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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 9 gennaio 2014

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per la coesione territoriale, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   in data 10 dicembre 2013 è stata presentata dal Ministro Trigilia lo schema di Accordo di Partenariato per la nuova programmazione dei Fondi strutturali europei 2014-2020, contenente l'impianto strategico e gli undici obiettivi tematici (OT) individuati, con i relativi risultati attesi;
   l'Accordo di partenariato rappresenta uno strumento fondamentale per lo sviluppo, la crescita e l'aumento della competitività del paese nei prossimi anni;
   lo schema di contratto di partenariato 2014-2020 assumerà la sua forma definitiva solamente in seguito alle osservazioni della Commissione europea, delle amministrazioni centrali e regionali, delle rappresentanze dei comuni e del partenariato e in seguito all'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, prima della stipula con le autorità dell'Unione europea (quest'ultimo previsto da un'importante novità introdotta dall'articolo 1, comma 156-bis, legge di stabilità 2014);
   sulla base di quanto annunciato dal Ministro Trigilia e riportato nel già citato Accordo, l'Italia potrà beneficiare di un totale di risorse comunitarie pari a circa 32 miliardi di euro (derivanti da Fondi FESR e FSE), a cui dovrebbero aggiungersi risorse, di pari cifra, di co-finanziamento nazionale (per un totale complessivo di 63,6 miliardi), insieme alle quote di cofinanziamento di fonte regionale da destinare ai Programmi operativi regionali-POR (pari al 30 per cento del cofinanziamento complessivo del programma); si tratta di risorse importanti, utilizzabili per il superamento della crisi economica attraverso interventi mirati nel campo della ricerca e della competitività economica;
   a completamento della programmazione settennale rileva anche la dotazione aggiuntiva assegnata dalla legge di stabilità 2014 al Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC-ex Fondo Fas), stimata in 54,8 miliardi, l'80 per cento dei quali a favore del Mezzogiorno, e che finanzierà esclusivamente le infrastrutture, comprensive di quelle digitali;
   tuttavia, tale dotazione aggiuntiva del Fondo per lo sviluppo e la coesione sarà in gran parte decurtata per il finanziamento di interventi necessari di messa in sicurezza del territorio, di bonifica di siti di interesse nazionale (Sin) e in materia di politiche ambientali. La legge di stabilità prevede, infatti, che 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 siano destinati per interventi nei territori colpiti da eventi calamitosi dal 2009, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione;
   le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione finalizzate alle infrastrutture digitali e al completamento e miglioramento della rete digitale (banda larga e ultra-larga), gran parte delle quali dirottate per altri interventi risulteranno, dunque, insufficienti e inadeguate a realizzare gli obiettivi di riduzione del digital divide infrastrutturale nel breve periodo;
   eppure la rilevanza strategica dell'agenda digitale, in un momento cruciale per il nostro Paese, imporrebbe la priorità di investire nell'economia digitale, per perseguire obiettivi di crescita, migliorare la produttività delle imprese, l'efficienza della pubblica amministrazione con la realizzazione del sistema dei pagamenti elettronici, lo sviluppo di servizi digitali, la diffusione di nuove tecnologie, in particolare quelle di quarta generazione, per creare nuove professionalità digitali e ampliare le opportunità di partecipazione alla società della conoscenza;
   con l'Agenda digitale si potrebbero ottenere risultati virtuosi anche maggiori rispetto a quelli derivanti dall'attesa spending review. Una compiuta dematerializzazione consentirebbe, infatti, di ottenere risparmi pari a 43 miliardi di euro l'anno di cui 4 miliardi di euro l'anno di soli risparmi per gli approvvigionamenti, 15 miliardi di euro l'anno di risparmi legati all'aumento di produttività del personale, 24 miliardi di euro l'anno di risparmi sui «costi di relazione» tra Pubblica amministrazione e imprese, grazie a uno snellimento della burocrazia – come dimostrano i dati dell'Osservatorio fatturazione elettronica e dematerializzazione del Politecnico di Milano;
   il Presidente del Consiglio dei ministri Letta, in vista del Consiglio europeo di Bruxelles del 24 e 25 ottobre 2013, ha sottolineato l'importanza strategica dell'Agenda digitale, assicurando l'impegno italiano «affinché le fonti di finanziamento europeo, a partire dai fondi strutturali, e della Connecting Europe Facility siano orientate maggiormente verso la costruzione delle reti a banda larga e ultra larga»;
   l'agenda digitale nazionale, facendo propri gli obiettivi dell'Agenda digitale europea (Digital Agenda for Europe) mira all'azzeramento del digital divide, per consentire l'accesso ad internet a tutti i cittadini entro il 2020 e la forniture di servizi online per il miglioramento della qualità della vita. I Piani nazionali (Piano nazionale banda larga e progetto strategico banda ultra larga) hanno il compito di perseguire tali obiettivi;
   l'Italia, tuttavia, è ancora molto lontana dai traguardi europei. Per le infrastrutture di rete l'Italia registra la peggiore qualità di servizio in termini di lentezza delle connessione (con una media di 4,4 Mbps) e per le quali nella decisione della Commissione europea relativa al Piano nazionale banda ultralarga, si definisce un fabbisogno di euro 2,5 miliardi entro il 2015 (secondo i dati del Ministero dello sviluppo economico);
   per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana e colmare il gap che distanzia in nostro Paese dai Paesi europei più avanzati, sarebbero necessari circa 10 miliardi di euro – così come stimato dal direttore dell'Agenzia per l'Italia digitale, Agostino Ragosa, il quale ha segnalato come tale cifra possa essere reperita anche attraverso l'utilizzo dei fondi comunitari;
   dallo schema di Accordo di partenariato, per ciò che attiene all'allocazione agli Obiettivi tematici (OT) divisi per categoria di regioni (Fondi FESR e FSE 2014-2020), si evince che i fondi comunitari previsti per l'attuazione dell'OT2 (Obiettivo tematico 2 – Agenda Digitale) risultano essere pari a 1.812 milioni di euro, suddivisi in 327 milioni per le regioni più sviluppate, 72 per le regioni in transizione e 1.413 per le regioni meno sviluppate;
   l'analisi complessiva circa l'allocazione delle risorse per lo sviluppo e il miglioramento delle infrastrutture digitali evidenzia una composizione frammentaria dei finanziamenti e delle azioni connesse a tale obiettivo e il rischio è quello di ridurre impatto ed efficacia degli interventi;
   per l'attuazione dell'Agenda digitale europea occorrerebbe fare riferimento non solo alle risorse del già citato OT2 (Obiettivo tematico 2 – Agenda digitale) ma a quelle di tutti gli 11 obiettivi tematici, al fine di poter concorrere, anche a valere dei fondi europei, alla realizzazione dell'Agenda digitale italiana che, come già segnalato, richiede la programmazione di risorse stimate in circa 10 miliardi di euro;
   affinché i piani di attuazione dell'agenda digitale diventino realmente un'occasione per l'affermarsi di politiche integrate per la crescita del nostro Paese, occorre orientare le risorse comunitarie verso una concentrazione dei diversi interventi e delle molteplici componenti dell'agenda digitale in un unico Programma operativo nazionale (PON); ciò permetterebbe di programmare un approccio coordinato e integrato, affinché gli interventi siano progettati nell'ambito di un'organica struttura programmatica per la realizzazione dell'Obiettivo 2 (Agenda digitale);
   le opere infrastrutturali relative alla banda larga e ultralarga non sono assimilabili alle infrastrutture pesanti né per tempistica di progettazione (il progetto Piano banda ultralarga già c’è ed è già operativo) né di implementazione, anche in considerazione del fatto che con le nuove tecniche gli scavi di appena 15 cm di larghezza (minitrincee) sono spesso sufficienti;
   solo le operazioni infrastrutturali già identificate e giunte ad uno stadio di maturazione progettuale “adeguato” possono rientrare nella programmazione europea dei Fondi strutturali e il Piano Strategico Banda Ultralarga rientra pienamente in questi parametri –:
   se non ritengano i ministri interpellati di dover meglio precisare su quanti fondi strutturali europei del nuovo ciclo di programmazione 2014-2020 possa contare l'Agenda digitale italiana nel suo complesso, fornendo altresì motivazioni circa i criteri scelti per la ripartizione finale delle risorse a disposizione, ai fini dell'Accordo di partenariato;
   se i Ministri interpellati non ritengano di dover destinare una quota cospicua dei fondi europei 2014-2020 allo sviluppo di progetti per l'Agenda digitale, prevedendo, ai fini dell'Accordo definitivo di partenariato, anche l'istituzione di un Programma operativo nazionale (PON), in grado di assicurare il fabbisogno di risorse stimato dall'Agenzia per l'Italia digitale e di ricomprendere, in modo coerente, organico e bilanciato tutte le componenti dell'Agenda digitale, accogliendo in tal modo una richiesta analoga delle Regioni e del referente delle regioni per la cabina di regia per l'Agenda digitale.
(2-00359) «Coppola, Crivellari, Carlo Galli, Garofani, Fossati, Scalfarotto, Rossomando, Marco Meloni, Carbone, Tullo, Carrescia, Ermini, Iori, Famiglietti, Fanucci, Boccuzzi, Gelli, Del Basso De Caro, Gozi, Tidei, Marco Di Maio, Misiani, Gandolfi, Donati, De Menech, Gribaudo, Guerra, Giampaolo Galli, Cinzia Maria Fontana, Folino, Madia, Lodolini, Tino Iannuzzi, Iacono, Bonaccorsi, Marroni, Martelli, Bruno Bossio, Rotta».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   il 13 settembre 2012, i Ministri per la cooperazione internazionale e l'integrazione e per la coesione territoriale, presentarono alla stampa l'iniziativa «Giovani del no profit per lo sviluppo del Mezzogiorno»;
   l'iniziativa, articolata in due bandi «Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici» e «Giovani per il sociale», era volta a promuovere e sostenere i progetti per il rafforzamento della coesione sociale ed economica del Sud, mediante il recupero di spazi comuni, la valorizzazione di beni pubblici, l'inclusione, il coinvolgimento e il sostegno di giovani in condizioni di disagio, con l'obiettivo di dare impulso all'imprenditoria giovanile, all'occupazione sociale e di promuovere la cittadinanza attiva e la solidarietà;
   le azioni progettuali avevano come beneficiari diretti i giovani di età compresa tra i 14 e i 35 anni, in linea con le indicazioni dell'Unione europea sul rafforzamento degli interventi diretti ai giovani, finalizzati all'inclusione sociale e alla crescita personale;
   le risorse programmate per l'attuazione dell'intervento nel quadro degli obiettivi del Piano di Azione e Coesione ammontavano a 23.709.000 euro per il bando «Giovani per il sociale» e 12.763.000 euro per «Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici»;
   il 28 febbraio 2013, il Dipartimento della gioventù e del Servizio civile nazionale ha reso note le proposte progettuali che, in assenza dei preliminari requisiti formali di ricevibilità, sono state escluse dalla valutazione progettuale affidata ad un'apposita Commissione;
   ad oggi, però, non risultano ancora pubblicate le graduatorie dei progetti ammessi di entrambi gli avvisi pubblici;
   sono molte le associazioni e gli enti che aspettano risposte dal Governo per sapere se e come saranno finanziati i progetti presentati per poter attuare gli interventi individuati a favore della coesione sociale e della valorizzazione dei beni pubblici –:
   quali siano le ragioni del ritardo nella pubblicazione delle graduatorie di merito di entrambi gli avvisi pubblici in parola;
   considerando la perdurante crisi e le difficoltà occupazionali del Mezzogiorno, quali urgenti iniziative intendano attivare al fine di dare risposte concrete alle tante realtà coinvolte in tale lodevole iniziativa, per rendere attuabili i progetti volti alla valorizzazione delle risorse latenti, allo sviluppo di imprese sociali, creativo-culturali giovanili e di reti di sussidiarietà tra organizzazioni di terzo settore, enti pubblici e imprese profit eticamente sostenibili. (5-01834)


   FREGOLENT, MARTELLI e PICCOLI NARDELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il prefetto, si legge nel sito internet del Ministero dell'interno, «è un organo periferico dell'Amministrazione statale con competenza generale e funzioni di rappresentanza governativa a livello provinciale»; il Prefetto «rappresenta, in ambito provinciale, il Governo nella sua unità»;
   nella seduta del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2013 il Governo, su proposta del Ministro dell'interno Angelino Alfano ha, tra l'altro, nominato 22 nuovi prefetti;
   ad oggi sono quindi saliti a 207 i prefetti in carica, a fronte di 105 prefetture esistenti in Italia;
   la Camera dei deputati ha approvato, nei giorni scorsi ed in prima lettura, il disegno di legge di iniziativa governativa che disciplina anche la soppressione delle province. Il testo è attualmente in discussione al Senato;
   negli ultimi anni sono state approvate numerose leggi per ridurre le spese della pubblica amministrazione e degli enti territoriali: come ad esempio la legge 102 del 2010, la legge 214 del 2011, la legge 135 del 2012, la legge 228 del 2012;
   con l'articolo 49-bis del decreto-legge numero 69 del 2013 è stato inoltre definito il programma di lavoro per il periodo 2014-2016 del Commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica;
   appare quindi all'interrogante palesemente incoerente l'azione del Governo: se da un lato promuove la razionalizzazione e la riduzione della spesa pubblica dall'altro nomina 22 nuovi prefetti che rappresentano, almeno dal punto di vista economico, un aggravio per il bilancio dello Stato;
   tali contraddizioni emergono ancora maggiormente tenendo conto sia il numero dei prefetti, che sono oggi quasi il doppio rispetto alle sedi territoriali preposte, sia il loro ruolo istituzionale dal momento che il disegno di legge del Governo sull'abolizione delle province è già stato approvato da un ramo del Parlamento –:
   per quali reali e giustificati motivi, alla luce di quanto esposto in premessa, siano stati nominati 22 nuovi prefetti nella seduta del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2013;
   se tale nomina comporti un aggravio per il bilancio dello Stato ed in quale misura e se tale nomina sia in contraddizione rispetto agli altri indirizzi del Governo, a partire dalla riduzione della spesa pubblica ed alla soppressione delle province. (5-01835)


   BELLANOVA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   oggi uno studente di 17 anni ha perso la vita dopo essere precipitato nel vuoto, facendo un volo di circa 10 metri, in un pozzo luce che si trova all'interno dell'area adibita alle attività di educazione fisica della succursale del liceo scientifico De Giorgi in via Delle Anime, a Lecce;
   questa tragedia pare sia avvenuta al termine dell'ora di educazione fisica. Dalle prime ricostruzioni giornalistiche si apprende che il ragazzo sia precipitato nel vuoto nel tentativo di recuperare il suo giubbotto che era stato lanciato per scherzo da un compagno di scuola, dall'altro lato di una inferriata. Quest'ultima delimita un'area ricoperta da un materiale leggero, una copertura per gli scantinati sottostanti. Secondo quanto emerso finora il ragazzo avrebbe preso una sedia e si sarebbe arrampicato sulla inferriata, scavalcandola. Appena sceso dall'altro lato la copertura non ha retto il peso ed ha ceduto, facendo precipitare nel vuoto. Sempre dalla stampa emerge che nessun cartello indicasse un pericolo;
   proprio oggi il rapporto annuale di Legambiente - Ecosistema Scuole segnala che «oltre il 60 per cento degli edifici scolastici sono stati costruiti prima del 1974, data dell'entrata in vigore della normativa antisismica, il 37,6 per cento delle scuole necessita di interventi di manutenzione urgente, il 40 per cento sono prive del certificato di agibilità, il 38,4 per cento si trova in aree a rischio sismico e il 60 per cento non ha il certificato di prevenzione incendi». Dal Rapporto emerge anche «la disparità degli investimenti per la manutenzione straordinaria e ordinaria. Nel 2012 l'investimento medio per la manutenzione straordinaria ad edificio scolastico è stato di 30.345 euro contro i 43.382 del 2011. Nel nord la media degli investimenti per la manutenzione straordinaria è quasi tre volte quella del sud, nonostante vi sia una maggiore necessità di interventi nel meridione legata anche alla fragilità del territorio, al rischio idrogeologico, sismico e vulcanico»;
   ben sapendo che nel tragico intervento sopra citato gli accertamenti degli organi preposti sono ancora in corso, l'interrogante non può però sottacere il dato che emerge in queste ore tra le coscienze di tanti cittadini su quale livello di sicurezza presentano ad oggi i nostri istituti scolastici e come sia possibile che un pozzo luce con una profondità tale sia, di fatto, presente in una struttura scolastica e peraltro non sia segnalato –:
   se il Governo non ritenga opportuno avviare di concerto con gli organi territoriali preposti un capillare monitoraggio circa le condizioni di sicurezza degli istituti scolastici e quali provvedimenti si intendano adottare per potenziare il livello di sicurezza degli istituti scolastici attraverso l'impiego di risorse adeguate.
(5-01837)


