XVII LEGISLATURA
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta scritta:
MELILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
il prefetto de L'Aquila ha detto che bisogna «dare corso quanto prima ad interventi per la reale messa in sicurezza di vaste parti del centro storico aquilano che oggi presenta un tasso di pericolosità eccessivo»;
ha proseguito sostenendo che le importanti rilevazioni degli uffici tecnici del comune dell'Aquila portano la data di luglio, quando ancora non c'era stato il terremoto che ha distrutto la zona di Amatrice, distante poche decine di chilometri da L'Aquila;
il problema nasce dalla mancata manutenzione dei ponteggi che a distanza di anni rischiano di essere pericolosi. Le centinaia di scosse di questo ultimo terremoto chiaramente percepite anche a L'Aquila aggravano il problema. Il prefetto ha aggiunto: «Sappiamo che certe opere sono definite da leggi che regolano i lavori in funzione della loro provvisorietà. Diversamente da ogni altra struttura, il cosiddetto puntellamento può non avere un certificato di regolare installazione, ci si può basare su dichiarazioni rese dalla ditta che lo ha montato. Questo proprio perché, per definizione, deve durare al massimo 24 mesi, dopodiché lo si deve togliere. In due anni l'intervento di riparazione dell'immobile che si vuole salvaguardare dovrebbe essere già iniziato, realizzato e concluso. Purtroppo a L'Aquila abbiamo visto passare ben oltre 2 anni...» –:
se non intenda, in considerazione delle obiettive e gravi considerazioni svolte dal prefetto de L'Aquila, intervenire per prevenire incidenti e crolli e garantire la massima sicurezza dei ponteggi nel centro storico del capoluogo abruzzese frequentato da tanti cittadini e dai lavoratori impegnati negli innumerevoli cantieri della ricostruzione, che fanno de L'Aquila il più grande cantiere edile d'Europa. (4-14085)
GRIMOLDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
anche il nostro Paese si sta uniformando normativamente alle disposizioni emanate dalle autorità dell'Unione Europea in materia di numero unico per le emergenze;
tale numero unico è notoriamente il 112;
malgrado l'esistenza di disposizioni in materia di numero unico europeo per le emergenze, le vetture vecchie e nuove della Polizia di Stato, della Guardia di finanza, dei Vigili del fuoco, della Protezione Civile, della Guardia costiera e del Servizio sanitario nazionale continuano ad esibire i propri numeri, dal 113 al 118, dal 115 al 118 o al 1530;
la circostanza ha ripercussioni sulla rapidità di reazione alle emergenze rappresentate da cittadini italiani e turisti stranieri, perché chi chiama i vecchi numeri viene «rimbalzato» sul centralino del 112, con conseguenti perdite di tempo –:
per quali motivi i mezzi della Polizia di Stato, dei Vigili del fuoco, della Guardia di finanza, del Sistema sanitario nazionale, della Protezione Civile, della Guardia costiera ed altri ancora impiegati nella reazione alle emergenze continuino ad esibire i loro vecchi numeri anziché il 112, nuovo numero unico europeo dedicato a questa delicata funzione, rallentando i soccorsi e confondendo i cittadini italiani ed i turisti stranieri. (4-14090)
PRODANI, MUCCI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
l'Automobile Club Italia (ACI) è una federazione sportiva nazionale a carattere pubblico istituita all'inizio del Novecento, riconosciuta dal CONI e dalla Fédération Internationale de l'Automobile (FIA), con il compito di favorire lo sviluppo dello sport automobilistico, del comparto dell'auto, di associare e tutelare gli automobilisti e di organizzare manifestazioni sportive;
l'ACI, quale ente pubblico non economico è sottoposto alla vigilanza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, mentre, per quanto riguarda la gestione del Pubblico registro automobilistico (PRA) e l'acquisizione dei relativi tributi (la tassa di circolazione), è vigilato dal Ministero della giustizia;
la legge 28 dicembre 2015, n. 208 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2016), all'articolo 1, comma 341, riporta che: «in considerazione dello specifico rilievo che lo svolgimento del Gran Premio d'Italia di Formula 1 presso l'autodromo di Monza riveste per il settore sportivo, turistico ed economico, nonché per l'immagine del Paese in ambito internazionale, la Federazione sportiva nazionale – ACI è autorizzata a sostenere la spesa per costi di organizzazione e gestione della manifestazione per il periodo di vigenza del rapporto di concessione con il soggetto titolare dei diritti di organizzazione e promozione del campionato mondiale di Formula 1 a valere sulle risorse complessivamente iscritte nel proprio bilancio, anche attivando adeguate misure di contenimento dei costi generali di gestione e senza pregiudizio per gli equilibri di bilancio. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica»; la Legge di stabilità, dunque, autorizza l'ACI ad utilizzare le proprie risorse e quelle provenienti dalla gestione del Pubblico registro automobilistico, quindi dalla gestione di un servizio pubblico, per finanziare il Gran Premio di Monza di Formula 1;
il 19 marzo 2016 in un articolo de Il Fatto Quotidiano viene analizzata la trattativa tra il presidente dell'ACI Angelo Sticchi Damiani e il patron della Formula One Management, Bernie Ecclestone; in particolare, viene evidenziato come ACI avrebbe individuato nelle risorse del PRA la fonte di finanziamento per il «salvataggio» del Gran Premio d'Italia di Monza utilizzando gli emolumenti pagati da privati cittadini per ogni trascrizione di proprietà dei veicoli. La nota stampa, infatti, dichiara: «Il PRA è considerato da tempo un inutile doppione della Motorizzazione civile e Carlo Cottarelli nel suo rapporto sulla “spending review” lo aveva indicato come uno spreco da tagliare per risparmiare una sessantina di milioni di euro. In extremis Sticchi Damiani era però riuscito per l'ennesima volta a evitarne la chiusura presentandolo come lo strumento indispensabile per pagare Monza. Pigliando così i due classici piccioni con una fava: salvava il Gran Premio lombardo e nello stesso tempo salvava il suo ACI»;
una nota stampa presente sul sito online Sky Sport, in data 30 maggio 2016, comunica dell'intesa raggiunta tra l'ACI ed Ecclestone alla quale dovrebbe seguire «la parte formale, con la stesura dei dettagli dell'accordo con i legali» per il rinnovo contrattuale delle stagioni dal 2017 al 2020;
il 20 luglio 2016 sul sito online www.autodromoimola.it è stato pubblicato il comunicato stampa attraverso il quale Formula Imola, società che gestisce l'Autodromo Enzo e Dino Ferrari, ha spiegato «di aver presentato un ricorso al TAR del Lazio contro l'ACI, per l'impugnazione del provvedimento con il quale ACI ha negato a Formula Imola l'utilizzo della titolazione Gran Premio d'Italia nonché l'accesso ai fondi che, con la cosiddetta Legge di stabilità, sono stati destinati all'organizzazione del Gran Premio d'Italia di Formula 1, auspicabilmente nel rispetto degli indirizzi di politica comunitaria, affinché gli stessi possano essere utilizzati anche per organizzare il Gran Premio d'Italia di Formula 1 presso l'Autodromo Internazionale Enzo e Dino Ferrari di Imola»;
Formula Imola, come riportato nella nota stampa, «ha già espresso a FOM e a FOWC (Formula One WorldChampionship) il proprio impegno a rendersi disponibile ad organizzare il Gran Premio d'Italia di Formula 1 presso l'Autodromo di Imola per le prossime cinque edizioni, sottoscrivendo da parte sua nel corso del maggio scorso un valido contratto, conforme al testo contrattuale ricevuto dagli uffici londinesi del patron Ecclestone. Il tutto è avvenuto, come di consuetudine, dopo aver espletato le formalità anti-bribery, rispettando la tradizione che vuole che siano i promotori (ovvero i circuiti) a negoziare con titolare dei diritti (FOM e FOWC) le condizioni contrattuali per lo svolgimento di un Gran Premio di F1 Formula Imola, nel suo pieno diritto e sollecitata da FOM, ha partecipato ad una libera trattativa che ha portato Formula Imola ad assumere l'impegno contrattuale, dopo che, per altro, l'identica proposta, inviata da parte di FOM e FOWC a SIAS per l'Autodromo di Monza, non era stata accettata»;
il sito online www.quattroruote.it in un articolo del 20 luglio 2016 «Gran Premio d'Italia Posizioni contrapposte tra Monza e Imola» riporta i punti di vista differenti dell'ACI e di Uberto Selvatico Estense, imprenditore e presidente di Formula Imola;
la nota stampa cita la dichiarazione di Angelo Sticchi Damiani, presidente ACI, il quale ha condotto la trattativa con la FOM e afferma: «(...) tutti i problemi politici sono stati risolti negli ultimi dieci giorni; stiamo elaborando un'offerta vincolante che invieremo nelle prossime ore alla FOM in risposta alle sue richieste. Finalmente siamo di fronte a una situazione chiara e assolutamente gestibile con gli enti territoriali, l'Automobile Club Milano e la Sias. Siamo l'autorità sportiva nazionale per lo sport motoristico e con la Legge di stabilità abbiamo ricevuto dal Parlamento l'incarico di sostenere l'organizzazione del GP d'Italia di F1 a Monza. Siamo vincolati dalla legge a raggiungere questo importante obiettivo per lo svolgimento della corsa presso il tempio della velocità brianzolo»;
Uberto Selvatico Estense, intervistato dalla rivista Quattroruote, sulla questione precisa di «aver ricevuto, controfirmato e rimandato alla FOM la proposta contrattuale relativa all'organizzazione del Gran Premio d'Italia». Documento che «è stato mandato per l'avallo richiesto dalla legge italiana, non solo sportiva ma anche di stabilità, all'Automobile Club nazionale; il quale ci ha risposto con una lettera di diniego e ha espresso la propria volontà di non avallare il contratto. È la prima volta che un fatto simile si verifica nella storia dei rapporti tra i circuiti e la FOM; da parte nostra, abbiamo fatto ricorso al Tar contro questo diniego, informandone anche la Presidenza del Consiglio, la Commissione europea e la FIA». A parere del presidente di Formula Imola «nel nostro Paese ci sono tre circuiti omologati per la Formula 1 e le previsioni della Legge di stabilità parlano del finanziamento del Gran Premio d'Italia, non di un Gran Premio di Monza. (...) Il risultato è che quattro anni di trattativa (dal 2012 al 2016), non hanno portato alla sottoscrizione di un contratto con Bernie Ecclestone, nonostante la dichiarata disponibilità di una somma di 140 milioni di euro (70 messi a disposizione dalla regione Lombardia per il Parco di Monza, 20 offerti dal presidente della regione Maroni, 12,5 l'anno per quattro anni annunciati dall'Aci)» –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se intenda sostenere, per quanto di competenza, la candidatura avanzata da Formula Imola per l'organizzazione del Gran Premio d'Italia presso il circuito «Enzo e Dino Ferrari»;
come valuti il comportamento tenuto dall'Automobile Club Italia nella vicenda descritta in premessa;
alla luce del ricorso al Tar del Lazio da parte di Formula Imola nei confronti di ACI, come intenda intervenire per garantire il mantenimento del Gran Premio d'Italia ed evitare un grave rischio per l'immagine del Paese sotto il profilo sportivo. (4-14100)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta in Commissione:
REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
l'Accordo sul clima negoziato alla 21esima Conferenza ONU delle Parti (COP21) di Parigi, nel dicembre del 2015, ha come obiettivo proteggere gli equilibri ambientali del pianeta, contenendo le emissioni di gas climalteranti e l'innalzamento della temperatura media atmosferica e dei mari al di sotto dei due gradi; con un impegno a «portare avanti sforzi per limitare l'aumento di temperatura a 1,5 gradi». Per farlo, chiede ai Paesi firmatari trasformazioni profonde che possono produrre una nuova economia;
secondo il nuovo Pacchetto europeo Clima Energia al 2030 l'Italia dovrebbe ridurre le emissioni di gas serra del 40 per cento rispetto ai valori del 1990. Per fare ciò è necessario mettere in campo, strutturalmente, misure per la riduzione delle emissioni nei comparti della produzione di energia, dei trasporti, dell'edilizia e dell'efficientamento energetico, dell'agricoltura;
in base all'articolo 4 del sopraddetto Accordo, tutti i Paesi «dovranno preparare, comunicare e mantenere» degli impegni definiti a livello nazionale, con revisioni regolari che «rappresentino un progresso» rispetto agli impegni precedenti e «riflettano ambizioni più elevate possibile». I paragrafi 23 e 24 della decisione sollecitano i Paesi che hanno presentato impegni al 2025 «a comunicare entro il 2020 un nuovo impegno, e a farlo poi regolarmente ogni 5 anni», e chiedono a quelli che già hanno un impegno al 2030 di «comunicarlo o aggiornarlo entro il 2020». La prima verifica dell'applicazione degli impegni è fissata al 2023, i cicli successivi saranno quinquennali;
l'Accordo sul clima diventerà giuridicamente vincolante, se ratificato da almeno 55 paesi che insieme rappresentino almeno il 55 per cento delle emissioni globali di gas serra e sarà aperto alla firma presso le Nazioni Unite fino al 21 aprile 2017;
in occasione del recente Summit G20 di Hangzhoi, con uno straordinario atto politico di portata globale, Cina e Stati Uniti, che assieme producono il 38 per cento delle emissioni di CO2 nel mondo, hanno ratificato quanto deciso a Parigi. Facendo così salire a 23 il numero dei Paesi che, secondo il diritto internazionale, aderiscono all'intesa;
l'Europa e l'Italia mancano per ora all'appello, nonostante l'Unione europea in passato abbia assunto un ruolo di leadership per le politiche di riduzione delle emissioni e sia stata determinante nel tenere in vita il processo avviato con il Protocollo di Kyoto del 2005;
anche il nostro Paese, già presente ai negoziati francesi dello scorso dicembre, ha solennemente sottoscritto gli Accordi sul clima raggiunti a Parigi lo scorso 22 aprile al Palazzo di Vetro di New York ma non li ha ancora ratificati –:
quando il Governo intenda avviare la ratifica degli Accordi di Parigi e trasmettere il relativo disegno di legge alle Camere al fine di poter completare l’iter parlamentare prima della 22esima Conferenza ONU delle Parti che si terrà a Marrakech, in Marocco, dal prossimo 7 novembre, in modo da dare maggiore forza e credibilità all'Italia. (5-09427)
Interrogazioni a risposta scritta:
MELILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
a poche ore dal terremoto del 24 agosto che ha interessato l'Appennino Centrale, il lago di Scanno, in provincia de L'Aquila, si è abbassato di circa 3 metri;
il lago di Scanno si formò a seguito di una grande frattura del Monte Genzana;
il lago di Scanno rappresenta una delle più rilevanti bellezze paesaggistiche del nostro Paese;
grande è la preoccupazione tra i cittadini di Scanno e dell'intero Abruzzo per gli effetti di questo fenomeno naturale –:
se siano stati predisposti degli studi per conoscere i motivi di questo fenomeno naturale e della sua possibile relazione con il terremoto del 24 agosto;
se si intenda predisporre conseguentemente un intervento per evitare possibili danni ad un lago tra i più caratteristici e belli d'Italia. (4-14086)
TONINELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
come riportato dalla stampa locale (articolo «Scuola “Trento e Trieste” Bonifica e palestra chiusa» su La Provincia di Cremona del 23 agosto 2016), negli scorsi giorni è stato disposto il bonifico della scuola elementare «Trento e Trieste», nel tetto della cui palestra da ormai molto tempo un buco nelle lastre di eternit lascia filtrare la pioggia e soprattutto implica il rischio di caduta del pericolosissimo amianto danneggiato. L'intervento è stato disposto nonostante il finanziamento previsto all'uopo dal Ministero dell'istruzione non sia ancora materialmente stato conferito, sebbene fosse atteso da mesi;
