria è richiesto il superamento della prova di ammissione per l'accesso alla quale è necessario presentare apposita domanda online attraverso il portale nazionale www.universitaly.it;

   la prova di ammissione al corso di laurea magistrale a ciclo unico in medicina veterinaria è unica per entrambi i corsi ed è di contenuto identico in tutte le sedi in cui si svolge la prova;

   dopo l'esecuzione della prova, per il corso di laurea magistrale a ciclo unico in medicina veterinaria, il Cineca (Consorzio interuniversitario per il supporto tecnico informatico connesso alle procedure di selezione), sulla base del punteggio totale, redige una graduatoria nazionale per i candidati comunitari e stranieri residenti in Italia, di cui all'articolo 26 della legge n. 189 del 2002, secondo le procedure di cui all'allegato 2 del decreto ministeriale 28 giugno 2017, n. 477;

   attraverso la graduatoria nazionale ed i successivi scorrimenti di graduatoria si apprende in quale ateneo è possibile iscriversi, dato che la selezione è nazionale, ma il numero di posti a disposizione è diverso da città a città;

   secondo quanto si apprende da diverse segnalazioni di studenti universitari, da diverso tempo il servizio agli studenti del portale www.universitaly.it, nella sezione delle graduatorie e degli scorrimenti non è funzionante, con gravi disagi per coloro in attesa di conoscere se si potranno iscrivere o meno all'università da loro auspicata;

   è quindi primario e urgente interesse della collettività verificare quali problematiche stia incontrando il sistema online e provvedere ad effettuare costantemente i necessari controlli onde accertare l'effettivo funzionamento del sistema di graduatoria e scorrimenti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione alla vicenda sopra richiamata per tutelare il diritto allo studio e all'accesso agli atenei, attraverso la graduatoria nazionale per medicina veterinaria.
(4-18386)


   SIBILIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 30 ottobre 2017 su Canale 5 la trasmissione «Striscia La Notizia» ha mandato in onda un servizio intitolato «Soldi veri per certificati falsi» riguardante la richiesta di denaro da parte di un sindacalista della Cisl di Avellino ad un aspirante «Ata» per ottenere un diploma ad hoc;

   nelle immagini riprese e diffuse il sindacalista chiedeva ad una giovane senza requisiti per l'inserimento in graduatoria di III fascia del personale «Ata» della scuola, di sborsare 2.000 euro per ottenere un falso titolo di studio e un'attestazione informatica e partecipare così al bando;

   a parere dell'interrogante sarebbe molto alto il rischio di trovarsi di fronte ad un vero e proprio sistema che potrebbe aver coinvolto anche altri soggetti, oltre i sindacati, come ad esempio scuole private e/o esponenti politici o di partiti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano valutare di porre in essere al fine di verificare quanti nominativi presenti nelle graduatorie siano in possesso di titoli conseguiti in virtù di questo sistema di corruttela ed assicurare la corretta regolarità della procedura di inserimento nella graduatoria di III fascia del personale Ata della scuola soltanto per gli aspiranti in possesso di requisiti a norma di legge.
(4-18400)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, MARTELLI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, FERRARA, EPIFANI, SIMONI, NICCHI, DURANTI, BOSSA, MURER, ALBINI, QUARANTA, PIRAS, MELILLA, SANNICANDRO, FRANCO BORDO, FOLINO, ZARATTI, KRONBICHLER, SCOTTO e D'ATTORRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   dagli organi di stampa si legge che nelle Marche si registra una crescita inarrestabile della precarietà lavorativa;

   i dati dell'Inps elaborati dall'Ires Cgil Marche evidenziano che la stessa regione per ciò che concerne le cifre nere dell'occupazione si pone al terz'ultimo posto dopo Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta. Le assunzioni a tempo indeterminato nelle Marche sono 13.690, ossia 1.000 contratti stabili in meno negli ultimi otto mesi del 2017 rispetto allo stesso 2016 e 10.000 contratti stabili in meno rispetto al 2015. I contratti a tempo indeterminato rappresentano solo il 9,8 per cento degli avviamenti, mentre, nel 2015, erano oltre il 22,4 per cento del totale dei contratti;

   benché i contratti di lavoro attivati nelle Marche nel 2017 aumentino del 36 per cento rispetto al 2016, crescono inesorabilmente solo quelli precari e dunque il crollo dei contratti a tempo indeterminato è quasi il doppio più alto rispetto al dato nazionale;

   il saldo tra assunzioni e cessazioni da rapporti di lavoro a tempo indeterminato è negativo per 9.116 contratti, cioè i licenziamenti di tempi indeterminati sono maggiori delle assunzioni nei primi otto mesi dell'anno a dimostrazione che il jobs act ha prodotto effetti negativi, tra cui il riconoscimento alle imprese della possibilità di licenziare più facilmente;

   in un Paese dove la disoccupazione continua a crescere e dove resta attiva una domanda insoddisfatta di lavoro qualificato non si può non tenere conto di questi dati effettivamente negativi che colpiscono soprattutto la regione Marche –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere al fine di garantire una crescita occupazionale stabile e la promozione di lavori definiti anche da nuove necessità, in un territorio come quello delle Marche che soprattutto dopo il terremoto del 2016 necessita di uno sviluppo economico e occupazionale giovanile massiccio e continuo.
(5-12612)


   CHIMIENTI, DALL'OSSO, TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Alpitour s.p.a. è un'azienda italiana che opera nel campo delle vacanze organizzate e dei trasporti di grandi comitive in occasione di importanti eventi, fondata a Cuneo nel 1947;

   nel 1998 la società viene acquisita dal gruppo Francorosso Italia s.p.a. un altro operatore turistico che si rivolge ad una clientela di media – alta fascia. Mentre nel 2001 la società Exor s.p.a. prende il controllo del 100 per cento del pacchetto azionario del gruppo e, nel 2012 la Alpitour s.p.a. viene acquistata dai fondi di private equity Wise Sgr e J. Hirsch & Co;

   nel gennaio del 2016 il gruppo Alpitour entra a far parte della società Swan Tour con una quota del 49 per cento e, nel marzo 2017, il gruppo Asset Italia ha rilevato il 32,67 per cento di Alpitour s.p.a, sottoscrivendo un aumento di capitale di 120 milioni di euro;

   ai sensi dell'articolo 2112 del codice civile e dell'articolo 47 della legge n. 428 del 29 dicembre 1990, e successive modifiche, la società Alpitour s.p.a. intende cedere il ramo d'azienda relativo al supporto IT (Information Technology), come indicato direttamente alle rappresentanze sindacali, composto da «Servizi Postazione di Lavoro» – con esclusione delle attività di centralino – «Servizi tecnologici» e «Servizi Operativi» facenti parte della università organizzativa «Servizi Infrastrutturali» della società IBM Italia s.p.a.;

