Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 20 di martedì 21 maggio 2013

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 15,05.

  CATERINA PES, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Dellai, Legnini, Lorenzin, Merlo, Migliore, Gianluca Pini, Sani, Schullian, Simoni e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista della riunione del Consiglio europeo del 22 maggio 2013.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista della riunione del Consiglio europeo del 22 maggio 2013.
  Lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 15 maggio 2013.

(Intervento del Presidente del Consiglio dei ministri)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Enrico Letta.

  ENRICO LETTA, Presidente del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, onorevoli colleghi, la sorte dell'Italia e quella dell'Europa sono legate l'una all'altra, inevitabilmente legate: l'ho detto in questa stessa Aula poco meno di un mese fa, richiedendo la vostra fiducia. Due destini che si uniscono, due storie che ritrovano senso e prospettiva solo se unite; ne va della costruzione del nostro futuro, per questa generazione e per quelle a venire, ne va del nostro essere comunità, in un mondo in continua e spesso drammatica trasformazione.
  Abbiamo voluto tutti questo dibattito perché l'Europa lo merita, ma soprattutto sono i popoli europei, gli stessi che oggi fronteggiano la più spaventosa crisi economica e democratica del tempo recente, a meritarlo. Ciò che non meritano, invece, sono i limiti dell'Europa di oggi: le approssimazioni di un dibattito pubblico sull'Europa inchiodato a letture parziali, le tensioni di uno scontro politico fatto sovente di posizioni pregiudiziali.
  Nessun altro luogo si presta meglio del Parlamento della Repubblica, espressione della sovranità popolare, al compito difficilissimo Pag. 2di provare a restituire dignità, verità e calore al racconto sull'Europa dei popoli. È un compito che investe tutti quanti noi e che abbiamo la responsabilità di assolvere fino in fondo, rispettosi ciascuno dei rispettivi ruoli, ma in funzione solo e soltanto dell'interesse generale del Paese.
  Il confronto tra Governo e Parlamento sulla politica europea, del resto, è un obbligo fissato dalla legge approvata dalle Camere lo scorso anno, grazie, tra l'altro, all'impulso del Ministro Moavero, che non è qui oggi perché impegnato al Consiglio affari generali di Bruxelles, proprio nella preparazione del vertice di domani. Anche nel recente passato, inoltre, il Parlamento si è rivelato prezioso nella definizione della posizione italiana in Europa; e sono testimone diretto di quanto la risoluzione elaborata dagli onorevoli Baretta, Brunetta e Occhiuto in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2012, ha consentito all'Esecutivo guidato da Mario Monti allora, di presentarsi a quell'appuntamento così cruciale forte del sostegno delle Camere. Quella risoluzione rappresenta ancora oggi un punto di riferimento validissimo.
  Per tutti questi motivi intendo oggi illustrarvi gli obiettivi del Governo per i prossimi appuntamenti europei. Soprattutto, però, siamo qui per ascoltare le vostre sollecitazioni e indicazioni: è un cammino che dobbiamo compiere insieme.
  L'occasione prima è il Consiglio straordinario di domani. Fin dal giorno della fiducia ho voluto avviare una serie di contatti con i vertici delle istituzioni dell'Unione e con alcuni dei principali partner: Berlino, Parigi, Bruxelles, Madrid, Varsavia, presto anche Londra, ovunque a dire che l'Europa, e la politica europea, sono la bussola d'azione di questo Governo; ovunque a ripetere che una larghissima parte dei problemi che il nostro Paese ha di fronte, e che spesso legittimamente hanno angustiato la comunità internazionale, si possono risolvere in modo più efficace entro una cornice europea.
  Le domande italiane hanno molto spesso una risposta, appunto, europea, a condizione che la stessa Europa sia finalmente in grado di offrire un ambiente che ampli e sostenga la capacità di azione della politica nazionale e non si traduca in una gabbia di vincoli, regole e procedure che vogliono salvaguardare la fiducia degli uni verso gli altri ma finiscono spesso per limitare l'azione di tutti: famiglie, cittadini, piccole e grandi imprese.
  In tutti questi incontri ho illustrato la natura europea ed europeista del Governo, ho chiarito agli interlocutori il nostro fermissimo impegno a rispettare gli impegni presi sulla disciplina delle finanze pubbliche, ho ribadito la volontà di ottenere la chiusura della procedura per i disavanzi eccessivi avviata nei confronti dell'Italia nel 2009. Questa è per noi la premessa irrinunciabile: ricercare all'interno del quadro della finanza pubblica europea, e non al suo esterno né tantomeno contro di essa, gli spazi per una politica economica dedicata fino in fondo alla crescita e alla creazione di nuovi posti di lavoro.
  Il decreto-legge approvato venerdì scorso dal Governo sintetizza questa volontà. Abbiamo sospeso il pagamento della rata di giugno dell'IMU, impegnandoci ad una più ampia riforma della tassazione che grava sulla casa entro la fine di agosto e ad una generale politica di rilancio dell'edilizia in una logica sempre più ambientalmente compatibile; abbiamo poi finanziato la cassa integrazione in deroga per circa 1 miliardo di euro, provando a restituire ossigeno a tante, troppe famiglie sull'orlo della disperazione; abbiamo dato un segnale di attenzione ai cosiddetti lavoratori precari della pubblica amministrazione; abbiamo eliminato, come avevamo promesso, e non a titolo personale ma una volta per tutte, il doppio stipendio dei Ministri parlamentari, a partire ovviamente da quello del Presidente del Consiglio, il tutto tenendo fermi i saldi e gli obiettivi di bilancio stabiliti nel Documento di economia e finanza.
  Mi auguro che anche su questa base la Commissione europea decida il prossimo 29 maggio, data importante per l'Italia, quindi, l'abrogazione della procedura di Pag. 3deficit eccessivo per il nostro Paese; sarebbe un segnale importantissimo che una nuova rotta è tracciata per l'Italia e per l'Europa, che possiamo ricominciare, più determinati che mai, a fare bene.
  Ma perché uscire dalla procedura di deficit eccessivo è una priorità così importante per noi ? Prima di tutto perché cambiare obiettivo ad un passo dal traguardo significherebbe vanificare i sacrifici pesantissimi fatti dai cittadini a partire dal 2011 e suscitare nei mercati e nelle istituzioni europee dubbi sull'effettività della nostra azione di risanamento. Ciò porterebbe l'Italia all'ultimo banco, oggetto di biasimo e di alzate di spalle, senza contare i prevedibili riflessi sul costo del finanziamento del debito sovrano, un debito che grava come un macigno sulla nostra economia.
  Possiamo permetterci tutto questo ? Io dico di no, non possiamo, e lo dico anche perché mi riconosco, come tanti di noi, in una generazione che paga carissimo il peso di sperperi e scelte sbagliate, compiute in buona o in cattiva fede dalle generazioni che ci hanno preceduti. Credo che nessuno di noi voglia scaricare sulle spalle dei suoi figli o dei sui nipoti una zavorra che ne pregiudicherebbe per decenni e decenni le scelte di vita e di lavoro, l'opportunità di dare un senso a sé stessi e alle proprie potenzialità, l'occasione di sentirsi felici e realizzati; sono certo che nessuno di noi lo vuole in quest'Aula e ciò al di là delle divergenze di opinioni e di provenienza politica che pure ci connotano e continueranno a dividerci.
  Al contrario, uscire dalla procedura consentirà all'Italia di beneficiare di tassi di interesse più bassi sui titoli di Stato e, quindi, di disporre di più risorse per rimettere in moto davvero l'economia e la società italiana; questo aiuterà innanzitutto le piccole e medie imprese ad accedere ad un mercato del credito spesso troppo asfittico in Italia. In secondo luogo, essere tra i Paesi virtuosi ci permetterà di avvantaggiarci della nuova interpretazione delle regole del Patto di stabilità e di crescita, che concede margini di azione maggiori per aumentare gli investimenti pubblici produttivi e sul capitale umano, quando sono collegati a riforme strutturali o a misure che aumentano la crescita potenziale.
  Un esempio attualissimo di questa flessibilità è l'operazione di pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, che consentirà di introdurre liquidità nell'economia e, dunque, di dar fiato alle imprese, operazione che vogliamo accelerare e alla quale diamo priorità.
  Infine, potremo contare sul dividendo di una maggiore credibilità: solo chi ha le carte in regola può puntare a orientare nella direzione più vicina ai propri interessi e valori le scelte politiche dell'Europa. L'Italia potrà così disporre di una duplice forza politica: quella derivante dalla solidità di un'ampia maggioranza in Parlamento, a sostegno del Governo, e quella che viene dal mantenere in ordine la sua politica di bilancio ed economica. Questa forza politica dobbiamo saperla raccontare e far pesare.
  Ai nostri interlocutori ho voluto mettere in chiaro che noi non siamo interessati alle scorciatoie di un europeismo astratto e di maniera, l'europeismo di chi sventola la bandiera dell'Unione, ma poi va avanti per inerzia, tra spinte intergovernative, oppure seguendo strade e progetti avviati semplicemente da altri. L'Italia ha a cuore l'Europa ed è, per storia e tradizione, nel cuore dell'Europa, ma quella di oggi, di Europa, non ci basta: vogliamo molto di più e molto di meglio, e per averlo cercheremo di farci primi interpreti di un europeismo attivo, di proposta e di cambiamento, cercheremo di sventolare la bandiera di un'Europa che costruisce futuro e che dà risposte concrete, tangibili e durature.
  L'Europa deve investire tanta energia nel definire politiche per la crescita e la creazione di lavoro, quanta ne ha dedicata alla modulazione di un sistema di regole per mettere sotto controllo i conti pubblici e le politiche economiche dei suoi Stati membri. L'Europa deve far seguire alle parole fatti reali: non possiamo – come nel caso dell'Unione bancaria o del Patto per la crescita – assumere decisioni a Pag. 4livello europeo, annunciare obiettivi, fissare calendari e poi lasciare che passino mesi e mesi senza che si vedano i risultati (Applausi).
  L'Europa è in crisi di legittimità, anche perché è in crisi di efficacia. Abbiamo bisogno di un'Europa meno lenta nel recepire le innovazioni politiche e nel tentare vie nuove rispetto a quelle già battute. Non serve stravolgere i trattati. Noi siamo bloccati, mentre altri – penso agli Stati Uniti e penso anche al Giappone – intraprendono per primi strade politiche non convenzionali, senza dogmi o ingessature procedurali. Ha operato, invece, con prudenza e capacità d'innovazione la BCE, che ha lanciato strumenti di rifinanziamento a lungo termine e poi le operazioni monetarie definitive (le OMT) nei tempi e nei modi giusti. Alla BCE si guarda con ragione anche oggi nella ricerca di soluzioni che sostengano il credito alle imprese, contrastando la frammentazione dei mercati finanziari e le strozzature che distorcono i meccanismi di trasmissione della politica monetaria.
  Queste sono, dunque, le linee direttrici di politica europea che ho iniziato a tracciare nel confronto con i nostri partner (lo stesso hanno fatto i Ministri che hanno avuto incontri con i loro partner europei) e vengo adesso più specificatamente ai temi del Consiglio europeo di domani.
  Come sapete, si tratta di un vertice tematico dedicato a due materie cruciali per la competitività e la crescita in Europa: la politica energetica e la lotta all'evasione fiscale e alla frode internazionale.
  Il Consiglio europeo tornerà sui temi dell'energia due anni dopo la riunione del febbraio 2011, per valutare i progressi nella costruzione di una politica energetica europea e per affrontare, in particolare, quattro punti: il primo è il completamento del mercato interno dell'energia, dal punto di vista sia della regolazione sia delle infrastrutture fisiche e delle interconnessioni di rete; in secondo luogo, la promozione di investimenti, anche nell'ambito della definizione di un quadro di riferimento per le politiche in materia di cambiamento climatico ed energia dopo il 2020; in terzo luogo, la diversificazione delle fonti di approvvigionamento e lo sfruttamento delle fonti di energia prodotte in Europa; in quarto luogo, l'efficienza energetica.
  Per noi la priorità assoluta in campo energetico resta lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Il filo rosso che tocca tutti gli altri temi è il contenimento dei prezzi dell'energia oltre che, naturalmente, il contributo della politica energetica alla competitività dell'intera economia europea. È un'evoluzione niente affatto scontata che salutiamo con favore. Nell'agenda energetica europea, infatti, trovano ora piena legittimità espressioni come competitività, costi per le famiglie, costi per le imprese, attenzione ai soggetti vulnerabili. È uno sviluppo importante per il nostro Paese, dato che abbiamo ancora un costo dell'energia, noi italiani, più alto di quello degli altri partner europei e dei competitori internazionali.
  Insisteremo, poi, perché vi siano una politica europea di sostegno per gli investimenti infrastrutturali e per il completamento delle interconnessioni e un forte impegno alle esigenze delle imprese ad alta intensità energetica. Chiederemo una politica realistica del cambiamento climatico dopo il 2020 e un atteggiamento aperto e non penalizzante per lo sfruttamento delle fonti di energia prodotte in Europa, come lo shale gas. Porremo enfasi sulla necessità di progressi sull'efficienza energetica, settore in cui l'Italia ha un'esperienza ormai innegabile e può giocare, a questo punto, un ruolo di leadership. Sarà, infine, da valutare con grandissima attenzione anche la proposta, avanzata di recente nel Libro verde della Commissione europea sul quadro delle politiche energetiche e climatiche al 2030, di fondere in un unico obiettivo le misure attinenti alla produzione di energia rinnovabile, alla riduzione di emissione di gas serra e all'incremento dell'efficienza energetica, attualmente esplicitate nel triplice obiettivo cosiddetto 20-20-20.
  Il Consiglio europeo, poi, discuterà di lotta alla frode e all'evasione fiscale internazionale. Pag. 5In questa difficile stagione, in cui tutti gli Stati membri chiedono sacrifici pesanti ai propri cittadini per il risanamento delle finanze pubbliche, la lotta all'evasione e alla frode fiscale è, anzitutto, imperativo morale, dovere ineludibile, senza dimenticare che si tratta di un elemento essenziale per assicurare l'equità e la fiducia nell'efficienza del sistema fiscale. L'aspetto centrale della discussione riguarderà l'affermazione del principio dello scambio automatico di informazioni fiscali come standard di trasparenza nelle relazioni tra Stati membri all'interno dell'Unione e tra l'Unione e i Paesi terzi. Si tratta, insomma, di estendere in questo campo la collaborazione tra autorità fiscali, includendo tutte le tipologie di redditi attraverso una revisione della direttiva del 2011 sulla cooperazione amministrativa. Questo aspetto si collega al tema della tassazione dei redditi da risparmio percepiti da soggetti residenti in altri Stati membri. Il Consiglio europeo dovrà conferire alla Commissione il mandato ad avviare negoziati con Paesi terzi per rafforzare gli accordi in materia di cooperazione fiscale.
  Resta ancora sul tavolo, invece, il tema della revisione della direttiva sulla tassazione dei redditi da risparmio. Come è noto è una questione su cui insistono sensibilità diverse in seno all'Unione. In particolare, si discute se subordinare o meno i progressi nella legislazione comunitaria ai passi avanti fatti nel negoziato sulla revisione degli accordi sulla fiscalità del risparmio con altri Paesi terzi europei, come la Svizzera, Andorra, Liechtenstein, Monaco e San Marino. Sono temi sui quali non vogliamo ulteriori rinvii o timidezze.
  Noi vogliamo che il Consiglio decida una serie di priorità d'azione per il futuro nel campo dell'evasione e della frode fiscale, a partire dall'attuazione del piano di azione della Commissione sulla frode fiscale, presentato nel dicembre 2012, e delle raccomandazioni agli Stati membri sulle pratiche fiscali aggressive e sulla buona governance fiscale nei confronti dei Paesi terzi. Ancora, il Consiglio dovrà, secondo noi, dare l'impulso politico per accelerare l'adozione di iniziative da tempo in discussione, come il pacchetto antifrode in materia di IVA, che include due proposte di direttiva relative, rispettivamente, all'introduzione di un meccanismo di reazione rapida per adottare misure di contrasto a nuove frodi improvvise e all'applicazione opzionale del meccanismo dell'inversione contabile in taluni settori esposti a rischio di frode.
  Un nuovo cantiere di lavoro si aprirà infine per quanto riguarda gli aspetti legati alla tassazione nell'economia digitale. Il Governo sostiene pienamente l'obiettivo di rafforzare gli strumenti di lotta alla frode e all'evasione fiscale internazionale. Il problema ha dimensioni sempre più globali e dunque impone risposte coordinate a livello internazionale; per questo l'Unione deve promuovere i principi della trasparenza fiscale, nonché dimostrare la propria leadership, mettendo in atto misure efficaci di contrasto alla frode e all'evasione. Su questi temi non sono ammesse timidezze. Occorre un'azione che non dia tregua all'evasione e alla frode e che contrasti in modo determinato il riciclaggio di denaro all'interno dell'Unione e nei rapporti con i Paesi terzi, attraverso l'identificazione chiara dei beneficiari effettivi, anche in presenza di società, trust e fondazioni. Vogliamo poi che il Consiglio europeo mandi un messaggio inequivocabile sul riconoscimento dello scambio automatico di informazioni come standard di trasparenza in materia fiscale a livello europeo, sulla necessità di un'effettiva collaborazione amministrativa da parte di tutti gli Stati europei e sulla volontà dell'Unione di promuovere sviluppi a livello globale. Se avremo sviluppi in questo ambito, sarà più efficace la lotta all'evasione all'interno del nostro Paese, piaga cronica che combatteremo senza tregua e senza cedimenti. Onorevoli colleghi, in conclusione, permettetemi di accennare ad alcuni dei temi che caratterizzeranno i prossimi appuntamenti europei e che sono al centro delle risoluzioni depositate dai gruppi parlamentari. Il Consiglio europeo del 27 e 28 giugno, quello quindi successivo a quello di domani, chiuderà il Semestre europeo Pag. 6di coordinamento delle politiche economiche e parlerà di futuro dell'Unione economica e monetaria; non può e non deve diventare un Consiglio di routine, di rito, di procedura, di completamento di un iter burocratico: una photo opportunity sbiadita e dai sorrisi stanchi e tirati non serve a nessuno, men che meno all'Italia. Serve, al contrario, un risultato pieno e molto concreto, la prova che l'Unione europea stavolta fa sul serio e sul serio prende i problemi reali di milioni di cittadini europei, a cominciare dal tema dei giovani senza lavoro. Anche per questo, subito dopo il vertice di domani, scriverò a nome del Governo italiano al presidente del Consiglio europeo Van Rompuy una lettera per chiedere che il Consiglio europeo di giugno discuta proprio di lotta alla disoccupazione giovanile: vogliamo dare il senso dell'urgenza. È un dramma che ha costi sociali e politici altissimi e l'Europa non può avere un futuro se non dà speranza a chi questo futuro deve costruirlo ed abitarlo. Servono misure concrete, facili da spiegare e immediate da verificare, che facciano la differenza immediatamente, nel breve periodo. Ad esempio, bisogna identificare gli strumenti per attuare al più presto la Youth Guarantee per i giovani negli Stati membri. Per questo si deve puntare ad una messa in opera il più possibile rapida della nuova iniziativa per l'occupazione giovanile e aumentarne in futuro la dotazione finanziaria. Bisogna inoltre riconoscere spazi di azione nelle finanze pubbliche nazionali perché gli Stati membri possano investire risorse adeguate nelle politiche attive del lavoro, nella riduzione delle tasse sul lavoro e nella creazione di nuovi posti per i giovani. Bisogna favorire la mobilità dei giovani in un vero e proprio mercato del lavoro europeo. Le decisioni europee saranno così la cornice entro cui coordineremo le misure nazionali contro la disoccupazione, le stesse che il ministro Giovannini sta mettendo a punto proprio in questi giorni. Sosterremo, inoltre, l'importanza dell'economia reale e della competitività dell'industria europea, piccole e medie imprese in testa, come fattore essenziale per la crescita economica e la posizione dell'Europa nel sistema globale. Sosterremo l'obiettivo, lanciato dalla Commissione europea e dal vicepresidente Tajani, di portare il contributo dell'industria manifatturiera europea al PIL dall'attuale 16 per cento al 20 per cento entro il 2020.
  Ci batteremo perché siano fatti progressi reali nell'attuazione della road map verso un'autentica Unione economica e monetaria. Chiederemo progressi e tempi certi per il completamento dell'unione bancaria, che comprenda anche la tutela dei risparmiatori e un meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie.
  Unità, quindi, nel campo della moneta, delle strutture finanziarie, delle politiche economiche volte al lavoro e allo sviluppo. Tutto questo, però, non basta, o quanto meno non basta se non inquadrato nella cornice del grande e storico obiettivo di una maggiore integrazione politica e di una vera legittimazione democratica (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Scelta Civica per l'Italia e Sinistra Ecologia Libertà).
  Senza gli Stati Uniti d'Europa ogni progresso, anche il più ambizioso e faticoso, rischia di essere svuotato di senso. Senza gli Stati Uniti d'Europa il futuro dei popoli europei, oltre che delle istituzioni comunitarie, resta una chimera: difficilissima da prevedere, impossibile da raccontare, come la nuova idealità del nostro tempo, alle pubbliche opinioni del continente.
  Onorevoli deputati, vado a concludere: nei giorni scorsi abbiamo assistito a un rinnovarsi del dibattito sulla dimensione politica dell'Unione in vari Stati membri. È il segnale che la politica europea è finalmente di nuovo in movimento. È il segnale che questo è il momento in cui l'Europa ha bisogno dell'Italia e del suo genuino e ambizioso europeismo.
  Nei mesi che portano alle prossime elezioni europee ci giocheremo tutto per cambiare direzione e costruire un'Europa diversa da quella che in questi anni ha fatto montare tanto euroscetticismo, non solo nel nostro Paese. L'Italia deve contribuire Pag. 7a scrivere questa nuova trama della storia dell'Unione europea con visione, idee, proposte, capacità di mediare e di tessere alleanze, anche in vista della Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea nella seconda metà del 2014.
  Tutto questo potrà avvenire se il Governo si impegnerà al massimo, come abbiamo intenzione di fare con tutte le nostre forze, ma tutto questo diventerà realtà solo se i cittadini, e quindi il Parlamento, che li rappresenta, saranno protagonisti, come oggi in quest'Aula può e deve accadere. Grazie (Applausi).

(Discussione)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
  È iscritto a parlare il deputato Paolo Grimoldi. Ne ha facoltà.

  PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, ringrazio il Presidente del Consiglio per questa relazione, sulla quale, in buona parte, non si può che essere d'accordo e che non si può non condividere. Sottolineo anche che, purtroppo, le cronache dei nostri giornali e delle nostre televisioni preferiscono, a volte, parlare di gossip o riportare le intercettazioni telefoniche più variopinte, quando, invece, il merito di tante importanti decisioni ormai viene preso a livello europeo. Ma di questo, a livello mediatico, sui nostri organi di stampa si riporta ben poco.
  Inizio dalla tematica dell'energia, condividendo in pieno l'investimento sulle energie rinnovabili, su cui noi dobbiamo puntare, ma anche sottolineando che noi dobbiamo concludere tutti quei collegamenti internazionali per avere la possibilità di avere molteplici fornitori.
  E lo dico perché l'investimento energetico riguarda soprattutto il nord del Paese, le regioni del Nord, per due ordini di motivi: il primo è di carattere, ovviamente, meteorologico, se si considera dove fa più freddo e dove, guardando il saldo commerciale, quello che viene pagato dalle famiglie del Nord per l'energia è, evidentemente, oneroso; il secondo motivo è che nel nord del Paese sono radicate le nostre aziende, che, quindi, hanno bisogno, per essere concorrenziali, di un'energia più a buon mercato rispetto a quella che, purtroppo, oggi paghiamo, essendo la realtà d'Europa che più paga l'energia, gravando, così, sulle nostre imprese, e, in un momento di crisi, il saldo commerciale che il nostro Paese paga per l'energia si fa sentire, e parecchio.
  È ovvio che bisogna anche cercare di sfruttare i nuovi strumenti, tipo lo shale gas, sul quale però noi, come al solito, rischiamo di arrivare lunghi, di arrivare impreparati. Gli altri Paesi stanno facendo investimenti, altri Paesi mediterranei hanno già preparato le piattaforme e i rigassificatori. Noi, anche su questo, siamo un po’ indietro, nel poter sfruttare anche nuovi mezzi che si prospettano a disposizione per poter cercare di abbassare il costo dell'energia.
  Vede, però, sulle questioni per le quali lei andrà al Consiglio europeo la Lega le sottolinea una cosa di carattere storico, perché oggi siamo annoverati come uno tra i Paesi che fanno fatica, che non si comportano benissimo nei conti pubblici europei. Noi le vogliamo ricordare però che, fino a qualche giorno prima dell'ingresso nell'euro, noi avevamo un marco tedesco – e oggi ci vengono a dare lezioni ! – che valeva circa 1.300 lire. Loro sono entrati nell'euro con un valore di cambio di 998 lire, quindi svalutando di un 30-35 per cento. Noi siamo entrati nell'euro a 1.936 lire, rivalutando, quindi, circa del 43 per cento. Per un Paese manifatturiero come il nostro, e per un Paese manifatturiero, di manifattura più pesante, ma anch'esso manifatturiero, come la Germania, è stata una rivoluzione copernicana. La Germania ha avuto una ripresa economica basata sull’export di cui ancora oggi si avvale grazie a questa svalutazione dell'ingresso nell'euro. Le nostre piccole e medie imprese sono andate avanti un po’ per inerzia, ma, dopo dieci anni, oggi pagano lo scotto di questa pesantissima Pag. 8rivalutazione. Ed è da notare che all'interno del mercato unico europeo dell'euro, al manifatturiero tedesco l'unica realtà che faceva – e, io dico, fa ancora – concorrenza è il manifatturiero italiano e, in particolare, quello padano, che da sempre ha tenuto alto il valore delle nostre esportazioni. E oggi, se siamo in crisi, è per colpa di questo aspetto e per questo aspetto bisogna cercare di far valere le nostre ragioni, per tornare a poter utilizzare un po’ più di risorse sui nostri territori.
  Un'ultima cosa. Lei prima parlava, tra i vari punti, del manifatturiero a 360 gradi in Europa. Le facciamo notare una cosa: non è che quando pone questo problema, ad esempio, il Presidente degli Stati Uniti, Obama, quando, ultimo di una lunga serie, ha deciso di mettere i dazi doganali sul fotovoltaico – visto che prima parlavamo di energia, – lui diventa lo stratega e il faro nella nebbia della lotta contro la crisi internazionale, e, quando i dazi doganali li propone la Lega, noi siamo «medioevali». Dobbiamo cercare di calibrare bene le cose per capire quelli che sono gli interessi comuni. Visto che lo fanno anche gli Stati Uniti, qualche domanda su questo punto me la porrei.
  Chiudo sottolineando che noi abbiamo presentato una risoluzione, in accordo comunque con la maggioranza, di punti assolutamente condivisibili, aggiungendone però uno, che penso sia fondamentale e che in termini di discussione di carattere europeo in questo Paese non si è mai affrontato, e cioè che le scelte che vengono portate a livello europeo siano condivise con la gente, con il popolo, attraverso lo strumento referendario, cosa che non si è mai fatta, cercando di imporre invece alla gente le scelte che venivano prese al livello massimo europeo, senza mai chiedere loro l'opinione e la consultazione. Quindi nella nostra risoluzione chiediamo di avvalerci anche degli strumenti referendari, per chiedere l'opinione del popolo, come in una democrazia compiuta si dovrebbe fare. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  FRANCESCO SAVERIO ROMANO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO SAVERIO ROMANO. Mi scusi Presidente, ho chiesto copia della risoluzione che non è ancora arrivata. Poiché stiamo entrando nel vivo del dibattito e poi queste risoluzioni andranno anche votate, io chiederei di sospendere il dibattito, dare la possibilità ai colleghi di leggere le risoluzioni e che, congiuntamente all'intervento del Presidente del Consiglio, poi si apra un dibattito su cose che conosciamo. Non possiamo fare un dibattito solo sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio, ma stanno arrivando le fotocopie. Quindi direi di procedere.
  È iscritto a parlare il deputato Alessandro Zan. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO ZAN. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori del Governo, colleghi deputati, lei, signor Presidente del Consiglio, andrà in Europa a discutere di temi precisi, tra cui uno fondamentale che ha citato prima e strategico per il nostro Paese e per la nostra economia, ovvero le politiche energetiche.
  Voglio partire da un dato. In Europa il settore delle energie rinnovabili conta attualmente 1,2 milioni di occupati e, come abbiamo già avuto modo di ricordare in quest'Aula, c’è uno stretto collegamento tra sviluppo delle energie rinnovabili, della green economy, e dell'occupazione. Stiamo parlando di un settore, quello della green economy – meglio sarebbe dire della conversione ecologica dell'economia –, come di un settore molto potente, che potrebbe addirittura quadruplicare i posti di lavoro in Europa entro il 2020, con particolare beneficio, guardi, al nostro Paese, che oggi costituisce il secondo player in Europa sulle energie rinnovabili dopo la Germania.Pag. 9
  Eppure ancora non vi è un chiaro indirizzo di politiche volte a raggiungere quest'obiettivo ed è per questo che abbiamo indicato nella nostra risoluzione alcuni punti precisi, tra cui, primo fra tutti, che si promuova subito un'iniziativa europea anche nel settore dell'energia per combattere la disoccupazione giovanile. Cogliamo poi con soddisfazione anche il suo ribadire l'obbligo di ridurre le emissioni di carbonio al 20 per cento (meglio sarebbe al 30 per cento), di aumentare del 20 per cento le quote di energie rinnovabili e di aumentare l'efficienza energetica del 20 per cento, la famosa direttiva «20-20-20», che lei citava poc'anzi, su cui l'Italia però non è pienamente adempiente.
  Serve spingere per una politica europea che voglia guardare realmente ad uno sviluppo sostenibile e che sappia coniugare efficienza e innovazione con la tutela ambientale. Risparmiare energia significa anche risparmio economico e, dunque, denaro che rimarrebbe alle famiglie ed alle imprese senza gravare sulla fiscalità generale.
  E dunque, Presidente Letta, lei oggi ha detto che c’è bisogno di un'Europa meno lenta nel recepire le innovazioni politiche e nel tentarne di nuove rispetto a quelle già battute. In quest'ottica è necessario anche inserire, però, scelte innovative in materia di politica ambientale. L'Europa meno lenta si può e si deve costruire anche guardando ad obiettivi ambiziosi, che pongano al centro una politica nuova di innovazione, che faccia della tutela ambientale un punto fermo di scelte politiche, punto fermo che deve legarci a Paesi come la Germania – lo abbiamo detto – che ha compiuto scelte strategiche su questo e che è cresciuta in termini di PIL anche investendo sulle energie rinnovabili, producendo occupazione, risparmio energetico e maggiore ricchezza. Il PIL della Germania è cresciuto grazie alle energie rinnovabili.
  Su questo va necessariamente rivista la politica dei precedenti Governi, che hanno messo in discussione gli incentivi sulle rinnovabili, quando questo invece era il volano di maggiore crescita che avevamo nel nostro Paese. Di certo noi non siamo favorevoli alle aziende assistite dalla fiscalità generale, ma non è accettabile che non ci sia oggi una politica lungimirante di programmazione degli incentivi alle rinnovabili dove, a fronte dei cospicui incentivi iniziali, si è improvvisamente passati alla chiusura dei rubinetti.
  Le energie rinnovabili, vede, non sono solo il futuro per l'ambiente, per la nostra economia e per le future generazioni, ma sono anche il futuro per la nostra democrazia. Le energie rinnovabili sono più democratiche, non solo perché porteranno in futuro all'autosufficienza energetica, ma proprio perché affrancano i cittadini dalla dipendenza delle fonti fossili, che oggi sono concentrate nelle mani di pochi e di pochi poteri forti. Tali energie sono più «democratiche» delle altre energie e dunque vanno trovate subito risorse per la ricerca anche sulle tecnologie dei sistemi di accumulo, sulle smart grid, che integrino le diverse energie prodotte senza sprechi. Oggi abbiamo distese di campi fotovoltaici che hanno prodotto un consumo del suolo agricolo e che producono energia, ma questa energia molte volte va dispersa. Dunque, senza i sistemi di accumulo, noi non riusciamo a razionalizzare al meglio queste energie che sono, appunto, energie pulite e dunque preziose.
  Mi soffermo per concludere sul tema degli Stati Uniti d'Europa.
  Costruire gli Stati Uniti d'Europa è un tema politico che deve guardare ai cittadini europei non solo come consumatori ma anche come attori – a tutti gli effetti – di una cittadinanza che deve saper guardare al futuro anche coniugando le libertà e i diritti. Siccome lei ha detto, sui punti sollevati da SEL, Sinistra Ecologia Libertà, si può guardare ad un lavoro comune, questo è più che mai urgente.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  ALESSANDRO ZAN. Siamo una forza di opposizione responsabile che guarda l'Europa non senza preoccupazioni, anche per lo sviluppo di movimenti xenofobi ed Pag. 10antieuropei. L'Europa deve essere una possibilità di sviluppo e di crescita sostenibile.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  ALESSANDRO ZAN. Di questo siamo convinti. Concludo, Signor Presidente. La crisi, che ha già colpito tanti, troppi cittadini europei e che è il frutto avvelenato delle politiche ultraliberiste, è la stessa crisi che è stata pesantemente aggravata dalle politiche di austerità che oggi fanno sempre più rima con la parola povertà (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà e di deputati dei gruppi Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Causi. Ne ha facoltà.

  MARCO CAUSI. Signor Presidente, vorrei ricordare al Presidente Letta e a tutti noi il parallelismo che c’è stato tra i primi passi del suo Governo e i primi passi del Governo Monti. Mario Monti entrò in carica il 16 novembre 2011 e il giorno successivo iniziò un giro delle capitali europee. Lo stesso ha fatto lei 18 mesi dopo. In entrambi i casi l'opinione pubblica nazionale ha seguito, e sta seguendo, con grande attenzione e tensione queste missioni, che di fatto hanno tracciato, 18 mesi fa, e tracceranno nelle prossime settimane, i contenuti e i contorni dell'agenda di politica economica e sociale del Paese.
  Diciotto mesi fa si trattava di far recuperare credibilità al Paese, sottoposto ad attacchi speculativi, incapace di mantenere gli impegni presi dal precedente Governo. Erano pochi i margini per modificare l'impianto delle politiche europee che ci veniva proposto. Soltanto dopo il decreto-legge «salva Italia», recuperata credibilità sul piano della tenuta della finanza pubblica, si è potuta sviluppare un'iniziativa che ha avuto il suo apice nel Consiglio europeo di giugno 2012, mentre la Banca centrale europea apriva consistenti interventi monetari di tipo non convenzionale.
  Oggi si tratta di fare riacquistare all'Italia il ruolo che le spetta come grande Paese fondatore dell'Unione europea che ha fatto i suoi compiti a casa, che ha corrisposto agli impegni di rigore fiscale e che ha molto da dire, e autorevolmente, non solo su se stessa, e cioè su come riaggiustare il percorso stabilito durante il 2011 rispetto alle nuove condizioni che vedono insieme meno instabilità finanziaria ma molta più recessione e molta più disoccupazione; l'Italia ha da dire anche sull'intero impianto delle strategie e delle politiche dell'Unione europea nel suo complesso e dell'Eurozona.
  Ma prima di entrare nel merito delle questioni oggi sul tappeto, c’è un insegnamento politico che dobbiamo apprendere da questo parallelismo tra le vicende di 18 mesi fa e le vicende di questi giorni. Non si può avere con l'Europa un rapporto politico «a singhiozzo», ogni tanto ricordarsi, sulla spinta dell'emergenza, ieri finanziaria, oggi recessiva, che esiste la globalizzazione, esiste l'Europa e che il nostro Paese deve fare i conti con un contesto internazionale totalmente diverso da quello precedente alla caduta del muro di Berlino e deve ridefinire, quindi, una sua strategia a medio e lungo termine; poi, passata l'emergenza, dimenticarsene, tornare a una discussione pubblica tutta interna connotata da provincialismo, da false priorità, da tatticismi politici, dalla predominanza dei format dello spettacolo e delle battute; insomma rimettersi a litigare come se fossimo in un bar sport che contiene milioni di cittadini, che anche per questo, per la scarsa qualità della discussione pubblica, sono sempre più innervositi e arrabbiati, e che procede a colpi di litigi e di violenze verbali mentre il mondo va avanti, la globalizzazione cambia pelle – non sarà senza significato, lo ricordo a tutti, che nel 2012 i più alti tassi di crescita mondiale vengono dai Paesi africani – l'Europa definisce i suoi assetti e l'Italia perde treni che non passeranno mai più. Salvo poi, risvegliarsi dalla sbornia del nostro bar sport nazionale, scoprire che siamo di nuovo all'emergenza, cercare di recuperare mettendo qualche Pag. 11cerotto e mandando un nuovo e rispettabile Presidente del Consiglio a trattare sui tavoli dell'Unione europea.
  In Europa dobbiamo stare ogni giorno, lasciarci alle spalle una relazione sempre più vissuta con affanno, con senso di emergenza. Anche il carico di attese e di aspettative che si è intensificato in queste settimane, per il lavoro che il Governo dovrà fare nelle prossime settimane, rischia di essere eccessivo. Il problema non è sbattere i pugni, è stare ai tavoli, lavorare per l'interesse nazionale, non nascondere all'opinione pubblica l'entità dei problemi che abbiamo di fronte: questa è la critica che mi sento di rivolgere a chi ha gestito la fase politica precedente al Governo Monti, quando il mantra era che l'Italia stava fuori dalla crisi.
  Il punto è avere sufficiente credibilità per far camminare le nostre proposte, stringere intelligenti strategie di alleanza, capire le ragioni degli altri, entrare negli spazi politici che si possono aprire (vedi le recenti posizioni francesi e tedesche), convincere che può esistere un'altra Europa. Con un elemento per oggi e per il futuro, non solo politico ma anche etico: nessuno sconto sul piano intellettuale e politico nella critica agli errori europei e nelle proposte di cambiamento delle istituzioni comuni, fino alla prospettiva federale. Ma nessuna credibilità per chi sceglie la facile e demagogica strada di gettare sulle spalle dell'Europa l'origine di tutti nostri problemi, che non sono solo congiunturali o derivanti dall'Unione, ma sono anche strutturali e derivano dal ritardo con cui la struttura sociale, economica, istituzionale e politica dell'Italia si sta adeguando a quello che è, in termini globali e non soltanto europei, ormai un nuovo mondo.
  Nessuno sconto, dicevamo, nella critica, prima di tutto culturale, agli errori europei. È stato un errore avere inquadrato il problema europeo come un problema esclusivamente di debito pubblico e, in particolare, dei Paesi ad alto debito, mentre sui mercati emergeva, invece, un rischio sistemico collegato alla stessa sopravvivenza della moneta unica. È stato un errore aver pensato che le esportazioni potessero essere l'unico motore di crescita di questo continente, sposando un modello sostanzialmente mercantilista, che pone l'Europa in conflitto con le altre aree del mondo e non valorizza le potenzialità interne di un mercato unico, che, per demografia e livelli di sviluppo, è il più vasto del mondo. È stato un errore non avere fino in fondo messo in campo tutti gli strumenti che adesso possiamo mettere, se velocizzeremo le decisioni dei vertici dell'anno passato relative al funzionamento delle politiche monetarie.
  Le politiche monetarie devono avere effetti non più asimmetrici, l'unione bancaria deve marciare il più velocemente possibile, vanno attuati i recenti annunci della Banca centrale europea rispetto alla possibilità di potenziare i canali di accesso della liquidità bancaria verso le piccole e medie imprese. Il razionamento del credito è nocivo per la nostra società quanto la disoccupazione e i due fenomeni – razionamento del credito e disoccupazione – sono ormai fortemente congiunti.
  E poi vanno rafforzate le politiche europee di contrasto alla disoccupazione, giovanile in particolare, con meccanismi in questo caso asimmetrici e cioè più incisivi, a vantaggio dei Paesi a più elevato tasso di disoccupazione, sia derogando e permettendo a questi Paesi politiche nazionali specifiche sia rafforzando il ruolo del Fondo sociale europeo.
  Terzo, vanno chieste politiche espansive ai Paesi eccedentari: ce lo chiedono gli Stati Uniti, ce lo chiedono le grandi istituzioni finanziarie internazionali. Guardate cosa dichiara in una recente intervista la numero due del Tesoro americano, Lael Brainard, dichiara, fra le altre cose, «i Paesi europei che hanno un attivo dei conti con l'estero superiore al 6 per cento del PIL» – la Germania ovviamente – «possono dare un contributo se fanno salire le retribuzioni e favoriscono gli acquisti sui loro mercati interni».
  Attenzione però: le critiche all'attuale impianto delle politiche europee non devono essere confuse con le impostazioni che indulgono a interpretazioni frettolose e superficiali. Non sono convincenti, sono Pag. 12anzi controproducenti, quelle di ripiegamento nazionalistico. Ma non sono convincenti neanche le posizioni anti-euro: l'instabilità del cambio, tipica del regime di cambi flessibili, è uno dei fattori di maggiore incertezza per l'economia; per una piccola economia aperta come l'Italia implica la sudditanza alla speculazione valutaria e finanziaria.
  Non a caso Keynes era favorevole al regime a cambi fissi e non flessibile promosso a Bretton Woods. Le svalutazioni del cambio hanno effetti transitori, di breve periodo; generano inflazione dannosa per i ceti deboli; comunque vanno gestite con attentissime politiche dei redditi come quelle che effettuammo nel 1993 e, se il problema è la competitività e in Italia questo è il problema dopo anni di stagnazione della produttività, i redditi reali e i consumi sono inevitabilmente destinati a soffrire. I populismi di vario colore possono pure cavalcare il disagio sociale provocato dalla crisi strutturale ma non sono certo in grado di fornire alternative plausibili. Chi critica oggi la linea di condotta seguita dall'Italia dopo la crisi del 1992, sostenendo che tutto quello che è stato fatto negli ultimi vent'anni è sbagliato, dimentica che il vero cappio al collo del nostro sistema, il debito pubblico, è esploso durante gli anni Ottanta. E se davvero vogliamo l'Europa federale, un bilancio federale, una politica di investimenti finanziata con strumenti finanziari europei e anche qualche strumento di condivisione dei rischi connessi ai debiti sovrani esistenti non possiamo non dare in cambio qualche cessione di sovranità in merito al coordinamento dei bilanci.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  MARCO CAUSI. Concludo, signor Presidente, ritengo quindi che nella fase attuale è bene dare al Governo un mandato pieno per affrontare una fase di contrattazione e di concertazione. Attenzione, però, siamo in mare aperto: l'uscita dalla procedura di disavanzo eccessivo non comporta in automatico alcuna premialità. Se avremo margini di flessibilità si tratta di usarli in modo intelligente per gli investimenti e per l'occupazione e deve darci certezza in questa battaglia il fatto che questa battaglia non è contro l'Europa. È invece una battaglia per l'Europa, per riavvicinare l'Italia all'Europa e per ridare all'Italia una prospettiva di crescita a medio termine (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gozi. Ne ha facoltà.