   CIPRINI, ROSTELLATO, RIZZETTO, TRIPIEDI, COMINARDI, BECHIS e CHIMIENTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   la legge di conversione del decreto legge n. 101 del 2013 ha sostituito, fra l'altro, il comma 5-bis dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
   in forza di tali modifiche il primo periodo del nuovo testo dispone che «Ferma restando la dotazione effettiva di ciascuna amministrazione, gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, anche a dirigenti non appartenenti ai ruoli di cui all'articolo 23, purché dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, aspettativa non retribuita, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti»;
   gli atti preparatori confermano che la lettura da dare a tale previsione normativa deve essere effettuata in relazione all'esigenza di fornire alla pubblica amministrazione uno strumento per sopperire alla carenza di figure dirigenziali derivante dalla riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni, in conseguenza della riduzione obbligatoria delle dotazioni organiche, in base ai diversi provvedimenti di spending review e di blocco del turn-over succedutisi nel tempo;
   i soggetti che possono assumere incarichi ex articolo 5-bis, alla luce della summenzionata ratio della disposizione, sembrano essere anche i dipendenti delle amministrazioni pubbliche e degli organi costituzionali anche se non appartenenti ai ruoli di cui all'articolo 23 del decreto legislativo n. 165 del 2001 ovvero anche a soggetti che non appartengono ai ruoli della dirigenza e che facciano parte della medesima amministrazione;
   assumendo tale interpretazione, acquisterebbe senso anche la differenza di limiti percentuali più bassi (8 e 10 per cento rispetto alla dotazione organica) riservati invece per gli incarichi a soggetti «esterni» rispetto all'amministrazione incaricante, come chiarisce la disciplina specifica ad essi dedicata («... persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione...»: articolo 19, comma 6, del decreto n. 165 del 2001);
   tuttavia pare che alcune amministrazioni interpretino la norma di cui al comma 5-bis, e le relative soglie percentuali, come inapplicabile ai propri dipendenti non dirigenti e continuano ad attribuire incarichi dirigenziali utilizzando la disciplina di cui al comma 6 prevista per il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni;
   tale ultimo indirizzo interpretativo risulterebbe fortemente frustrante per quei dipendenti pubblici che, avendo un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con una pubblica amministrazione, ritengono che sia legittimo aspettarsi che la propria amministrazione, nel momento in cui voglia affidare un incarico dirigenziale, ne riconosca il valore aggiunto e non li equipari, nella disciplina di cui all'articolo 19, ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione procedente; ne conseguirebbe una generale mortificazione dei funzionari interni che in tal modo vedono vanificato ogni sforzo lavorativo e l'impegno profuso nell'interesse del conseguimento degli obiettivi dell'ufficio presso cui operano –:
   quali iniziative – anche di tipo normativo – intendano adottare per chiarire il rapporto tra le norme di cui in premessa in ordine ai presupposti legittimanti il conferimento di incarichi dirigenziali al personale dipendente ai sensi del comma 5-bis ovvero al personale esterno ai sensi del comma 6 dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001 al fine di garantire il rispetto della legge e l'uniformità di applicazione delle norme nelle amministrazioni pubbliche in materia di conferimento di incarichi dirigenziali al personale interno e al personale esterno e dunque procedere ad un monitoraggio delle nomine dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni effettuate ai sensi della normativa suddetta. (5-01838)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRARESI, DELL'ORCO, SARTI, SPADONI, DALL'OSSO, MUCCI e PAOLO BERNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'ordinanza n. 131 del 18 ottobre 2013: «Disposizioni relative ai termini di presentazione delle domande di contributo per la ricostruzione privata di cui alle ordinanze commissariali nn. 29, 51, 57 e 86 del 2012 e smi ed alle ordinanze commissariali nn. 60 e 66 del 2013.» del Presidente della Regione Emilia Romagna, in qualità di Commissario delegato, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 74 del 2012 convertito con modificazioni dalla legge n. 122 del 2012, dispone una data di scadenza ultimativa per la presentazione delle domande per accedere ai contributi per la riparazione, rafforzamento, miglioramento sismico e ricostruzione degli immobili civili e produttivi danneggiati dai terremoti del maggio 2012, fissandola al 31 gennaio 2014;
   all'articolo 1 il mancato rispetto del termine del 31 gennaio 2014 comporta la decadenza dal contributo;
   all'articolo 3 il mancato rispetto del termine del 31 gennaio 2014 determina la irricevibilità della successiva domanda;
   all'articolo 4 i richiedenti che intendono usufruire dei contributi per la realizzazione degli interventi di riparazione con rafforzamento locale, di miglioramento sismico o di ricostruzione, di riparazione e riacquisto di beni mobili strumentali all'attività, di ricostituzione delle scorte e dei prodotti e di delocalizzazione temporanea devono inviare, entro il 31 gennaio 2014, apposita istanza all'interno della procedura informatica, assumendo l'impegno a depositare la domanda di contributo all'interno del medesimo fascicolo informatico entro il 31 gennaio 2014;
   all'articolo 6 il mancato rispetto del termine del 31 gennaio 2014 determina la irricevibilità della successiva domanda; l'istanza consiste nella compilazione di un modulo, all'interno delle due piattaforme informatiche Mude e Sfinge, contenente le principali informazioni relative all'intervento (beneficiario, ubicazione, tipologia eccetera); la mancata compilazione dell'istanza di prenotazione non permetterà il successivo deposito della domanda di contributo;
   la presentazione delle domande e delle istanze è in grave ritardo, a titolo di esempio:
    a Novi, dove sono circa un migliaio le abitazioni danneggiate, a fine dicembre 2013 le pratiche avviate non arrivavano a 300, con poco più di 53 «prenotazioni» già presentate in vista della scadenza del 31 gennaio 2014. Il 60 per cento delle case danneggiate rischia di non poter accedere ai contributi per la ricostruzione degli immobili;
    a San Felice, sono quasi 1300 le abitazioni danneggiate, qualche centinaio le pratiche avviate, la metà delle quali (circa duecento) approvate;
    a Cavezzo le case danneggiate, dai dati del locale municipio, sono oltre 800 e le pratiche avviate poco sopra il centinaio;
    a Finale ci sono 1.900 edifici inagibili e le pratiche avviate si aggirano attorno al 25 per cento;
   i motivi della mancata presentazione delle domande sono a detta dei diversi comitati sorti spontaneamente tra i terremotati, dei tecnici privati che li assistono, dei sindaci, soprattutto l'incertezza nella gestione delle pratiche, dovuta al numero considerato eccessivo di ordinanze commissariali (95 nel 2012 e 158 nel 2013) e la loro non sempre omogenea ed univoca interpretazione da parte dei tecnici comunali incaricati al loro disbrigo; ciò rallenta notevolmente l’iter, ed in tanti casi crea disorientamento e disappunto, tanto che molti hanno scelto di non inoltrare o ritardare la presentazione della domanda;
   nel documento firmato congiuntamente dai comitati e dai sindaci dell'unione comuni modenesi dell'area nord, e dal sindaco di Novi, il 20 dicembre 2013, e rivolto all'attenzione del Governo e del commissario delegato per la ricostruzione Vasco Errani, tra i diversi temi trattati vi è appunto quello che chiede la semplificazione e lo snellimento dell'impianto normativo e delle procedure che regolano il sistema di contribuzione, tenendo quali punti fermi trasparenza e legalità;
   con evidenza risulta quindi non esservi alcuna responsabilità in carico a cittadini ed imprese per la ritardata presentazione delle domande di contributo, al contrario si evidenzia una responsabilità a seguito della difficile interpretazione ed applicazione della normativa commissariale; risulterebbe per questo un grave danno e pregiudizio nei loro confronti insistere nella scadenza del 31 gennaio 2014 –:
   se il Governo abbia intenzione di intervenire urgentemente presso il commissario delegato al fine di prorogare la data di scadenza del 31 gennaio 2014 per la presentazione delle domande per ricevere i contributi almeno per altri 12 mesi;
   se il Governo abbia intenzione di intervenire presso il Commissario delegato al fine di ridefinire l'impianto delle ordinanze con l'obiettivo della semplificazione e della loro omogenea interpretazione operativa. (4-03098)


   FIANO e CHAOUKI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   una trentina di coppie italiane, con decreto di idoneità all'adozione internazionale rilasciato dalle autorità competenti, sarebbero rimaste coinvolte in una truffa sulle adozioni internazionali in Kirghizistan, Paese dell'Asia Centrale;
   ventuno coppie, partite a cavallo tra i mesi di maggio e luglio 2012 per la capitale Bishkek, avrebbero incontrato i bambini a loro abbinati dall'ente autorizzato l'Airone Onlus; altre invece non sarebbero partite, ma avrebbero comunque pagato per le pratiche di adozione internazionale in Kirghizistan, talvolta versando ingenti somme in contanti, come richiesto dall'Ente L'Airone, soldi successivamente spariti;
   i coniugi partiti avrebbero trascorso circa una settimana con i minori, residenti nell'orfanotrofio casa del bambino di Bishkek, che già li riconoscevano come propri futuri genitori, per poi tornare in Italia, secondo l’iter stabilito;
   dopo circa un mese dalla presunta sentenza definitiva di adozione da parte della competente autorità giudiziaria kirghiza, i cittadini italiani sarebbero dovuti ritornare nel Paese per portare in Italia i minori, che loro pensavano sarebbero di lì a poco divenuti legalmente i propri figli;
   tuttavia, a causa dello scoppio di uno scandalo kirghizo sulle adozioni internazionali che ha coinvolto il Ministro dello sviluppo sociale Ravshan Sabirov, nonché funzionari e vertici kirghizi, la sentenza definitiva di adozione non è mai stata adottata e le coppie non sono più potute tornare in Kirghizistan, né tantomeno avere contatti con i bambini, con gravi conseguenze psicologiche e sociali tanto per le coppie italiane coinvolte, quanto soprattutto per i bambini, già fortemente provati in virtù della loro condizione di adottabilità;
   lo scandalo avrebbe altresì coinvolto i rappresentanti della stessa organizzazione italiana, l'Airone Onlus, che già a luglio 2012 era stata radiata, nel Kirghizistan, dall'albo degli enti accreditati a operare nel Paese;
   la Commissione adozioni internazionali, presieduta da uno dei ministri interrogati, è stata costantemente tenuta al corrente dalle famiglie e, nei primi mesi del 2013 – su indicazione della Commissione adozioni internazionali e del Ministero degli affari esteri italiano – l'ambasciatore in Kazakistan competente anche per il Kirghizistan, Alberto Pieri, ha svolto una missione a Bishkek per fare luce con le autorità kirghize sull'oscura vicenda che ha coinvolto inconsapevoli famiglie italiane e minori stranieri svelando una vera e propria truffa posta in essere da sedicenti rappresentanti di Onlus italiane in collaborazione con funzionari kirghizi corrotti;
   l'ente Airone Onlus risulterebbe, da fonti di stampa, aver posto in essere una serie di gravi irregolarità tra le quali, ad esempio, l'assenza o l'incompletezza della documentazione necessaria per l'adozione nonché l'individuazione di soggetti non adottabili che talvolta sono risultati non essere in stato di abbandono: la maggior parte dei minori abbinati alle coppie italiane risultava, infatti, ancora formalmente legata a vincoli parentali con la famiglia di origine;
   con una delibera del 19 marzo 2013 la Commissione adozioni Internazionali ha revocato ogni autorizzazione a svolgere mandato a l'Airone Onlus, e dopo il ricorso al TAR da parte dell'ente; la stessa Commissione, in data 30 luglio 2013, ha ribadito il provvedimento di revoca con una nuova delibera, confermando la cancellazione de l'Airone Onlus dall'albo degli enti autorizzati nonché disponendo la revoca di tutte le autorizzazioni precedentemente rilasciate relative al Kirghizistan, in considerazione dell'attuale situazione socio-politica nel Paese e degli eventi che hanno coinvolto anche enti italiani;
   numerosi organi di stampa italiani e internazionali hanno dato ampio risalto alla vicenda, e la stessa magistratura italiana si è interessata al caso dopo gli esposti presentati da alcuni aspiranti genitori presso le procure di Roma, Pisa e Bergamo; della questione è stato altresì investito anche il Parlamento europeo tramite la presentazione di interrogazioni sul tema –:
   quali iniziative urgenti, anche sul piano diplomatico, il Governo intenda assumere al fine di scongiurare, in futuro, il ripetersi di fatti analoghi, anche rafforzando il controllo sugli enti italiani accreditati inseriti nell'albo, nonché se e come intendano assistere le famiglie coinvolte, sia sul piano psicologico, sia assumendo ogni iniziativa di competenza, se del caso anche normativa, per prevedere un fondo assicurativo volto a risarcire eventuali casi come quello in oggetto. (4-03101)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AMODDIO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   l'Opac, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per la distruzione delle armi chimiche, ha sequestrato in Siria centinaia di tonnellate di gas nervini stipate in una nave mercantile;
   la stampa riporta che sarà il porto siciliano di Augusta a ricevere entro la metà di gennaio la nave mercantile;
   la Ministra interpellata ha dichiarato: «Il nostro Paese ha dato la sua disponibilità per le operazioni logistiche dell'unità che trasporterà il materiale proveniente dalla Siria, che però non toccherà il territorio italiano». «La decisione finale spetterà all'Opac che dovrà scegliere il porto in base al pescaggio, la capienza e la lontananza o la vicinanza dal centro abitato»;
   la Ministra Bonino sul punto ha dichiarato che le armi chimiche siriane giungeranno «probabilmente nella seconda metà di gennaio», ma ciò «dipenderà dalle valutazioni tecniche della stessa Opac che ha confermato la disponibilità ad esporre le modalità dell'operazione al Parlamento italiano, alla ripresa delle attività a gennaio»;
   345 tonnellate di armi chimiche saranno trasportate in Italia dal mercantile «Taiko» e nel porto italiano avverrà il trasbordo del carico sull'unità militare statunitense «Cape Ray» che, in acque internazionali, dovrà «neutralizzare» le molecole tossiche in circa 80 giorni e poi smaltirle;
   per la pericolosità delle operazioni di trasferimento delle armi chimiche, tutti i paesi che in un primo momento avevano dato la propria disponibilità ad ospitarle sino alla distruzione finale (Albania, Croazia, Danimarca, Germania e Norvegia), si sono poi ritirate;
   secondo alcuni esperti lo smaltimento dei composti chimici non ridurrà il rischio di danni ambientali in caso di incidenti;
   l'Opac sostiene che il rischio maggiore verrà quando saranno aperti i container e i fusti con i composti chimici a bordo dell'unità militare «Cape Ray» in mezzo al Mediterraneo;
   il trasbordo dal cargo norvegese «Taiko» alla «Cape Ray» è un'operazione di per sé molto rischiosa;
   secondo le Nazioni Unite, negli arsenali siriani sono stati trovati principalmente i gas Sarin, iprite e VX, ovvero agenti chimici che pure in dosi minime possono causare la morte;
   è nota la prossimità del porto di Augusta al centro abitato di Augusta, nonché al polo industriale di Augusta Priolo e Siracusa, con la più elevata concentrazione di raffinerie petrolchimiche del bacino Mediterraneo e nel quale insistono industrie a rischio di incidenti rilevanti ex decreto legislativo n. 334 del 1999;
   si tenga presente che si riferisce ad impianti fissi a ciclo continuo, e che il volume produttivo dei soli impianti chimici e petrolchimici si aggira intorno ai 50 milioni di tonnellate/anno, ovvero circa 140.000 tonnellate/giorno, riferibile al solo polo industriale di Siracusa –:
   se il Ministro degli affari esteri nel dare la disponibilità del porto di Augusta a ricevere la nave mercantile nella quale sono stipate le armi chimiche sequestrate in Siria abbia preso in considerazione la nota circostanza della prossimità del porto di Augusta al centro abitato di Augusta, nonché al polo industriale di Augusta Priolo e Siracusa, con la più elevata concentrazione di raffinerie petrolchimiche del bacino Mediterraneo e nel quale insistono industrie a rischio di incidenti rilevanti ex decreto legislativo n. 334 del 1999;
   se, nell'ipotesi in cui risulti vero che il porto di Augusta è destinato a ricevere la nave mercantile nella quale sono stipate le armi chimiche sequestrate, intenda riesaminare e quindi revocare la scelta del Porto di Augusta per ricevere le armi chimiche. (5-01844)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PARENTELA e NESCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in un tratto dell'alveo del fiume Oliva, nel tratto che attraversa i comuni di Aiello Calabro, Amantea, San Pietro in Amantea e Serra d'Aiello, è stato portato alla luce un illecito interramento di rifiuti;
   la procura della Repubblica di Paola, durante le diverse attività di indagine, ha disposto accertamenti tecnici di svariata natura (analisi chimico-fisiche nelle diverse matrici ambientali, prospezioni geologiche, determinazioni radiometriche, valutazioni di riskassessment, ecc.) rivolgendosi sia agli organismi tecnici territorialmente competenti, che ad enti o professionisti presenti e operanti nel territorio calabrese e in altre parti della nazione (Arpacal – Agenzia di protezione ambientale della Regione Calabria, Consiglio nazionale delle ricerche, università di Cosenza regione Calabria, Arpa Emilia Romagna, vigili del fuoco, e altri). Molte delle determinazioni chimico-analitiche sono state ripetute e confrontate dallo stesso soggetto e da soggetti diversi e nel corso degli anni in cui si è svolta questa tenace attività di indagine, fornendo alla fine un insieme di informazioni ed un quadro di presenza di elementi inquinanti univoco che, allo stato delle conoscenze sull'area dell'Oliva, non può essere contraddetto e sottaciuto da alcuno. In ultimo sono state compiuti dall'ISPRA accertamenti sistematici tesi a meglio precisare il quadro già delineato dalle indagini della Procura, anche ai fini della caratterizzazione e che hanno dato sostanziale conferma delle sostanze presenti;
   analisi chimiche svolte in zona hanno messo in evidenza disparate sostanze, sia di natura organica che inorganica, alcune non presenti abitualmente in natura, ovvero non abitualmente presenti in natura alle concentrazioni riscontrate;
   in una relazione dell'ISPRA, viene riportato che in tale zona è avvenuto smaltimento illecito mediante interramento previo asporto del terreno originario nel corso di un periodo che ha avuto inizio almeno venti anni addietro. I rifiuti rinvenuti sono costituiti, in massima parte, da materiali dalla lavorazione della pietra (fanghi, inerti, e altro) e da materiali derivanti dall'attività edile (tra cui tondini di ferro, cavi elettrici, e altro);
   a tale attività di illecito smaltimento hanno concorso, in qualità di promotore e di organizzazione dei trasporti e degli interramenti, il gestore di un'impresa dedita alle attività estrattive ed in qualità di titolari consenzienti delle aree di interramento, alcuni privati della zona;
   per tali fatti sono stati contestati i reati di disastro (articolo 434 codice penale) e di avvelenamento di acque destinate al consumo (articolo 439 codice penale), nonché i reati di gestione di rifiuti senza autorizzazione e di discarica abusiva (articolo 256, commi 1, 2 e 3, del decreto legislativo n. 152/2006);
   in generale, il territorio in questione si presenta come un'area a destinazione naturale ed agricola, ricca di vegetazione. Nelle vicinanze sono presenti, anche terreni destinati a coltivazioni di pregio. Il territorio che include le spiagge prossime alla foce del fiume, ha anche un particolare valore turistico. I siti di smaltimento ricadono inoltre in aree soggette al vincolo paesaggistico, idrogeologico e sismico;
   i rifiuti sono stati rinvenuti in otto aree per un totale massimo stimabile di circa 140.000 metri cubi e per quanto riguarda la contaminazione dei suoli è stato accertato nella relazione dell'ISPRA che vi è una presenza di elevate concentrazioni di idrocarburi pesanti e di metalli pesanti nell'area Carbonara, in un'area prossima e nell'area Foresta. La contaminazione si è estesa alla falda della zona tale da escludere la possibilità di utilizzare l'acqua per il consumo umano, fini irrigui e zootecnici;
   attualmente, citando solamente i dati sicuramente anomali secondo le normative italiane ed europee vigenti, in località Foresta (nei sedimenti fluviali e nelle acque superficiali del fiume Oliva, nel terreno e nei piezometri), le determinazioni tecniche effettuate hanno dimostrato la presenza di concentrazioni di cadmio, mercurio, tallio e manganese al di sopra dei limiti previsti per i siti d'uso pubblico e privato;
   in svariati campioni, sono stati misurati valori anomali di alcuni composti alifatici clorurati quali clorometano, diclorometano, triclorometano (cloroformio) e tetracloruro di carbonio nonché composti aromatici quali il toluene;
   l'ARPACAL nella propria attività analitica ha verificato in svariati campioni prelevati in profondità nel corso del 2010 concentrazioni al di sopra dei limiti di riferimento di antimonio, arsenico, cadmio, cobalto, cromo totale, rame, stagno, zinco e idrocarburi totali;
   un altro rilievo importante è quello relativo alla presenza di radionuclidi artificiali con elevata radio-tossicità e cioè l'antimonio 124 (124Sb) il cadmio 109 (109Cd) ed il cesio 137 (137Cs);
   tutte le sostanze appena riportate hanno effetti biologici importanti tra i quali spicca, per la maggior parte di esse, la capacità di indurre patologie tumorali;
   l'entità del danno ambientale è consistente sia in ragione della tipologia delle sostanze presenti che in rapporto al luogo in cui sono dismesse (con un rapporto stretto con il letto del fiume Oliva);
   è stata rilevata la presenza di radionuclidi artificiali ed in particolare dell'isotopo del cesio 137 (137Cs), la cui presenza e diffusione impone azioni tese ad una caratterizzazione ulteriore e rende la fattispecie del danno ambientale assai più grave;
   nei territori più prossimi ai siti di contaminazione è stata rilevata la successiva evidenza di un eccesso di tumori maligni della tiroide che, ancorché al di sotto del limite di significatività statistica concorda con la presenza anomala di 137Cs;
   i fatti sopra citati rafforzano la sensazione che siano effettivamente presenti una quantità e tipologia di inquinanti ambientali nel suolo e nelle acque e in atmosfera in ambito del bacino fluviale del fiume Oliva tali da potere condizionare un danno per la salute dei residenti oltre che per l'ambiente circostante –:
   se, alla luce della gravissima situazione igienico-sanitaria e ambientale riscontrata nella valle del fiume Oliva, confermata dal consulente tecnico d'ufficio della procura della Repubblica di Paola, dalle risultanze delle indagini condotte dalla magistratura e dalla relazione dell'ISPRA, i Ministri interrogati non ritengano opportuno, nell'ambito delle rispettive competenze, intervenire con urgenza per garantire la sicurezza igienico-sanitaria e ambientale dell'area e promuovere la bonifica della Valle dell'Oliva;
   se il commissario per il rientro dal debito sanitario non ritenga opportuna la predisposizione del registro tumori della Calabria, unitamente a un registro epidemiologico e a tutte le misure necessarie affinché sia tutelata la salute dei cittadini.
(4-03105)