   per ragioni di carattere organizzativo e gestionale pare sia intenzione delle parti stipulare il contratto di cessione del ramo di azienda presumibilmente in data 30 ottobre 2017, con data prevista per il trasferimento per il giorno 1° novembre 2017;

   tale scelta ha una conseguenza su 20 lavoratori occupati nel ramo oggetto di cessione d'azienda, quindi dipendenti della società Alpitour s.p.a., in quanto la manovra comporterà il contestuale trasferimento in capo alla società IBM Italia s.p.a., senza soluzione di continuità, della titolarità dei rapporti di lavoro interessati, a decorrere dalla data di efficacia stimata per il giorno 1° novembre 2017;

   dei suddetti 20 lavoratori circa 13 dovranno spostarsi dalla sede di Cuneo alla sede di Torino, in via Pianezza 289, con i relativi molteplici disagi che rendono di fatto la logistica proibitiva per i lavoratori che arrivano da altre province;

   va considerato che la cessione del ramo d'azienda non si può considerare come una necessità economica, in quanto la società Alpitour s.p.a. ha chiuso l'esercizio al 31 ottobre 2016 con 1,14 miliardi di euro di fatturato (rispetto agli 1,12 del 2015) e un ebitda che tocca i 35,8 milioni di euro rispetto a 32,7 dell'anno prima e ottenendo un netto miglioramento dei risultati di tutte le divisioni: tour operating, aviation, alberghiero, incoming e distribuzione –:

   se il Ministro interrogato non intenda istituire un tavolo istituzionale, di concerto con la regione Piemonte, volto a favorire l'applicazione del telelavoro in modo da poter agevolare i dipendenti di cui in premessa.
(5-12615)


   CHIMIENTI, TRIPIEDI, COMINARDI, DALL'OSSO, LOMBARDI, DI BENEDETTO, LUIGI GALLO, MARZANA, VACCA, SIMONE VALENTE, BRESCIA e D'UVA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati certificati dell'Istat sull'aspettativa di vita, pubblicati in data 24 ottobre 2017, vi è un allungamento di vita per la popolazione italiana di 150 giorni, rispetto all'anno 2013. Una posizione che da una forte sponda alla cosiddetta «Riforma Fornero», che prevede, nel 2019, lo scatto per la pensione di vecchiaia a 67 anni e non più a 66 anni e 7 mesi;

   è noto che l'età pensionabile è in linea di principio collegata quasi in automatico all'aspettativa di vita. La regola è stata stabilita, infatti, per la prima volta nella cosiddetta «Manovra Dini» del 2009, poi rivista negli anni. La sostanza però non è mai cambiata: l'uscita dal lavoro va di pari passo con l'allungamento dell'aspettativa di vita;

   dopo il primo adeguamento del 2013, pari a 3 mesi (previsto dal decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201), e il secondo adeguamento, del 2016, pari a 4 mesi (decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 16 dicembre 2014), il prossimo adeguamento avverrà il 1° gennaio 2019. Da quella data in poi gli adeguamenti avranno cadenza biennale: 2021, 2023, 2025 e così via (gli aumenti sono stimati in circa 2-3 mesi a biennio);

   secondo questo meccanismo nel 2019 si andrebbe in pensione a 67 anni, a 67 anni e 3 mesi nel 2021, a 68 anni e 1 mese nel 2031, a 68 anni e 11 mesi nel 2041, a 69 anni e 9 mesi nel 2051 portando un impatto inconcepibile oltre che irragionevole;

   tale meccanismo di adeguamento automatico diventa ancor più irragionevole nel caso dei docenti della scuola pubblica italiana, i quali possono usufruire del pensionamento solo alla data del 31 agosto, con il conteggio dei mesi lavorati fino al 31 dicembre dello stesso anno;

   di conseguenza migliaia di insegnanti italiani, delle scuole di ogni ordine e grado, saranno costretti a lavorare un anno in più per la mancanza di pochi mesi lavorativi, in molti casi anche di pochi giorni, al raggiungimento della data per il pensionamento;

   secondo i dati dell'Eurostat, l'ufficio statistico dell'unione europea, pubblicati agli inizi del mese di ottobre 2017, i docenti italiani sono tra i più vecchi d'Europa (dietro l'Italia vi è solo la Spagna) e, cosa peggiore, continuano ad invecchiare in quanto è preclusa l'entrata ai giovani insegnanti a causa del mancato cambio generazionale –:

   se i Ministri interrogati non ritengano che sarebbe opportuno assumere iniziative volte a bloccare l'adeguamento automatico dell'età pensionabile all'aspettativa di vita previsto per il 2019, nonché differenziare le attuali forme di adeguamento, tenendo conto anche delle diversità nelle speranze di vita e nella gravosità dei lavori.
(5-12617)


   CHIMIENTI, DALL'OSSO, COMINARDI, TRIPIEDI, CIPRINI e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Embraco Europe, azienda leader mondiale nella produzione di compressori ermetici per la refrigerazione facente parte del gruppo Whirlpool, oltre alla casa madre in Brasile ha sedi in Slovacchia, Messico, Cina e in Italia con lo stabilimento situato a Riva presso Chieri, in provincia di Torino, dove sono occupati circa 550 lavoratori;

   la multinazionale ha annunciato l'intenzione di non investire in Europa fino al 2020, come riportato anche da una notizia Ansa del 26 ottobre 2017, assegnando per lo stabilimento piemontese un livello di produzione insufficiente per poter garantire sia gli attuali livelli occupazionali, sia la continuità dei contratti di solidarietà in scadenza a dicembre 2017;

   il 26 ottobre 2017 si è tenuto, presso l'Amma, un incontro tra le organizzazioni sindacali, le rappresentanze sindacali unitarie e la Embraco Europe per affrontare la questione dei contratti di solidarietà, e nel corso dell'incontro la direzione Embraco ha comunicato che gli attuali ridotti volumi non consentono il rinnovo dei contratti, in quanto le produzioni di Riva di Chieri non sarebbero competitive;

   in particolare, pare che l'azienda abbia intenzione di ridurre la produzione del motore «EM» dagli attuali 750.000 unità a 350.000 nel 2018, mentre la produzione del motore «Ves» dovrebbe invece salire dagli attuali 850.000 pezzi a 900.000 nel 2018;