il comune ha pertanto anticipato le risorse necessarie; per procedere in questo modo da subito, evitando il rinvio dell'intervento quanto mai necessario in vista dell'avvio del nuovo anno scolastico, è stato necessario stralciare l'intervento da un intervento più ampio e organico. Ciononostante, secondo il competente assessore comunale Andrea Virgilio, a causa dei tempi per la procedura, l'intervento potrà essere materialmente eseguito soltanto in coincidenza dell'avvio dell'anno scolastico. Per questo motivo, lo stesso assessore ha parlato della chiusura della palestra e degli spogliatoi per alcune settimane, fino alla chiusura del cantiere. Ciò ha provocato le reazioni delle associazioni dei genitori degli alunni della scuola e del rappresentante territoriale dell'Osservatorio Nazionale Amianto, i quali hanno espresso la loro grave preoccupazione in merito, rilevando che a dover restare chiusa deve essere l'intera struttura scolastica e non i soli locali della palestra, per tutelare i bambini, i docenti e il personale tecnico, dal pericolo derivante dall'inalazione del pericolosissimo materiale, che, come è noto, si può diffondere nell'aria a seguito di qualsiasi manipolazione esterna e provocare danni irreversibili ai tessuti, spesso di natura cancerogena;
con la presente interrogazione, data la gravità e l'urgenza della situazione, si chiede che i Ministri competenti procedano al più presto alla non più rinviabile assegnazione dei fondi per la bonifica agli istituti scolastici, con priorità assoluta agli interventi di manutenzione dai quali dipende la tutela della salute degli usufruitori dei locali interessati, come è nel caso in questione, nonché che gli stessi Ministri vigilino sulla tutela della sicurezza e della salute degli istituti scolastici interessati da tali interventi in ossequio alle previsioni di legge, evitando in particolare la riapertura della scuola elementare – previa individuazione di soluzioni alternative il corretto svolgimento dell'anno scolastico – fino al ripristino delle condizioni essenziali per quello che attiene il pericolo derivante dalla presenza di amianto –:
per quali motivi i finanziamenti per il ripristino delle condizioni essenziali di sicurezza e tutela della salute nelle scuole, e in particolare nella scuola di cui in premessa, non siano ancora stati assegnati agli istituti destinatari e quali iniziative di competenza intenda assumere in ordine al pericolo derivante per la salute dalla frequenza di ambienti sottoposti a bonifica prima della conclusione della stessa e alla conseguente necessità di vigilanza su tali operazioni, con specifico riferimento alla scuola di cui alla premessa. (4-14088)
PAGLIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nell'ambito del programma di risanamento ambientale del sito ILVA di Taranto sarebbero state rimosse 415 tonnellate di traversine ferroviarie in legno, pari a circa 25.000 unità;
tali traversine sarebbero state trattate con creosoto, impregnante molto utilizzato per la conservazione del legno, contenente fenoli, creosoli e idrocarburi policiclici aromatici (IPA);
alcune tipologie di creosoli sono oggi ritenute cancerogene, al punto che la Commissione europea, con direttiva 2001/90/CE, ne ha vietato l'utilizzo;
il materiale smantellato è stato inviato al Centro Intermodale di Lugo (RA), senza che ad oggi sia chiaro se questo preluda ad un suo smaltimento in zona o se si tratti soltanto di una scelta logistica;
appare chiaro che, vista la loro natura, le traversine in oggetto dovrebbero essere considerate rifiuti speciali pericolosi e come tali trattate;
le comunità locali sono comprensibilmente allarmate, data l'assenza di informazioni sulla destinazione finale e sulle modalità di stoccaggio e di trattamento, nonché di notizie precise relative all'effettiva presenza di sostanze tossiche o cancerogene –:
se possa confermare la presenza di creosoli nelle traversine e se essi appartengano alla categoria individuata dalla direttiva 2001/90/CE;
quale sia in dettaglio l’iter individuato per lo smaltimento;
a quale ditta sia stato affidato lo smaltimento e con quale modalità di affidamento. (4-14091)
TONINELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
negli scorsi mesi i cittadini del cremasco si sono visti notificare una richiesta di pagamento di contributo da parte del Consorzio di bonifica Dugali, Naviglio e Adda Serio (DUNAS), il quale è attualmente il Consorzio risultante dal piano di riorganizzazione regionale degli enti in Lombardia, che ne ha previsto la riduzione e il conseguente accorpamento;
il contributo consortile viene stabilito attraverso un piano di classificazione predisposto dallo stesso consorzio sulla base di criteri stabiliti con deliberazioni regionali, tuttavia la richiesta di pagamento ha molto colpito in quanto essa ha iniziato ad essere effettuata dopo l'accorpamento e il riordino dell'ente e dunque dopo un'operazione atta alla razionalizzazione e al risparmio delle risorse in questo ambito;
non si capisce, in altri termini, a quale titolo le operazioni svolte dai Consorzi debbano essere improvvisamente finanziate attraverso contributi consortili richiesti ora anche a proprietari di immobili extra-agricoli, specialmente dopo un intervento di accorpamento e riduzione delle spese;
a questo proposito deve peraltro considerarsi che negli ultimi anni molte richieste analoghe in varie regioni italiane sono state dichiarate illegittime, in quanto la legge statale di riferimento prevede che il contributo debba essere necessariamente messo in relazione a benefici diretti, specifici e duraturi, che il fondo di proprietà del socio consortile deve ricevere. Che il presupposto dell'obbligazione contributiva sia il beneficio specifico e diretto che il singolo immobile riceve dall'esecuzione delle opere di bonifica è stato stabilito in modo consolidato da tempo dalla giurisprudenza, tuttavia richieste di contributi spesso illegittime pervengono improvvisamente a soggetti mai interessati prima dai benefici dell'attività dei Consorzi di bonifica, come è nel caso dei soggetti interessati dall'intervento del Consorzio di bonifica Dugali, Naviglio e Adda Serio;
ci si chiede, pertanto, se questi contributi, spesso illegittimi, continuano a essere richiesti nonostante gli interventi di accorpamento e risparmio degli enti, se questi siano da considerarsi una forma di tassazione occulta, derivante dal mancato intervento del Ministero in settori di sua competenza concorrente, dovuti ai tagli lineari o ad altre forme di riduzione delle risorse con i quali sono state finanziate le ultime manovre del Governo –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della diffusione di nuove richieste di contribuzione consortile a carico di soggetti mai interessati prima dai benefici dell'attività dei Consorzi di bonifica, con particolare riferimento al caso di cui in premessa, se ciò dipenda da interventi riconducibili al Governo e, nel caso, quali iniziative di competenza intenda adottare in proposito. (4-14093)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazione a risposta in Commissione:
ARLOTTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
le leggi n. 37 del 1974, n. 376 del 1988 e n. 60 del 2006 stabiliscono che al privo della vista è riconosciuto il diritto di accedere agli esercizi aperti al pubblico con il proprio cane guida e che gestori dei mezzi di trasporti e titolari di esercizi che «impediscano od ostacolino, direttamente o indirettamente, l'accesso ai privi di vista accompagnati dal proprio cane guida» siano sono soggetti a multe dai 500 ai 2.500 euro;
in particolare la legge sancisce anche che un cane-guida può entrare in qualunque esercizio aperto al pubblico (legge n. 37 del 1974), è escluso dai divieti relativi al non permettere l'accesso degli animali in spiaggia, parimenti ai cani destinati «al salvamento» (legge n. 37 del 1974), è in genere esonerato dall'obbligo di portare la museruola a meno che non sia richiesto in una data situazione (legge n. 37 del 1974 – ordinanza ministeriale per la tutela pubblica da aggressioni di cani), è esonerato dall'obbligo di avere al seguito paletta e sacchetto per la raccolta delle deiezioni (come rintracciabile anche in molti regolamenti comunali), è esonerato dal pagamento del biglietto per i mezzi pubblici (legge n. 37 del 1974), può accompagnare il non vedente anche su traghetti e aerei, in Italia e all'estero (legge n. 37 del 1974 – Reg. CE n. 1107/2006), può viaggiare alloggiato sul sedile posteriore insieme al non vedente, in quanto «animale domestico di indole particolarmente tranquilla e come tale adeguata alle incombenze cui esso è appositamente addestrato», senza che ciò costituisca in alcun modo violazione dell'articolo 169, comma 6 del Codice (lettera del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti protocollo n. 653 del 2004);
il cane guida rappresenta a tutti gli effetti gli «occhi» per il non vedente e quindi non deve essere allontanato dal diversamente abile visivo che accompagna;
in Italia purtroppo la consapevolezza dei cittadini riguardo al diritto di accesso e di movimentazione dei cani-guida per non vedenti, è molto limitata: secondo una recente indagine della Federazione italiana Superamento dell'Handicap-Fish, motivata da una verifica effettuata dall'Associazione BlindSight Project su siti web particolarmente rilevanti per le prenotazioni alberghiere, risulta che circa 1.000 strutture alberghiere italiane che offrono i propri servizi attraverso tali siti dichiarano esplicitamente di rifiutare cani con la precisazione «anche cani guida»;
proprio a tale proposito, Fish ha già inviato all'inizio di quest'anno una segnalazione al Ministro interrogato, chiedendo un intervento presso le organizzazioni degli albergatori ma suggerendo anche di inasprire le sanzioni che attualmente sono solo pecuniarie –:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro per fare sì che sia pienamente attivata la normativa in base alla quale al privo della vista è riconosciuto il diritto di accedere agli esercizi aperti al pubblico con il proprio cane guida;
se non ritenga utile intervenire con un'azione di informazione e sensibilizzazione anche attraverso le associazioni di categoria di alberghi e pubblici esercizi;
se non ritenga necessario adottare le iniziative di competenza per inasprire le sanzioni previste attualmente. (5-09426)
Interrogazione a risposta scritta:
PORTA, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, LA MARCA e TACCONI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
la XXXI edizione delle Olimpiadi, svoltasi a Rio de Janeiro, per i diversi paesi partecipanti è stata anche una vetrina delle proprie qualità culturali e commerciali e un'importante occasione di promozione della propria immagine e dei rispettivi sistemi economico-commerciali;
il compito di presentazione dei diversi sistemi nazionali è stato affidato in particolare alle «Case», nelle quali si è operata una sintesi delle caratteristiche più significative di ciascun partecipante e un compendio dei messaggi promozionali ritenuti più incisivi e utili;
«Casa Italia», nella quale ha trovato puntuale riscontro lo stile e il design italiano, universalmente riconosciuti e apprezzati, è stata concepita e presentata come una struttura «horizzontal», capace di aprirsi all'interesse del pubblico brasiliano e internazionale presente per l'occasione e al dialogo con quanti manifestassero disponibilità ad avviare o a consolidare relazioni con le molteplici articolazioni del Sistema Italia;
a differenza di quanto avvenuto con le «Case» di diversi altri paesi, la gestione di «Casa Italia» di fatto è stata fortemente selettiva ed esclusiva, non consentendo l'accesso non solo ad un pubblico vario, ma in molti e documentati casi anche ad alti rappresentanti dell'amministrazione italiana e ad esponenti di quel ramificato Sistema Italia che opera da tempo diffusamente e proficuamente nella realtà brasiliana, di cui costituisce una delle componenti più attive e riconosciute;
negli eventi programmati si è data giusta attenzione alle grandi aziende e agli sponsor che hanno sostenuto «Casa Italia», ma, allo stesso tempo, sono stati lasciati fuori dalla porta reali protagonisti di quella rete di diffusione del made in Italy, spesso di origine italiana, che hanno fatto del mercato brasiliano uno dei riferimenti più fecondi e strategicamente importanti, anche in termini di prospettiva;
analoga discutibile selettività è stata adottata dal CONI nella gestione dei passi alle diverse manifestazioni di contorno, dalle quali sono stati esclusi i rappresentanti più riconosciuti della comunità italo-brasiliana, che non hanno nascosto il loro rammarico e la loro delusione a tale riguardo;
la mancanza di sinergia tra CONI e autorità diplomatico-consolari ha comportato limiti e difficoltà nell'espletamento dell'azione di assistenza ai nostri connazionali, realizzata in particolare con l'allestimento e l'attività di un efficiente «Consolato mobile», che non ha potuto disporre dei «passi» necessari per l'accesso agli impianti, al Villaggio olimpico e alle sedi dei principali avvenimenti, dal momento che i titoli di ingresso sono restati nell'esclusiva disponibilità del Comitato Olimpico;
quali siano le ragioni che hanno spinto il CONI ad una scelta come quella adottata e quali le ragioni che hanno impedito al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale di intervenire per rendere più flessibili, aperte e incisive le iniziative promozionali proposte da «Casa Italia» e la gestione degli ingressi nelle diverse manifestazioni nelle quali il nostro Paese è stato presente;
se non si pensi di ovviare a tali inconvenienti, che hanno creato sconcerto e delusione nella comunità italo-brasiliana, almeno in occasione delle Paraolimpiadi, che avranno inizio il prossimo 7 settembre;
se i Ministri interrogati non ritengano di rappresentare al CONI l'opportunità di iniziative di recupero, soprattutto a livello giovanile, nei rapporti con la comunità italo-brasiliana, che notoriamente è una delle più numerose e attive tra quelle esistenti nel mondo. (4-14097)
DIFESA
Interrogazione a risposta scritta:
PRODANI, MUCCI e RIZZETTO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
il sito internet della provincia di Trieste, nella sezione «Cultura e valorizzazione dei beni del territorio», illustra il Faro della Vittoria, opera costruita nel corso degli anni venti del Novecento con l'intento di guidare la navigazione notturna nel golfo di Trieste e di commemorare i marinai caduti nella Prima Guerra Mondiale;
dopo sette anni di chiusura totale ed alcuni restauri, il Faro è stato riaperto al pubblico il 18 maggio 1986, grazie a una convenzione stipulata dal Ministero della difesa – da cui dipende la struttura – e la provincia di Trieste;
il Faro è stato oggetto dell'interrogazione a risposta in commissione n. 5-02284 del 6 marzo 2014, con la quale l'interrogante ha chiesto al Governo quali iniziative urgenti intendesse adottare per concludere, nel più breve tempo possibile, la stipula della convenzione necessaria ad avviare alcuni lavori di riqualificazione e a garantirne la riapertura al pubblico, in modo da evitare la perdita del finanziamento europeo necessario alle opere e la modifica del calendario degli eventi legati al Centenario della Grande Guerra;
in risposta all'interrogazione, il 18 settembre 2014 il Sottosegretario per la difesa Gioacchino Alfano ha riferito che: «l'accordo in argomento, firmato il 26 marzo 2014, ha autorizzato l'accesso del pubblico al “Faro della Vittoria”, dal 10 aprile 2014, compatibilmente con l'agibilità e lo stato di manutenzione e conservazione dello stesso. Esso prevede, inoltre, che la struttura monumentale venga inserita, a cura della provincia di Trieste nell'ambito dei progetti di valorizzazione del patrimonio storico, artistico e architettonico connessi con le celebrazioni collegate al Centenario della Grande Guerra»;