   VIGNAROLI, NESCI e PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la «Marlane» è un ex stabilimento tessile, ubicato nel comune di Praia a Mare (Cosenza), del gruppo Marzotto;
   detto impianto industriale è noto alle cronache giornalistiche come «la fabbrica dei veleni», ciò per via di una lunghissima inchiesta giudiziaria finalizzata ad accertare il nesso causale, e quindi le singole responsabilità penali, tra l'uso produttivo di sostanze tossiche e i casi di tumori alla vescica, ai polmoni, all'utero e al seno di varie decine di operai, morti od ammalati;
   nel 1969, infatti, i muri dello stabilimento furono abbattuti, trasformando la fabbrica in un unico ambiente di lavoro, con i fumi saturi di agenti di coloritura inalati giornalmente dagli operai;
   alcuni dipendenti, nelle testimonianze rese in giudizio dinnanzi ai giudici di Paola, hanno raccontato che alla fine della giornata lavorativa ricevevano, per disintossicarsi, una busta di latte;
   da ulteriori testimonianze, si veniva a conoscenza che dei coloranti utilizzati per la tingitura dei tessuti venivano sversati a mano, su indicazione dei dirigenti dell'impianto, in vasche aperte e talvolta anche in mare o interrati in buche presso il capannone, successivamente ricoperte;
   secondo le ricostruzioni della Procura di Paola, tali sversamenti illeciti, cui gli operai non potevano sottrarsi, pena la perdita del lavoro, avvenivano solitamente il sabato, quando lo stabilimento era chiuso;
   nel 1987 il gruppo tessile Lanerossi, già appartenente al gruppo ENI, di cui faceva parte la Marlane di Praia a Mare, verme ceduto alla Marzotto di Valdagno (Vicenza), che ne detiene ancora la proprietà;
   negli anni ’90 furono costruite delle vasche a chiusura, dove i coloranti potevano ribollire senza riempire l'aria di vapori;
   nel 1996 la tintoria è stata chiusa e dal 2004 l'azienda risulta totalmente dismessa;
   secondo le cronache locali, gli articoli della stampa nazionale e un approfondimento del programma di Rai 3 Crash, durante la lunga attività della fabbrica su circa 1000 operai che vi hanno lavorato oltre 80 sono morti per patologie tumorali;
   la preoccupazione per il silenzio sul caso Marlane di Praia a Mare nell'ambito della comunicazione di massa è stata espressa in alcuni libri di scrittori di rilievo nazionale, per esempio l'antropologo Mauro Francesco Minervino;
   il lavoro d'indagine della procura di Paola, nato sulla base di esposti dei lavoratori, ha evidenziato come la causa di alcune morti poteva derivare anche, oltre alle ammine coloranti, dalle polveri d'amianto prodotte dai sistemi frenanti dei macchinari;
   la Procura di Paola aprì un'inchiesta sviluppate in tre procedimenti (datati rispettivamente 1999, 2006 e 2007), poi unificati in unico fascicolo;
   a chiusura delle indagini il procuratore Bruno Giordano chiese anche il sequestro preventivo dell'area circostante lo stabilimento dove, sotto terra, si troverebbero tonnellate di rifiuti industriali mai smaltiti;
   risulta incontrovertibile che le prime «morti bianche» risalgono al lontano 1973;
   la gravissima e pressoché sconosciuta vicenda Marlane vede coinvolti ben 13 individui tra manager, soci e dirigenti d'azienda, nonché l'allora sindaco di Praia a Mare, Carlo Lo Monaco;
   le relative ipotesi di reato vanno dall'omicidio colposo plurimo aggravato all'omissione di cautele sul lavoro, a lesioni gravissime e disastro ambientale;
   i terreni intorno alla vecchia fabbrica non sono mai stati bonificati, sicché il corpo della vecchia Marlane, che continua a svettare tra campi coltivati, alberghi e spiagge, è un'enorme discarica a cielo aperto, i cui tetti in amianto, così come le altre strutture, sono ancora in piedi senza le autorità competenti abbiano intrapreso un serio programma di bonifica dell'area;
   da organi di stampa si è appresa la notizia che per gli ex stabilimenti della Marlane siano in vista nuovi finanziamenti, che sarebbero di 70-80 milioni di euro, per trasformare l'area in enorme parco divertimenti con darsena per 500 posti per barca, alberghi, villaggi e centri commerciali;
   la cittadina di Praia raggiunge nel periodo estivo circa 50.000 presenze e le spiagge sono poco distanti dalla fabbrica, pertanto interventi edilizi nell'area Marlane, altamente inquinata, appaiono fuori di ogni ragione prima che inopportuni –:
   se i ministri interrogati siano a conoscenza del disastro ambientale perpetrato nell'area ex Marlane;
   quali elementi, nell'ambito delle rispettive competenze, abbiano acquisito e/o ritengano di acquisire relativamente all'interramento di rifiuti pericolosi;
   se e in che modo, per le rispettive competenze, intendano promuovere una bonifica efficace dei luoghi, richiesta anche dai residenti per tutelare il diritto alla salute sancito dalla Costituzione;
   se risultino approfondimenti tecnici, in relazione all'imprescindibile tutela della salute, che potrebbero allo stato autorizzare la riferita costruzione di una struttura ad uso turistico. (4-03106)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   TAGLIALATELA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la realizzazione del Fondovalle del Calore Salernitano, opera viaria strategica di collegamento tra le aree interne del Cilento e della Valle del Sele, è un'annosa questione, che si trascina da oltre dieci anni, tra pareri favorevoli, sospensioni dei lavori in corso e vertenze con la soprintendenza;
   il finanziamento del progetto iniziale dell'opera risale, infatti, al lontano 1986 ma, per una serie di problematiche, di tipo sia ambientale che amministrativo, la realizzazione dell'asse stradale non è stata ancora ultimata;
   il 9 maggio 2012 la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Salerno e Avellino ha disposto la sospensione dei lavori del primo lotto, completo al 70 per cento;
   la sospensione è stata disposta in via cautelare per la presunta inosservanza, da parte della provincia di Salerno, di un vincolo paesaggistico relativo a due viadotti, denominati rispettivamente «Alburno» e «Cannicelle», ricadenti entrambi nel territorio di Castelcivita;
   in relazione a tale tratto stradale, tuttavia, la medesima soprintendenza aveva già espresso, in seno alla conferenza dei servizi del 10 aprile 2002, un parere favorevole di compatibilità paesaggistica, consentendo così all'ente provinciale di dar corso ai lavori in data 1o agosto 2007;
   tale parere favorevole, quindi, veniva successivamente modificato dalla soprintendenza di Salerno per «motivi cautelari», sulla base di una differente valutazione circa il periodo quinquennale di validità dell'autorizzazione paesaggistica, dando origine ad una controversia burocratica tra i due enti;
   il blocco dei cantieri, che rischiava di vanificare il lavoro svolto negli anni precedenti e avrebbe potuto avere ripercussioni negative anche sulla futura occupazione di 40 operai, sembrava essere stato fortunatamente scongiurato quando lo scorso 25 giugno 2013 il TAR ha confermato la regolarità dell'azione tecnico-amministrativa messa in campo dalla provincia di Salerno;
   nonostante si auspicasse una proficua collaborazione da parte della soprintendenza per l'adozione degli atti finalizzati all'immediata riapertura dei cantieri, è di pochi giorni fa la sorprendente notizia dell'ennesimo stop ai lavori;
   in particolare, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, la soprintendenza avrebbe presentato ricorso in appello al Consiglio di Stato, opponendosi alla sentenza del Tar, che in primo grado aveva accolto le richieste della provincia, sbloccando l'opera;
   sulla questione l'interrogante aveva già presentato il 21 ottobre 2013 un atto di sindacato ispettivo, al fine di interrogare il Governo sull'opportunità di verificare l'esistenza di eventuali responsabilità nell'inerzia della soprintendenza, ma ad oggi il Ministro interrogato non si è ancora pronunciato;
   la fondovalle del Calore salernitano rappresenta un'opera infrastrutturale di fondamentale importanza per lo sviluppo del territorio a sud della provincia di Salerno, anche sul piano economico e turistico, in quanto collega aree interne del Cilento e del Vallo della Lucania con gli agglomerati industriali della Valle del Sele;
   la paradossale e assurda vicenda sin qui descritta conferma l'urgente necessità di intervenire con una riforma strutturale nel complicato mondo delle norme che disciplinano le opere pubbliche e gli strumenti giudiziari che ne possono bloccare il completamento –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, e quali provvedimenti di competenza ritenga opportuno adottare al fine di addivenire ad una soluzione della controversia che tenga in debito conto sia le esigenze di realizzazione di un'opera di pubblica utilità sia le effettive necessità di tutela paesaggistica. (4-03093)


   SCOTTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il POR FESR 2007/2013 relativo al Grande Progetto «Completamento della riqualificazione e recupero del fiume Sarno» prevede l'utilizzo di 217 milioni di euro a valere sui fondi europei FESR per realizzare sette vasche di laminazione delle piene, una vasca di esondazione controllata, l'adeguamento del canale Bottaro e la realizzazione di una seconda foce per il fiume Sarno;
   la creazione di una doppia foce per il Sarno è un'implicita ammissione del fatto che l'intero bacino idrografico del fiume Sarno continuerà ad essere a rischio nel futuro, nonostante la progettazione delle già citate vasche di laminazione delle piene e vasca di esondazione controllata;
   la relazione che accompagna il progetto lo descrive come lungo e complesso, necessitante di un cronoprogramma più esteso rispetto agli altri interventi previsti;
   Legambiente ha presentato delle osservazioni alla regione Campania in cui definisce il POR «una progettazione che presenta rilevanti lacune e che, pur partendo da una più che condivisibile assunzione di intenti, rischia paradossalmente di peggiorare una già grave qualità ecologica del fiume Sarno»;
   sempre nel testo presentato da Legambiente si parla di «interventi che potrebbero inoltre dare il via a una nuova ondata di cemento, visto che con la realizzazione del Grande Progetto saranno «liberati» dai vincoli idrogeologici oltre 8 chilometri quadrati di territorio che potranno divenire oggetto di nuova edificazione e quindi di ulteriore consumo di suolo»;
   si tenta, per l'ennesima volta, di concretizzare l'opportunità di accesso ai benefici economici dei fondi europei a discapito dell'auspicata ed indispensabile priorità nella individuazione delle scelte più efficaci, efficienti e sostenibili in termini ambientali, economici e sociali di un territorio;
   dalla disamina della documentazione gli approcci effettivamente adottati non sembrano tanto rilevare alcuna attenzione agli effetti degli interventi previsti sullo stato ecologico del fiume Sarno, quanto piuttosto essere tesi a prevedere interventi che interessano estensivamente gli alvei e che risultano inadeguati a migliorare la già disastrosa qualità ecologica del corso d'acqua;
   sebbene il Grande Progetto in questione non abbia effetti diretti sul consumo di suolo, lo svincolo di oltre 8 chilometri quadrati di territorio attualmente in R3/R4 (alto rischio) rende di fatto tali terreni oggetto potenziale di nuova edificazione in un'area già sottoposta ad un eccessivo carico insediativo;
   in merito la sovrintendenza ai beni architettonici e paesaggistici di Salerno ed Avellino con nota 28189 del 10 ottobre 2013 si è dichiarata «impossibilitata ad esprimere il parere di competenza» a causa della scarsa trasparenza relativa al Grande Progetto –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti narrati;
   quali misure siano già state prese in merito e quali iniziative di competenza si intenda intraprendere. (4-03099)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CURRÒ, TRIPIEDI, PESCO, CASTELLI, BRUGNEROTTO, CARIELLO, CASO, D'INCÀ, SORIAL, PISANO, BARBANTI, VILLAROSA, CANCELLERI, DI BENEDETTO, DI VITA, GRILLO, LOREFICE, LUPO, MARZANA, NUTI, RIZZO, PRODANI, RIZZETTO, GRANDE e ROSTELLATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nella seduta n. 24 del Consiglio dei ministri del 19 settembre 2013 è stato approvato un documento – «Destinazione Italia» – contenente un pacchetto di proposte finalizzate all'attrazione di investimenti nel settore privato. Il punto 17 di questo documento in particolare intende perseguire la predetta finalità mediante misure di «valorizzazione delle società partecipate dallo Stato attraverso un piano di dismissioni»;
   entro la fine del 2013 il Ministro dell'economia e delle finanze ha assunto l'impegno di provvedere ad individuare le partecipazioni oggetto delle operazioni di dismissione, che saranno realizzate secondo la normativa vigente di cui alla legge 474 del 1994;
   nella seduta del Consiglio dei ministri del 21 novembre 2013, il Ministro Saccomanni ha presentato al Consiglio dei ministri un piano di dismissioni contenente una lista di società a partecipazione diretta ed indiretta, tra le quali è inclusa STM;
   in seguito il Presidente del Consiglio dei ministri Enrico Letta ha comunicato che si tratterà di cessione sul mercato di quote non di controllo, da cui ci si attendono maggiori entrate fra i 10 e i 12 miliardi di euro;
   le suddette entrate straordinarie saranno destinate per il 50 per cento alla riduzione dell'ammontare del debito pubblico nel 2014;
   la restante parte pare sia destinata alla ricapitalizzazione della Cassa depositi e prestiti;
   fra le società di cui il Ministero dell'economia e delle finanze possiede partecipazione diretta, oggetto di dismissione, è inclusa anche la suddetta STM;
   la società STM può essere considerata una società con rilevanti prospettive di redditività ed importanti riflessi occupazionali nelle zone del territorio italiano dove sono ubicate le sedi;
   l'attuale partecipazione del Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale della STM è pari ad un quota del 50 per cento –:
   se la dismissione delle partecipazioni dirette delle quote di STM tramite CDP sia specificamente realizzata al fine di valorizzare e potenziare finanziariamente la società STM ed a mantenere, seppur per il tramite della Cassa depositi e prestiti s.p.a., l'interesse pubblico verso le società oggetto di privatizzazione e se le medesime partecipazioni dismesse saranno contabilizzate nella gestione separata di cui all'articolo 5, comma 8, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, per assicurare massima trasparenza e salvaguardia dell'equilibrio economico. (5-01840)


   PRODANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 23 agosto scorso è entrata in vigore la legge n. 99 del 2013 di conversione del decreto-legge 28 giugno 2013 n. 76, relativo ai primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (Iva);
   il decreto-legge n. 76 del 2013, all'articolo 11 comma 22, contiene una serie di disposizioni – entrate in vigore dal primo gennaio 2014 – relative alla regolamentazione della sigaretta elettronica (e-cigs);
   in particolare, è stabilita l'applicazione dell'imposta di consumo (accisa) pari al 58,5 per cento sul dispositivo, sulle parti di ricambio dello stesso e sulle ricariche, parificando questo prodotto sul piano della tassazione alle sigarette e al tabacco trinciato;
   in ragione di questa equiparazione, la commercializzazione è riservata solo ai soggetti autorizzati dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, sulla base degli stessi requisiti e delle stesse condizioni richieste oggi per i depositari fiscali autorizzati. I titolari a loro volta devono comunicare – ai fini dei controlli fiscali – una serie di informazioni, compresi gli esercizi abilitati alla vendita al pubblico;
   inoltre, in attesa di una disciplina organica in materia, la legge stabilisce che la vendita delle sigarette elettroniche è consentita anche ai tabaccai in deroga all'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074/58;
   il Ministro dell'economia e delle finanze avrebbe dovuto adottare entro il 31 ottobre 2013 un decreto per stabilire il contenuto e le modalità di presentazione dell'istanza autorizzativa, le procedure per la variazione dei prezzi di vendita al pubblico e altre incombenze amministrative in conformità, per quanto applicabili, a quelle vigenti per i tabacchi lavorati;
   il decreto attuativo è stato firmato solo il 16 novembre 2013 e la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale è avvenuta il 7 dicembre 2013 a ridosso dell'entrata in vigore, stabilita per il primo gennaio 2014, della nuova disciplina prevista;
   questo ritardo è stato duramente criticato dalla Corte dei conti che – con una nota datata 3 dicembre 2013 dell'Ufficio di controllo sugli atti del Ministero dell'economia – ha sostenuto come «l'adozione del decreto così a ridosso dell'entrata in vigore delle disposizioni, ha limitato drasticamente lo svolgimento del controllo preventivo di legittimità da parte dell'Ufficio che non ne ha potuto effettuare i necessari approfondimenti»;
   i giudici contabili, inoltre, hanno comunicato di «aver dato corso per ragioni di correntezza al provvedimento, in considerazione della necessità di scongiurare la paralisi del settore, con le intuibili ricadute in termini di mancate entrate per le casse dello Stato», stimate in 117 milioni di euro, e che le norme previste «comportano una fase applicativa piuttosto complessa» sulle quali grava il ritardo summenzionato;
   la complessità delle procedure previste è duramente criticata dai produttori delle e-cig, costretti ad attendere iter autorizzativi da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli tanto lunghi da mettere a repentaglio la commercializzazione dei prodotti. A titolo esemplificativo, si fa presente che secondo il decreto l'Agenzia ha 60 giorni di tempo per verificare i locali adibiti a deposito ed entro ulteriori 30 giorni dal termine della verifica è adottato il provvedimento di autorizzazione;
   questa tempistica, ampiamente dilatata, è fortemente contestata dai produttori e dai distributori di sigarette elettroniche – riuniti in Anafe-Confindustria, Fiesel-Confesercenti e Life Federcontribuenti – e il presidente di Anafe Massimiliano Mancini ha annunciato, il 7 gennaio 2013, l'intenzione di presentare un ricorso al Tar contro il decreto del Ministero dell'Economia «perché per come è scritto questo provvedimento sembra fatto apposta per danneggiarci»;
   le procedure autorizzative previste dal decreto possono compromettere seriamente la commercializzazione delle e-cig nel 2014 – colpendo duramente un comparto che dopo un boom iniziale sta vivendo una seria crisi – oltre a mettere in discussione anche l'incasso erariale atteso –:
   se il ministro interrogato intenda adottare misure urgenti per sospendere l'applicazione dell'imposta di consumo sulle e-cig, a tutela delle aziende e dei lavoratori della filiera, sostituendola con una più equa imposta di fabbricazione, che graverebbe solo sui produttori, riferita ai liquidi contenenti nicotina o altre sostanze, atti ad essere somministrati mediante vaporizzazione per mezzo di strumenti meccanici e/o elettronici pari a 20 centesimi di euro per millilitro. (5-01842)

Interrogazioni a risposta scritta:


   L'ABBATE, PARENTELA, MASSIMILIANO BERNINI, SCAGLIUSI, DA VILLA, TERZONI, DE LORENZIS, TOFALO, MANNINO, LOREFICE, LIUZZI e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   lo stabilimento di Foggia dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (IPZS) ha una storia lunga 80 anni. Nata come fucina di carta per la propaganda mussoliniana, la «Cartiera» di Foggia è il fornitore ufficiale di ogni tipo di carta valori per la Repubblica italiana. Durante gli anni ’80-’90 ha raggiunto la soglia di 2.000 dipendenti mentre oggi (a causa della progressiva dematerializzazione del prodotto cartaceo, della trasformazione dell'Istituto poligrafico in spa con unico azionista il Ministero dell'economia e delle finanze e di alcune politiche aziendali di delocalizzazione delle produzioni) conta 400 dipendenti (complessivi dell'indotto) e poche residue produzioni: ricettari medici, targhe per auto e motoveicoli, carta adesivizzata per i bollini farmaceutici e altre poche tipologie di carte valori;
   la produzione di scontrini del Gioco del Lotto è stata da sempre affidata all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, sin da quando il sistema di giocata non era automatizzato. Difatti il gioco è proprietà dello Stato ed è disciplinato dalla legge n. 528 del 2 agosto 1982 e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 560 del 16 settembre 1996. L'organizzazione e la gestione è stata affidata a Lottomatica, oggi Gtech spa;
   tuttavia, lo scontrino non rientrò nel decreto ministeriale del 4 agosto 2003 in materia di carte valori e produzioni ad alto rendiconto. Il Ministero dell'economia e delle finanze, per sua stessa ammissione, si accorse tardivamente dell'inadempimento ma non pose mai rimedio. Lo scontrino però è sempre stato trattato come «carta valori», anche perché costituisce ricevuta di introiti dello Stato sia attraverso il gioco sia perché ricevuta attestante il pagamento di imposte (canone tv, bollo auto e altre tasse). Pertanto la carta degli scontrini viene realizzata su emanazione di una circolare ministeriale, è filigranata, possiede qualità idonee a scongiurare attività di falsificazione, viene prodotta secondo i regolamenti emanati dal Ministero dell'economia e delle finanze e sotto la vigilanza della Guardia di finanza che ne prende in cura gli scarti per effettuare la triturazione;
   dopo i diversi tentativi di smarcarsi dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato per questa commessa col fine di abbattere i costi di produzione degli scontrini alti in virtù di un prodotto ”carta valori” e di alta qualità secondo i criteri di anti-falsificazione, Lottomatica indice la Gara pubblica europea n. 240911-2012 per la «fornitura di scontrini per il Gioco Lotto» pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 5o serie speciale n. 91 del 6 agosto 2012. L'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato impugna il bando dinanzi al Tar del Lazio con ricorso n. 7282/2012, successivamente accolto con la sentenza n. 8411 dell'11 ottobre 2012 che sancisce che la produzione spetta ex lege all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. Lottomatica ricorre al Consiglio di Stato con ricorso n. 7799/2012 e viene ribaltato l'esito del Tar: il 19 febbraio 2013 con il dispositivo di sentenza n. 01038/2013 e successivamente il 24 maggio 2013 con sentenza numero 02820/2013 viene riconosciuta la validità del bando emesso da Lottomatica;
   il bando, con base d'asta al ribasso di 27 milioni di euro, viene dunque vinto dalla società «PCC Giochi e Servizi spa», controllata al 100 per cento dal Gruppo Lottomatica, e dal «Rotolificio Bergamasco». Dal 30 settembre 2013, Lottomatica non richiede più gli scontrini all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato di Foggia ed inizia a stamparli in proprio, risollevando la «PCC Giochi e Servizi spa» da un periodo di crisi del settore: attualmente, in circolazione vi sono due tipologie di scontrini, uno filigranato prodotto dal Poligrafico e l'altro senza filigrana realizzato a Tito (Potenza), senza che sia effettuato in loco alcun controllo da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
   l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ha presentato istanza di revoca al Consiglio di Stato, ma ad oggi ancora non è stata emessa sentenza in merito;
   l'articolo 17-bis del cosiddetto «decreto del fare» modifica la legge istitutiva dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (legge n. 559 del 1966) prescrivendo l'adozione di un decreto ministeriale di natura non regolamentare per la stesura delle carte valori da produrre, articolo 17-bis. – (Modifica all'articolo 3 della legge 13 luglio 1966, n. 559, in materia di compiti dell'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato). – 1. All'articolo 2 della legge 13 luglio 1966, n. 559, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma: « 10-bis. Ai fini del presente articolo, ferme restando le specifiche disposizioni legislative in materia, sono considerati carte valori i prodotti, individuati con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'Economia e delle Finanze, aventi almeno uno dei seguenti requisiti: a) sono destinati ad attestare il rilascio, da parte dello Stato o di altre pubbliche amministrazioni, di autorizzazioni, certificazioni, abilitazioni, documenti di identità e riconoscimento, ricevute di introiti, ovvero ad assumere un valore fiduciario e di tutela della fede pubblica in seguito alla loro emissione o alle scritturazioni su di essi effettuate; b) sono realizzati con tecniche di sicurezza o con impiego di carte filigranate o similari o di altri materiali di sicurezza ovvero con elementi o sistemi magnetici ed elettronici in grado, unitariamente alle relative infrastrutture, di assicurare un'idonea protezione dalle contraffazioni e dalle falsificazioni» –:
   se il Ministro interrogato intenda provvedere all'adozione del decreto ministeriale come da articolo 17-bis del cosiddetto «decreto del Fare»;
   se il Ministro interrogato, nelle more dell'adozione del suddetto decreto, non ritenga di effettuare verifiche, ove previsto a spese del concessionario o della ditta appaltatrice, presso la «PCC Giochi e Servizi spa» di Tito (Potenza) per il controllo e lo smaltimento degli scontrini prodotti attraverso propri rappresentanti come previsto per l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato di Foggia, in considerazione sia della proprietà dello Stato del Gioco del Lotto sia dell'utilizzo degli scontrini come ricevute per canone Tv, bollo auto e altre tasse. (4-03100)


   RUOCCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Equitalia è la società di capitali a totale controllo pubblico incaricata dell'esercizio dell'attività di riscossione di tributi, contributi e sanzioni richieste dagli enti pubblici creditori;
   la suddetta società è, ormai da anni, al centro di critiche molto serrate e di indagini penali e contabili sovente riportate dalla stampa e dai mass media, venendo meno in alcuni casi, a causa di funzionari infedeli, alla propria missione istituzionale di contrasto all'evasione fiscale;
   era presente i giorni 7 e 8 gennaio 2014 la notizia, riportata dalla maggior parte dei quotidiani, secondo la quale alcuni dirigenti di Equitalia, cedendo alle pressioni della rete d'affari del fiscalista Paolo Oliverio, professionista di fiducia di esponenti delle istituzioni e imprenditori, avrebbero sospeso illegalmente e fittiziamente le procedure di riscossione verso taluni contribuenti. I dettagli sarebbero contenuti in un elenco segreto, presente in un semplice cd denominato nel gergo dei dipendenti infedeli disco per l'estate: un supporto di memoria che conterrebbe notizie di trame oscure e di elenchi di persone esentate illegalmente dalla riscossione;
   le stesse notizie di stampa riportano la plausibile esistenza, sotto l'egida dell'Oliverio di un reticolo affaristico di ricatti, favori e concessione illegali in materia di riscossione Equitalia con implicazione di faccendieri, prelati, funzionari pubblici, mafiosi, uomini dei servizi e della Guardia di finanza;
   desta, dunque, scandalo ed indignazione apprendere tutto questo se si riflette su quante carriere professionali e condizioni esistenziali siano state vessate dalla severità con cui Equitalia si accanisce sui contribuenti comuni, tutelando al contempo loschi interessi personali a cavallo tra politica, economia, mafia e pezzi di Stato –:
   quali misure intenda prendere il Governo in merito a questa scandalosa vicenda e se non sia il caso di ridefinire l'intero sistema di riscossione dei tributi, attraverso meccanismi che, superando definitivamente il modello Equitalia, si ispirino a criteri più trasparenti e vicini agli interessi dei cittadini comuni. (4-03107)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRUNO BOSSIO. —Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 2 gennaio 2014 l'interrogante si è recata ex articolo 67 dell'ordinamento penitenziario in visita ispettiva presso la casa circondariale «Sergio Cosmai» di Cosenza unitamente al Deputato Sebastiano Barbanti ed agli esponenti radicali calabresi Emilio Quintieri e Sabatino Savaglio;
   l'ispezione ha avuto una durata di circa 3 ore e nel corso della stessa, la delegazione, è stata assistita ed accompagnata dal direttore Filiberto Benevento, dal Comandante di Reparto, Vice Commissario Pietro Davide Romano ed altri appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria;
   la situazione riscontrata è la seguente:
    l'istituto è stato costruito nel 1948 e consegnato nel 1982; sorge in una zona urbana della città e le sue condizioni sono abbastanza buone e positive anche grazie agli interventi di ristrutturazione realizzati negli anni 2005/2006;
    i detenuti presenti all'interno della casa circondariale – che ha una capienza regolamentare di 209 posti – erano 294 dei quali 25 stranieri (85 in esubero); tra di essi 145 sono imputati (81 in attesa di primo giudizio, 39 appellanti, 25 ricorrenti) mentre i condannati definitivi sono 149; i tossicodipendenti sono 20, 5 dei quali in trattamento metadonico, 1 sieropositivo, 2 in semilibertà che lavorano alle dipendenze di datori di lavoro esterni, 4 al lavoro esterno (articolo 21 OP), 13 i permessanti (articolo 30-ter OP); 39 lavoranti alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria; la maggior parte della popolazione detenuta appartiene al circuito della media sicurezza (197) mentre il resto al circuito dell'alta sicurezza (97);
    secondo quanto riferito dalla direzione dell'istituto sono 105 i detenuti che hanno usufruito, dall'entrata in vigore e sino al momento della visita, della legge n. 199 del 2010 e successive modifiche ed integrazioni che prevede l'esecuzione della pena detentiva presso il domicilio del condannato;
    nell'istituto si registra una grave carenza di personale di polizia penitenziaria: la pianta organica prevede 198 unità, gli Agenti assegnati sono 168 ma quelli effettivamente in servizio sono soltanto 160; non v’è dubbio che tale deficit di organico incide sull'organizzazione del lavoro e si ripercuote negativamente sia sulla vita dei detenuti che degli Agenti di polizia penitenziaria costretti ad operare in condizioni di stress per far fronte al notevole carico di lavoro;
    gli educatori previsti nella pianta organica sono 6 ma ve ne sono assegnati 5 e di questi solo 4 sono concretamente in servizio; a tal riguardo, molti detenuti lamentano di non riuscire ad essere seguiti;
    gli psicologi in servizio nella casa circondariale sono solo 2, uno dipendente dall'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza per un totale di 28 ore mensili e l'altro convenzionato per un totale di 15 ore mensili; ne deriva che l'assistenza psicologica è gravemente carente e del tutto inadeguata per fare fronte alle esigenze della popolazione detenuta;
    l'assistenza sanitaria è assicurata h24 da 25 Sanitari (12 medici specialisti, medici di guardia e 1 dirigente sanitario) coadiuvati da 11 infermieri; sono presenti molte branche specialistiche: cardiologia, chirurgia, dermatologia, ecografia, radiologia, infettivologia, ortopedia, otorinolaringoiatria, odontoiatria, oculistica, psichiatria, etc.; nell'istituto prestano servizio anche 2 psichiatri ma non esiste un reparto di osservazione psichiatrica;
    molti detenuti lamentano l'assenza di lavoro all'interno del carcere; il direttore riferisce che, purtroppo, la cifra di 140.000 euro che lo Stato assegna all'istituto non è sufficiente e quindi sono pochi coloro i quali riescono a lavorare; gli stranieri lamentano l'assenza di mediatori culturali e la mancata risposta – da parte magistrato di sorveglianza di Cosenza – alle istanze avanzate e tendenti ad ottenere l'espulsione come misura alternativa alla detenzione;
    l'istituto è dotato di spazi comuni interni (cappella teatro, palestra, salette socialità, biblioteca) ed esterni (campo sportivo, area verde, laboratori polivalenti); la palestra, seppur attrezzata, è chiusa per mancanza di un istruttore che la direzione avrebbe comunque già richiesto al comitato provinciale Coni Cosenza; è in fase di sistemazione la Biblioteca con le attigue sale lettura;
   nella casa circondariale di Cosenza è data la possibilità ai detenuti, eccetto quelli appartenenti al circuito dell'alta sicurezza, di frequentare la scuola elementare, media e superiore alberghiera. Grazie ad una convenzione stipulata con l'università della Calabria è possibile iscriversi anche ad alcune facoltà universitarie e sostenere gli esami;
    in istituto esiste una lavanderia ma preposta solo al lavaggio della biancheria fornita dall'amministrazione penitenziaria (lenzuola, coperte, federe e altro); è presente il servizio di parrucchiere svolto da un detenuto alle dipendenze dell'amministrazione;
    il vitto ministeriale viene preparato nell'unica cucina, molto grande e pulita, presente nell'istituto in cui lavorano detenuti alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria. Pasti differenziati vengono preparati per motivi di salute o di fede religiosa. Ai detenuti è consentita la preparazione dei pasti in cella a mezzo di fornelli a gas. Nelle celle esiste uno spazio all'uopo predisposto dotato anche di lavabo oltre ad un vano separato destinato a servizio igienico con annessa doccia in conformità di quanto previsto dalla legge penitenziaria;
    i colloqui dei detenuti si svolgono nei locali all'uopo destinati che sono conformi a quanto prescritto dall'articolo 37, comma 5, del Regolamento di esecuzione penitenziaria (decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000) e cioè senza mezzi divisori; sono presenti, in numero sufficiente, anche delle salette destinate ai colloqui con i difensori che sono in tenute in buone condizioni;
    con ordine di servizio del 14 ottobre 2013 risulta essere stata attivata la «sorveglianza dinamica» che consente ai detenuti della media sicurezza di trascorrere circa 8 ore fuori dalla cella in virtù delle recentissime direttive del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria intraprese a seguito della sentenza Torreggiani emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo contro la Repubblica italiana l'8 gennaio 2013;
    non risultano essere avvenuti decessi di detenuti per morte naturale, per suicidio o per altro negli ultimi anni (pare che l'ultimo suicidio sia stato nel 2006) e pochissimi sono gli atti di autolesionismo messi in atto dai reclusi (39 nel 2012, 15 nel 2013); il direttore riferisce che sono notevolmente diminuiti anche le infrazioni e quindi i provvedimenti disciplinari specie dopo l'avvio della «sorveglianza dinamica» –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto nel presente atto di sindacato ispettivo e se intenda intervenire per ridurre, fino a portarla a quella regolamentare, la popolazione detenuta nella casa circondariale di Cosenza;
   in quale maniera ed entro quali tempi intenda adoperarsi, per quanto di competenza, per incrementare l'organico della polizia penitenziaria, degli psicologi e degli educatori in modo da migliorare le condizioni lavorative del personale e rendere lo stesso adeguato alle esigenze della popolazione reclusa;
   se ed in che modo intenda potenziare le attività trattamentali in particolare quelle lavorative e scolastiche per i detenuti presenti ivi compresi quelli appartenenti al circuito dell'alta sicurezza che, attualmente, sono discriminati rispetto a quelli di media sicurezza a causa del divieto di incontro che non permette a questi ultimi né di lavorare né di studiare in considerazione del fatto che il lavoro come l'istruzione è uno degli elementi fondamentali del trattamento carcerario;
   cosa intenda fare per incrementare i fondi relativi alle mercedi in modo da consentire ad un più elevato numero di detenuti la possibilità di lavorare e con compensi che permettano ad alcuni di loro di aiutare i loro familiari indigenti, spesso anche figli minori e se intenda intervenire per dotare l'istituto anche di un fondo per quei detenuti indigenti;
   se e quanti siano i detenuti stranieri che abbiano chiesto all'ufficio di sorveglianza di Cosenza di essere espulsi dal territorio dello Stato come misura alternativa alla detenzione e quanti di questi siano stati effettivamente espulsi ed a quanti di loro sia stato invece negato e per quali ragioni;
   se intenda intervenire per favorire la presenza di almeno un mediatore culturale per i detenuti stranieri anche attraverso convenzioni con gli enti locali o con organizzazioni di volontariato come previsto dall'articolo 35, comma 2 del Regolamento di esecuzione penitenziaria;
   se e come intenda intervenire per assicurare che la identificazione dei detenuti stranieri avvenga nel periodo della detenzione intramurale, evitando così il successivo trasferimento e trattenimento degli stessi, nei Centri di identificazione ed espulsione;
   quale sia la posizione giuridica del detenuto sieropositivo ristretto nella casa circondariale di Cosenza, in quale circuito e reparto sia assegnato, se viva in cella da solo o insieme ad altri detenuti, a quale trattamento sanitario sia sottoposto e se non ritenga che la sua permanenza all'interno dell'istituto possa pregiudicarne irreversibilmente le condizioni psico-fisiche già seriamente compromesse dalla patologia;
   quale sia la posizione giuridica dei detenuti tossicodipendenti ristretti nel suddetto istituto, a quale circuito penitenziario essi appartengano, se abbiano mai avanzato alle Autorità competenti richiesta di sostituzione della misura cautelare custodiale (qualora siano in attesa di giudizio) e/o di misure alternative alla detenzione (qualora siano in espiazione di pena) e quali siano i relativi esiti;
   quanti siano i condannati ristretti con una pena residua di 18 mesi che potrebbero ottenere, da subito, la concessione della esecuzione della pena presso il domicilio e, se corrisponda al vero, il fatto che questa venga applicata agli aventi diritti solo a ridosso del fine pena e, comunque, quanti siano i detenuti che abbiano beneficiato dell'intero periodo (12 mesi prima e 18 mesi poi) in detenzione domiciliare;
   quanti siano i condannati che, in tempi brevi, possano essere scarcerati alla luce delle recenti modifiche legislative apportate con il decreto-legge n. 146 del 2013 soprattutto con riferimento a quanto stabilito dall'articolo 4 che prevede la concessione della «liberazione anticipata speciale» (detrazione di 75 giorni ogni semestre di pena espiata) anche per coloro che si trovano ristretti per reati ostativi previsti dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario. Considerato che questi ultimi soggetti, possono ottenere, la liberazione anticipata, «soltanto nel caso in cui abbiano dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità» per cui, per evitare disparità di trattamento, quale sia l'interpretazione ufficiale della norma da parta del Governo e se il Ministro della giustizia non ritenga opportuno, sin da subito, emanare una circolare indirizzata a tutti gli istituti penitenziari ed agli Uffici di Sorveglianza della Repubblica;
   se la casa circondariale di Cosenza sia dotata di Regolamento interno previsto dall'articolo 36 del Regolamento di esecuzione penitenziaria e, in caso affermativo, se questo sia stato approvato dal Ministro della Giustizia con proprio decreto ai sensi dell'articolo 16 comma 3 dell'ordinamento penitenziario e se venga consegnato ai detenuti al momento del loro ingresso nell'istituto come prevede l'articolo 69, comma 2 del regolamento di esecuzione penitenziaria; in caso negativo, per quali ragioni detta casa circondariale ne sia sprovvista e se non si ritenga doveroso intervenire per dotarla immediatamente di un regolamento interno in modo che i detenuti conoscano le regole interne nonché i loro diritti e doveri;
   se l'istituto sia stato oggetto di visita da parte dell'azienda sanitaria provinciale di Cosenza ex articolo 11, comma 12 dell'ordinamento penitenziario e, in caso affermativo, a quando risalga l'ultima visita e cosa sia emerso dalla stessa con particolare riferimento alle condizioni igienico-sanitarie;
   quanti siano, anno per anno, negli ultimi 3 anni, i procedimenti disciplinari nei confronti dei detenuti precisando quanti di questi procedimenti siano stati conclusi con la irrogazione della sanzione, quanti siano stati archiviati, quanti siano stati invece condizionalmente sospesi e quanti quelli eccezionalmente condonati;
   quale sia il carico di lavoro dell'ufficio di sorveglianza di Cosenza e quanti e di che tipo, siano i benefici premiali e le misure alternative alla detenzione adottate anno per anno, negli ultimi 5 anni, in favore dei detenuti ristretti nella più volte citata casa circondariale di Cosenza;
   con quale frequenza il magistrato di sorveglianza competente visiti i locali dove si trovano i detenuti e se svolga periodici colloqui individuali con i medesimi in applicazione di quanto stabilito dall'articolo 75, comma 1, del regolamento di esecuzione penitenziaria (decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000) e se detto magistrato nell'ambito della sua funzione di vigilanza sulla organizzazione degli istituti penitenziari abbia prospettato al Ministro della giustizia le esigenze dei vari servizi della casa circondariale di Cosenza con particolare riguardo all'attuazione del trattamento rieducativo così come prevede l'articolo 69 comma 1 dell'ordinamento penitenziario. (5-01839)

