Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 30 aprile 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    per garantire la tutela dei diritti previdenziali dei nostri lavoratori emigrati, l'Italia ha stipulato negli anni numerose convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con i Paesi di emigrazione con il precipuo scopo di garantire maturazione ed esportabilità delle prestazioni pensionistiche;
    attualmente l'Inps eroga in tutto il mondo circa 500.000 pensioni in convenzione internazionale; molte di queste convenzioni sono state stipulate in anni remoti e scontano, pertanto, un difetto di obsolescenza sia sul piano formale che sostanziale e necessitano di essere adeguate ai cambiamenti che hanno investito le legislazioni previdenziali dei Paesi che le hanno stipulate;
    risulta, in particolare, molto penalizzante per i dipendenti pubblici italiani iscritti all'Inpdap e i liberi professionisti emigrati negli Stati Uniti (e poi eventualmente rientrati in Italia) la esclusione dal campo di applicazione oggettivo della convenzione bilaterale di sicurezza sociale tra Italia e Stati Uniti che non consente loro di usufruire del meccanismo della totalizzazione dei contributi previdenziali versati nei due Paesi al fine di maturare un diritto a pensione, con il concreto rischio quindi di perdere i contributi versati;
    da quanto affermato consegue la necessità di prevedere anche per tali categorie di lavoratori la possibilità di poter fruire della «totalizzazione» dei contributi versati nei diversi Paesi alla stregua di quanto avviene per i lavoratori dipendenti del settore privato;
    l'impegno ad aggiornare le convenzioni bilaterali di sicurezza sociale e a sottoscriverne di nuove deve basarsi sulla precisa consapevolezza che l'emigrazione italiana nel mondo ha cambiato volto e quindi occorre fornire nuove e più penetranti tutele alle nuove figure di nuovi lavoratori migranti aggiornando le convenzioni attualmente vigenti e preso atto che esistono numerose convenzioni già sottoscritte dal nostro Paese ma mai ratificate dal Parlamento;
    si registra l'opportunità di procedere, in funzione delle finalità menzionate alla ricostituzione della direzione centrale convenzioni internazionali dell'INPS e di riprendere i negoziati per la stipula e il rinnovo delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale;
    oltre a limitare le prospettive di internazionalizzazione dell'Italia, la sensibile riduzione dell'intervento pubblico e il totale abbandono della gestione delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale non consente di esercitare una doverosa tutela dei diritti e un rigoroso controllo dei doveri socio-previdenziali di una parte non marginale delle comunità italiane, costituita da anziani che spesso vivono in realtà dove i sistemi di protezione sociale non assicurano livelli di tutela adeguati;
    è primario interesse nazionale fare in modo che non si indeboliscano i rapporti con la diffusa e articolata presenza degli italiani nel mondo e che non vengano a mancare in un momento di seria difficoltà gli apporti derivanti dalla nostra diffusa diaspora; nello stesso tempo, è ineludibile dovere etico riconoscere alla emigrazione italiana il contributo storico dato in momenti difficili al Paese e non ignorare i compiti di tutela e di solidarietà verso coloro che sono in seria difficoltà, a partire dalla tutela previdenziale e sanitaria,

impegna il Governo:

   nel rispetto delle esigenze di controllo della spesa pubblica e dei vincoli di natura finanziaria, a riprendere i negoziati, sospesi da troppi anni, per la stipula e il rinnovo degli accordi bilaterali di sicurezza sociale con i Paesi di emigrazione italiana non aderenti all'Unione europea, in particolare in America centro-settentrionale, con l'obiettivo di migliorare il quadro del sistema di tutela dei diritti previdenziali dei lavoratori italiani emigrati all'estero;
   a considerare l'opportunità di assumere iniziative volte a modificare l'accordo del 23 maggio 1973, sottoscritto tra l'Italia e gli Stati Uniti d'America in materia di sicurezza sociale e successive modifiche del 17 aprile 1984 estendendone la validità, oltre che ai lavoratori iscritti all'INPS, all'INPGI e all'ex ENPALS, anche ai dipendenti dello Stato e di enti pubblici iscritti all'INPDAP.
(1-00445) «Fitzgerald Nissoli, Porta, Dellai, Galgano, Vargiu, Marazziti, Marcolin, Buonanno, Picchi, Scanu, Cirielli, Vezzali, D'Agostino, Sottanelli, Scotto, Pilozzi, Caruso, Adornato, Nesi, Gitti, Sberna, Locatelli, Rabino, Fedi, La Marca, Gianni Farina, D'Incecco, Lo Monte, Ginoble, Gigli, Tacconi, Catalano, Capelli, Fauttilli, Gelli, Piepoli, Tinagli, Cimmino, Catania, Santerini, De Mita, Pastorino, Binetti, Preziosi, Patriarca, Guerra, Giuseppe Guerini, Vecchio, Vaccaro, Mazziotti Di Celso, Pagano, Totaro, Pisicchio, Kyenge, Di Lello, Invernizzi, Allasia, Caon, Rondini, Causin, Oliaro, Vitelli, Capua, Monchiero, Amendola, Molea».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    in questi giorni è stata ricevuta a Roma un'importante delegazione somala, composta dal Presidente del Parlamento di Mogadiscio, Mohamed Osman Jawari, e da alcuni parlamentari;
    questa visita del presidente Jawari è uno dei tasselli del rilancio del dialogo al più alto livello tra Roma e Mogadiscio, come già precedentemente l'importantissima visita del Presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud nel settembre 2013, la prima di un Presidente della Somalia dopo la caduta del regime di Siad Barre;
    il dialogo tra il popolo somalo e quello italiano non si è mai interrotto neanche durante i più difficili anni della guerra civile somala, a testimonianza di una relazione privilegiata tra i due Paesi;
    in questi anni gli apporti diretti più significativi sono stati dati soprattutto dal mondo della solidarietà e della cooperazione, anche se non sono mancati i giornalisti che hanno contribuito a mantenere alto in Italia l'interesse e l'attenzione sulla Somalia, a partire da Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, di cui, solo poche settimane fa, abbiamo tristemente ricordato la scomparsa;
    l'impegno diplomatico e politico dell'Italia in questo periodo non è mai venuto meno;
    a testimonianza di ciò vi sono la Presidenza dell'IGAD Partners Forum, in seno alla quale si è organizzata una importante riunione a settembre a New York, così come l'organizzazione a Roma di alcune delle tappe del passaggio dalle istituzioni federali di transizione alle istituzioni costituenti odierne;
    sono inoltre da segnalare gli sforzi fatti dalle istituzioni italiane per accompagnare tutte le fasi della vicenda somala;
    per fare un ulteriore, fondamentale passo avanti e meglio coordinare e direzionare gli sforzi del nostro Paese nelle relazioni con la Somalia, sarebbe importantissimo avere una presenza istituzionale italiana nel Paese;
    l'ambasciata italiana a Mogadiscio è infatti chiusa da anni;
    da tempo ormai si lavora per ottenerne la riapertura, così da migliorare il lavoro di coordinamento tra tutti gli attori dell'Italia in Somalia e garantire un ulteriore rinvigorimento delle relazioni politiche e diplomatiche tra l'Italia e la Somalia;
    non si tratta di riparare torti passati, ma di rafforzare la relazione esistente tra l'Italia e la Somalia,

impegna il Governo:

   a mettere in campo ogni azione necessaria affinché si proceda in tempi estremamente rapidi alla riapertura dell'ambasciata d'Italia a Mogadiscio;
   a mettere in moto tutte le azioni utili ad implementare e migliorare le relazioni tra l'Italia e la Somalia.
(7-00357) «Scotto, Quartapelle Procopio, Locatelli».


   L'XI Commissione,
   premesso che:
    dal 2012 non si è ancora risolta la vicenda di circa 4mila lavoratori del comparto scolastico, penalizzati da un errore della cosiddetta «riforma Fornero» sul sistema pensionistico, che ha impedito loro di andare in pensione, nonostante avessero maturato i requisiti pensionistici entro l'anno scolastico 2011/2012 ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449;
    ad oggi non sono state individuate le coperture finanziarie idonee a risolvere il problema citato;
    da alcuni mesi, il Governo non dà concrete risposte alle sollecitazioni – anche attraverso una risoluzione congiunta approvata in data 27 marzo 2014 dalle Commissioni bilancio e lavoro della Camera dei deputati – per trovare coperture finanziarie diverse al provvedimento e una soluzione all'errore subìto dai 4mila lavoratori del settore scolastico;
    il 17 aprile 2014 la Camera dei deputati ha approvato una risoluzione di approvazione del documento di economia e finanza che impegna il Governo «a provvedere per quanto riguarda la riforma del sistema previdenziale, alla soluzione del problema degli “esodati” e, per il settore della scuola, dei lavoratori cosiddetti “Quota 96”»,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte ad adottare entro il 15 giugno 2014 disposizioni e procedure per dare soluzione certa al problema della cosiddetta «quota 96», per permettere ai lavoratori così indicati di andare in pensione a partire dal 1o settembre del 2014.
(7-00358) «Airaudo, Marcon, Pannarale, Boccadutri, Melilla, Di Salvo, Placido».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   in merito alle indiscrezioni relative alla volontà della Presidenza del Consiglio dei ministri di nominare la dottoressa Antonella Manzione, già direttore generale e comandante del corpo della polizia municipale del Comune di Firenze, capo del Dipartimento degli affari giuridici e amministrativi della Presidenza del Consiglio, in data 12 aprile l'ufficio stampa della Corte dei Conti, come riportato dall'agenzia Ansa, rendeva noto che non era giunto presso la Corte dei conti alcun decreto di nomina per il visto di legge necessario al completamento dell’iter e alla sua efficacia;
   nei giorni successivi, secondo quanto riportato da diversi organi di stampa sulla proposta di nomina della dottoressa Antonella Manzione a capo del Dipartimento degli affari giuridici e amministrativi della Presidenza del Consiglio, avanzata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri la Corte dei Conti ha espresso un parere negativo, le cui motivazioni per alcune fonti di stampa riguarderebbero la mancanza dei requisiti di idoneità a ricoprire l'incarico da parte del soggetto proposto per la nomina, mentre per altre fonti di stampa sarebbero da individuarsi in un vizio formale riscontrato nell'atto di nomina;
   sempre da fonti di stampa si apprende che la Presidenza del Consiglio dei ministri, successivamente al parere negativo della Corte dei conti ha confermato la proposta di incarico della dottoressa Manzione quale Capo del Dipartimento degli affari giuridici e amministrativi della Presidenza del Consiglio –:
   quali siano le motivazioni sulla base delle quali la Corte dei conti ha espresso parere negativo sulla proposta di nomina della dottoressa Antonella Manzione a capo del dipartimento degli affari giuridici e amministrativi della Presidenza del Consiglio, e sulla base di quali motivazioni la Presidenza del Consiglio dei ministri ha superato i rilievi mossi dalla Corte dei conti riproponendo la nomina della dottoressa Manzione.
(2-00520) «Cozzolino».

Interrogazione a risposta orale:


   MARTELLA, MORETTO e ZOGGIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'accordo di partenariato nazionale elaborato dal Ministero dello sviluppo economico stabilisce che i territori nei quali applicare i programmi Leader-CLLD possono essere molteplici, rurali, urbani e anche riconducibili alla pesca;
   la loro individuazione dovrà essere effettuata dai programmi regionali, in modo coordinato dai diversi Fondi;
   per quanto poi riguarda specificatamente l'attuazione dell'approccio CLLD nelle aree rurali, nei programmi operativi dovrà essere data priorità alle aree C e D relativamente alla classificazione delle aree 2014-2020;
   la bozza del PSR 2014/20 presentata dalla regione Veneto al partenariato il 10 aprile 2014, relativamente alla parte «Leader», stabilisce:
    a) la limitazione dell'applicazione del Leader alle aree C e D, escludendo la maggior parte delle aree rurali a maggior vocazione agricola ed in particolare dell'intero Veneto orientale (collocato in area B);
    b) la riduzione della quota riservata all'approccio Leader al minimo da regolamento (5 per cento del PSR, ora è l'11 per cento);
    c) la riduzione dei GAL Veneti da 14 a 8;
   nonostante i numerosi incontri la regione Veneto sembra intenzionata a mantenere l'esclusione delle aree B dall'applicazione del Leader 2014-2010;
   la programmazione per il periodo 2014/20 è stata definitivamente avviata con l'approvazione del regolamento generale n. 1303/2013 del 17 dicembre 2013 e dei singoli fondi FEASR, FESR ed FSE (il regolamento FEAMP è in fase di approvazione);
   il Veneto orientale è stato interessato dal 1994 da una serie di finanziamenti speciali riservati alle aree rurali, applicati in territori diversi nelle varie programmazioni che hanno riguardato nel periodo 1994-1999, nelle aree ex obiettivo 5b, 13 comuni: il portogruarese, oltre ai comuni di Ceggia, Eraclea e Torre di Mosto); nel periodo 2000-2006, nelle aree a bassa densità abitativa e ambito di parchi, 19 comuni: l'ambito del parco del Sile e, nel Veneto Orientale, i comuni di: San Michele al Tagliamento, Caorle, Torre di Mosto, Meolo, Fossalta di Piave e Quarto d'Altino; nel periodo 2007-2013, in tutto il Veneto Orientale 16 comuni nell'ambito del PSL – Leader e 6 comuni nell'ambito del PIA-R;
   tali fondi hanno rappresentato per il Vento orientale un'occasione fondamentale ed unica in quanto nelle tre programmazioni 1994-99, 2000-06 e 2007-13 sono stati realizzati quasi 300 progetti per un importo complessivo di finanziamenti pari a circa 20 milioni di euro;
   i fondi Leader hanno permesso la creazione di una struttura di governance locale che, insieme alla conferenza dei sindaci e all'Intesa programmatica d'area e col coordinamento di VeGAL, ha consentito anche l'attrazione di ulteriori altri finanziamenti comunitari quali il FSE, FERS, Interreg, Life, Equal, solo per citarne i più importanti;
   l'impiego di tali risorse ha permesso la realizzazione di itinerari, il recupero di manufatti storici, la promozione di eventi e manifestazioni, nonché l'avvio di un processo di valorizzazione turistica della ruralità veneta;
   tali risultati sono stati possibili grazie all'azione svolta dal partenariato di VeGAL, il gruppo di azione locale che, come sancito dalla recente classifica del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, è stato classificato come il primo in Italia per dinamicità e progettualità;
   il GAL VENEZIA ORIENTALE attualmente funge da capofila del GAG Veneziano per l'attuazione locale dei fondi FEP 2007/13;
   il Veneto orientale è anche ambito del Parco alimentare, un distretto di produzione di oltre 50 prodotti con vari marchi di qualità e riconoscimenti; un modello unico nel suo genere e sul quale il territorio sta scommettendo in vista di Expo2015, ma anche e soprattutto in chiave post Expo;
   altre regioni, come ad esempio la Lombardia, si sono già espresse in merito alla futura applicazione dell'approccio CLLD nei FEASR 2014/20, consentendo l'ammissione anche delle cosiddette aree B;
   la conferenza dei sindaci del Veneto Orientale ha approvato in data 23 aprile 2014 uno specifico ordine del giorno chiedendo alla regione Veneto di:
    a) riservare all'approccio CLLD 2014/20 nell'ambito del futuro PSR finanziato dal Fondo FEASR la stessa quota riservata nella programmazione 2007/13 (pari a circa l'11 per cento);
    b) di non limitare l'applicazione del CLLD 2014/20 alle sole aree C e D, ma includere anche le aree B;
    c) di estendere gli ambiti di applicazione da un max di 150.000 a 250.000 abitanti, anche al fine di dare omogeneità con altre strutture di governance territoriale (ASL, IPA, conferenza dei sindaci e altro);
    d) di adottare un approccio multi-fondo nell'attuazione delle strategie di sviluppo locale, prevedendo la partecipazione, oltre che del fondo FEASR, anche dei fondi FESR ed FSE, con una dotazione di risorse pari a quelle stanziate nell'ambito dei PSR;
    e) di prevedere il mantenimento dell'attuale numero dei GAL Veneti, ritenendoli la forma più adatta di governance dei piani di sviluppo in relazione alle specificità territoriali dei Veneto;
   si tratta di una opportunità davvero importante per l'intero territorio che non può essere vanificata da una impostazione che rischia di escludere comprensori dalle notevoli potenzialità in termini di sviluppo –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto rappresentato in premessa e se intenda assumere iniziative volte a rivedere l'accordo di partenariato in modo da evitare che le cosiddette aree B possano esse escluse dall'approccio CLLD 2014/2020 consentendo in più efficace utilizzo delle risorse al servizio dello sviluppo del territorio. (3-00797)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   ad avviso dell'interrogante, negli ultimi anni si è fatto un ricorso sproporzionato a decreti attuativi di norme licenziate dal Parlamento: questi decreti troppo spesso risultano essere l'ultimo tassello mancante per poter dare piena attuazione a disposizioni di legge, e in alcuni casi produrrebbero positivi effetti economico-finanziari o addirittura risulterebbero necessari per liberare direttamente decine di milioni di euro in favore delle imprese, come nel caso del pagamento dei debiti della pubblica amministrazione;
   tale fenomeno, congiuntamente alla lentezza degli uffici governativi nel predisporre codesti testi, ha prodotto un tangibile ritardo nell'emanazione dei decreti che, conseguentemente, si sono vistosamente accumulati;  
   nella interpellanza n. 2/00444 del 10 marzo 2014, l'interrogazione già denunciava il grave stato di inadempienza in cui versavano i vari Ministeri, in merito al rispetto dei tempi di emanazione dei vari decreti attuativi;
   il quotidiano «Il Sole 24 Ore», attraverso l'iniziativa di monitoraggio «Rating 24», pubblica periodicamente dei rapporti sullo stato di questi decreti e, secondo l'ultima rilevazione effettuata pubblicata in due recenti articoli del 22 e del 25 aprile 2014, vi sarebbero, a seguito del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, circa 540 decreti attuativi mancanti, senza contare 36 provvedimenti non più adottabili perché sono venuti meno i presupposti;
   da una breve analisi dei dati si può notare come nel corso degli ultimi 3 Governi che si sono susseguiti alla guida del Paese, i cui Presidenti del Consiglio sono rispettivamente Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi, il numero dei provvedimenti attuativi pendenti sia costantemente e inesorabilmente aumentato;
   infatti, se nell'agosto del 2012 i decreti attuavi mancanti ammontavano a circa 340, nel febbraio 2014, erano aumentati a circa 480, mentre ad oggi sarebbero circa 540: dunque, in circa un anno e 8 mesi, il numero dei decreti attuativi da emanare è aumentato di quasi il 60 per cento, nonostante nell'agosto del 2012 fosse stata annunciata la costituzione di una task force incaricata di monitorare l'attività dei vari Ministeri chiamati ad applicare le varie disposizioni;
   i ritardi sono talmente evidenti che i termini per l'approvazione di 200 di questi risulterebbero addirittura scaduti, mentre per molti dei rimanenti 340 i termini non sono stati neppure previsti;
   spesso si tratta di decreti dal contenuto molto limitato, costituiti dà pochi od unici articoli, e dunque semplici e rapidi da produrre, verso i quali il Governo ha evidenziato in certe occasioni, ad avviso dell'interrogante, una vera e propria assenza di interesse ovvero una marcata intenzione di ritardarne o comunque ostacolarne l'emanazione;
   a questo proposito, si riporta, a mero titolo esemplificativo, la vicenda legata al decreto ministeriale che ha consentito anche a privati cittadini la possibilità di effettuare versamenti nel Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese: tale possibilità fu ottenuta grazie ad un emendamento, presentato dal MoVimento 5 Stelle nell'agosto del 2013 durante l'esame della legge di conversione del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, cosiddetto «del fare»; il relativo decreto attuativo, costituito da un unico articolo suddiviso in tre brevissimi commi, è stato adottato dal Ministero dell'economia e delle finanze in data 18 dicembre 2013, solo a seguito di quasi tre giorni di protesta pacifica da parte di semplici cittadini oltre che di simpatizzanti, attivisti ed esponenti del MoVimento 5 Stelle;
   tra i decreti attuativi mancanti, vi sono anche quelli relativi al decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149: secondo quanto rilevato da «Il Sole 24 Ore», dei 5 provvedimenti previsti, ne sarebbe stato emanato solo 1, relativo alla predisposizione dei moduli per la destinazione da parte dei contribuenti del 2 per mille dell'Irpef in vista delle dichiarazione dei redditi, mentre dei rimanenti 4 ancora da approvare (per due dei quali è già scaduto il termine per l'emanazione), alcuni riguardano, ad esempio, le modalità d'identificazione dei donatori e le modalità di vigilanza sul rispetto dei limiti delle donazioni delle società –:
   se sia a conoscenza del grave stato di inadempienza in cui versano attualmente i vari Ministeri, in merito al rispetto dei tempi di emanazione dei decreti attuativi;
   se e quali iniziative intenda intraprendere a livello collegiale, al fine di velocizzare le procedure di emanazione dei decreti attuativi ancora mancanti, che i vari Ministeri sono chiamati ad emanare;
   in che maniera e con quali tempi il Governo ed i suoi componenti intendano, ognuno per le parti di propria competenza, procedere all'emanazione dei decreti attuativi tuttora pendenti. (4-04679)