   sempre durante l'incontro del 26 ottobre 2017 con le organizzazioni sindacali è emerso che la società Embraco Europe chiederà al Ministero per lo sviluppo economico un anno di cassa integrazione straordinaria per crisi, sebbene il bilancio complessivo del gruppo non sia in perdita. Avendo già usufruito in passato di ammortizzatori sociali, l'eventuale attivazione della suddetta cassa integrazione avrebbe una durata contenuta, al massimo fino a settembre 2018;

   dal 26 ottobre 2017, giorno dell'incontro dei sindacati con la multinazionale, i dipendenti sono in presidio con scioperi di 8 ore organizzati dalla Fiom e dalla Uilm. Durante una delle manifestazioni i responsabili della Fiom Cgil di Torino, Lino Lamendola e Ugo Bolognesi, hanno dichiarato: «È evidente l'intenzione della Embraco di lasciare lo stabilimento ad una lenta agonia iniziata da tempo, nonostante i contributi milionari erogati dallo Stato negli anni passati per sostenere gli investimenti della multinazionale a Riva di Chieri.»;

   la contrazione degli investimenti e del volume di produzione, come annunciato dalla Embraco Europe, pare sia dettata dall'esigenza di abbattere i costi dello stabilimento piemontese, legati principalmente alla remunerazione dell'organico, per aumentare la competitività rispetto alle altre realtà produttive extraeuropee;

   il ricorso alla cassa integrazione fino a settembre 2018, come suddetto, rischierebbe di rivelarsi un sostegno a singhiozzo non sufficiente per fissare i presupposti per un piano produttivo ed occupazionale di natura strutturale –:

   se i Ministri interrogati non intendano convocare un tavolo istituzionale, di concerto con la direzione di Embraco Europe e le organizzazioni sindacali, al fine di strutturare una politica di intervento che garantisca una risposta urgente all'emergenza produttiva ed occupazionale dello stabilimento Embraco di Riva Presso Chieri.
(5-12618)


   CHIMIENTI, DALL'OSSO, COMINARDI, CIPRINI, LOMBARDI e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   SDA Express Courier (Speditori – destinatari autorizzati), azienda nata nel 1984 per operare nel settore delle spedizioni espresse nazionali, è uno dei servizi di consegna di pacchi più utilizzati in Italia anche da molti siti di e-commerce (Amazon in primo luogo);

   dal 1989 fa parte del gruppo Poste Italiane S.p.a., impiegando circa 1.500 dipendenti diretti ed oltre 7.000 dipendenti indiretti, gestiti da cooperative e da società in appalto;

   da diversi mesi stanno proseguendo le agitazioni presso le varie sedi della società SDA Express Courier dislocate su tutto il territorio nazionale;

   in molti centri di smistamento di SDA/Poste Italiane vi sono stati degli scioperi, così come riportato dal quotidiano La Stampa in un articolo pubblicato il 2 ottobre 2017, e sono state denunciate condizioni di sfruttamento lavorativo come situazioni di lavoratori non regolarmente contrattualizzati o peggioramenti contrattuali con relativo abbassamento salariale;

   si tratta di questioni e problematiche non recenti e già denunciate ripetutamente anche in Piemonte, come dimostrano gli scioperi del luglio 2016 presso i siti di SDA di via Cebrosa, di Settimo Torinese e dell'interporto Sito di Rivalta. Scioperi che hanno coinvolto oltre 120 lavoratori;

   inoltre, secondo alcune sigle sindacali, la direzione SDA Express Courier sembra avere intenzione di avviare importanti processi di ristrutturazione aziendale, come riportato nell'articolo del 29 settembre 2017 sul sito Business Online, ricorrendo ad ammortizzatori sociali, trasferimenti forzati e licenziamenti per un notevole numero di operai attualmente in forza nei vari magazzini della società;

   il 2 ottobre 2017 si è svolto un nuovo sciopero nella sede SDA di Trinità, in provincia di Cuneo, in quanto, oltre alle problematiche nazionali, i lavoratori, a 4 giorni dalla scadenza dell'affidamento del servizio di trasporto merci e consegna, non sanno se potranno continuare a lavorare;

   SDA avrebbe dichiarato, come riportato in un articolo del 3 ottobre 2017 de La Stampa, che le agitazioni hanno compromesso le attività, denunciando alla Procura della Repubblica i comportamenti che hanno impedito il libero esercizio commerciale e lo svolgimento del servizio pubblico universale –:

   se il Ministro interrogato non intenda adoperarsi per attivare un tavolo istituzionale al fine di monitorare con costanza l'osservanza della normativa vigente a tutela delle maestranze dei siti della società SDA Express Courier dislocati sul territorio della regione Piemonte e affinché SDA rispetti le condizioni contrattuali.
(5-12626)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la cronaca locale riporta la notizia dell'ennesima crisi aziendale che porterà alla chiusura dello stabilimento della canali s.p.a. di Carate Brianza, noto marchio di abbigliamento famoso in tutto il mondo;

   per la Brianza produttiva significa perdere un altro nome di prestigio, oltre che il ridimensionamento dei livelli occupazionali, considerato che la chiusura dello stabilimento comporterà nell'immediato il licenziamento di 134 dipendenti all'interno dell'impianto di produzione (di cui 130 donne e 4 uomini);

   nonostante il ricorso nei mesi scorsi ai contratti di solidarietà, part-time e riduzione stipendiale per diverse lavoratrici, sembra che ciò non sia stato sufficiente a scongiurare la chiusura dello stabilimento ed il conseguente licenziamento degli addetti;

   il tavolo di discussione apertosi per il ritiro della procedura di licenziamento collettivo ed il vaglio di ulteriori e alternative proposte ha registrato una posizione di chiusura totale da parte della società –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda urgentemente adottare per garantire gli attuali livelli occupazionali presso la Canali s.p.a.;

   se non intenda avviare un tavolo istituzionale con tutte le parti coinvolte per addivenire ad una conclusione – in tempi rapidi e certi – della crisi aziendale, che soddisfi la proprietà, contribuisca a rilanciare la capacità produttiva del gruppo per non fermare gli impianti di produzione e, al contempo, salvaguardi i posti di lavoro.
(4-18377)


   PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'azienda Costruzioni Metalliche Prefabbricate (Cmp) con sede a Martinsicuro (Te) risulta oggetto di una proposta di concordato preventivo da parte dei commissari giudiziali che non prevederebbe la soddisfazione integrale del credito dei lavoratori dipendenti per il trattamento di fine rapporto (Tfr);

   il loro Tfr infatti sarebbe stato per grossa parte (l'81 per cento) «declassificato» a debito chirografario e non più privilegiato, per il quale è riconosciuta una soddisfazione al 5 per cento al credito, con ciò facendo svanire l'intero importo originario del credito derivante dal Tfr, nettamente più consistente per le tasche dai lavoratori;

   tale modifica sarebbe stata resa possibile da una nuova norma, mai utilizzata finora, che ad avviso dell'interrogante costituirebbe un precedente pericoloso;

   non si capisce come mai una proprietà che nel corso degli anni, secondo l'interrogante, si sia dimostrata poco accorta e a tratti irresponsabile tanto da condurre l'azienda al fallimento, debba ora anche risparmiare su quanto dovuto ai circa 80 lavoratori coinvolti, già licenziati;

   la legge che istituisce presso l'Inps il fondo garanzia (n. 297 del 1982, articolo 2), prevede che lo stesso sia istituito «con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del trattamento di fine rapporto, di cui all'articolo 2120 del codice civile, spettante ai lavoratori o loro aventi diritto» –:

   se e quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione a questa incresciosa situazione;

   se si intendano assumere iniziative volte a favorire l'uso da parte dell'Inps del fondo di garanzia citato – nel caso di esito positivo della proposta di concordato con approvazione della maggioranza dei creditori – dunque anticipando quanto dovuto ai lavoratori.
(4-18378)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 1 del decreto legislativo n. 149 del 2015, è stata istituita un'agenzia unica per le ispezioni del lavoro denominato «Ispettorato nazionale del lavoro»;

   l'agenzia, dovrebbe assicurare un'uniformità di azione ispettiva su tutto il territorio nazionale attraverso i propri uffici territoriali;

   l'ispettorato nazionale del lavoro, definisce la programmazione ispettiva e le specifiche modalità di accertamento e detta le linee di condotta e direttive di carattere operativo per tutto il personale ispettivo, compreso quello in forza presso l'Inps e l'Inail (articolo 17 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 23 febbraio 2016);

   l'obiettivo dell'ispettorato nazionale del lavoro era di aumentare l'efficacia dei controlli, ottimizzarne i tempi e migliorare l'efficienza del sistema;

   tuttavia, la complessità della materia e la presenza in campo di soggetti diversi, con ambiti di controllo differenti, hanno invece limitato i benefici;

   da molto tempo, nell'ambito di diverse assemblee indette dagli ispettori del lavoro emergono problemi riguardanti il passaggio delle funzioni e soprattutto del personale dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali all'Ispettorato nazionale del lavoro, avvenuto con modalità che hanno comportato un percorso al ribasso per tutto il personale coinvolto con relative professionalità già consolidate;

   in particolare, gli ispettori del lavoro lamentano la tempistica relativa alla contrattazione del Fondo unico di amministrazione (Fua), sia al livello centrale che decentrato, la mancata attuazione delle nuove progressioni economiche per il personale dell'ex Ministero del lavoro, la mancanza di strumenti operativi e informatici, il sistema di valutazione del personale e altro;

   infatti, a distanza di circa due anni, l'accorpamento non funziona, le attività ispettive sono fondamentalmente bloccate, non vi è una direzione congiunta, né un'omogeneità rispetto all'attività dell'Ispettorato nazionale del lavoro;

   la funzione svolta dagli ispettori è di grande importanza in particolare per il contrasto al lavoro nero, per l'accertamento delle violazioni in materia di lavoro e di tutela della sicurezza;

   tale funzione però è svilita e gli ispettori risultano destituiti di poteri poiché non sono stati dati loro gli adeguati strumenti per svolgere i loro compiti;

   infatti, nelle grandi città e aree metropolitane, vi è una carenza di organico rispetto alle dimensioni del territorio di competenza, pertanto gli ispettori del lavoro effettivamente impiegati nello svolgimento dell'attività di vigilanza non possono garantire l'assolvimento dei controlli;

   gli ispettori del lavoro parrebbero in procinto di aderire allo stato di agitazione nazionale, mentre molti ispettori di sedi varie, hanno già annunciato di non essere più disposti a utilizzare il mezzo proprio per i necessari spostamenti sui luoghi di lavoro, che intendano chiedere l'anticipazione delle spese per l'utilizzo dei mezzi pubblici, né effettuare lavoro straordinario e che non intendano partecipare a campagne ispettive speciali –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato affinché siano messe in campo le opportune e adeguate risorse in termini di strumentazione informatica e banche dati, per garantire la copertura assicurativa per i rischi connessi alla funzione ispettiva, nonché una formazione adeguata e il miglioramento delle condizioni professionali ed economiche degli ispettori del lavoro e l'assunzione di nuovo personale per il buon funzionamento dell'Ispettorato nazionale del lavoro.
(4-18390)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   OLIVERIO, SANI, FIORIO, LUCIANO AGOSTINI, ANTEZZA, CARRA, COVA, CUOMO, DAL MORO, DI GIOIA, FALCONE, MARROCU, MONGIELLO, PALMA, PRINA, ROMANINI, TARICCO, TERROSI, VENITTELLI, ZANIN, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il 4 novembre del 2016 è entrata in vigore la legge 199 per il contrasto al caporalato in agricoltura che ha rafforzato gli strumenti penali per la lotta contro questa piaga intollerabile;

   il fenomeno dell'intermediazione illegale e dello sfruttamento lavorativo in agricoltura – secondo stime sindacali e delle associazioni di volontariato – coinvolge circa 400.000 lavoratori in Italia, sia italiani che stranieri, ed è diffuso in tutte le aree del Paese e in settori dell'agricoltura molto diversi dal punto di vista della redditività, abbracciando un arco di produzioni che vanno dal pomodoro ai prodotti della viticoltura;

   il provvedimento, fortemente voluto dal partito democratico e approvato senza voti contrari, si inserisce comunque in un quadro di azioni già messe in atto dal Governo e risponde all'esigenza particolarmente avvertita di compiere un ulteriore e decisivo passo in avanti nella battaglia contro questa vera e propria piaga sociale;

   ad un anno dalla sua entrata in vigore si rilevano segnali molto positivi sull'applicazione di tale legge che ha previsto anche un potenziamento delle azioni di prevenzione del fenomeno; si registrano pertanto positivi aumenti dei controlli ed un'applicazione puntuale della norma come, tra l'altro, dimostrata dalle inchieste in corso da parte della magistratura su inaccettabili episodi di sfruttamento;

   inoltre, il numero limitato di episodi dimostra una responsabilizzazione di tutta la filiera agricola che si trova a subire la concorrenza sleale di chi si pone volontariamente fuori dalla legalità;

   in particolare, recenti inchieste giornalistiche, anche estere, stanno evidenziando importanti problemi di trasparenza e legalità nella filiera del pomodoro Made in Italy;

   gli impegni del Governo su questo tema sono stati confermati e rilanciati in una riunione del 18 ottobre 2017 a cui hanno partecipato i ministri Martina, Orlando, Poletti e Minniti insieme all'Inps, ai sindacati, alle organizzazioni agricole ed all'industria alimentare –:

   quali iniziative si stiano mettendo in campo per intensificare la lotta al caporalato, per rafforzare la rete del lavoro agricolo di qualità, per potenziare la trasparenza nei rapporti di filiera e per valorizzare il Made in Italy agroalimentare, con particolare riferimento alla filiera del pomodoro.
(3-03344)


   RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi dieci anni le attività legate alla pesca ed al diporto nautico del canale dei Pescatori di Ostia versano in gravi difficoltà economiche a causa della sabbia accumulata sui fondali che lo rende impraticabile e ne ostruisce l'uscita, una situazione che sta mettendo in ginocchio diportisti e pescatori che svolgono la propria attività lungo il canale di Fusano;

   dal 2012 ad oggi i pescatori hanno perso tre quarti delle giornate lavorative utili e, quindi, anche tre quarti del loro guadagno, e attualmente la situazione è talmente grave che l'uscita è completamente ostruita e il canale è del tutto impraticabile;

   oltre ai pescatori professionisti stanno subendo gravi danni sia i diportisti sia la locale associazione per le immersioni subacquee, che non riesce più ad uscire con i gommoni per portare i turisti nelle secche di Tor Paterno, più grande area marina protetta del mediterraneo, con le evidenti ripercussioni negative sul turismo;

   già da alcuni anni parte dei pescatori professionisti residenti nella zona sono stati costretti a spostare le loro imbarcazioni al porto-canale di Fiumicino, e anche alcuni diportisti si sono spostati al Porto Turistico o sul Tevere;

   i lavori per il dragaggio dei fondali del canale sono stati, negli anni, oggetto di diversi bandi ma non sono mai stati eseguiti, e questo ha determinato una condizione di forte inquinamento ambientale oramai non più risolvibile con interventi di manutenzione ordinaria ma che deve essere affrontata con interventi straordinari volti alla bonifica totale del canale, riportandolo agli originari cinque metri di profondità;

   il bando per il triennio 2017-2019, attualmente in essere, i cui lavori prevedono interventi di «manutenzione frequente nei mesi invernali», di «manutenzione normale nelle stagioni intermedie», di «manutenzione bassa nei mesi estivi», per una spesa complessiva di poco meno di duecentonovantamila euro, è perciò del tutto inadeguato a risolvere la situazione di emergenza venutasi a creare nel Canale;

   nell'attesa di un intervento risolutivo e nelle more della sua messa in atto i pescatori e tutti gli altri operatori del Canale continuano a trovarsi nell'impossibilità di lavorare –:

   se non ritenga di adottare iniziative volte a riconoscere un indennizzo per i pescatori e gli altri operatori del Canale dei Pescatori per il periodo già trascorso in cui, a causa delle inadempienze dell'amministrazione, non hanno potuto svolgere le proprie attività e fino a quando non sarà stata ripristinata la totale navigabilità e fruibilità del sito.
(3-03345)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VENITTELLI, FALCONE e ZANIN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   i dati dell'indagine Beach Litter 2017, condotta da Legambiente nell'ambito della campagna Spiagge e Fondali Puliti – Clean Up The Med, dicono che «su 62 spiagge italiane, per un totale di oltre 200 mila metri quadrati, sono stati trovati una media di 670 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia»;

   tra gli oggetti più trovati sulle spiagge «al primo posto ci sono le reti per la coltivazione dei mitili (11 per cento)» e «le attività produttive pesca e acquacoltura sono responsabili di una media di 95 oggetti ogni 100 metri di spiaggia: calze da coltivazione di mitili, cassette per il pesce, di plastica o polistirolo, e cime/corde con diametro inferiore a 1 cm»;

   in relazione alle reti per la coltivazione di mitili, la maggior parte sono state trovate sulle spiagge della costa adriatica, dove sono presenti 185 impianti di mitilicoltura attivi che producono ogni anno circa 40 mila tonnellate di mitili, pari al 50 per cento della produzione nazionale di molluschi;

   l'aumentata frequenza degli attrezzi da pesca abbandonati, persi o dismessi in mare (Ghostfishing, reti fantasma, il termine utilizzato nella letteratura scientifica) comporta un aumenta degli impatti sugli habitat costieri interessati da attività di pesca, ad esempio la cattura continua di pesci – conosciuta come «pesca fantasma» – e di altri animali quali tartarughe, uccelli e mammiferi marini, che rimangono intrappolati e muoiono, l'alterazione degli ecosistemi dei fondali marini, la creazione di rischi per la navigazione in termini di possibili incidenti in mare e danni alle imbarcazioni;

   sono quindi ingenti i danni economici che il fenomeno del marine litter – con il termine di rifiuti solidi marini (marine litter) si definisce qualsiasi materiale solido persistente (durevole) prodotto dall'uomo e abbandonato nell'ambiente marino – provoca al comparto pesca: secondo uno studio commissionato dall'Unione europea, l'impatto economico per il settore pesca è intorno ai 61,7 milioni di euro all'anno, il settore più danneggiato dai rifiuti marini dopo il turismo;

   occorre dunque prevenire la dispersione in mare delle reti di mitilicoltura di plastica, attraverso la sensibilizzazione e il controllo degli operatori economici ma anche attraverso la messa a sistema di una filiera che renda praticabile la gestione a terra delle reti, un'efficace raccolta e il loro corretto smaltimento; tale approccio consentirebbe di avviare ad una corretta gestione anche tutto il materiale plastico o di altra natura che viene rinvenuto nelle reti da pesca e che, attualmente, proprio a causa della mancanza di una filiera per il recupero, viene rigettato in mare;

   sarebbe inoltre necessario organizzare campagne di recupero dai fondali per bonificare e ripristinare le naturali condizioni ambientali, contribuendo a ridurre il rischio di incidenti e perdita degli attrezzi da pesca e a tutelare la sicurezza del lavoro dei pescatori;