Interrogazione a risposta scritta:


   LOREFICE, GRILLO, MANTERO, DI VITA, DALL'OSSO, SILVIA GIORDANO e CECCONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   lo Stato garantisce, quotidianamente, ai detenuti delle carceri il cosiddetto «carrello», costituito da colazione, pranzo e cena consegnati direttamente in cella. Secondo la legge il vitto dovrebbe costituire «alimentazione sana e sufficiente, adeguata all'età, al sesso, allo stato di salute, al lavoro, alla stagione, al clima» (ar. 9 dell'Ordinamento Penitenziario). In alternativa, i detenuti possono decidere di acquistare i prodotti alimentari (e non) presso il «sopravvitto»;
   il «sopravvitto» è una sorta di negozio interno alle carceri, gestito dalla medesima ditta che fornisce i pasti all'amministrazione carceraria. I prezzi al sopravvitto non sono quelli di uno «spaccio», ma sono di molto superiori a quelli di un normale supermercato. C’è un solo articolo per ogni genere di prodotto, di solito della marca più cara; non vi è alcuna possibilità di avvalersi di prezzi scontati e offerte. È raro trovarvi merce sottomarca in alternativa a quella di marca;
   da anni i detenuti segnalano che i prezzi dei prodotti in vendita al sopravvitto sono troppo alti;
   l'Ordinamento penitenziario recita che i prezzi del sopravvitto vengono stabiliti tenendo conto del supermercato più vicino al luogo in cui è sito l'istituto penitenziario, inoltre, la Circolare DAP 27 aprile 1988 n. 687465 recita: «Si invitano le SS.LL ad eseguire costanti, puntuali e penetranti controlli in ordine al servizio del sopravvitto detenuti. Particolare attenzione dovrà essere posta in merito ai prezzi praticati che (...) andranno confrontati, con le informazioni sui prezzi correnti all'esterno, richiesti mensilmente all'autorità comunale locale, fornendo alla stessa l'elenco dei generi posti in vendita nell'istituto, indicandone per ciascheduno dettagliatamente la qualità ed il tipo, la prezzatura, la marca ed il prezzo». E ancora, la Circolare DAP 21 novembre 1996 n. 638616 recita: «Il tariffario mod. 72 deve essere il più ampio possibile, compatibilmente con le esigenze di ordine e sicurezza dell'Istituto»;
   nessuna azienda è disposta a fornire tre pasti al giorno a meno di tre euro, quindi alla stessa viene affidata anche il sopravvitto perché non lavori «in perdita»;
   questo sistema va avanti dal 1920, anno al quale risale il Regolamento generale per gli stabilimenti carcerari, che disciplina la prestazione congiunta di fornitura pasti e gestione dello spaccio (articolo 1, capitolato d'appalto);
   quattordici sono le ditte che si sono aggiudicate entrambi i servizi nelle 206 carceri italiane, creando un sistema di oligopolio con guadagno doppio e assicurato;
   la «Arturo Berselli & C. Spa», con sede a Milano, si aggiudica appalti dal 1930 e li gestisce direttamente o indirettamente, cioè attraverso società controllare dai membri della famiglia Berselli. La «Arturo Berselli & C. Spa» e le altre società del gruppo non hanno un sito internet, ma hanno sedi operative in molte carceri italiane, pertanto, risulta difficile garantire ad aziende concorrenti gare d'appalto a pari condizioni (vedi allegati «Giustizia: lo strano caso del vitto nelle carceri, dal 1930 l'appalto ha un solo vincitore...»; «La spesa dentro»);
   nel 2003 la Corte dei conti regionale della Lombardia ha rifiutato di vistare le procedure di appalto con cui era stato rinnovato il contratto alla ditta «Arturo Berselli & C.Spa», sostenendo che non fossero state seguite le procedure previste dalla legge, circostanza che ha comportato l'avvio di una procedura di infrazione da parte della Ue. La Corte dei Conti del Veneto e quella dell'Umbria, invece, dopo aver sollevato molti rilievi, alla fine hanno ceduto alle pretese di rinnovo di questi appalti alle stesse ditte e senza gara, pur riconoscendo questa procedura contraria a quanto previsto all'articolo 23 della legge 18 aprile 2005, n. 62, «Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004»;
   l'articolo 23 (Disposizioni in materia di rinnovo dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi) ha sancito un generale divieto di rinnovazione dei contratti pubblici, ma di fatto nelle carceri rimane inapplicato in seguito all'emanazione del decreto del Ministro della giustizia del 21 luglio 2004, cioè il provvedimento in forza del quale «il contratto oggetto del provvedimento di approvazione in esame è stato sottoposto a particolari misure di sicurezza»;
   nelle motivazioni del provvedimento datato 16 aprile 2008 dalla sezione regionale del Veneto si sottolinea come il ministero abbia persino «ribadito la necessità di affidare vitto e sopravvitto al medesimo soggetto per motivi di efficienza e convenienza, in ragione delle reciproche interazioni tra le due attività e dell'incremento dei costi, sia per l'Amministrazione che per i detenuti, che potrebbe conseguire a una diminuzione del volume dei generi approvvigionati dalle singole imprese affidatarie»;
   la Saep Spa è una società che da anni gestisce gli spacci interni di ben 26 carceri italiane, di cui otto in Lombardia. È una delle tredici società controllate dalla Tarricone holding srl, con sede a Balvano in provincia di Potenza e un giro d'affari anche nel gioco d'azzardo: gestisce due sale bingo, una piattaforma telematica per il poker online e la raccolta di scommesse sportive e ippiche, tutte licenze garantite dallo Stato;
   secondo quanto denunciato, nel suo blog, da Gianfranco Modolo, ex direttore di carteBollate (il giornale dei detenuti di Bollate), le sezioni delle Marche e della Lombardia della Corte dei conti hanno respinto, per ben due volte, tra il 2003 e il 2006 i decreti con i quali i provveditori delle carceri (i Dap regionali) assegnavano alla Saep e anche ad altre ditte gli appalti per le forniture di prodotti alimentari alle carceri delle due regioni. Le ragioni sono da individuare nei vizi di forma e anche di sostanza. Nonostante tutto ciò la Saep Spa continua ad essere un delle principali rifornitrici di prodotti alimentari e non, nelle carceri italiane;
   la Saep spa, fondata nel 2001, in soli tre anni è riuscita ad aggiudicarsi gli spacci interni di 26 carceri diversi in tutta Italia. Nel 2009 è arrivata a servire 29 carceri, tra le quali tutti quelli lucani, nonostante le polemiche per i prezzi praticati per i generi del sopravvitto, risultati in molti casi superiori a quelli dei supermercati vicini agli istituti di pena serviti (vedi allegati «Carcere; Meglio mangiare patate: la strana vicenda della Saep Spa»; «Indagine sugli appalti nelle carceri»; «La spesa dentro»);
   la ditta di Claudio Landucci è presente in tutte le carceri della Liguria, ma è attiva anche in Veneto ed Emilia Romagna (vedi allegato «La spesa dentro»);
   per volontà del ministero della giustizia, gli appalti delle forniture di vitto devono essere effettuati limitando l'ammissione alla gara «alle sole ditte che nel triennio precedente abbiano regolarmente svolto rapporti analoghi con enti pubblici», condizione che, tuttavia, non è piaciuta all'Antitrust, che il 17 giugno 2005, con una segnalazione al ministero, ha chiesto di tenere conto del principio di concorrenza da bilanciare con le esigenze di sicurezza, come stabilito dalla normativa europea (vedi allegato «Carceri, per gli alimenti prezzi alle stelle ai detenuti. E le ditte fanno affari d'oro»);
   come ha comunicato il Dipartimento di amministrazione penitenziaria (Dap), dal 2007 le opere, i servizi e le forniture destinati alle attività «dell'amministrazione della giustizia», «nei casi in cui sono richieste misure di sicurezza o di segretezza», possono essere eseguiti «in deroga alle disposizioni relative alla pubblicità delle procedure di affidamento dei contratti pubblici» in base al codice degli appalti. Ne consegue che gli importi, i nomi e altri dati sono top-secret. I bandi, realizzati dal ministero della giustizia attraverso i 16 Prap (Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria) competenti per territorio, possono essere biennali o triennali, a volte anche di un anno solo –:
   se non ritenga opportuno effettuare periodici controlli così da garantire una reale corrispondenza, come da regolamento, tra i prezzi dei prodotti alimentari e non in vendita nei sopravvitti e quelli dei supermercati più vicini ai luoghi in cui gli istituti penitenziari si trovano;
   se non ritenga opportuno garantire ai detenuti la possibilità di poter scegliere tra più articoli per ogni genere di prodotto, con la possibilità di potersi avvalere anche di prezzi scontati, di offerte e di merce sottomarca;
   se non ritenga opportuno rivedere le regole relative ai bandi delle gare d'appalto per la gestione del vitto e sopravvitto nelle carceri, così da garantire una leale concorrenza tra le ditte appaltanti e contrastare il sistema di oligopolio attualmente esistente. (4-03104)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sono mesi che le notizie relative all'isola di Lampedusa mettono alternativamente in evidenza da un lato notizie drammatiche relative agli sbarchi e alla sproporzione delle strutture di accoglienza, e dall'altro la indiscussa generosità degli abitanti dell'isola e delle istituzioni locali, che cercano di farvi fronte come possono;
   i recenti fatti legati al trattamento dei residenti nelle struttura del Centro di identificazione ed espulsione, per una loro presunta «disinfestazione», hanno fatto il giro del mondo in formato video, mostrando un servizio di accoglienza che appare decisamente inadeguato e su cui ha recentemente riferito in Aula anche il Ministro dell'interno. È un problema di qualità di servizi, ma è anche un problema di strutture e infrastrutture;
   uno dei problemi che riguardano i Centri di identificazione ed espulsione e che colpiscono maggiormente la pubblica opinione, segnando davvero una discriminante importante sul piano dell'umanizzazione dell'accoglienza, è quella che riguarda i minori e le loro madri, e si colloca non solo sul piano della dignità della persona, ma anche nell'ambito della tutela della salute materno-infantile, laddove per salute occorre intendere anche tutti gli aspetti psico-sociali, logistica inclusa;
   a Lampedusa esiste una struttura che, fino a poco tempo fa, veniva utilizzata come centro di accoglienza per gli immigrati minorenni non accompagnati e che potrebbe costituire un importante sostegno al centro di prima accoglienza di contrada Imbriacola, attualmente svuotato, ma in genere fin troppo spesso pieno, ben oltre la sua capacità. Si tratta dell'ex base «Loran», attualmente in stato di totale abbandono;
   la base Loran si trova nella parte occidentale dell'isola ed è un'ex installazione militare. Il suo nome deriva dall'acronimo Loran (LOng RAnge Navigation: navigazione a lungo raggio), sistema di radionavigazione terrestre che sfrutta l'intervallo di tempo tra i segnali ricevuti da tre o più stazioni per determinare la posizione di una nave e renderla così più sicura. Fino al 1994 era una base NATO, gestita da personale statunitense della United States coast guard, ed era sede di uno dei trasmettitori del sistema di radionavigazione LORAN, integrato in una rete di installazioni simili poste a Estartit in Spagna, Kargaburan in Turchia e Sellia Marina in Calabria a supporto della navigazione nel Mediterraneo. La rete LORAN per il Mediterraneo è attualmente inattiva ed è stata restituita alle Forze armate italiane. Dal marzo 2011 è stata utilizzata per ospitare donne e minori extracomunitari sbarcati clandestinamente sull'isola;
   il Ministero dell'interno ha ottenuto con il POR sicurezza un finanziamento di 6,8 milioni di euro per il ripristino del CPSA e della ex base LORAN. Ma mentre per il primo è tutto pronto e a breve inizieranno i lavori, previsti per il prossimo marzo 2014, per il secondo i tempi sembrano molto più lunghi, mentre l'urgenza non è affatto inferiore. Soprattutto se si tiene conto che la maggior parte degli sbarchi inizia nella primavera e si prolunga per tutta l'estate –:
   se sia a conoscenza della data di inizio dei lavori di ristrutturazione della struttura in questione, l'ex Base Loran, e quali urgenti iniziative intenda porre in essere al fine di poterne accelerare il completamento dei lavori necessari a garantire una migliore accoglienza di donne e minori. (3-00543)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLLETTI, DEL GROSSO e VACCA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a partire dal 1o gennaio 2014 le tariffe applicate dalla «Strada dei Parchi Spa», società del gruppo Toto Holding che gestisce i collegamenti autostradali A24 e A25 (Roma – L'Aquila – Teramo – Chieti-Pescara), hanno subito un aumento dell'8,28 per cento;
   l'aumento, regolato dalla Convenzione stipulata tra la società di gestione ed Anas, è stato disposto dal decreto interministeriale (Ministero dell'economia e delle finanze e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) n. 486 del 31 dicembre 2013;
   secondo quanto stabilito dalla delibera CIPE n. 38 del 2007, i proventi dei pedaggi autostradali sono destinati al recupero degli investimenti – già effettuati o da effettuare – e al sostegno delle spese di gestione, manutenzione ed ammodernamento della rete;
   le tariffe si formano previa verifica da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sugli investimenti realizzati dalla società di gestione;
   negli ultimi anni, il pedaggio sulle autostrade A24 e A25 è cresciuto in misura continua e rilevante. Nel 2008 si è registrato infatti un +2,4 per cento mentre dal 1o gennaio 2010 un ulteriore +4,78 per cento e l'anno successivo un altro +8 per cento. Poi ancora un +8,06 per cento nel 2012 ed ancora un +6 per cento nel 2013, fino ad arrivare al +8,28 per cento di quest'anno;
   l'ingegner Cesare Ramadori, amministratore delegato di «Strada dei Parchi Spa», ha dichiarato che il rincaro delle tariffe del 2014 è dovuto per un buon 50 per cento alla necessità di finanziare i lavori di costruzione delle cosiddette «complanari» del tratto romano dell'autostrada A24 per dare respiro al traffico in entrata e in uscita dalla Capitale;
   nonostante tale incidenza rilevante degli investimenti destinati alla parte romana del tracciato, gli aumenti tariffari hanno riguardato indistintamente e in egual misura tutto il percorso della A24 e della A25, fino a L'Aquila, Teramo e Chieti-Pescara;
   l'onere a carico di chi fruisce dei collegamenti autostradali tra Lazio e Abruzzo sta diventando davvero insostenibile per i cittadini, soprattutto lavoratori pendolari, e le imprese locali già duramente colpite dalla crisi –:
   se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intenda riferire dettagliatamente quali verifiche sono state effettuate sugli investimenti compiuti dalla società di gestione «Strada dei Parchi Spa» negli ultimi 10 anni, quali e quanti accertamenti hanno riguardato la congruità dei prezzi fissati negli appalti affidati dalla concessionaria alle altre società del Gruppo Toto Holding (i cosiddetti «affidamento intragruppo») e quale giustificazione abbiano avuto, anno per anno, gli aumenti tariffari applicati alle autostrade A24 e A25 nello stesso periodo;
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dell'economia e delle finanze intendano emanare con urgenza un nuovo atto interministeriale volto a diminuire/azzerare i rincari di cui al decreto n. 486 del 31 dicembre 2013 o a diversificarli a seconda del tratto autostradale interessato e della diversa distanza/beneficio ricevuto dall'ampliamento del tratto romano della A24;
   se i Ministri interrogati intendano altresì promuovere a livello nazionale, di concerto con Anas e con le diverse società di gestione, la definizione di forme di abbonamento, sconti o riduzioni tariffarie a beneficio di quanti, cittadini o imprese, si trovino a viaggiate frequentemente in autostrada e ad affrontare una spesa oggi divenuta insostenibile. (5-01841)


   SCHULLIAN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'Accordo di Stato del 2004 fra l'Italia e l'Austria, i due Governi hanno istituito la società di scopo «Galleria di Base del Brennero – Brenner Basistunnel BBT SE», società per azioni europea interamente di proprietà pubblica e la progettazione della galleria di base è stata terminata;
   la giunta della provincia autonoma di Bolzano, con delibera n. 1153 del 29 luglio 2013, ha quindi avviato d'ufficio il procedimento per l'inserimento nei piani urbanistici comunali, nei comuni di Laives, Bronzolo, Aldino, Ora, Montagna, Egna e Salorno, dei percorsi di collegamento al tunnel di base;
   nel 2004 la BBT SE, secondo la risposta data dal presidente della provincia di Bolzano all'interrogazione consiliare n. 1133/10-XIV, aveva incaricato il professor Peter Lercher, della facoltà di medicina dell'università di Innsbruck, di elaborare uno studio di valutazione dell'impatto sulla salute del progetto BBT e tale studio aveva lo scopo di fornire rilevanti informazioni circa l'impatto sulla qualità della vita delle popolazioni interessate;
   ad oggi la BBT SE ha pubblicato solo brevi estratti dello studio, ma non il testo completo, privando in questo modo sia le popolazioni interessate che le amministrazioni comunali del diritto ad una informazione trasparente, completa e necessaria rispetto agli interventi infrastrutturali programmati;
   ai sensi del Capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241, in un procedimento amministrativo gli interessati hanno il diritto di prendere visione di documenti amministrativi (cosiddetto diritto d'accesso) e anche i soggetti di diritto privato devono, limitatamente alla loro attività di pubblico interesse, garantire tale accesso ai documenti amministrativi;
   la BBT SE, nel suo «Codice di comportamento», si propone di «instaurare e mantenere un rapporto di fiducia tra BBT SE e i suoi stakeholder» imponendosi «innanzitutto, il costante rispetto delle leggi, nella consapevolezza che le regole giuridiche (...) devono essere affiancate da un complesso di principi etici generali e specifici idonei ad orientare i comportamenti (...) per il miglior perseguimento degli interessi coinvolti» e tale perseguimento presuppone senz'altro il completo accesso alle informazioni che stanno alla base della valutazione sulle decisioni da assumere, posto che nello stesso Codice si statuisce anche che «le informazioni che vengono diffuse dalla Società sono complete, trasparenti, comprensibili ed accurate, in modo da permettere ai destinatari di assumere decisioni consapevoli (...)»;
   i comuni, nella loro veste di organi rappresentativi delle popolazioni interessate, hanno quindi urgentemente bisogno di tutte le informazioni utili ai fini della valutazione circa l'inserimento dei percorsi di collegamento al tunnel di base, e specificamente dell'intero studio sulla «public-health» del professor Peter Lercher –:
   se il Ministro sia in possesso dell'intero studio sulla «public-health» del professor Peter Lercher e se intenda intervenire affinché i comuni e le popolazioni interessate possano effettivamente prendere visione di tale studio. (5-01843)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TIDEI, FERRO, CARELLA e GREGORI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dal primo gennaio 2014 sono scattati ulteriori aumenti medi del 3,9 per cento del costo del pedaggio sulle autostrade A24, A25, Al, A12 che interessano la Strada dei Parchi, le province di Roma, Rieti, Viterbo, Latina e Frosinone;
   a fronte di un aumento del costo del pedaggio non sono stati riscontrati miglioramenti nel servizio né nella sicurezza della rete autostradale;
   l'andamento dell'inflazione e l'aumento dell'IVA non bastano a giustificare tale rincaro;
   come rilevato dalla Banca d'Italia e dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, alcune società autostradali non avrebbero realizzato neanche il 4 per cento degli ampliamenti della rete, pianificati dal 2004;
   le migliaia di pendolari su gomma, che ogni giorno si dirigono verso la Capitale, subiscono, conseguentemente a tale aumento, un ulteriore ingiustificato danno che grava annualmente in maniera incisiva sulla loro condizione economica in un momento di particolare crisi;
   esistono evidenti incongruenze nel rapporto tra i costi di alcuni caselli e chilometri effettuati nei tratti autostradali –:
   quali siano gli orientamenti dei Ministri sui fatti riportati in premessa;
   se non ritengano opportuno, alla luce di quanto espresso, attivarsi presso le Società autostradali per la rimodulazione delle tariffe del pedaggio in base alla quantità del chilometraggio effettuato, di proporre abbonamenti per i pendolari ed accelerare gli ampliamenti già previsti e non effettuati, legando gli eventuali ritardi ad un abbassamento della tariffa autostradale dei caselli interessati. (4-03090)