   MELILLA. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito delle politiche di contenimento della spesa pubblica il Governo ha raccomandato alla RAI di accorpare le proprie sedi regionali e in questo quadro si è diffusa la notizia di un accorpamento della sede regionale abruzzese della RAI con quella di Bari;
   la RAI deve sicuramente ridurre i suoi costi nel quadro della situazione critica che vive il bilancio pubblico del nostro Paese;
   ci sono sicuramente sacche di privilegi e sprechi che riguardano tanti personaggi famosi dello spettacolo e del giornalismo RAI con compensi milionari inaccettabili, così come molti programmi e investimenti sono stati dettati da logiche non aziendali o pubbliche, ma semplicemente clientelari;
   occorre intervenire con coraggio e lungimiranza per colpire i veri sperperi della RAI;
   così come è necessaria una lotta rigorosa all'evasione del canone radiotelevisivo che provoca un danno per centinaia di milioni di euro al bilancio della RAI;
   diventa inaccettabile invece attaccare il pluralismo dell'informazione chiudendo le sedi regionali della RAI, che attraverso i TGR svolgono una funzione importante di tutela del diritto costituzionale dei cittadini ad essere informati sui vari aspetti della vita sociale, culturale e istituzionale;
   è in atto anche nell'informazione una pericolosa involuzione che colpisce la stampa in generale, dai giornali alle TV e alle nuove forme di comunicazione, penalizzando i lavoratori e i giornalisti del settore con normative contrattuali e previdenziali ingiuste, e con un accentramento delle funzioni editoriali ed aziendali e lo smantellamento delle redazioni locali e l'impoverimento del sistema informativo regionale e locale –:
   se non intenda rivedere l'indicazione, formulata nell'ambito delle politiche di contenimento della spesa pubblica, di accorpamento delle sedi regionali della RAI.
(4-04691)


   MAGORNO, BATTAGLIA, BRUNO BOSSIO, CENSORE, COVELLO, D'ATTORRE, OLIVERIO e STUMPO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la capitaneria di porto di Crotone ha effettuato il 22 aprile 2014, nell'ambito delle attività poste in essere con particolare attenzione per la tutela della fascia marina costiera ricadente nel territorio di giurisdizione, il sequestro di una area di 6.500 metri quadrati nel territorio del comune di Isola capo Rizzuto, denunciando i responsabili alla competente autorità giudiziaria;
   «Nei giorni scorsi – si legge in un comunicato stampa della capitaneria di porto del 22 aprile 2014 – nel corso di accertamenti di polizia marittima, i militari hanno potuto constatare l'esecuzione di lavori di sbancamento di una porzione di terreno in parte ricadente nel demanio pubblico marittimo e fascia di rispetto ed in parte ricadente su proprietà privata in zona prospiciente l'Area marina protetta di Capo Rizzuto»;
   il terreno sottoposto a sequestro è situato tra il comune di Crotone e quello di Isola Capo Rizzuto, sulla costa che da Capo Alfieri arriva alla Marinella. «Si parla – afferma la capitaneria di porto – di una porzione di territorio tra le più belle e suggestive del comprensorio crotonese ormai irreversibilmente deturpata»;
   la certificazione di inizio di attività riguardava solo la sistemazione ambientale. La SCIA, presentata la scorsa estate, è stata bloccata dall'ufficio tecnico del comune di Isola capo Rizzuto e sembra che fosse priva della maggior parte delle autorizzazioni necessarie;
   la richiesta di inizio dei lavori è stata presentata da uno dei due amministratori della società ed è stata bocciata per vizi formali, anche se sembra sia stata corredata da pareri positivi della capitaneria di porto e dell'area marina protetta. I pareri ovviamente erano relativi alla sola sistemazione ambientale e non per effettuare con ruspe sbancamenti significativi che avrebbero alterato, così come in parte è accaduto, la bellissima costa;
   «è utile ricordare – afferma la capitaneria di porto di Crotone – che proprio la presenza di macchia mediterranea distribuita uniformemente lungo la fascia litoranea, rende il territorio del comune di Isola Capo Rizzuto tra i più apprezzati a livello paesaggistico e, come tale, soggetto a precisa tutela ambientale»;
   l'area sottoposta a sequestro è dell'azienda agricola a responsabilità limitata «Verdi Praterie», che si occupa prevalentemente di allevamenti di bufali e di trasformazione e produzione di prodotti agricoli e caseari originati dalla lavorazione di latte di origine bufalina – ma la ragione sociale spazia all'ospitalità ed alla ricezione –, ed è controllata dall'IM.MAR, la holding della famiglia del dottor Marrelli, marito della vice presidente della regione Calabria, architetto Antonella Stasi. Il dottor Marrelli detiene il 91 per cento delle azioni della società e il restante 9 per cento è suddiviso in parte uguale tra Doriana Consuelo, Lorenzo e Benedetta Concetta Marrelli. Una società particolarmente in salute che ha chiuso, dopo due anni di perdite, l'esercizio finanziario 2012 con un utile di 415.652;
   infine va rilevato che il sindaco del comune di Isola Capo Rizzuto è anche assessore provinciale con delega alla tutela dell'area marina protetta –:
   se la situazione descritta in premessa – determinatasi anche a causa della mancata tempestiva decisione, da parte dell'amministrazione comunale di Isola Capo Rizzuto, di disporre il sequestro del terreno sottoposto a violento sbancamento in uno dei lembi più belli della costa jonica – abbia arrecato grave danno all'ambiente e al paesaggio e alterato l'equilibrio dell'area marina protetta di capo Rizzuto;
   se il Governo non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza, in base alla normativa in materia di danno ambientale, affinché la società agricola «Verdi Praterie» ristabilisca e restituisca interamente l'equilibrio naturale ed ambientale violati in una delle aree più belle e apprezzate dal punto di vista paesaggistico della Calabria, soggetta pertanto a precise intoccabili norme di tutela ambientale. (4-04694)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SCOTTO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   Paolo Dall'Oglio è un gesuita italiano, noto per aver rifondato in Siria, negli anni Ottanta, la comunità monastica cattolico-siriaca Mar Musa, erede di una tradizione cenobitica ed eremitica risalente al VI secolo;
   Dall'Oglio è sempre stato fortemente impegnato nel dialogo interreligioso con il mondo islamico, e negli anni le sue posizioni l'hanno più volte posto in contrasto con il regime siriano, che ne minacciò l'espulsione durante la fase di repressione delle proteste popolari del 2011;
   il decreto d'espulsione riguardante padre Dall'Oglio non fu inizialmente messo in esecuzione grazie al raggiungimento di un accordo con le autorità siriane, ma poi, il 12 giugno 2012, tale atto fu effettivamente eseguito e Paolo Dall'Oglio venne allontanato dal Paese;
   successivamente Dall'Oglio è stato accolto dalla fondazione monastica di Deir Maryam el Adhra, a Sulaymanya, nel Kurdistan iracheno;
   nel 2013 padre Dall'Oglio è rientrato in Siria, in particolare nel nord del Paese, allora controllato dai ribelli oppositori del regime di Assad;
   lì si è impegnato in una serie di difficili trattative per la liberazione di un gruppo di ostaggi a Raqqa;
   mentre era lì, il 27 luglio 2013 Paolo Dall'Oglio è stato rapito da un gruppo di estremisti islamici vicini ad al-Qaida;
   nei mesi si è diffusa più volte la voce che Dall'Oglio fosse morto, ma non è mai stato possibile confermare o smentire tale ipotesi;
   il 21 aprile 2014 si è diffusa la notizia relativa ad alcune dichiarazioni in merito alla situazione concernente padre Dall'Oglio da parte di alcune fonti dell'Esercito libero siriano (Els), l'opposizione armata al regime siriano;
   all'indomani della liberazione di quattro giornalisti francesi, infatti, queste fonti, interpellate da Aki-Adnkronos International, avrebbero dichiarato che Paolo Dall'Oglio è vivo e si trova in una delle prigioni controllate dai miliziani dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isis);
   tale prigione si troverebbe in un punto non meglio precisato del nord della Siria;
   secondo le fonti dell'Els non sono in atto trattative per ottenere la liberazione di padre Dall'Oglio;
   l'Unità di crisi della Farnesina ha dichiarato di seguire con massima attenzione la vicenda, e di mantenere il riserbo sulla questione come di prassi per casi del genere;
   secondo alcune fonti sentite dall'Ansa sarebbero in realtà in corso da vari mesi contatti in Siria ed altri Paesi a diversi livelli per ottenere la liberazione di padre Dall'Oglio, e nelle ultime settimane sarebbero anche pervenute notizie confortanti sullo stato in vita del gesuita italiano, ma che su questo non potrebbero esservi certezze assolute a causa delle difficoltà nel penetrare la struttura ove trattenuto Dall'Oglio;
   la famiglia di Paolo Dall'Oglio non ha notizie delle sorti del gesuita da mesi, se non quelle fornite dai mass media;
   i fatti narrati sono rintracciabili anche, tra gli altri, nell'articolo pubblicato dall'edizione online de La Repubblica il 21 aprile 2014 con il titolo «Siria, “Padre Dall'Oglio è vivo, è prigioniero delle milizie jihadiste”» –:
   quali ulteriori misure abbia già preso il Ministro in merito e quali azioni intenda intraprendere a riguardo;
   quali informazioni possa fornire pubblicamente e alla famiglia di padre Dall'Oglio senza con ciò compromettere il buon esito dell'eventuale trattativa finalizzata alla liberazione dell'italiano. (5-02714)


   MICHELE BORDO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa apprendiamo che il Governo della Croazia ha varato un programma intensivo di sfruttamento dei bacini petroliferi individuati nel Mare Adriatico e per tale motivo ha emanato un bando per l'assegnazione delle concessioni relative a 29 blocchi di fondale, di estensione compresa tra 1.000 e 1.600 chilometri quadrati l'uno;
   a tale scopo sono già state avviate le attività di esplorazione effettuate con la tecnica degli air gun: grosse bolle d'acqua sparate da cannoni ad aria compressa per scandagliare le formazioni geologiche ed individuare le sacche di gas metano e petrolio;
   l'attività estrattiva è programmata nelle acque territoriali croate fino al limite di quelle italiane, non essendoci alcuna zona cuscinetto a causa della ridotta distanza tra le due coste;
   uno dei «blocchi» interessa l'area delle Isole Pelagosa distante meno di 30 miglia dal promontorio del Gargano, distanza inferiore a quella dalle italiane Isole Tremiti: riserva marina nazionale e luogo simbolo della battaglia istituzionale e civica condotta tra il 2010 e il 2012 per bloccare le autorizzazioni a sondare e perforare il fondale adriatico, conclusa positivamente il 2 ottobre 2012 con la sentenza del TAR del Lazio favorevole al ricorso presentato dal comune di Vieste, comune di Vico del Gargano, comune di Peschici, comune di Manfredonia, comune di Rodi Garganico con WWF Italia, Legambiente, LIPU e FAI sostenuti da regione Puglia e regione Molise contro il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero per i beni e le attività culturali, il Ministero dello sviluppo economico e la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale Via/Vas nei confronti di Petroceltic Italia s.r.L;
   il 3 aprile 2014, il Senato italiano ha approvato a larghissima maggioranza un ordine del giorno che impegna il Governo a sospendere tutte le attività concessorie riguardanti la ricerca e l'estrazione di idrocarburi liquidi che si sviluppano all'interno delle 12 miglia di linea marina rispetto alla costa adriatica;
   il 1o agosto 2013 l'interrogante ha presentato la proposta di legge di legge di istituzione della Zona di protezione ecologica del mare Adriatico con il duplice obiettivo di preservare il suo ecosistema dai rischi derivanti da attività industriali inquinanti, come quella estrattiva, e di promuovere un nuovo modello di sviluppo sostenibile fondato sul turismo e la pesca –:
   se il Governo abbia ricevuto comunicazioni ufficiali dal Governo della Croazia in merito al programma di sfruttamento dei giacimenti petroliferi nel mare Adriatico;
   se e come il Governo intenda operare per evitare l'attività estrattiva nell'Adriatico e impedire che lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi nelle acque territoriali della Croazia abbiano effetti negativi sull'ecosistema marino e sulle attività economiche dei centri costieri italiani e soprattutto del Gargano. (5-02720)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI, MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI, DE ROSA, DAGA, BARONI, MICILLO, BUSTO e SEGONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nella riserva regionale del Lago di Vico, (SIC IT6010023 e ZPS IT6010057) sono presenti alcune Faggete di non comune pregio naturalistico; esse sono riconosciute all'interno di «Habitat prioritario» nella scheda dei siti di Natura 2000 perché inquadrabili nelle faggete degli Appennini con Taxus e/o llex (cod 9210).
   gran parte di questi boschi sono dichiarati di notevole interesse vegetazionale e ritenuti meritevoli di conservazione come è già espresso ai sensi della Legge Regionale del Lazio n. 43 del 2 settembre 1974 che ne prevedeva il divieto del taglio;
   per tali ragioni il professor Gianluca Piovesan, Membro del comitato tecnico-scientifico del Ministero dell'ambiente tedesco per l'ampliamento delle faggete vetuste UNESCO, ritiene che questa particolare riserva naturale può aspirare ad essere inserita fra i siti del patrimonio mondiale dell'UNESCO e/o nell'elenco delle Faggete Vetuste d'Europa per le sue caratteristiche biologiche e strutturali;
   la sua tutela è dichiarata nei punti specifici del SIC in cui «l'obiettivo di preservare il ruolo ecologico funzionale complessivo dei due siti (Fogliano, Venere) è di garantire la conservazione degli habitat e delle specie di flora e fauna di interesse comunitario in essi presenti e di individuare, se necessario, le azioni di gestione e gli interventi in grado di ripristinare/mantenere gli equilibri biologici in atto». Tale principio è testimoniato, anche, dallo stesso portale nazionale delle aree protette in cui viene riconosciuta l'unicità dell'ecosistema e la necessità di una sua tutela integrale; «per il suo notevole interesse naturalistico e scientifico la faggeta di Monte Venere è protetta nella sua integrità»;
   l'estensione di questa faggeta ha reso necessario la realizzazione di un piano di assestamento e gestione forestale (PGAF) il quale, tuttavia, in spregio alla riconosciuta necessità di garantire una tutela dell'area nella sua integrità e in conflitto con il principio di gestione mediante il ripristino e il mantenimento delle presenze arboree – come previsto negli obiettivi di preservazione del ruolo ecologico funzionale dei siti – si configura come un «piano di taglio» che prevede l'abbattimento e l'asporto di un numero considerevole di alberi vecchi, debilitati o morti;
   in siffatto habitat la conservazione integrale permette la sopravvivenza di varietà faunistiche peculiari ed uniche nel suo genere come la «Rosalia Alpina»; un coleottero della famiglia Cerambycidae, considerata specie rara e protetta che deve la sua presenza, nell'ambito della riserva naturale, al legame ecologico e biologico con i vecchi faggi morti o debilitati nei quali avviene lo sviluppo delle larve e l'accoppiamento degli adulti. Invero il Par 4.3.1.1 del piano di gestione dei siti natura 2000 del lago di Vico così si esprime per quanto concerne la «Rosalia Alpina»: «il carattere extrazonale è il suo isolamento rendono (...) estremamente vulnerabile e a rischio di estinzione»;
   recentemente le Associazioni ambientaliste e i comitati dei cittadini tra cui Legambiente, Lipu, Accademia Kronos, Amici della Faggeta e altre associazioni ambientaliste, hanno lanciato nei riguardi di tutti i livelli istituzionali (alla Commissione europea, al Ministero dell'ambiente, al presidente della regione Lazio, alla direzione ambiente della regione Lazio, all'assessore all'ambiente della regione Lazio, al dirigente regionale conservazione della natura, al dirigente regionale area foreste, al sindaco di Caprarola) una petizione online sul sito Change.org per scongiurare i tagli boschivi: «Una delle più significative faggete vetuste della penisola rischia di essere irrimediabilmente alterata nei suoi valori ecologici, paesaggistici e scientifici dai tagli boschivi previsti dal Piano di Assestamento e Gestione Forestale (PGAF) del comune di Caprarola, attualmente in corso di approvazione presso la regione Lazio. Il PGAF in oggetto interessa boschi di grandissimo pregio naturalistico, tra cui nello specifico le faggete di Monte Venere e di Monte Fogliano, incluse in aree che rientrano in forme di tutela di scala regionale e sovranazionale: Riserva Naturale Regionale Lago di Vico, SIC IT6010023 «Monte Fogliano e Monte Venere», ZPS IT6010057 «Lago di Vico – M. Venere – M. Fogliano»; tali faggete sono inoltre riconosciute come habitat di interesse comunitario prioritario («Faggete degli Appennini con Taxus e/o llex – cod. 9210*), ai sensi della Direttiva Habitat, come sancito dal Formulario Standard dei siti e confermato dal Piano di Gestione dei Siti Natura 2000 in oggetto, approvato dal Comune di Caprarola. Recenti ricerche condotte dall'Università di Roma Tre sulla faggeta del Monte Venere (definita come foresta secondaria vetusta da Ziaco et al., 2012a) hanno messo in evidenza la presenza di significative popolazioni appartenenti a due specie di coleotteri forestali protetti dalla Direttiva Habitat: Osmoderma eremita (specie di interesse comunitario prioritaria) e Lucanus cervus (specie di interesse comunitario), la cui tutela non è compatibile con i piani di taglio attualmente previsti dal PGAF (per quanto riguarda il Monte Venere, su 17 particelle di faggeta solo 7 vengono destinate all'invecchiamento indefinito). Negli anni ‘70-‘90 questi boschi sono stati oggetto di indennizzi per il mancato taglio selvicolturale poiché dichiarati di «notevole interesse vegetazionale e ritenuti meritevoli di conservazione», ai sensi della legge regionale n. 43 del 2 settembre 1974 che ne prevedeva il divieto di taglio. Ulteriore particolarità che rende fragili queste faggete è la quota straordinariamente bassa a cui vegetano, fino a 550 metri sul livello del mare, vicino al loro limite ecologico altitudinale tanto da essere state definite «faggete depresse»; inoltre queste cenosi sono minacciate dai cambiamenti climatici in corso;
   in riferimento a quanto sopra esposto e richiamando al Principio di Precauzione di cui all'articolo 174, paragrafo 2 del Trattato CE, chiediamo che in un ecosistema così delicato, unico e insostituibile, non vengano effettuati i tagli forestali previsti dal PGAF a carico delle faggete e di escludere in ogni caso dal taglio tutte le piante, di qualsiasi specie, con diametro superiore a 70 centimetri (misurato a 1,30 metri dal terreno). Riteniamo inoltre che l'azione da intraprendere, scientificamente più rilevante e significativa, sia quella di prevedere un monitoraggio in continuo, riferito a tutte le componenti ecologico-forestali maggiormente rappresentative, al fine di assumere ulteriori informazioni utili per la gestione di queste foreste vetuste, come anche indicato nelle conclusioni di una recente pubblicazione scientifica, (Ziaco et al., 2012b)» –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti narrati e quali iniziative intenda adottare per la conservazione e la tutela integrale di questo particolare ecosistema così unico, delicato e insostituibile;
   se il Governo non intenda promuovere le azioni utili per favorire l'inserimento di questa particolare riserva naturale fra i siti del patrimonio mondiale dell'UNESCO e/o nell'elenco delle faggete vetuste d'Europa per le sue uniche caratteristiche biologiche e strutturali già riconosciute alle faggete vetuste ucraine, slovacche e tedesche, con l'impegno affidato dall'UNESCO a Germania, Ucraina e Slovacchia, di estendere il nucleo originario in modo da creare una rete di faggete a livello europeo entro il 2015/16. (5-02723)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DAGA, ZOLEZZI, DE ROSA, TERZONI, BUSTO, MANNINO, MICILLO, SEGONI e VIGNAROLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Fosso delle Tre Fontane è uno dei corpi idrici che attraversano il territorio a cavallo degli ex municipi di Roma XI e XII ora VIII;
   all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 238 del 1999 (commi 1 e 2) si stabilisce l'appartenenza al demanio pubblico di tutte le acque superficiali e sotterranee così come all'articolo 44 del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 «Norme in materia ambientale»: «Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato»;
   nel PTPR della regione Lazio, il Fosso delle Tre Fontane è sottoposto a vincolo paesistico e iscritto nell'elenco delle acque pubbliche pertanto tutelato ai sensi dell'articolo 134, comma 1, lettera b e articolo 142, comma 1, lettera c, del decreto legislativo n. 42 del 2004 per il suo rilevante valore paesaggistico e ambientale che così recita testualmente: «I fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto il dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuno»;
   i successivi commi 2 e 3 del citato articolo 142 elencano i casi in cui queste disposizioni non si applicano: «comma 3. la disposizione del comma 1 non si applica, altresì ai beni ivi indicati alla lettera c) che la regione abbia ritenuto in tutto o in parte irrilevanti ai fini paesaggistici, includendoli in apposito elenco reso pubblico e comunicato al Ministero» ed infine dispone che «Il Ministero con provvedimento motivato, può confermare la rilevanza paesaggistica dei suddetti beni. Il provvedimento di conferma è sottoposto alle forme di pubblicità previsto dall'articolo 140 comma 4»;
   ad oggi, nonostante la forte urbanizzazione che ha caratterizzato l'area circostante il fosso, è ancora presente un ricco ecosistema fluviale dalle acque pulite, con la presenza di alcune popolazioni animali interessanti anche sotto il profilo ecologico, in uno dei fossi più belli e rilevanti di Roma Capitale;
   nel 2006 il WWF manifesta il disappunto per l’«iniziativa dell'ufficio tecnico dell'ex Municipio XI e XII (ora VII) che operò «l'eliminazione della vegetazione spontanea» per una parte del fosso con l'azione di ruspe in totale negligenza nei confronti della normativa sulla tutela della fauna minore (legge regionale 18 del 1988), che vietava specificamente il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione e di riposo ed il molestare la fauna selvatica minore, specie nel periodo della riproduzione, dell'allevamento e dell'ibernazione.» Pertanto quest'area era già riconosciuta come sensibile e meritevole di tutela a causa della presenza di un complesso di elementi naturali volti a definire un sistema ricco di biodiversità;
   con la delibera di giunta regionale del Lazio 5 del 2011, che individua i corsi d'acqua ritenuti irrilevanti ai fini paesaggistici, si afferma, in sintesi, che il vincolo paesistico non sussista per il solo tratto sotterraneo perché il fosso risulta «compromesso da interventi di trasformazione o da uno stato di urbanizzazione in avanzato sviluppo in relazione alle previsioni del P.R.G.» e «modificato a seguito della regimazione del corso d'acqua, o porzione dello stesso, in condotte, in modo che in superficie non risulti traccia della sua morfologia e della vegetazione ripariale» e «sotto il profilo paesaggistico, i corsi d'acqua in argomento risultano, allo stato attuale, privi di valore, in quanto non conservano più i caratteri originari dell'alveo fluviale né le relative permanenze ambientali». Tale Delibera contraddice in primis la volontà di tutela e conservazione visto che la programmazione urbanistica non ha valutato, negli scorsi anni, il vincolo preesistente, indicato ai sensi del decreto legislativo 42 del 2004, considerando che gli effetti conseguenti a processi insediativi incidono sia su singoli beni che, attraverso interazioni ecosistemiche, sull'intero sistema ecologico e paesistico e non tiene conto che recenti sopralluoghi hanno confermato che il Fosso sia di fatto esistente e non abbia perso la significatività idraulica come rilevabile dalla vegetazione presente e svolga le proprie funzioni anche come risorgiva e che già dal 2009 l'Autorità di bacino del fiume Tevere segnalava l'opportunità di tutelare e valorizzare il Fosso delle Tre Fontane in quanto elemento di connessione ecologica;
   il municipio VIII di Roma Capitale, nella persona dell'assessore all'urbanistica dottor Massimo Miglio, con nota dell'11 aprile 2014 prot. 27525, ha già comunicato al Ministero dei beni e delle attività culturali come vi siano «riferimenti normativi e tecnici che illustrano le incongruità, l'inopportunità, finanche i dubbi in merito alla legittimità della proposta avanzata» riferendosi all'ipotesi che la giunta regionale del Lazio deliberasse circa la «rettifica dei vincoli di natura paesaggistica riportati nel P.T.P.R. relativi ad alcuni corsi d'acqua, tra i quali lo storico Fosso delle Tre Fontane» –:
   se alla luce delle numerose criticità riportate in premessa il Ministro, per quanto di competenze, non ritenga che sia opportuno, sentiti gli enti coinvolti (regione, comune e municipio VIII di Roma Capitale), avviare una istruttoria ai fini della conservazione del vincolo diretto secondo quanto previsto dal decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 e si intendano intraprendere azioni e provvedimenti specifici per confermare la rilevanza paesaggistica, ai sensi dell'articolo 142, comma 3, decreto legislativo 42 del 2004, per garantire una fattiva tutela e valorizzazione dell'ambiente ecologico relativo all'ambito interessato dal Fosso delle Tre Fontane, considerando tutte le relazioni che questo contesto intrattiene con il sistema ecologico e paesaggistico circostante, superficiale e sotterraneo. (5-02721)