  SANDRO GOZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo una grande crisi vengono sempre le cose migliori, diceva Jean Monnet. O il peggio in Europa deve ancora arrivare o l'Europa è molto cambiata dai tempi dei suoi padri fondatori. In entrambi i casi occorre una netta inversione di marcia. Dobbiamo impegnarci tutti affinché il percorso che stiamo avviando sia l'inizio di questa inversione. Questo Consiglio europeo è una tappa di questo percorso. Tale percorso è iniziato con la priorità agli Stati uniti d'Europa, indicata da lei, Presidente Letta, nel suo discorso sulla fiducia, seguito dalle sue visite a Bruxelles, Berlino, Parigi, Madrid, e Varsavia e da quanto lei ci ha detto qui oggi. Un percorso – vorrei ricordarlo – di cui possiamo discutere oggi grazie alla nuova legge n. 234 del 2012 che noi del Partito Democratico abbiamo proposto all'inizio della scorsa legislatura, che è stata la nostra priorità europea come partito e che ha profondamente riformato il modo in cui si fa la politica europea dell'Italia sulla base delle esperienze più avanzate e più democratiche in Europa. Con il coraggio e la competenza che la contraddistinguono poi, domenica scorsa, Emma Bonino ha giustamente rilanciato l'obiettivo dell'Europa federale.
  Siamo anche noi convinti che sia urgente costruire una federazione: non un super Stato ma un soggetto dove possiamo veramente ritrovare insieme quella sovranità che ormai abbiamo da tempo perduto, rimanendo politicamente divisi nell'epoca dell'interdipendenza globale. Penso alla politica economica, alla ricerca, alla politica Pag. 13estera, alla difesa o all'immigrazione. Dobbiamo passare da un'Europa delle regole e degli impegni ad una Europa delle politiche e delle scelte. E per questo abbiamo bisogno di un progetto, di un metodo e di un agenda. L'esperienza europea, infatti, ci ha insegnato che qualsiasi iniziativa di successo deve avere questi tre ingredienti. Fondamentale quindi è dare risposte concrete, come lei giustamente, signor Presidente del Consiglio, oggi ha ricordato, sulla lotta contro l'evasione fiscale; completare il mercato unico dell'energia e soprattutto insistere sul tema della disoccupazione giovanile.
  Ma tutte queste risposte necessarie e urgenti vanno inserite in un più ampio progetto, l'unione politica. Per questo sono molto importanti le aperture del Presidente francese François Hollande. Unione politica non è un'utopia, è un progetto concreto e realizzabile. Realizzabile sì ma solo con metodo democratico. In queste settimane dobbiamo subito chiarire con Parigi che l'unica via possibile per l'unione politica è quella democratica con un ruolo centrale per il Parlamento europeo e per i Parlamenti nazionali.
  Non possiamo andare avanti con riunioni dietro le quinte tra Capi di Stato e di Governo o tra Ministri dell'economia. Non possiamo più costruire l'Europa alle spalle dei cittadini. E, infine, l'agenda. La nostra prospettiva deve essere quella di realizzare l'unione politica entro il 2016 – prendiamolo in parola il Presidente francese – e di sottoporla – ne sono convinto – al giudizio di tutti i cittadini europei in un referendum su scala europea.
  Per questo, già ora, dobbiamo impostare le priorità della Presidenza italiana dell'Unione europea e indicare tra queste l'unione politica, oltre a quella economica. In parallelo, in vista dell'indispensabile riforma istituzionale per la Federazione europea, dobbiamo fare tutto il possibile, sfruttando pienamente il potenziale dei trattati esistenti, a partire, ad esempio, dall'elezione del Presidente della Commissione europea alle prossime elezioni del 2014.
  Né le riforme dei trattati possono venire utilizzate come un alibi per bloccare, rallentare o condizionare alcune iniziative possibili già oggi. Penso, ad esempio, all'atteggiamento dilatorio tedesco sull'unione bancaria che è sempre meno accettabile. Del resto, lo stesso Mario Draghi ci sta dimostrando come, anche con questo statuto, certo imperfetto, da modificare, da rivedere, la BCE possa fare molto. Può, ad esempio, comprarci tempo, ma il tempo va utilizzato per fare tutte le riforme necessarie, a livello nazionale e a livello soprattutto europeo, per una vera democrazia sovranazionale e per una politica economica e sociale comune al servizio dell'occupazione e dello sviluppo sostenibile.
  Signor Presidente, è desolante allora vedere che il Piano per la crescita e per l'occupazione, annunciato con grande enfasi un anno fa e che doveva essere un primo riequilibrio del fiscal compact, non sia ancora effettivamente partito. Dove sono i 120 miliardi di euro promessi ? Promessi da quegli stessi Governi che, in pochissimo tempo, hanno trovato 700 miliardi di euro di soldi pubblici per salvare le banche; 700 miliardi, cioè in una settimana quasi quanto viene destinato, dagli stessi Governi, in sette anni, al bilancio dell'Unione europea. È bene poi che ci sia franchezza tra Governi. Ora, in vari giornali tedeschi e nordici, in questi giorni, da ultimo Der Spiegel, si legge che l'aumento di capitale previsto per la Banca europea per gli investimenti, come contributo a quel piano di crescita, andrebbe riservato ai Paesi virtuosi. Traduzione: andrebbe riservato ai Paesi nordici. Meglio chiarire subito a chi vanno quei 10 miliardi di euro di prestiti che, secondo alcune stime, possono mobilitare fino a 150 miliardi di euro. Anche lei, signor Presidente del Consiglio, lo ha ricordato qui oggi: dobbiamo fare valere gli sforzi enormi, senza precedenti, compiuti dagli italiani in questi anni per ritrovare stabilità e affidabilità. Quegli sforzi devono ora trovare un riscontro a livello europeo. Uscita dalla procedura per deficit eccessivo, golden rule per non computare come debito pubblico Pag. 14la spesa per gli investimenti produttivi e quella a favore dell'occupazione giovanile, solo per ricordare due priorità. E sull'unione economica e bancaria dobbiamo ricordare che, a causa dello scioglimento delle Camere, non abbiamo potuto esprimerci come Parlamento sulle proposte della Commissione europea sul coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri e sul nuovo strumento di convergenza. Dobbiamo ora discuterne seriamente in vista del Consiglio europeo di giugno, in particolare per quelle nuove condivisioni di sovranità economica che possono derivare dagli accordi contrattuali. È utile, signor Presidente del Consiglio, che il Governo ci indichi, prima del vertice di giugno, qual è la posizione dell'Italia su questo punto.
  Presidente, onorevoli colleghi, c’è chi tra i nostri partner europei ci invita a procedere a piccoli passi, a non caricare troppo la barca. E questo ci viene spesso detto in tedesco, in olandese, in finlandese e, fino a poco tempo fa, ci veniva detto anche in francese. I piccoli passi vanno bene se ad ogni passo corrisponde un risultato concreto, come può ora venire per il mercato unico dell'energia, ma la barca europea spesso è affondata o non è arrivata alla meta perseguita non per troppa ambizione, ma per troppo poca ambizione. Ad Altiero Spinelli, di fronte al comitato Dooge, nel 1985, fu risposto, ad esempio, di non caricare troppo la barca – si utilizzarono proprio queste parole – con il suo progetto di unione politica. Risultato: dopo quasi trent'anni siamo ancora in attesa di quella unione politica.
  Nei giorni scorsi, l'unione politica proposta da Angela Merkel come obiettivo lontano è stata indicata da François Hollande come da realizzare in due anni. Ecco, in questo spazio, cogliendo questa opportunità in vista della nostra Presidenza di turno nel 2014, l'Italia può ritrovare un ruolo strategico, forse decisivo, per l'Europa stessa, come è accaduto più volte in passato a Messina o a Milano.
  Concludendo, signor Presidente, Helmut Schmidt diceva che se qualcuno ha delle visioni dovrebbe andare dal medico. Oggi, invece, è da folli non averne di visioni e accettare senza fiatare le ricette dei medici di Bruxelles o di Berlino. Quanto è cambiata l'Europa, e quanto deve cambiare ancora: tutto questo dipende da noi, perché l'Europa è ciò che noi europei le permetteremo di essere e di diventare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi deputati, apprezziamo la novità di un Capo del Governo che viene in Parlamento ad esporre le sue posizioni prima di un Consiglio europeo, anche se sarebbe stato preferibile potersi formare un'opinione in presenza della posizione del Governo, magari, leggermente più anticipata rispetto alla possibilità che abbiamo avuto di verificare, come forza d'opposizione, la risoluzione della maggioranza e, quindi, desumerne i contenuti del suo intervento, dopo averlo ascoltato in Senato poche ore fa.
  Le bozze delle conclusioni del Consiglio europeo di domani sono, viceversa, già note: come si diceva poco fa, il risultato è già scritto. Quindi, si conferma che l'Europa ha un vero e proprio deficit di democrazia, intesa come possibilità dei cittadini europei di partecipare alle scelte anche attraverso i Parlamenti, perché tutto, più o meno, è già stabilito.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 16,14)

  FABIO RAMPELLI. Queste conclusioni sono conclusioni che riguardano prevalentemente – poi, in dichiarazione di voto ci lasceremo andare a delle considerazioni più complessive – l'andamento dell'Europa, le sue criticità, i problemi di relazione con gli Stati membri e l'impatto che l'Europa ha avuto, soprattutto negli ultimi anni, con i Paesi indebitati e, tra questi, l'Italia. Ma sull'energia e sulle politiche Pag. 15fiscali, che sono il tratto dominante del Consiglio europeo del 22, io penso che sia importante fare alcune precisazioni.
  Voi colleghi, come me, sapete che l'Italia paga il 30 per cento in più di energia rispetto agli altri Stati: è una cifra importantissima che incide in maniera pesante sulla competitività del nostro sistema e, automaticamente, sulla competitività delle nostre imprese. Per un Paese la cui economia sostanzialmente è un'economia basata sulla trasformazione, io penso che sia già un elemento importante su cui riflettere e discutere, a maggior ragione, perché l'Europa si interroga, si interroga proprio su una maggiore organicità dei prezzi dell'energia e intende fare degli interventi per arrivare a questi scopi, così come sulle questioni di carattere fiscale.
  Allora, alcune domande io vorrei porle, signor Presidente, in questo dibattito, vorrei porle al Governo, vorrei porle alla sua persona, a cominciare proprio da quelle che riguardano la produzione di energia. I problemi, le difficoltà e le carenze del sistema Italia al riguardo, come sappiamo, perché ne abbiamo parlato diverse volte – sappiamo che è una criticità tipica del nostro sistema –, sono chiare.
  Noi nel 1987, in forza di un referendum, abbiamo di fatto spento le nostre centrali nucleari e abbiamo azzerato la nostra produzione di energia attraverso la fissione nucleare. Questo ci ha messo sicuramente in una qualche difficoltà ma non già per quella scelta ma perché quella scelta non è stata, a mio giudizio, adeguatamente cavalcata dall'Italia, dalla sua classe dirigente, dalla politica; è come se fosse rimasta (lo abbiamo potuto constatare anche dall'andamento del dibattito che ha attraversato la destra e la sinistra negli ultimi anni) la voglia di tornare indietro con la lancetta dell'orologio, di riappropriarsi di questa sorta di possibilità di reinsediare nuove centrali di produzione di energia attraverso la fissione nucleare; invece avremmo potuto e potremmo ancora, invece che essere retroguardia del nucleare di vecchia generazione, perché anche la terza generazione è vecchia, dal momento che siamo un Paese industrializzato, anche d'accordo con l'Europa – visto che non abbiamo conflitti di interesse perché non produciamo il 90 per cento di energia con il meccanismo della fissione nucleare, come capita per esempio alla Francia – impossessarci della leadership, diventare capofila della ricerca, per arrivare per primi e far arrivare, pezzo importante della comunità internazionale, per prima al traguardo del nucleare pulito, della fusione nucleare, del nucleare di quarta generazione; se è vero che le nostre centrali sono dismesse, se è vero, anche non avendole comunque decontaminate, che non accederemo più probabilmente a questa tecnologia, è altrettanto vero che non possiamo precluderci la ricerca su questa tecnologia e su quello che a questa tecnologia è comunque agganciato.
  E da questo punto di vista, Presidente, ricordo un collega che in questo caso citerò positivamente ma che in seconda battuta citerò negativamente, è stato posto all'attenzione generale, dell'Italia o dall'Italia alla comunità internazionale la questione spinosa del cosiddetto debito atomico, cioè di quei miliardi di euro che non esistono nei bilanci degli Stati ma che andranno comunque spesi per la messa in sicurezza di queste centrali; sono miliardi di euro che inciderebbero pesantemente, probabilmente in via definitiva, sugli equilibri di bilancio che tanto ci vengono rimproverati come sistema Paese Italia.
  Quindi una delle questioni, sulle quali ci farebbe particolarmente piacere che lei insieme al suo Governo potesse spendere qualche parola, riguarda proprio questa sorta di tesoro in negativo nascosto rappresentato dai costi della messa in sicurezza o della decontaminazione di queste centrali che noi non abbiamo, e in questo caso per noi è una forza, ma che esistono disseminate in buona parte dell'Europa, di quell'Europa che ci dà lezioni e ci impone delle politiche rigorosissime e probabilmente incompatibili con le nostre caratteristiche socio-economiche.
  Così come va da sé, Presidente, le chiedo scusa, che sarebbe magari opportuno che l'Europa, una volta per tutte, invece di essere la somma di egoismi – e Pag. 16nella logica degli egoismi chi è più forte vince sempre –, si facesse carico anche di programmare un destino e un futuro, vale a dire che è probabile che sia non più rinviabile la questione della individuazione di una sorta di piano regolatore generale dell'energia in Europa per evitare che persino le piccole nazioni, di poche centinaia di migliaia di chilometri quadrati, abbiano casomai lo sghiribizzo di andarsi a inventare delle forme fortemente impattanti di produzione di energia, come se appunto fossero sole al mondo, come se non fossero inserite in un continente che magari, se fosse organico come abbiamo letto anche da alcune dichiarazioni, se fosse gestito all'insegna degli Stati uniti d'Europa, casomai rispetterebbe, agevolerebbe, promuoverebbe le specificità in tal senso, vale a dire che l'Italia sarebbe invogliata e indirizzata a produrre energia prevalentemente dalle fonti rinnovabili.
  E anche qui dobbiamo fare attenzione, perché il meccanismo del «20-20-20» – che in linea strettamente teorica noi ci sentiamo di condividere, perché chi può andare contro la tutela dell'ambiente e la sua salvaguardia ? – se non conoscesse compensazioni, e quindi forme di risarcimento e di equilibrio, cioè se non facesse distinzione, come non sta facendo, tra Paesi ricchi e Paesi poveri, tra Paesi fortemente infrastrutturati e Paesi che da questo punto di vista stanno all'anno zero, tra Paesi dotati di energie potenzialmente rinnovabili, di fonti potenzialmente rinnovabili e Paesi che invece ne hanno molte meno... Perché l'attuale norma, quella che abbiamo condiviso, prevede che tutti i Paesi siano considerati allo stesso modo: per cui i Paesi poveri, per l'appunto, dovranno faticare molto di più per arrivare a quegli obiettivi che sono stati concordati, mentre giocoforza sarà più facile per alcuni dei Paesi europei, in particolare quelli del centro-nord dell'Europa, arrivare con minore dispendio di energie e di risorse a quegli stessi obiettivi.
  Signor Presidente, sarebbe quindi giusto che l'Europa dicesse all'Italia di sviluppare queste energie. E contemporaneamente l'Italia, insieme ad altri Paesi europei, dovrebbe prendere a cuore anche la riforma di alcuni passaggi che non sono molto chiari, come quello del «CIP6»: quella norma fastidiosa che in teoria sottrae soldi persino ai pensionati sociali, attraverso la tariffa energetica, la bolletta della luce. Questo sforzo, questo sacrificio era e dovrebbe essere orientato al perseguimento della ricerca sull'energia pulita e le fonti rinnovabili; ma purtroppo così non è, perché noi ed altri Paesi europei – siamo in cattiva compagnia da questo punto di vista – stanziamo la gran parte dei fondi del «CIP6» per andare a finanziare le energie cosiddette assimilate: diamo quindi in buona sostanza quattrini a chi gestisce gli inceneritori, che notoriamente non sono affatto energie rinnovabili, piuttosto che le raffinerie degli scarti del petrolio, altrettanto inquinanti.
  Anche da questo punto di vista quindi dovremmo essere più chiari, signor Presidente, e più coraggiosi ! L'Italia ha dei giacimenti importanti ed evidenti, che potremmo sfruttare in termini energetici, ma a nulla varrebbe questo meccanismo virtuoso se non fosse reso organico con le altre peculiarità, specificità del resto d'Europa, a proposito delle quali noi dovremmo esercitare il nostro diritto-dovere di difesa, tutela e promozione degli interessi italiani.
  Vado a concludere. Negli ultimi decenni – e non per colpa sua, Presidente – il sistema italiano è stato contrassegnato da questa sorta di pessima tradizione, di avere in media (parlo della Prima Repubblica) un Governo ogni otto mesi: per cui nei contesti europei non c'era mai non solo lo stesso Presidente del Consiglio, ma quasi sempre non c'era per due volte di seguito neanche lo stesso Ministro degli esteri. E questo ci ha fortemente danneggiati, ci ha persino mortificati in taluni casi.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  FABIO RAMPELLI. Penso quindi che a questo Governo – e noi non abbiamo davvero pregiudizi, anche se come sa non abbiamo votato la fiducia per lei e per il Pag. 17Governo che rappresenta – deve spettare il compito di sedersi di nuovo e rinegoziare alcuni parametri importanti, che citerò in dichiarazione di voto e che sono un po’ più estesi rispetto a quelli delle politiche energetiche o delle politiche fiscali.
  Su questo faccio l'ultima battuta. Non si può immaginare un sistema di equità fiscale che non abbia comunque un tetto, quello che noi abbiamo introdotto anche nel nostro programma, chiedendo che fosse adottato e che fosse inserito nella Costituzione italiana: un tetto alla pressione fiscale. Uno Stato non può pensare di avere una spesa pubblica illimitata, e poi a piè di lista chiedere il conto ai cittadini. Penso quindi che questo tetto potrebbe essere proposto, e sarebbe in tal caso molto più efficace, a tutta l'Europa.

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Rampelli.

  FABIO RAMPELLI. Le nazioni europee – e concludo – possono permettersi di individuare questo tetto, in modo tale che le famiglie e le imprese possano meglio interpretare le necessità di una crescita e di uno sviluppo, che sono obiettivi ormai inderogabili per tutti i popoli europei (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alli. Ne ha facoltà.

  PAOLO ALLI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, onorevoli colleghi, questo nostro dibattito si muove in coerenza con le linee già tracciate nella precedente legislatura ma in un contesto diverso, mutato, segnato dall'esistenza di un Governo politico in Italia e di una situazione europea che mostra i segni di una profonda accelerazione. Anche le recenti dichiarazioni del Presidente francese, poco fa ricordate, sulla disponibilità a lavorare per un'Unione politica, rappresentano un elemento di novità che non va trascurato, specie se consideriamo le tradizioni di quel Paese, da sempre ostile a qualsiasi ipotesi di intervento comunitario in grado di incidere sulla sovranità di ciascuno Stato.
  Alla base di questo ripensamento indubbiamente è il carattere della crisi che i singoli Paesi stanno vivendo, crisi dalla quale si esce solo se l'Europa riesce a darsi un volto nuovo, più giusto e solidale, con politiche che vadano nell'interesse di tutti e non solo di alcuni. All'origine di questo nuovo paradigma, ancora tutto da costruire, è l'esatta percezione dei mutamenti che sono intervenuti nei grandi equilibri mondiali, che impongono una costante competizione, per fortuna pacifica – salvo alcune eccezioni – ma comunque sempre competizione economica e finanziaria. È un nuovo contesto internazionale che richiede perciò una forte unità delle forze politiche nazionali, contemperando i legittimi interessi di parte in nome di un interesse superiore, per farli convivere in una dimensione che sappia misurarsi con le contraddizioni del presente.
  Il suo Governo, signor Presidente, proprio per essere un Governo politico e non tecnico, rappresenta la positiva sintesi di queste spinte contrastanti, può difendere al meglio gli interessi nazionali, soprattutto nel contesto europeo, con una visione capace di declinarli senza chiusure pregiudiziali ma facendoli interagire con quelli ancora più vasti dell'Eurozona, nella ricerca delle soluzioni più idonee in grado di dare alla stessa Eurozona quel respiro politico che ancora manca e che è all'origine di una crisi non sono italiana.
  La nostra insistenza sulla critica alle politiche di austerità nasce da questi presupposti: non difendiamo solo gli interessi italiani da una politica che sta sfibrando il nostro Paese, difendiamo al tempo stesso gli interessi di tutta l'Eurozona; all'interno di questo grande territorio, quelli dei Paesi più colpiti, siano essi la Francia, la Spagna o la stessa Olanda, tutti alle prese con gli identici problemi. Non per questo abbiamo però rinunciato al rigore; i dati che vengono illustrati nella risoluzione presentata mostrano quanti passi avanti l'Italia Pag. 18abbia compiuto nei suoi «compiti a casa», definiamoli così. Nonostante la grave recessione che colpisce ormai da troppo tempo la società italiana, i nostri conti pubblici sono a posto e lo sono – cosa più importante – dal punto di vista strutturale. È la stessa Commissione europea che lo conferma nelle sue previsioni indicando per il 2014 un deficit strutturale di bilancio pari allo 0,7 per cento del PIL, collocando il nostro Paese in quel gruppo di sole sei Nazioni che possono vantare il rispetto del fiscal compact.
  Oggi però sappiamo che questo non basta più; siamo riusciti a interrompere una deriva altrimenti distruttiva innanzitutto della nostra credibilità, ma non siamo riusciti a dare all'Italia e all'Europa una prospettiva di crescita e di sviluppo, all'Italia e all'Europa perché i problemi sono intrecciati e richiedono quindi strategie comuni. La stessa Germania, che pure si presenta come il grande campione europeo, sta vivendo momenti di difficoltà che si accentueranno se non si cambierà la prospettiva.
  Nella risoluzione presentata, viene tracciata la strada che si deve percorrere; lo sforzo fatto ha come traguardo l'Europa, un'Europa diversa e non l'Italia, proprio perché siamo convinti che le chiavi della soluzione del problema siano in quel luogo e non più all'interno dei nostri soli confini, dove peraltro abbiamo fatto anche più del possibile. Ora bisogna porre la parola fine alla caduta del PIL, alla crescita della disoccupazione, specie giovanile, alle difficoltà di finanziamento che incontrano le imprese italiane, alla morsa fiscale che deprime i consumi delle famiglie e contrae la voglia di investire. Lo dobbiamo fare rispettando le regole che sovrintendono alle relazioni internazionali, cercando fin da ora quelle alleanze che sono indispensabili per smuovere i più riottosi o coloro che sono fin troppo presi dai loro problemi interni da non riuscire a vedere il possibile naufragio dell'intera costruzione europea.
  Dobbiamo lottare contro questo rischio esiziale: se si tornasse alle singole monete nazionali non sarebbe solo una catastrofe dal punto di vista economico-finanziario, ma sarebbe il crollo di una costruzione che riporterebbe l'Europa indietro nel tempo, proprio mentre la geopolitica del mondo vede affermarsi nuove potenze: alcune di queste nello spazio del prossimo decennio avranno un peso economico-finanziario che sarà superiore a quello degli stessi Stati Uniti. In questo nuovo contesto, piccole economie europee – come sarebbero gli Stati nazionali fuori dall'Unione – non avrebbero alcun peso e sarebbero travolte dalla potenza di fuoco dei propri concorrenti. Ecco, allora, che occorre battersi per un'Europa diversa, a partire dai fondamentali temi da lei illustrati e che la risoluzione affronta: l'incremento alla lotta contro l'evasione fiscale, la necessità di accelerare il processo di liberalizzazione dei mercati interni e di costruire un mercato unico dell'energia, la necessità di rafforzare le politiche per il risparmio energetico e le fonti rinnovabili, solo per citare alcuni dei punti più significativi.
  Battersi per un'Europa diversa non è oggi solo lungimiranza, è soprattutto lucida consapevolezza dell'assenza di alternative. Giochiamo una partita difficile che deve essere vinta senza cedimenti che contribuirebbero al compimento di un destino infelice, di cui non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo assumerci la responsabilità. Oggi abbiamo l'occasione di compiere un passo importante per recuperare la straordinaria visione prospettica dei padri fondatori dell'Unione, che immaginavano un'Europa politica, un'Europa dei popoli per arrivare finalmente a quegli Stati Uniti d'Europa da lei, Presidente, invocati.
  Possiamo compiere questo passo con molto ritardo, ma ancora in tempo. Per fare questo occorre però che il Governo italiano ponga un'attenzione sempre maggiore ai temi europei, al proprio ruolo e alla propria presenza a Bruxelles e a Strasburgo. In passato, se ne è colpevolmente sottovalutata la portata e noi siamo stati spesso relegati al ruolo di comprimari nei processi decisionali delle istituzioni europee. Prepariamoci anche, quindi, a Pag. 19cogliere l'occasione del semestre di presidenza italiana nel 2014. Lei ha detto che l'Europa ha bisogno dell'europeismo dell'Italia – e su questa affermazione concordiamo –: le chiedo, signor Presidente, di portare in sede europea tutto l'orgoglio di un Paese che l'Unione europea ha fondato e sempre sostenuto lealmente, anche quando il prezzo è stato molto alto, senza complessi di inferiorità o timidezza nei confronti di nessuno, men che meno di coloro che, dopo aver scaricato su di noi il costo dei propri problemi interni in un passato neanche troppo lontano, oggi pretendono di darci lezioni di serietà e responsabilità. Buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente) !

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Carinelli. Ne ha facoltà.