il 19 luglio 2016, un articolo de Il Piccolo dal titolo «Il Comune rivendica la gestione del Faro» annuncia che dal prossimo 9 ottobre, coincidente con la regata Barcolana, il Faro della Vittoria non sarà più accessibile al pubblico e riporta, come l'opera: «(...) non avrà più una gestione in grado di garantirne l'apertura. Continuerà a fare... il faro, ma diventerà un corpo estraneo alla città. Tutta colpa della Provincia. O, meglio, della Regione, che ha deciso di abolire quell'ente intermedio. (...) Ora, a rivendicarne la gestione, è il Comune, con Roberto Dipiazza, che promette che ne parlerà “con chi di dovere, Regione compresa”». Maurizio Bucci, assessore al turismo e promozione del territorio, sviluppo economico, progetti europei, partecipate e avvocatura del comune di Trieste, ha dichiarato in merito: «logica vorrebbe che sia il Comune a subentrare nella gestione di quello che, con San Giusto, è uno dei simboli cittadini e parte importante del suo pacchetto turistico. Ci sarebbe un problema di risorse ma esiste già un fondo ministeriale, arricchito dal contributo regionale (...)» –:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per dare continuità alla fruibilità del sito che rappresenta uno dei simboli della città di Trieste ed una importante meta turistica del territorio. (4-14087)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta scritta:
PRODANI, MUCCI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'Agenzia del demanio è nata dalla suddivisione e dal conferimento delle funzioni del Ministero delle finanze alle quattro Agenzie fiscali (Entrate, Territorio, Dogane e Demanio) istituite nell'ambito della nuova organizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze prevista dal Decreto Legislativo n. 300 del 1999;
in seguito, il decreto legislativo n. 173 del 2003 ha trasformato l'Agenzia in ente pubblico economico (EPE);
l'articolo del Piccolo di Trieste «Appalti pilotati dall'Agenzia del Demanio» del 14 luglio 2016, riporta la notizia di «una truffa aggravata, corruzione e turbativa d'asta a danno dello Stato italiano». L'indagine, da cui sono emersi tali reati, è stata coordinata dalla Guardia di Finanza di Gorizia insieme al procuratore aggiunto di Udine, Raffaele Tito, e vede coinvolti un ex dirigente dell'Agenzia del Demanio e di sei imprenditori, quattro italiani e due romeni per numerosi appalti pilotati in Friuli Venezia Giulia;
la nota stampa illustra che: «il sistema era quello della «corsia preferenziale» che l'allora direttore regionale dell'Agenzia del Demanio, in cambio di denaro, aveva «riservato» a pochi imprenditori «saldamente legati tra loro» i quali riuscivano sempre ad aggiudicarsi le gare per lo smantellamento e la vendita del materiale metallico. La polizia tributaria di Gorizia aveva già messo le mani sull'affare dei bunker del periodo bellico posti a ridosso dei confini, ben 400, colmi di materiale ferroso. Poi però ha scoperto nuovi «rapporti» tra l'Agenzia del Demanio e una delle società che era già stata oggetto delle indagini»; dall'indagine sono emerse altre aste «irregolari» tra cui «l'acquisto dell'ex Osservatorio Geofiosico di Trieste e lo smantellamento del magazzino 74 all'interno del Molo Settimo nel Porto di Trieste, aggiudicati a un imprenditore di Muggia»;
nell'articolo menzionato, il procuratore Tito dichiara: «Abbiamo concluso le indagini non c’è ancora l'udienza preliminare, il giudice la fisserà credo a settembre». Inoltre «la sintesi del rapporto stilato dalla Guardia di Finanza del Comando provinciale di Gorizia è piuttosto corposa. Secondo le accuse si contano in totale nove gare d'appalto turbate per oltre 700 mila euro e cinque indebiti affidamenti diretti per oltre 130 mila euro. In un caso inoltre l'importo di aggiudicazione di una delle nove gare, per circa 27 mila euro, non sarebbe stato nemmeno «incamerato» dallo Stato e questo grazie a «false attestazioni di avvenuto pagamento.» –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
quali strumenti abbia intenzione di predisporre per evitare il ripetersi delle irregolarità verificatesi all'Agenzia del Demanio di Trieste e se intenda intensificare le verifiche ed i controlli nella gestione della vendita del patrimonio pubblico e dell'affidamento di lavori e prestazioni di servizi. (4-14099)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta orale:
SIMONETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
lo scorso 23 agosto un volo Meridiana diretto ad Olbia e decollato alle 10 del mattino da Torino, con a bordo circa 97 passeggeri più sei membri dell'equipaggio, è stato costretto a fare ritorno all'aeroporto di Caselle per un'avaria ad uno dei due motori;
come riportato a mezzo stampa, in fase di decollo, uno dei due motori del Boeing 734 ha perso potenza e all'altezza di Bra è dovuto rientrare, creando non poco spavento e disagio;
risulta all'interrogante che trattasi di velivolo in wet-lease, termine con il quale si indica un contratto di noleggio di un aeromobile comprendete tutte le prestazioni accessorie quali assicurazione, equipaggio e manutenzione;
il contratto di wet-lease viene solitamente stipulato tra due compagnie aeree: il locatore di fatto fornisce al locatario una prestazione di servizio e non, come nel caso del dry-lease, la disponibilità effettiva del mezzo; il locatore in effetti opera per conto del locatario un certo numero di voli, utilizzando una struttura interamente propria, ma tali voli vengono classificati con il codice IATA del locatario;
anche Alitalia sta adottando tale pratica, sottraendo la revisione dei propri motori ad AMS (Alitalia Maintenance Systems), che ha sempre garantito elevati standard di sicurezza, e affidandola alla israeliana BedeK, con il risultato che solo nell'ultimo mese ha riscontrato problemi su 3 motori provenienti, appunto, da Bedek Israele;
la predetta pratica di leasing comporta, dunque, l'evidente rinuncia ai controlli manutentivi sia sugli aeromobili che sui motori, preferendo il risparmio sui costi di gestione a scapito della sicurezza dei passeggeri –:
a chi spetti il controllo sulla manutenzione degli aeromobili di proprietà di compagnie straniere che percorrono tratte sul territorio italiano;
se ed in che termini, nell'ambito delle proprie competenze, si intenda salvaguardare l'elevata professionalità ed esperienza di AMS, i cui 240 lavoratori sono in attesa da oltre un anno di una risposta sul futuro occupazionale ed aziendale e la cui sigla è sinonimo di sicurezza nella revisione e manutenzione dei motori degli aeromobili. (3-02463)
Interrogazione a risposta in Commissione:
CRIMÌ e DE MENECH. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la Superstrada Pedemontana Veneta è un'opera realizzata oggi per un terzo, dal costo complessivo di 2258 milioni di euro per i quali lo Stato contribuisce con 614,9 milioni di euro;
è autorizzata con procedura di Project Financing ai sensi articolo 37-bis legge n. 109 del 1994 e successive modificazioni e integrazioni e legge regionale n. 15 del 2002 in cui il soggetto concedente è il Commissario Delegato con Ordinanza n. 3802 del 15 agosto 2009, mentre il soggetto aggiudicatario è l'ATI «Consorzio Stabile S.I.S. Scpa – Itinere Infraestructuras S.A.»;
il contratto tra il Consorzio Stabile S.I.S. ed il Commissario Delegato prevede anche esenzioni, in varia misura, dal pagamento del pedaggio per i residenti dei 73 comuni sul cui territorio transita la S.P.V.;
in questo momento per finanziare la prosecuzione dei lavori della S.P.V. è stata richiesta la garanzia della Cassa Depositi e Prestiti;
è emersa tuttavia da recenti previsioni del traffico effettuate dalla Cassa Depositi e Prestiti una discrepanza importante con le valutazioni del Consorzio Stabile S.I.S. il quale valutò un traffico di 30 mila veicoli al giorno, mentre C.D.P ne valutò la metà: 15 mila, mettendo in dubbio la previsione economica dell'opera basata sugli incassi dei pedaggi;
di qui è nata la necessità di revisionare il Progetto ed il Piano economico-finanziario, prevedendo misure compensative per garantire la sostenibilità economico-finanziaria della S.P.V.;
tra le suddette misure da attuare, è emerso da notizie di stampa che sarebbero oggetto di ricontrattazione anche le sopracitate esenzioni per i residenti;
l'ultimo incontro tra concedente ed aggiudicatario ha posticipato al primo di settembre la presentazione del nuovo Piano economico-finanziario –:
se risulti al Governo che il nuovo piano economico-finanziario rimette in discussione le esenzioni dai pedaggi per i residenti dei 73 comuni sul cui suolo transita la superstrada e che misure si intendano adottare per evitare che questa compensazione venga tolta. (5-09425)
Interrogazioni a risposta scritta:
GULLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
la città di Patti è il quarto centro della provincia di Messina;
i servizi presenti presso la suddetta città sono fruiti anche da tutti gli abitanti degli altri comuni del suo hinterland;
tra i servizi che questa città offre vi sono quelli legati ai collegamenti ferroviari che vengono utilizzati giornalmente da numerosi studenti e pendolari e nel periodo estivo da molti turisti;
la stazione di Patti, denominata «Patti-San Piero Patti», è stata rimodernata negli scorsi anni e, attualmente, risulta essere tra le più moderne della provincia di Messina;
purtroppo parte delle opere realizzate e completate non risultano essere, allo stato, fruibili;
in particolare i servizi igienici della superiore struttura ferroviaria risultano essere non funzionanti da parecchi tempo;
inoltre, alle volte non è possibile acquistare i biglietti a causa della chiusura della biglietteria e del concomitante malfunzionamento della macchina automatica per i biglietti;
in tale situazione, purtroppo, come risulta all'interrogante, versano anche quasi tutte le altre stazioni della provincia di Messina –:
quali iniziative il Ministero intenda prendere per rendere effettivamente fruibile la stazione ferroviaria di Patti e tutte quelle della provincia di Messina. (4-14080)
SIMONETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
a partire dal giorno 11 settembre 2016 i treni Frecciabianca della storica linea Torino-Milano saranno gradualmente soppressi e trasformati in Frecciarossa sull'Alta Velocità;
i primi convogli che saranno trasferiti sono il Venezia-Torino con fermata a Vercelli alle 12.34 e il Torino-Venezia con fermata a Vercelli alle 14.55;
il rischio maggiore legato a questa decisione di Trenitalia, è la marginalizzazione che rischia di colpire in particolar modo i territori di Vercelli, Novara, Biella e Santhià;
le conseguenze ricadranno presumibilmente su tutta l'area del Piemonte nord orientale che gravita sull'asse ferroviario Torino-Milano –:
se il Ministro non ritenga urgente istituire un tavolo di concertazione che coinvolga tutte le parti interessate, compresi i vari comuni che verrebbero penalizzati dalla trasformazione ipotizzata da Trenitalia, al fine di arrivare ad una soluzione condivisa;
se, in attesa di un confronto con gli Amministratori o i rappresentanti dei comuni di Vercelli, Novara, Biella e Verbania, non ritenga doveroso promuovere la sospensione dell'applicazione del piano di Trenitalia in riferimento alla linea Torino-Milano che dovrebbe prendere avvio a partire dall'11 settembre. (4-14084)
GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
un veicolo può essere qualificato e classificato di interesse storico e collezionistico se la costruzione è precedente di almeno 20 a quella della richiesta di iscrizione in uno dei registri di cui all'articolo 60 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante nuovo codice della strada;
i veicoli immatricolati prima del 1960 iscritti presso un registro storico devono obbligatoriamente essere revisionati presso la sede provinciale della motorizzazione civile;
i veicoli immatricolati prima del 1960 non iscritti ad un registro storico possono essere revisionati, in alternativa, anche presso centri privati autorizzati;
risulta oltremodo incomprensibile questa disparità di trattamento che obbliga i veicoli iscritti ai registri (che sono per di più garanzia di valorizzazione e di cura) ad affrontare la revisione con maggiori oneri burocratici e con tempi e spostamenti molto più lunghi rispetto agli altri veicoli di pari vetustà;
se gli incaricati delle officine private autorizzate svolgono il servizio di revisione per i veicoli costruiti prima del 1960 non iscritti ai registri, si presume che abbiano tutte le competenze necessarie per effettuare i medesimi controlli anche sui veicoli iscritti ai registri –:
se il Ministro interrogato non ritenga penalizzante e discriminante l'obbligo di effettuare la revisione periodica dei veicoli costruiti prima del 1960 presso le sedi della Motorizzazione civile esclusivamente per quelli iscritti nei registri di cui all'articolo 60 del Codice della strada, e se quindi non intenda semplificare la procedura così come previsto per quei veicoli che non sono iscritti ai registri;
se non ritenga opportuno equiparare i diritti e i doveri di tutti i proprietari di veicoli costruiti prima del 1960, specificando con gli opportuni provvedimenti, anche di carattere esplicativo, che la revisione obbligatoria può essere effettuata nelle sedi della motorizzazione civile o, in alternativa, presso i centri autorizzati.
(4-14089)
INTERNO
Interrogazioni a risposta scritta:
MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
da notizie apparse recentemente su alcuni quotidiani ed anche sul sito http://milano.corriere.it/, si è appreso che qualche giorno fa, giovedì 1 settembre, Lisa Bosia Mirra, deputata socialista svizzera, sarebbe stata intercettata e fermata dalle Guardie di confine svizzere al valico di San Pietro di Stabio, alla frontiera con l'Italia, mentre accompagnava e faceva entrare illegalmente in territorio elvetico quattro immigrati clandestini minorenni;
in particolare, secondo quanto riferito dalla Polizia cantonale e dalle Guardie di confine, Lisa Bosia Mirra sarebbe stata alla guida di un'auto con targa ticinese che «fungeva da staffetta a un furgone, sempre con targa svizzera, guidato da un 53enne e con a bordo quattro migranti africani minorenni»;
conseguentemente, nei confronti della deputata Lisa Bosia Mirra e del 53enne residente nel Canton Berna, con cui è stata fermata dalle Guardie di confine, sarebbe stata formulata l'ipotesi di reato di favoreggiamento dell'entrata illegale e l'inchiesta sarebbe coordinata dalla Procuratrice pubblica Margherita Lanzillo;
Lisa Bosia Mirra, dopo diversi interrogatori per far luce sulla vicenda, sarebbe stata denunciata a piede libero per favoreggiamento dell'entrata illegale e, confermate tutte le accuse, per lei l’iter giudiziario sarebbe in corso, mentre l'uomo che era alla guida del furgone si troverebbe in stato di fermo;
inoltre, si apprende altresì da quanto riportato dagli organi di stampa, per la gravità della fattispecie di reato contestato ai due e per il proseguimento dell'inchiesta, sarebbe stato attivato anche il Gruppo Interforze Repressione Passatori (GIRP), unità specializzata nel contrasto del fenomeno dei passatori e composta da agenti della Polizia cantonale, da Guardie di confine e da inquirenti di Fedpol;
la deputata svizzera socialista Lisa Bosia Mirra è anche presidente di una associazione elvetica, la Firdaus, che per più di un mese e mezzo, da luglio scorso, ha distribuito pasti agli immigrati clandestini accampati nei pressi della stazione di Como, come documentato da diversi servizi e articoli di stampa;
da notizie apparse il 23 agosto 2016 (http://www.rsi.ch), pare che l'amministrazione comunale di Como improvvisamente abbia deciso di affidare tale compito invece alla Caritas lariana;
a fronte di tale decisione e ripensamento da parte dell'amministrazione comunale, Lisa Bosia Mirra pare avrebbe affermato che «Firdaus non può che rispettare la decisione, in quanto “a Como siamo ospiti”» –:
se e quali rapporti abbia avuto l'associazione elvetica Firdaus e la sua presidente, la deputata svizzera Lisa Bosia Mirra, con le istituzioni italiane, in particolare con il comune e la prefettura, relativamente alla gestione e accoglienza degli immigrati clandestini accampati presso la stazione di Como e a quale titolo fosse ospite in territorio italiano per prestare tali attività, se risulti che tale associazione sia operativa e presente in altre zone di confine con il territorio svizzero, infine se la stessa sia stata beneficiaria di risorse o denaro pubblico per le predette attività prestate a Como o in altre località italiane. (4-14092)
TONINELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
come riportato dalla stampa locale (articolo intitolato «Terrorismo, Siulp contro il prefetto», sul quotidiano di Lodi Il Cittadino di mercoledì 24 agosto 2016), all'inizio di agosto presso l'Ufficio territoriale del Governo di Lodi si è svolta una riunione con tutte le forze di polizia locale, nel corso della quale è stato annunciato il doveroso rafforzamento dei controlli sugli obiettivi sensibili e l'intensificazione dell'attività di indagini sugli stessi, alla luce degli attentati terroristici che nelle settimane precedenti hanno sconvolto varie importanti città europee. A questa situazione si aggiunge quella legata all'aumento dell'immigrazione e all'arrivo dei rifugiati. Trattasi con evidenza in entrambi i casi di situazioni che non possono più essere definite «emergenziali» ma che in certa misura devono essere considerate permanenti e conseguentemente valutate nell'ambito dell'organizzazione dei servizi di pubblica sicurezza del territorio. Alla luce di queste considerazioni, tuttavia, il necessario e doveroso supplemento di impegno nell'attività di controllo e prevenzione viene disposto senza alcun incremento di organico. Ma quello che è più grave è che alla polizia locale lodigiana non solo sia richiesto un grande supplemento di impegno senza alcun incremento di organico, nonostante la circostanza non emergenziale dell'impegno richiesto, ma che questa richiesta avvenga mentre questa è ampiamente sotto-organico: a fronte di un organico previsto di circa 170 unità per la questura, di fatto ve ne sono meno di 140; a causa del «blocco del turn-over» disposto dal Governo Berlusconi IV il personale in quiescenza non è più stato sostituito; le volanti sono ridotte a una sola pattuglia per turno, la Digos ha la metà del personale a disposizione;
la gravità delle situazioni che hanno prodotto la richiesta di incremento di sforzo per le forze di polizia e la natura delle stesse, che come si è detto non può essere considerata emergenziale, rendono evidente come per farvi anche solo parzialmente fronte non sia più possibile continuare a fare affidamento unicamente sulla buona volontà del personale in servizio, sul continuo stravolgimento dei turni, sulla negazione dei riposi settimanali e sul ricorso a turni estenuanti di straordinario. È pertanto necessario un intervento diretto del Ministro interrogato, in qualità di organo di vertice delle Prefetture, affinché al nuovo stato delle cose corrisponda quanto meno un ripristino dell'organico previsto dalla legge, nonché il suo successivo incremento stante l'evolversi sempre più drammatico delle minacce alla sicurezza e delle ulteriori e diverse necessità connesse all'arrivo dei profughi –:
se il Ministro interrogato è a conoscenza della situazione di cui in premessa e quali iniziative intenda adottare per farvi fronte, alla luce della natura da non considerarsi più emergenziale delle situazioni che la polizia statale è chiamata ad affrontare. (4-14094)
SALTAMARTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
un migrante irregolare di origini ivoriane che aspira alla tutela internazionale, identificato dalla stampa con le iniziali F.I., ospite di un centro di accoglienza inaugurato a Fiumicino l'11 luglio e gestito dalla cooperativa Virtus Italia, richiamata anche in alcune conversazioni intercettate nel corso dell'inchiesta «Mafia Capitale», risulta aver postato il 12 agosto scorso sulla sua pagina Facebook un link ad un sito gestito da sostenitori di Zakir Naik;
Zakir Naik è un religioso salafita di origini indiane, attualmente residente a Dubai, fondatore dell'Islamic Research Foundation e considerato tra gli ispiratori degli attentatori responsabili della strage di Dacca, nella quale il primo luglio scorso morirono 24 persone, tra le quali nove cittadini italiani;
il post di F.I. sarebbe stato denunciato alla polizia postale;
l'apertura del centro di accoglienza per aspiranti profughi a Fiumicino è già stata al centro di proteste da parte dei residenti, che adesso avranno ulteriori motivi per preoccuparsi della propria sicurezza;
la simpatia evidenziata dal citato F.I. nei confronti di Zakir Naik suggerirebbe di sottoporlo quanto meno a speciale sorveglianza –:
se il Governo intenda o meno adottare delle misure per controllare l'aspirante profugo ivoriano che ha pubblicato sulla propria pagina Facebook un link ad un sito di sostenitori di Zakir Naik, identificato dalla stampa come F.I;
se la circostanza che il citato F.I abbia evidenziato simpatie per Zakir Naik incida o meno sulle prospettive della sua domanda tesa ad ottenere dall'Italia tutela internazionale. (4-14095)
GIUDITTA PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la legge n. 76 del 2016 approvata lo scorso maggio, ha introdotto nell'ordinamento italiano le disposizioni relative alle unioni civili ed alle convivenze di fatto;
il comma 20 della suddetta legge prevede che: «Al solo fine di assicurare l'effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso»;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 144 del 2016 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 175 del luglio 2016 ha disciplinato le modalità di presentazione della richiesta di costituzione dell'unione civile, il contenuto della dichiarazione che le parti devono rendere dinanzi all'ufficiale di stato civile, nonché gli adempimenti successivi da parte degli uffici anagrafici;
sul sito del comune di Finale Emilia, provincia di Modena, è pubblicato un documento dei servizi demografici del comune di Finale Emilia relativamente tra le altre cose, alla disciplina delle unioni civili;
in tale documento si legge, sotto il titolo di «Modalità di costituzione delle unioni civili», «non è prevista una forma di celebrazione ma solo una dichiarazione. La dichiarazione non si riceve in una sala aperta al pubblico e l'ufficiale di stato non indossa la fascia tricolore. Non è previsto lo scambio delle fedi. Alla luce di quanto disposto dal comma 20 della legge n. 76 del 2016 non trova applicazione l'articolo 110 del Codice Civile, e pertanto non è possibile la costituzione del rapporto al di fuori della casa comunale.» –:
se tali indicazioni del comune di Finale Emilia siano compatibili con la lettera e con lo spirito delle disposizioni previste dalla legge n. 76 del 2016;
se il Ministero dell'interno abbia dato disposizioni specifiche ai comuni tramite le proprie articolazioni amministrative riguardo gli aspetti relativi all'applicazione della legge n. 76 del 2016 ad esempio relativamente alle questioni contenute nel documento del comune di Finale Emilia;
considerando le disposizioni del comma 20 della legge n. 76 del 2018, quali interventi abbia intenzione di intraprendere nei confronti del comune di Finale Emilia e di tutte le amministrazioni che applicano quelli che appaiono all'interrogante regimi discriminatori riguardo alle unioni civili. (4-14096)
PRODANI, MUCCI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 novembre 2014, n. 194, entrato in vigore il 23 gennaio 2015, all'articolo 1 definisce come: «l'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) subentra gradualmente alle anagrafi tenute dai Comuni (...). Nel subentro sono compresi i dati informatizzati relativi alle situazioni anagrafiche pregresse alla data del subentro e alle schede archiviate in formato elettronico»;
attraverso il decreto menzionato nell'ANPR verranno contenuti i dati del cittadino, della famiglia anagrafica e della convivenza, i dati dei cittadini italiani residenti all'estero, registrati dai comuni, nonché il domicilio digitale. ANPR rende disponibili all'Istituto nazionale di statistica i dati concernenti la popolazione, il movimento naturale e i trasferimenti di residenza, necessari alla produzione delle statistiche ufficiali sulla popolazione e sulla dinamica demografica, nel rispetto della normativa nazionale e della legislazione dell'Unione europea. I servizi sono erogati in modalità web service ovvero attraverso una web application fruibile dal sito internet della ANPR;
«il sito online www.dirittierisposte.it in una nota stampa intitolata «Domicilio, dimora e cambio di indirizzo» riporta che: «il DPCM n. 194 del 2014 ha fissato la tempistica della procedura di migrazione delle informazioni contenute nella basi di dati comunali APR ed AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all'estero) verso la base dati centrale ANPR, procedura che dovrebbe concludersi entro il 2015 (...).»;
l'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) è stata istituita con legge 27 ottobre 1988, n. 470, e contiene i dati dei cittadini italiani che risiedono all'estero per un periodo superiore ai dodici mesi. Essa è gestita dai comuni sulla base dei dati e delle informazioni provenienti dalle Rappresentanze consolari all'estero;
per quanto concerne il processo per la digitalizzazione per i documenti di identità la disciplina originaria è stata ampiamente riformata con il decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012. Tale riforma aveva attribuito al Ministero dell'interno la titolarità del processo di emissione della carta d'identità elettronica e aveva unificato la stessa alla tessera sanitaria (cosiddetto documento digitale unificato);
l'articolo 10, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2015, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2015, ha abrogato la norma istitutiva del documento digitale unificato ed ha introdotto la nuova carta di identità elettronica con funzioni di identificazione del cittadino;
con decreto del Ministero dell'interno del 23 dicembre 2015, sono state definite le caratteristiche tecniche, le modalità di produzione, di emissione, di rilascio della carta d'identità elettronica; in particolare l'articolo 17 «Emissione della CIE da parte dei Consolati» definisce al comma 1 che: «i Consolati sono autorizzati all'emissione della CIE per i cittadini italiani residenti all'estero che ne fanno richiesta presso gli uffici consolari stessi» mentre al comma 2 che: «il Ministro dell'interno e il Ministro degli affari esteri definiscono congiuntamente le modalità organizzative e tecniche di dettaglio per l'emissione della CIE da parte degli uffici consolari»;
l'articolo «Carta d'identità elettronica anche per gli italiani iscritti all'AIRE» del 28 luglio 2015 presente sul sito www.bellunesinelmondo.it riporta quanto dichiarato dal presidente Famiglia Bellunese del Nord Reno Westfalia, Aduo Vio, in merito al mancato rilascio della carta d'identità elettronica anche per i cittadini italiani residenti all'estero. In particolare Vio ha affermato: «Non deve esistere un cittadino di serie A e di serie B, soprattutto nel 2015 (...). Il problema si risolverebbe alla base se si adottasse per tutti la carta elettronica (...) sia opportuno che anche il comune di Belluno, già predisposto con il macchinario atto a questo nuovo documento, dia la possibilità a noi emigranti iscritti all'Aire di farne richiesta». La nota stampa spiega come «il documento d'identità in formato elettronico è un fatto comune in tutto il territorio europeo. In Italia invece no. Oltre quindi alla presa in giro all'estero per un documento cartaceo ormai obsoleto, si creano delle vere difficoltà agli aeroporti per il mancato riconoscimento dello stesso. Questo capita principalmente per le carte d'identità italiane prorogate (cartacee rinnovate con il timbro o carte elettroniche rinnovate con un certificato)» –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se intendano fornire le motivazioni per le quali i cittadini iscritti all'AIRE attualmente non hanno la possibilità di inoltrare la richiesta per ricevere la carta d'identità elettronica e quali soluzioni intenda adottare per il rilascio della medesima per i cittadini italiani residenti all'estero. (4-14098)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta scritta:
GULLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha pubblicato tra il 2015 e il 2016 diversi bandi per le istituzioni scolastiche;
tra questi, a titolo esemplificativo, vi erano i progetti relativi al «Piano di azioni e iniziative per la prevenzione dei fenomeni del cyber bullismo», al «Piano nazionale per il potenziamento dell'educazione motoria e sportiva», «Piano nazionale per l'individuazione di proposte progettuali delle istituzioni scolastiche collegate alla giornata nazionale della scuola», «Piano nazionale per il potenziamento della cittadinanza digitale», «Piano nazionale per la promozione del teatro in classe», «Piano nazionale per l'integrazione degli alunni con disabilità», «Piano nazionale per l'individuazione di proposte di intervento finalizzate alla sperimentazione di iniziative nazionali e/o locali di implementazione del curriculum dello studente e di coordinamento e ampliamento dell'iniziativa nazionale della Carta dello Studente – Io Studio», «Piano nazionale per la promozione della cultura musicale nella scuola», «Piano nazionale per il potenziamento dell'orientamento e contrasto alla dispersione scolastica» ed altri;
gli avvisi dei bandi sono stati pubblicati con preavviso inadeguato;
in data 8 aprile 2016 sono stati pubblicati gli elenchi delle istituzioni scolastiche assegnatarie per la realizzazione dei relativi progetti;
gli elenchi pubblicati non contengono l'indicazione dei punteggi ottenuti da ciascuno degli istituti –:
quali iniziative il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda prendere per far sì che i bandi siano pubblicati con preavviso adeguato, e se intenda predisporre graduatorie che contengano l'indicazione dei punteggi riportati da ciascun istituto. (4-14079)
PAGLIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
da notizie di stampa, che riprendono fonti sindacali, si apprende che si sta verificando il caso di docenti appena entrati in ruolo, a cui tuttavia non è assegnata alcuna cattedra per l'anno scolastico 2016-2017;
tale problematica non sarebbe relativa all'assenza di disponibilità all'interno degli ambiti territoriali indicati come preferenza dagli insegnanti, ma riguarderebbe l'intero territorio nazionale, dato che la norma prevede comunque l'assegnazione d'ufficio in una cattedra disponibile;
i docenti interessati potrebbero essere destinati a materie diverse dalla disciplina prescelta, qualora dispongano di titolo di studio o abilitazione, o al sostegno, ammesso che dispongano della specializzazione richiesta;
in aggiunta a tali problematiche, si evidenzia che docenti interessati a verificare online il proprio curriculum, non avrebbero trovato riscontro nel sito del Ministero, che non lo renderebbe presente nelle liste di titolarità;
appare del tutto evidente che questa situazione è del tutto incompatibile con la minima efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa, oltre che esemplare dei problemi determinati da una riforma, a giudizio dell'interrogante, ideologica e disancorata dalla realtà –:
se sia a conoscenza della problematica descritta, che nella sola Emilia Romagna riguarderebbe 74 docenti neo assunti e quale sia il numero dei casi verificatisi a livello nazionale;
come intenda intervenire d'urgenza per garantire ai docenti interessati il diritto di svolgere il proprio lavoro.