   CATALANO, LIUZZI, GALLINELLA, DE LORENZIS e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Ferrovie dello Stato ha riferito che nella quota di intercity effettuati a mercato che percorrono la linea dorsale tra Roma e Firenze, e servono varie destinazioni, (da Milano, Trieste-Venezia sino a Roma-Napoli-Salerno) rientrano sei coppie di collegamenti che svolgono spesso, per buona parte, un servizio di cabotaggio servendo flussi di pendolari che li utilizzano per tratte limitate, sostanzialmente paragonabili a quelle del trasporto ferroviario locale;
   i treni presentano ormai da tempo un rapporto costi-ricavi fortemente negativo, con perdite rilevanti: è stata quindi preannunciata la loro soppressione;
   l'inserimento dei convogli nel perimetro del «servizio universale» comporterebbe un onere aggiuntivo pari a circa 30 milioni di euro la cui copertura, in assenza dei corrispondenti stanziamenti, potrebbe essere assicurata solo da variazioni compensative di altri servizi inclusi nel contratto vigente, valido per il 2009-2014;
   l'articolo 21 del decreto legge n. 98 del 2011 «Disposizioni Urgenti per la stabilizzazione finanziaria», convertito con modificazioni dalla legge n. 111 del 2011 stabilisce che «dal 13 dicembre 2011 è introdotto un sovrapprezzo al canone dovuto per l'esercizio dei servizi di trasporto di passeggeri a media e lunga percorrenza, non forniti nell'ambito di contratti di servizio pubblico, per la parte espletata su linee appositamente costruite o adattate per l'alta velocità, attrezzate a velocità pari o superiori a 250 chilometri orari»;
   il sovrapprezzo è stabilito, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sulla base dei costi dei servizi universali di trasporto ferroviario di interesse nazionale oggetto di contratti di servizio pubblico, senza compromettere la redditività economica del servizio di trasporto su rotaia al quale si applica;
   i collegamenti di media e lunga percorrenza nazionali, quali gli intercity compresi nel contratto di servizio orientati a tutelare il diritto alla mobilità sulle tratte nazionali, possono esser utilizzati dai pendolari quando gli orari di transito lo consentono, rivestendo così una rilevante funzione anche per il trasporto pubblico locale;
   a fronte della scarsa attenzione del gestore per le tratte non commerciali, sia in termini di investimento che di gestione dei contratti, si registra negli ultimi cinque anni, come si legge nel rapporto Pendolaria 2012, un aumento dell'offerta dell'Alta Velocità del 395 per cento;
   nel piano industriale 2011-2015 Trenitalia individua, tra le strategie del Gruppo FS, l'offerta flessibile con incremento nelle ore di punta;
   si apprende dalla stampa che la regione Toscana ha deciso di non rinnovare a Trenitalia il contratto di servizio per il trasporto regionale e di indire una gara internazionale per il trasporto ferroviario;
   risulterebbe all'interrogante che, ad oggi, il sovrapprezzo succitato non sia stato introdotto –:
   se non ritenga urgente intervenire per garantire i convogli, operando al contempo, nell'ambito del servizio universale, le variazioni compensative succitate, al fine di non pregiudicare il servizio per gli altri utenti;
   quali siano le ragioni della mancata introduzione del sovrapprezzo;
   se non ritenga opportuno autorizzare l'utilizzo dell'extra canone per il finanziamento del cabotaggio pendolare nelle tratte a mercato, oppure per consentire l'estensione, opportunamente definita dall'Autorità dei Trasporti, del servizio universale alle tratte interregionali. (4-03097)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TURCO, LOREFICE, MANNINO, BECHIS, NICOLA BIANCHI, TACCONI, DE LORENZIS, DA VILLA e PARENTELA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   L'ENS – Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordomuti – è l'ente morale preposto per legge alla rappresentanza e tutela dei sordi in Italia (legge n. 698 del 1950 e decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1979);
   l'ENS riceve un contributo ordinario annuo in misura fissa di euro 516.000,00 in forza della legge 15 dicembre 1998, n. 438, (contributo statale a favore delle associazioni nazionali di promozione sociale);
   anche la gestione finanziaria dell'ENS è sottoposta al controllo della Corte dei conti ai sensi della legge 21 marzo 1958, n. 259, «Partecipazione della Corte dei Conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria»;
   ciò nonostante agli interroganti risulta che l'ENS ha chiuso in forte disavanzo di amministrazione consecutivamente gli esercizi degli anni 2010 e 2011 (- euro 922.759,01 il 2011, in peggioramento rispetto a – euro 701.273,57 dell'esercizio 2010);
   con la circolare n. 4407 dell'11 maggio 2012 diretta a tutte le sedi periferiche, il Consiglio direttivo nazionale dell'ENS ha comunicato la sospensione di tutti i trasferimenti spettanti alle sedi provinciali e regionali dell'ente quali quota parte del tesseramento, di fatto inibendone l'attività in favore dei sordi, dichiarando l'esistenza di un'esposizione debitoria verso banche, creditori vari ed erario pari a – euro 12.403.891,94 cioè ben oltre dodici milioni;
   sempre nella citata circolare viene dichiarato che a causa dell'esposizione debitoria tutte le entrate ordinarie (tra cui vi è anche il contributo di cui alla legge n. 438 del 1998 erogato dal Ministero) sono vincolate al pagamento delle rate dei mutui e degli interessi e che tutte le azioni volte alla ricerca dell'equilibrio finanziario sono in fase in stallo;
   a fronte della grave situazione finanziaria in cui versa l'ENS, risulterebbero sensibilmente cresciuti nell'ultimo anno i costi sostenuti dalla sede nazionale per compensi e rimborsi spese a consulenti esterni provenienti da altre regioni, nonché per indennità e spese di rappresentanza degli organi centrali, in particolare del presidente nazionale, questi ultimi privi di qualsiasi attinenza e controllo;
   oltre a ciò è notizia che l'ENS si sia determinato ad intraprendere un'operazione di project financing che prevede il finanziamento di euro 20.000.000 – venti milioni di euro – da restituire in 30 anni al fine di ristrutturare ed adibire ad hotel di lusso la sede sociale in Roma dislocata vicino Piazza San Pietro;
   organi di stampa nazionali, che si sono interessati dell'argomento, riferiscono, tuttavia, che l'immobile risulta occupato oltre che dalla sede nazionale dell'ENS anche dagli uffici del giudice di pace penale di Roma, sebbene a lettera della delibera consiliare dell'Ente stesso sia indicato che l'immobile è «... vuoto in attesa di nuova destinazione d'uso». (Il Fatto Quotidiano – Paolo Tessadri – 18 ottobre 2012, Il Fatto Quotidiano – Sara Vicoli – 14 novembre 2012, Corriere della Sera – Sabrina Giannini – 13 dicembre 2012, Il Fatto Quotidiano – Paolo Tessadri – 23 agosto 2013.)
   tale delibera assembleare ha visto due dei consiglieri dissociarsi dalla stessa all'esito della sua approvazione;
   è in questo contesto che l'ex-presidente Ida Collu in carica dal 1995 al 2011 viene accusata di una gestione disastrosa;
   alla stessa succede il commissario Giuseppe Petrucci, poiché in forza dell'articolo 15, comma 1-bis (inserito dall'articolo 1, comma 14, del decreto-legge n. 138 del 2011 convertito dalla legge n. 148 del 2011) il quale statuisce, infatti, che «fermo quanto previsto dal comma 1 (dell'articolo 15 del decreto-legge n. 98/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011), nei casi in cui il bilancio di un ente sottoposto alla vigilanza dello Stato non sia deliberato nel termine stabilito dalla normativa vigente, ovvero presenti una situazione di disavanzo di competenza per due esercizi consecutivi, i relativi organi, ad eccezione del collegio dei revisori o sindacale, decadono ed è nominato un commissario con le modalità previste dal citato comma 1; se l'ente è già commissariato, si procede alla nomina di un nuovo commissario. Il commissario approva il bilancio, ove necessario, e adotta le misure necessarie per ristabilire l'equilibrio finanziario dell'ente...»;
   è soltanto dell'anno scorso la relazione relativa agli esercizi dell'ENS dal 2006 al 2010 dimessa dalla Corte dei conti, la quale, senza motivare le ragioni del proprio ritardo, rimarca le responsabilità dei governi che dal 2006 non hanno vigilato. In tale documento si legge che «l'Ente non ha redatto il bilancio consuntivo, ma invece un bilancio consolidato, non conforme alle disposizioni vigenti, fornendo a supporto una documentazione contabile incompleta e discordante, così da rendere impossibile l'interpretazione della reale situazione economica e patrimoniale»;
   l'ENS quindi è stato commissariato a seguito della mancata presentazione dei bilanci e dell'evidente stato di indebitamento accumulato nel corso degli anni. L'attuale presidente già facente parte del consiglio direttivo precedente, viene ora accusato di godere di stipendi, indennità e rimborsi spese eccessivi vista la situazione di grave disavanzo dell'ente stesso;
   dalla situazione rappresentata emerge uno scenario di grave indebitamento patologico, e di scarsità di controlli governativi e contabili;
   potrebbe quindi apparire utile o quanto meno consigliabile che tale ente venisse sottoposto ad un regime di controllo più stringente, da parte della Corte dei conti, e dal Ministro competente, onde consentire una correzione della gestione al fine di evitare il protrarsi di situazioni di grave disavanzo contabile che rischia di diventare irreversibile;
   tutto ciò sia al fine di garantire una corretta gestione di spesa dei fondi pubblici in dotazione all'ENS stesso sia per garantire l'effettivo perseguimento dei fini istituzionali a favore dei portatori di disabilità auditiva –:
   se siano a conoscenza della situazione qui sopra rappresentata;
   se e quali indagini intendano promuovere per verificare le cause della gravissima situazione debitoria venutasi a creare in seno all'ENS;
   se e quali provvedimenti intendano adottare per sottoporre ad un'approfondita analisi di gestione i passati esercizi per addivenire all'individuazione dei responsabili negli organi amministrativi e di controllo, per il grave disavanzo creato e l'omessa e/o irregolare redazione dei bilanci d'esercizio dell'Ente in osservanza dei principi contabili, secondo la normativa vigente. (5-01845)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COZZOLINO, DADONE e D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella Gazzetta ufficiale serie generale, numero 296, del 18 dicembre 2013 è stato pubblicato il decreto del Ministro dell'interno del 21 ottobre 2013, che istituisce il Gruppo sportivo nazionale dei vigili del fuoco, denominato gruppo sportivo vigili del fuoco fiamme rosse;
   nei riferimenti normativi e regolamentari citati in premessa del decreto ministeriale 21 ottobre 2013 non si rinviene alcuna disposizione legislativa che dia mandato di procedere tramite decreto ministeriale di natura non regolamentare alla costituzione di un gruppo sportivo nazionale dei vigili del fuoco;
   nel panorama agonistico nazionale sono già numerosi i gruppi sportivi dei corpi del comparto sicurezza civile e di corpi militari, quali le Fiamme Gialle, fiamme oro, il corpo sportivo dell'arma carabinieri, il corpo sportivo dell'esercito, il corpo sportivo della guardia forestale. Gruppi sportivi di consolidata tradizione agonistica e che nel corso degli anni hanno ottenuto importanti successi in campo internazionale e nazionale in molte discipline sportive;
   il decreto ministeriale 21 ottobre 2013, in premessa dichiara la necessità di istituire un Corpo nazionale sportivo dei vigili del fuoco, al fine di promuovere e svolgere l'attività sportiva di alto livello agonistico da parte dei vigili del fuoco, obiettivo, questo, che si presenta molto arduo da raggiungere a fronte della presenza di numerosi corpi sportivi di ben più consolidata tradizione e del quale, ad avviso degli interroganti, si fatica a ravvisare l'effettiva necessità della sua istituzione;
   l'articolo 7 del decreto ministeriale stabilisce che le spese connesse alla istituzione ed al funzionamento del Gruppo sportivo vigili del fuoco Fiamme Rosse sono a carico degli ordinari stanziamenti di bilancio del Programma «Prevenzione dal rischio e soccorso pubblico» nell'ambito della Missione «Soccorso civile» dello stato di previsione del Ministero dell'interno, integrati dalle riassegnazioni delle somme versate in entrata a tal fine dal CONI, ma non procede ad alcuna quantificazione previsionale del costo di funzionamento del Gruppo sportivo nazionale;
   ad avviso degli interroganti aggiungere una voce di spesa, senza peraltro quantificarla, quale quella del funzionamento del Gruppo sportivo nazionale dei vigili del fuoco, a valere su un programma fondamentale quale quello di «Prevenzione dal rischio e soccorso pubblico» costituisce una scelta non opportuna e non condivisibile perché rischia di distrarre risorse dall'attività principale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in particolare a fronte delle carenze di risorse materiali e strumentali sovente lamentate dalle organizzazioni sindacali della categoria –:
   sulla base di quale disposizione normativa il Ministro dell'interno sia stato autorizzato a costituire il Gruppo sportivo nazionale vigili del fuoco tramite un decreto ministeriale neppure da sottoporre al parere delle competenti commissioni parlamentari;
   quali siano i costi di funzionamento previsti per il gruppo sportivo nazionale dei vigili del fuoco e se siano stati previsti dei limiti massimi di spesa;
   se non ritenga il Ministro di individuare un apposito fondo per la copertura dei costi di funzionamento del Gruppo sportivo nazionale dei vigili del fuoco. (4-03095)


   PARISI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle Forze di polizia – Coisp, segnala dall'estate dello scorso anno, uno scarso livello di controllo del territorio e di tutela nei confronti dei cittadini di Pontedera, a causa del funzionamento del commissariato di polizia, le cui condizioni di precarietà, non consentono di garantire risposte confacenti, rispetto alla crescente domanda di sicurezza della comunità locale;
   il medesimo sindacato in particolare, evidenzia la carenza di organico del personale di sicurezza, inadeguato e sproporzionato nel vigilare un territorio vasto ed esteso come quello di Pontedera, i cui livelli di insufficienza sono addirittura tali che, nel caso in cui si registra una non preventivabile assenza di operatore della sezione volante 113, la sua sostituzione determina addirittura la chiusura del commissariato cittadino;
   il Coisp rileva inoltre, come sia sconcertante la mancanza di attenzione da parte del questore di Pisa nei riguardi della sicurezza del territorio di Pontedera, la cui funzionalità carente è particolarmente avvertita dalla popolazione locale, oltre che dal personale stesso operante sul territorio;
   l'interrogante evidenzia fra l'altro che, la vicenda dell'apertura intermittente del commissariato di Pontedera, è stata anche riportata dalle cronache di stampa locali, dopo che all'esterno dell'ufficio di polizia, è stato affisso un avviso in cui si comunicava che in qualunque orario dei giorni festivi e dalle 9 alle 17 dei feriali, in caso di mancata risposta al citofono, era indispensabile telefonare al numero di soccorso 113;
   una situazione insostenibile, a giudizio dell'interrogante, in base alla quale come peraltro ampiamente pubblicato dai quotidiani toscani, è stato stabilito che quando a Pontedera o a Volterra, si registra una inaspettata assenza di un agente di polizia della sezione volante, quest'ultimo viene avvicendato dall'unico operatore preposto alla vigilanza dell'ufficio di polizia;
   la conseguenza di quanto suindicato oltre a determinare la chiusura del commissariato, come in precedenza riportato, implica che da quel momento, coloro che necessitano assistenza, sono costretti a rivolgersi soltanto contattando il numero di soccorso 113, con la gestione delle telefonate, anche quelle che non riguardano le emergenze, coordinata addirittura dal centralino della Prefettura – questura di Pisa;
   quanto suindicato, a giudizio dell'interrogante, desta sconcerto e stupore in considerazione che la sicurezza del territorio e la tutela dei cittadini, dovrebbero costituire un obiettivo primario dell'azione amministrativa di ogni Governo, ed invece la gravità della situazione del commissariato di Pontedera, è tale da pregiudicare l'immagine dell'intera polizia di Stato, nonché delle istituzioni preposte al coordinamento e al complicato funzionamento di questo imponente organismo –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se in considerazione dei livelli di criticità esposti in premessa, non ritenga urgente ed opportuno intervenire al fine di potenziare l'organico all'interno del commissariato di Pontedera, sia attraverso adeguati, strumenti, mezzi e personale, che eventualmente presso altri comandi delle forze di polizia provenienti da altre regioni;
   se il Ministro dell'economia e delle finanze intenda ripristinare le risorse destinate alla sicurezza così da fornire risposte adeguate, e non politicamente strumentali, alle esigenze dei cittadini di Pontedera;
   se in considerazione degli interventi previsti all'interno della legge di stabilità per il 2014, non intenda infine indirizzare le misure indicate a favore del comparto sicurezza, nei riguardi della città di Pontedera, al fine di garantire un completo ed efficiente funzionamento del commissariato cittadino e ripristinare le minime condizioni di sicurezza per il territorio la comunità locale, attualmente come peraltro esposto in premessa, condizioni di estrema gravità. (4-03096)