Interrogazione a risposta scritta:


   GAGNARLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Palazzo della Sapienza di Pisa, fondato in età rinascimentale e profondamente ristrutturato a inizio Novecento, è la sede della biblioteca universitaria di Pisa e della facoltà di giurisprudenza dell'università di Pisa e rappresenta un vero e proprio simbolo dell'ateneo pisano nonché sua sede storica;
   il Palazzo della Sapienza è in mano all'ateneo, mentre la biblioteca universitaria è gestita dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (Mibact);
   la storica struttura è chiusa al pubblico dal maggio 2012 a seguito di una ordinanza del sindaco di Pisa a titolo di prevenzione per «segni di cedimento strutturale» connessi agli eventi sismici che hanno colpito l'Emilia;
   a distanza di circa due anni dalla chiusura la struttura continua a restare inaccessibile al pubblico. I circa 600 mila libri della biblioteca universitaria restano «ostaggio» del Palazzo della Sapienza, non potendo perciò essere direttamente consultati dai cittadini;
   la biblioteca del dipartimento di giurisprudenza, 120 mila volumi solo in parte catalogati, è stata spostata da tempo in periferia, nel deposito di Montacchiello;
   dal giugno 2013 fino allo scorso 19 marzo è stato possibile quantomeno accedere al servizio di prestito e consultazione attivato presso residenza universitaria «Nettuno»: il personale autorizzato si recava due volte al giorno all'interno della Sapienza per reperire il materiale richiesto dagli studenti. Dal 19 marzo 2014 la biblioteca, per motivi di sicurezza, è stata costretta a sospendere «temporaneamente» anche questo servizio; restano richiedibili soltanto i 180 mila volumi contenuti nel magazzino esterno (ex Iti) mentre la maggior parte dei libri conservati nella sede storica restano blindati;
   il caso è ormai da due anni oggetto di scontri, incontri pubblici, polemiche ed interrogazioni parlamentari. L'intreccio di competenze tra Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ateneo e comune potrebbe aver contribuito ad allungare i tempi della risoluzione del problema; tuttavia, la mancanza di ogni concreto intervento dimostra ampiamente quale peso la cultura abbia avuto per i vertici politici del comune di Pisa degli ultimi due anni;
   la perizia realizzata dai tecnici dell'università, in collaborazione con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, presentata lo scorso dicembre dopo un anno di lavoro, ha evidenziato la necessità di interventi strutturali sul Palazzo e di un significativo alleggerimento dei carichi per i locali occupati dalla Biblioteca; allo stato manca tuttavia ogni piano di restauro e rimessa in funzione dell'immobile;
   ad inizio marzo il comune di Pisa ha emesso un'ordinanza per invitare università e Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo a realizzare entro 60 giorni gli interventi urgenti per la messa in sicurezza del palazzo; entro maggio – ha risposto il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – dovrebbe concludersi lo spostamento dei volumi, prioritario per avviare i lavori di messa in sicurezza e sistemazione dell'intero complesso della Sapienza, per i quali tuttavia l'ente competente – l'ateneo pisano – non risulta agli interroganti abbia ancora presentato neppure un progetto di massima –:
   se non si ritenga opportuno predisporre un sopralluogo presso il Palazzo della Sapienza per valutare le reali condizioni di degrado dell'immobile, conseguente all'inusitata permanenza della situazione di chiusura, che almeno per parte del Palazzo pertinente alla biblioteca non appare tuttavia, perizia alla mano, soggetto al rischio di crolli;
   se a distanza di due anni dalla chiusura della struttura, sia possibile indicare una stima verosimile per la riapertura della biblioteca universitaria di Pisa, assicurando il rientro dei volumi trasportati al palazzo San Matteo;
   se non si ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie prerogative, promuovere una migliore progettazione degli spazi e delle attività nella biblioteca, al fine di renderla più operativa e non un mero luogo adibito alla conservazione. (4-04684)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZO, ARTINI, BASILIO, TOFALO, PAOLO BERNINI, FRUSONE e CORDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nel lontano 1937 – XVI anno dell'era Fascista, con il regio decreto a firma del «Capo del Governo, Primo Ministro, Ministro per la Marina», Benito Mussolini, veniva istituito l'ente «Circoli della Regia Marina», e con tale decreto tra l'altro veniva imposto al personale l'obbligo di pagare una quota, pena provvedimenti disciplinari;
   la Marina è stata tra le prime a prevedere «aree di convegno e organizzazioni sportive e ricreative con lo scopo di rinforzare i vincoli di solidarietà marinara» (articolo 6 dello statuto);
   nel corso dei decenni nell'ambito dell'Amministrazione difesa sono nati gli O.P.S. (organismi di protezione sociale), i cui intenti sono riportati nella circolare SMD-G-023 del 1997;
   secondo il Co.Ce.R. Sez. Marina esisterebbero diversi paradossi connessi all'esistenza di questo ente, come: le presidenze e i consigli direttivi imposte dal Ministro per la presidenza centrale e dagli alti comandi per le presidenze periferiche e non eletti dai soci; i bilanci non approvati dai soci, ma dalla presidenza dell'ente;
   essendo sconosciuti ai soci non è possibile sapere se i bilanci sono separati fra ufficiali e sottufficiali;
   vi è l'obbligo di pagare una quota trattenuta direttamente dallo stipendio. L'articolo 9 dello statuto recita infatti che qualora i soci si «rendessero morosi ... saranno perseguibili con provvedimenti disciplinari ed amministrativi senza perdere la qualità di soci»;
   i militari soci nonostante partecipino economicamente alla vita dell'ente, non possono esprimere il proprio parere e/o condivisione sulla gestione anche economica dello stesso;
   nei singoli circoli non solo il personale militare, ma anche civile, è destinato presso tali circoli; in alcuni casi si è passati alla esternalizzazione di alcuni servizi;
   i sottocapi/graduati in Spe non possono frequentare i circoli, perché non è loro consentito diventarne soci, però possono essere impiegati per fare i camerieri e i baristi;
   dal 1995 anno di istituzione della categoria graduati/sottocapi, proprio coloro che percepiscono stipendi più bassi si trovano senza la possibilità di usufruire dell'ente circoli né tanto meno di circoli O.P.S.;
   con la delibera del settembre 2013, il COCER Marina per l'ennesima volta è tornato sulla questione, chiedendo di unificare l'ente ed uscire dall'anacronistica separazione dei soli ufficiali, dei soli sottufficiali e niente per i graduati, unificare, quindi, in un'unica gestione l'ente inglobando la categoria più «debole» economicamente;
   in caso di mancato coinvolgimento dei sottocapi/graduati nell'ente circoli Marina il COCER ha chiesto la trasformazione delle strutture dell'Ente Circoli in O.P.S. consentendo comunque il libero accesso a tutti, così come avviene nelle altre Forze armate, indistintamente dal grado e dal corpo di appartenenza. Infatti a livello interforze, in aderenza alle disposizioni del Capo di Stato Maggiore della Difesa (SMD-G-023) esistono circoli e sale convegno che possono essere usufruite a livello interforze e intercategorie –:
   se i bilanci di entrate ed uscite siano separati fra sottufficiali e ufficiali;
   se il Ministro, che nomina il presidente dell'Ente circoli, abbia intenzione di fornire ogni elemento utile circa i bilanci analitici degli ultimi 5 anni per le entrate a livello nazionale e per singoli circoli presenti nelle vari sedi italiane (evidenziando le cause di eventuali deficit di bilancio);
   quali siano i motivi della nutrita presenza di dipendenti civili della difesa destinati presso gli stessi enti anche in maniera proporzionata come ad esempio il Circolo sottufficiali di Taranto dove parrebbero esserci oltre 50 dipendenti, nonostante le esternalizzazioni di alcuni servizi;
   quali siano i motivi della presenza di sottocapi/graduati in Spe destinati con incarichi di cameriere o barista, sottratti all'attività operativa nonostante ci siano risorse economiche dei soci ed esternalizzazioni;
   se il Ministro non intenda assumere iniziative per superare la divisione tra ufficiali e sottufficiali nella frequentazione dei circoli, inserendo fra i soci anche i sottocapi/graduati, richiedendo loro quote minori proporzionate al proprio stipendio, superando l'anacronistica distinzione tra ufficiali, sottufficiali ed graduati;
   se non reputi opportuno assumere iniziative per la modifica dello statuto, per chiudere l'ente e trasformare tali strutture in circoli con gestioni di organismi di protezione sociale (O.P.S.), come avviene nelle altre Forze armate e Corpi armati in aderenza alla circolare dello Stato Maggiore Difesa. (5-02727)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARRESCIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 4, comma 5, lettera b), del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, introduce agevolazioni relative ad alcune categorie di immobili, a tal fine integrando l'articolo 13, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, norma che individua la base imponibile IMU nel valore del cespite;
   in particolare, è disposta la riduzione al 50 per cento della base imponibile per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili – accertata dall'ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario ovvero in alternativa accertata dal contribuente attraverso dichiarazione sostitutiva ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 – e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell'anno durante il quale sussistono dette condizioni;
   agli effetti dell'applicazione della riduzione alla metà della base imponibile, i comuni possono disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione;
   con legge regionale 3 aprile 2002, n. 5, della regione Marche, integrante la legge regionale 26 dicembre 1983, n. 41, in materia di provvidenze in favore della popolazione di Ancona colpita dalla frana del 13 dicembre 1982, sono stati definiti inagibili gli edifici situati entro il perimetro della zona della frana ed è stata data facoltà al comune di Ancona di accertare le condizioni di stabilità degli edifici per i quali viene richiesta, in deroga alla citata disposizione, l'agibilità entro il medesimo perimetro della zona;
   i proprietari che si trovano nella condizione di risiedere in immobili di cui è stata accertata da parte del comune di Ancona l'agibilità, pur trovandosi all'interno del perimetro della zona della frana, si trovano ad essere ingiustamente penalizzati in quanto sembrerebbe non ricorra alcuna delle fattispecie di riduzione della base imponibile o di esenzione dall'IMU, di cui al citato articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011; essi quindi sono costretti a pagare l'imposta in modo pieno pur risultando un valore dell'immobile fortemente ridotto rispetto al valore della rendita catastale –:
   quali iniziative intenda intraprendere, qualora ritenga che non ricorrano già le condizioni per la riduzione o esenzione dall'IMU, in attesa dell'adozione dei decreti legislativi recanti la revisione catastale previsti dalla delega fiscale di cui alla legge 11 marzo 2014, n. 23, al fine di tenere in considerazione, nel calcolo della base imponibile IMU, il reale valore dell'immobile nei territori colpiti da eventi calamitosi che hanno drasticamente diminuito il valore di mercato rispetto alla rendita catastale, a tal fine anche prevedendo la possibilità di applicare una riduzione alla metà della base imponibile IMU, in attesa della revisione catastale con un successivo eventuale conguaglio.
(5-02717)