   occorre infine sviluppare innovazione e ricerca, poiché i progetti in corso dimostrano che già oggi è possibile avviare al riciclo le reti, in un ciclo virtuoso di economia circolare, ma anche utilizzare nuovi materiali meno impattanti, se non del tutto biodegradabili, e prevedere quindi un graduale abbandono delle reti di plastica per l'allevamento in mare di mitili e cozze secondo un modello virtuoso già attuato con gli shopper –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare per contrastare il fenomeno del marine litter e se non intenda farsi promotore di un progetto di filiera sostenibile per la raccolta e il riciclo della plastica dispersa in mare e per il graduale passaggio all'uso di materiali sostenibili per le reti per l'allevamento in mare di mitili e cozze, salvaguardando così l'ambiente e il reddito dei pescatori.
(5-12619)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DE GIROLAMO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali n. 24978 del 25 settembre 2017, pubblicato in Gazzetta Ufficiale (serie generale) n. 253 del 28 ottobre 2017, è stata dichiarata l'esistenza del carattere di eccezionalità delle avversità atmosferiche verificatesi nei territori della regione Campania dal 18 aprile 2017 al 22 aprile 2017;

   nello specifico nel decreto sopra citato sono elencati i territori agricoli in cui possono trovare applicazione le specifiche misure di intervento previste dal decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, nel testo modificato dal decreto legislativo 18 aprile 2008, n. 82;

   nell'elenco dei territori sono ricomprese le province/città metropolitane di Avellino, Caserta, Napoli e Salerno, escludendo soltanto Benevento che, al contrario, è stata fortemente colpita dalle gelate che hanno investito il territorio del Sannio nelle nottate dal 19 al 22 aprile 2017;

   la volontà di escludere la provincia di Benevento dall'elenco dei territori colpiti dal maltempo, ad avviso dell'interrogante, suscita alcune perplessità, poiché il presidente della provincia di Benevento, nel mese di maggio 2017, ha richiesto la dichiarazione dello stato di calamità naturale, con apposita delibera, a seguito delle avversità atmosferiche registratesi ad aprile 2017;

   le gelate che hanno colpito il territorio del Sannio hanno danneggiato in misura irreparabile le colture pregiudicando i raccolti degli ortaggi, di frutta e di uva compromettendo, in questo modo, le produzioni che per migliaia di famiglie di agricoltori costituiscono l'unica fonte di sostentamento –:

   quali iniziative urgenti intenda intraprendere, per quanto di competenza, il Ministro interrogato al fine di prevedere, anche per la provincia di Benevento, adeguate misure di intervento a sostegno dei cittadini e delle imprese agricole danneggiate dagli eventi atmosferici verificatisi nella regione Campania dal 18 aprile 2017 al 22 aprile 2017.
(4-18380)


   LUPO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il glifosato, noto anche come erbicida totale, non selettivo, è il principio attivo dei diserbanti chimici più venduti al mondo ed è ampiamente impiegato in ambito agricolo;

   la liceità d'utilizzo della sostanza sopra citata è ampiamente discussa sia in ambito scientifico che in ambito politico; a titolo esemplificativo, si richiamano la posizione, del mese di luglio 2017, di proroga dell'utilizzo proposta da parte della Commissione europea, e la contrapposta posizione del Parlamento europeo che ne chiedeva il divieto d'utilizzo;

   ad oggi, in Italia, la presenza di glifosato all'interno del frumento è consentita nella misura di 10mg/kg;

   così come emerso da una recente inchiesta giornalistica, l'Istituto Ramazzini ha appena concluso uno studio sull'uso di glifosato in dosi minime, ovvero al disotto di quelle stabilite per legge; lo stesso dimostra come la presenza di glifosato ha un effetto genotossico sull'organismo e, anche se in dosi minime, la sostanza provoca effetti allarmanti sull'equilibrio ormonale;

   l'istituto Ramazzini, ultimato lo studio, ha prontamente informato il Governo sulle nuove evidenze scientifiche, in particolare, inviando una lettera all'attenzione del Ministro Martina; nella stessa si può leggere: «il nostro studio pilota mette in evidenza un impatto notevole del glifosato in termini di salute pubblica» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti citati in premessa;

   quali orientamenti i Ministri interrogati intendano esprimere alla luce delle nuove evidenze scientifiche proposte dall'Istituto Ramazzini;

   se non si ritenga opportuno, alla luce di quanto descritto in premessa, intervenire con iniziative anche a carattere d'urgenza, al fine di tutelare la salute pubblica.
(4-18397)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   ZACCAGNINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con la lettera del 21 febbraio 2017, il garante per la protezione dei dati personali ha scritto alla regione Lombardia sulle modalità con le quali la regione vorrebbe mettere a disposizione di Ibm, e del suo centro «Watson Health» a Milano, i dati sulla salute;

   così come segnalato da più organi di stampa e tv, la regione Lombardia è impegnata nel progetto che prevede la creazione del centro Ibm nelle ex aree Expo e la cessione della società Ibm di dati personali relativi a prestazioni sanitarie e farmaceutiche degli assistiti e detenuti dalla regione e dall'Aifa;

   il presidente Roberto Maroni il 7 aprile 2017, durante il suo viaggio negli Stati Uniti, nella Silicon valley, missione di Confindustria, ha dichiarato: «Siamo qui per tanti motivi. Per capire quali sono le opportunità per noi, per portare aziende che vengano a investire in Lombardia come l'IBM con il centro Watson[...]»;

   già il Garante per la protezione dei dati personali ha scritto il 21 febbraio 2017 al Governo sia alla regione, per chiedere delucidazioni in merito all'accordo con Ibm che prevedrebbe appunto la consegna alla società dei dati personali relativi alla salute dei lombardi in cambio della realizzazione a Milano del «Watson Health»;

   il garante ricorda che il codice della privacy «considera dato personale qualsiasi informazione relativa a persona fisica identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale [...]. Sono annoverati come dati sensibili i dati personali idonei a rilevare lo stato di salute e la vita sessuale»; inoltre afferma: «I dati, trattamenti di dati sanitari per fini di ricerca medica, biomedica ed epidemiologica, possono prescindere dal consenso dell'interessato solo quando la ricerca sia prevista da un'espressa disposizione di legge». Possono trattare dati personali solo «soggetti appositamente designati responsabili esterni del trattamento, individuati fra soggetti che per esperienza, capacità ed affidabilità, forniscano piena garanzia del pieno rispetto delle vigenti disposizioni». Dunque, i dati personali non solo sono sensibili da un punto di vista della privacy e dell'anonimato, ma rappresentano anche un enorme patrimonio economico con un valore inestimabile;