  PAOLA CARINELLI. Signor Presidente, siamo particolarmente lieti di intervenire su un tema, quello dell'integrazione europea, che ci sta molto a cuore e confidiamo che lei, signor Presidente del Consiglio, saprà farsi portavoce nel corso del prossimo Consiglio europeo, e in tutte le altre sedi comunitarie dove rappresenterà il Paese, delle nostre esigenze e della nostra idea di Unione europea.
  È noto che questa Europa non ci piace e, ancor meno, ci piace tutto quello che in Italia viene fatto in nome di un europeismo che nulla ha a che vedere con lo spirito originario con il quale i padri fondatori pensavano all'Europa unita. La intendevano unita ed arricchita nella diversità. Avevano in mente l'Europa delle opportunità, della coesione, del benessere, in una parola l'Europa dei cittadini. L'Unione di oggi è invece il prodotto dei poteri forti, degli interessi delle lobby che a Bruxelles trovano i canali privilegiati per veicolare le proprie istanze e realizzare i propri interessi. L'Europa di oggi è una realtà molto distante dalla somma dei popoli e di civiltà millenarie, che era l'obiettivo principale del processo di integrazione. I cittadini conoscono l'Unione europea solo come sinonimo di banca, di potere finanziario; la percezione più diffusa oggi tra la gente è che non si può morire di euro. Gli italiani non conoscono le decisioni prese a Bruxelles perché il meccanismo decisionale è complesso e, per lo più, estraneo alla rappresentanza politica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Plaudiamo al fatto che dopo Lisbona il Parlamento europeo ha acquisito pari dignità con le altre istituzioni ed è senz'altro rilevante che ad esso sia attribuito un pieno diritto di intervento nelle decisioni relative al bilancio annuale, laddove le determinazioni finali sulle spese vincolate erano sempre state prerogativa esclusiva del Consiglio dei ministri.
  Ma, non vorremmo che con il passare del tempo tale nuovo assetto tra poteri istituzionali sia nei fatti stravolto e mi riferisco, Presidente Letta, alla nuova categoria degli atti delegati, che rischiano di diventare delle deleghe in bianco per l'Esecutivo comunitario, senza alcuna partecipazione del Parlamento e, quindi, dei cittadini. Su questo punto, Signor Presidente, impegneremo il Governo a vigilare, affinché sia garantito che su alcune importanti tematiche la delega ad adottare atti non legislativi di portata generale sia strettamente contenuta nei limiti di quanto stabilito dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
  Inoltre, chiederemo l'impegno costante della XIV Commissione a valutare due elementi: in primis, a monitorare il rispetto del principio di sussidiarietà come garanzia che l'esercizio delle competenze dell'Unione europea sia il più possibile vicino ai cittadini; in secondo luogo, a verificare la compatibilità delle proposte legislative alla normativa comunitaria, al fine di evitare sanzioni dell'Unione europea dato che, come sappiamo, le inadempienze dei Governi vengono scaricate, poi, sui cittadini contribuenti, che pagano le multe derivanti dalle numerose infrazioni e sanzioni. Ricordiamo che ad oggi risultano aperte a carico dell'Italia 99 procedure di infrazione.
  Per noi la politica è, innanzitutto, attività pratica e riteniamo che oggi più che Pag. 20mai sia giunto il momento, anche per l'Unione europea, di dedicarsi ai veri problemi, che sono quelli delle politiche da mettere in atto nell'interesse dei cittadini, quali piani concreti contro la disoccupazione e misure per la crescita, intesa non in senso puramente economico, con riferimento al PIL, ma come sviluppo e progresso sociale, sostenuto anche da programmi specifici come il reddito minimo garantito, in grado di assicurare il diritto ad un'esistenza libera e dignitosa.
  Quello che accade nel nostro Paese è paradossale. La compatibilità comunitaria viene invocata a seconda delle convenienze di questo o di quel partito. Si fa la TAV perché ce lo chiede l'Europa, ma non si fa la legge anticorruzione, che pure ci viene chiesta da Bruxelles dal 1999 (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Noi vogliamo invertire questa tendenza che utilizza la legittimità comunitaria a proprio piacimento. Oggi sentiamo dire, sempre più spesso, che l'Europa è in crisi. Noi pensiamo che sia in crisi l'Europa del metodo intergovernativo, quella costruita dai Governi senza la partecipazione della gente, l'Europa dei trattati, mentre riteniamo che ora più che mai vada rilanciata la Costituzione europea, come strumento per un'integrazione costruita sulla partecipazione democratica, per un'Unione legittima fondata sulla comune appartenenza ai valori fondamentali del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dello Stato di diritto e dell'uguaglianza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Vallascas. Ne ha facoltà.

  ANDREA VALLASCAS. Signor Presidente, Signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, signori deputati, ogni giorno si racconta agli italiani, come una snervante cantilena, che la crisi che affligge il nostro Paese dipende in larga parte dai costi dell'energia e dall'atavica inefficienza strutturale legata a essa. Spero che il Governo, con la maggioranza che lo sostiene, si voglia dotare di una vera strategia energetica nazionale e che questa non abbia un orizzonte limitato al solo breve termine.
  I recenti dati forniti dalla EPIA – European Photovoltaic Industry Association – illustrano come il fotovoltaico, all'interno del mercato elettrico dell'Unione europea, per il secondo anno consecutivo sia la prima fonte, in termini di nuova potenza elettrica installata nel 2012. Non solo, ma ci dicono, inoltre, che le centrali a gas, dopo aver raggiunto il loro picco di installazione nel 2010, hanno dovuto registrare un netto calo riguardo alla nuova potenza installata negli anni successivi. Un dato che deve essere ulteriormente ridimensionato, considerando le rilevanti dismissioni registrate nel 2012.
  Considerando che, nel periodo che va dal 2000 al 2012, sono stati implementati 166 gigawatt di nuova potenza, tra eolico e fotovoltaico, contro i 121 gigawatt delle nuove centrali a gas e considerando i saldi negativi delle centrali a carbone, olio combustibile e nucleare, possiamo affermare che se questa non è storica rivoluzione, stiamo quantomeno assistendo a una vera e propria transizione energetica in atto in Europa.
  È, secondo noi, doveroso che il nostro Paese si doti di nuove politiche, che non siano le solite e stantie argomentazioni che portano alla politica delle trivellazioni alla ricerca del gas di scisti, in quanto, nonostante il grande sviluppo delle energie rinnovabili elettriche, nel breve e medio periodo l'intera Europa, e quindi a maggior ragione l'Italia, rimarrà importatrice netta di energia primaria; a questo va aggiunto che la spesa media per il gas e l'energia elettrica sta costantemente aumentando. Questo aumento è in parte determinato dall'incremento della domanda mondiale di risorse fossili, in parte dall'obsolescenza delle reti infrastrutturali e in parte dagli incentivi per l'energia verde. Per ovviare a queste distorsioni, secondo il report della Commissione europea sull'energia, la strategia che l'Europa dovrà sostenere per l'energia sostenibile competitiva e sicura dipende essenzialmente Pag. 21dall'adozione di un deciso approccio fondato sull'efficienza energetica, la creazione di mercati competitivi basati su infrastrutture intelligenti, la diversificazione dei combustibili e delle rotte di approvvigionamento, lo sfruttamento di fonti energetiche convenzionali, non convenzionali e l'innovazione.
  Siamo in parte d'accordo con questa visione, a patto che vada verso una democratizzazione della produzione e della distribuzione, ovvero una parcellizzazione di piccoli e medi impianti i cui proprietari siano le comunità locali e non le grandi multi utility internazionali. Ma tutto questo a nulla servirebbe senza un piano articolato di risparmio ed efficienza energetica. Il risparmio e l'efficienza energetica riducono la domanda di energia, le importazioni estere e soprattutto lo spreco e l'inquinamento. Offrono, inoltre, una soluzione a medio e lungo termine al problema della stagionale carenza di combustibili fossili e dei prezzi crescenti dell'energia. Nonostante il ruolo fondamentale che il risparmio e l'efficienza energetica svolgono in termini di riduzione della domanda e di dipendenza dall'estero, signor Presidente e signori membri del Governo, l'Italia purtroppo è lontana da una strategia che vada oltre le detrazioni per le ristrutturazioni degli edifici, detrazioni che non sappiamo neanche se verranno confermate per gli anni a venire.
  Occorrono inoltre investimenti per l'implementazione delle reti intelligenti europee per la trasmissione e la distribuzione dell'energia elettrica. Queste reti devono rientrare nell'ottica di una strategia comune europea ed essere nazionalizzate, per non lasciarle in balia del controllo di privati che puntano più sul business che sulle reali esigenze dei cittadini. L'Italia deve investire tramite fondi pubblici e/o privati in ricerca di base e applicata, nei sistemi di accumulo, sia di tipo elettrochimico sia di tipo a energia potenziale, tipico dei bacini idrici. Grazie infatti ai sistemi di stoccaggio sempre più efficienti, sarà possibile immagazzinare energia prodotta quando è più conveniente o quando viene in abbondanza da fonti rinnovabili, per usarla quando serve. E qui mi fermo. Questa è la nostra visione, queste le nostre proposte. Ora sta a voi, onorevoli membri del Governo, dimostrare di aver la lungimiranza, l'immaginazione e il coraggio necessari per pensare non ai vostri elettori di oggi, ma alle generazioni che verranno dopo di noi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Sibilia. Ne ha facoltà.

  CARLO SIBILIA. Signor Presidente, Governo, colleghi, il terzo punto di cui si andrà a discutere al Consiglio europeo di domani sarà l'UEM, l'Unione economica e monetaria, che passa per i provvedimenti in materia di fiscalità ai quali lei faceva accenno. Un argomento importante, diremmo, importantissimo, peccato che nessun cittadino italiano – e siamo pronti a scommettere neanche europeo – sappia niente al riguardo. Allora, proviamo a spiegarlo noi cosa ha in mente sul serio il Consiglio europeo con l'istituzione dell'UEM. Gli obiettivi sono tre: spezzare il nesso tra banche e Stati, promuovere un quadro finanziario integrato, attivare una politica di assorbimento degli shock economici a livello centrale, centralizzando i poteri di controllo attraverso il MES, Meccanismo europeo di stabilità. Questo è quanto riportato nel documento di sintesi dell'incontro del 5 dicembre 2012.
  Ora non polemizziamo sul fatto che queste siano o meno le priorità dei cittadini europei, però analizziamo il primo punto: spezzare il nesso tra banche e Stati. Ebbene, signor Letta, mi spiega qual è il nesso tra banche e Stati oggi ? Mi spiega qual è questo nesso, se la Banca centrale europea è di fatto di proprietà delle banche centrali nazionali. Diremmo benissimo se le banche centrali nazionali fossero di proprietà dei cittadini, dello Stato, peccato però che le banche centrali nazionali siano di fatto – e ci tengo a precisare, di fatto – banche di proprietà di istituti di credito privati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  L'esempio è la Banca d'Italia, che non è di proprietà dei cittadini italiani, come il Pag. 22nome potrebbe lasciar pensare, bensì è di proprietà di Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena, Unicredit, Assicurazioni Generali: tutte Spa e tutte trasparentemente elencate sul sito della Banca d'Italia, attraverso questo documento. Quindi, è come dire che dei soggetti privati siano proprietari della nostra moneta e ce la prestino richiedendola indietro con l'interesse. Ma se la moneta è dei cittadini, degli Stati, allora perché ce la prestano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
  Ha mai sentito parlare di signoraggio bancario, signor Letta ? Ne parlate mai alle riunioni del Club Bilderberg, club di cui lei, il suo predecessore Mario Monti, Emma Bonino, guarda caso Ministro degli affari esteri, e Mario Draghi, guarda caso direttore della Banca centrale europea, fate parte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Gli istituti privati stampano moneta cedendola in prestito e richiedendo una restituzione con interesse, per creare questa spirale di stritolamento che si chiama debito. Il Consiglio europeo è responsabile di un'Europa non fondata sui diritti, non fondata sulla solidarietà tra i popoli, ma di un'Europa fondata sul debito; debito come strumento di schiavitù degli Stati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Dica questo al Presidente Van Rompuy. E poi chi è questo Van Rompuy ? Chi lo ha eletto ? Io so che lei, signor Letta, lo conosce, perché anche egli, guarda caso, è parte del Club Bilderberg, ma sappia che i cittadini italiani non sanno per nulla chi sia e da dove venga questo personaggio, non è mai stato eletto in alcuna elezione nazionale e presiede un organismo che condiziona gran parte delle scelte dei cittadini d'Europa e di tutto il mondo.
  Si ricorda il tormentone «ce lo chiede l'Europa» ? Bene, allora dica a Van Rompuy che glielo chiede l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Dica, da parte nostra, che l'Italia rifiuta il Meccanismo europeo di stabilità, un mostro giuridico e anticostituzionale. Gli dica, da parte nostra, che riteniamo questa politica di scatole cinesi, austerity, fiscal compact, Patto di stabilità, non essere la politica dell'Italia. Dica, da parte nostra, che l'Italia ha bisogno di visione politica, e non di riforme imposte dall'Europa, come egli stesso auspicava. Dica che, in merito all'evasione fiscale, ci prenderemo subito gli 80 miliardi evasi dal circuito delle slot machine. Dica che sigleremo convenzioni in favore della trasparenza bancaria con i paradisi fiscali di tutta Europa, che generano evasione per decine di miliardi di euro e con i quali siamo stati sempre fin troppo tolleranti, se non protettivi. E dica anche, visto che c’è, che ripristineremo il reato di falso in bilancio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Signor Letta, lo sappiamo...

  PRESIDENTE. Deputato Sibilia, si rivolga al Presidente del Consiglio in maniera appropriata (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Scelta Civica per l'Italia).

  CARLO SIBILIA. Signor Presidente, ritengo che Letta sia un signore. Comunque, lo sappiamo che lei non dirà mai nulla di tutto questo a Van Rompuy, ma non per una questione di coraggio, perché quello, forse, essendo lì dove è, non le manca, ma perché, da oltre 15 anni, l'Italia che avete costruito voi partiti, PD e PdL, ormai modello unico, è diventata un servile scendiletto dei banchieri di tutta Europa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ma sappia, Presidente Letta, che i cittadini italiani qui fuori vorrebbero che lei dicesse ciò che abbiamo suggerito noi. Adesso pensi a quello che ha in mente di dire lei domani, ne tragga le sue conclusioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, siamo in un momento importante Pag. 23della nostra storia. La chiusura della procedura di infrazione, che si annuncia e che io spero arrivi nel tempo più breve possibile, è una grande vittoria del suo Governo, ma è una grande vittoria della nazione italiana, e credo che noi dobbiamo rivolgere, con gratitudine, il pensiero al Presidente Monti e alla maggioranza che ha sostenuto il suo Governo, che ha reso possibile questo grande risultato, affrontando con coraggio e con determinazione ondate di accuse ingiuste, demagogiche, fuori dalla realtà.
  Accuse che nascevano da una mentalità per la quale, quando tu non hai soldi e gli altri non te li danno, la colpa è degli altri e non è tua perché tu hai sperperato quelli che avevi. E mi è sembrato di sentire riecheggiare qualche eco di questa mentalità anche in questa Aula.
  Detto questo, lei ha titolo nei prossimi giorni per dire all'Europa che l'Italia ha subito un trattamento complessivamente peggiore di quello che è stato riservato ad altri Paesi in difficoltà, come oggi la Francia e come la Spagna, che hanno avuto due anni in più per rimettere in ordine i loro conti. Noi abbiamo dovuto prendere la decisione drammatica di metterli in ordine un anno prima, nel 2013 e questo non per un errore di valutazione – vorrei dire a qualcuno dei colleghi –, non perché non sapessimo che questo avrebbe avuto effetti repressivi, ma perché eravamo nel pieno di una tempesta valutaria che rischiava di travolgere noi e l'euro e abbiamo dovuto reagire come si fa quando si sta sulla «linea del Piave». Abbiamo vinto una grande battaglia per noi e per l'Europa.
  Non siamo invidiosi della Francia, che oggi ha condizioni migliori, ma lei ha titolo per dire che l'Italia ha diritto ad alcuni risarcimenti. Risarcimenti che sono, per la verità, del tutto all'interno della flessibilità del Trattato, che non è così rigido come pensano alcuni, che ha margini importanti di flessibilità, soprattutto quando si è usciti dalla procedura di infrazione. Le procedure di infrazione si chiudono con difficoltà – per questo è bene che il Governo, qualche Ministro, si contenga un po’ nelle esternazioni, per non offrire pretesti a non chiuderla –, ma si aprono anche con difficoltà. Una volta chiusa la procedura di infrazione esistono margini importanti che di per sé possono essere utilizzati, partendo dal cofinanziamento dei fondi europei, dall'applicazione della regola aurea – che ha ricevuto anche un importante appoggio dall'accordo tra Parlamento europeo e Consiglio dei ministri –, sui quali l'Italia può procedere anche in proprio ed autonomamente.
  Ma poi bisogna tornare a quel Consiglio di giugno del 2012 che lei ha citato. Una volta un amico tedesco mi ha detto «Noi tedeschi apprezziamo chi batte i pugni sul tavolo per difendere gli interessi del suo Paese. Disprezziamo chi dice sì troppo facilmente e poi fa no». Allora, lei batta i pugni sul tavolo, da un lato, e gli dica anche che questa volta sono loro che nel giugno 2012 hanno detto sì e poi hanno fatto no e non hanno mantenuto gli impegni che allora sono stati presi. È tempo che li mantengano ! ((Applausi dei deputati del gruppo Scelta civica per l'Italia). E quali sono questi impegni ? L'unione bancaria, la mutualizzazione del debito, politiche che mettono assieme il controllo comune delle finanze pubbliche, ma con una effettiva solidarietà a sostegno dei Paesi aggrediti dalla speculazione, i growth and development bonds, un debito pubblico comune per sostenere la crescita e lo sviluppo, la competitività e la produzione di posti di lavoro.
  Non chieda che le facciano sconti sulla spesa corrente. Non vada a chiedergli di poter sconfinare, superare i margini per fare spesa corrente in Italia – se ce n’è bisogno, dobbiamo trovarli noi, quei margini lì –, ma vada a parlare di competitività, di investimenti, di ricerca, di formazione, di sviluppo, di università: su queste cose – posso garantirglielo – troverà orecchie attente e disponibili. E questo va inserito in un grande progetto per l'Europa. L'Europa si è fermata nel periodo 1998-2004. Un grande progetto è stato lasciato a metà. Bisogna riprenderlo. E la speculazione ha aggredito l'Italia, cioè l'Europa, proprio perché ha avuto la sensazione politica che quel progetto fosse in Pag. 24crisi, che quel progetto fosse finito. Bisogna riprenderlo. È il grande progetto di Helmut Kohl, è il grande progetto di Giovanni Paolo II, è il grande progetto che in quegli anni si è fermato, quando la Costituzione dell'Europa non è stata approvata e noi abbiamo cominciato a fare piccoli passi indietro. Di questo progetto fanno parte le radici cristiane dell'Europa. Un'Europa senza identità è anche un'Europa che non ha speranza e che non ha futuro (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Grazie. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Annunzio di risoluzioni)

  PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio, Tabacci e Di Lello n. 6-00007; Giancarlo Giorgetti ed altri n. 6-00008, Migliore ed altri n. 6-00009 e Carinelli ed altri n. 6-00010. I relativi testi sono in distribuzione (vedi l'Allegato A – Risoluzioni).

(Replica e parere del Presidente del Consiglio dei ministri)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il Presidente del Consiglio dei ministri che esprimerà altresì il parere sulle risoluzione presentate.