   GRECO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la città di Catania è una tra le città a più alta densità di beni confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata;
   per tale motivo l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ha comunicato, lo scorso mese, l'apertura di una succursale dell'Agenzia anche a Catania;
   il delicato tema dei beni confiscati suscita immediato interesse nell'opinione pubblica soprattutto siciliana, che non sempre ha innanzi a sé esperienze positive di effettivo riutilizzo sociale dei beni confiscati a fronte del pensiero, purtroppo corrente, che «la mafia dà posti di lavoro e lo Stato no»;
   uno dei settori a più alto tasso di infiltrazione mafiosa e conseguente alto tasso di sequestri e confische è quello dei trasporti;
   Catania è nota per la triste e peculiare vicenda relativa al sequestro e alla confisca dell'azienda Riela che operava nel campo dei trasporti e della meccanica, che dopo essere stata sequestrata e confiscata è stata vittima di un meccanismo di «scatole cinesi» create dagli stessi ex proprietari che hanno di fatto portato via le commesse all'azienda confiscata e hanno, tra l'altro, determinato un debito di circa 7.000.000 euro così come è stato accertato in primo grado nel relativo processo penale;
   tale debito è una delle principali cause del dissesto dell'azienda e costituisce oggetto di altrettanti procedimenti in sede civile e penale;
   a seguito della confisca, la maggior parte dei dipendenti si licenziò perché non credette nelle capacità gestionali dello Stato;
   a seguito della volontà delle istituzioni cittadine di far ripartire l'azienda, lo Stato ha chiesto ai lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, di lavorare per l'azienda confiscata;
   oltre una ventina di lavoratori sono stati poi assunti, a seguito di colloquio, perché hanno creduto nella buona volontà e nelle capacità economico-amministrative dello Stato e degli organi deputati alla gestione dell'azienda confiscata –:
   se il Ministro dell'interno, preposto alla vigilanza del lavoro svolto dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, sia a conoscenza della vicenda sopra molto brevemente riportata;
   se il Ministro sia a conoscenza dell'avvenuto licenziamento degli ormai ex dipendenti dell'azienda (oggetto di ricorso in sede di Tribunale del Lavoro) a fronte di quello che dovrebbe essere un dovere per lo Stato, ovvero quello di mantenere immutato il livello occupazionale dei lavoratori di aziende sequestrate e confiscate;
   se al Ministro risulta che tutti gli organi e soggetti che nel tempo si sono succeduti per la gestione finanziaria dell'azienda hanno fatto quanto dovuto e quanto in loro potere per tenere in buone condizioni l'azienda nell'attesa di assegnarla o venderla;
   se il Ministro sia a conoscenza di una delibera del Consiglio Direttivo dell'Agenzia con cui si stabilisce che l'azienda andrà liquidata perché «non riesce a stare sul mercato»;
   se il Ministro condivida la decisione di procedere alla liquidazione dell'azienda senza prima attendere l'esito delle vicende giudiziarie relative al presunto debito di cui sopra, e che potrebbero invece sancire il riconoscimento per l'azienda di un credito di circa sette milioni di euro;
   se e quali iniziative il Ministro intende porre in essere per evitare che questi lavoratori che hanno scelto di affidarsi allo Stato e che oggi dallo Stato vengono licenziati, restino ancora in tale condizione socio-economica;
   se il Ministro sia a conoscenza e condivida la proposta di rivisitazione totale della normativa istitutiva dell'Agenzia per i beni confiscati, secondo quanto dichiarato alla stampa dal Prefetto Caruso.
(4-03102)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   NARDUOLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i candidati che hanno presentato domanda e che sono risultati in possesso dei requisiti per l'accesso ai corsi percorsi abilitanti speciali (PAS) per la regione Veneto sono stati 1.210 per la scuola dell'infanzia e 1.703 per la scuola primaria, come risulta dalla nota dell'Ufficio scolastico regionale del 4 dicembre 2013;
   tuttavia, gli atenei della regione Veneto (università di Verona, Padova e Venezia «Ca’ Foscari») hanno comunicato che non attiveranno i corsi percorsi abilitanti speciali per la scuola dell'infanzia e primaria, in accordo con la posizione espressa dalla CRUI con la nota 1245-13/P/rg del 21 novembre 2013, la quale ritiene che tali percorsi formativi necessitino dell'acquisizione di ampie ed adeguate conoscenze disciplinari nonché di specifiche metodologie didattiche;
   una analoga indisponibilità all'attivazione dei percorsi abilitanti speciali si sta registrando in tutte le università italiane;
   già nel mese di settembre 2013 la giunta della Conferenza dei direttori e dei presidi di scienze della formazione aveva espresso parere negativo all'organizzazione dei corsi speciali per infanzia e primaria, proponendo invece di inserire i candidati all'interno del corso di laurea in scienze della formazione primaria, con particolari agevolazioni per l'acquisizione dei crediti;
   ad oggi, risulta che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca stia valutando di supplire all'indisponibilità degli atenei attraverso l'offerta formativa di alcune università private e/o telematiche –:
   se il Ministro intenda intervenire per garantire a tutti gli aventi diritto l'accesso ai corsi PAS per la scuola dell'infanzia e primaria, facendosi garante dell'attivazione di tali percorsi al di là dell'autonomia delle università, considerato che la mancata attivazione contrasta secondo l'interrogante palesemente con le norme stabilite dal decreto ministeriale n. 249 del 10 settembre 2010 e successive modificazioni – segnatamente all'articolo 15, commi 1-bis e 16;
   se il Ministro non ritenga che l'eventuale affidamento ad università private e/o telematiche dell'organizzazione dei corsi PAS possa risultare poco qualificante per la qualità e la credibilità della formazione. (4-03091)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ARLOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto Nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro sta riorganizzando la propria struttura sul territorio nazionale per adempiere alle riduzioni di organico previste dalle leggi n. 148 del 2011 e n. 135 del 2012, e determinate numericamente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 gennaio 2013 – tabella 31;
   con determina 196 del 2 agosto 2013 il presidente dell'istituto ha approvato il documento relativo al Nuovo modello organizzativo dell'Inail che prevede, tra le altre cose, anche il declassamento di 14 sedi territoriali;
   tra le sedi territoriali declassate è presente anche la sede di Rimini, territorio caratterizzato dalla forte stagionalità del settore turistico, con un incremento notevole del numero dei servizi erogati dall'istituto alle aziende (acquisizione di nuovi clienti, riattivazione di rapporti assicurativi con l'istituto a tutela dei lavoratori occupati nell'attività stagionale, sospensione della posizione del cliente al termine dell'attività stagionale, emissione di DURC) e ai lavoratori (visite mediche, fornitura protesi e ausili, pagamento all'infortunato della indennità per l'inabilità temporanea al lavoro);
   la provincia di Rimini ha inglobato dal 2009 sette comuni dalla provincia di Pesaro con il conseguente aumento della superficie del territorio presidiato e del numero di utenti servito: i dati al 31 dicembre 2012 contano circa 44.000 DURC emessi, più di 29.000 posizioni assicurative, oltre 13.000 casi di infortunio, malattia professionale e rendita per invalidità gestiti;
   il declassamento della sede territoriale di Rimini provocherebbe anche l'accorpamento del processo prevenzione, attualmente retto, gestito e organizzato da una sola persona, al processo aziende, comportando di fatto un graduale svuotamento del processo prevenzione fino, a minarne la sopravvivenza stessa in un momento politico e sociale in cui appare invece prioritario che l'istituto punti sulla prevenzione, accreditandosi sempre più nel contesto sociale e differenziandosi da una qualunque «assicurazione privata»;
   la delibera del Consiglio di indirizzo e vigilanza Inail del 30 aprile 2013, «Linee guida e criteri generali per la riorganizzazione», pone tra i fattori di successo per costruire il nuovo Inail il rafforzamento del principio di prossimità, orientando l'impiego delle risorse umane, professionali e dirigenziali verso il territorio, e ribadisce inoltre che nell'ambito di un processo riorganizzativo di tale impatto, la valorizzazione delle risorse umane assume un ruolo fondamentale –:
   quali criteri siano stati adottati nella scelta delle sedi territoriali da declassare;
   se i Ministri interrogati ritengano che siano state adeguatamente considerate, in corso di valutazione della scelta delle sedi da declassare, le peculiarità degli insediamenti produttivi e del fenomeno infortunistico tipiche della stagionalità turistica riminese con il consistente e improvviso aumento della quantità di servizi e prestazioni erogate all'utenza;
   se nella redistribuzione delle dotazioni organiche e nelle prospettive future di riconoscimento di professionalità delle stesse, si sono evitate sperequazioni tra strutture territoriali nonché tra le strutture territoriali e quelle centrali. (5-01831)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   la vicenda delle «quote latte» ha interessato moltissime aziende agricole italiane e ha portato diversi allevatori a presentare ricorso contro il prelievo per l'eccedenza delle produzioni. A partire dalla fine degli anni ’90 ad oggi si sono susseguite diverse indagini conoscitive svolte dal Parlamento italiano per arrivare a fare chiarezza su questa vicenda;
   a seguito del decreto ministeriale del 25 giugno 2009 n. 6501 si è svolta «l'Indagine amministrativa per l'accertamento, ai fini della determinazione del contenuto di materia grassa del latte in base alla normativa, della correttezza del metodo di calcolo adottato dall'Amministrazione, con riferimento in particolare ai dati utilizzati» che ha portato alla nota in data 15 aprile 2010 del Comando carabinieri politiche agricole e alimentari intitolato «Relazione di approfondimento sui dati utilizzati per il calcolo del prelievo supplementare»;
   a questa relazione il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rispondeva con una relazione ministeriale del giugno 2010 del Dipartimento delle politiche europee internazionali che andava ad argomentare le proprie considerazioni sulle questioni poste dalla nota del 15 aprile 2010 del comando carabinieri. In particolare veniva argomentato l'attendibilità dei dati prodotti da AIA e la possibilità di produzioni superiori alla media di circa 84 q/anno. Mentre nessun rilievo è stato posto al fatto che, per esempio, nel 2008 il 53 per cento delle aziende da latte (dati AIA) produceva il 73 per cento del latte italiano con una media di circa 84 q/anno e il restante 43 per cento produceva il 37 per cento con una media che poteva variare da 40 q/anno (con un patrimonio bovino di circa 1.600.000 capi) a 53 q/anno (con un patrimonio bovino di circa 1.400.000 capi). Inoltre i dati AIA fanno riferimento ad una produzione annuale media che difficilmente si verifica in quanto il periodo di interparto in Italia è superiore a 365 gg. Ciò determina una ulteriore diminuzione del latte prodotto/anno dai bovini;
   l'ordinanza del 13 novembre 2013 del GIP Dottoressa Giulia Proto su procedimento n. 33068 che restituisce gli atti al pubblico ministero per una eventuale nuova iscrizione a carico dei funzionari di AGEA ribadisce la presenza di una richiesta di innalzamento del numero dei capi bovini in produzione di latte e «È evidente che ciò determina significative differenze nel calcolo della produzione nazionale di latte sulla scorta di tali criteri rispetto ai criteri che tengano conto del reale potenziale di produttività di latte dell'animale»;
   l'annotazione di polizia giudiziaria n. 169/75-12-2009 del 21 febbraio 2001 svolta dal Comando dei carabinieri delle politiche agricole e alimentari su delega di indagini della Procura della Repubblica di Roma rileva che dai dati forniti da AGEA, risultano 1593 aziende che, pur essendo assegnatarie di quote di circa 354.661,00 quintali, hanno presentato una dichiarazione di produzione uguale a 0,00 Kg nei modelli L1 –:
   quale sia il numero dei bovini da latte da 28 mesi a 120 mesi di età presenti in BDN e AIA per le annate lattiero casearie dal 1995-1996 al 2012-2013 e se questo numero di capi abbia la capacità produttiva di certificare che la somma degli L1 dichiarati nelle rispettive annate sia reale, tenuto conto che la media nazionale ponderata tra aziende iscritte ai controlli AIA e quelle non iscritte risulta molto inferiore alla media nazionale AIA;
   se le 1539 aziende da latte bovine rilevate dal Comando carabinieri con dichiarazione di produzione uguale a 0,00, come attestato dai modelli L1, abbiano preso contributi PAC sulla produzione latte fino campagna lattiero casearia 2004-2005 e se abbiano acquisito titoli per contributi PAC nel Premio unico aziendale a partire dal 2005-2006 e se tali aziende abbiano avuto accesso a contributi comunitari previsti nei piani di sviluppo rurale o delle organizzazioni comuni di mercato;
   se tali 1539 aziende abbiano affittato o venduto titoli «quote latte» negli anni interessati e per quali motivi AGEA non ha provveduto a revocare tali quote come dichiarato da circolari della stessa AGEA.
(2-00360) «Cova, Carra, Miotto, Tentori, Gasparini, Incerti, Casellato, Burtone, Quartapelle Procopio, Crimì, Giuseppe Guerini, Palma, Oliverio, Ferrari, Luciano Agostini, Cenni, Zanin, Casati, Cominelli, Fregolent, Cinzia Maria Fontana, Bazoli, Malpezzi, Nicoletti, Rampi, Fragomeli, Preziosi, Chaouki, Amato, Terrosi».

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSATO, ZANIN, BLAZINA, BRANDOLIN, COPPOLA e MALISANI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   dal 2007 l'Unione europea con il programma «Frutta nelle scuole» intende aumentare il consumo di frutta e verdura e incentivare la corretta alimentazione da parte dei bambini di età compresa tra i 6 e gli 11 anni;
   il progetto promosso dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, oltre ad includere visite alle fattorie didattiche, la promozione di giornate a tema e la creazione di orti scolastici, prevedere, per i plessi scolastici vincitori, la distribuzione di prodotti ortofrutticoli (finanziata interamente con fondi europei e nazionali);
   per quest'ultima parte del progetto sono già stanziati 35 milioni di euro, di cui 20 finanziati con fondi europei che dovranno necessariamente essere rendicontati a luglio 2014 e, se non utilizzati, restituiti;
   si segnala che gli istituti scolastici vincitori del bando per l'anno scolastico 2013/2014 sono ancora in attesa che il progetto venga avviato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, nonostante si sia già consumata la prima metà dell'anno scolastico;
   risulta all'interrogante, che la gara per l'affidamento del servizio non è stata ancora bandita e vi è, quindi, il rischio che il programma non sia avviato nemmeno alla ripresa delle lezioni;
   questo evidente ritardo ha compromesso il corretto avvio del progetto che si sarebbe dovuto svolgere durante tutto l'anno scolastico, e rischia di essere un'occasione mancata per aiutare il comparto agro-alimentare e il suo indotto –:
   quali siano le ragioni del ritardo nell'avvio progetto e nell'affidamento del servizio e quali siano le responsabilità;
   quali siano i tempi che il Ministro valuta siano necessari per dare avvio al progetto della distribuzione dei prodotti ortofrutticoli nelle scuole. (4-03092)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   SEGONI, DAGA, ARTINI e BONAFEDE. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   la «trasparenza amministrativa» intesa come «accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche» è uno degli obbiettivi cardine che ogni Governo dovrebbe perseguire in maniera prioritaria;
   con la legge del 7 agosto 1990 n. 241 («Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi») e con successivi dispositivi legislativi si è tentato di avviare un percorso di trasparenza, migliorando la fruizione e l'accesso agli atti e alle informazioni amministrative da parte dei cittadini;
   significativa la legge del 13 novembre 2012 n. 190 «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione», che oltre a ribadire che le materie oggetto delle misure sulla trasparenza amministrativa sono quelle relative a autorizzazioni o concessioni, scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati, concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni di carriera, stabilisce che le pubbliche amministrazioni, inclusi gli enti locali, debbano individuare il responsabile della prevenzione della corruzione. Stabilisce inoltre, all'interno della pubblica amministrazione, che, in caso di commissione di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il responsabile ne risponde anche sul piano disciplinare, oltre che per il danno erariale e all'immagine della pubblica amministrazione;
   infine, il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 «Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni» predispone, come dichiarato dal Governo e successivamente riportato sui vari siti istituzionali, che la trasparenza delle pubbliche amministrazioni, «ha come obiettivi fondamentali: Favorire la prevenzione della corruzione; Attivare un nuovo tipo di “controllo sociale” (accesso civico); Sostenere il miglioramento delle performance; Migliorare l’accountability dei manager pubblici; Abilitare nuovi meccanismi di partecipazione e collaborazione tra pubblica amministrazione e cittadini»;
   la predetta disciplina uniforma gli obblighi e le modalità di pubblicazione per tutte le pubbliche amministrazioni definite dall'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 165 del 2001, definisce ruoli, responsabilità e processi in capo alle pubbliche amministrazioni e agli organi di controllo, introduce il nuovo istituto dell'accesso civico, nello specifico, dispone che ogni ente della pubblica amministrazione abbia nella home page del proprio sito istituzionale un collegamento ad un'apposita sezione denominata «Amministrazione trasparente», organizzata in sotto-sezioni, come schematicamente riporta l'allegato A, al cui interno devono essere presenti i dati, le informazioni e i documenti pubblicati ai sensi della legge vigente;
   l'articolo 26 del decreto legislativo 33 del 2013, che riproduce il contenuto dell'abrogato articolo 18 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, prevede l'obbligo, a carico di tutte le pubbliche amministrazioni centrali, regionali e locali di fornire una visibilità totale, mediante pubblicazione sui siti web, degli interventi diretti ad erogare sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari per l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati. La norma dispone che per le concessioni di vantaggi economici, la pubblicazione dei relativi atti, comprensivi dei dati identificativi dei soggetti beneficiari, costituisce condizione legale di efficacia dei provvedimenti stessi;
   al fine di monitorare la conformità ai diversi obblighi di pubblicazione e la trasparenza sui siti istituzionali di tutte le pubbliche amministrazioni (a seguito del decreto legislativo n. 33 del 2013) verificandone, continuamente ed in tempo reale, l'evoluzione su tutto il territorio nazionale, in modo completamente automatico, il Governo ha attivato una sezione del sito della «bussola della trasparenza» (http://www.magellanopa.it/bussola/). Secondo i dati della circolare n. 2/2013 della Presidenza del Consiglio dei ministri del 19 luglio 2013, la Bussola, però, si limita ad effettuare l'analisi della «struttura delle informazioni» dei siti della pubbliche amministrazioni. Fino ad oggi, ben 10.700 sono i siti esaminati;
   pertanto la conformità verificata dalla bussola della trasparenza non è sinonimo di rispetto degli obblighi di legge: il software è infatti di uno strumento automatico, capace di verificare se il codice HTML delle pagine web contenga delle informazioni descrittive, denominate meta-dati, che le stesse linee guida per i siti web delle pubbliche amministrazioni definiscono «indicazioni di reperibilità». Si tratta quindi di un controllo formale di presenza di apposite sezioni all'interno del sito che non entra nel merito del loro contenuto, né tantomeno della reale presenza delle informazioni richieste;
   tale limite è chiaro anche allo stesso Ministero, che sul sito sottolinea: «Si invitano le amministrazioni a predisporre non solo le sezioni in conformità a quanto richiesto dalle linee guida per i siti web ma anche ad inserire, nelle rispettive sezioni, i contenuti obbligatori per legge»;
   inoltre una buona percentuale dei siti degli enti comunali analizzati (oltre il 30 per cento) utilizza una struttura del sito pressoché identica, indice di una iniziativa sovracomunale che ha garantito la sola messa a norma, dal punto di vista meramente formale, dei siti aderenti. Purtroppo nella stragrande maggioranza dei casi gli enti non hanno provveduto poi a compilare le sezioni dei siti con le informazioni necessarie;
   una verifica eseguita sui siti istituzionali di comuni di grandi dimensioni come Roma e Firenze, che in base all'analisi della Bussola raggiungono percentuali di «trasparenza formale» molto alte, rileva in realtà che tali percentuali non sono avvalorate dal reale contenuto d'informazione richiesto dalla legge. Ad esempio, sul portale romano, tra le informazioni non riportate, si riscontra la mancata pubblicazione dei verbali delle riunioni di commissione e dei «fogli firma» attestanti la presenza e la durata della partecipazione dei consiglieri comunali alle riunioni. Mentre sul portale fiorentino, tra i dati non pervenuti, si riscontra il mancato aggiornamento, e in alcuni casi la totale assenza, delle informazione in merito agli importi salariali percepiti da alcuni dirigenti pubblici;
   per comuni di dimensioni più piccole come ad esempio nel caso di Santa Marinella (Roma), San Giovanni Valdarno (Arezzo) e Figline Valdarno (Firenze), Intise Valdarno (Firenze), la situazione è ancora più critica: la verifica effettuata dalla Bussola rileva dei punteggi massimi di trasparenza nonostante i dati, le informazioni reali ed i contenuti sostanziali previsti dalla legge non siano completi e pienamente fruibili dal cittadino;
   inoltre nella maggioranza dei casi esaminati risulta difficile e a volte impossibile determinare la reale data di aggiornamento dei dati riportati all'interno della sezione «Trasparenza» del portale istituzionale –:
   se il Ministro, alla luce di quanto emerso, non intenda intraprendere nuove iniziative che possano realmente portare all'attuazione dell'obiettivo della trasparenza amministrativa assunto a principio generale dell'azione amministrativa;
   se il Ministro interrogato, intenda specificare quali azioni concrete (e le relative tempistiche di attuazione) prevede di intraprendere per rendere realmente efficace «la trasparenza amministrativa della pubblica amministrazione» attivando tutte le fasi e prescrizioni di cui si compone la complessiva disciplina;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative per prevedere dei meccanismi disincentivanti per quei comuni che non ottemperano agli obblighi di legge in materia di trasparenza e dei meccanismi premiali per incentivare i comuni ad adeguarsi ai succitati obblighi;
   se il Ministro interrogato intenda prevedere strumenti che consentano ai cittadini di verificare i risultati della Bussola e di segnalare al gestore eventuali carenze, omissioni o incongruenze, nonché rendere pubblici gli esiti delle verifiche effettuate. (4-03094)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si calcola in oltre 2 milioni il numero degli italiani che complessivamente si rivolgono agli osteopati e ai chiropratici per varie sindromi dolorose del sistema osteo-artro-muscolare. Ma il problema delle manipolazioni vertebrali richiede competenze specifiche, che non è possibile accertare in queste figure che si muovono nell'area sanitaria per la carenza di regole, legata al mancato riconoscimento di questa professione;
   tuttavia, non sono poche le controversie legali che i pazienti hanno intrapreso nei confronti di osteopati e chiropratici nella convinzione che il trattamento subito abbia peggiorato la loro condizione, senza indurre miglioramenti di nessun tipo. In non pochi casi si tratta di un vero e proprio abuso di professione medica, perché la mancanza di formazione in tal senso non consente di fare una diagnosi accurata né quindi di predisporre un trattamento coerente con la stessa;
   l'associazione italiana chiropratici sostiene che non sia necessaria nessuna diagnosi medica e che sia più che sufficiente la diagnosi funzionale che viene fatta, finalizzandola al trattamento chiropratico, in una sorta di circolo chiuso che dovrebbe garantire malato e professionista. Ma non è così e di fatto osteopati e chiropratici non sono in grado di prendersi la responsabilità legale né della diagnosi né del trattamento;
   la questione appare del tutto chiara se si tiene conto dell'assoluta diversità dei percorsi formativi seguiti dai chiropratici e dagli osteopati: si passa da corsi brevi, a volte brevissimi, a corsi biennali, che possono essere rivolti a personale privo di diplomi che garantiscano conoscenze e competenze di natura sanitaria. In nessun caso si tratta di corsi riconosciuti perché manca una qualsiasi normativa del settore. In pochissimi casi sono dei master, che si svolgono in ambito universitario, e sono rivolti a personale medico;
   mancano gli standard qualitativi che possano rappresentare per i pazienti le garanzie necessarie e che consentano loro di scegliere la persona a cui rivolgersi sulla base di requisiti ben definiti. Il passa parola è la modalità più frequente e spesso sono gli stessi medici che, davanti a un dolore cronico difficilmente risolvibile, orientano i pazienti in un senso o nell'altro;
   non indifferente è anche la questione economica perché ogni seduta ha un costo medio che oscilla tra i 70 e i 90 euro, ovviamente non rimborsabili e totalmente a carico del paziente;
   la legge finanziaria del 2008 ha istituito un registro ufficiale aperto ai laureati in chiropratica, senza che in Italia sia mai stato attivato un corso di laurea di questo tipo, creando quindi una ulteriore forme di confusione nel già complesso mondo delle professioni sanitarie –:
   se e come il Ministro intenda definire il profilo professionale dell'osteopata e del chiropratico, fissando precisi standard per la sua formazione e precisando se sia necessario un corso di laurea ad hoc o non piuttosto un master da conseguire dopo un corso di laurea triennale o lo stesso corso di laurea in medicina e chirurgia;
   se e come si debba intervenire per evitare i possibili abusi della professione medica. (5-01832)