(4-14082)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'intervento in legge di stabilità per il 2016 in favore della cosiddetta «opzione donna» ha creato un'evidente disparità di trattamento per le nate nel 1957-1958, escludendo dalla possibilità di esercitare l'opzione le nate nell'ultimo trimestre;
nonostante, infatti, la legge di stabilità 2016 abbia superato le criticità emerse con l'interpretazione restrittiva dell'Inps sulla maturazione dei requisiti per l'esercizio dell'opzione, ristabilendo al 31 dicembre 2015 il termine ultimo per maturare i requisiti richiesti dalla legge Maroni n. 243 del 2004, sono rimaste fuori dal regime sperimentale le donne 4T'57/’58 a causa dell'incremento dei 3 mesi dell'aspettativa di vita;
una speranza per loro è rappresentata dal cosiddetto «contatore» (articolo 1, comma 281 della legge n. 208 del 2015), in virtù del quale, monitorando le domande, si possono reimpiegare gli eventuali fondi risparmiati;
dal predetto contatore, infatti, dipendono anche le sorti delle lavoratrici che chiedono al proroga al 2018 della sperimentazione del regime di accesso con almeno 35 anni di contributi e 57 di età ed il calcolo interamente contributivo –:
a quanto ammontino le risorse del cosiddetto «contatore» e se sia negli intenti del Governo confermare la loro destinazione all'estensione del regime sperimentale «opzione donna» introdotto dalla legge Maroni del 2004, ovvero il Governo, con l'espressione «di iniziative analoghe» contenuta nella disposizione di riferimento citata in premessa, intenda destinare i risparmi ad altre misure e, in tal caso, a quali. (5-09428)
SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Interrogazione a risposta scritta:
CARRESCIA. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
nel novembre del 2011 è stato pubblicato il bando di concorso pubblico per 400 Allievi Vice Ispettori del Corpo forestale dello Stato, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 94 del 29 novembre 2011;
nei novembre del 2012 è stata espletata la prova preselettiva di cultura generale, alla quale hanno partecipato oltre 32.000 candidati; nell'aprile del 2013 è stata effettuata la prova scritta, portata a conclusione dai 2.500 candidati risultati idonei alla precedente prova preliminare; nei mesi di ottobre novembre 2013, presso la Direzione centrale di sanità e presso il centro psico-tecnico della Polizia di Stato di Roma, sono stati espletati gli accertamenti medici ed attitudinali che hanno coinvolto circa 1.900 candidati. Da gennaio a giugno 2014 oltre 1.500 candidati hanno, infine, sostenuto la prova orale. Le materie oggetto di esame hanno riguardato tanto argomenti di natura giuridica (diritto penale, diritto processuale penale e di polizia giudiziaria, diritto amministrativo e costituzionale, diritto comunitario, diritto ambientale e forestale) quanto di natura tecnico-scientifica (tra cui biologia, chimica, fisica, topografia, difesa del suolo, cartografia, geografia, selvicoltura, dendrometria, oltre a informatica e lingua inglese);
dalla graduatoria finale di merito, pubblicata in data 24 luglio 2014, sono risultati idonei 1.047 aspiranti, dei quali 829 esterni e 218 interni;
è stato, inoltre, deliberato un aumento dei posti a concorso da 400 a 481, di cui 161 riservati al personale interno e fissato per il giorno 20 novembre 2014 l'inizio del corso di formazione e addestramento della durata di mesi quindici, il quale si è concluso con il formale giuramento dell'8 marzo 2016 presso la Scuola di Cittaducale;
il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il decreto attuativo dell'articolo 8 della legge 7 agosto 2015, n. 124 recante «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche che prevede l'assorbimento del Corpo Forestale dello Stato in altre forze di polizia e, di fatto, fa soppressione dell'amministrazione titolare della graduatoria in questione;
la legge n. 161 del 2016 recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 giugno 2016, n. 117, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative in materia di processo amministrativo telematico» prevede l'assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato di un contingente massimo di 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'amministrazione giudiziaria, mediante lo scorrimento di graduatorie in corso di validità alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 117 del 2016;
la legge riconosce ad ogni singola amministrazione le facoltà di utilizzare le graduatorie relative ai concorsi approvate da altre amministrazioni per profili analoghi o equivalenti, ai sensi dell'articolo 3, comma 61, della legge n. 350 del 2003, nonché ai sensi dell'articolo 4, comma 3-ter, del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 125 del 2013;
tale facoltà è stata espressamente confermata dal Governo, in risposta ad alcune recenti interrogazioni parlamentari: in particolare, a seguito dell'interrogazione a risposta in Commissione (Agricoltura) n. 5-06221, presentata dagli Onorevoli Cenni e altri (seduta n. 472 del 30 luglio 2015) al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Sottosegretario MiPAAF on. Castiglione ha risposto che: «[...] per quanto concerne la possibilità di utilizzare le graduatorie concorsuali approvate da altri Ministeri preciso che, in attesa dell'emanazione del Regolamento di cui all'articolo 9 della legge n. 3 del 2003, le Amministrazioni pubbliche possono effettuare assunzioni anche utilizzando le graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre Amministrazioni, previo accordo tra le stesse. L'utilizzo di graduatorie di altre Amministrazioni rientra sicuramente tra le facoltà, previa verifica della coerenza, anche in termini di equivalenza, tra il profilo professionale da assumere e quello oggetto della procedura selettiva espletata da altra Amministrazione»; ad analoga interrogazione (n. 3-01439, presentata dalla senatrice Pezzopane e altri), in data 8/10/2015 (IX Commissione, 142o seduta), il vice Ministro MiPAAF, Olivero, aveva risposto che «per quanto concerne la possibilità di utilizzare le graduatorie concorsuali approvate da altri Ministeri, in attesa dell'emanazione del regolamento di cui all'articolo 9 della legge n. 3 del 2003, le amministrazioni pubbliche, in linea con le limitazioni ivi previste, possono effettuare assunzioni anche utilizzando le graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni, previo accordo tra le stesse». Il Vice Ministro, inoltre, aveva fatto presente che «la giurisprudenza amministrativa e contabile è concorde nel ritenere che le amministrazioni pubbliche possano reclutare le risorse umane attraverso l'utilizzo di graduatorie vigenti approvate da altre amministrazioni, con un accordo che può avvenire anche ex post rispetto al momento dell'indizione della procedura concorsuale o della formale approvazione della graduatoria. La condizione necessaria è che tale accordo intervenga prima dell'utilizzazione della graduatoria medesima»;
senza lo scorrimento della graduatoria in esame, posto che l'approvazione della Riforma Madia, sopprime il Corpo forestale dello Stato, comporta un alto rischio che essa possa rimanere inutilizzata per il fatto che la stessa cesserà di avere efficacia nel luglio del 2017 –:
se i Ministri interrogati intendano utilizzare per la copertura dei 1.000 posti del personale di cancelleria degli uffici giudiziari previsti dal decreto-legge n. 117 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 161 del 2016 anche la graduatoria relativa al bando di Concorso pubblico per 400 Allievi Vice Ispettori del Corpo forestale dello Stato, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 94 del 29 novembre 2011. (4-14081)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta scritta:
CAPARINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
nella risposta all'interrogazione n. 5-04589 (ex 4-05713) il Governo si era impegnato a interloquire con Enel al fine di rivedere le scelte strategiche per mantenere attivo il presidio della zona di Breno e di tutte le attività ad esso connesse, compresi gli attuali livelli occupazionali, a garanzia della sicurezza del sistema elettrico della Valle Camonica e dell'offerta di un servizio qualificato ed efficiente ai cittadini;
Enel Distribuzione, come risulta anche dalla risposta del Governo all'interrogazione sopra richiamata, comunicava che la sede di Breno non verrà chiusa e il «presidio del territorio verrà garantito da 20 operai, presenti nelle sedi di Breno ed Edolo, e da 20 impiegati (in linea con i numeri del 2013) attualmente presenti in Valcamonica. Il processo di riorganizzazione non comporta tagli al personale e non avrà ripercussioni sulla qualità del servizio»;
in merito all'accorpamento fra le Zone di Brescia e Breno comunicato il 4 luglio 2014 alle segreterie nazionali di CGIL e CISL e a quelle del settore elettrico Enel precisava che la «gestione integrata in ambito provinciale (formalizzando una situazione già in atto da alcuni anni), coerentemente con i criteri applicati a livello nazionale, e con dimensioni della nuova Zona aggregata è in linea con quelle di altre già presenti» Infine, Enel distribuzione ricordava le 19 assunzioni effettuata dall'inizio dell'anno nel bresciano e conferma che in valle rimarranno attivi tutti gli uffici di assistenza alla clientela;
come ben specificato nell'interrogazione n. 4-05713 con lo spostamento della direzione di Enel da Breno a Brescia le organizzazioni sindacali FILCTEM CGIL e FLAEI CISL, a ragione, paventavano il rischio che sarebbe venuto a mancare il rapporto diretto tra la società ed il territorio, a danno dei lavoratori e del cittadino utente in quanto la totalità delle attività specialistiche sarebbero progressivamente migrate verso Brescia lasciando in Valle Camonica esclusivamente quelle meramente operative, col relativo declassamento a ruolo marginale di Breno;
è giusto ribadire che la Valle Camonica abbraccia un territorio vasto e complesso ed è di palmare evidenza che l'eliminazione del punto Enel di Breno, oltre a contraddire le dichiarazioni di Enel distribuzione fatte solo pochi mesi fa, acuisce la già difficile situazione andando a colpire strutture assolutamente efficienti che hanno acquisito negli anni grande esperienza e professionalità. Ne è prova il fatto che il Punto di Breno serve un gran numero di pratiche sia per il mercato libero che per quello vincolato e l'importanza di questo sportello è testimoniato dagli accessi che si registrano giornalmente oltre che dalle lunghe code. Si sta parlando di utenti che tutt'oggi non trovano risposte adeguate dai call center o negli altri canali di vendita dei servizi e che vedono nel punto Enel l'unica soluzione ai loro problemi;
l'adozione di politiche di privatizzazione prima, e quelle di esasperata razionalizzazione delle risorse dopo, non riconoscono alla Valle Camonica il ruolo di primo piano che si merita, sia in termini di contributo al bilancio energetico nazionale, sia per l'impatto ambientale che è costretta a sopportare a discapito di altri modelli di sviluppo. Le decisioni di questi decenni hanno avuto disastrose ripercussioni sui livelli occupazionali, sugli investimenti nella sicurezza degli impianti, sulla gestione del territorio e, non da ultimo, sulla qualità del servizio offerto;
è necessario che vengano adottate tutte le misure opportune per gestire in sicurezza un complesso sistema, composto da una varietà di impianti di generazione idroelettrica, da numerose opere idrocivili e soprattutto da una rete di linee elettriche che presentano difficoltà di gestione, sia dal punto di vista tecnico sia orografico del territorio tipico delle vallate alpine;
l'interrogante coglie l'occasione per ribadire che il sistema elettrico della Valle Camonica è fondamentale per l'assetto energetico del Paese, ed in particolare, del territorio; esso necessita della presenza continua e costante di personale qualificato per garantire ai cittadini un buon presidio territoriale che ricomprenda anche la direzione di Enel distribuzione rete di Breno –:
se il Ministro interrogato intenda intervenire, per quanto di competenza, affinché Enel mantenga attivo il Punto Breno e tutte le attività ad esso connesse tutelando i lavoratori anche a garanzia di un servizio qualificato ed efficiente ai cittadini. (4-14083)
Apposizione di firme ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta in Commissione Brescia n. 5-09416, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 agosto 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Vacca, D'Ambrosio, Simone Valente.
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
D'AMBROSIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
«Canne della Battaglia» è un sito archeologico situato a metà strada tra la città di Barletta e Canosa di Puglia (BT). Canne della Battaglia è stato il luogo di uno dei numerosi scontri tra romani e cartaginesi, probabilmente il più celebre scontro avvenuto fra i due popoli, di cui ancora si narra in ogni scuola dell'obbligo, è infatti una storia ancora oggi ben ricordata e studiata sui libri di scuola. Il sito, quindi, ha un valore storico, artistico e culturale non comune, che attrae un notevole flusso turistico;
nel decreto ministeriale del 23 dicembre 2014, finalizzato alla riforma museale dello Stato, questo sito archeologico è stato escluso dall'elenco pugliese degli istituti, luoghi e immobili dei poli museali;
a seguito di una missiva del Sindaco di Barletta Pasquale Cascella, del gennaio 2015 indirizzata al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro ha specificato che l'elenco inserito nel decreto sarebbe solo un «primo elenco» che ha lasciato sospese diverse aree archeologiche del paese dove sarebbero previsti scavi archeologici. Nella stessa missiva, si comunicava che l'elenco sarebbe dovuto essere integrato, tenendo conto dell'esito della ricognizione ancora in atto dei programmi delle rispettive Sopraintendenze, in modo da risolvere le problematiche riguardanti il rapporto tra gli interventi archeologici e le strutture museali collocate all'interno delle stesse aree;
nella stessa missiva si confermava l'impegno a considerare le specifiche questioni di Canne della Battaglia, anche in relazione al programma di valorizzazione dell'insieme delle aree archeologiche del paese –:
quali siano le iniziative intraprese in ordine alla questione descritta in premessa;
se e quali integrazioni si intendono apportare all'elenco di cui al decreto ministeriale 23 dicembre 2014. (4-10405)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, nel quale l'interrogante, con riferimento all'Antiquarium e al Parco archeologico di Canne della Battaglia (nel comune di Barletta), chiede se si intende integrare l'allegato 3, Primo elenco di istituti e luoghi della cultura e altri immobili e/o complessi assegnati ai Poli museali regionali di cui all'articolo 34 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 agosto 2014, n. 171, del decreto ministeriale 23 dicembre 2014, Organizzazione e funzionamento dei musei statali.
Con il citato decreto ministeriale 23 dicembre 2014 è stata data attuazione alla riforma del sistema museale, secondo le indicazioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 agosto 2014, n. 171, Regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e degli uffici di diretta collaborazione del Ministro e dell'Organismo indipendente di valutazione della performance.
Allo scopo di rilanciare e valorizzare il patrimonio e l'attività dei musei italiani, la riforma riconosce il museo, precedentemente ufficio della soprintendenza, come istituto dotato di una propria identità, di un proprio bilancio e di un proprio statuto.
Nell'ambito della strategia complessiva della riforma sono stati identificati alcuni musei di rilevante interesse nazionale, dotati di autonomia speciale, con alla guida direttori selezionati, con una procedura di rilievo internazionale, tra i massimi esperti in materia di gestione museale.
Sono stati, inoltre, istituiti diciassette poli museali regionali – ad eccezione delle regioni a statuto speciale Valle d'Aosta, Trentino Alto Adige e Sicilia – che gestiscono e coordinano musei, aree e parchi archeologici e monumenti statali sul territorio.
La regia di questa nuova organizzazione è stata affidata alla direzione generale musei che ha il compito di indirizzare, coordinare, diramare linee guida e sovrintendere al corretto avvio, allo sviluppo e alla realizzazione del sistema museale nazionale, al fine di favorire un dialogo continuo fra le diverse realtà museali pubbliche e private del territorio per dar vita a un'offerta integrata al pubblico.
Con il richiamato decreto ministeriale del 23 dicembre 2014 si è provveduto a definire l'organizzazione e il funzionamento degli istituti e musei di rilevante interesse nazionale nonché ad assegnare ai poli museali regionali gli istituti e luoghi della cultura e/o immobili e complessi di pertinenza.
In questo decreto, il sito archeologico di Canne della Battaglia, nel comune di Barletta, non era stato ricompreso tra gli istituti e luoghi di pertinenza del polo museale regionale della Puglia.
Come anche ricordato nelle premesse, il decreto ministeriale ha effettuato solo una «prima» assegnazione, in quanto, come specifica l'articolo 16 del medesimo provvedimento, potranno essere individuati e assegnati a poli museali regionali, con uno o più decreti successivi, ulteriori istituti e luoghi della cultura, immobili e/o complessi.
In linea generale, la situazione delineata dal decreto ministeriale 23 dicembre 2014 per ciascun polo museale regionale ha carattere transitorio e, comunque, per quanto attiene in particolare ai complessi archeologici, non discende da un giudizio di merito sulla rilevanza dei luoghi ricompresi o non, quanto piuttosto da una specifica attenzione verso questa particolare tipologia di beni, per i quali, potendo essere posti in essere interventi di scavo e di ricerca, si impone una più approfondita valutazione del giusto rapporto di equilibrio tra le istanze dettate dalla conoscenza e quelle determinate dalla fruizione.
Infatti, con successivo decreto ministeriale 23 gennaio 2016, Modifiche al decreto 23 dicembre 2016, recante «Organizzazione e funzionamento dei musei statali», sono stati individuati e assegnati ai poli museali regionali ulteriori aree e parchi archeologici. Al polo museale della Puglia, in particolare, è stato assegnato anche il complesso di beni denominato «Antiquarium e zona archeologica di Canne della Battaglia (Barletta)», così come auspicato dall'interrogante.
La ricchezza e la varietà del patrimonio culturale e ambientale pugliesi sono ben presenti nell'attenzione del Ministero, anche a livello degli organismi centrali; in virtù di tale consapevolezza, e considerati gli ottimi rapporti interi-istituzionali, è stato siglato uno specifico accordo di valorizzazione con la regione Puglia, ai sensi dell'articolo 112 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Sulla base di tale accordo la direzione generale musei ha avviato contatti con la regione Puglia per procedere con la «sperimentazione di un sistema museale integrato», prevista dal tavolo permanente per la cultura e il turismo costituitosi ai sensi del protocollo d'intesa sottoscritto tra il Ministero e l'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) il 24 luglio 2014 «per la individuazione di azioni comuni volte a migliorare la valorizzazione del patrimonio culturale delle città d'arte».
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Antimo Cesaro.
FASSINA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la rilevanza storico-paesaggistica della località Fosso delle Tre Fontane, in zona Grottaperfetta (Roma), è attestata da una serie di vincoli paesaggistici assegnati negli anni da varie autorità, sia nazionali sia regionali;
il programma urbanistico Grottaperfetta – a seguito di una serie di vicissitudini autorizzatorie – ha visto l'assegnazione di un'esorbitante volumetria edificatoria, sia in verticale che in orizzontale, che sta distruggendo con modalità di dubbia legittimità ogni vincolo esistente e che mette quindi a repentaglio la stessa esistenza del Fosso delle Tre Fontane, degli antichi Casali e dei resti archeologici presenti in quell'area;
in particolare, il Consorzio dei costruttori, per lo sfruttamento completo dell'area, sta distruggendo pressoché completamente il tratto di alveo del Fosso interessato dal programma urbanistico, interrandolo e devastando contemporaneamente la sua vegetazione ripariale, come testimoniato dalle verifiche compiute dagli organi preposti;
il municipio Roma VIII, a seguito di numerosi esposti da parte di comitati, di cittadini e di associazioni ambientaliste, si è attivato per l'esecuzione dei sopralluoghi di competenza nell'area di cantiere, accertando una serie di irregolarità la cui gravità ha determinato la necessità di disporre, da parte dello stesso municipio competente territorialmente, l'emissione dei provvedimenti amministrativi di immediata sospensione dei lavori e del ripristino dello stato dei luoghi, mentre la polizia locale operante con funzioni di polizia giudiziaria provvedeva al sequestro probatorio delle aree interessate dall'alveo del Fosso, oggetto della distruzione in corso da parte del Consorzio di costruttori;
nel corso degli anni è emerso un lungo contenzioso amministrativo che ha visto da un lato i cittadini e il municipio VIII a difesa del rispetto dei vincoli storico-paesaggistici, di assoluto rilievo nazionale, e dall'altro i costruttori e alcune amministrazioni intenzionate a proseguire nel percorso di distruzione del territorio in questione –:
se il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, non intenda valutare la sussistenza di presupposti per avviare iniziative volte a ribadire la persistenza del vincolo storico-paesaggistico relativo al Fosso delle Tre Fontane e a garantirne il rispetto. (4-11716)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo, in esame con il quale l'interrogante, premesso che la località Fosso delle Tre Fontane, in zona Grottaperfetta (Roma), ha una rilevanza storico-paesaggistica attestata da una serie di vincoli paesaggistici e che il programma urbanistico Grottaperfetta «160» con la sua volumetria edificatoria sta mettendo a repentaglio la stessa esistenza del Fosso delle Tre Fontane, degli antichi casali e dei resti archeologici presenti in quell'area, chiede se il Ministero, nell'ambito delle proprie competenze, non intenda valutare la sussistenza di presupposti per avviare iniziative volte a ribadire la persistenza del vincolo storico-paesaggistico relativo all'area e a garantirne il rispetto.