   MARCON, PANNARALE, BOCCADUTRI, MELILLA, AIRAUDO, DI SALVO e PLACIDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dal 2012 non si è ancora risolta la vicenda di circa 4 mila lavoratori del comparto scolastico, penalizzati da un errore della cosiddetta «riforma Fornero» sul sistema pensionistico, che ha impedito loro di andare in pensione, nonostante avessero maturato i requisiti pensionistici entro l'anno scolastico 2011/2012 ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449;
   ad oggi non sono state individuate le coperture finanziarie idonee a risolvere il problema citato;
   da alcuni mesi, il Governo non dà concrete risposte alle sollecitazioni – anche attraverso una risoluzione congiunta approvata in data 27 marzo 2014 dalle Commissioni Bilancio e Lavoro della Camera dei deputati per trovare coperture finanziarie diverse al provvedimento e una soluzione all'errore subito dai 4 mila lavoratori del settore scolastico;
   il 17 aprile la Camera dei deputati ha approvato una risoluzione di approvazione del documento di economia e finanza che impegna il Governo «a provvedere per quanto riguarda la riforma del sistema previdenziale, alla soluzione del problema degli “esodati” e, per il settore della scuola, dei lavoratori c.d. “Quota 96”» –:
   quali siano i tempi, le procedure e le disposizioni che il Governo intende concretamente individuare per dare soluzione prima dell'inizio della prossima estate al problema dei lavoratori della c.d. «Quota 96», per permettere loro di andare in pensione a partire dal 1o settembre del 2014. (5-02728)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRILLO, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, MANTERO, DI VITA, DALL'OSSO e CECCONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   gli uffici della stessa Agenzia delle entrate di Catania, con sede in via Monsignor Domenico Orlando 1, i quali occupano le palazzine A, B e il piano dedicato all'ufficio del territorio, sono affittate dall'agenzia; la proprietà dell'immobile è della VIR IMMOBILIARE SRL, del Gruppo familiare Virlinzi;
   si tratta di un immobile messo in vendita nel 2003 dall'ente pensionistico INPDAP, acquistato dalla famiglia Virlinzi con un mutuo ipotecario di 10 milioni di euro e subito locato all'Agenzia delle entrate, con un canone annuo pari a 2.125.369 euro;
   non è difficile considerare che in questo modo, in appena 5 anni la società si sarebbe ripagata da sé il mutuo e con il solo canone di affitto, invece non si comprende il perché l'Agenzia delle entrate che ha già speso, per il solo affitto, oltre 20 milioni di euro, non abbia direttamente acquistato l'immobile –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;
   se non ritenga il Ministro necessario intervenire con adeguate iniziative per procedere ad un «taglio» di tutti i contratti di affitto fuori mercato;
   quali decisioni intenda assumere, altresì, a riguardo di tale sconcertante questione, per evitare l'ennesimo vantaggio ingiusto per talune società a scapito di tutti i cittadini. (4-04690)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   PES. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il patrocinio gratuito garantisce ai soggetti economicamente deboli il diritto a farsi assistere e rappresentare in giudizio da un avvocato senza dover pagare le spese di difesa e le altre processuali le quali sono pertanto pagate dallo Stato;
   l'articolo 76, parte III, del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, regola le condizioni per l'ammissione a tale beneficio, stabilendo che può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a euro 10.628,16;
   il Capo VI, articolo 47, della Costituzione Europea, Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, stabilisce che «ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia»;
   l'articolo 24 della Costituzione, al primo comma, prevede che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. I commi successivi sanciscono che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento e che sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione;
   la difesa, dunque, diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, oltre ad essere costituzionalmente riconosciuto è anche costituzionalmente garantito a chi non ha mezzi sufficienti con la concessione del cosiddetto gratuito patrocinio, in attuazione, anche, del principio di uguaglianza dell'articolo 3 della Costituzione, con il quale la Repubblica si impegna a rimuovere gli ostacoli economici e sociali che ne minacciano l'attuazione;
   tuttavia, vi sono casi in cui l'uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, richiamata nella nostra Carta fondamentale, in quella Europea e in altre fonti, non trova un'effettiva tutela con il patrocinio dello Stato, a causa di spese non contemplate dal suddetto istituto, come ad esempio nella fattispecie di denuncia per morte presunta, il cui iter, oltre alle spese legali, prevede quelle pubblicitarie più onerose;
   il tribunale ordinario dell'ultimo domicilio o dell'ultima residenza della persona scomparsa, cui gli eredi legittimi ricorrono per denunciare l'assenza, articoli 58 e 60 del codice civile, ai fini di emettere la sentenza di morte presunta, ai sensi degli articoli 723, 726, 727 del codice di procedura civile dispone che, per estratto sulla Gazzetta Ufficiale e su due quotidiani, per ben due volte consecutive, debba essere inserita la pubblicità legale;
   le persone prive di mezzi economici, che hanno il patrocinio gratuito dello Stato, non possono sostenere alcuna spesa per la formalizzazione ufficiale dell'atto di scomparsa di un proprio congiunto, come è avvenuto in Sardegna, ad Oristano, per la scomparsa del signor Caddeo in data 28 agosto 2009 –:
   se il Ministro, a seguito degli intendimenti del Governo in materia di pubblicità legale e a seguito della modifica introdotta dal decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, possa prevedere altre forme di pubblicità, in considerazione della digitalizzazione temporale e dell'efficacia delle nuove tecnologie, oppure autorizzare la diffusione della notizia attraverso altri mezzi opportuni, ma meno esosi, ex articolo 727, comma 3, del codice di procedura civile o sulla Gazzetta Ufficiale, articolo 729 del codice di procedura civile;
   se il Ministro non ritenga opportuno che la normativa concernente la concessione del patrocinio a spese dello Stato per le persone non abbienti debba ricomprendere anche i costi della pubblicità legale che, sovente, superano le spese legali, ma che sono determinanti ai fini della formalizzazione ufficiale dell'atto. (4-04673)


   PIRAS. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il territorio del Marghine-Planargia un tempo compreso nella omonima comunità montana, oggi raccolto nelle rispettive unioni dei comuni ubicate sulla linea di confine fra la provincia di Nuoro e quella di Oristano, è un'area della Sardegna profondamente colpita da una importante crisi economica e sociale, iniziata vent'anni orsono ed accelerata dal processo di rapida deindustrializzazione e dalla progressiva «ritirata dello Stato»;
   tutti i comparti produttivi versano in una condizione di seria difficoltà e sia i chiari segnali di spopolamento e ripresa dell'emigrazione costituiscono l'indice demografico di uno stato di generalizzato malessere;
   il combinato disposto dai consistenti tagli operati ai bilanci dei comuni e dal patto di stabilità rendono vieppiù difficoltoso l'esercizio della funzione di governo del territorio da parte degli enti locali preposti, altrettanto quanto il mantenimento di una soglia minima essenziale di servizi ai cittadini;
   l'ennesimo atto che rischia di impoverire ulteriormente il territorio proviene ora dalla disposta chiusura di numerosi uffici del giudice di pace nella provincia di Nuoro fra i quali quello di Macomer, che serve l'intero comprensorio di cui sopra;
   l'articolo 3 del decreto legislativo n.156 del 2012 prevede esplicitamente che «entro 60 giorni dalla pubblicazione degli Uffici soppressi, gli Enti locali [...] possono richiedere il mantenimento degli Uffici del GdP» a condizione che gli enti medesimi o consorziati si facciano carico delle spese di funzionamento ed erogazione del servizio, ivi compreso del fabbisogno di personale amministrativo;
   considerata la grande rilevanza di tale servizio le unioni dei comuni del Marghine e della Planargia si propongono di avvalersi della facoltà prevista dalla norma citata, individuando i locali idonei per il mantenimento in servizio dell'ufficio del giudice di pace di Macomer;
   i medesimi enti tuttavia lamentano una scarsa chiarezza della norma in merito a una serie di questioni dirimenti ed essenziali per l'effettivo esercizio della facoltà inscritta nella norma: 1) normativa vigente in materia di impiego di personale proprio degli enti locali; 2) eventuale vigenza del patto di stabilità sulle risorse destinate al mantenimento dell'ufficio in questione; 3) destinazione del gettito derivante dal funzionamento dell'ufficio medesimo;
   sono da sottolineare:
    la preziosa disponibilità manifestata dagli enti locali del Marghine e della Planargia;
    l'importanza per il territorio del mantenimento di detto presidio della giustizia;
    l'urgenza venutasi a determinare in seguito al dispositivo di chiusura dell'ufficio del giudice di pace di Macomer;
   l'amministrazione della giustizia e la parità nelle condizioni di accesso per tutti i cittadini dovrebbero costituire compito primario, irrinunciabile e non delegabile dello Stato –:
   se il Ministero intenda favorire la soluzione prospettata dalle unioni dei comuni del Marghine e della Planargia;
   se l'impiego di personale proprio degli enti locali finalizzato al funzionamento dell'ufficio debba considerarsi in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010;
   se le risorse finanziarie eventualmente impiegate dagli enti locali per il funzionamento dell'ufficio siano da considerarsi rilevanti ai fini del patto di stabilità;
   se intenda assumere iniziative volte a far sì che il gettito derivante dalle controversie radicate possa essere acquisito dagli enti locali medesimi. (4-04675)


   BASILIO, RIZZO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con ordini del giorno, accolti dal Governo, rispettivamente al Senato e alla Camera in data 9 e 24 ottobre 2013, nonché con la risposta del Ministro del 19 dicembre 2013 all'interrogazione a risposta scritta in Commissione difesa della Camera n. 5/01121, l'esecutivo si è impegnato a porre in essere la razionalizzazione della giustizia militare anche valutando l'opportunità di avviare una riduzione della consistenza degli organici della magistratura militare e del relativo personale per calibrarli sulle effettive esigenze di servizio, e di conseguenza a considerare la soppressione dei tribunali militari e delle procure militari della Repubblica di Verona e di Napoli, nonché del tribunale e dell'ufficio militare di sorveglianza di Roma, con transito integrale del relativo personale magistratuale e di cancelleria agli uffici giudiziari ordinari in carenza organica –:
   a quale concreto stadio si trovi l'azione di razionalizzazione della giustizia militare anche in relazione all'annunciata costituzione, nella risposta all'interrogazione richiamata, di un gruppo di lavoro per la verifica delle ipotesi di razionalizzazione dell'ordinamento giudiziario militare. (4-04687)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VENTRICELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dopo molti anni in cui si è combattuta una serrata battaglia da parte delle forze politiche presenti sul territorio, con l'impegno delle amministrazioni locali coinvolte, sono cominciati i lavori per l'ammodernamento della strada statale 96 Altamura-Bari;
   l'opera completa consiste nel raddoppio a quattro corsie del tracciato, in parallelo rispetto al vecchio e attuale percorso, e tale intervento comporterà un ingente investimento per diversi milioni di euro, prevedendo l'ammodernamento e l'adeguamento della attuale sede mediante la realizzazione di due carreggiate separate con due corsie per ogni senso di marcia e uno spartitraffico centrale;
   nell'ambito dei lavori, oltre alla viabilità complanare a servizio degli insediamenti locali, è prevista la realizzazione di diverse opere, tra cui spiccano due gallerie artificiali, «Micciola» e «San Nicola», rispettivamente della lunghezza di circa 220 e 480 metri e un viadotto in acciaio denominato «Lame Strette» di circa 240 metri;
   negli scorsi mesi, dopo una serie di ritardi rispetto alla tabella di marcia stabilita, sono stati portati avanti i lavori per rendere accessibile il tratto in agro Mellito, che pochi giorni fa è stato aperto al traffico sebbene, così come precisato dall'Anas, al momento sia fruibile una sola corsia;
   tale intervento renderà maggiormente agevole la comunicazione tra il territorio murgiano e la costa, ma nonostante tale risultato, rimangono ancora incompiuti i lavori relativi agli altri lotti della strada statale e, soprattutto, il potenziamento delle altre vie di comunicazione –:
   come intenda procedere per il completamento degli altri lotti, i cui lavori al momento non sono ancora in essere; a che punto siano le gare relative agli appalti; quando si intenda procedere con l'inizio dei nuovi lavori previsti, che renderanno fruibile l'intero tratto della strada statale.
(5-02718)


   GANDOLFI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   ancora una volta si ripropone la carenza delle targhe di immatricolazione dei veicoli presso gli uffici della Motorizzazione civile di gran parte d'Italia, a causa della prolungata mancata produzione e relativa consegna delle targhe da parte del Poligrafico dello Stato;
   la situazione ha dell'incredibile e si ripete da tempo tanto da essere stata oggetto di numerose interrogazioni parlamentari nel corso degli ultimi anni;
   questa situazione danneggia il mercato dei veicoli, determina pesanti fastidi agli utenti che di fatto si vedono impedito l'uso del bene acquistato e blocca il sistema informatico delle immatricolazioni presso gli STA;
   inoltre il fenomeno può provocare conseguenze negative anche per l'efficacia delle misure di sostegno all'acquisto dei veicoli a basso inquinamento ambientale, recentemente decise dal Governo –:
   quali iniziative urgenti intenda intraprendere per fronteggiare le ricorrenti inefficienze che si verificano ripetutamente e ciclicamente e che provocano pesanti disagi agli utenti e alle imprese della filiera dei veicoli. (5-02724)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUCIANO AGOSTINI, MANZI, LODOLINI e PETRINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la mattina di lunedì 28 aprile a Civitanova Marche (Mc) si è verificato l'ennesimo guasto al passaggio a livello della Statale 16 Adriatica (via Carducci), che ne sono scaturiti notevoli disagi al traffico e che nel caos viario generato dai veicoli in coda c’è stato anche un incidente tra un pullman e un'auto;
   da diverso tempo si registrano questi disservizi e che nel 2013 per undici volte (9 e 22 febbraio, 15 marzo, 17 giugno, 2, 23 e 25 settembre, 6 ottobre, 12 e 13 novembre, quest'ultima con tre passaggi a livello bloccati contemporaneamente, e infine il 27 dicembre) lungo la tratta ferroviaria Civitanova-Albacina che attraversa la città si è verificato il blocco delle sbarre e in un caso, quello del 27 dicembre, tra i veicoli rimasti intrappolati in coda c'era anche un mezzo dei vigili del fuoco che si stava recando a prestare soccorsi a cittadini;
   anche in questi primi mesi del 2014 si sono verificati problemi, l'ultimo il 28 aprile, con conseguenti incolonnamenti lungo la Strada statale 16;
   spesso, oltre a creare grossi problemi alla viabilità cittadina, sul luogo dei guasti si rende necessario l'intervento delle forze dell'ordine (carabinieri e polizia) e dei vigili urbani che vengono perciò sottratti ad altri compiti importanti per la città;
   le Ferrovie dello Stato sono state ogni volta sollecitate ad intervenire per effettuare le riparazioni e provvedere ad assicurare il corretto funzionamento dei passaggi a livello sui binari della Civitanova-Albacina;
   la tratta ferroviaria in questione attraversa la città da ovest a est e i passaggi a livello insistono su strade di grande comunicazione (la Statale 16) e su arterie interessate da importanti flussi di traffico perché collegano tra loro quartieri, comparti industriali e commerciali;
   i disservizi ostacolano non solo lo spostamento di numerosi automobilisti, ma anche quello dei pendolari del treno, costretti a subire ritardi ogni volta che si verifica un problema ai passaggi a livello –:
    quali siano i motivi e di chi siano le responsabilità dei disservizi;
   se esista un piano di studio che prevede l'eliminazione di tali inconvenienti e l'adeguamento delle infrastrutture della tratta a una tecnologia che eviti pesanti disagi alla popolazione. (4-04674)


   MOLTENI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da mercoledì 23 aprile 2014 la situazione della strada statale 340 – Regina è nel caos totale a causa delle code interminabili che intrappolano pendolari, residenti, commercianti e turisti, presenti in massa nella zona per le festività di questi giorni;
   si tratta di una vera paralisi mai verificata prima; infatti, a seguito dell'ennesima chiusura del traffico alla strada statale 36, questa volta provocata dalla frana di San Martino, il traffico proveniente dalla Valtellina si è riversato tutto sulla Regina, sommandosi a quello abituale;
   la prefettura di Como ha istituito un'unità di crisi, costantemente in contatto con quella di Lecco e sono stati potenziati i servizi della polizia, specialmente nel tratto più critico tra Colonno e la Tremezzina;
   nella strettoia di Colonno, uno dei punti della Regina dove si verificano i maggiori problemi, la polizia locale, d'intesa con le amministrazioni comunali ha istituito un senso unico alternato per favorire lo smaltimento delle code evitando pericolosi incidenti;
   si tratta di una serie di misure palliative che hanno contribuito a ridurre i disagi ma senza tuttavia risolvere alla base i problemi;
   è difficile ipotizzare la gravità di quanto potrà succedere il prossimo fine settimana del primo maggio che porterà altre migliaia di turisti sul lago;
   i sindaci dei comuni che si affacciano sul lago sono tutti sul piede di guerra, esasperati per il continuo peggioramento della situazione;
   infatti, nonostante l'impegno delle comunità locali e gli interventi migliorativi già realizzati, risulta impellente e determinante il finanziamento degli interventi già programmati sulla strada statale 340, prima di tutto quello della variante della Tremezzina, in quanto la strada statale 340-Regina è un asse fondamentale per il collegamento Italia – Svizzera, oltre ad essere una via di accesso importante alla Valchiavenna e alla Valtellina e l'unica via di collegamento dei paesi del lago, ed è sempre gravata da un intenso traffico turistico e commerciale;
   in particolare il tratto della Tremezzina è diventato ormai del tutto inadeguato sia come dimensioni sia come substrato strutturale, anche per i cedimenti di carattere idrogeologico del sedime spondale, situazione che determina lunghi periodi di chiusura della strada e necessità di ripetuti interventi di emergenza, con provvedimenti tampone che non risolvono i problemi di fondo;
   in data 30 luglio 2007 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ANAS, la regione Lombardia, la provincia e la camera di commercio di Como, è stata sottoscritta una convenzione recante impegni per la progettazione ed il successivo finanziamento della cosiddetta variante della Tremezzina della strada statale 340, tratto Colonno-Griante, e in data 8 giugno 2012 ANAS spa ha approvato il progetto preliminare dell'intervento;
   in data 6 febbraio 2013 tra gli stessi enti è stato sottoscritto un atto aggiuntivo della Convenzione che definisce impegni, modalità e tempistica della progettazione definitiva dell'opera, nonché impegni per il suo inserimento tra le opere di interesse statale prioritarie nella programmazione ANAS e per il reperimento delle risorse necessarie alla sua realizzazione;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si è impegnato ad attivare ogni azione utile per il reperimento delle risorse occorrenti per il finanziamento dell'intervento, anche in relazione alla programmazione pluriennale ANAS, e ad indire ed espletare la Conferenza di servizi sul progetto definitivo ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 383 del 1994;
   la regione Lombardia ha inserito la variante della Tremezzina tra le opere infrastrutturali prioritarie del piano regionale di sviluppo;
   occorre rimuovere con forza ogni ostacolo burocratico, finanziario e tecnico che possa ostacolare la realizzazione delle opere;
   la realizzazione della variante della Tremezzina significa per la comunità comasca un traguardo di spinta all'economia locale e nazionale, di propulsione per il turismo locale e internazionale, di immagine positiva per l'intero Paese, poiché il lago di Como rappresenta spesso, anche a livello mediatico, un'immagine dell'intera nazione;
   durante la discussione della legge di stabilità 2014, il Governo pro-tempore ha accolto un ordine del giorno firmato anche dal sottoscritto, ordine del giorno 9/01865-A/275, che, oltre ad esporre puntualmente la cronistoria degli impegni presi dai vari soggetti firmatari della convenzione, impegnava il Governo «a dare seguito agli impegni assunti con gli atti convenzionali richiamati in premessa, anche attraverso la promozione di una verifica congiunta con gli enti sottoscrittori finalizzata a concordare tempistica, modalità procedimentali e di reperimento delle risorse necessarie alla realizzazione dell'opera» –:
   quali provvedimenti urgenti il Ministro intenda porre in atto per rimuovere ogni ostacolo burocratico, finanziario e tecnico che possa ostacolare la realizzazione delle opere urgenti sulla strada statale 340 – Regina e dare attuazione agli impegni assunti con la convenzione sottoscritta il 30 luglio 2007, come aggiornata il 6 febbraio 2013, per la realizzazione della variante della Tremezzina. (4-04683)


   GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi si è svolto presso il centro Aci-Sara di Vallelunga un corso in lingua inglese al quale hanno partecipato oltre 70 tra ambasciatori, consoli, consiglieri e personale diplomatico di 16 ambasciate estere presenti nel nostro Paese tra cui Liberia, Lituania, Ghana, Filippine, Sud Africa, Bangladesh, Kuwait, Polonia, Slovenia, Kenya, Spagna, Finlandia, Estonia, El Salvador, Myanmar e Portogallo;
   il progetto dell'ACI riservato agli stranieri è stato avviato nel 2012 con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero degli affari esteri, del Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, e del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport ed ha già coinvolto oltre 2.900 automobilisti appartenenti a 60 Paesi;
   il progetto nasce dalla constatazione che il numero di incidenti stradali causati da uno straniero è in costante aumento, fino a sfiorare i 90 sinistri al giorno con 141 feriti e più di 1,4 morti, per un costo sociale che supera i 4,2 miliardi di euro annui, pari al 14 percento del totale (oltre 30 miliardi di euro). Gli immigrati che registrano più incidenti sono i rumeni (4.753 sinistri), seguiti da albanesi (3.504), marocchini (3.142), cinesi (1.215), moldavi (735), tunisini (700), peruviani (678), egiziani (675), serbi (607) ed ecuadoregni (586);
   non meno allarmante è il tasso di incidenti mortali tra i conducenti giovanissimi, fino ai 24 anni, che risulta essere doppio rispetto a quello dei conducenti più esperti. I neopatentati non sono soltanto un rischio per sé stessi ma anche per gli altri: per ogni neopatentato deceduto in un incidente, altre 1,3 persone perdono la vita. Gli incidenti che coinvolgono i conducenti giovani sono spesso dovuti alla perdita del controllo del mezzo o all'eccesso di velocità –:
   quali siano i costi finora sostenuti per portare avanti il progetto dell'Aci di cui in premessa e quante siano le risorse totali a disposizione del progetto;
   se il Ministro sia in possesso dei dati aggiornati relativi al numero di incidenti causati da stranieri nel 2013, così da poter verificare la validità del corso svolto finora da 2.900 automobilisti;
   quale sia il numero degli incidenti causati da personale diplomatico presente nel nostro Paese, che ha motivato la decisione dell'Aci di offrire un corso di guida sicura a 70 persone tra ambasciatori, consoli, consiglieri e personale diplomatico;
   quali siano le motivazioni che hanno spinto l'Aci ad investire sulla sicurezza della guida dei soli stranieri piuttosto che sui neopatentati, considerati i dati allarmanti che coinvolgono i giovani automobilisti;
   se non ritenga opportuno, in un periodo di crisi come questo, che le risorse destinate al progetto dell'Aci siano destinate a finalità più urgenti. (4-04685)


   ROSATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la mattina del 29 aprile 2014 si è svolto il comitato portuale di Trieste, come da convocazione resa nota anche agli organi di informazione;
   l'autorità portuale, nell'annunciare l'adunanza, ha precisato che il comitato si sarebbe riunito in seduta pubblica, aperta agli organi di stampa, «con l'unica eccezione dei rappresentanti della testata Il Piccolo»;
   la scelta, secondo le motivazioni rese note dalla dirigenza dell'autorità, sarebbe stata dettata dall'atteggiamento critico della testata giornalistica nei confronti di alcune scelte dell'Autorità portuale stessa;
   è di tutta evidenza che un ente pubblico nel coinvolgere gli organi di informazione non può in alcun modo fare delle scelte di tipo preferenziale sulle testate giornalistiche, e che, quindi, questo comportamento ha comportato una lesione dei diritti costituzionalmente garantiti;
   come affermato anche da Assostampa e dall'ordine dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia, anche a parere dell'interrogante, questa scelta dell'autorità ignora completamente le norme del vivere democratico e civile, e le norme che disciplinano il settore della stampa e dell'informazione;
   non è accettabile, infatti, che un ente espressione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti possa trasformare un'adunanza pubblica in una riunione privata alla quale impedire l'accesso a giornalisti sgraditi che hanno, invece, il diritto-dovere di svolgere la loro funzione di cronaca e di critica nella piena libertà di poter esprimere qualsiasi convincimento;
   va peraltro sottolineato che Il Piccolo, testata giornalistica locale di Trieste, ha da sempre raccontato la quotidianità dei fatti con equilibrio e precisione, cercando di rappresentare gli avvenimenti nella maniera più corrispondente alla verità;
   questo fatto espresso in premessa è solo l'ultimo di una lunga serie di scelte e forzature dell'autorità portuale nei confronti di stampa, enti ed istituzioni locali, che, a parere dell'interrogante, palesano una gestione verticistica ed assolutistica dell'attuale dirigenza, che impedisce un sereno sviluppo del territorio triestino e del suo scalo –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto espresso in premessa e se ritenga che l'autorità portuale abbia agito correttamente escludendo espressamente una testata giornalistica dalla convocazione del comitato portuale;
   se il Ministro, alla luce di questi ultimi fatti che si aggiungono alla lunga serie di omissioni, inadempienze ed incapacità gestionali dimostrate dall'autorità portuale, non ritenga di dover procedere al commissariamento dell'autorità stessa. (4-04692)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   Torre del Greco, città in provincia di Napoli, è tra i comuni che andranno al voto amministrativo il 25 maggio 2014;
   Alfonso Ascione è candidato a sindaco nella predetta città dopo aver vinto le primarie organizzate dal centrosinistra;
   il 28 aprile 2014, poche ore dopo la presentazione ufficiale delle liste elettorali, Ascione ha diffuso una nota ufficiale, in cui segnalava alcuni episodi inquietanti;
   in particolare, Ascione ha dichiarato di essere venuto a conoscenza del fatto che, nelle ore immediatamente precedenti alla presentazione delle liste, alcune persone a lui vicine avrebbero ricevuto forti pressioni perché non si candidassero in suo sostegno;
   in un caso, addirittura, secondo Ascione sarebbero state fatte pressioni non esclusivamente di natura politica;  
   esse si sarebbero infatti sostanziate in minacce alla sfera personale e professionale di una persona prossima a candidarsi in una delle liste collegate ad Alfonso Ascione, e sarebbero state finalizzate non solo ad evitare l'effettiva candidatura del soggetto in questione a sostegno di Ascione, ma addirittura a forzare lo stesso ad accettare di candidarsi in una delle liste che sostengono un altro candidato a sindaco;
   non sono stati rivelati, per adesso, i nomi di coloro i quali avrebbero ricevuto tali pressioni né di coloro i quali le avrebbero effettuate;
   Ascione ha dichiarato di star valutando, con i suoi legali, la possibilità di denunciare queste vicende alle forze dell'ordine;
   episodi del genere sono di estrema gravità, e vanno stigmatizzati al pari di atteggiamenti di stampo camorristico;
   le vicende narrate sono riportate, tra gli altri, anche dall'articolo intitolato «Ascione accusa “Minacciati i miei candidati”», pubblicato dall'edizione locale del quotidiano Il Mattino il 29 aprile 2014, dall'articolo intitolato «Ascione: “Intimidazioni ai miei candidati”», pubblicato dal quotidiano Il Roma il 29 aprile 2014, e dall'articolo intitolato «Ecco i primi veleni sul voto: “Minacce ai miei candidati”», pubblicato dal quotidiano Metropolis il 29 aprile 2014 –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti narrati;
   quali misure abbia intrapreso o intenda intraprendere al riguardo;
   se non ritenga estremamente urgente e doveroso tenere sotto accurata e particolare osservazione la situazione concernente le elezioni di Torre del Greco.
(2-00522) «Scotto».

Interrogazione a risposta orale:


   COSTANTINO, MIGLIORE, FRATOIANNI, DANIELE FARINA, PAGLIA, SANNICANDRO, PILOZZI, KRONBICHLER, DURANTI e PANNARALE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   durante la notte del 25 settembre 2005, nei pressi di viale Ippodromo a Ferrara, in uno scontro con quattro poliziotti (Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri), perdeva la vita il giovane diciottenne Federico Aldrovandi;
   il decesso del giovane avvenne in seguito ad una colluttazione violenta nel corso della quale vennero anche spezzati due manganelli; la morte sopraggiunse per «asfissia da posizione» (con il torace schiacciato sull'asfalto dalle ginocchia dei poliziotti), e conseguente arresto cardio-respiratorio;
   con sentenza emessa in data 21 giugno 2012, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione per omicidio colposo nei riguardi dei quattro poliziotti;
   il 29 aprile al Grand Hotel di Rimini durante il congresso del sindacato di polizia SAP (sindacato autonomo di polizia), come testimoniato da numerosi servizi giornalistici, la quasi totalità dei delegati sindacali presenti in platea si alzava in piedi per dedicare cinque minuti di applausi, una vera e propria standing ovation, all'ingresso in sala di tre dei quattro poliziotti condannati in via definitiva;
   come li ha definiti il procuratore generale della Corte di Cassazione i poliziotti quella notte erano «schegge impazzite che hanno agito in una sorta di delirio»;
   a parere degli interroganti gli applausi rivolti a quegli agenti che hanno commesso un crimine vergognoso sono un atto indegno, aggravato dalla circostanza che non sono avvenuti in un luogo qualsiasi ma al congresso nazionale del SAP, secondo sindacato in Italia per numero di iscritti tra le forse di polizia –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover assumere iniziative urgenti nei confronti di chi era presente al congresso;
   se intenda intervenire, e con quali iniziative, affinché, a seguito di condanne definitive, episodi, quali quello esposto in premessa, non si verifichino più, posto che tali manifestazioni, oltre a costituire un'offesa per il dolore dei familiari di Federico Aldrovandi, non possono che minare l'essenza di uno dei pilastri della democrazia, come il sistema giudiziario, che ha da tempo già definito le responsabilità in relazione alla drammatica vicenda.
(3-00796)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARIASTELLA BIANCHI, BRATTI, BAZOLI, NICOLETTI, FREGOLENT, PICCOLI NARDELLI, ANZALDI, PICCIONE, ZANIN, CARBONE, LEVA, FABBRI, ROSATO, DE MENECH, DALLAI, FAMIGLIETTI, VAZIO, ROSSOMANDO, LUCIANO AGOSTINI, MORANI, ERMINI, GASPARINI, BERRETTA, GANDOLFI, VALIANTE, CINZIA MARIA FONTANA, FOLINO, ZOGGIA, GUERRA, GENTILONI SILVERI, IMPEGNO, GRIBAUDO, GREGORI, PARIS, GIUSEPPE GUERINI, GHIZZONI, ORFINI, D'ATTORRE, GIORGIS, TERROSI, GIACHETTI, MARCHI, ZAMPA, FONTANELLI, QUARTAPELLE PROCOPIO, MARCHETTI, MARANTELLI, FOSSATI e GAROFANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come riportato dagli organi di informazione in occasione del congresso nazionale del Sap, sindacato autonomo di polizia, che si è svolto a Rimini il 29 aprile 2014, i delegati hanno tributato cinque minuti di applausi a tre dei quattro agenti condannati in via definitiva per l'omicidio del diciottenne Federico Aldrovandi avvenuto in occasione di un controllo a Ferrara nel 2005;
   simili manifestazioni non sono purtroppo nuove. Si ricorda a titolo di esempio la manifestazione organizzata il 27 marzo 2013 da agenti aderenti al Coisp di fronte alla sede del comune di Ferrara, luogo di lavoro della signora Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi.
   si ribadisce con forza la massima solidarietà e vicinanza alla signora Patrizia Moretti e con lei a tutti coloro che hanno sofferto per simili lutti e si condivide pienamente quanto subito affermato dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, dal Ministro dell'interno, Angelino Alfano, e dal capo della polizia Alessandro Pansa, anche a tutela della giusta gratitudine e rispetto che riconosciamo alle centinaia di migliaia di operatori delle forze dell'ordine che svolgono il proprio compito con coscienziosità e correttezza –:
   se e quali misure intenda adottare il Ministro interrogato e l'amministrazione della polizia per quanto accaduto nel congresso del Sap e per impedire l'ulteriore ripetersi di simili comportamenti che feriscono ulteriormente la memoria di una vittima e gettano discredito sullo Stato, sull'amministrazione di polizia e sul lavoro di quanti con onestà ogni giorno garantiscono la sicurezza. (5-02725)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRATAVIERA e MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 25 aprile ricorre la tradizionale celebrazione della festa di San Marco, Patrono di Venezia;
   i palazzi pubblici del Veneto e quelli della provincia di Venezia espongono tradizionalmente il vessillo veneto recante il simbolo dell'Evangelista insieme a quelli della Repubblica italiana e dell'Unione europea, in base alle disposizioni della legge regionale 10 aprile 1998, n. 10;
   il 25 aprile 2014, invece, molti degli edifici pubblici del Veneto hanno esposto soltanto le bandiere nazionale ed europea;
   gli uffici protocollo delle amministrazioni locali si sarebbero conformati alle prescrizioni di una circolare emanata dalla prefettura di Venezia in data 14 aprile 2014, concernente appunto «l'esposizione della bandiera nazionale ed europea in occasione del 69o anniversario della Liberazione»;
   sarebbe quindi da addebitarsi a questo intervento del Governo la mancata esposizione della bandiera veneta sui palazzi pubblici del Veneto il 25 aprile scorso, giorno di San Marco;
   circolare analoga è stata emanata il 24 aprile scorso in vista della Festa internazionale del lavoro del 1o maggio –:
   per quali ragioni il Governo abbia emanato circolari che ad avviso degli interroganti tanto palesemente risultano in contrasto non solo con le norme di cui all'articolo 1 della legge regionale 10 aprile 1998, n. 10, ma altresì con il comune sentire dei cittadini veneti, privati della propria bandiera proprio nel giorno di San Marco e comunque in occasione di festività civili molto sentite dalla comunità veneta. (4-04671)


   MARCON. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la mattina del 17 aprile 2014, accompagnate da atti vandalici, sono ricomparse sul muro prospiciente il canale tra Murano e Burano, sull'isola di San Giacomo in Paludo a Venezia, scritte insultanti contro l'assessore Gianfranco Bettin e contro il nascente Parco della Laguna Nord. Oasi voluta dal comune di Venezia, la cui nascita è oggetto di discussioni e di attese da circa venti anni e la cui definitiva approvazione è prevista per fine aprile-primi di maggio, con il voto conclusivo del consiglio comunale;
   il succitato episodio si verifica per la seconda volta, poiché già nelle scorse settimane scritte analoghe erano comparse per poi essere cancellate;
   altrettanto significativo è il fatto che, oltre al danneggiamento materiale del muro sul quale sono comparse le scritte, i vandali abbiano divelto la targa dei Vas – Verdi ambiente società, associazione ambientalista che si occupa della tutela dell'isola, e distrutto un capanno;
   nei giorni scorsi, l'assessore Bettin ha ricevuto direttamente a casa intimazioni a non procedere con l'istituzione del Parco insieme a pesanti minacce di morte accompagnate da ulteriori minacce contro sua madre alla quale i persecutori hanno dichiarato «aperta la caccia». Fatti che l'assessore ha regolarmente provveduto a documentare e denunciare alla polizia di Stato e che evidenziano un netto salto di qualità della minaccia che non può e non deve assolutamente essere ignorato;
   ciò che si desume dall'intensificarsi di tali minacce e vandalismi è evidentemente il tentativo da parte di alcuni di ostacolare la realizzazione del Parco, il quale imporrebbe il rispetto di regole e tutele che rappresenterebbe un ostacolo per gli interessi che questi ultimi hanno sempre esercitato a scapito della laguna –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda intraprendere affinché i responsabili di questo grave episodio siano individuati nonché quali siano le direttive date e seguite concretamente dalle autorità locali di pubblica sicurezza per impedire che amministratori o associazioni che si occupano di tutela ambientale siano in futuro soggetti a minacce o intimidazioni di tal genere. (4-04672)


   LODOLINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il problema della sicurezza e dell'ordine pubblico nella città di Jesi, da alcuni anni a questa parte, è particolarmente avvertito dai cittadini e dalle categorie economiche;
   da considerarsi strategico è anche il ruolo e la funzione della polizia stradale di Jesi, essendo la città ubicata sulla superstrada Val d'Esino Ancona-Jesi-Fabriano-Perugia e vicina al casello autostradale Ancona Nord dell'autostrada Bologna-Bari;
   le precedenti sedi del commissariato e della stradale, nella città di Jesi, oltre che separate, vivevano una situazione di precarietà per la locazione e per il fatto che, nate come sedi temporanee, sono poi divenute stabili, inoltre sono inadeguate alle nuove esigenze e alle prescrizioni contenute nel decreto-legge n. 624 del 1994;
   alcuni anni fa si decise la realizzazione della nuova sede; in un'area indicata dal comune nel quartiere di Santa Maria del Piano, che oltre a dare dignità a un luogo che rappresenta lo Stato sul territorio, costituisce un presidio fondamentale in tema di sicurezza nella città di Jesi, nella Vallesina e nelle molteplici infrastrutture che insistono nella zona, compreso l'interporto e l'aeroporto di Falconara Marittima;
   allo stato attuale i lavori di completamento del nuovo commissariato della polizia di Stato e del distaccamento polstrada, dopo una lunga pausa, risultano procedere a rallentatore, oltre ogni previsione –:
   quali siano le motivazioni dei ritardi di cui sopra; se esistano problemi per il completamento della sede secondo il progetto esecutivo approvato alcuni anni fa e, in caso positivo, quali siano le cause e le conseguenze rispetto al piano originario; quali iniziative intenda adottare per dare certezze sulla conclusione, sulla consegna dell'opera e sulla piena operatività della nuova struttura, prevista per dicembre 2014 come appreso dalla stampa.
(4-04676)


   FRANCO BORDO e FIANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 26 aprile 2014 alle ore 17,00 presso la chiesa del cimitero di Cremona si è celebrata una S. Messa in memoria di Benito Mussolini, Capo del fascismo italiano e Roberto Farinacci, Gerarca fascista Cremonese, alla presenza di esponenti di Forza Nuova, CasaPound e di rappresentanti di organizzazioni di ispirazione neofascista francesi, svizzere e spagnole;
   durante il corteo che ha preceduto la celebrazione religiosa sono state esposte immagini di Benito Mussolini, simboli e stendardi afferenti alla Repubblica sociale italiana, al fascismo e al nazismo;
   i partecipanti hanno ripetutamente esibito il saluto romano e intonato «Giovinezza», inno trionfale del disciolto Partito nazionale fascista;
   tale iniziativa che ha assunto, a giudizio degli interroganti, connotati di «contromanifestazione» delle organizzazioni della destra estrema alle celebrazioni per la festa della liberazione del 25 aprile ha avuto notevole risalto stampa perfino nel giorno stesso dell'anniversario della liberazione;
   l'iniziativa che si è svolta in un luogo pubblico con l'autorizzazione del comune di Cremona ha avuto luogo sotto la sorveglianza delle forze dell'ordine;
   la legge n. 645 del 1952 (legge Scelba) che riguarda le norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione così recita all'articolo 4 riguardo al reato di apologia di fascismo: «Chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità indicate nell'articolo 1 è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da euro 206 a euro 516. Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Se il fatto riguarda idee o metodi razzisti, la pena è della reclusione da uno a tre anni e della multa da euro 516 a euro 1.032. La pena è della reclusione da due a cinque anni e della multa da euro 516 a euro 2.065 se alcuno dei fatti previsti nei commi precedenti è commesso con il mezzo della stampa. La condanna comporta la privazione dei diritti previsti nell'articolo 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del c.p., per un periodo di cinque anni»;
   è necessario assicurare il rispetto della legalità e l'applicazione del rispetto dei valori e dei principi affermati nella Costituzione, in special modo dalla XII disposizione transitoria e finale che afferma: «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista», nonché far rispettare la legge Mancino 205 del 1993 che nel primo comma dell'articolo 2 così recita: «Chiunque, in pubbliche riunioni compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, è punito con la pena della reclusione fino a tre anni e con la multa da lire duecentomila a lire cinquecentomila» e ancora la legge 645 del 1952, in specie il secondo comma dell'articolo 4 che così recita: «Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche» –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per impedire che la città di Cremona divenga luogo fertile per l'insediamento di realtà di ispirazione neofascista, xenofobe e razziste, alla luce delle considerazioni di cui in premessa. (4-04688)