   Watson Health è un sistema di cognitive computing creato nel 2015 da IBM per la raccolta e l'elaborazione di dati sanitari globali «al fine di migliorare la salute e la vita dei cittadini» e «migliorare la capacità di d'innovazione dei medici, ricercatori e assicuratori, facendo emergere elementi di conoscenza dall'enorme quantità di dati personali creati e condivisi ogni giorno»;

   così come diffuso da dati di stampa si apprende che nella «Proposta di contratto di sviluppo industriale» tra SofLayer Technologies Italia, società di IBM, e Ministero dello sviluppo economico, IBM è libera di utilizzare i dati raccolti «anche per finalità ulteriori per quelle progettuali» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano intraprendere in proposito;

   se non reputino opportuno e necessario chiarire quali siano i termini precisi del contratto fra Ibm e Ministero dello sviluppo economico che coinvolgono gli abitanti della regione Lombardia;

   se i Ministri interrogati non reputino di dover assumere iniziative, per quanto di competenza, in relazione alla realizzazione del centro «Watson Health» a Milano, così come descritto in premessa, sulla base dell'intervento e delle valutazioni del Garante per la protezione dei dati personali, che intravede delle irregolarità manifeste in base al codice della privacy.
(4-18394)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GINEFRA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 17 ottobre 2017 si è tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico un incontro concernente la procedura di cessione avviata dal Gruppo Gas Natural Fenosa delle società con cui opera in Italia quali: Gas Natural Italia S.p.A., Gas Natural Vendita Italia S.p.A., Nedgia S.p.A;

   la riunione è stata presieduta dal dottor Giampietro Castano, responsabile della struttura per la crisi di impresa;

   il dottor Castano, dopo aver illustrato brevemente l'esito e gli impegni assunti da parte dell'azienda nel corso dell'ultimo incontro avvenuto in data 2 ottobre 2017 ha comunicato di aver appreso, a mezzo stampa, dell'avvenuta conclusione dell'operazione di cessione degli asset aziendali italiani, stigmatizzando tale comportamento irriguardoso verso il Ministero dello sviluppo economico da parte dell'azienda considerata la presenza di un tavolo istituzionale aperto proprio su questo;

   i rappresentanti della «Gas Natural», hanno confermato la fondatezza della notizia, precisando però che l'operazione non è conclusa e che si è in presenza solo di un contratto preliminare finalizzato alla cessione degli asset italiani;

   in quella sede le organizzazioni sindacali hanno immediatamente sollevato la questione del futuro di impianti e dei lavoratori, chiedendo rassicurazioni sulla «continuità occupazionale» per tutti i dipendenti delle società italiane coinvolte nella cessione, nonché sul piano industriale da parte dei potenziali acquirenti;

   l'operazione di cessione interesserebbe le seguenti società: 2i Rete Gas S.p.A. che rileverà Gas Natural Italia S.p.A. e Nedgia S.p.A, mentre Edison acquisirà Gas Natural Vendita Italia S.p.A.;

   il closing dell'operazione, che coincide con la stipula del contratto definitivo, sarà perfezionato nei prossimi mesi e interesserà tutti i lavoratori, compresi quelli assunti con contratti interinali;

   le organizzazioni sindacali, hanno evidenziato che la società «Edison» opera principalmente nel nord Italia e pertanto hanno chiesto garanzie sul futuro dei siti operanti nel Mezzogiorno;

   particolare preoccupazione è stata espressa per la sorte dei lavoratori della società di servizi Gas Natural Italia, che dopo il closing con 2iretegas, avrà un contratto di prestazione di servizi per entrambe le società acquirenti di durata di 12 mesi + 6 prorogabili senza garanzia di rapporto di continuità;

   le organizzazioni sindacali, unitamente ai rappresentanti della regione Puglia e della regione Lombardia, hanno richiesto di coinvolgere nel tavolo di gestione della vertenza anche le due società promissarie acquirenti;

   il dottor Castano, dopo aver rilevato l'opportunità e la legittimità delle richieste formulate dalle organizzazioni sindacali e dalle istituzioni, ha concluso la riunione dichiarando che il tavolo di confronto tra le parti verrà riconvocato nei prossimi giorni, e che la partecipazione sarà estesa anche ad «Edison» ed a «2i Rete Gas», al fine raggiungere un'intesa che possa garantire al meglio le prospettive occupazionali;

   in risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-10479 presentato dall'interrogante in merito a tale vertenza, il Governo aveva previsto che «il passaggio a nuovo gestore, avverrà senza soluzione di continuità e alle stesse condizioni economiche godute presso il precedente gestore»;

   è assolutamente opportuno che il closing preveda la presenza di un piano industriale che assicuri la presenza di una sede presso Acquaviva delle Fonti per evitare una penalizzazione dei lavoratori e del territorio –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, prima della riconvocazione del tavolo di confronto sopra richiamato al fine di assicurare una continuità occupazionale e produttiva dei siti sopra citati nell'ambito della suddetta operazione industriale e di scongiurare una penalizzazione della Puglia.
(5-12628)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'azienda Dg Capital Service di Castelnuovo (Te) – che si occupa di riciclo della plastica – ha avviato dal mese di agosto 2017 le procedure di licenziamento per cessazione di attività a causa della perdita di una grossa commessa, licenziamento che vede coinvolti 79 lavoratori;

   nel corso di queste ultime settimane sono stati diversi gli incontri in provincia per evitare una soluzione così drastica, senza che però si sia intravisto uno spiraglio data la fermezza dell'azienda, che al massimo si sarebbe detta disponibile a un incentivo all'esodo o, laddove le condizioni di mercato lo consentissero, all'eventuale reimpiego di lavoratori in altre aziende collegate al gruppo;

   i lavoratori in agitazione, oltre che protestare contro il licenziamento collettivo, rivendicano l'applicazione del contratto nazionale «gomma plastica» (in linea con le attività svolte in azienda) al posto dell'attuale contratto «multiservizi» e, attraverso i sindacati, denunciano misere buste paga –:

   dato il contenzioso in atto, se si intenda avviare, per quanto di competenza, un tavolo di crisi presso il Ministero dello sviluppo economico che affronti e risolva la situazione, con l'obiettivo di evitare la perdita anche un solo posto di lavoro.
(4-18379)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Di Salvo e altri n. 1-01742, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 ottobre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bruno Bossio, Cenni.

  La mozione Santerini e Dellai n. 1-01745, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sberna.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Fregolent n. 5-12595, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bonomo.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Galgano n. 1-01736, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 873 del 18 ottobre 2017.