A tal proposito si rappresenta quanto segue, con elementi acquisiti dalle sedi periferiche competenti per territorio.
La regione Lazio, con deliberazione n. 215/2014 (BUR n. 46 del 10 giugno 2014 Supplemento n. 1), a correzione della graficizzazione riportata sulla tav. B del PTPR, ha ridotto l'estensione (in senso lineare) del vincolo paesaggistico ex lege (articolo 142, comma 1, lettera c) del decreto legislativo 42 del 2004) gravante sul fosso in questione, in quanto ritenuto eccedente il limite di pubblicità per come riportato nell'elenco delle acque pubbliche di cui alla Gazzetta Ufficiale n. 146 del 22 giugno 1910.
L'area in cui ricade il tratto del fosso in questione è interessata dalla realizzazione di un vasto e intensivo intervento urbanistico-edilizio (programma urbanistico Grottaperfetta —A.T.0.I60).
Con nota del 16 aprile 2015, indirizzata al segretariato regionale per il Lazio, la soprintendenza paesaggistica competente per materia ha proposto l'emanazione di un provvedimento di conferma della rilevanza paesaggistica del tratto del corso d'acqua in questione.
Nella seduta del 14 luglio 2015, la commissione regionale per il patrimonio culturale del Lazio, sulla base di relazione prodotta dalla suddetta soprintendenza, ha approvato all'unanimità l'avvio del procedimento finalizzato alla emanazione del provvedimento di cui al punto precedente.
Successivamente, la soprintendenza ha ritenuto opportuno di non procedere all'avvio del procedimento di emanazione del provvedimento di cui sopra nelle more delle verifiche disposte dal TAR del Lazio con ordinanza 11066 del 2 settembre 2015 (sul ricorso n. 8179 del 2014 per l'annullamento del provvedimento municipale di immediata rimozione dei reintegri e riempimenti effettuati lungo il fronte di Via Ballarin per la realizzazione del programma urbanistico prima citato), nella quale il giudice amministrativo, ritenendo necessario acquisire «documentati elementi istruttori in ordine alla sussistenza o meno del fosso» nel tratto interessato dai provvedimenti oggetto di impugnativa, ha disposto l'accertamento in tal senso da parte del responsabile del genio militare o di un funzionario suo sottoposto.
Di recente lo stesso TAR, con ordinanza 372/2016 del 27 gennaio 2016 rinvenendo il sussistere del fumus boni iuris, ha accolto l'istanza di sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato sulla base delle conclusioni cui è pervenuto il tecnico designato dal Ministero della difesa quale CTU, secondo le quali «nel tratto interessato dai provvedimenti la traccia del fosso non esiste».
Tale recente perizia tecnica si inscrive peraltro in una lunga querelle che ha visto il susseguirsi di valutazioni e vari pronunciamenti da parte di più soggetti circa il sussistere o meno del fosso nel tratto in questione e circa le sue caratteristiche, non univoci e talora denotati da aspetti di non completa chiarezza o di piena coerenza argomentativa.
Alla luce del pronunciamento del tecnico designato dal Ministero della difesa, e stanti più in generale gli aspetti di complessità della questione cui si è appena fatto cenno, la soprintendenza, con nota del 1o marzo 2016, ha richiesto al segretariato regionale del Ministero una rivalutazione congiunta della questione medesima, anche con riconvocazione della commissione regionale.
Per quanto di competenza della soprintendenza archeologica, con nota del marzo 2016 essa ha comunicato che, premessa la condivisione in merito alle preoccupazioni inerenti al carico di traffico e all'inquinamento ambientale in una zona di particolare pregio naturalistico (considerazioni già rappresentate dalla soprintendenza prima della conclusione del procedimento autorizzatorio del progetto edilizio), l'area in oggetto non era interessata all'epoca da vincoli archeologici e paesaggistici.
A seguito dell'approvazione da parte del comune di Roma del progetto edificatorio, la soprintendenza archeologica, pur avendo subito fatto presente che l'entità degli edifici e la loro altezza apparivano eccessivi in relazione all'assetto generale della zona, aveva prescritto, per quanto di competenza, scavi archeologici preventivi sia alla zona di Via di Grotta Perfetta, che ricalca un tracciato antico, che all'area di Tor Marancia, per la quale si è riusciti a garantirne la salvaguardia, grazie all'apposizione del vincolo Legge 431 del 1985, articolo 1, lettera m).
Tali scavi sono stati condotti su tutta l'area interessata dal progetto, con impegno economico da parte del consorzio Grottaperfetta, con la costante assistenza della soprintendenza e di archeologi, specialistici, rilevatori, che hanno seguito quotidianamente tutte le attività degli scavi stessi, documentando i ritrovamenti e realizzando una banca dati di elevato livello qualitativo.
All'interno del comprensorio era stata prevista la realizzazione di un'area civica (per la pubblica fruizione) per la quale la suddetta soprintendenza aveva già richiesto e ottenuto che venissero esposti i materiali ritrovati, le planimetrie e le ricostruzioni di tutta l'area archeologica.
Si fa inoltre presente che nella zona interessata da tombe a fossa si è proceduto, secondo le corrette modalità della ricerca archeologica, allo scavo integrale delle stesse, al recupero del materiale, ove esistente, allo studio antropologico degli scheletri; dopo queste operazioni, essendo stato indagato, documentato e asportato quanto di interesse archeologico, l'area ha potuto essere considerata svincolata, non conservando più elementi di interesse.
Per quanto riguarda le strutture archeologiche rinvenute (strada, villa rustica) la soprintendenza ha prescritto che non vi fosse alcuna interferenza con gli edifici da realizzare; di tali strutture si è curato il restauro e la necessaria protezione tramite reinterro, che al momento era apparsa la soluzione di massima garanzia per la conservazione dei resti, a fronte di evidenti difficoltà del mantenimento a vista dei manufatti e della loro fruizione pubblica, per le notevoli differenze di quota rispetto al permesso di costruire.
Pertanto, a prescindere dal progetto di edificazione, il compito della soprintendenza archeologica è stato l'esecuzione di indagini archeologiche esaustive, la protezione e conservazione delle strutture rinvenute, al fine della tutela, salvaguardia e conservazione dei resti archeologici.
Per quanto sopra esposto, la soprintendenza, al fine di migliorare la conservazione di quanto rinvenuto, ha proposto a suo tempo la dichiarazione di interesse culturale, ai sensi dell'articolo 10, comma 3, lettera a) (cosiddetto vincolo diretto) del decreto legislativo 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), inoltrata all'allora direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio, che, accolta la proposta della scrivente, ha dichiarato l'immissione dei reperti archeologici su citati fra i beni del demanio statale in data 4 ottobre 2013, visto il riconosciuto interesse culturale.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Antimo Cesaro.
PELLEGRINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
il «Blocco 21» di Auschwitz ospita dal 1980 il Memoriale italiano, opera concepita per conto dell'Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti (ANED) dallo Studio Bbpr, cui hanno concorso Lodovico Belgiojoso, Luigi Nono, Pupino Samonà, Primo Levi, di proprietà della stessa Aned;
il Memoriale è stato voluto e realizzato dall'Associazione nazionale ex-deportati per far sentire in Auschwitz la voce della deportazione italiana nel suo intreccio di storie diverse;
il Memoriale italiano è una delle più importanti opere d'arte italiana del Novecento, il cui valore artistico, educativo e di testimonianza diretta, è riconosciuto, fra gli altri, dall'Accademia di Brera, ed è stato realizzato contestualmente alla dichiarazione di Auschwitz sito Unesco 1979, ne fa parte integrante e, pertanto, è patrimonio mondiale dell'umanità;
il Memoriale ricorda e celebra tutti gli italiani, donne e uomini ebrei, rom, omosessuali, dissidenti politici, deportati nei campi di concentramento nazisti, fra i quali gli stessi autori dell'opera d'arte; strappare il Memoriale dal suo contesto naturale, il campo di sterminio di Auschwitz, per trasferirlo altrove coincide con la distruzione dell'opera e del suo significato;
il suo progetto è frutto della collaborazione di alcuni tra i grandi nomi della cultura italiana del ’900. Lodovico Belgiojoso (con lo studio BBPR) ha curato la progettazione architettonica. Primo Levi è stato incaricato di «dare voce all'opera» e ha redatto il testo che doveva servire sia per guidare Pupino Samonà nella realizzazione della parte figurativa sia per accompagnare il visitatore lungo il percorso del Memorial. Nelo Risi ha avuto un ruolo di coordinamento e di regia, sia suggerendo il nome di Samonà, sia chiedendo a Luigi Nono l'uso del suo pezzo Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz, pezzo di cui il compositore ha ceduto all'opera l'utilizzo permanente. L'esecuzione del Memorial è stata opera della ditta Quattri, che vi lavorò tra la primavera del 1979 e l'inverno del 1979, sia a Milano che in Auschwitz;
per la realizzazione dell'opera è stata organizzata una raccolta fondi che ha coinvolto l'Italia intera, da molti comuni alla comunità ebraica, da singoli cittadini a imprese private, banche, associazioni. Locato italiano non è intervenuto direttamente nella progettazione dell'opera che non è nata come sua iniziativa, ma se ne è fatto garante fin da subito di fronte al Museo di Auschwitz. Elisabetta Ruffini direttrice dell'Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea, ricorda che Giulio Andreotti, al tempo Presidente del Consiglio, intervenne direttamente con le autorità polacche che, da sempre, hanno considerato i padiglioni nazionali espressione ufficiale degli Stati;
a quanto risulta all'interrogante, nel mese di dicembre 2015 il Memoriale è stato definitivamente prelevato dal Blocco 21 e destinato ad altro luogo;
l'ipotesi del rientro in Italia – allo stato attuale delle cose – trova conferma anche nella nota firmata dal responsabile stampa e comunicazione istituzionale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Stefano Verrecchia, pubblicata il 29 gennaio 2015 su La Repubblica (in risposta a un articolo del 27 gennaio 2015) in cui, da una parte, si chiarisce che «è la presenza nell'opera di richiami artistici al comunismo, oggi considerati fuori legge in Polonia, ad aver indotto la chiusura del Blocco 21» e, dall'altra, si precisa che «l'opera rientrerà in Italia ed è stata avviata la realizzazione di una nuova per il Blocco 21». Aggiungendo che «il Governo ha inserito nella legge di stabilità un milione di euro in favore del Fondo perpetuo per la conservazione della memoria storica di Auschwitz»;
la posizione del Governo polacco appare assolutamente contraria al diritto internazionale, alla normativa comunitaria che protegge i luoghi della memoria storica, e, più in generale, allo spirito europeo sui quali si fonda la stessa Unione europea, di cui la stessa Polonia fa parte ed è chiamata a rispettarne le leggi fondamentali;
la rimozione definitiva del Memoriale da Auschwitz comporta, secondo l'interrogante, una violazione dei diritti umani, del diritto internazionale, del diritto di proprietà intellettuale e della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo nonché una violazione della Convenzione internazionale per la salvaguardia del patrimonio culturale dell'UNESCO e un crimine di distruzione di beni culturali ed artistici –:
quali iniziative urgenti si intendano assumere affinché sia individuato, sulla base di una circostanziata ricognizione, un sito adeguato a valorizzare il significato storico e artistico del Memoriale, così da garantire che la scelta della nuova installazione assicuri quanto più possibile una fruizione fondata sulla piena comprensione storico-critica del Memoriale, fondamentale testimonianza artistica multidisciplinare e memoria storica della deportazione razziale e politica attuata dal nazi-fascismo in Europa e in Italia;
quali iniziative politico-diplomatiche o legali s'intendano assumere nei confronti del Governo polacco affinché venga rispettata la normativa comunitaria ed internazionale che tutela i luoghi storici della memoria. (4-11987)
Risposta. — Nell'interrogazione in esame indicata, con riferimento alla questione del memoriale italiano dei deportati nei campi di sterminio nazisti del museo di Auschwitz-Birkenau e definitivamente spostato dal Blocco 21, l'interrogante chiede di conoscere quali iniziative si intende assumere per individuare un sito adeguato a valorizzare il significato storico e artistico del memoriale nonché per assicurare la tutela dei luoghi storici della memoria.
La vicenda del memoriale italiano dei deportati nei campi di sterminio nazisti, esposto nel Blocco 21 del museo di Auschwitz-Birkenau, è stata già oggetto di numerosi atti parlamentari di controllo ispettivo.
Si richiamano, a riguardo, le comunicazioni del Governo rese nella risposta all'interrogazione 4-03864 del senatore Liuzzi, al question time nell'Aula della Camera, nella seduta dell'11 febbraio 2015, n. 375, e all'interrogazioni presentate alla Camera: la n. 4-07719, la cui risposta è stata pubblicata il 28 luglio 2015 (Sottosegretario per i beni e le attività culturali e il turismo Borletti Buitoni) e n. 4-07473, la cui risposta è stata pubblicata l'8 settembre 2015 (Sottosegretario per gli affari esteri e la cooperazione internazionale Della Vedova). In esse è esaurientemente delineata razione del Governo che ha, da sempre, ritenuto un dovere imprescindibile quello di garantire la conservazione della memoria della tragica pagina della storia italiana relativa alla persecuzione nazi-fascista e alle deportazioni nel campo di prigionia di Auschwitz.
Il padiglione italiano denominato Blocco 21 – di proprietà del museo di Auschwitz- Birkenau e formalmente affidato in uso all'ANED, che ne aveva definito e curato l'allestimento museale — fu inaugurato nel 1980.
A seguito del mutato contesto storico avviatosi all'inizio degli anni ’90, la direzione del museo di Auschwitz ha ritenuto, e più volte segnalato come, a suo giudizio, il memoriale non fosse rispondente ai nuovi indirizzi emanati dalla stessa direzione, concernenti le linee da seguire nell'allestimento degli spazi nazionali del museo stesso, a cui altri Paesi europei si sono da tempo conformati e per le quali le mostre debbono costituire un'integrazione della mostra generale, rappresentare le deportazioni da un determinato paese e il loro contesto, nonché avere un marcato carattere storico-narrativo e chiare finalità didattico-pedagogiche.
Al fine di individuare possibili soluzioni volte a conciliare il valore artistico del memoriale italiano con le suddette regole nel 2008, su incarico dell'ANED, l'Accademia di belle arti di Brera e l'Istituto bergamasco per la storia della resistenza e dell'età contemporanea elaborarono un progetto, denominato «Progetto Glossa», avente come obiettivo la conservazione integrale del memoriale attraverso un'opera di restauro e integrazione ostensiva del memoriale in grado di rispondere alle esigenze didattico-pedagogiche-documentali contemporanee. Sottoposto all'esame del Ministero, della Presidenza del Consiglio dei ministri, dell'Unione delle comunità ebraiche italiane (UCEI) e dell'ANED, il progetto non venne realizzato sia per le perplessità del presidente dell'ANED sia in quanto ritenuto, dalla direzione del museo di Auschwitz-Birkenau, non rispondente alle regole.
Il 30 dicembre 2010 la direzione del museo comunicò la disdetta dello spazio del Blocco 21 e contestualmente richiese all'ANED lo smantellamento dell'installazione italiana entro la fine di giugno 2011, assicurando altresì al Governo italiano la massima disponibilità per un nuovo allestimento in linea con le linee guida del museo.