   FRANCO BORDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Terranova dei Passerini in provincia di Lodi, in occasione delle elezioni amministrative del 25 maggio risulta tra le formazioni politiche ammesse alle consultazioni elettorali una lista chiaramente ispirata a riferimenti politici di natura Nazifascista, si tratta della lista «Nsab-Mlns» (Nationalsozialistische arbeit bewegung-Movimento nazionalsocialista dei lavoratori), che presenta come candidato sindaco Alberto Pedrini, il cui contrassegno elettorale è costituito da un disco rosso, con l'acronimo «NSAB-MLNS» scritti al centro del simbolo in colore nero, contornato sul lato sinistro dalla scritta «Movimento nazionalista e socialista dei lavoratori» in colore nero;
   il Nsab-Mlns ha modificato il proprio contrassegno rispetto alle precedenti elezioni amministrative del 2013 nelle quali si era presentato con la dicitura «Movimento nazionalsocialista dei lavoratori» cambiandolo con l'attuale «Movimento nazionalista e socialista dei lavoratori», ma nel programma depositato presso il suddetto comune, come risulta dall'atto 120 dell'Albo pretorio del comune di Terranova dei Passerini pubblicato il 29 aprile 2014 la lista si autodefinisce come Movimento Nazionalsocialista, in continuità con il passato;
   sul sito internet del movimento «Nsab-Mlns» (Nationalsozialistische Arbeit Bewegung-Movimento Nazionalista e Socialista dei lavoratori) appaiono all'interrogante chiari ed evidenti i richiami e l'ispirazione al disciolto Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo in merito alla necessità di assicurare il rispetto della legalità e l'applicazione del rispetto dei valori e dei principi affermati nella Costituzione, in special modo dalla XII disposizione transitoria e finale che afferma: «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto Partito Fascista»;
   se non intenda assumere iniziative normative per escludere la partecipazione alle consultazioni elettorali di liste il cui contrassegno elettorale sia chiaramente ispirato all'ideologia nazifascista in modo da assicurare che episodi simili non abbiano a ripetersi in altre consultazioni elettorali amministrative. (4-04689)


   PISO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   una delle emergenze sociali più gravi di Roma è la cosiddetta emergenza abitativa;
   da anni operano, al di fuori di ogni contesto di legalità, una serie di organizzazioni sotto la veste di coordinamenti o comitati dediti alla occupazione abusiva di immobili;
   risulterebbe da una molteplicità di articoli comparsi su quotidiani nazionali (Corriere della Sera – Messaggero – La Repubblica) in data 25-26-27-28 e 29 aprile 2014 che le leader delle occupazioni di via delle Acacie della ex Hertz e dell'Angelo Mai, Pina Vitale e Serena Malta al centro di una indagine della procura di Roma, intrattenessero rapporti di forte vicinanza e solidarietà politica con il vice sindaco di Roma Capitale Luigi Nieri con l'assessore al lavoro, alla casa ed emergenza abitativa Daniele Ozzimo ed il capogruppo di Sel Gianluca Peciola;
   dalle intercettazioni pubblicate dai sopra menzionati quotidiani risulterebbe, a carico dei responsabili delle occupazioni in questione, la creazione di un clima estorsivo, ricattatorio, di minacce e violenza nei confronti delle famiglie degli occupanti degli immobili citati in premessa;
   l'atteggiamento dei soggetti responsabili delle istituzioni preposte a gestire tali situazioni appare all'interrogante chiaramente di connivenza e fiancheggiamento a comportamenti illeciti, arrivando, per stessa ammissione dei soggetti in questione, per favorire le occupazioni, a forzare la mano alla magistratura, al fine di avere un profitto politico-elettorale;
   dalle intercettazioni lette, si evince un rapporto assolutamente non confacente a chi ricopre importanti incarichi istituzionali, nell'accettare, come normali, le prassi che appaiono illegali dei responsabili dei comitati in questione, giungendo ad indicare immobili da occupare e, addirittura, avvalendosi della consulenza di tali soggetti, al fine di redigere i contenuti dei bandi per l'accesso a locali atti a fronteggiare l'emergenza abitativa;
   il sindaco di Roma, Ignazio Maria Marino, ha più volte invocato attenzione ed interventi mirati sulla Capitale, al fine di fronteggiare un dilagante clima di illegalità;
   il Ministro dell'interno, onorevole Angelino Alfano, ha immediatamente risposto alle dichiarate necessità del sindaco di Roma Capitale sulla sicurezza, predisponendo e varando un piano specifico per la città –:
   alla luce di quanto sopra esposto ed in considerazione del fatto che la crescita esponenziale delle occupazioni abusive di immobili ha contribuito non poco a veicolare nella città un clima di illegalità diffuso, arrivando a penalizzare i soggetti più deboli e ad istituzionalizzare un vero e proprio racket che sembra trovare pericolose sponde all'interno della stessa amministrazione capitolina, quali interventi e provvedimenti, nell'ambito delle sue competenze, intenda intraprendere il Ministro interrogato sul tema in questione.
(4-04695)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CHIMIENTI, LUIGI GALLO, MARZANA, D'UVA, BATTELLI, DI BENEDETTO, VACCA, SIMONE VALENTE e BRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a novembre il professor Paolo Latella redigeva un articolato dossier in cui pubblicava una serie di testimonianze anonime di docenti di scuole paritarie, pubbliche e private, dislocate in diversi territori della penisola che, al fine di vedersi attribuito il punteggio in graduatoria per il servizio prestato, accettavano stipendi troppo bassi o addirittura non ricevevano alcun compenso;
   il suddetto dossier rendeva noto come l'ufficio scolastico regionale dell'Abruzzo, a seguito di numerose segnalazioni da parte di docenti provvisti di abilitazione a cui tuttavia alcune istituzioni scolastiche paritarie preferivano docenti privi di abilitazione e addirittura dei requisiti di base, abbia emanato una circolare per richiamare tutte le scuole della regione al rispetto della normativa e in particolare della legge 10 marzo 2000, n. 62, del decreto ministeriale 29 novembre 2007, n. 267 e del decreto ministeriale 10 ottobre 2008, n. 83;
   sono definite «scuole paritarie» le istituzioni scolastiche che, a partire dalla scuola dell'infanzia, sono coerenti con gli ordinamenti generali dell'istruzione e posseggono i requisiti fissati dalla legge 10 marzo 2000, n. 62 (comma 2.1, dell'articolo 1, del decreto ministeriale n. 83 del 2008);
   l'articolo 1, comma 4, della legge 10 marzo 2000, n. 62, statuisce che «La parità è riconosciuta alle scuole non statali che ne fanno richiesta e che, in possesso dei seguenti requisiti, si impegnano espressamente a dare attuazione a quanto previsto dai commi 2 e 3: (...) h) contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore»;
   la parità è riconosciuta con provvedimento adottato dal dirigente preposto all'ufficio scolastico regionale competente per territorio, previo accertamento della sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 1 della citata legge n. 62 del 2000 (comma 2, dell'articolo 1-bis, del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250 convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27);
   con l'istanza di riconoscimento il gestore o il rappresentante legale della gestione deve dichiarare di rispettare una serie di impegni, tra cui l'impegno ad utilizzare personale docente munito del titolo di abilitazione prescritto per l'insegnamento impartito e l'impegno a stipulare contratti individuali di lavoro per il coordinatore delle attività educative e didattiche e contratti di lavoro individuali conformi ai contratti collettivi nazionali di categoria per il personale docente della scuola e a rispettare il limite previsto dall'articolo 1, comma 5, della legge 10 marzo 2000, n. 62;
   per i lavoratori impegnati in attività educative, di istruzione e di formazione nel settore privato e nelle scuole paritarie (a gestione privata), sono vigenti tre diversi contratti di lavoro stipulati tra le associazioni datoriali e le organizzazioni sindacali più rappresentative. Per il settore della formazione professionale è vigente uno specifico contratto. I tre contratti si riferiscono alle istituzioni dipendenti dall'autorità ecclesiastica (AGIDAE), alle istituzioni private «laiche» (ANINSEI) e a quelle aderenti alla Federazione italiana scuole materne (FISM);
   in data 27 gennaio 2014, il professor Paolo Latella denunciava ai carabinieri di Lodi una serie di minacce e intimidazioni ricevute telefonicamente a seguito dell'invio ad alcuni deputati della Commissione cultura della Camera dei deputati, tra cui l'onorevole Silvia Chimienti (M5S) e l'onorevole Gianluca Vacca (M5S) del dossier sulla problematica delle scuole paritarie che non pagano gli stipendi agli insegnanti, offrendo loro in cambio del servizio prestato il punteggio spendibile nella terza fascia delle graduatorie di istituto;
   in data 5 febbraio 2014 il professor Latella inviava al dottor Marco Bani, segretario particolare del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, una lettera in cui rendeva noto il contenuto del dossier e le successive minacce ricevute, che lo avevano spinto a sporgere formale denuncia, e in cui sollecitava un tempestivo intervento del Ministro o quanto meno un incontro;
   a febbraio 2014, il professor Latella inoltrava al dottor Bani altre due lettere di contenuto analogo, senza ricevere alcuna risposta;
   alcuni giorni dopo il professor Latella riceveva una telefonata da parte della segreteria del ministero che gli formulava la richiesta di inviare nuovamente il dossier al Ministro, in quanto non era ancora pervenuto;
   in data 5 marzo 2014, una collega del professor Latella segnalava uno scambio di battute su Twitter tra il Ministro interrogato e il dottor Marco Bani, il quale, a seguito dell'insediamento del Ministro Giannini, dichiarava: «Penso che il nuovo ministro debba guardare attentamente il documento»;
   all'interno del dossier in questione sono presenti oltre 500 testimonianze anonime di docenti che ammettono di aver svolto la loro professione in scuole paritarie senza essere stipendiati o ricevendo paghe nettamente inferiori;
   una di queste testimonianze recita: «nel 2005 inizio a lavorare per una paritaria a 65 chilometri da Catania, in cui mi pagano praticamente solo il treno e quando possono. Almeno hanno la decenza di avvisarmi la mattina presto se alle 8.30 non si presentava nessuno. Nel 2006 e nel 2007 e 2008 lavoro per due scuole paritarie catanesi le quali non mi pagano nonostante mi avevano promesso 4 euro l'ora e mi costringono a scrutinare persone inesistenti, ricattandomi poi che se io li denunciavo per non avermi pagato, loro ricambiavano con falso in atto pubblico. Tutto ciò per arrivare ai famosi 360 giorni di insegnamento per abilitarmi. Non posso assentarmi per malattia, altrimenti mi chiamano ogni ora, si rifiutano di accettare le mie dimissioni quando chiamano per l'unica supplenza pubblica, mi costringono a stare 3 ore in classe a guardare il muro, perché spesso di quei 20 scritti nel registro, frequentano 2-3 e spesso nemmeno questi si presentavano (...) Nel 2009 lavoro per una paritaria che mi dà 4 euro l'ora e che lascio quando mi dicono che non possono più pagarmi. Da quel momento non lavoro più fino a quest'anno dove ho fatto 3 mesi in un ente regionale di formazione professionale che forse mi pagherà a Natale. Speriamo. Io non insistevo al pagamento subito, perché in Sicilia lavori a Gennaio per avere i soldi a Settembre, è la prassi,»;
   «io ho lavorato per soli 20 giorni in questa privata.... in provincia di Taranto perché proprio mi disgustava dover firmare la busta paga vuota. Tanti lo fanno, nessuno denuncia (compresa me)....[...]» Giovanna (nome di fantasia);
   «ho lavorato in 4 scuole paritarie della mia città siciliana tra il 2005 e il 2009, in 2 di esse sono stata pagata quanto una badante, nelle altre due avrei dovuto ricevere 4 euro l'ora, ma non è stato così. Inoltre ho dovuto scrutinare ragazzi che ho visto 1-2 volte, in alcuni casi erano solo nomi fittizi, tutto al fine di raccogliere abbastanza giorni per poter partecipare ai corsi abilitanti. Questo punteggio mi ha permesso anche una supplenza nella scuola statale».

  «Egregio collega, volevo metterla a conoscenza di quanto mi è accaduto in questi anni: lo scorso anno nella sc. dell'infanzia paritaria ...a Catania in cui ho prestato servizio, dopo diversi diverbi, perché non solo siamo trattate da “schiave”, poiché pur avendo un contratto part-time, si deve lavorare come full time (da lunedì al sabato non dichiarato), bisogna pulire le aule, i bagni, ma anche raccogliere vomito, cambiare i pannolini e.. se bambini con bisogni solidi addosso cambiarli e lavarli. Tutto questo è vergognoso e privo della professionalità di cui una volta ero fiera»;
   «è una buona idea Paolo.... ma in città come Taranto nessuna scuola paritaria paga.... insegniamo effettivamente per il punteggio.... basterebbe eliminare il Punteggio in questo modo le scuole (private) si svuoterebbero di insegnanti... molti non denunciano apertamente perché di fatto siamo complici di un sistema balordo: partecipiamo a scrutini pilotati e di conseguenza firmiamo verbali assurdi (gravissimo); il 50 per cento degli alunni non frequenta, ma li consideriamo presenti (gravissimo); il 99 per cento di essi viene promosso con medie altissime... più complici di così. I sindacati sanno tutto!!! Tutti sanno tutto!!! allora per far partire le denunce gli inquirenti dovrebbero coinvolgere tutti compreso gli insegnanti in modo tale da far raccontare effettivamente cosa accade nelle paritarie». Marco (nome di fantasia).
  «Ciao Paolo mia moglie ha lavorato a Catania nella scuola.... per tre anni non ha avuto un soldo e si sono pure trattenuti l'assegno statale di maternità di 1800 euro dell'inps, i contributi sono stati dichiarati, la busta paga firmata ma mai riscossa, per star tranquilli facevano firmare da subito le dimissioni senza data, così se cominciavi a creare problemi bastava mettere la data e ti dimettevi automaticamente...» Antonio (nome di fantasia);
  «Ciao Paolo ti segnalo la scuola.... in prov. di Latina, ho lavorato per un anno e mezzo su una cattedra di Ed. Fisica divisa tra più colleghi...tutti nella stessa situazione...mai avuto un cent. In bocca al lupo!!!» Anna Maria;
   in data 1o aprile il sito ilfattoquotidiano.it dedicava in home page ampio spazio alla denuncia del professor Latella e al contenuto del suo dossier, raccogliendo ulteriori testimonianze. In particolare, in un video, veniva intervistato in forma anonima un docente di una scuola paritaria della provincia di Napoli che denunciava, oltre alle retribuzioni inesistenti, il fenomeno dei cosiddetti «diplomifici», l'esistenza di classi fantasma e la pratica di conferire diplomi e promozioni ad allievi che in realtà non hanno mai frequentato le lezioni –:
   quali urgenti iniziative, di natura ispettiva e normativa, intenda intraprendere per fare luce su quanto denunciato e per porre immediatamente fine agli abusi perpetrati ai danni dei docenti e al sistema dei «diplomifici». (5-02726)

Interrogazione a risposta scritta:


   DURANTI, FRATOIANNI, COSTANTINO e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la questione degli ex Istituti musicali pareggiati (IMP) è stata oggetto di diversi atti di sindacato ispettivo negli ultimi anni e anche nell'attuale legislatura sono stati presentati numerosi disegni nonché proposte di legge recanti norme «per la statizzazione (a regime) degli istituti musicali pareggiati»:
    a) atto Senato n. 322 del 26 marzo 2013, primo firmatario senatore Granaiola;
    b) atto Camera n. 825 del 19 aprile 2013, primo firmatario onorevole Formisano;
    c) atto Camera n. 873 del 2 maggio 2013, primo firmatario onorevole Vezzali;
    d) atto Camera n. 882 del 7 maggio 2013, primo firmatario onorevole Carrescia;
    e) atto Camera n. 888 del 7 maggio 2013, primo firmatario onorevole Albanella;
    f) atto Camera n. 2156 del 4 marzo 2014, primo firmatario onorevole Duranti;
   nel corso degli ultimi anni, i regolamenti attuativi della legge n. 508 del 1999 hanno portato a compimento gli aspetti principali della citata riforma in materia di autonomia statutaria e didattica: in particolare, entro l'anno 2010 tutti gli ex IMP si sono dotati di nuovo statuto e di tutti gli organi di governo previsti nel decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2003, ed hanno altresì portato a compimento il processo di trasformazione dell'ordinamento didattico, regolamentato nel decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005 e, quindi, in buona sostanza oggi con l'entrata in vigore dello spazio comune europeo dell'istruzione universitaria, gli ex istituti musicali pareggiati sono a tutti gli effetti equiparati ai conservatori statali italiani, confluendo nell'unica tipologia degli istituti superiori di studi musicali, e questi ultimi, senza alcuna distinzione tra statali e non statali, sono stati riconosciuti appieno nel circuito universitario europeo;
   la normativa vigente prevede in realtà la possibilità di una statizzazione degli ex IMP senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, ma, fino ad oggi, il processo non è pervenuto a compimento e resta di fatto disatteso quanto previsto all'articolo 2, comma 8, lettera e), della suddetta legge che disciplina la «possibilità di prevedere, contestualmente alla riorganizzazione delle strutture e dei corsi esistenti e, comunque, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, una graduale statizzazione, su richiesta, degli attuali istituti musicali pareggiati e delle Accademie di belle arti legalmente riconosciute, nonché istituzione di nuovi musei e riordino di musei esistenti, di collezioni e biblioteche, ivi comprese quelle musicali, degli archivi sonori, nonché delle strutture necessarie alla ricerca e alle produzioni artistiche»;
   ciò non di meno e proprio a causa dei ritardi descritti la maggior parte degli Istituti musicali pareggiati versa in gravi difficoltà di natura economica tali che il comma 4 dell'articolo 19, rubricato «Alta formazione artistica, musicale e coreutica» del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, «Recanti misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca», convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, ha previsto un finanziamento per il solo anno 2014 al fine di rimediare alle gravi difficoltà finanziarie evidenziate: all'articolo 19, comma 4, si stabilisce che: «Nelle more di un processo di razionalizzazione degli Istituti superiori di studi musicali non statali ex pareggiati nell'ambito del sistema dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, al fine di rimediare alle gravi difficoltà finanziarie degli stessi, è autorizzata per l'anno finanziario 2014 la spesa di 5 milioni di euro»; al comma 5 si prevede: «Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentiti gli enti locali finanziatori, si provvede a ripartire le risorse di cui al comma 4, sulla base di criteri, definiti conio stesso decreto, che devono tenere conto anche della spesa di ciascun istituto nell'ultimo triennio e delle unità di personale assunte secondo le disposizioni del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica» –:
   se il Ministro interrogato non ritenga ormai più che doverosa l'emanazione del decreto ministeriale che a quasi otto mesi dall'entrata in vigore del cosiddetto «Decreto Scuola» n. 104 del 12 settembre 2013 provveda a ripartire le risorse all'epoca stanziate (5 milioni di euro) e, quindi «a rimediare alle gravi difficoltà finanziarie degli stessi IMP» e se non ritenga finalmente di dover intervenire attraverso l'elaborazione di una soluzione normativa «per dare piena attuazione al processo di riforma dell'alta formazione artistica e musicale di cui alla legge n. 508 del 1999, con particolare riguardo al processo di statizzazione degli ex IMP».
(4-04693)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZARDINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 6 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto l'abrogazione degli istituti relativi all'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza derivanti da causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata. L'ambito di applicazione della disposizione comprende: i dipendenti civili dello Stato e i dipendenti delle altre pubbliche amministrazioni che per espresse disposizioni normative avevano diritto ai trattamenti abrogati dall'articolo 6 del decreto-legge n. 201 del 2011. Rimane confermata la tutela derivante dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali;
   la circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri n. 32934 del 6 giugno 2012 nel chiarire i contenuti della disposizione normativa conferma l'abrogazione dei suddetti istituti per tutti i dipendenti delle pubbliche amministrazioni. L'abrogazione degli istituti, previsti dalla normativa anteriore all'articolo 6 del decreto-legge n. 201 del 2011, continuano a trovare applicazione nei confronti del personale appartenente alle forze armate (Esercito, Marina e Aeronautica), all'Arma dei Carabinieri, alle forze di polizia ad ordinamento civile (polizia di Stato, Corpo forestale dello Stato e polizia penitenziaria) e militare (Guardia di finanza), al comparto vigili del fuoco e soccorso pubblico;
   i cittadini, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni e le organizzazioni sindacali hanno contestato tale provvedimento ed hanno promosso la sottoscrizione di un appello rivolto al Parlamento per chiedere l'abrogazione dell'articolo 6 con il quale sono stati abrogati gli istituti sull'equo indennizzo e sulle cause di servizio. Inoltre, sono state inviate lettere di protesta alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
   i proponenti dell'appello sottolineano che l'articolo 6 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, restringe l'area di tutela dei lavoratori pubblici al fine di effettuare dei risparmi in questo caso ingiusti senza aver messo in atto le azioni di controllo più opportune per contrastare il fenomeno delle dichiarazioni e certificazioni false finalizzate ad usufruire delle prestazioni sopra specificate –:
   se non ritenga opportuno e urgente assumere ogni iniziativa di competenza e di carattere normativo finalizzata ad abrogare l'articolo 6 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e ripristinare così gli istituti dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata. (5-02713)


   ZARDINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la grave crisi economica ed il conseguente alto tasso di disoccupazione dell'Italia influisce particolarmente sui soggetti disabili, tutelati dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, avente la finalità di promozione dell'inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro (articolo 1); a tal fine, l'articolo 3, comma 1, della medesima legge disciplina le assunzioni obbligatorie e le quote di riserva a favore dei soggetti disabili;
   l'ultima indagine condotta dall'Istat, i cui dati sono confermati dall'ufficio per i diritti dei portatori di handicap delle Nazioni Unite, rileva che la disoccupazione tra i portatori di disabilità è tra il 50 e il 70 per cento nei paesi industrializzati e in Italia raggiunge una punta dell'80 per cento, nonostante la legislazione in vigore preveda percorsi specifici per l'inserimento nel mercato del lavoro;
   inoltre, la Corte di giustizia europea ha emesso la sentenza C31211 che condanna l'Italia per non aver applicato in modo completo i principi europei in materia di diritto al lavoro per le persone con handicap ed invita il Governo ed il Parlamento ad adeguarsi alla direttiva 2000/78 CE del Consiglio, del 27 novembre 2000;
   l'Inps con determinazione n. 438 del 2 dicembre 2011 ha approvato lo schema di convenzione previsto dall'articolo 11 della citata legge – che stabilisce le finalità, la programmazione delle assunzioni, i criteri per la selezione dei soggetti disabili, le modalità di attuazione, la sottoscrizione del contratto individuale, la verifica dello stato di attuazione ed altro – autorizzando ciascun direttore regionale a stipulare lo schema di convenzione e approvando, per l'anno 2012, l'assunzione di n. 250 unità di disabili in area B/B1 da distribuire sul territorio nazionale; il prospetto informativo, parte integrante della determinazione, evidenzia una scopertura pari a 495 unità di disabili rispetto alle 250 assunzioni programmate; l'Inps, tramite i direttori regionali dell'istituto, e le province hanno sottoscritto la predetta Convenzione;
   dopo la procedura di selezione dei soggetti disabili, l'Inps ha comunicato ai candidati il risultato della selezione e richiesto ai soggetti idonei e collocati in posizione utile nella graduatoria di assunzione la documentazione utile al fine di perfezionare l’iter di assunzione; a tale scopo i soggetti interessati all'assunzione hanno presentato la documentazione richiesta;
   per il 2013 l'Inps ha sospeso cautelativamente il processo di assunzione relativo ai soggetti disabili ai sensi della legge n. 68 del 1999, a causa delle modifiche normative ed organizzative intervenute negli ultimi anni relative alla soppressione dell'Inpdap e dell'Enpals a decorrere dal 1° gennaio 2012 ed all'attribuzione all'Inps delle relative funzioni (articolo 21 del decreto-legge n. 201 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) e alla riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni (articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135);
   l'Inps, ai sensi dell'articolo 2 del citato decreto-legge n. 95 del 2012 e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 gennaio 2013, ha successivamente rideterminato la dotazione organica dell'Istituto e rilevato la soprannumerarietà del personale in diverse aree rispetto al nuovo organico, tale da non consentire l'attuazione delle procedure di assunzione delle categorie protette nel limite della quote d'obbligo;
   inoltre, i tempi lunghi del processo di selezione e reclutamento dei soggetti disabili interessati non ha consentito l'assunzione essendo intervenute nel frattempo alcune disposizioni di legge che vietano alle pubbliche amministrazioni che presentano una situazione di soprannumerarietà e eccedenza di effettuare le assunzioni previste dalla determinazione dell'Inps n. 438 del 2 dicembre 2011;
   il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modificazioni dalla legge 30 novembre 2013, n. 125, prevede all'articolo 7 una deroga a favore delle categorie protette, incluse le persone disabili, al divieto di nuove assunzioni nel caso in cui le amministrazioni pubbliche registrano una situazione di soprannumerarietà. Il comma 6 disciplina la rideterminazione del numero di assunzioni obbligatorie delle categorie protette sulla base delle quote d'obbligo e dei criteri di computo previsti dalla normativa vigente, tenendo conto, ove necessario, della dotazione organica come rideterminata secondo la legislazione vigente ed il comma 7 assegna al dipartimento della funzione pubblica il compito di monitorare l'adempimento dell'obbligo da parte delle pubbliche amministrazioni. Tale provvedimento risponde alle aspettative delle persone disabili di entrare nel mondo del lavoro;
   la preoccupazione è quella di assistere a tempi troppo alti da parte della burocrazia pubblica per l'attuazione dell'articolo 7, commi 6 e 7, del decreto-legge n. 101 del 2013 rispetto agli adempimenti da porre in essere ed alle esigenze delle categorie protette, le quali da molto tempo aspirano ad entrare nel mondo del lavoro;
   la nuova disposizione di legge dovrebbe concludere il processo di assunzione delle persone disabili promosso dall'Inps ed interrotto nella fase finale di reclutamento e consentire alle pubbliche amministrazioni di avviare il processo di reclutamento per le categorie protette –:
   se non reputi urgente accelerare il completamento del processo di reclutamento dei soggetti disabili da parte dell'Inps e di eventuali altre pubbliche amministrazioni al fine di procedere nel più breve tempo possibile all'assunzione dei soggetti interessati che hanno partecipato alla selezione, sono risultati idonei alle prove di selezione ed hanno ricevuto da parte del datore di lavoro pubblico la comunicazione del risultato di idoneità alle prove di selezione e la richiesta di invio della documentazione per perfezionare l’iter di assunzione. (5-02715)


   GNECCHI, ALBANELLA, BOCCUZZI, GIACOBBE, MAESTRI, INCERTI, ZAPPULLA, CINZIA MARIA FONTANA, SIMONI, SALVATORE PICCOLO, MICCOLI e CASELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 3, comma 6, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 stabilisce che per i periodi relativi ai trattamenti di mobilità di durata continuativa superiore all'anno, di cui alla legge n. 223 del 23 luglio 1991, ricadenti nel periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile, le retribuzioni accreditate figurativamente sono rivalutate anche in base agli indici di variazione delle retribuzioni contrattuali del settore di appartenenza, rilevati dall'ISTAT, come chiaramente previsto dalla circolare applicativa inps 160 del 17 luglio 1997;
   risulta che gli indici di settore ISTAT di appartenenza di ogni singolo soggetto ora in pensione o in attesa di pensione, sono aggiornati da tempo, ma sistematicamente l'Inps con ragioni diverse, non le applica dal 1o gennaio 2009;
   dall'anno 2009 si sono quindi accumulate pensioni già liquidate e che andavano ricostituite automaticamente dall'Inps dopo la pubblicazione da parte dell'Istat degli indici di variazione delle retribuzioni contrattuali di appartenenza;
   con le modifiche introdotte dall'articolo 38 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 111 del 2011, già peraltro dichiarate parzialmente incostituzionali dalla Corte, ove l'Inps non abbia proceduto d'ufficio come da obbligo di legge a ricostituire le pensioni in base alla norma sopra richiamata, l'avente titolo perde il diritto a richiedere la ricostituzione trascorsi tre anni;
   risulta assolutamente incomprensibile che l'istituto previdenziale possa intervenire su una pensione che risulti sbagliata in eccesso retroattivamente fino a 10 anni, mentre un pensionato che possa far valere un diritto subisca una prescrizione triennale;
   con la decadenza triennale che parte dal 6 luglio 2011, il termine ultimo per evitare la prescrizione del diritto diventa 6 luglio 2014 e ciò costringerà i pensionati interessati a promuovere tramite i patronati un contenzioso di massa contro l'Inps a causa di una palese inosservanza della legge da parte dell'Inps stessa –:
   se non ritenga il Ministro, che ha il compito di vigilare sull'istituto previdenziale, di intervenire affinché l'istituto stesso proceda celermente a ricostituire le pensioni dei soggetti interessati, così come previsto dal decreto legislativo n. 503 del 1992;
   se non ritenga il Ministro di assumere iniziative finalizzate a modificare la normativa vigente, in modo che i termini entro i quali è possibile ottenere, da parte degli aventi diritto, una riliquidazione favorevole della pensione siano uniformati a quelli entro i quali l'INPS può procedere al recupero di importi determinati in eccesso. (5-02719)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOREFICE, SILVIA GIORDANO, GRILLO, DI VITA, CECCONI, MANTERO e DALL'OSSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il sistema legislativo italiano prevede una disparità di trattamento e di regolamentazione dei diritti dei lavoratori subordinati rispetto a quelli autonomi. Tale disuguaglianza è evidente soprattutto in presenza di eventi morbosi che colpiscono il lavoratore;
   il lavoratore dipendente può usufruire del diritto alla malattia, fino a diciotto mesi, percependo lo stesso stipendio, mentre il lavoratore autonomo non ha diritto alla malattia se non per periodi simbolici e con sussidi esigui;
   la circolare dell'Inps del maggio 2013 estende a tutti i lavoratori autonomi l'indennità di malattia, una prestazione che può chiedere anche il professionista affetto da patologia oncologica. L'indennità di malattia spetta nei casi in cui il lavoratore non sia titolare di pensione e non sia iscritto ad altre forme previdenziali obbligatorie, per un massimo di giorni nell'anno solare pari ad 1/6 della durata complessiva del contratto. Viene corrisposta nella misura del 4 per cento, 6 per cento e 8 per cento assumendo a riferimento l'importo della retribuzione giornaliera che si ottiene dividendo per 365 il massimale contributivo (articolo 2, comma 18, della legge n. 335 del 1995) previsto nell'anno di inizio della malattia, a seconda della contribuzione, attribuita nei dodici mesi precedenti l'evento di malattia (da 3 a 4 mesi il 4 per cento – da 5 a 8 mesi il 6 per cento – da 9 a 12 mesi l'8 per cento). Per il 2013 l'indennità di malattia è stata pari ad euro 10,85, 16,28 e 21,71 al giorno a seconda della contribuzione attribuita. Il numero massimo di giorni di malattia indennizzabili nell'arco di un anno solare è pari a 61;
   è evidente come tale indennità sia assolutamente irrisoria per un lavoratore autonomo che si ammala ad esempio di cancro. Comincia per lui una via crucis che, al dolore della malattia, aggiunge anche le improvvise difficoltà economiche. Non solo non lavorando non guadagna, ma frattempo viene vessato dallo Stato che continua a chiedere tutte le tasse, ignorando lo status di malato;
   oltre al quasi inesistente supporto finanziario in termini di indennizzi, rimborsi delle spese mediche e assegni (anche temporanei) di invalidità erogati, i lavoratori autonomi malati di tumore devono fare i conti anche con la totale mancanza di riguardo e umanità da parte del fisco italiano. L'Agenzia delle entrate infatti chiede spiegazioni riguardo allo scostamento tra studi di settore e dichiarazioni dei redditi dell'anno in corso, non curandosi del fatto che il guadagno ne risente fortemente, essendo una malattia che abbatte il tempo e le forze, e di conseguenza la dichiarazione dei redditi difficilmente si può avvicinare a quella dell'anno precedente. E se i lavoratori malati non riescono a far fronte ai pagamenti delle tasse, a causa delle minori entrate, ovviamente ricevono le cartelle esattoriali –:
   se non reputino ingiusta tale situazione di fatto generatasi e se non ritengano necessario assumere iniziative affinché venga rispettata la Costituzione dando anche ai lavoratori autonomi la possibilità di una malattia dignitosa, prevedendo il diritto ad una indennità di malattia che copra l'intero periodo di inattività a chi abbia versato all'INPS almeno 3 annualità nel corso della sua intera vita lavorativa, un indennizzo relativo alla malattia uguale a quello stabilito per la degenza ospedaliera relativamente ai giorni di somministrazione di terapie invasive (chemio, radio e altro), e il riconoscimento della copertura pensionistica figurativa per tutto il periodo della malattia;  
   se, nelle more di un intervento modificativo dell'attuale normativa, non reputino necessario assumere ogni iniziativa di competenza anche nei riguardi dell'Agenzia delle entrate per prevedere per i lavoratori autonomi, affetti da tumore o altre patologie gravissime, la possibilità di sospendere tutti i pagamenti (INPS, IRPEF), concedendo la possibilità di dilazionarli e versarli dal momento della piena ripresa lavorativa, nonché la loro esclusione dagli studi di settore. (4-04677)


   SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel 2009 l'INAIL ha indetto un concorso pubblico per titoli ed esami, pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale concorsi n. 92 del 27 novembre 2009, per coprire la carenza negli organici di dirigenti medici di secondo livello (ex primari);
   tale concorso era relativo solo ad alcune regioni;
   la procedura di selezione si è conclusa nel 2010;
   il concorso riguardava 5 posti incardinati rispettivamente nelle regioni Lombardia (2 posti), Emilia Romagna (1 posto), Sardegna (1 posto) e Puglia (1 posto);
   successivamente, in considerazione di ulteriori vacanze nell'organico, ovvero nuovi posti in diverse sedi INAIL ed in varie altri regioni non oggetto del predetto concorso, l'amministrazione ha indetto un nuovo concorso pubblico con scadenza al 30 dicembre 2013 per 6 posti di DM2, correttamente articolato per le esigenze delle sedi in tutto il territorio nazionale;
   invece di procedere celermente allo svolgimento di questo nuovo concorso, si è agito a giudizio dell'interrogante in maniera da snaturare il precedente concorso, già concluso e vincolato alle succitate regioni, e con modalità che appaiono quantomeno anomale se non difformi dalla vigente normativa si è elaborata un'ipotesi di piano assunzionale finalizzato alla immissione in ruolo di 16 nuovi dirigenti medici di secondo livello (ex primari);
   l'ufficio centrale del personale dell'INAIL ha predisposto, motu proprio, una graduatoria nazionale derivandola dalle quattro graduatorie regionali, ad avviso dell'interrogante con modalità non in linea con i dettami legislativi vigenti in materia concorsuale da utilizzare per la copertura dei posti in organico di DM2 nel territorio nazionale, oltre che con lo stesso vincolo concorsuale di cui sopra;
   l'INAIL, nelle more della definizione operativa del già citato piano per la copertura d'organico, ha assunto in data 7 aprile 2014 uno solo dei medici idonei in graduatoria per una non meglio precisata esigenza che, per quanto predisposto dallo stesso INAIL, non sembra all'interrogante essere connotata da urgenza ovvero da necessità non differibile;
   l'INAIL ha inoltre posto in essere una procedura di preliminare richiesta della disponibilità ai vari medici nella graduatoria del suddetto concorso del 2009 per l'eventuale assegnazione nei posti di DM2, anche in regioni diverse da quelle coinvolte nel concorso;
   le organizzazioni sindacali hanno protestato con forza per non essere state correttamente e puntualmente informate delle operatività del suddetto piano assunzionale che, di fatto, ha ignorato improvvisamente ed inspiegabilmente un concorso pubblico bandito dallo stesso INAIL nel 2013;
   la condotta dell'ufficio centrale del personale INAIL, posta in essere con la determina n. 77 del marzo 2014, produce secondo l'interrogante una grave lesione dei diritti di tutti i medici dell'INAIL interessati;
   ancora non chiaro risulta a tutt'oggi l'atteggiamento di passiva attesa dell'INAIL dopo il concorso, ormai pienamente conclusosi, del 2009: si poteva, infatti, legittimamente immettere in servizio i medici nelle regioni a concorso con il solo scorrimento della graduatoria vigente;
   in tal modo si sarebbero evitati altri inutili ed assurdi oneri aggiuntivi per l'amministrazione, atteso che diverse sigle sindacali, a quanto consta all'interrogante, avrebbero già attivato procedure giudiziarie a tutela degli interessi di trasparenza e regolarità delle assunzioni –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti narrati;
   quali misure siano già state prese in merito;
   se sia al corrente delle motivazioni alla base delle suddette scelte operate dall'INAIL;
   se non si ritenga che quanto esposto sia indicativo di una certa disattenzione e superficialità nel governo delle procedure concorsuali, che debbono sempre e comunque essere ossequiose delle leggi per garantire i diritti di tutti i soggetti interessati. (4-04680)