  ENRICO LETTA, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, da europeista e federalista convinto, quale sono, io non posso che essere felice del dibattito che si è svolto qui in quest'Aula. È il segno di quanto dicevano prima alcuni colleghi, penso al collega Gozi in particolare, cioè il fatto che il nostro Parlamento, grazie alla legge approvata l'anno scorso e grazie al Trattato di Lisbona che dà importanza e ruolo ai Parlamenti nazionali e al Parlamento europeo, è in grado oggi di essere il luogo centrale nel quale la sovranità del nostro Paese si sviluppa, attraverso quel meccanismo che ho trovato molto positivo e che in tutti gli interventi si è ripetuto, il ragionamento «gli dica questo, gli dica quest'altro». Io penso che sia questo il compito di un Parlamento che incontra un Presidente del Consiglio, che domani incontrerà gli altri 26 Presidenti del Consiglio dei Paesi europei.
  È un concetto che dimostra innanzitutto la centralità di quest'Aula e dimostra anche il fatto che negli altri Parlamenti sta succedendo lo stesso: negli altri Parlamenti dei diversi Paesi membri sta esattamente succedendo quello che sta succedendo qui, esiste, cioè, la necessità da parte di ognuno di andare ad individuare i temi prioritari della discussione di domani, di caratterizzarsi ed essere in grado di percepire qual è la sensazione che vogliamo che si traduca in realtà.
  Allora la discussione che abbiamo avuto è stata una discussione dalla quale traggo molti punti di riferimento, sicuramente fondamentali. In campo energetico sono stati molti gli spunti, in particolare sul tema dell'efficienza energetica. Vallascas ne ha parlato in modo diffuso, dicendo cose assolutamente, per quanto mi riguarda, condivisibili su quel punto, così come Zan prima ha fatto una serie di riferimenti sul tema delle energie rinnovabili, dell'equilibrio e soprattutto della necessità di fare scelte di lungo periodo, scelte che siano stabili, non le scelte che il nostro Paese fa e cambia ogni sei mesi, perché sono quelle le scelte che rendono impossibile per l'Italia di avere una strategia energetica che sia effettivamente efficace.
  E ci sono gli altri punti che sono stati citati. Ho colto l'intervento di Grimoldi prima sulla questione, secondo me centrale, delle infrastrutture europee da completare. O completiamo il sistema di infrastrutture di reti europee sulle energie oppure non saremo in grado di cogliere i vantaggi e, siccome noi siamo un Paese periferico, abbiamo bisogno delle reti per stare dentro il meccanismo invece centrale, cosa che ritengo essere uno dei punti Pag. 25fondamentali del Consiglio europeo di domani e che sicuramente noi porteremo nel Consiglio di domani.
  Così come le riflessioni sul rapporto tra le politiche energetiche e la crescita. Ovviamente tutto questo necessita una riflessione sul tema della sovranità, della cessione di sovranità. Ne ha parlato Marco Causi in modo diffuso e ne ha parlato il collega Alli in modo altrettanto diffuso. Sono i punti della nostra riflessione su cosa vuol dire trasferimento di sovranità. Trasferire sovranità al livello europeo non vuol dire perderla, se al livello europeo ci sono dei meccanismi decisionali che ci consentono di decidere tutti insieme. Il problema è che su tanti temi, se ce la teniamo al livello nazionale, semplicemente la sovranità non c’è più, perché non è a quel livello che si riesce a decidere. Ho avuto modo due-tre ore fa, prima di iniziare questo dibattito, di avere un primo colloquio telefonico con il Presidente della Federazione Russa Putin, impostando un lavoro comune che ci lega alla Russia per motivi evidenti. La questione energetica è una questione che un Paese come il nostro, che non produce energia, deve porsi come questione vitale, di vitale importanza, ed è una questione rispetto alla quale ritengo fondamentale la logica delle reti energetiche che veniva citata prima.
  Quindi io domani andrò a porre tali punti agli altri colleghi europei e scriverò a Van Rompuy la lettera, che citavo prima, sulla necessità di porre la disoccupazione giovanile come punto centrale del prossimo Consiglio europeo e dirò anche, collega Sibilia, probabilmente alcune cose che lei stesso ha citato prima, che fanno parte di quello che io penso dell'Europa che va raddrizzata.
  Non dirò che dobbiamo rimetterci a fare debiti, perché penso che di debiti le generazioni che sono venute prima della nostra ne hanno fatti troppi, che fare i debiti non è mai una cosa positiva perché finisce per ricadere sui nostri figli e sui nostri nipoti e che dobbiamo risolvere i problemi di oggi con le risorse di oggi, non usando le risorse di domani, perché è facile risolvere i problemi di oggi usando le risorse di domani, ma «politica» vuol dire cercare di trovare le soluzioni oggi con le risorse che abbiamo oggi. È questo il vincolo al quale mi sento impegnato e questo vincolo lo sento dentro non perché me lo chiede l'Europa ma, mi verrebbe da dire, perché me lo chiedono i miei figli, perché lo chiedono i figli di ognuno di noi che guardandoci non ci dovranno un giorno dire: «la mia difficoltà è figlia del fatto che hai risolto i tuoi problemi con le risorse che spettavano a me».
  Credo che imparare tutti noi che questa regola sia fondamentale oggi, a prescindere dall'Europa o dalla non Europa, sia uno dei punti fondamentali del nostro stesso concetto di democrazia e di sovranità. Direi che è l'elemento centrale con la parola «responsabilità» (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia), una delle parole chiave per noi.
  Ho trovato molto forte ed ho molto apprezzato l'intervento di Paola Carinelli sulle questioni chiave della democrazia dei Parlamenti, perché è un intervento che condivido in pieno. Il Parlamento europeo dovrà essere posto – e questo sarà un punto fondamentale della politica europea dell'Italia – sullo stesso piano del Consiglio europeo e della Commissione europea. È inaccettabile che ci sia un Parlamento europeo che è messo al terzo gradino della scala dell'istituzione comunitaria (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia). Per noi questa è una scelta strategica che ci accomuna: credo che il nostro Parlamento abbia al riguardo un vero punto di incontro e di intesa.
  Attenzione, perché qui c’è un problema di regole, ma c’è anche un problema di comportamenti. Bisogna nei fatti che tutto questo avvenga. Quando è venuto qui a Roma il Presidente del Parlamento europeo, Schulz, ha incontrato la Presidente Boldrini e il Presidente Grasso e abbiamo discusso a lungo di questi temi. C’è una grande questione, legata anche al ruolo del nostro Parlamento, della Camera dei deputati e del Senato, alla farraginosità del Pag. 26nostro sistema istituzionale, motivo per il quale mercoledì della settimana prossima, 29 maggio, saremo qui a discutere di una questione fondamentale, la questione dell'inizio di un percorso che deve essere rapido, efficace e che coinvolga tutti i gruppi parlamentari di riforma della Costituzione del nostro Paese, nella parte nella quale non funziona.
  Lo dico perché un sistema farraginoso, che non è efficace, ha portato a quella cifra che la collega Carinelli citava prima – ha fatto bene a farlo – perché è una delle cifre della vergogna nazionale ovvero il fatto che noi abbiamo quasi 100 procedure di infrazione con l'Unione europea e che siamo il Paese più multato dei 27 Paesi europei. Ciò rappresenta per noi una vergogna nazionale e il fatto che sono 20 anni che ci trasciniamo purtroppo questi ritardi e che oggi ci troviamo in questa difficoltà, e paghiamo quotidianamente, come giustamente veniva detto, multe su questi ritardi, perché non riusciamo a star dietro alle regole, e siamo gli unici che non riescono a farlo in questo modo, è una grande responsabilità che sento come Capo del Governo del Paese. L'impegno determinato a far scendere questa cifra di infrazioni, di multe e di sanzioni è un impegno di tutti, è un impegno in cui siamo sulla stessa barca, Governo e Parlamento, perché molte di queste infrazioni e sanzioni dipendono da norme che devono essere approvate dal Parlamento e che dobbiamo assolutamente riuscire ad approvare.
  Quindi torniamo a quel ragionamento sul deficit di democrazia che citava prima anche il collega Rampelli e che è il punto sicuramente fondamentale della nostra discussione. Noi andremo domani con l'intento di mantenere i nostri impegni e, come ha detto il collega Buttiglione prima, diremo anche agli altri che gli impegni si devono mantenere. Infatti quello che il 28 e 29 giugno dell'anno scorso, su proposta di Monti e di Rajoy, il Consiglio europeo ha approvato è rimasto ancora lì, lettera morta. Sono passati dieci mesi. Non è possibile, questo è il motivo per cui l'Europa non è credibile per i cittadini !
  Tutti abbiamo nella memoria l'immagine della conferenza stampa, degli annunci e dei giornali di quel Consiglio europeo, nel quale tutti quegli annunci venivano contrabbandati come il futuro che finalmente diventava realtà e oggi, dieci mesi dopo, siamo a constatare che quegli annunci non sono stati concretizzati.
  Questa è l'Europa che dobbiamo cambiare e questo è il motivo per il quale l'impegno che voglio tutti insieme mettiamo – e che noi ci metteremo con grande determinazione – sia di andare a Bruxelles a cercare di far sì che attorno a questi temi si cambi passo. Vorrei che questo accadesse sapendo gli altri che anche noi, come gli altri Paesi europei, abbiamo un Presidente del Consiglio che va a Bruxelles e può dire: «Questo non lo posso accettare e non lo posso fare perché il mio Parlamento mi ha detto che questo non lo posso accettare e non lo posso fare» (Applausi).
  E questo punto è un punto che unisce profondamente Governo e Parlamento, perché è la differenza – veniva detto prima, riprendo ancora e cito ancora la collega Carinelli – tra l'Europa intergovernativa, che non vogliamo, e l'Europa dei popoli e l'Europa comunitaria, che invece è quella che noi vogliamo e che vogliamo che si costruisca con maggiore forza.
  Quindi termino dicendo che rispetto alle risoluzioni che sono state presentate, sulla risoluzione Speranza ed altri 6-00007 dò parere favorevole, lo stesso parere favorevole – perché il testo è molto simile – lo dò alla risoluzione Giancarlo Giorgetti ed altri 6-00008, con un unico punto di interpretazione: sul punto che veniva citato prima dal collega Grimoldi sul referendum, che mi trova e ci trova d'accordo, nel senso che il passo agli Stati Uniti d'Europa non potrà non avvenire con un momento di partecipazione popolare dei popoli europei, ovviamente la constatazione che devo fare è che ciò deve avvenire dentro le regole della nostra Costituzione repubblicana, come è ovvio che debba essere, ma penso che questo sia Pag. 27condiviso dai colleghi che hanno presentato questa risoluzione. Devo dire che tante argomentazioni che sono contenute nelle risoluzioni Migliori ed altri 6-00009 e Carinelli ed altri 6-00010 sono assolutamente condivisibili, così come gli interventi che ho ascoltato del collega Zan o degli altri colleghi del gruppo del MoVimento 5 Stelle che hanno parlato, tuttavia non mi consentono di dare parere favorevole, perché nelle due risoluzioni che ho citato c’è il passaggio sulla necessità di rinegoziare trattati che realisticamente non saremo in grado di rinegoziare: noi possiamo affiancare a quei trattati le politiche per la crescita, che sono fondamentali, ma realisticamente l'idea che noi siamo in grado oggi di dare un mandato al Governo perché ci sia una rinegoziazione di trattati che non saremo in grado di rinegoziare credo che un senso da parte mia di realismo e di serietà nei confronti del Parlamento mi obblighi a dire che questo purtroppo non è realistico, non è ragionevole e non mi consente, quindi, di dare parere positivo a quelle due risoluzioni. Quindi, mi dispiace dover dare parere contrario, perché sono due risoluzioni che invece hanno al loro interno molte altre constatazioni e molti altri spunti che io porterò con me a Bruxelles, nel cercare domani, il 27 e il 28 giugno e – se saremo sempre qui, o comunque qualunque Governo si sarà – di far sì che il semestre di presidenza italiana dell'Unione europea della seconda metà dell'anno prossimo sia quel semestre di presidenza che farà fare all'Europa il salto verso gli Stati Uniti d'Europa, che rimangono per me e per il nostro Governo il sogno e l'ambizione principale. (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Sinistra Ecologia Libertà, Scelta Civica per l'Italia e Misto-Centro Democratico).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 17,10).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Di Lello. Ne ha facoltà.

  MARCO DI LELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio davvero il Presidente del Consiglio per aver voluto un dibattito e un voto parlamentare che, di certo, gli darà più forza. Non è questa la sede per analizzare fino in fondo le cause della crisi economica globale. È invece la sede dove provare a cercare soluzioni.
  Negli anni scorsi abbiamo assistito al commissariamento di Paesi sovrani a dimostrazione della capacità della speculazione internazionale di minacciare la democrazia. Come lei ha avuto modo di dire, onorevole Presidente Letta, è ora il momento di accantonare le sbagliate politiche di austerity per incentivare la crescita. È il momento di passare dall'Europa dei numeri all'Europa delle persone con le loro ambizioni, le loro speranze, le loro paure. Persone, onorevole Presidente, non numeri. Per farlo occorre consentire alla BCE di intervenire con poteri simili alla Federal Reserve. Occorre cioè una vera Europa federale, occorre valorizzare convintamente la tassazione sulle transazioni finanziarie; occorre una fiscalità europea comune; occorre anche dotarsi di tutele sindacali comuni, elevando lo standard di garanzia per i lavoratori europei, evitando forme di concorrenza sleale all'interno dell'Unione europea. Occorre condividere scelte di investimento comuni sulla green economy e delle energie rinnovabili. Sono tutti temi che saranno discussi nelle prossime ore anche dai leader socialisti e progressisti a Lipsia e sono molto felice Pag. 28della sua scelta di essere presente. Infatti è con loro che dovremo portare avanti battaglie comuni per cambiare l'Europa. Anche per questo i deputati e la deputata socialista voteranno la risoluzione di maggioranza, convinti che serva all'Italia un'Europa più forte almeno quanto serve all'Europa un'Italia più competitiva. Lo facciamo, pur nel dubbio, e mi dispiace onorevole Presidente Letta, che lei e il suo Ministro Franceschini, ci considerino parte di questa maggioranza. Noi lo facciamo ancora una volta per il bene dell'Italia che in quest'Aula, onorevole Presidente, è l'unico faro a darci la direzione (Applausi di deputati del gruppo Misto).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tabacci. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

  BRUNO TABACCI. Signor Presidente, l'Italia e l'Europa hanno una storia profondamente intrecciata. È un imperativo per tutto il Parlamento italiano quello di restituire dignità morale, tensione ideale e prospettiva politica all'idea di Europa, e non confondiamo De Gasperi e Spinelli con le fumose divagazioni sul signoraggio. Non c’è dubbio che la dimensione europea è quella nella quale gran parte dei problemi italiani va inserita e può trovare risposte. Ci piace considerare che la natura europea della storia italiana più recente e quelle europeista del suo Governo, onorevole Presidente, si tengano intimamente.
  Ci auguriamo che il 29 maggio si raggiunga l'obiettivo del superamento della procedura di deficit eccessivo a carico dell'Italia. Uscire dalla procedura vuol dire acquisire una condizione di maggiore flessibilità nella gestione della finanza pubblica ma questo non significa tornare indietro, anzi il campo dell'Eurozona diventerà un perimetro di interesse ancor più per quelli che ne sono fuori, a cominciare dagli inglesi.
  Domani c’è questa riunione del Consiglio europeo su due temi strategici: politica energetica e lotta all'evasione fiscale. Credo sia un'occasione decisiva per il nostro Paese. Stiamo agganciati all'Europa. Vale in questo caso il fattore del 25 per cento: l'energia in Italia costa almeno il 25 per cento in più dei principali competitori europei con una grave distorsione del comparto rinnovabili inquinato dall'egemonia delle cosiddette assimilate. E poi il sommerso in Italia è il 25 per cento dell'economia reale: da esso genera gran parte dell'evasione fiscale.
  Sono proprio i settori nei quali essere in Europa per noi vuol dire tendere a fare meglio di quello che stiamo facendo oggi. Nell'energia: completamento del mercato europeo dell'energia, promozione di investimenti, diversificazione delle fonti, efficienza energetica. Avevo già avuto modo di occuparmene diffusamente nel corso della legislatura 2001-2006. Lotta alla frode e all'evasione fiscale. Una grande occasione: integriamoci nel contrasto con gli altri Paesi europei più virtuosi; mandato alla Commissione per contrastare le enclave europee come Monaco, Liechtenstein, Lussemburgo, Andorra, San Marino che sono degli avamposti, degli strumenti internazionali dell'evasione fiscale. Definizione dei rapporti con la Svizzera, scambio di informazioni, lotta integrata senza quartiere.
  Non è senza significato, gravemente ammonitore, che l'Italia e la Grecia si contendono il primato del sommerso. Ovviamente, il mio voto è favorevole alla risoluzione che ho concorso a sottoscrivere. Conclusivamente, senza gli Stati Uniti d'Europa non si va molto lontano. Importante l'apertura della Francia di Hollande. Ora che la Gran Bretagna riconosce il vantaggio economico dello stare in Europa – gli articoli di oggi valutano il peso e il valore in oltre 110 miliardi di euro per l'economia inglese dello stare in Europa – è necessario che ci sia un livello, quello dell'area monetaria, di tendenza federale. È una condizione che va interpretata in modo adeguato, sia politicamente che istituzionalmente. In questo senso, il distacco che si può determinare tra i popoli europei e le istituzioni europee, a cui lei faceva riferimento, può essere colmato attraverso la forza di un'iniziativa federale che mi Pag. 29auguro nel semestre di Presidenza italiana possa trovare una sua concretizzazione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Centro Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, il termine Europa ha rappresentato per anni un sogno positivo, un termine che evocava speranza, un obiettivo visionario, confini che sparivano, culture che si intrecciavano. Ma da quel sogno ci siamo svegliati nel brusco gelo della realtà. Oggi l'Europa evoca, in molte nazioni, in molti popoli, in molti cittadini, visioni più simili a un incubo. Cos’è l'Europa per greci, portoghesi, spagnoli e per molti italiani ? L'Europa è diventata negli ultimi anni sinonimo di ostinata sordità, di incapacità di visione, di crudele lontananza. Eppure, questa strada che abbiamo percorso e scelto ha dei conduttori. Qualcuno ha la responsabilità di averla condivisa o di non essersi opposto almeno. Noi no, ce lo consenta. Ricorderà le battaglie condotte da Guido Crosetto contro le decisioni di Tremonti; ricorderà l'opposizione fatta alle decisioni del Governo Monti. Negli stessi giorni nei quali – non se la prenda – mandava il bigliettino: «Caro Mario, sono a tua disposizione», noi cercavamo di fermare scelte che avrebbero portato il nostro Paese sull'orlo del baratro.
  Lei è stato uno dei maggiori difensori della sciagurata linea di politica economica intrapresa dall'Europa. Oggi ha cambiato idea. Bene, meglio tardi che mai, ma, per favore, ci dica qualcosa di vero, di concreto. Tutti sanno che l'evasione è un male, tutti dicono di volerla contrastare, ma come ? Esiste un modo serio ? Presidente, forse sì, se si vogliono veramente toccare i santuari inviolabili che costituiscono lo strumento principale dell'evasione e, cioè, le banche. Io non so se lei abbia mai affrontato il tema durante qualche incontro del famoso e citato club internazionale di cui fa parte, ma la informo che il denaro per la maggior parte non raggiunge i paradisi fiscali europei, italiani o mondiali nella valigetta o negli zaini, bensì li raggiunge telematicamente attraverso i sistemi informatici di banche e finanziarie. Se si vuole veramente colpire la grande evasione da lì occorre iniziare. Ne ha la voglia ? La libertà ?

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Rampelli.

  FABIO RAMPELLI. Se pensa di averla, inizi con il fare una semplice proposta avanzata da noi qualche tempo fa e concludo: ogni Paese europeo si impegni a revocare l'autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria e finanziaria ad ogni società che, direttamente o tramite sue controllate o partecipate, si sia prestata a spostare anche solo un euro in modo illegale. Il resto, Presidente, sono parole. Ogni altro obiettivo serve solo a nascondere la verità. Per questo, Fratelli d'Italia le chiederà la votazione per parti separate e in caso contrario, comunque, si asterrà (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fedriga. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, per iniziare mi permetta una considerazione: il nostro gruppo in questa circostanza esprime la soddisfazione di vedere riconosciute le proprie posizioni che da anni ha rimarcato, sia all'interno delle Aule di Camera e Senato, sia davanti all'opinione pubblica sulle criticità che manifesta questo tipo di Europa. Qualche anno fa, quando la Lega Nord parlava dell'Europa dei burocrati, dell'Europa tecnocratica, ci davano degli antistorici, ci davano di quelli che guardavano al passato e non vedevano il futuro.
  Ad oggi, invece, vedo che molti gruppi parlamentari, fortunatamente, si sono ravveduti e hanno capito che essere critici verso l'Europa non vuol dire essere antieuropeisti: vuol dire, forse, essere a favore della gente che vive questa Europa e, Pag. 30forse, un po’ meno a favore dei grandi poteri, dei poteri forti, dei poteri delle banche che hanno contraddistinto la politica dell'Europa in questi anni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  Signor Presidente, noi ovviamente condividiamo, anche con la nostra risoluzione, che bisogna ed è necessario portare sul tavolo europeo due problemi principali: quello della disoccupazione, in particolar modo quella giovanile, che ormai sfonda quota 38 per cento, e il problema dell'impresa. Ricordo che nell'ultimo anno di Governo Monti si sono chiuse 100 mila imprese. Per fare questo, ci sono diversi strumenti che può mettere in moto e mettere in campo l'Unione europea. Primo fra tutti, rivedere e riformare la Banca centrale europea. Serve una banca in grado di garantire, anche tramite, ovviamente, le banche sul territorio, l'accesso al credito per le aziende. Questo è il principale problema che stanno manifestando le nostre realtà produttive. E senza le aziende che funzionano, senza le aziende competitive, senza le aziende che producono, possiamo fare la migliore politica sul lavoro, ma i nostri giovani non troveranno occupazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  Non solo, signor Presidente. Io voglio anche ricordarle la criticità che abbiamo dovuto affrontare quando il nostro Paese ha accettato di entrare nell'unione monetaria senza alcun tipo di condizione. Quando la Lega andava, in quell'occasione, a manifestare i problemi che si sarebbero creati nella società reale, tutti ci davano dei rivoluzionari, tutti ci davano di quelli che non capivano, non capivano quali grandi prospettive dava l'Europa. Noi, invece, vedevamo lontano. Vedevamo lontano, ed oggi tutti vedono il presente: noi, se qualcuno ci avesse ascoltato in passato, avremmo, magari, visto anche un po’ verso il futuro.
  Ma questa situazione, signor Presidente, io le chiedo anche, però, che non sia da giustificazione per i gravi problemi che vive il nostro Paese a causa di scelte fatte o non fatte proprio dai Governi di questo Paese. È facile in questo momento, ed è anche giusto in parte, dare responsabilità alle scelte fatte da questa Unione europea, che così fatta non ci piace, ma non si può prescindere dalle nostre responsabilità; altrimenti, prenderemo la cattiva abitudine, che devo dire in buona parte, anzi in una parte, del nostro Paese è diventata consuetudine, di guardare sempre alle colpe esterne e non guardare alle nostre colpe. Dico questo, perché, signor Presidente, il Governo che l'ha preceduta, per esempio, ha fermato una riforma, che si chiama federalismo fiscale, che avrebbe, per esempio, portato ad una copertura all'incirca di cinque volte rispetto a quanto ha fatto lei, proprio qualche giorno fa, per gli ammortizzatori sociali in deroga. Parlo dei costi standard nella sanità: 5 miliardi di risparmi l'anno, bloccati da un Governo, e devo dire anche da forze politiche, che hanno dato fiducia a quel Governo e che hanno bloccato una riforma fondamentale per questo Paese.
  Sto parlando, Presidente, di guardare anche al nostro interno e non dare la colpa solamente all'Unione europea, perché penso che sia arrivato il momento di affrontare il problema che una siringa non può costare 0,26 euro in Sicilia e 0,04 euro in Veneto. Sto parlando di questo problema, Presidente, perché non è più accettabile che gli sforzi che state facendo, per esempio, per togliere l'IMU sulla prima casa o, per esempio, quelli che dovrete fare per evitare l'aumento dell'IVA, siano accompagnati da un forestale ogni mezzo chilometro quadrato nella regione Calabria (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Dico questo e faccio queste premesse, Presidente, perché quando si va a trattare in Europa, e noi siamo favorevoli che lei, ovviamente, vada a trattare in Europa sapendo e volendo anche battere i pugni per difendere i diritti del nostro Paese, ma io credo che saremmo poco credibili se continuano questi sprechi all'interno del nostro Paese.
  E per questo noi, come Lega Nord, voteremo favorevolmente alla nostra risoluzione, che ha come punto principale un indirizzo che va a favore dell'Europa, ma Pag. 31a favore di un'Europa dei popoli e delle regioni, delle regioni europee che devono saper collaborare dal punto di vista, immagino, sociale, ma soprattutto economico. Penso, per esempio, alla macroregione del Nord, che può confrontarsi con la Carinzia, con il sud della Francia, con una parte della Slovenia, tessuti economici molto affini e che sarebbero utili allo sviluppo non solamente di quest'area geografica, ma di tutto il continente.
  Annuncio anche che verso la risoluzione presentata dalla maggioranza la Lega esprimerà un voto favorevole perché appunto ricalca, come dicevo in premessa, le posizioni che la Lega ha sempre mantenuto su molti temi. Mentre ci asterremo sulla risoluzione presentata dal MoVimento 5 Stelle perché contiene dei punti che riteniamo positivi, altri, come il reddito di cittadinanza, che non ci vedono d'accordo, anzi vanno contro la nostra prospettiva e la nostra visione politica. Noi crediamo, e concludo Presidente, che la politica sul lavoro debba essere incentrata a dare occupazione alla nostra gente e non a garantire un assistenzialismo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  Infine, ovviamente giusto perché la dichiarazione di voto serve a questo, voteremo contro la risoluzione presentata da Sinistra Ecologia Libertà che invece va, sì quella, verso una Europa che non mira allo sviluppo ma mira esclusivamente all'assistenzialismo puro.
  Chiudo, Presidente. Se lei continuerà, o meglio, se lei dimostrerà di avere in questo momento una posizione che non sia solamente di promesse ma anche di fatti verso quello che ha detto nel discorso di insediamento ed oggi in quest’ Aula, potrà vantare anche la collaborazione della Lega sui provvedimenti che porterà avanti, però quello che le chiediamo è concretezza, la possibilità di adottare magari pochi provvedimenti ma che si possano fare, perché il libro dei sogni è molto bello da raccontare però diventa un'enorme delusione quando non viene realizzato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marcon. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

  GIULIO MARCON. Gentile Presidente, signori del Governo, colleghi deputati, Primo Ministro. Abbiamo apprezzato il tono europeista del suo discorso, abbiamo apprezzato alcune sue aperture relative alle politiche europee e alla necessità di una accelerazione verso l'unione politica e crediamo che gli accenti che lei ha messo sulla necessità di una accelerazione in senso federalista dell'Europa siano molto importanti, riteniamo però che alcune delle sue considerazioni non siano convincenti.
  Io vorrei partire da una considerazione; la crisi che stiamo attraversando è stata aggravata anche dalle politiche sbagliate seguite dalla Commissione e dalla Unione europea e da molti dei Governi europei. Le politiche di austerity, come anche alcuni dei colleghi hanno ricordato, hanno aumentato la disoccupazione, hanno indebolito l'economia reale, hanno fatto crescere il debito pubblico in molti Paesi. Il problema non è semplicemente quello di rispettare, come lei ha detto nel suo discorso, la disciplina delle finanze pubbliche ma quello, altrettanto importante, di una politica che noi abbiamo ritenuto sbagliata e che ha sacrificato la crescita, lo sviluppo ed il lavoro, sull'altare di una visione subalterna, da una parte i mercati finanziari e dall'altra l'abbandono di qualsiasi politica pubblica e di uso della spesa pubblica in funzione anticiclica.
  Non è il debito pubblico la causa della crisi, ma è la crisi che ha in gran parte causato l'aumento del debito pubblico e la crisi non è nata a causa del debito pubblico ma, nel 2007-2008, per la responsabilità dei mercati finanziari privati che nessuno ha regolamentato e ricondotto alle regole minime di buon funzionamento.
  E invece di prendersela con le vere cause della crisi – l'assenza di un controllo dei mercati finanziari, gli squilibri economici e regionali, l'assenza di politiche anticicliche – in Europa ci siamo Pag. 32concentrati sul tema del pareggio o dell'equilibrio del bilancio pubblico, senza per questo portare l'Europa fuori dalle difficoltà drammatiche che abbiamo attraversato e stiamo ancora attraversando.
  Il fiscal compact, oltre a produrre conseguenze sociali gravissime, impedisce qualsiasi politica economica pubblica ed è oltretutto irrealizzabile ed ha un impatto prociclico non anticiclico. Ecco perché è per noi non condivisibile quanto esposto nell'impianto della risoluzione della maggioranza quando si rivendica la giustezza del fiscal compact e delle altre politiche seguite in questi anni; mentre il dispositivo della risoluzione contiene delle indicazioni che pur se vaghe e generali sono più ragionevoli e condivisibili.
  Il suo discorso, Primo Ministro, lascia nel vago alcune questioni: ad esempio come uscire concretamente dal tunnel delle politiche di austerità, che ora a parole tutti sembrano criticare. Anche la mozione della maggioranza critica nella motivazione, nell'impianto le politiche di austerità. Ma allora perché non superate la vostra ambiguità, affermando nel dispositivo della mozione che queste politiche vanno superate ?
  Il sostegno alle dichiarazioni di Hollande, relativamente alla necessità di un'accelerazione del processo di unione politica, è sicuramente condivisibile, e noi lo sosteniamo; come anche quello della necessità di un salto di qualità in senso federalista del processo di integrazione europea. Ma quali sono allora le proposte concrete del nostro Governo, a parte il sostegno generale ad un impegno in quella direzione ? Quali sono le proposte concrete che il Governo vuole fare nei prossimi mesi per dare sostanza a questo impegno ?
  E poi vorrei chiederle: lei ha citato il DEF che ci ha lasciato il precedente Ministro, il precedente Governo Monti. Gli impegni del DEF sull'Europa «2020» sono molto modesti, e anche se venissero realizzati ci porterebbero ad essere il fanalino di coda dei Paesi europei. E allora, quando parliamo di obiettivi che riguardano le percentuali di energie rinnovabili, di riduzione del tasso di abbandono scolastico, di occupazione femminile, siamo sempre molto generici e poco vincolanti. Perché allora i vincoli sono sempre richiesti per il Fiscal compact e per il Patto di stabilità, e non per il lavoro, per le donne e per i giovani ?