Il memoriale non è in alcun modo modificabile nella sua originaria configurazione, concepita unitariamente dai suoi autori, e non poteva essere mantenuto nella sua collocazione, peraltro in uno stato di abbandono che rischiava di comprometterne gravemente l'integrità. Da parte della direzione del museo di Auschwitz e dallo stesso Governo polacco sono giunti reiterati richiami per procedere senza ulteriori indugi al trasferimento del memoriale – pena la sua rimozione da parte delle autorità museali – e al nuovo allestimento del Blocco 21 che, in assenza dell'adeguamento richiesto, non era più fruibile dai visitatori poiché chiuso su disposizione della direzione del museo, con conseguente degrado dell'opera.
In via di principio, la soluzione culturalmente più corretta sarebbe stata il restauro e la conservazione del memoriale nella sede per la quale fu concepito – come anche auspicato dal consiglio superiore di questo Ministero nella mozione approvata il 23 marzo 2012 – insieme ad una opportuna contestualizzazione storica e culturale, ma le autorità polacche si sono sempre felinamente opposte a ciò, giungendo da ultimo ad esigere una data per la rimozione del memoriale dal Blocco 21.
Negli anni si è svolta una complessa trattativa fra autorità polacche, Governo italiano e ANED, a conclusione della quale l'associazione, dando prova di moderazione e di realismo, si è piegata obtorto collo a questa richiesta, pur non condividendola, e si è detta disponibile a trasferire l'opera in Italia, così da lasciare spazio a un nuovo allestimento italiano nel Blocco 21 di Auschwitz. Pertanto l'ANED ha rivolto un appello al Governo, alle istituzioni e alle forze politiche e culturali, affinché concorressero a reperire le risorse e gli spazi necessari per una degna conclusione di una vicenda invero tormentata. L'ANED ha quindi chiesto al Governo di proporre, in tempi stretti, una soluzione concreta e praticabile e mettere a disposizione le risorse per realizzarla.
A seguito di una lunga e complessa istruttoria, condotta dalla Presidenza del Consiglio, con la collaborazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, e grazie alla disponibilità manifestata dal comune di Firenze e dalla regione Toscana, nonché dall'ANED stessa, è stato sottoscritto, il 20 maggio 2015, un protocollo di intesa fra comune, regione, ANED e Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ai sensi del quale, in sintesi, i sottoscrittori si sono impegnati, ciascuno negli ambiti di competenza propri, a restituire alla fruibilità ed alla memoria pubblica il memoriale, nella pluralità dei suoi significati storici, artistici e di memoria civile.
In particolare, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, grazie ai fondi messi a disposizione dalla Presidenza del Consiglio, si è impegnato a espletare le procedure per l'individuazione del soggetto cui saranno affidate le operazioni di documentazione, messa in sicurezza, smontaggio e trasporto del memoriale dalla collocazione attuale nel museo di Auschwitz a Firenze; a coordinare le operazioni di cui sopra attraverso l'istituto superiore per la conservazione ed il restauro (ISCR) e l'Opificio delle pietre dure di Firenze; ad avviare le procedure per la dichiarazione del memoriale quale opera di interesse culturale, ai sensi della normativa vigente in materia di diritto d'autore.
Il comune di Firenze si è obbligato a individuare e destinare uno spazio adeguato al temporaneo ricovero del memoriale per il tempo strettamente necessario alle operazioni di trasformazione dell'intero immobile denominato EX3 e alla funzionalizzazione della porzione destinata ad accogliere l'opera, nonché a curare la progettazione esecutiva e la realizzazione delle opere di trasformazione dell'immobile denominato EX3, che dovranno essere condivise con i sottoscrittori del protocollo, al fine di consentire il riallestimento del memoriale e ad assumere la direzione tecnica della realizzazione dei lavori.
L'ANED si è impegnata a consentire le operazioni di smontaggio, trasporto, restauro e deposito temporaneo del memoriale nello spazio individuato dal comune di Firenze e a stipulare un contratto di comodato d'uso gratuito con il comune di Firenze, proprietario dell'immobile che ospiterà il memoriale, al fine di garantire l'esposizione, in via permanente, nell'area indicata e la sua fruizione pubblica.
Il nuovo allestimento, ispirandosi alle esperienze museografiche internazionali più aggiornate, verrà corredato da un apparato storico-documentario che favorisca la più ampia fruibilità culturale, formativa e didattica e la comprensione storico-critica del memoriale, nel suo aspetto originario e documentale di testimonianza artistica multidisciplinare della deportazione razziale e politica nell'universo concentrazionario, nel quadro del totalitarismo nazi-fascista in Italia e in Europa.
La regione Toscana, in particolare, ha assunto l'impegno di riorientare le pluriennali politiche della memoria, aggregando intorno al memoriale le seguenti attività: ricerca, formazione, diffusione di conoscenze su leggi razziali, deportazioni, sterminio; costruzione di memoria civile sui meccanismi che hanno determinato la degenerazione del sistema democratico nel fascismo e nel totalitarismo nazi-fascista, da porre in relazione con la conoscenza delle discriminazioni, violenze, esclusioni ancora perpetrate nel Novecento ed oggi a danno di popoli, categorie, settori e persone.
Il comune di Firenze si è impegnato a garantire la fruizione pubblica del monumento nella sede individuata, secondo orari di apertura in linea con gli standard nazionali e con un adeguato servizio di sorveglianza.
Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo si è obbligato a esercitare attivamente, in coordinamento con l'associazione proprietaria e gli enti sottoscrittori dell'intesa, le proprie funzioni, ai fini della migliore tutela e valorizzazione del memoriale, in conformità ai princìpi del codice dei beni culturali e del paesaggio.
Un comitato tecnico-scientifico presidierà all'elaborazione del progetto scientifico-culturale della ricontestualizzazione del memoriale. Il comitato sarà composto dai rappresentanti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, della regione Toscana, del comune di Firenze, dell'ANED e da studiosi e personalità della cultura congiuntamente individuati.
Il 1o ottobre 2015 la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e l'istituto superiore per la conservazione e il restauro (ISCR) hanno sottoscritto una convenzione recante modalità e termini per il trasferimento in Italia del memoriale e per il suo riallestimento nella sede di Firenze, al fine di restituirlo alla fruibilità e alla memoria pubblica.
Per le operazioni di documentazione, messa in sicurezza, smontaggio, imballaggio, carico, trasporto e riallestimento a Firenze del memoriale è stata destinata la somma di euro 156.960,00, quota parte dello stanziamento, pari a euro 900.000,00, autorizzato una tantum dall'articolo 50, comma 7-bis, del decreto-legge n. 248 del 2007 (convertito con modificazioni dalla legge n. 31 del 2008) e assegnato al capitolo 232 del bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri, «Somme da destinare al restauro del Blocco n. 21 del campo di Auschwitz».
Le operazioni di smontaggio dell'allestimento, compiute da una ditta specializzata, sotto la sorveglianza di personale dell'ISCR di Roma e dell'Opificio delle pietre dure di Firenze, sono iniziate il 7 dicembre 2015 e si sono concluse nei tempi previsti dal crono-programma. Lo smontaggio ha evidenziato l'eccezionalità dimensionale – oltre che simbolica – dell'opera: una volta distese le ventuno tele dipinte dall'artista Pupino Samonà (esponente di primo piano della pittura del secondo Novecento in Italia e allievo di Giacomo Balla) presentano un lato lungo di circa 12,00 metri e un ingombro del lato breve di circa 2,60 metri, per un'estensione totale dell'opera che si aggira intorno ai 580 metri quadrati.
Lo svolgimento delle operazioni di smontaggio ha consentito ai tecnici del Ministero di effettuare una attenta e accurata ricognizione dell'opera, a seguito della quale si è potuto constatare che, in generale, lo stato di conservazione delle parti in vista della pittura è piuttosto soddisfacente; viceversa tutte le zone di sacrificio sono generalmente molto abrase lungo le piegature e presentano micro cadute diffuse della pellicola pittorica e gore di umidità, da mettere in relazione al lavaggio delle passerelle lignee centrali per le pulizie periodiche.
All'alba del 1o febbraio 2016 il memoriale è giunto a Firenze, nello spazio EX3 nel quartiere Gavinana. Nel pomeriggio, la conclusione di questa prima fase dell'operazione di recupero e valorizzazione del memoriale è stata presentata pubblicamente alla presenza del presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, del sindaco di Firenze, Dario Nardella e del sottosegretario del Ministero, Ilaria Borletti Buitoni. Tutto il materiale risulta, al momento, depositato in sicurezza negli spazi ad esso destinati all'interno del padiglione EX3.
La regione Toscana ha già avviato la procedura di costituzione del comitato tecnico-scientifico – già previsto dal protocollo di intesa del 20 maggio 2015 – che avrà il compito di elaborare il progetto culturale legato alla ricollocazione del memoriale e di impostare i lavori di rifunzionalizzazione del padiglione EX3. Questo Ministero ha designato il dirigente generale, architetto Carla Di Francesco e il direttore dell'Opificio delle pietre dure.
La citata convenzione del 1o ottobre 2015 prevede che, fatti salvi impedimenti non prevedibili, il memoriale sia riallestito entro il prossimo mese di settembre.
Circa le misure «per promuovere le visite al memoriale», questo Ministero opererà, nell'ambito delle sue competenze, in linea con gli impegni assunti nel protocollo del 20 maggio 2015, e in accordo con gli altri sottoscrittori.
Con riguardo al nuovo allestimento del Blocco 21 nel museo di Auschwitz, con decreto del 5 marzo 2015 (successivamente integrato da altro decreto del 13 ottobre 2015), il Presidente del Consiglio dei ministri ha istituito la «Commissione per il restauro del Blocco 21 del Museo di Auschwitz-Birkenau e per il nuovo allestimento del percorso espositivo italiano», con il compito di proporre al Presidente del Consiglio dei ministri un progetto completo e organico per il restauro del Blocco 21 del Museo di Auschwitz - Birkenau e per il nuovo allestimento del percorso espositivo italiano.
La commissione è presieduta dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Segretario del Consiglio dei ministri ed è composta da due rappresentanti per ciascuno, in rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dei beni e delle attività culturali e del turismo, dell'ANED, della Fondazione Memoria della deportazione, dell'Unione delle comunità ebraiche italiane (UCEI) e della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea (CDEC). Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha designato l'architetto Gisella Capponi, direttore dell'istituto superiore per la conservazione e il restauro, e il dottor Marco Ciatti, direttore dell'Opificio delle pietre dure.
Con il citato decreto del 13 ottobre 2015 si è provveduto anche alla nomina dei componenti della commissione che rimarrà in carica un anno, decorrente dalla data di entrata in vigore del decreto di nomina.
La commissione si è insediata in data 16 marzo scorso e ha eletto, nel suo ambito, il comitato tecnico scientifico, che si caratterizza per una composizione paritetica ed è composto da sei membri, di cui tre dell'associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti e della Fondazione memoria della deportazione e tre dell'Unione delle comunità ebraiche italiane e della Fondazione centro di documentazione ebraica contemporanea.
Il comitato sta procedendo speditamente nell'elaborazione del progetto per l'esposizione italiana ad Auschwitz, a partire dalla definizione dei suoi contenuti fino all'allestimento del nuovo percorso. La direzione del museo di Auschwitz-Birkenau è stata informata della costituzione e dell'avvio delle attività della commissione e del comitato.
Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha informato che, anche attraverso l'ambasciata a Varsavia, continua a seguire attentamente la vicenda, fornendo assistenza e sostegno alla commissione e all'ANED nei contatti con le autorità polacche e con la direzione del museo, in vista delle definizione del nuovo progetto e della sua realizzazione.
Lo stesso Ministero ha, infine, segnalato che per conservare l'intero complesso museale e lasciare alle future generazioni il simbolo del genocidio compiuto nel secolo scorso, la fondazione Auschwitz-Birkenau ha previsto la costituzione di un fondo perpetuo, che dovrebbe raggiungere i 120 milioni di euro. Gli interessi derivanti, pari a una cifra tra i 4 e i 5 milioni di euro annui, andrebbero a coprire i costi della conservazione, lasciando invariato l'ammontare del fondo. Nel febbraio del 2009 il Governo polacco ha chiesto un contributo finanziario per la copertura dei costi di conservazione del sito di Auschwitz-Birkenau, cui hanno già aderito numerosi Stati, oltre a enti e organizzazioni internazionali. Il Governo italiano, ai sensi della legge 23 dicembre 2014, n. 190, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015), ha disposto un versamento di un milione di euro a titolo di contributo volontario. L'Italia, partecipando al fondo perpetuo, è dunque ammessa a intervenire alle riunioni del comitato internazionale della fondazione Auschwitz- Birkenau.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Antimo Cesaro.
PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il sottoscritto interrogante il 4 gennaio 2010 ha presentato una proposta di legge denominata Paris (Piano attuativo, riequilibrio insulare Sardegna) nella quale si pone l'obiettivo del riequilibrio economico, infrastrutturale e sociale dell'isola con le regioni italiane ed europee;
nella proposta di legge è prevista una norma che recita:
«articolo 5 – ZONA FRANCA INTEGRALE
1) Al fine di recuperare gli effetti del divario insulare e le ripercussioni economiche e sociali rispetto alle altre regioni italiane ed europee il territorio della Regione Sardegna è posto fuori della linea doganale e costituisce zona franca;
2) Le modalità d'attuazione della zona franca saranno concordate con la Regione e stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con i Ministri dell'economia, dello sviluppo economico e il Presidente della regione Sardegna.
3) Sino all'entrata in vigore del regime di zona franca di cui al comma 1 previsto per il territorio della regione Sardegna è consentita la immissione in consumo finalizzato alla produzione in detto territorio per il fabbisogno locale di prodotti indicati da apposito decreto del Ministro dell'economia in esenzione dal dazio, dalle imposte erariali di fabbricazione ed erariali di consumo.
4) Tale norma ha una durata di anni dieci, prorogabili con analogo decreto;
tale norma si inquadra nell'attuazione dell'articolo 22 della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale che prevede la misurazione e la compensazione del divario insulare, sia sul piano economico che fiscale»;
il decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 75 «Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Sardegna concernenti l'istituzione di zone franche» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998 prevede:
«1. In attuazione dell'articolo 12 dello statuto speciale per la regione Sardegna approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, e successive modificazioni, sono istituite nella regione zone franche, secondo le disposizioni di cui ai regolamenti CEE n. 2913/1992 (Consiglio) e n. 2454/1993 (Commissione), nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax ed in altri porti ed aree industriali ad essi funzionalmente collegate o collegabili.
2. La delimitazione territoriale delle zone franche e la determinazione di ogni altra disposizione necessaria per la loro operatività viene effettuata, su proposta della regione, con separati decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.
3. In sede di prima applicazione la delimitazione territoriale del porto di Cagliari e quella di cui all'allegato dell'atto aggiuntivo in data 13 febbraio 1997, dell'accordo di programma dell'8 agosto 1995 sottoscritto con il Ministero dei trasporti».
la regione Sardegna con deliberazione N. 39/30 del 26 settembre 2013 ha previsto:
a) di proseguire e reiterare le azioni nei confronti dello Stato italiano affinché lo stesso formalizzi l'istanza all'Unione europea volta ad ottenere l'extradoganalità di tutto il territorio della Sardegna (zona franca integrale) conseguibile o con la modifica/integrazione del codice doganale europeo, aggiungendo la Sardegna agli altri territori extra-doganali individuati dallo Stato italiano, ovvero dando seguito a quanto previsto dal medesimo codice in materia di determinazione delle zone franche dove si stabilisce che «Gli Stati membri possono destinare talune parti del territorio doganale dell'Unione a zona franche per ogni zona franca, lo Stato membro stabilisce l'area interessata e i punti di entrata e di uscita»;
b) di proporre alla Presidenza del Consiglio dei ministri, interpretando estensivamente il decreto legislativo n. 75 del 1998, un'unica perimetrazione dell'intero territorio regionale quale coincidente con i confini naturali dell'isola e delle sue isole minori circostanti;
la regione ha chiesto all'Agenzia delle dogane e dei monopoli l'immediata attivazione della zona franca di Cagliari con gli adempimenti di competenza di cui all'articolo 3 del Reg. CE n. 2562/90 –:
se il Governo abbia formalmente avanzato la richiesta all'Unione europea per la modifica o integrazione del codice doganale europeo, aggiungendo la Sardegna agli altri territori extra doganali individuati dallo Stato italiano;
se la Presidenza del Consiglio abbia valutato la proposta della regione Sardegna di interpretare estensivamente il decreto legislativo n. 75 del 1998 con un'unica perimetrazione dell'intero territorio regionale quale coincidente con i confini naturali dell'isola e delle sue isole minori circostanti e se, in tal senso, abbia deliberato o intenda farlo e con quali tempi;
se l'Agenzia abbia dato riscontro alla richiesta della regione oppure quale sia l'intendimento della stessa;
se la norma proposta dal Governo per la modifica dell'articolo 10 dello statuto della regione Sardegna necessiti di norme di attuazione specifiche. (4-06649)
Risposta. — In merito al documento di sindacato ispettivo in esame, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
Con riferimento alla richiesta agli organismi comunitari per un'eventuale modifica del codice doganale comunitario, al fine di includere, tra i territori posti al di fuori della linea doganale comunitaria anche la regione Sardegna, si segnala che la normativa doganale è materia di esclusiva competenza dell'Unione europea e che l'individuazione del «territorio doganale della Comunità» è stabilita dal diritto comunitario.