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dal 4 dicembre ogni cittadino italiano potrà curarsi all'estero a spese dello Stato. Fino ad oggi, chi avesse avuto bisogno di cure mentre era fuori dall'Italia per motivi di studio o di lavoro avrebbe potuto usufruire della tessera sanitaria europea di assicurazione malattie, ma solo per situazioni non programmate: dall'accesso alle cure di base al pronto soccorso e altro;
   d'ora in poi invece i pazienti potranno andare all'estero anche con lo specifico obiettivo di farsi curare: il tutto a spese dello stato di origine, che potrebbe chiedere un'autorizzazione preventiva solo in tre casi: cure che comportino il ricovero ospedaliero di almeno una notte; cure che richiedano una assistenza sanitaria altamente specializzata e costosa; nel caso infine che si richieda l'intervento di un particolare operatore per alcuni casi specifici;
   l'autorizzazione può anche essere rifiutata se si ritiene che esistano rischi particolari oppure se il servizio o l'intervento richiesto può essere erogato nel proprio paese entro un termine giustificabile dal punto di vista clinico;
   le lunghe, lunghissime liste d'attesa attualmente presenti nella maggioranza delle strutture pubbliche anche per accertamenti diagnostici ormai di routine come una TAC o una RM, o per alcune visite specialistiche legate alle più comuni patologie cardio-vascolari, è possibile che creino dei flussi «migratori» verso i Paesi vicini in grado di assicurare un'assistenza di qualità in tempi ragionevolmente più brevi;
   d'altra parte la normativa europea «Sanità senza frontiera» potrebbe creare anche dei flussi verso l'Italia, i cui servizi godono di una ben meritata fama, se non fosse per l'esasperante lentezza delle code a cui i pazienti debbono sottoporsi e che spesso li obbliga a spostarsi verso l'attività intra moenia per ottenere risposte concrete entro tempi determinati –:
   cosa intenda fare il Ministro per ridurre le liste di attesa, che finiranno con favorire lo spostamento dei pazienti italiani verso l'estero con conseguente aumento dei costi complessivi del Servizio sanitario nazionale e quali urgenti iniziative intenda porre in essere per favorire l'inversione dei flussi orientandoli verso l'Italia e quindi creando anche nuove risorse economiche per la sanità e nuovi posti di lavoro per i giovani medici italiani. (5-01836)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MAESTRI e BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 8 aprile 2008 il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Emilia-Romagna, la provincia di Parma e il comune di Fidenza hanno sottoscritto un accordo di programma quadro concernente interventi volti alla bonifica e alla riqualificazione delle aree ricomprese nel sito di bonifica e ripristino ambientale di interesse nazionale «Fidenza» di cui al decreto-legge 468 del 2001;
   tale accordo prevede interventi volti alla bonifica e alla riqualificazione delle aree ex CIP ed ex carbochimica di Fidenza (PR), nonché il loro riutilizzo a fini economico-produttivi attraverso la realizzazione di un'area produttiva ecologicamente attrezzata (APEA);
   per la realizzazione di questi interventi era previsto uno stanziamento di 14 milioni di euro: 7 milioni a carico del Fondo unico investimenti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, 1 milione ciascuno stanziati dalla regione Emilia-Romagna, dalla provincia di Parma e dal comune di Fidenza e 4 milioni di euro programmatici a valere sulle risorse FAS 2007-2013 del PSS «Programma straordinario nazionale per il recupero economico-produttivo dei siti industriali inquinati» (delibera CIPE n. 166/2007), di competenza dal Ministro dello sviluppo economico;
   gli interventi di recupero e rifunzionalizzazione delle aree ex CIP ed ex Carbochimica di Fidenza (PR) sono in avanzato stato di completamento e l'erogazione dei 4 milioni di euro previsti dall'accordo di programma quadro e già di competenza del Ministro dello sviluppo economico, risulta essere vitale per la piena realizzazione dell'intervento di bonifica che si avvierebbe ad essere uno dei primi ad essere completato nel nostro Paese;
   alla fine del 2012 la regione Emilia-Romagna e il Governo hanno sottoscritto il Programma degli investimenti strategici per il territorio regionale, tra i quali figura un finanziamento comunitario di 2 milioni di euro per la costruzione, nel SIN di Fidenza, di un impianto di produzione di energia a basso impatto ambientale (trigeneratore) –:
   di quali azioni il Ministro interrogato intenda farsi promotore al fine di garantire lo stanziamento di 4 milioni di euro per il completamento degli interventi di bonifica e rifunzionalizzazione ai fini economico-produttivi del SIN di Fidenza in provincia di Parma. (5-01833)

Interrogazione a risposta scritta:


   LUCIANO AGOSTINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Cooperlat società cooperativa Agricola, costituita nel 1982 nelle Marche quale «polo del latte» per la raccolta, la lavorazione e la conservazione del latte alimentare e dei suoi derivati, la commercializzazione all'ingrosso e al minuto dei prodotti alimentari in genere, del latte, del burro, della panna, del formaggio, nonché altri prodotti e sottoprodotti lattiero caseari di sua produzione è composta da 13 cooperative di base, associa circa 1.000 produttori agricoli che conferiscono la materia prima latte, è tra le prime aziende del settore lattiera-caseario in Italia e tra le più importanti all'estero; opera in concreto con linee principali prodotti caratterizzati da marchi Tre Valli e Hoplà leader nel settore delle creme vegetali;
   è una cooperativa a mutualità prevalente con un tasso di apporto dei soci pari al 52,90 per cento registrato nel 2011, che ha vissuto per circa trent'anni in armonia con una crescita graduale e costante fino a raggiungere nel 2010 un valore del fatturato di oltre 203 milioni di euro, fintanto che in occasione del rinnovo delle cariche sociali del 26 aprile 2012 si è determinata una profonda frattura nella compagine sociale che ha visto collocare fuori dalla «governance» con una procedura di voto discutibile e ardita, la parte più qualificata delle cooperative di base, ossia la Coalac Società cooperativa Agricola, la Frentana Società cooperativa agricola ar.l. e la Petrano Società cooperativa agricola ar.l., che sono le uniche aziende produttrici marchigiane e abruzzesi di latte fresco di Alta Qualità con conferimento totale alla Coperlat, mentre sono rappresentate aziende cooperative minori con conferimento parziale del latte;
   su sollecitazione delle tre cooperative estromesse, in data 22 novembre 2012 si è conclusa una ispezione ministeriale promossa dalle strutture di vigilanza dipendenti di codesto ministero sugli enti cooperativi, la quale, in merito al rinnovo delle cariche sociali avvenuto in data 26 aprile 2012 della cooperativa Cooperlat delle Marche, al punto 55 del verbale della loro ispezione, tra altre valutazioni, ha concluso con le seguenti considerazioni: «Gli attuali amministratori e i tre rappresentanti legali delle cooperative soci dissenzienti, devono compiere un percorso di avvicinamento atto a responsabilizzare tutti coloro che partecipano alla vita dell'impresa, riportando così la situazione societaria nell'alveo di una maggiore coesione sociale. In quest'ottica, dovrà risultare fondamentale l'opera di mediazione di Confcoperative che potrebbe contribuire a superare le contrapposizioni in corso, tenuto conto che comunque in un sodalizio di 13 soci (e non di 400 soci) vi è senza dubbio la possibilità di ricompattare la base sociale, anche attraverso l'ingresso dei soci esclusi dall'organo di gestione. In conclusione gli scriventi revisori, sebbene sotto un profilo di illegittimità per quanto concerne il rinnovo delle cariche sociali, abbiano già formulato il proprio parere al punto 47 del presente verbale («Sotto il profilo meramente formale, si riscontra il buon funzionamento degli organi societari...» – ndr), ritengono sotto un profilo di merito di dover ribadire quanto segue: in data 26 aprile 2012 si è verificata una frattura profonda della base sociale può essere superata soltanto con politiche gestionali di buon senso e ragionevolezza, in quest'ottica l'ampliamento dell'organo di gestione appare come una scelta opportuna, anche nei confronti di osservatori terzi (banche, enti collegati, istituzioni) al fine di proseguire l'importante azione di valorizzazione dei prodotti Cooperlat nei vari mercati nazionali ed esteri, con una forte unità di intenti e di comune accordo con tutti soci, nessuno escluso»;
   gli ispettori, pur non ritenendo possibile dichiarare invalida l'Assemblea del 26 aprile 2012 in ragione della decadenza della relativa azione, hanno tuttavia stigmatizzato l'esclusione delle tre cooperative ricorrenti (Coalac di Ascoli Piceno; Frentana di Lanciano e Petrano di Fano) dalla «governance» societaria, stante la violazione dei princìpi di democraticità, parità di trattamento e trasparenza delle procedure di voto insite nel sistema cooperativistico, anche perché la imposizione, ancorché a maggioranza dei soci presenti, di una «lista bloccata» si presta alle seguenti osservazioni:
   a) è noto che per ritenere valida ed ammissibile tale modalità di votazione deve essere concessa ai soci dal presidente dell'assemblea la facoltà di cancellare dalla scheda di voto i nominativi proposti per sostituirli con altri di proprio gradimento ciò invece non è avvenuto sostenendo che «l'assemblea è sovrana» concetto che se male interpretato porta molto spesso al compimento di errori ed irregolarità, non avendo la stessa poteri indiscutibili ed inoppugnabile, stante che la legge prevede la possibilità che i suoi deliberati possono essere impugnati (nullità o annullabilità) quando non siano rispettosi dello statuto, della legge e specie nelle cooperative di principi generali che rendono la cooperativa diversa da una società di capitali e quindi non gestibile secondo modalità non in linea con i principi di democraticità che sono sicuramente imposti da quelli cooperativistici»;
   b) risulta di gravità inaudita anche il fatto di delegati che chiamati a votare una lista bloccata senza che il presidente aprisse la discussione sulla sua composizione e sui soggetti facenti parte della lista, e senza che venisse rappresentata dai soci, liberi di esprimere il loro voto anche nei confronti di soggetti diversi da quelli indicati in tale lista, e senza predeterminare né illustrare all'assemblea che anche chi non fosse indicato in questa lista bloccata poteva essere eletto nel Consiglio di amministrazione;
   c) sono stati violati i diritti della minoranza dissenziente che non condivideva l'arbitrario metodo di voto della lista bloccata, ed è stata operata una grave discriminazione negando la possibilità gli ex vicepresidenti del C.d.A. di presentare le loro candidature ad una propria lista di candidati alle cariche di amministratori diversa da quella presentata dalla maggioranza;
   gli stessi ispettori, nel verbale di che trattasi, al punto 56 hanno suggerito altresì una «moral suasion» delle istituzioni (locali e nazionali) soprattutto attraverso la mediazione di Confcoperative (nazionale e regionale) che abbia come esito finale»... un ampliamento dell'organo di gestione da 9 a 11 soci, e comunque di adottare qualsiasi soluzione idonea a proseguire l'azione di valorizzazione dei prodotti Cooperlat con una forte unità di intenti di comune accordo con tutti i soci, nessuno escluso;
   a tutt'oggi la situazione è rimasta inspiegabilmente e deprecabilmente allo stesso punto, con l'aggravarsi delle tensioni interne alla compagine sociale che hanno portato il Consiglio di Amministrazione, in data 19 dicembre 2013, a deliberare la chiusura dello stabilimento di Ascoli Piceno ex Coalac di Ascoli Piceno, dove si lavorano ogni anno ben 20 milioni di litri di «latte fresco di Alta Qualità e panna fresca», con il depauperamento di circa 100 aziende zootecniche e la messa a rischio di circa 80 posti di lavoro, colpendo così una economia dell'entroterra già duramente stremata dalla crisi sociale conseguente alla crisi economica che ha colpito il nostro Paese;
   contravvenendo alle oneste e ponderate sollecitazioni degli ispettori e mantenendo la «governance» sostanzialmente inappropriata, è stato proposto dal consiglio di Amministrazione ed approvato dall'Assemblea dei soci, un nuovo regolamento interno relativo al conferimento del latte che per i suoi contenuti ha penalizzato i soci a conferimento totale, vale a dire le cooperative marchigiane ed abruzzesi maggiormente impegnate ed esposte in caso di perdite dovute alla gestione, rispetto ai soci a conferimento parziale che hanno assunto la «governance» del gruppo Cooperlat, secondo l'interrogante in contrasto con i princìpi di democrazia cooperativistica e non tenendo conto di quanto rilevato nei passi dei verbali citati dagli ispettori ministeriali –:
   se non ritenga di convocare le parti (presidente del Consiglio di amministrazione e i rappresentanti delle tre cooperative ricorrenti) al fine di prevenire ulteriori danni economici alla stessa Cooperlat, al suo sistema associativo e all'economia picena e teramana, affinché si proceda all'allargamento da 9 all'11 membri dello stesso Consiglio di amministrazione;
   se nella funzione di controllo non intenda irrogare sanzioni alla Cooperlat, prefigurandone anche il commissariamento, stante le persistenti violazioni dei princìpi di mutualità, democraticità e trasparenza; che sono elementi essenziali della cooperazione. (4-03103)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Bellanova e Capone n. 5-01562, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Coscia.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Mannino e altri n. 5-01783, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Lupo, Cancelleri, D'Uva, Lorefice, Rizzo, Currò, Di Benedetto, Di Vita, Grillo, Villarosa.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Martella n. 3-00541, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carra.

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione Oliverio n. 7-00178 del 21 novembre 2013.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: Interrogazione a risposta in Commissione Ginefra n. 5-01818 dell'8 gennaio 2014.

ERRATA CORRIGE

  Nell'allegato B al resoconto della seduta n. 147 dell'8 gennaio 2014:
   alla pagina 8370, seconda colonna, dopo le parole:
 Molteni  4-03068  8418
   inserire:
Interrogazione a risposta in Commissione:
 Grillo  5-01825  8419
   alla pagina 8418, seconda colonna, dopo le parole:
l'annualità 2014. (4-03068)
   inserire le seguenti:

Interrogazione a risposta in Commissione:

  GRILLO, DI VITA, MARZANA, BATTELLI, BRESCIA e LUPO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel luglio 2013 vennero approvati due progetti (PON sicurezza Sicilia) finalizzati ad aumentare la sicurezza e la legalità in alcune regioni del Sud fra cui la Sicilia;
   un progetto, denominato «Sistema» prevedeva l'apertura e l'istituzione di due orchestre giovanili a Catania e a Palermo;
   un altro, «Legalit-ARS», prevedeva l'avvio di percorsi formativi ai mestieri dello spettacolo dal vivo;
   nel sito del Ministero dell'interno vi sono le linee guida per la presentazione dei progetti inerenti il PON 2007/2013;
   all'esito del progetto non risulta esperito alcun bando né per i privati né per soggetti diversi;
   peraltro le associazioni, le fondazioni, gli enti giuridici non sono stati messi a conoscenza tramite azioni di informazione e comunicazione dalla prefettura;
   gli unici beneficiari del PON sicurezza Sicilia 2013 sono risultati l'associazione siciliana amici della musica (Palermo) e il teatro Bellini (Catania);
   appare legalmente non corretto assegnare fondi e cospicue risorse senza bando pubblico;
   appare eticamente non corretto non interessare enti o associazioni che da anni operano nel sociale contro la mafia e per la legalità;
   negli statuti dei vincitori non pare essere previsto lo svolgimento di attività sulla legalità;
   non si comprende la «Scala» di Milano, scelta come partner con delega alla gestione, quale attinenza abbia sul PON sicurezza Sud-Sicilia –:
   quale sia il motivo dell'assegnazione al Teatro Bellini di Catania di tali Fondi europei, essendo essi destinati a soggetti privati;
   se tali finanziamenti siano stati assegnati per aiutare una reale operatività sul territorio o per ripianare i bilanci dissestati degli enti assegnatari;
   se in autotutela si ritenga opportuno revocare il provvedimento di finanziamento prima richiamato;
   se si intenda riformulare il bando in modo chiaro per gli operatori privati e pubblici che da decenni operano alla diffusione della legalità contro la mafia. (5-01825)
   Contestualmente vanno soppresse:
    alla pagina 8370, seconda colonna, la riga quarantacinquesima;
    alla pagina 8436, prima colonna, le righe dalla quarantacinquesima alla quarantanovesima, e l'intera seconda colonna della pagina 8436;
    alla pagina 8437, prima colonna, le righe dalla prima all'ottava.