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 17,35).

  GIULIO MARCON. Noi vogliamo rivolgerle alcune domande. Il Governo italiano sosterrà o meno la proposta della Commissione europea, che il precedente Ministro Grilli aveva in parte criticato, sulla tassazione delle transazioni finanziarie, che giustamente non esclude dall'imposizione i derivati, i fondi pensione e i titoli di Stato ? Il Governo che lei presiede si impegna o no a rivedere l'attuale dispositivo, previsto dal precedente Governo Monti, che colpisce solo i derivati sulle azioni, cioè il 2 per cento del totale dei derivati, lasciando intoccato il restante 98 per cento di questi prodotti finanziari assai discutibili ?
  E ancora: il Governo italiano domani sosterrà le iniziative europee sui paradisi fiscali, per introdurre un effettivo scambio di informazioni e produrre una black list di imprese beneficiarie di questi santuari dell'evasione fiscale; abbiamo capito che il Governo questo lo farà e ne siamo contenti. Ma posso chiederle però perché il Governo italiano, che è azionista di maggioranza di ENI, ENEL e Finmeccanica, permette a queste aziende di avere proprie sedi nei paradisi fiscali ? Posso chiederle perché Banca d'Italia permette a Intesa San Paolo di avere una sede nelle Isole Cayman, che è tra i paradisi fiscali più importanti nel mondo ? E visto che si parla di impegno a livello europeo, e di impegni di politiche contro l'evasione e la frode, non pensa che l'Italia dovrebbe dare il buon esempio approvando rapidamente la legge anticorruzione ed introducendo il reato di falso in bilancio ?
  Ecco perché – ed è questo un punto che noi vogliamo sollevare anche relativamente a quello di cui si discuterà domani Pag. 33nel vertice europeo – crediamo che sia importante, rispetto all'unione bancaria, riprendere una delle conclusioni che la commissione incaricata dalla Commissione europea, e presieduta dal Governatore della Banca centrale finlandese Eri Liikanen, ha posto, ovvero la separazione tra banche commerciali e banche di investimento.
  Ecco perché, signor Primo Ministro, se le sue parole e quelle della risoluzione della maggioranza che sostiene il suo operato sembrano aprire finalmente un barlume di ragionevolezza sulla necessità di uniformare l'architettura europea verso un'unione politica, democratica e federalista, ancora sono timide a nostro giudizio, troppo timide le parole sulla necessità di un superamento delle politiche di austerity.
  Anche noi, come lei, apprezziamo – come lei ha detto – il fermo impegno a rispettare la disciplina delle finanze pubbliche. Ma perché questo impegno deve valere solo per i soliti noti, per i pensionati e non anche per i grandi redditieri, per il welfare e non per le spese militari, per i comuni che non possono fare le piccole opere e mai per le grandi opere inutili e costosissime ?
  Naturalmente nel dispositivo della mozione della maggioranza ci sono aspetti che non si possono non condividere: l'attivazione dei project bond, l'istituzione di un'Agenzia europea pubblica di rating, la necessità di misure per la crescita, il lavoro da fare sull'introduzione degli eurobond. Ma non si capisce perché allora non si chieda quello che riteniamo oggi necessario, una condizione fondamentale per far ripartire l'economia europea: accanto a politiche per lo sviluppo e per la crescita, una rinegoziazione del Fiscal compact e del Patto di stabilità. Servono politiche pubbliche, serve l'uso della spesa pubblica in funzione anticiclica; bisogna alimentare la domanda, i consumi e creare lavoro.
  È per questo, avviandomi a concludere, che noi sottoponiamo al voto dell'Aula una nostra risoluzione che riteniamo compatibile con quella del MoVimento 5 Stelle, sulla quale esprimiamo un giudizio favorevole, sperando che si possa produrre una convergenza anche sul nostro testo. Sul testo della maggioranza noi ne critichiamo l'impianto perché presuppone un giudizio sulle politiche passate che non condividiamo, mentre siamo disponibili ad avere un atteggiamento diverso, anche con un voto di astensione, se si votasse solo il dispositivo come contributo a costruire una svolta alle politiche europee diverse da quelle dell'austerità, come le abbiamo conosciute. Quindi chiediamo un voto per parti separate.
  Vorrei concludere, augurandole buon lavoro per domani e ricordandole che, di fronte all'impegno per costruire un'Europa democratica, politica e federalista di pace, il contributo di Sinistra Ecologia Libertà non mancherà; l'Europa della finanza e dei mercati l'abbiamo conosciuta e non ci è piaciuta, abbiamo bisogno di un'Europa sociale, dei diritti, della solidarietà e per questa Europa, per l'Europa dei popoli che lei ha richiamato anche nella sua introduzione, continueremo a batterci (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Dellai. Ne ha facoltà.

  LORENZO DELLAI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, il mandato che tra un po’ la Camera le affiderà, signor Presidente del Consiglio, è un mandato pesante, con obiettivi ambiziosi e di alto profilo. Uno su tutti – lo cito perché incrocia la sensibilità di tante famiglie – è quello di rendere centrale e trasversale in Europa e nelle varie Nazioni l'impegno per il lavoro dei giovani, cosa che ha un valore in sé ma che ha anche un valore simbolico ed emblematico di una società europea che non si rassegni al declino e torni a scommettere sul futuro.
  Di questo tema del lavoro dei giovani come priorità è bene comunque che tutti noi ci ricordiamo anche fra qualche settimana, quando dovremo discutere e decidere Pag. 34in ordine a come usare le non molte risorse pubbliche che si renderanno libere. È dunque fondamentale, a nostro avviso, la convinta convergenza – anche noi portiamo il nostro contributo in questo senso – su questi obiettivi europei; del resto, è una convergenza che va nel segno di una positiva tradizione del nostro Paese, da ultimo, con la risoluzione approvata l'anno scorso ma vorrei anche citare il positivo lavoro del Governo Monti, soprattutto del Ministro Moavero Milanesi, al Consiglio europeo del marzo di quest'anno, dove sono stati aperti spiragli importanti dei quali già ci siamo occupati come Parlamento – il pagamento dei debiti delle imprese, investimenti produttivi fuori dal Patto di stabilità – e ciò è avvenuto dopo un duro negoziato durato 13 mesi, reso possibile tra l'altro proprio in base alla ritrovata credibilità politica e finanziaria del nostro Paese.
  Vi è dunque positiva unità su questa prospettiva europea, anzi noi riteniamo che l'impegno per questa Europa, solidale, unita, aperta e competitiva, sia e possa essere in futuro il filo conduttore di tutta la nostra esperienza di comunità nazionale così come è stato un pochino per l'ingresso nell'euro. Allora si percepiva il senso del percorso, anche dei sacrifici. Ora ci occorre proprio recuperare il senso e il significato delle cose che ci accadono e che spesso ci inquietano e l'idea di questa Europa, un'idea di Europa che possa essere vissuta come una madre, benché severa, più che come una zia inacidita, ebbene questa idea può costituire senz'altro l'orizzonte intorno al quale ricercare motivi di speranza e di fiducia.
  Siamo dunque convintamente favorevoli alla risoluzione che abbiamo sottoscritto e abbiamo molto apprezzato la sua relazione, semmai vorremmo aggiungere qualche preoccupata cautela. Non vorremmo che tra le righe si nascondesse un intreccio tra l'eccesso di aspettativa da un lato e un eccesso di auto-assoluzione nazionale dall'altro; l'eccesso di aspettative può essere trovato un pochino nel dispositivo, un dispositivo importante – lo dicevo all'inizio –, robusto, che indica impegni precisi, anche nuovi, che indica tappe importanti, non facilmente perseguibili.
  Lei, Presidente del Consiglio, ha fatto sicuramente un atto di coraggio, quando ha sollecitato più volte il Parlamento a fornire un mandato forte, chiaro, esplicito e preciso in vista del Consiglio europeo. Sicuramente questo rafforza il Governo nel negoziato e, anzi, più ampio sarà il voto, più forte sarà il Governo nel negoziato. Tuttavia, dobbiamo anche essere realisti: siamo in vista di importanti elezioni tedesche, il momento mediamente non è tra i più felici per quanto riguarda le leadership politiche europee e spira in molti Paesi europei un forte vento nazionalista, che non sarà facile sconfiggere portando avanti proprio quelle importanti scelte europeiste che vanno nel senso della maggiore integrazione europea sul piano politico e sul piano economico.
  Dunque, altissima aspettativa e realismo: questo noi suggeriamo e sappiamo in ogni caso che l'arco temporale di questi impegni di lunga prospettiva non è un arco temporale breve, con buona pace – mi permetterei di dire – del tintinnar di clessidre, se non di sciabole, di amici e di nemici di questo Governo, che si sentono anche in questi giorni. L'eccesso di autoassoluzione si percepisce come rischio, leggendo piuttosto la premessa. Tutto bene ciò che viene detto lì – l'abbiamo sottoscritto e lo votiamo – tuttavia direi: «attenzione». La crisi ha colpito molto di più nei sistemi nazionali, già disordinati e poco competitivi, dove la produttività pubblica e privata agisce con le energie e con i talenti della Nazione, come talvolta i nostri acquedotti con l'acqua, cioè disperdendola e impoverendo così tutta la comunità. L'operazione verità, iniziata nel novembre 2011, rimane, a nostro giudizio, come un punto di riferimento morale e civile, prima ancora che politico, e ciò si deve dire non certamente per compiacere i salotti buoni, ma piuttosto proprio di fronte agli interessi dei giovani, delle famiglie, dei ceti popolari, delle imprese del territorio, insomma, nei confronti di quelli che non possono trasferire la loro fortuna Pag. 35in un altro Paese, lontano o vicino, e che, dunque, hanno e avevano anche prima il diritto di poter sperare in un'Italia competitiva, efficiente e dinamica. Ciò che tarpa le ali a questo tipo di Italia possibile non è l'Europa e non è neanche questa Europa. Le debolezze strutturali del nostro Paese, quelle che ci fanno consumare valore senza produrlo, che mortificano le energie e i talenti, che sabotano la competizione, che fanno il gioco dei più furbi e dei più forti, ebbene tutto questo non è – e non è stato – colpa dell'Europa o della Cancelliera. Per questo motivo...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Dellai. Colleghi, si sta alzando un brusio abbastanza fastidioso e soprattutto i capannelli. Se fosse possibile...

  LORENZO DELLAI. Per questo motivo, Presidente, invitiamo noi stessi e tutti gli altri a non autoassolverci troppo. La giusta battaglia per l'Europa che tutti vogliamo e per la nuova politica europea che tutti chiediamo, non solo non esclude, ma piuttosto richiede di perseguire con coraggio la strada delle riforme interne per favorire la competitività di un sistema che, altrimenti, è destinato al declino.
  Noi, con questo voto convinto, signor Presidente, impegniamo il suo Governo a perseguire l'obiettivo di una nuova politica europea nei termini della risoluzione che abbiamo sottoscritto ma, nello stesso tempo, lo impegniamo anche – anzi il suo Governo è nato e noi lo sosteniamo fiduciosi proprio per questo – a non interrompere il difficile, ma ineludibile cammino di cambiamento del nostro Paese. Infatti, se è vero che di sola austerità si muore, è parimenti vero che, senza competitività e senza innovazione, ormai non si campa certo cento anni (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Faccio sempre preghiera ai colleghi, se è possibile, di abbassare il tono della voce, in maniera che sia possibile ascoltare gli oratori.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rocco Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, la risoluzione Speranza ed altri n. 6-00007, rappresenta un momento importante della discussione che oggi ha svolto quest'Aula del Parlamento. È importante per i contenuti che vi sono espressi con efficacia di argomentazione, ma anche per la carica simbolica che rappresenta questo essere convintamente insieme tra le forze maggiori della destra, della sinistra e del centro. Mai, come in questo caso, il singolo coincide con la forza reale. Infatti, la sostanza della risoluzione è la richiesta all'Europa di un cambio di passo. Si tratta di uscire dal rigore cieco, da una pervicace chiusura a qualsiasi formula che non sia austerità e poi ancora austerità, per aprire il respiro allo sviluppo e alla crescita. Ora, accade che mentre negli altri Paesi europei le maggiori forze sono divise sul punto, con una minore o maggiore forbice di lontananza ma, comunque, mai concordi, in Italia, invece, c’è un perfetto idem sentire. Questa non è una constatazione che deve portarci al compiacimento o, peggio, alla giustificazione dinanzi a basi scontente delle alleanze che hanno creato e stanno sostenendo questo Governo. Questo idem sentire ha una potenza politica che può e deve avere un peso decisivo in Europa.
  Non siamo una potenza marginale. Siamo tra i sei Paesi fondatori dell'Unione e tra essi quello che ora, più marcatamente di ogni altro, fa sentire il proprio compatto peso sulle linee di politica economica e di filosofia assistenziale che l'Europa deve adottare se non vuole vedersi frantumata dalla crisi e dalle divaricazioni interne ai singoli Stati. Siamo un esempio, siamo il contrario dei famosi PIGS, i Paesi considerati rischiosi per il futuro dell'Europa. Solo da un consenso tra forze maggiori l'Europa sarà in grado di non lasciarsi soffocare dalle sue burocrazie, ottusamente ripiegate sulla consunta e ripetitiva ricetta dell'austerità. Pag. 36Questa posizione non è una novità dell'ultima ora. La risoluzione del giugno 2012, votata all'unanimità dalla Camera, aveva lo stesso orientamento di contenuti e la stessa forza di adesioni, ma allora forse non trovò chi investisse questo capitale in Europa con l'energia necessaria. Oggi, invece, questo è possibile. La concordia che allora si espresse in un voto – ma, forse, era difensiva – oggi è propositiva e votata alla guida della politica economica europea. Non è un piatire sostegni, un accattonaggio di benevolenza, ma una presa di posizione forte, sostanziata da argomenti e, soprattutto, non mi stanco di ripetere, appoggiata sul fondamento di un idem sentire che fa scuola in Europa e che anche il Presidente Obama ha lodato nella conversazione telefonica con il Presidente Letta.
  Signor Presidente del Consiglio, riteniamo particolarmente significativo un suo passaggio della sua relazione che ci soddisfa molto. Lei ha affermato: «Dall'Europa vogliamo molto di più e di meglio» ed è proprio questo il punto, soprattutto ora, a maggior ragione, dopo il grande sforzo di risanamento dei conti pubblici attuato in Italia negli anni della crisi economica globale. Noi vogliamo di più e meglio dall'Europa. È ineludibile che il prossimo Consiglio europeo definisca una strategia immediata europea sulla lotta alla disoccupazione giovanile, così come è indispensabile attivare, conformemente alle opportunità e ai vincoli esplicitamente indicati nelle conclusioni del Consiglio europeo del marzo 2013, forme di investimenti pubblici produttivi, che possono contribuire veramente a rilanciare l'economia. È urgente realizzare un processo riformatore, volto ad attribuire alla Banca centrale europea un ruolo di supporto attivo a favore della crescita.
  Di certo, il Consiglio europeo prossimo, occupandosi di evasione fiscale e di politiche energetiche comuni, è solo una prima tappa di questa missione del Presidente Letta a convertire, per così dire, l'Europa. In giugno vi sarà un appuntamento ben più importante, ma la linea è chiara e renderà il nostro Paese un interlocutore di primissimo piano e vero protagonista del cambiamento.
  Questa nostra determinazione saprà trovare validi alleati e potrà vincere resistenze conservatrici di chi si ostina a non aprire al discorso dello sviluppo e della rinuncia ad un'austerità cieca e sorda ai bisogni dei popoli. È giunto veramente il momento di passare agli Stati uniti d'Europa, è giunto il momento di superare anche i problemi del rigore e di pensare alla crescita, di tornare alla vera definizione del Patto di stabilità, che è Patto di stabilità e di crescita. Per questo motivo, voteremo con convinzione la risoluzione ed auspichiamo che il lavoro concorde che stanno facendo insieme Governo e partiti di maggioranza continui con questa energia e chiarezza (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Spessotto. Ne ha facoltà, per due minuti.

  ARIANNA SPESSOTTO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, innanzitutto noi prendiamo atto delle sue dichiarazioni sull'impossibilità di rinegoziare i trattati e ci riserviamo di verificare quanto da lei detto. In merito alla nostra dichiarazione di voto, voteremo a favore della risoluzione del gruppo SEL, che però non ci trova d'accordo sull'utilizzo dello strumento degli eurobond e dei project bond, perché per poterli utilizzare deve essere rivisto il Trattato di Lisbona. Quindi su questo punto non ci troviamo d'accordo con la risoluzione proposta dal gruppo SEL, però voteremo a favore.
  Voteremo inoltre ovviamente la nostra risoluzione, perché riteniamo che l'impegno del Governo debba concentrarsi maggiormente sulla promozione di una integrazione più vicina ai cittadini, attraverso il rilancio del progetto costituzionale europeo, affinché si superi la disaffezione dei cittadini verso l'Europa, incapace di dare risposte alla crisi economica. È quindi indispensabile che lei, signor Presidente, si Pag. 37faccia portavoce, nell'imminente Consiglio europeo e nelle altre sedi dove rappresenterà il nostro Paese, della necessità: di contrastare i piani di rigore e di austerità e concentrarsi sul rilancio dell'occupazione, soprattutto giovanile, e sugli strumenti di sostegno, quale il reddito minimo; di rinegoziare il bilancio comunitario per ridurre gli squilibri tra i Paesi contribuenti. Come è infatti noto, nel 2011 l'Italia è stata ancora una volta contribuente netto.
  È necessario poi, signor Presidente, rivedere il fiscal compact e il MES, nella logica di un'unione solidale e non solo monetaria. Occorre poi proporre con determinazione l'attuazione del principio di trasparenza bancaria e quindi lo scambio di informazioni fiscali con tutti i Paesi terzi, soprattutto quelli ricompresi nei cosiddetti paradisi fiscali. È necessario poi favorire la definizione della legislazione bancaria europea che disponga la totale separazione tra banche d'affari e banche commerciali.
  Sul fronte energetico è poi necessario, signor Presidente, attivarsi per promuovere i piani di autoproduzione di energia locale da fonti energetiche rinnovabili, dando priorità all'indipendenza alimentare delle nazioni e verificando l'impatto ambientale. Infine, signor Presidente, è necessario che lei sostenga il divieto di trivellazioni a scopo estrattivo, poiché compromettono irreversibilmente l'ambiente e l'economia turistica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Mosca. Ne ha facoltà.

  ALESSIA MARIA MOSCA. Signor Presidente, Presidente del Consiglio, colleghi, con la risoluzione che insieme ai gruppi di maggioranza abbiamo presentato, il gruppo del Partito Democratico esprime il proprio sostegno convinto all'impostazione europea ed europeista del Governo e non si sottrae alla sfida di contribuire attivamente alla definizione di tale impostazione. La costruzione delle politiche europee inizia da qui, da questa Aula, come prima rappresentanza istituzionale della democrazia, come più volte oggi è stato richiamato. In passato i Governi informavano il Parlamento in modo occasionale e frammentario ed è stata una delle molte rappresentazioni concrete del deficit democratico che il Parlamento italiano ha debitamente superato.
  Rimarchiamo e apprezziamo la disponibilità di questo Governo, e sua, Presidente, ad attuare questo obbligo, riconoscendo l'importanza di un indirizzo parlamentare espresso sulle priorità dell'azione europea dell'Italia. Ma per noi non è solo una modifica procedurale. Noi del Partito Democratico cogliamo tutta la valenza di questo passaggio, quello odierno e quelli che verranno nelle prossime settimane e apprezziamo il dibattito...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Mosca, è veramente quasi impossibile ascoltare.