In particolare, si evidenzia che l'articolo 4 del codice doganale dell'unione [di cui al regolamento (UE) n. 952/13 del Consiglio del 9 ottobre 2013], definisce tale territorio come l'insieme dei territori geografici dei singoli Stati membri fatta eccezione per specifiche e limitate parti di essi. Per quanto attiene al territorio della Repubblica italiana, l'articolo 4 citato prevede che lo stesso sia interamente incluso nel territorio doganale comunitario, fatta eccezione per il territorio dei comuni di Livigno e di Campione d'Italia e delle acque nazionali del lago di Lugano racchiuse fra la sponda ed il confine politico della zona situata fra Ponte Tresa e Porto Ceresio.
Pertanto, l'eventuale modifica del territorio doganale comunitario, nel senso prospettato dall'interrogante, potrebbe essere attuata esclusivamente attraverso la modifica dell'articolo 4 del suddetto codice doganale che deve avvenire mediante uno strumento normativo di pari rango (regolamento comunitario).
Quanto alla possibilità di interpretare estensivamente il contenuto del decreto legislativo n. 75 del 1998, si fa presente, in primo luogo, che, per quanto estensiva, l'interpretazione, come è noto, non può andare contro il significato della legge, e, quindi, nella fattispecie, non può costituire idonea base giuridica per legittimare la delimitazione di un territorio come zona franca.
In secondo luogo, va precisato che le zone franche di cui al decreto legislativo n. 75 del 1998 sono parti dei territorio doganale dell'Unione europea e sono soggette alla vigilanza da parte dell'autorità doganale ai sensi degli articoli 243 e seguenti del citato codice doganale dell'Unione [Regolamento (UE) n. 952/2013, citato].
In tal senso, appare evidente che un'eventuale estensione della zona franca a tutto il territorio regionale della Sardegna renderebbe impossibile assicurare una qualsiasi forma di controllo da parte dell'autorità doganale e quindi il rispetto della normativa dell'Unione europea.
Per quanto concerne, invece, il punto del documento di sindacato ispettivo riguardante la richiesta avanzata dalla regione Sardegna all'Agenzia delle dogane e dei monopoli per l'attivazione della zona franca di Cagliari, «con gli adempimenti di competenza di cui all'articolo 3 del reg. CE n. 2562/90», si precisa quanto segue.
Con il decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 75, sono state individuate per la regione autonoma della Sardegna le aree da adibire a zone franche doganali nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax ed in altri porti ed aree industriali ad essi funzionalmente collegate o collegabili. L'articolo 2 del medesimo decreto n. 75 del 1998 demanda a separati decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi su proposta della regione, la delimitazione territoriale delle zone franche e la determinazione di ogni altra disposizione necessaria per la loro operatività. Per la sola zona franca di Cagliari è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 giugno 2001 recante «Ulteriori disposizioni per l'operatività della zona franca di Cagliari» che ha individuato nella società consortile per azioni «Zona franca di Cagliari» l'ente gestore.
Tale società ha presentato soltanto in data 10 ottobre 2013 al competente ufficio territoriale delle dogane di Cagliari il piano operativo relativo all'attivazione della suddetta zona franca, tuttora rimasto inattuato. I presunti ritardi accumulati relativamente all'attivazione della zona franca di Cagliari non paiono quindi attribuibili all'amministrazione doganale, ma alla mancata messa in atto delle opere strutturali da parte dell'ente gestore ovvero dell'autorità portuale di Cagliari.
È, comunque, il caso di segnalare che il regolamento (CEE) n. 2562/90 è stato abrogato dal regolamento (CEE) n. 2454/93, anch'esso, peraltro, non più in vigore dopo le recenti modifiche alla complessiva disciplina doganale comunitaria.
In ordine, infine, alla necessità o meno di introdurre specifiche norme di attuazione relative alla «norma proposta dal Governo per la modifica dell'articolo 10 dello Statuto», non risulta del tutto chiara la richiesta formulata dall'interrogante.
Non risultando, allo stato, una proposta di modifica dell'articolo 10 dello Statuto, si può dedurre che nell'interrogazione si voglia far riferimento alla modifica del suddetto articolo avvenuta ad opera dell'articolo 1, comma 514, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, adottata a seguito degli accordi con la regione, a norma dell'articolo 54, quinto comma dello Statuto di autonomia.
In ogni caso, le vigenti disposizioni di cui all'articolo 10 non necessitano di specifica disciplina di attuazione, salve le misure già concordate con l'amministrazione finanziaria, quale, ad esempio, una apposita convenzione tra la regione e l'agenzia delle entrate per le modalità operative per la fruizione delle compensazioni ai sensi del decreto legislativo n. 241 del 1997.
La Sottosegretaria di Stato per l'economia e le finanze: Paola De Micheli.
SIMONETTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
più di una volta la direttrice dell'Archivio di Stato di Biella ha segnalato al, dicastero in indirizzo i problemi connessi al mancato completamento dei depositi della sede del medesimo; malgrado ciò nessuna risorsa è stato ancora assegnata;
il deposito sussidiario di via Triverio, oltre a problemi di sicurezza non è assolutamente idoneo alla conservazione di materiale archivistico e gli archivi lì sistemati, due terzi del totale tra cui tutto il materiale degli uffici periferici dello Stato, sono ormai al limite del deterioramento;
secondo alcuni a fronte di 39.000 euro annui di affitto, ma poi ci sono le manutenzioni e le utenze, non varrebbe la pena di spenderne 700.000 per ultimare almeno un piano, cosa che permetterebbe di rilasciare la locazione passiva, e tanto meno il doppio per ultimare tutto;
di contro c’è da chiedersi che senso abbia avuto, dal 1991(anno di inizio del cantiere) ad oggi, aver speso circa 2.500.000.000 di vecchie lire per la parte che stiamo utilizzando e, dopo anni di faticose richieste, aver realizzato con altri 1.200.000 euro la struttura in cemento armato di un bunker sotterraneo, per poi lasciare che tutto in abbandono, infatti se non verranno effettuate le opere di finitura e l'impiantistica, il bunker sarà allagato dalle piogge e dall'innalzamento della falda, ricettacolo di sporcizia, che già adesso ha cominciato a creare problemi al deposito ad esso adiacente;
per evitare disservizi, attualmente il personale (cinque unità in totale), si reca una volta a settimana, con mezzo proprio e su base volontaria, presso il deposito sussidiario a prelevare i mazzi prenotati dall'utenza e a ricollocare quelli restituiti. Si tratta però di una situazione anomala, non tollerabile ancora per molto: il fatto che chi lavora nell'archivio di Biella, a tutti i livelli, ci creda veramente non giustifica i rischi –:
quali siano le intenzioni del Ministro riguardo all'ultimazione della sede dell'Archivio di Stato di Biella, al fine di incominciare a programmare azioni di salvaguardia del patrimonio, ora collocato nel deposito sussidiario, considerato che la tutela della memoria storica di un territorio riguarda tutta la comunità e le istituzioni ad essa preposte se ne debbono fare carico. (4-10277)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, con il quale l'interrogante, premesso che l'archivio di Stato di Biella versa in una situazione di pesante difficoltà dovuta al mancato completamento dei lavori al deposito della sede del medesimo, e che il deposito sussidiario è ormai in stato di deterioramento e al limite della sua capienza, chiede di sapere se il Ministero sia intenzionato a ultimare i lavori della sede dell'archivio in modo da riunire la documentazione al momento suddivisa tra sede centrale e sussidiaria, così da salvaguardare la memoria storica del territorio.
A tale riguardo si comunica quanto segue.
La nuova sede dell'archivio di Stato di Biella è ubicata in un immobile concesso in comodato gratuito dal comune in data 19 aprile 1991.
Con nuova forma architettonica è stata ricostruita in superficie, sul sito di edifici demoliti negli anni sessanta, la palazzina che ospita gli spazi aperti al pubblico e gli uffici, mentre i depositi sono previsti su due piani interrati.
Negli anni ’90 è stato realizzato un primo lotto di lavori, che tuttavia non è stato sufficiente a contenere tutto il patrimonio conservato. Le ordinarie risorse di bilancio non hanno però consentito il completamento dei lavori.
Si è perciò dovuti ricorrere ad una sede sussidiaria, purtroppo collocata in zona periferica rispetto alla principale: un capannone industriale, anni ’50, dove sono stati collocati i due terzi degli archivi. Il piccolo alloggio annesso permette l'apertura della seconda sala di studio.
In tale sede sussidiaria sussistono tuttavia criticità di natura tecnico – ambientale: oltre risultare al limite dell'agibilità, essa presenta difatti pesanti infiltrazioni d'acqua che permangono, nonostante i lavori eseguiti al tetto dalla proprietà. A causa di tali infiltrazioni tutto il patrimonio archivistico presente nel deposito (6000 m circa di documenti), riguardante sia documenti di proprietà statale, che di enti, istituzioni e privati (affidati al Ministero) è effettivamente esposto ad un rischio di irrecuperabile deterioramento.
Allo stato attuale, al fine di risolvere le problematiche inerenti i depositi della sede dell'archivio e consentire il rilascio del deposito sussidiario, e con l'obiettivo di disporre di strutture idonee alla corretta conservazione dei documenti archivistici per le esigenze della tutela ed in funzione dei servizi richiesti dall'utenza, è stato proposto il finanziamento dell'intervento relativo al completamento dei depositi interrati adiacenti alla sede principale in comodato gratuito.
La richiesta di finanziamento è stata inserita nello schema di programmazione triennale 2016/2018 «fondo per la tutela del patrimonio culturale» di cui alla legge 190 del 2014 per un importo complessivo di euro 1.200.000 suddiviso sulle tre annualità di riferimento (euro 1.500.000 per il 2016, euro 500.000 per il 2017 e euro 200.000 per il 2018). Il finanziamento riguarda tre lotti funzionali per i quali è stata già approvata la progettazione definitiva.
Mediante tale finanziamento si provvederà dunque al completamento dei depositi interrati della sede dell'archivio di Stato. Il primo completamento di un piano permetterà il trasloco dei documenti dal deposito sussidiario.
L'obiettivo dei lavori è quindi quello di avere strutture idonee in grado di porre in sicurezza tutto il materiale archivistico, nonché a migliorare l'offerta di servizi adeguati alle richieste del territorio e aumentare la possibilità di fruizione e conoscenza dei documenti da parte di un'utenza sempre più ampia e non solo specialistica.
I lavori di completamento dei depositi sotterranei, in corso, dovrebbero, finalmente, mettere a disposizione lo spazio necessario per permettere di riunire il tutto in un unico luogo eliminando gli attuali disagi per l'utenza e il personale.
L'intervento di cui sopra è incluso nel piano nazionale di razionalizzazione del Ministero, di cui all'articolo 2, comma 222-quater, della legge n. 191 del 2009.
Tale piano di razionalizzazione è stato verificato dall'Agenzia del demanio e l'intervento relativo all'archivio di Stato di Biella è stato ritenuto attendibile con prevista realizzazione al 2018.
Posso infine comunicare che il finanziamento richiesto – come detto, 1,2 milioni di euro per il triennio 2016-2018 – è stato approvato, con il decreto ministeriale 28 gennaio 2016, registrato dalla Corte dei conti in data 16 febbraio 2016.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo: Antimo Cesaro.
ZACCAGNINI e SCOTTO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'agricoltura italiana è costituita prevalentemente da piccoli agricoltori tra i quali esiste una consistente quota di «figure miste», ossia soggetti che traggono il loro reddito da altra attività e integrano il proprio reddito con produzioni dirette all'autoconsumo, ma anche indirizzate a piccoli mercati locali;
si tratta di un patrimonio in termini di capitale sociale, umano e agricolo molto rilevante, che va salvaguardato, implementato e migliorato da un punto di vista della cornice giuridica. Si tratta, peraltro, di una realtà che serve a contrastare fenomeni quali il dissesto idrogeologico e l'abbandono delle terre;
tali specificità e compiti sono sostenuti anche nell'ambito della nuova politica agricola comune, individuando il piccolo agricoltore come un soggetto — cui è destinato il pagamento diretto del premio comunitario — di cui il legislatore nazionale si deve occupare attraverso strumenti di maggiore semplificazione anche a livello fiscale, in questo senso prevedendo regimi di esonero delle dichiarazioni Iva per quei piccoli produttori agricoli con redditi minimi;
al contrario, in Italia si verifica il caso, opposto, ovvero l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) pone un obbligo in capo ai piccoli agricoltori e alle figure miste in caso di richiesta di accesso alla riserva nazionale per ottenere il pagamento diretto; da parte dell'Agea è infatti richiesto di aprire la partita iva aggiungendo obblighi fiscali a soggetti che non ne dovrebbero esservi sottoposti in quanto per l'appunto, come per le figure miste, non redditualmente dipendenti dalle attività agricole –:
come si concili l'obbligo di aprire partita iva posto in capo ai piccoli agricoltori da parte dell'Agea, ai fini dell'accesso ai contributi agricoli gestiti dalla stessa Agea, con la normativa comunitaria, con particolare riferimento agli indirizzi di semplificazione in ambito fiscale posti dal legislatore europeo. (4-13932)
Risposta. — La tutela dei piccoli agricoltori è uno dei segni della nostra azione di Governo. Penso ad esempio all'eliminazione dell'imu agricola e all'azione di taglio di tasse che nel suo complesso vale oltre 600 milioni di euro. Sul fronte della semplificazione abbiamo sfruttato le possibilità previste per i piccoli agricoltori, tagliando burocrazia e consentendo loro di presentare domanda per i fondi europei una sola volta e non ogni anno come avveniva in precedenza.
Pur tenendo presenti le complessità della nuova politica agricola comune, che stanno portando la Commissione europea a concedere proroghe sui tempi e richiedono una profonda riflessione di medio termine, anche nell'individuazione dei criteri per la definizione di «agricoltore attivo» abbiamo tenuto in considerazione le esigenze dei piccoli agricoltori. Per poter accedere ai benefici, infatti, non è necessario dimostrare il possesso della partita IVA per gli agricoltori che hanno percepito aiuti diretti nell'anno precedente fino a 5000 euro (se ubicate principalmente in montagna) e, negli altri casi, fino a 1250 euro. In tale ambito, ricadono tutti coloro che hanno aderito al regime dei piccoli agricoltori, che coprono oltre il 50 per cento dei beneficiari PAC.
In ogni caso a prescindere dalla partita Iva sono classificati come «agricoltori in attività» tutti i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali.
Per quanto attiene invece l'accesso alla riserva nazionale, mediante la quale i nuovi agricoltori ottengono diritti all'aiuto a titolo gratuito, a prescindere dalla dimensione aziendale, va verificato il requisito di agricoltore in attività e il possesso di almeno un ettaro di superficie ammissibile.
Al riguardo evidenzio che, in mancanza di partita IVA attivata in campo agricolo prima del 1o agosto 2014, l'agricoltore può comunque dimostrare di possedere il requisito di agricoltore in attività mediante una delle seguenti condizioni:
se l'importo annuo dei pagamenti diretti non è inferiore al 5 per cento dei proventi totali ottenuti da attività non agricole;
se l'importo totale dei proventi ottenuti da attività agricole non è inferiore ad 1/3 dell'importo totale dei proventi.
Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali: Maurizio Martina.