   La Camera,

   premesso che:

    le violenze fisiche, sessuali e psicologiche contro le donne rappresentano un abuso contro i diritti umani;

    l'Agenzia dei diritti fondamentali dell'Unione europea (FRA) ha presentato a Bruxelles il nuovo rapporto sulla violenza contro le donne. Dall'analisi emerge che una donna su tre (il 33 per cento) ha subito violenza fisica e/o violenza sessuale dai 15 anni in su. La percentuale sale al 43 per cento nei casi di violenza psicologica;

    è sconcertante rilevare quanto siano ancora troppo poche le donne che, a seguito di un episodio di violenza, denunciano gli abusi alle autorità competenti. Dal rapporto emerge che solo il 14 per cento ha denunciato alla polizia l'episodio di violenza più grave subito dal partner, percentuale che scende al 13 per cento per i casi in cui l'aggressore non era il partner;

    in Italia, secondo un recente studio dell'Istat sono oltre cento le donne che ogni anno, vengono uccise da uomini. Nel 2016 sono state 120 le vittime di femminicidio e nel 2017 la media è di una vittima ogni tre giorni. Negli ultimi dieci anni le donne uccise sono state circa 1.740, di cui 1.251 (il 71,9 per cento) in famiglia. Inoltre, è stato rilevato che: 3 milioni e 466 mila sono le donne che nell'arco della propria vita hanno subito stalking, ovvero atti persecutori da parte di qualcuno. Di queste: 2 milioni e 151 mila sono le vittime di comportamenti persecutori dell'ex partner. Il dato preoccupante è che il 78 per cento delle donne che ha subito stalking, non si è rivolta ad alcuna istituzione e non ha cercato aiuto;

    da uno studio dell'Istat pubblicato nel giugno del 2015, emerge che sono circa 6 milioni 788 mila le donne che hanno subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Il 20,2 per cento ha subito violenza fisica, il 21 per cento violenza sessuale, il 5,4 per cento forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono 652 mila le donne che hanno subito stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri;

    dai dati forniti dalla polizia la durezza delle violenze è sempre più grave: aumentano quelle che hanno subito ferite (dal 26,3 per cento al 40,2 per cento da partner) e il numero di donne che hanno temuto per la propria vita (dal 18,8 per cento del 2006 al 34,5 per cento del 2014);

    il 19 giugno 2013 il Parlamento italiano ha approvato, in via definitiva, la legge per la ratifica e l'esecuzione della convenzione del Consiglio d'Europa, nota come Convenzione di Istanbul, contro la violenza sulle donne e la violenza domestica;

    la convenzione di Istanbul pone l'accento su un tema importante, quello della «vittimizzazione secondaria», ovvero la colpevolizzazione della vittima, che consiste nel ritenere chi ha subito una violenza o altre sventure parzialmente o interamente responsabile di ciò che le è accaduto, inducendo la stessa ad autocolpevolizzarsi. Un atteggiamento di «colpevolizzazione» è anche connesso con l'ipotesi che si deve conoscere e accettare una supposta «natura intrinseca»;

    dalle indagini all'eventuale dibattimento si richiedono tempi che spesso non sono assolutamente conciliabili con le esigenze di urgenza legate ad una situazione di violenza. La fase istruttoria dura solitamente due anni e altrettanti ce ne vogliono per avere la sentenza di primo grado. Se si continua in secondo e terzo grado possono essere necessari anche sino a 10 anni e, solo a conclusione di tutto l’iter processuale, l'eventuale sentenza di condanna diventa definitiva e può essere eseguita;

    sono numerosi gli esempi di casi prescritti come purtroppo accaduto a Torino in un odioso caso di violenza su una bambina di sette anni, procedimento non concluso e prescritto dopo venti anni (già ricordato nella interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3/02837 del 1 marzo 2017);

    l'obbligo del braccialetto elettronico per i responsabili di violenze note, già segnalate e denunciate e che abbiano conseguentemente ricevuto un provvedimento di ammonimento, sarebbe un ottimo strumento per tenere sotto controllo chi è indagato o accusato di molestie sulle donne. L'utilizzo di questo dispositivo permetterebbe la costante localizzazione da parte delle forze dell'ordine dei «persecutori»;

    la mancata denuncia del proprio «persecutore» da parte delle donne vittime di violenza di genere è da attribuire anche al fatto di essere spesso la parte economicamente debole;

    in Italia si registra un alto tasso di disoccupazione femminile: secondo un recente studio dell'Istat il tasso di occupazione delle donne (15-64 anni) a giugno 2017 ha raggiunto il 48,8 per cento, dato tra i più bassi in Europa (fonte Eurostat);

    le vittime di violenza di genere hanno il diritto di avere giustizia e poter vivere una vita per quanto sia possibile normale, senza il timore di ritorsioni da parte dei loro aggressori violenti;

    l'ultimo piano straordinario nazionale contro la violenza sessuale e di genere è stato adottato con decreto del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2015 con durata biennale. Attualmente, si è a conoscenza solo di una bozza delle linee strategiche del prossimo piano,

impegna il Governo

1) ad assumere iniziative normative per abbreviare la durata dei processi in materia, al fine di arrivare ad una sentenza che venga emessa prima dei tempi previsti per la prescrizione;

2) ad assumere iniziative per consentire e favorire l'utilizzo della video registrazione come testimonianza delle vittime in sede di incidente probatorio, per evitare alle donne una ulteriore violenza psicologica causata da testimonianze reiterate durante il percorso giudiziario;

3) ad assumere iniziative per destinare fondi per la formazione specialistica del personale dell'amministrazione della giustizia, dei Corpi di sicurezza statali, del pronto soccorso e del personale sanitario, per affrontare in modo professionale la tutela delle vittime e il contrasto alla violenza di genere;

4) a sostenere una maggiore diffusione del manuale comunitario delle buone pratiche per combattere la violenza contro le donne;

5) a promuovere campagne istituzionali di educazione, sensibilizzazione e informazione sul tema della violenza di genere;

6) a monitorare l'applicazione delle disposizioni vigenti in materia di braccialetto elettronico;

7) a istituire un fondo speciale per il microcredito a favore di start up costituite da vittime di violenza;

8) a rendere noti i risultati del piano 2015-2017, nonché i contenuti e le tempistiche del nuovo piano nazionale contro la violenza sessuale e di genere;

9) a fornire la rendicontazione in formato open data circa le attività finanziate attraverso i fondi della legge 119/2013 che le amministrazioni locali hanno gestito, al fine di monitorare l'impiego delle risorse suddette e valutare l'impatto sociale delle misure adottate.
(1-01736) (Nuova formulazione) «Galgano, Oliaro, Mucci, Bueno, Monchiero, Mazziotti di Celso, Menorello, Molea, Quintarelli, Bombassei, Catalano, Vaccaro».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Segoni n. 4-17392 del 20 luglio 2017.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Senaldi n. 4-18364 del 6 novembre 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-12623.