  ALESSIA MARIA MOSCA. ...e apprezziamo il dibattito che oggi, in quest'Aula, abbiamo avuto, un esempio di sana dialettica politica. Tutti siamo consapevoli della grave difficoltà che sta vivendo l'Europa, una crisi non solo economica, ma ben più profonda: sociale, culturale e valoriale. Una crisi che si traduce in una diffidenza, se non in un'ostilità, sempre più marcata nei confronti delle istituzioni comunitarie. Eppure, al tempo stesso, una crescente parte della popolazione, specialmente tra i giovani, si sente più vicina all'Europa che alla sua città di origine o all'Italia e vede l'Europa come prospettiva e come ancora di salvezza.
  Per molti giovani pensarsi a livello europeo, portare liberamente tra Paesi diversi le proprie competenze, non è un disvalore, non è una fuga di cervelli, non è necessariamente un ripiego, ma una potenzialità di arricchimento costante. Il problema, semmai, è che questa aspirazione non si traduce in una fiducia nelle istituzioni dell'Unione europea, perché restano divari non colmati tra l'esperienza, la vita reale, i bisogni dei cittadini e le Pag. 38istituzioni che li rappresentano. Non solo, la maggioranza dei cittadini non conosce chi fa che cosa e l'effettivo potere di ciascuna istituzione. Infine, l'Europa non esprime la sua possibilità di costruire e tradurre in modo efficace la sua strategia. Tutto questo finisce per alimentare spinte disgregative, che non sono solo antistoriche e antitetiche alla possibilità di dare risposte efficaci ai problemi, ma che, paradossalmente, sono anche contrastanti con l'aspirazione alla globalità di fasce sempre più ampie di popolazione europea e italiana.
  Ma è proprio nel momento della maggiore crisi che possiamo cogliere grandi opportunità di miglioramento e crescita, e questo Parlamento può rappresentare, più che mai, una svolta in questo senso. È un Parlamento giovane, fortemente rinnovato, che può dare voce in Europa alla richiesta di partecipazione e di coinvolgimento alle iniziative e alle decisioni che l'Europa intraprende e che hanno un impatto sulla vita quotidiana, così come in passato questo stesso Parlamento è stato protagonista di un europeismo coraggioso e non retorico, con spirito costruttivo e non distruttivo.
  Se l'Unione europea continua ad essere percepita come altro da noi, come oscura e incapace di interpretare le modalità di vita individuale e collettiva degli europei, sarà sempre più indicata come «il nemico». Noi riteniamo, invece, che sia il più grande alleato, non solo per i vantaggi che può portare, ma per il suo essere vicina ai bisogni, per il suo sapere prima ascoltare e poi farsi ascoltare. Il problema non è, dunque, l'Europa, come si è detto, ma quale Europa. I temi che sono in oggetto alla riunione del Consiglio europeo di domani sono un chiaro esempio: la politica energetica e la lotta all'evasione e alle frodi fiscali sono entrambe questioni che segnano la nostra vita quotidiana, ed è questo che mi preme e ci preme sottolineare fra tutti i temi contenuti nella risoluzione che abbiamo presentato.
  La politica energetica ha un rilievo centrale nella definizione di una strategia dell'Unione europea per rilanciare la competitività del sistema produttivo europeo, contribuendo a promuovere la crescita e l'occupazione. Il Partito Democratico e la maggioranza tutta che sostiene questo Governo ritengono fondamentale sostenere il completamento del mercato interno dell'energia e delle interconnessioni, per evitare che nessuno Stato membro resti isolato dalle reti europee di distribuzione del gas e dell'energia elettrica. Si tratta di una questione vitale, anche dal punto di vista geostrategico, per l'Europa, che ha nella dipendenza energetica uno dei suoi talloni di Achille e che solo attraverso una comunità europea dell'energia può essere ridotta. Sosteniamo, per questo, la proposta di François Hollande di coordinare gli sforzi, in particolare nelle energie rinnovabili, così come riteniamo che l'Unione europea individui le giuste misure normative e finanziarie per incentivare gli investimenti in un'infrastruttura energetica moderna, l'approvvigionamento diversificato e l'efficienza energetica. Tutto al fine di rendere i nostri Paesi, e specialmente l'Italia, più competitivi su scala globale e al fine di avere una riduzione dei prezzi energetici. Anche su questo punto è utile sottolineare come i cittadini italiani, nei comportamenti quotidiani, si siano avvicinati a pratiche e a standard europei molto più di quanto si rappresenti. Hanno, infatti, dimostrato un'attenzione sempre crescente ai temi del risparmio e dell'efficientamento energetico, con una consapevolezza, nei consumi, fino a poco tempo fa impensabile. Questo a dimostrazione di quanto l'Europa sia così presente nelle nostre vite.
  La seconda questione all'ordine del giorno del Consiglio europeo di domani, la lotta contro l'evasione e la frode fiscale, è un altro chiaro esempio di come il sistema europeo unito possa essere l'unico a dare risposte efficaci ai bisogni di tutti i cittadini, se è capace di muoversi con concretezza e immediatezza.
  La creazione di un'autentica unione economica e monetaria nell'ambito dei quattro pilastri dell'integrazione non può prescindere da un maggiore coordinamento delle politiche fiscali nazionali, incluso Pag. 39il settore delle imposte dirette. Questo allo scopo di assicurare che il risanamento delle finanze pubbliche proceda in modo equo, efficace e favorevole all'occupazione, prevenendo o correggendo fenomeni di concorrenza dannosa, soprattutto in materia di imposizione sulle imprese e sulle rendite finanziarie, che potrebbero avere effetti negativi sulla competitività complessiva dell'economia europea. L'esperienza dimostra, peraltro, che una concorrenza fiscale senza regole nell'ambito di una unione economica e monetaria penalizza maggiormente i fattori meno mobili della produzione, primo fra tutti il lavoro. In questo contesto, dunque, è prioritario definire tutti gli strumenti necessari per la lotta contro l'evasione e la frode fiscale anche in relazione ai Paesi terzi, esaminando le opzioni contenute nel piano d'azione presentato a riguardo dalla Commissione europea il 6 dicembre 2012.
  Voglio concludere con un riferimento a quella che sarà la prospettiva non del Consiglio europeo di domani, ma di quello di giugno. Il Governo ha fatto bene a chiedere di dedicarlo ai temi della disoccupazione giovanile. Affrontare la tragedia sociale più grande di questi anni non è solo un dovere dell'oggi, ma anche del futuro dell'Europa e quindi del futuro di tutti noi, visto che è solo attraverso l'Europa che possiamo dare risposte a problemi così complessi.
  Il Governo ha individuato un percorso fortemente europeo, cambiando lo schema di approccio al problema, che è andato solo aggravandosi in questi ultimi anni. L'Italia, più degli altri Paesi, può dettare la linea del nuovo europeismo, forte della sua credibilità riconquistata negli ultimi mesi, che la porterà auspicabilmente a uscire dalla procedura di disavanzo eccessivo. Per questo noi abbiamo la responsabilità di proporre soluzioni subito attuabili, a partire da un piano di investimenti in materia occupazionale, e di esigere dai partner europei decisioni non differibili nel tempo.
  I giovani europei, pur nell'enorme difficoltà rispetto alle generazioni dei loro padri, si trovano in condizioni economiche e sociali migliori dei coetanei dei Paesi cosiddetti emergenti. Tuttavia hanno meno fiducia e speranza nel futuro. Dobbiamo, allora, mettere in circolo energie e competenze. Bisogna offrire occasioni vere di crescita a tutti i giovani. Bisogna far crescere una generazione sempre più europea, sulle cui gambe si costruisce l'Europa veramente unita. I tanti giovani che si percepiscono europei devono poter vedere soddisfatta questa aspirazione attraverso la moltiplicazione di occasioni loro offerte, a partire dal rafforzamento e dal rilancio di tutti i programmi di mobilità e scambio, non solo degli studenti, ma anche dei lavoratori, degli apprendisti e dei giovani imprenditori.
  Altiero Spinelli era un giovane europeo quando sognava gli Stati Uniti d'Europa. Noi possiamo e dobbiamo dare ai tanti Altiero Spinelli di oggi tutti gli strumenti necessari per ritornare a sognare il futuro con speranza e per tradurre quel sogno in realtà (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. La ringrazio. Vorrei ringraziare e salutare gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo Cerisano, in provincia di Cosenza, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Antonio Martino. Ne ha facoltà.

  ANTONIO MARTINO. Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, tengo anzitutto a rinnovarle la mia alta considerazione e gli auguri di buon lavoro. Vorrei tanto che lei, nel parlare con i suoi colleghi domani, ricordasse che non solo l'Italia, ma tutti i Paesi dell'eurozona si trovano oggi a dover fare i conti con un trilemma. Possono avere soltanto due delle seguenti tre cose: una crescita economica e occupazione in aumento, il pareggio del bilancio, e gli attuali livelli di spesa pubblica.
  Noi ci stiamo avviando rapidamente al bilancio: abbiamo una spesa pubblica che supera largamente il 55 per cento del PIL, Pag. 40non solo non abbiamo crescita economica, ma siamo in depressione, la disoccupazione ha raggiunto valori intollerabili e c’è un'epidemia fra le imprese, specie piccole.
  Come si esce da questo ? Si esce tenendo presente che il Trattato di Maastricht attribuisce la responsabilità della politica monetaria alla Banca centrale europea ma, facendo divieto alla Banca centrale europea di monetizzare il debito degli Stati membri, sostenendo che la politica di bilancio e tributaria è responsabilità nazionale, non europea. E deve essere così, se la Germania avesse compreso questo fatto, riflettendo per un secondo sul fatto che negli Stati Uniti d'America i cinquanta Stati usano tutti la stessa moneta, il dollaro, ma non seguono affatto le stesse politiche di bilancio. Il Texas è in rapida crescita e ha le finanze in ordine e sui titoli di debito statale paga un bassissimo tasso di interesse. La California ha altissimi livelli di spesa pubblica, il bilancio in dissesto ed il tasso di interesse sui titoli è molto alto. A nessuno verrebbe in mente di pensare che i texani debbano pagare i debiti dei californiani, che la Fed debba monetizzare il debito dei californiani o che il Governo federale debba intervenire per aiutare la California.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  ANTONIO MARTINO. Gli errori economici – e concludo, Presidente – hanno fatto più vittime, non intenzionali, di quante ne abbiano fatte gli assassini prezzolati (Applausi di deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Ora, colleghi, un po’ di attenzione, perché abbiamo una procedura di voto particolare.
  Avverto, infatti, che il gruppo di Sinistra, Ecologia Libertà ha chiesto la votazione per parti separate della risoluzione Speranza, Brunetta Dellai, Pisicchio, Tabacci e Di Lello n. 6-00007, nel senso di votare distintamente la premessa dal dispositivo.
  Indìco, quindi, la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio, Tabacci e Di Lello n. 6-00007, limitatamente alla premessa, accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Sannicandro, Cassano, Peluffo, Cova, Marazziti, Verini, Rotondi, Vargiu... Mi pare che l'onorevole Marazziti abbia dei problemi... Misuraca... onorevole Misuraca, non deve togliere la tessera... stiamo cambiando la tessera agli onorevoli Misuraca e Marazziti... l'onorevole Marazziti credo che possa votare... bene, anche l'onorevole Marazziti ha risolto. Ci sono altri ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

     (Presenti  550   
   Votanti  543   
   Astenuti    7   
   Maggioranza  272   
    Hanno votato
 387    
    Hanno votato
no  156).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio, Tabacci e Di Lello n. 6-00007, limitatamente al dispositivo, accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cassano, Ascani, Lavagno, Fratoianni, Duranti, Paolucci, Palma, e anche Baretta (succede anche ai sottosegretari). Latronico, Pag. 41Rotondi, Frusone... onorevole Rotondi, aspettiamo, non si preoccupi. Epifani... Rotondi ha risolto... Malisani... ancora abbiamo dei problemi con l'onorevole Palma... Malisani ancora... Palma ancora... Abbiamo ancora dei problemi con l'onorevole Palma... controlliamo il dispositivo all'onorevole Palma... purtroppo succede. Siamo fermi al dispositivo dell'onorevole Palma... bene, ha votato l'onorevole Palma.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
   (Presenti  547   
   Votanti  507   
   Astenuti   40   
   Maggioranza  254   
    Hanno votato
 401    
    Hanno votato
no  106).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 6-00008, per la parte non assorbita, accettata dal Governo con le precisazioni rese dal Presidente del Consiglio.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Rotondi, Colonnese, Malisani, Malpezzi, Polidori, Epifani... Hanno votato tutti ? Amodio...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  541   
   Votanti  534   
   Astenuti    7   
   Maggioranza  268   
    Hanno votato  399    
    Hanno votato no   135.

  (La Camera approva – Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Migliore ed altri n. 6-00009, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, non accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Colonnese, Di Lello, Tancredi, Latronico, Frusone, Vargiu, Cassano... Hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  549   
   Votanti  543   
   Astenuti    6   
   Maggioranza  272   
    Hanno votato  141    
    Hanno votato no   402.

  (La Camera respinge – Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Carinelli ed altri n. 6-00010, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, non accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Sannicandro, Cassano, Frusone, Malvezzi, Vargiu, Lotti, Latronico...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  551   
   Votanti  544   
   Astenuti    7   
   Maggioranza  273   
    Hanno votato  140    
    Hanno votato no  404    

  (La Camera respinge – Vedi votazioni).

Su un lutto della deputata Teresa Bellanova.

  PRESIDENTE. Comunico che la collega Teresa Bellanova è stata colpita da un grave lutto: la perdita del padre.
  Alla collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Pag. 42

Sull'ordine dei lavori (ore 18,20).

  FUCSIA NISSOLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FUCSIA NISSOLI. Signor Presidente, con la particolare sensibilità che deriva dalla mia elezione in rappresentanza degli italiani nel Nord e Centro America, intervengo semplicemente per chiedere a nome dell'amicizia...

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa. Gentilmente, coloro che stanno uscendo possono farlo in silenzio e facendo in modo che noi possiamo ascoltare quanto ha da dirci l'onorevole Nissoli.

  FUCSIA NISSOLI. Intervengo semplicemente per chiedere, a nome dell'amicizia che ci lega con il popolo americano, oltre ai tanti italiani che vivono negli Stati Uniti, di osservare un minuto di silenzio per le vittime della tragedia avvenuta questa notte a sud di Oklahoma City negli Stati Uniti (Applausi). Ricordo che tra le vittime del tornado ci sono molti bambini rimasti intrappolati nella loro scuola (Applausi).

  PRESIDENTE. La ringrazio e credo che la risposta dell'Aula sia la migliore adesione di tutti noi alle sue parole.

  MANLIO DI STEFANO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Scusi onorevole Di Stefano, continuo a pregare, per favore, tutti i quali non intendono ascoltare di uscire in silenzio dall'Aula. Grazie.

  MANLIO DI STEFANO. Signor Presidente, mi dispiace che non c’è più il Ministro. Sono sicuro comunque che riusciremo a fargli recapitare il messaggio.

  PRESIDENTE. È presente il sottosegretario per i rapporti con il Parlamento, Amici.

  MANLIO DI STEFANO. Perfetto, non l'avevo vista, grazie. Il 5 giugno verrà inaugurata la Coppa UEFA di calcio under 21 in Israele. Ora il 5 giugno è una data particolare perché è la data in cui Israele attaccò e occupò la Cisgiordania, Gaza, le alture del Golan e parte del Sinai. Quindi rappresenta una giornata di conquista per Israele e probabilmente l'inizio della sofferenza per molte altre popolazioni. Gli israeliani in questo momento stanno praticando discriminazione e violenza anche in ambito sportivo perché si stanno distruggendo stadi, stanno facendo ostruzionismo agli eventi che prendono in considerazione il lato palestinese.
  Noi crediamo che neppure lo sport possa esimersi dal rispetto dei diritti umani e che un evento così importante a livello mondiale debba chiaramente essere sotto l'occhio della riflessione collettiva anche da questo punto di vista. Quindi, mi rivolgo al Ministro Idem, il nostro Ministro dello sport, chiedendo che il 5 giugno non rimanga in silenzio ma esprima la nostra solidarietà al popolo palestinese che non può godere della libertà di questi eventi come tutti gli altri popoli liberi (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Di Stefano. Ovviamente il sottosegretario qui presente ha ascoltato le sue parole.

  FRANCO VAZIO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FRANCO VAZIO. Onorevole signor Presidente, onorevoli colleghi, in questi anni, in questi mesi abbiamo assistito a fatti che interpellano il Paese e, quindi, questo Parlamento, sul ruolo che le istituzioni debbono avere in relazione a fatti e situazioni che si verificano all'estero e che riguardano la libertà personale, la celebrazione di un giusto processo, l'incolumità e il regime di custodia carceraria dei nostri connazionali. In riferimento a ciò è lecito domandarsi con quale autorevolezza, con quale determinazione e soprattutto Pag. 43con quale efficacia il nostro Paese e il nostro Governo devono porsi nei confronti dei Paesi e dei Governi ove tali situazioni si verifichino ed ancora, non secondariamente, quale vicinanza e quale aiuto le istituzioni devono manifestare e dimostrare nei fatti a questi cittadini e alle loro famiglie. Quest'Aula si è occupata della triste e complicata vicenda dei marò, un quasi naufragio diplomatico, una storia nella quale, nella migliore delle ipotesi, il nostro Paese non ha certamente dimostrato tutta la sua autorevolezza.
  È notizia di questi giorni della morte di un altro giovane, Claudio Faraldi, nel carcere di Grasse, lo stesso istituto di pena dove nel 2010 morì in circostanze ancora tutte da chiarire un altro nostro giovane connazionale, Daniele Franceschi.
  Molti sono i casi ricchi di solitudine e di disperazione così come la storia terribile su cui mi soffermerò di due nostri giovani connazionali, Elisabetta Boncompagni e Tomaso Bruno, che nelle more del processo da oltre tre anni sono rinchiusi nelle carceri indiane: due cittadini italiani che lottano per dimostrare la loro innocenza, perché accusati della morte del loro amico e compagno di viaggio. Era il 4 febbraio 2010 quando Elisabetta e Tomaso rinvengono il loro amico, Francesco Montis, in uno stato di grave difficoltà respiratoria e allertano subito lo staff dell'albergo dove alloggiano. Poi la corsa all'ospedale e purtroppo la morte di Francesco. I due giovani chiedono aiuto all'ambasciata italiana a New Delhi. La polizia prima li invita a non lasciare l'albergo e poi, dopo averli accusati di omicidio, li rinchiude in carcere dove tuttora si trovano.
  Vengono celebrati due gradi di giudizio che si concludono entrambi con una sentenza di condanna per omicidio alla pena dell'ergastolo. Ora resta solo l'ultimo grado di giudizio, il prossimo 3 settembre. Processi dove i poveri familiari di Montis gridano l'innocenza di Elisabetta e Tomaso, evidenziando il noto pregresso stato di malattia del proprio figlio. Osservatori internazionali confermano che, come sostenuto dai legali dei due giovani, le sentenze sono assolutamente errate, utilizzano prove bizzarre, e forzate, si fondano su una perizia post mortem totalmente fantasiosa fatta da un medico oculista.
  Un perito che, smentito dai consulenti di parte, non sa dare spiegazioni alle sue conclusioni e, cioè, da dove ricavi la deduzione che il Montis sia morto per asfissia da strangolamento e non per cause naturali. Un processo con garanzie processuali di fatto inesistenti, celebrato senza traduzione, in parte in lingua hindi e in parte in lingua inglese.
  Oltre tre anni di carcere dove i due giovani detenuti italiani sono sostanzialmente isolati, non possono telefonare, non possono interloquire via Internet e possono solo ricevere visite assolutamente sporadiche. Uno Stato italiano e un'ambasciata che, nella passata legislatura, suggeriscono gli avvocati difensori e che, sollecitati e interrogati da più parti, rispondono in maniera poco significativa. Non è sufficiente e non è decoroso per il nostro Paese, non è all'altezza della sofferenza, della solitudine e della disperazione di quei giovani e delle loro famiglie. Può il nostro Paese accettare che i nostri cittadini vengano così rozzamente processati ? Può il nostro Paese tollerare che i diritti di difesa e di garanzia siano stati e siano tuttora così umiliati ? Può il nostro Paese lasciare questi poveri ragazzi e le loro famiglie al loro destino, limitandosi ad assumere posizioni di principio tanto deboli quanto effimere ? A queste famiglie, ad oggi, per la difesa di Elisabetta e Tomaso, sono stati richiesti dagli avvocati 390 mila euro, a fronte di un sostegno offerto che appare davvero come una goccia nel mare.

  PRESIDENTE. Onorevole Vazio, deve concludere.

  FRANCO VAZIO. Io ho presentato ai Ministri degli esteri e di giustizia un'interrogazione e chiedo a questa Camera dei deputati un importante sostegno. Non perdiamo tempo, dimostriamo con i fatti che i cittadini italiani ovunque siano non sono soli. Affermiamo con risolutezza che l'Italia non lascia mai soli i propri figli.

Pag. 44

  PRESIDENTE. Onorevole Vazio, io non ho interrotto neanche lei come è successo ieri, però lei stesso ha ricordato che ha presentato un'interrogazione. Tendenzialmente questi sono argomenti che meritano di più, sollecitando il Governo attraverso gli atti formali, piuttosto che con interventi sull'ordine dei lavori che non sono propriamente sull'ordine dei lavori.

  SANDRA ZAMPA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, colleghe e colleghi, ho voluto portare in quest'Aula la voce di un'importante organizzazione non governativa, Save the Children, che, in queste ore e in questi giorni, sta portando in sedici città italiane un grido d'allarme per la condizione dell'infanzia e dell'adolescenza, cioè dei nostri più giovani cittadini. È una campagna che Save the Children conduce dopo avere raccolto dati che ci dicono che il nostro Paese è davvero, in tema di investimenti sui più giovani cittadini e, quindi, sul proprio futuro, il fanalino di coda in Europa. Dopo di noi ci sono soltanto la Bulgaria e la Grecia per risorse e qualità degli interventi. In particolare, voglio denunciare in quest'Aula tre dei grandi problemi che Save the Children mette sotto i nostri occhi, purtroppo noti e noti da troppo tempo: la dispersione scolastica, il mancato investimento sulla scuola, ma, soprattutto, la povertà. È circa il 30 per cento dei bambini italiani a vivere in una condizione di povertà e, quindi, credo davvero che sia venuto il momento di ripensare e ripensare, soprattutto, a come affrontiamo questa gravissima crisi. Davvero non è possibile che venga pagata dai più giovani, dai piccoli, dai ragazzini, dai nostri giovanissimi fratelli, nipoti o figli.
  E, quindi, mi fa piacere che sia qui presente il Governo perché credo davvero che tra i provvedimenti che il Governo si accinge a prendere sarebbe ora di vedere un piano straordinario per l'infanzia e l'adolescenza italiane che intervenga almeno sul tema della povertà minorile e, al tempo stesso, rivolgo un appello alla Presidenza della Camera, alla Presidente della Camera, che so sensibile a questo tema dei diritti delle persone, perché anche la Bicamerale sull'infanzia venga presto istituita e cominci a lavorare, possibilmente dandosi anche una riforma significativa del proprio modo di funzionare perché sia più efficace e più produttivo.
  Il dossier di Save the Children è stato inviato a tutti i parlamentari e oggi è su tantissimi giornali italiani: credo davvero che valga la pena di essere conosciuto, discusso e fatto oggetto di uno studio da parte del Governo. Sarebbe davvero un segnale buono per il Paese ripartire dal nostro futuro (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Zampa. Ovviamente, per la parte in cui si è rivolta alla Presidenza della Camera, trasferirò al Presidente Boldrini le sue parole.

  KHALID CHAOUKI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  KHALID CHAOUKI. Signor Presidente, vorrei intervenire in merito ad una segnalazione che ci è stata fatta dall'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione (Asgi) che si occupa di immigrazione e di minori in particolare, rispetto anche alla manifestazione che tuttora è qui fuori dalla Camera, con oltre 300 minori di origine del Bangladesh.
  Siamo di fronte ad un tentativo da parte dell'amministrazione comunale di Roma guidata da Gianni Alemanno, in questa compagna elettorale, ad un'operazione da lui guidata per cercare, in qualche modo, di far sì che il tema dei minori non accompagnati diventi oggetto di perquisizione rispetto a questi centri, soprattutto, con riferimento al caso che riguarda tre minori di origine del Bangladesh che attualmente si trovano nel CIE di Ponte Galeria.Pag. 45
  In particolare, rispetto a questi tre giovanissimi, chiediamo fin da subito al Ministro dell'interno di riferire, e io ho depositato un'interrogazione al riguardo. Si tratta di tre minori, che sono stati già precedentemente portati al Celio per l'accertamento dell'età, in seguito ad una visita piuttosto invasiva, che sono stati prelevati dal centro di accoglienza di San Michele. Ricordiamo che i minori che vengono affidati a questi centri hanno già fatto due visite mediche per l'accertamento della loro età, mentre questa amministrazione sta chiedendo un'ulteriore visita, ad estrazione, settimana per settimana, per pretendere, in qualche modo, il controllo dell'età di questi minori, non tenendo conto che l'onere di una amministrazione, intanto, è la tutela di questi ragazzi.
  E allora, rispetto alla storia di questi tre giovanissimi, di cui due si ritrovano adesso al CIE di Ponte Galeria, c’è stata una pressione da parte delle associazioni: tutt'oggi, abbiamo delle situazioni di salute, anche a livello psicologico, davvero carenti. Chiediamo al Ministro dell'interno di farci sapere con quali criteri oggi un'amministrazione comunale può di fatto andare contro a quello che è il diritto internazionale che, di fatto, riconosce la tutela del minore come priorità; e, soprattutto, chiediamo, in questo contesto in particolare, di non far sì che il tema dell'immigrazione, dei minori e dei rifugiati in particolare diventi oggetto di strumentalizzazione da parte di una parte politica in questo Paese – come abbiamo assistito anche in questi giorni –, che tenta di confondere tra il problema, che può esserci, della criminalità, di chi non rispetta le leggi, e la stragrande maggioranza delle persone di origine straniera che lavorano in questo Paese, pagano i contributi e sono parte integrante del nostro tessuto sociale, economico e culturale.
  Allora, in particolar modo, se si vuole fare della propaganda, della demagogia, questo non deve riguardare i minori in particolare e i rifugiati. Questo davvero ci preoccupa molto. Ci preoccupa molto anche la confusione che volutamente si sta facendo tra un tema, che è quello della cittadinanza, dello ius soli – su cui possiamo confrontarci in quest'Aula rispetto alle regole e trovare, magari, una soluzione condivisa – e quella che, invece, è la caccia al lupo, generalizzando, creando confusione, senza voler ammettere una volta per tutte che l'Italia, volenti o nolenti, è ormai un Paese multiculturale. Su questa propaganda, però, io mi aspetterei una parola chiara da parte di tutto il Parlamento rispetto a quella che è la condizione di questi centri, dove ci sono tanti minori che dovrebbero in qualche modo essere tutelati dalla civiltà del nostro Paese e non diventare, invece, un caso da tutelare solo da una parte politica, invece che da un'altra (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Chaouki. Io interpreto queste sue parole come un sollecito per la risposta all'atto di sindacato ispettivo: è qui, peraltro, cortesemente presente il Governo attraverso il sottosegretario Amici, che ha ascoltato le sue parole. Ovviamente anche a lei, come ho fatto con i nostri colleghi, ricordo sempre che lo strumento del sindacato ispettivo è sicuramente il modo migliore per ottenere risposte dal Governo.

  ANGELO SENALDI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ANGELO SENALDI. Signor Presidente, vorrei portare a conoscenza dell'Aula e del Governo una situazione su cui, insieme ai colleghi Bonafè, Cani e Benamati, ho presentato anche un'interrogazione, che riguarda una crisi aziendale, in particolare quella dell'azienda varesina Husqvarna, noto marchio di produzione di motocicli soprattutto nel settore fuoristrada ed enduro, che ha subito, dopo anni di difficoltà economiche e di un riassetto aziendale che l'ha riportata ad una profittabilità, un passaggio di proprietà che si sta rivelando assolutamente mortale.Pag. 46
  L'Husqvarna, che è una azienda d'origine svedese, che nel 1987 è stata acquisita dalla società Cagiva che ha anche rivitalizzato il marchio MV Agusta e che quindi rappresenta, come dire, un fatto storico per la meccanica italiana, produce moto di grande qualità grazie anche all'esperienza dei propri lavoratori, dei propri addetti, all'interno dello stabilimento di Cassinetta di Biandronno in provincia di Varese. Husqvarna è stata acquisita qualche anno fa dalla BMW e un paio di mesi fa ha avuto un altro passaggio proprietario ed è stata acquisita dalla società austriaca di Pierer che è anche proprietaria del marchio KTM, un marchio direttamente concorrente che produce nello stesso mercato della azienda varesina. Abbiamo saputo da pochi giorni che la nuova proprietà austriaca ha deciso di chiudere lo stabilimento di Cassinetta di Biandronno e di spostare la produzione presso gli stabilimenti austriaci della casa madre, quindi sfruttando esclusivamente il marchio e le reti commerciali presenti sia in Europa che negli Stati Uniti. Questa scelta porterà alla richiesta di cassa integrazione per 212 operai su 240 presenti nello stabilimento italiano, e alla richiesta quindi di sovvenzione, di sostegno da parte dello Stato italiano.
  Chiediamo che il ministero, che avrà un incontro proprio domani con i rappresentanti della proprietà ed i rappresentanti dei lavoratori, possa intervenire su questa situazione, evitando la chiusura, evitando questo trasferimento e questo saccheggio direi industriale che, a volte, avviene sul nostro territorio e che dobbiamo contrastare in tutte le maniere per salvaguardare quelle che sono le nostre eccellenze produttive.
  Io credo infatti che questo sia un segno di scarsa partnership tra aziende e Paesi che sono nello stesso mercato, nello stesso mercato comune europeo. Io credo che il Governo possa intervenire su questo, dando una parola di speranza anche a 212 lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  STEFANO ALLASIA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, il mio intervento mira a portare all'attenzione dell'Aula e al Governo gli eventi che sono successi ieri sera in Val di Susa, Bussoleno, dove due senatori della Repubblica, Lepri ed Esposito, sono stati assediati dal movimento «No Tav», impedendo un regolare dibattito democratico. Poi la cronaca ci ha portato in evidenza che è avvenuto assolutamente con il buon esito e la buona forza e il buon lavoro delle Forze dell'ordine la piena riuscita dell'evento e, diciamo così, la messa in sicurezza degli esponenti del PD piemontese.
  Ancor di più, esprimo la mia solidarietà, al collega senatore Esposito, del PD, per questioni scritte su Facebook contro di lui dove inneggiavano ad atti violenti, ringraziando che le Brigate Rosse non erano più esistenti in questo Paese perché avrebbero sicuramente attaccato lui e la sua famiglia. Io chiedo al Governo che venga fatta luce su questi eventi, che vengano fermati gli atti di violenza che, in queste ultime settimane, purtroppo dal movimento «No Tav» si stanno verificando continuamente in modo sempre più violento. La preoccupazione per noi è sempre alta, facendo sempre molta attenzione, sempre evitando di calpestare e di toccare gli interessi dei valsusini.
  Abbiamo intenzione, come abbiamo sempre fatto noi della Lega, di portare all'attenzione della cronaca le istanze dei valsusini che hanno interesse e voglia di rilanciare il proprio territorio; a quelli il nostro appello, la nostra volontà di lavorare e di continuare a lavorare costantemente, però in questo momento c’è da far chiarezza e far uscire allo scoperto i violenti che continuano a perpetrare atti delinquenziali contro chi vuole esclusivamente portare in evidenza, in una situazione o nell'altra, in modo democratico le infrastrutture in Piemonte.

  GIULIA DI VITA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 47

  GIULIA DI VITA. Signor Presidente, il mio intervento è un po’ in risposta al collega Chaouki. Siamo abituati a portare all'attenzione dell'Aula molto spesso avvenimenti tragici; invece oggi vorrei approfittarne per segnalare un piccolo evento positivo che è accaduto nel nostro Paese ma che non ha avuto grande risalto, nemmeno a livello mediatico.
  Qualche giorno fa a Palermo un cittadino ghanese ha salvato un commerciante dal suo estorsore, in particolare, come riporta la notizia apparsa su un blog di informazione, il malvivente aveva sfilato a un commerciante le chiavi del furgone, minacciando di non restituirle se prima non avesse ottenuto tutti i soldi che gli aveva chiesto. Dopo un po’ la situazione è degenerata e l'estorsore è fuggito; a inseguirlo però non c'era solo il commerciante palermitano ma anche un extracomunitario che aveva sentito tutto e voleva rendersi utile. Incurante del suo status di immigrato senza permesso di soggiorno, il ghanese ha bloccato l'uomo in fuga ed ha anche aspettato l'arrivo della Polizia e consegnato orgoglioso il malvivente.
  Notizie come questa dovrebbero riportarci ad una dimensione di maggiore unità, condivisione e integrazione, sia a livello di comunità che di comunità multiculturale e multirazziale. Abbiamo ritenuto ancora più doveroso raccontare questo episodio qui in Aula, all'attenzione dei colleghi, anche perché la settimana scorsa è stata giustamente segnalata la questione citando il tragico episodio avvenuto a Milano, riguardo il ghanese Kabobo che ha massacrato a morte tre vittime, alle cui famiglie rinnoviamo la nostra vicinanza.
  Abbiamo ritenuto importante infatti contrapporre ad avvenimenti quanto mai deprecabili e dolorosi episodi positivi, in modo da contribuire a rendere giustizia a comportamenti virtuosi che, pur nel silenzio e nell'ombra, accadono nel nostro Paese perché accadono ed è anche nostro dovere valorizzarli, stimolare, prendere a modello e creare le condizioni affinché possano diventare la norma.
  A tal proposito, infatti, invitiamo il Parlamento tutto ad affrontare la questione dell'integrazione sociale e del miglioramento della normativa sull'immigrazione con questo tipo di approccio, in chiave positiva, pur mantenendo grande attenzione su ogni tipo e possibilità di abusi e irregolarità, ma con l'obiettivo di promuovere il progresso sociale e culturale, senza esacerbare umori e tensioni che rischiano di sfociare in atti di razzismo e odio sociale, strumenti ultimi di chi non ha la capacità o la volontà di reagire adeguatamente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  ANDREA DE MARIA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ANDREA DE MARIA. Signor Presidente, colleghi, è di oggi una notizia che ritengo molto grave: la procura generale di Stoccarda ha deciso l'archiviazione dell'inchiesta sulla strage di Sant'Anna di Stazzema, dove – ricordo – persero la vita 560 cittadini italiani innocenti, massacrati dalle SS naziste. I familiari delle vittime hanno giustamente manifestato tutto il loro sdegno per questa azione della procura generale di Stoccarda e credo che prima di tutto da quest'Aula, dall'Aula del Parlamento italiano, debba venire tutta la solidarietà ai familiari delle vittime dell'eccidio di Sant'Anna di Stazzema per quello che è accaduto. Credo anche che nei prossimi giorni dovremo valutare le iniziative, lo faremo certamente anche come gruppo del Partito Democratico con un'interrogazione, per sostenere l'azione che quei familiari stanno continuando a mettere in atto, sapendo bene che le conseguenze giudiziarie per persone ormai molto avanti negli anni saranno nei fatti irrilevanti, ma sapendo anche che battersi per una verità giudiziaria, anche in Germania, su questa strage di civili compiuta dai nazisti è il miglior modo per rendere omaggio alle vittime e anche per far sì che fatti come questi non possano più ripetersi; quindi tutta la solidarietà e il nostro sostegno ai familiari delle vittime di Sant'Anna di Stazzema e l'impegno ad assumere su questo ulteriori iniziative (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 48

  GIAN LUIGI GIGLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIAN LUIGI GIGLI. Signor Presidente, alcuni giorni fa, in quest'Aula, rispondendo a caldo ad alcune dichiarazioni rese dall'onorevole Fedriga riguardo alla vicenda, tragica che aveva visto una strage di tre poveri innocenti a Milano per mano dell'immigrato illegale Kabobo, mi ero permesso di dire che, a mio avviso, si trattava, più che di un caso di illegalità e di immigrazione, di un problema di ordinaria follia, di un caso clinico, appunto. Queste mie parole hanno suscitato un vespaio, a livello di comunicati stampa, di giornali, di editoriali stessi, di dibattiti televisivi e hanno anche visto auguri di una simile morte per quanto riguarda i miei figli da parte di qualche persona, ben intenzionata.
  Intervengo oggi per un motivo molto semplice, ossia perché, successivamente al nostro intervento in quest'Aula, la procura di Milano ha chiesto la perizia psichiatrica su Kabobo, dicendo tra l'altro – e cito testualmente, per l'onorevole Fedriga – «dalla documentazione medica trasmessa dalla casa circondariale di Milano e dalle dichiarazioni rese dall'indagato nell'interrogatorio, emergono segni inequivocabili di una situazione di infermità mentale». Ecco, io avevo, nel mio intervento, cercato semplicemente di anteporre le ragioni della clinica e della cura a quelle dell'ideologia e della stessa giustizia.
  Vorrei ora che oggi, se possibile, l'onorevole Fedriga ammettesse che probabilmente avevo ragione e che la sua era un'operazione di strumentalizzazione politica su un tragico caso (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia, Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle).

  VITTORIO FERRARESI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  VITTORIO FERRARESI. Signor Presidente, colleghi deputati, nelle giornate di domenica e di lunedì ho partecipate alle importanti commemorazioni in ricordo del terremoto che ha duramente colpito l'Emilia il 20 ed il 29 maggio 2012. Sono state due giornate intense piene di forti emozioni. Oggi, però, mi sento in dovere di ricordare personalmente questa tragedia in Aula, da cittadino proveniente dalle zone terremotate. Vorrei che veramente fosse ricordato in quest'Aula lo straordinario impegno che la Protezione civile, i vigili del fuoco, le forze dell'ordine, i volontari delle associazioni, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni e i sindaci hanno dato per questa causa e, a loro, va tutta la nostra riconoscenza.
  Purtroppo, però, ora non posso esimermi dal ricordare le sfumature rispetto a tante parole di autocelebrazione che sono state spese. Voglio ricordare i problemi ancora aperti, l'insicurezza sul futuro di chi ha perso la casa, il lavoro e la sua impresa. Innanzitutto, colgo questa occasione per ringraziare personalmente il passato Governo Monti per il trattamento che voleva riservare a noi, terremotati di «serie b»: la ricostruzione come un lusso che l'Italia non si poteva più permettere, un'ottica miope di chi pretende e basta, senza minimamente pensare che l'Emilia Romagna è uno dei motori principali che trainano questo Paese e che lo spegnimento di questo motore non avrebbe comportato un danno solo per gli emiliani, ma per l'Italia intera.
  Non siamo a chiedere la luna, vogliamo solo una parte di ciò che abbiamo sempre dato: la normalità di un aiuto indispensabile, che è nel dovere di uno Stato.
  Come va un «grazie» anche al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che, in occasione del discorso di fine anno, si è solo dimenticato il terremoto che, nella primavera dello stesso anno, aveva colpito l'Emilia, e di questo noi non ci dimenticheremo.
  Ancora pochissimi contributi sono arrivati: cittadini e imprenditori sono costretti, Pag. 49se ne hanno, ad anticipare la ricostruzione, la ripartenza. Il contributo non è un diritto acquisito, si chiede che venga riconosciuto un indennizzo certo: le banche erogano solo a seguito di garanzie personali e di fideiussioni, togliendo al più il coraggio di rischiare. Ma la ricostruzione non è un rischio, è un diritto e tutto si è fermato, rallentato, affossato in una burocrazia che favorisce chi ha i mezzi e le possibilità, chi ha risorse da anticipare all'Italia e chi ricicla il denaro sporco. Il nuovo Governo si deve assumere la responsabilità di far ripartire l'Emilia con fatti concreti...

  PRESIDENTE. Onorevole Ferraresi, scusi se la interrompo. Come lei ha premesso, questo argomento è stato ampiamente trattato nella giornata di ieri...

  VITTORIO FERRARESI. Vorrei solo ricordare una cosa che non è stata ricordata...

  PRESIDENTE. Se lei mi consente di terminare... come lei può immaginare, non possiamo, ogni giorno, riaprire un dibattito – finisco di parlare io e poi le do la parola – e trattare il medesimo argomento di seduta in seduta.
  Quindi, ieri c’è stata un'occasione, alla fine dei lavori, sull'ordine dei lavori, in cui si è discusso di questo. Io le sto dando la parola, in qualche modo forzando il Regolamento. La prego di concludere, però.

  VITTORIO FERRARESI. Signor Presidente, penso che sia una cosa totalmente differente dalla mera commemorazione che è stata fatta ieri. Io sto parlando di tutt'altri problemi e concluderò con tutti altri problemi. Quindi, mi sembra che sia una cosa abbastanza differente.
  Concludendo, visto che mi ha interrotto su una cosa abbastanza importante e saltando una parte, mi appresto a ricordare, infine ma non per ultimo, tutte le vittime del terremoto. Ma, non lo voglio fare come semplice commemorazione. Mi chiedo dove sia lo Stato che commemora. Voglio poi dire, con vergogna per chi rappresenta le istituzioni, che l'INAIL ha valutato la vita di un giovane operaio di 35 anni, morto nel crollo della Ceramica Sant'Agostino, in provincia di Ferrara, la misera cifra di 1.900 euro, giustificata da un'iniqua norma che dice che ai familiari delle persone morte sul lavoro non spetta nessuna somma di denaro se il parente deceduto non contribuisce al sostegno della famiglia. Ma c’è un padre, una famiglia che reclama giustizia e questa famiglia non mangia con le commemorazioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ovviamente, non ho nessuna intenzione di polemizzare con lei, ma è del tutto evidente – e di questo avviso anche i capigruppo – che dopo l'ennesima occasione, nella quale ci troviamo a fare i dibattiti fuori dal contesto dell'ordine dei lavori, io non potrò che trasferire al Presidente in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo l'esigenza di trovare una forma di regolamentazione, perché è del tutto evidente che non è questa l'occasione nella quale per qualunque ragione si chiede la parola e si parla per cinque minuti su tutto. L'ordine dei lavori ha una sua configurazione precisa anche all'interno dei lavori dell'Aula, anche una volta che sono terminate le votazioni.
  Comunque, la ringrazio.

  ALESSANDRO BRATTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà. La prego, onorevole Bratti, di essere rapido.

  ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, dopo la sua precisazione mi rimane poco da dire. Ieri ero presente insieme all'onorevole Ferraresi, al collega Ferraresi, alla commemorazione che abbiamo fatto in Castello, organizzata dalla provincia di Ferrara, e non mi sembra che ci fossero dei toni propriamente celebrativi, Pag. 50perché è evidente che tante problematiche sono rimaste sul tappeto in quelle zone. Se ne è parlato in maniera diffusa e si è semplicemente riconosciuto al sistema istituzionale emiliano-romagnolo una grande capacità di affrontare una terribile tragedia come quella del terremoto. È stata una capacità che è stata riconosciuta da tutti i presenti in quella situazione e, quindi, da tutte le istituzioni in maniera assolutamente trasversale e dai sindaci – lo ripeto – di diverso colore politico. Si è riconosciuta la grande forza che ha avuto quella regione e la sua popolazione, di reagire a una grandissima tragedia.
  Sappiamo anche che c’è un provvedimento molto importante in discussione al Senato che noi riteniamo sia fondamentale per completare quelle attenzioni, quegli aiuti, quegli accorgimenti che a livello governativo sono stati presi in considerazione anche dal precedente Governo, che arriverà in quest'Aula e che ci consentirà di dibattere specificatamente sulle singole questioni per cercare di essere sempre più vicini alla situazione, diciamo, ancora di precarietà presente nel territorio emiliano-romagnolo.
  Volevo solo precisare questo, perché di fronte a queste grandi tragedie non è che si celebra, si fa il punto della situazione, si riconosce il merito di tutti coloro che hanno lavorato in maniera indistinta, si mettono in evidenza le cose che non hanno funzionato e si chiede agli enti preposti e alle istituzioni preposte come fare in modo che queste istituzioni funzionino nel migliore modo possibile per le popolazioni disagiate.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare per fatto personale.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, intervengo per rispondere a quanto affermato dall'onorevole Gigli perché il mio intervento, che ho avuto modo di fare in quest'Aula, è semplicemente per chiedere una cosa, che mi sorprende che non sia condivisa da tutto il Parlamento all'unanimità: maggiore sicurezza per i nostri cittadini.
  Abbiamo rimarcato il fatto che riteniamo assolutamente ingiusto che una persona clandestina, oltretutto che aveva commesso dei reati, sia stata lasciata libera di circolare sul nostro territorio dopo, ovviamente, tutto quanto è accaduto.
  Se l'onorevole Gigli poi ha fatto un intervento – il suo in replica al mio e non il mio al suo – e i cittadini hanno valutato – anche io condivido in alcuni casi – con affermazioni estremamente forti da cui bisogna dissociarsi, però se hanno voluto sottolineare l'intervento dell'onorevole Gigli quale in un certo senso giustificativo verso i fatti accaduti a Milano, personalmente io ribadisco che sono lontanissimo, e orgogliosamente lontanissimo, dalle posizioni dell'onorevole Gigli. E sono altrettanto lontano dalle posizioni dell'onorevole Gigli quando su 24 Mattino, una famosa trasmissione di Radio 24, definisce Kabobo l'amico ghanese. Orgogliosamente sono distante da queste posizioni e ovviamente non ho alcuna intenzione di scusarmi al riguardo.

  PRESIDENTE. Io invece mi scuso con l'onorevole Cova, che ho saltato e che aveva chiesto di parlare sull'ordine dei lavori prima dell'onorevole Federica. Prego, onorevole Cova, ne ha facoltà.

  PAOLO COVA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo sul tema del maltempo, in particolare per le continue precipitazioni che stanno avvenendo in regione Lombardia e che stanno creando gravi e seri problemi per l'agricoltura lombarda, in particolare perché è da mesi che non si riescono a fare i lavori nelle campagne, non si riesce addirittura ad arare in questi giorni. Questo sta creando dei problemi a tutte quante le coltivazioni dall'ortofrutta alla florovivaistica, alle foraggere, il mais il riso, per cui questa situazione sta creando dei gravi e seri problemi. In proposito abbiamo presentato oggi un'interrogazione al Ministro proprio per chiedere se non sia il caso di pensare Pag. 51a uno stato di calamità naturale, proprio perché la regione Lombardia comunque rappresenta la prima regione agricola d'Italia.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 22 maggio 2013, alle 15:

  Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  La seduta termina alle 19.

ERRATA CORRIGE

  Nel resoconto stenografico della seduta del 14 maggio 2013:
   a pagina 74, seconda colonna, dopo la venticinquesima riga, inserire: (Il deputato Basso ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario);
   a pagina 75, prima colonna, le parole (Il deputato Basso ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario). si intendono soppresse.

Pag. 52

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 5)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Risoluzione n. 6-00007 p.I 550 543 7 272 387 156 25 Appr.
2 Nom. Risoluzione n. 6-00007 p.II 547 507 40 254 401 106 25 Appr.
3 Nom. Risoluzione n. 6-00008 541 534 7 268 399 135 25 Appr.
4 Nom. Risoluzione n. 6-00009 549 543 6 272 141 402 25 Resp.
5 Nom. Risoluzione n. 6-00010 551 544 7 273 140 404 25 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.