   BALDASSARRE, BECHIS, CIPRINI, COMINARDI, RIZZETTO, CHIMIENTI, ROSTELLATO e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito dalla legge n. 291 del 2004, ha istituito, presso l'INPS, un fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo;
   il decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito dalla legge n. 43 del 2005 ha introdotto il «cofinanziamento» del suddetto fondo attraverso l'istituzione di una addizionale comunale sui diritti di imbarco di 1 euro sui biglietti emessi in Italia;
   il decreto-legge n. 134, convertito dalla legge n. 166 del 2008, ha elevato l'addizionale da 1 euro a 3 euro;
   il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, mantiene nel suo assetto attuale, il fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione nel settore del trasporto aereo, evitando la sua trasformazione in fondo di solidarietà e altresì è prolungata di 3 anni la sua operatività e delle norme che prevedono la devoluzione al Fondo delle maggiori entrate derivanti dall'incremento dell'addizionale sui diritti di imbarco dei passeggeri sugli aeromobili;
   dalla «determinazione e relazione della sezione del controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) per l'esercizio 2012» pubblicata dalla Corte dei conti, si evincono alcune criticità:
    con il decreto-legge n. 7 del 2005 e l'introduzione del «cofinanziamento» del Fondo, si ha «di fatto spostato il carico dalle categorie interessate alla fiscalità generale»;
    «La Corte ha ribadito che una gestione di sostegno, istituita originariamente sullo schema dei fondi di solidarietà e quindi in autofinanziamento, si è tramutata in una singolare gestione quasi totalmente alimentata da risorse pubbliche, con una quota assolutamente irrilevante di contribuzioni proprie e per di più con perdurante e totale disattivazione delle previste contribuzioni a carico del sistema aeroportuale, di fatto consegnando la relativa disposizione primaria a norma «inutilier data»»;
    «I dati del bilancio 2012 evidenziano un ulteriore aumento delle entrate, ma sempre di derivazione dall'addizionale e nella perdurante assenza dei previsti apporti del sistema aeroportuale»;
    «(...) va segnalato l'avvio dell'azione di recupero dell'addizionale passeggeri nei confronti dei soggetti tenuti alla riscossione e al riversamento nelle contabilità speciale aperta presso la tesoreria centrale gestita dall'INPS»;
   con la circolare INPS n. 112 emanata in data 25 luglio 2013, vengono delineate le modalità di riscossione dell'incremento dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco di passeggeri sugli aeromobili;
   dalla suddetta circolare si evince che: «Le disposizioni normative prevedono che le società che gestiscono servizi aeroportuali provvedano a riversare all'INPS, mediante modello F24 le somme ricevute dalle compagnie aeree a titolo di incremento dell'addizionale comunale per i diritti di imbarco»;
   con messaggio INPS n. 14354 datato 12 settembre 2013 vengono rese note le modalità sanzionatorie applicate agli importi già riscossi dalle società di gestione in periodi antecedenti il 1o luglio 2013 ed ancora non riversati ad INPS –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle criticità su esposte e se non ritenga opportuno porre in essere ogni iniziativa di sua competenza al fine di correggere le stesse;
   se il Ministro interrogato ritenga legittimo mantenere attivo il Fondo suddetto – qualificato come «speciale» – attraverso il prelievo di una addizionale posta a carico della fiscalità generale, come denunciato anche dalla stessa Corte dei conti nella relazione suddetta;
   se non ritenga il Ministro interrogato che il Fondo suddetto si sia tramutato in una singolare gestione quasi totalmente alimentata da risorse pubbliche e quindi non possa più mantenere lo schema istitutivo iniziale che prevedeva un meccanismo integrale di autofinanziamento;
   se il Ministro interrogato possa fornire cifre esatte in merito ai contributi che il sistema aeroportuale avrebbe dovuto versare ad INPS e se ci siano ancora situazioni in cui tali versamenti sono assenti e quali siano le ragioni che hanno portato alla situazione di inadempienza;
   se il Ministro interrogato possa fornire e quantificare il livello prestazionale che il suddetto fondo garantisce ai propri iscritti. (4-04681)


  RIZZETTO e PRODANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dall'annuncio dell'apertura della procedura di investigazione sulle fabbriche italiane della società Electrolux, al fine di valutare i parametri legati alla produttività e alla competitività degli stabilimenti, sono trascorsi sei mesi, costati ai lavoratori 220 ore di sciopero e circa 1.200-1.500 euro di stipendio;
   durante il predetto periodo non è stata formulata alcuna proposta formale per la salvaguardia dei livelli occupazionali, con specifiche richieste ad Electrolux, né dal sindacato né dalle regioni, in primis il Friuli Venezia Giulia;
   gli impiegati della sede Electrolux di Porcia il 7 marzo 2014 hanno consegnato alla presidente della regione del Friuli, Debora Serracchiani, un documento nel quale si chiedeva alla stessa di intervenire in tempi brevi per bloccare le operazioni di smantellamento delle attività dei servizi e, quindi, per salvaguardare l'occupazione dei lavoratori. A tale richiesta, a giudizio degli interroganti non ha fatto seguito nessun atto concreto da parte della presidente, se non quello di far pervenire la lettera in questione al Ministero dello sviluppo economico, e senza dare nessun riscontro agli impiegati o proporre una qualche iniziativa concreta;
   a quanto è dato sapere, la presidente ha continuato a non trasmettere alcuna risposta alle istanze degli impiegati, anche dopo una conferenza stampa sulla questione, del 29 marzo 2014, tenutasi a Pordenone e l'invio di una petizione da parte degli stessi impiegati, in data 3 aprile 2014, anche al vicepresidente della regione, Sergio Bolzonello, affinché la situazione degli uffici fosse oggetto di discussione al Ministero dello sviluppo economico durante l'incontro plenario del 7 aprile 2014;
   l'unico evidente obiettivo perseguito in questi sei mesi dalla presidente Serracchiani, sembra sia stato quello di consentire ad Electrolux di ridurre, ove lo ritenesse opportuno, l'orario di lavoro a 30 ore settimanali e di mettere a carico della tassazione generale le restanti 10 ore, per un valore annuo di 40 milioni di euro e di 120 milioni nell'arco di tre anni;
   in base alle dichiarazioni della stessa presidente, la regione è orientata ad intervenire con ulteriori finanziamenti allo scopo di indurre Electrolux a non chiudere a breve lo stabilimento di Porcia e, allo stesso tempo, di evitare lo scontro tra sindacato e vertici della società, ovvero affinché Electrolux accetti di sottoscrivere un accordo che preveda per l'anno 2017 la riduzione dei volumi, 450 esuberi e il trasferimento o la chiusura delle attività degli uffici;
   allo stato dei fatti, appare agli interroganti che la presidente Serracchiani non abbia adottato, ad oggi, alcuna iniziativa concreta sebbene, in occasione del tavolo plenario del 7 aprile 2014, abbia dichiarato l'appoggio a tutte le forze lavoro, incluso quindi il settore impiegatizio, a prescindere dalle qualifiche professionali;
   stante l'esistenza di un tavolo di confronto sulle sorti delle sedi italiane di Electrolux, tra le parti interessate per salvaguardare gli attuali livelli occupazionali, si ritiene necessario acquisire informazioni e chiarimenti in merito all'evoluzione ed ai tempi per pervenire ad un eventuale accordo, anche a fronte della constata inattività delle autorità a livello regionale;
   inoltre, si fa presente che nel primo trimestre 2014, la multinazionale svedese ha chiuso i primi tre mesi del 2014 con ricavi per 2,8 miliardi e utili per circa 48 milioni di euro con un aumento del 19 per cento pari a circa 65,5 milioni di dollari, molto al di sopra delle attese degli analisti e che le stime parlano di una crescita 2014 nell'Unione europea intorno al 3 per cento;
   i predetti risultati hanno portato nell'ultimo mese ad un incremento del titolo in borsa del 24 per cento;
   pertanto, alla luce dei predetti dati, si conferma la solidità della multinazionale svedese. Va da sé, dunque, la doverosa adozione di azioni e provvedimenti a salvaguardia degli attuali livelli occupazionali –:
   se e quale sia il contenuto di un'eventuale proposta formale del Ministro interrogato circa la politica industriale ed occupazionale per lo stabilimento Electrolux di Porcia;
   se e quali garanzie si intendano ottenere dalla società Electrolux sugli eventuali interventi aggiuntivi di sostegno, in materia di costo del lavoro ed investimenti;
   quali siano i tempi previsti per addivenire ad un eventuale accordo rispetto alla salvaguardia dei livelli occupazionali della sede Electrolux di Porcia. (4-04682)


   BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dallo stenografico della seduta del 16 aprile 2014 a seguito di una interrogazione a risposta immediata in Aula – la n. 3/00775 – il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha affermato che: «Tra questi rapporti sono compresi i contratti relativi al deposito, gestione ed archiviazione della documentazione cartacea dell'ex Inpdap, servizio affidato in outsourcing a soggetti esterni. In particolare, il servizio di archiviazione, custodia e gestione dei fascicoli e dei documenti relativi agli affari amministrativi e contenziosi dell'INPS è gestito in modo centralizzato per tutto il territorio nazionale, secondo le prescrizioni impartite dalla sovraintendenza archivistica per il Lazio, dalla società Delta Uno Servizi Spa, con contratto che copre il periodo 1o agosto 2008-31 luglio 2017. Quindi la risposta alla domanda è affermativa.» e altresì: «(...) il Ministero esercita nei confronti dell'istituto una funzione di vigilanza (...)»;
   come si evince da un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano, in data 30 aprile 2014, emergono delle criticità nel servizio di deposito, gestione, archiviazione e distribuzione agli uffici INPS del materiale cartaceo dell'istituto-Archivi Ex Inpdap, affidato alla società Delta Uno Servizi Spa;
   le criticità rilevate nell'articolo suddetto riguarderebbero sia il contratto stipulato nel 1998 fra INPS e la Società Delta Uno Servizi Spa, che lo stesso rinnovato nel 2008;
   dall'articolo suddetto emerge che l'importo contrattuale – per il periodo 2008/2017 – per i servizi «base» è di 74.945.000,00 euro iva esclusa e altresì, in aggiunta a tale cifra, vi sarebbero dei corrispettivi per «altri servizi» che vengono quantificati, di volta in volta, sulla base delle tariffe concordate in sede di trattativa fra INPS e la società Delta Uno Servizi Spa –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suddetti;
   se al Ministro interrogato risulti legittimo e conforme alle normative di legge vigenti il contratto stipulato nel 1998 – e il successivo nel 2008 – fra INPS e la Società Delta Uno Servizi Spa;
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover svolgere una funzione di vigilanza – come da lui stesso dichiarato e trascritto nello stenografico della seduta del 16 aprile 2014 – della regolarità di tale affidamento e di tale tipologia contrattuale applicata e altresì se ha già attivato ulteriori controlli al fine di garantire la massima trasparenza;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza e se possa fornire – in quanto inserite a bilancio INPS – le cifre che INPS eroga ed ha erogato alla società Delta Uno Servizi Spa, dal 1998 a oggi, comprensive delle somme erogate sia come servizio «base» sia le somme quantificate, di volta in volta, sulla base delle tariffe concordate in sede di trattativa. (4-04686)

SALUTE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   l'osteopatia è un metodo terapeutico, olistico, di cura-prevenzione fondato su una conoscenza precisa della fisiologia e dell'anatomia del corpo umano. Utilizza le mani come strumento di diagnosi, per evidenziare le disfunzioni e l'assenza di mobilità dei tessuti che comportano un'alterazione dell'equilibrio generale dell'individuo e cura, per ristabilire la mobilità e l'armonia funzionale delle articolazioni, del rachide, del sistema mio-fasciale, viscerale, cranio-sacrale, psicosomatico, vascolare ed energetico;
   si può anche definirla una filosofia e un'arte, oltre che una scienza olistica, basata sull'approccio globale alla persona. L'osteopatia infatti non si limita a curare le evidenze di una malattia, bensì agisce sulle sue cause, all'origine, escludendo l'utilizzo di farmaci. Gli osteopati, peraltro, sono professionisti della salute di «primo contatto», il che significa che non occorre essere riferiti a loro da un medico;
   l'osteopata non prescrive farmaci, sia per legge che per vocazione. Andrew Taylor Still, fondatore dell'osteopatia nel 1874, ha formulato una disciplina terapeutica che non si fonda sugli stessi principi della medicina ufficiale, bensì su una filosofia metodologica manipolativa utile sia per la diagnosi che per la terapia;
   il 9 novembre 2010, l'Organizzazione mondiale della sanità ha definito le Linee guida per la formazione in osteopatia;
   l'osteopata è diplomato in scuole private che, dopo una formazione di 6 anni (se ha frequentato il corso part-time) o di 5 anni (allievo di scuole full-time), diventa libero professionista in campo osteopatico dopo aver sostenuto l'esame unico nazionale, con la discussione di una tesi specifica in osteopatia di fronte a Commissione esterna;
   più nello specifico, gli esperti in osteopatia dividono in due tipologie i programmi formativi a seconda della formazione pregressa e dell'esperienza clinica degli studenti. I programmi formativi di tipo I (full-time) sono destinati a coloro che hanno alle spalle una formazione di tipo sanitario scarsa o assente, ma che hanno conseguito un diploma di scuola superiore o equivalente. Elemento essenziale è una formazione clinica in presenza di supervisori presso un'idonea struttura clinica osteopatica, oltre alla richiesta agli studenti di elaborare una tesi. I programmi formativi di tipo II (generalmente full-time) si rivolgono invece a soggetti con una formazione precedente in qualità di operatori sanitari. I programmi di tipo II hanno gli stessi obiettivi e lo stesso contenuto dei programmi di tipo I, ma il contenuto e la durata del corso si possono modificare in base all'esperienza e alla formazione pregressa dei singoli partecipanti;
   il piano di studio per la formazione omeopatica comprende una formazione nelle scienze di base (dalla storia e filosofia scientifica all'anatomia macroscopica e funzionale, dalla batteriologia, biochimica e fisiologia cellulare fondamentale fino alla biomeccanica e cinetica), nelle scienze chimiche, nella scienza osteopatica e successivamente una serie di verifiche delle capacità pratiche, con relative supervisioni;
   tutti gli elementi del piano di studi vengono impartiti tenendo conto della centralità del paziente piuttosto che della malattia, considerando il paziente come un soggetto che cerca di favorire il raggiungimento di uno stato di salute ottimale, e sottolineando l'importanza della collaborazione terapeutica che si deve instaurare tra paziente e operatore;
   i percorsi formativi osteopatici part-time e full-time, a oggi, sono tenuti da scuole private per via del mancato riconoscimento statale. Ciononostante sono diverse le scuole di osteopatia in Italia che collaborano con ospedali o con centri universitari, così come si fa sempre più importante l'integrazione di questa disciplina con i medici delle diverse specializzazioni;
   a oggi sono 18 le scuole di osteopatia italiane riconosciute dal Roi, Registro osteopati italiani;
   la legge n. 4 del 14 gennaio 2013 recante «Disposizioni in materia di professioni non organizzate in ordini e collegi» fornisce l'opportunità all'osteopatia di entrare a pieno titolo nelle professioni riconosciute secondo un modello di autoregolamentazione basata sul rispetto della norma UNI, assicurando, di fatto, una forma di garanzia per gli utenti per la scelta di operatori «accreditati» del settore;
   il Sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo, all'interrogazione 5-01832 recentemente presentata in Commissione affari sociali dall'onorevole Paola Binetti sul profilo professionale dell'osteopata e del chiropratico, ha risposto che l'osteopatia è attività riservata alle professioni sanitarie e come tale può essere esercitata solo da professionisti sanitari regolarmente abilitati, con il possesso cioè di una laurea in materia. È stato precisato inoltre, riferendosi all'osteopatia, che i soggetti non autorizzati all'esercizio delle professioni sanitarie sono perseguibili dall'autorità giudiziaria;
   tale interpretazione non solo contrasta con la filosofia e i principi stessi della disciplina, ma avrebbe l'effetto di portare a un arretramento rispetto alla legge del 2013 in materia di professioni non regolamentate. Comporterebbe infatti due gravissime conseguenze: la gran parte degli osteopati, formatisi nelle scuole di cui sopra e operanti su tutto il territorio nazionale, si renderebbero responsabili del delitto di cui all'articolo 348 del codice penale (esercizio abusivo della professione medica); inoltre, si determinerebbe di fatto una vera e propria epurazione di circa 10mila professionisti adeguatamente formati, con conseguente perdita di lavoro di un indotto pari a circa 45.000 lavoratori –:
   se intenda davvero il Ministro limitare l'esercizio della professione di osteopata ai soli professionisti in possesso di laurea sanitaria, pregiudicando migliaia di professionalità adeguatamente formate nelle scuole di cui in premessa;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di predisporre un obiettivo e adeguato riconoscimento della figura professionale di osteopata anche in Italia, così come in numerosi Paesi dell'Unione europea, senza pregiudizi di sorta, in linea con le direttive dell'Organizzazione mondiale della sanità e soprattutto con i principi della disciplina stessa, e al fine di evitare una eccessiva, e quanto mai inappropriata, medicalizzazione del sistema terapeutico-olistico, che il cittadino ha il pieno diritto di scegliere quale trattamento almeno complementare alle cure cosiddette tradizionali offerte dalla scienza medica.
(2-00521) «Zan».

Interrogazione a risposta scritta:


   BARONI, CECCONI, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, DI VITA, DALL'OSSO, MANTERO, GRILLO, ZOLEZZI e DELLA VALLE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la tutela della salute è un diritto fondamentale dell'individuo e rappresenta un interesse della collettività, come sancito dall'articolo 32 della Costituzione Italiana;
   l'ambiente, e quindi, gli abitanti delle città italiane (e dei Paesi industrializzati), ogni giorno sono a contatto con delle sostanze nocive contenute negli alimenti, nell'aria, nell'acqua, nel fumo di scarico e via discorrendo che potenzialmente potrebbero causare danni alla salute;
   attualmente nuove ricerche tentano di confermare il rapporto tra malattie croniche e gli imballaggi alimentari;
   nonostante i materiali usati per gli imballaggi degli alimenti esista una legislazione Italiana anche particolarmente restrittiva e in vigore dal 1973 – e organi dedicati alla sorveglianza – come l'EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) – ci sono ancora aree che necessitano di ulteriori approfondimenti;
   gli scienziati di alcuni dei principali centri di ricerca ambientale hanno sollevato il problema con un lavoro pubblicato su il Journal of Epidemiology and Community Health, del gruppo Bmj, in cui si chiedono se ci sia una correlazione tra questi inquinanti chimici e malattie croniche come diabete, obesità, cancro e disordini neurologici e infiammatori;
   i materiali a contatto con gli alimenti (food contact materials, FCMs), usati per gli imballaggi, la conservazione, o contenuti negli apparecchi usati per la produzione dei cibi – spiegano gli autori del lavoro – molto spesso sono fatti di plastica o materiali sintetici posti a diretto contatto con gli alimenti, come il rivestimento delle lattine, il laminato dei cartoni per le bevande o i tappi usati per la chiusura delle bottiglie;
   la maggior parte di questi materiali non sono inerti e hanno la caratteristica di poter diffondere all'interno degli alimenti. Questa processo conosciuto come «migrazione» è accelerato da un aumento di temperatura e dipende dal tempo di stoccaggio, dalle proprietà chimiche del FCMs e il prodotto alimentare, nonché dalle caratteristiche fisiche del FCM;
   finora la comunità scientifica ha dedicato poca attenzione questo problema, nonostante i FCMs siano una nuova fonte di esposizione, come in passato è stato il particolato atmosferico derivato dall'inquinamento, poi associato a disturbi cardiaci. Sia perché alcune sostanze riconosciute come tossiche sono legalmente presenti in questi materiali, in Europa, negli USA e in altri Paesi, in particolare in Cina;
   sia perché i FMCs contengono anche prodotti chimici molto discussi come il nonilfenolo EDC, il bisfenolo A, il tributilstagno, il triclosan e diversi ftalati, in grado di alterare il sistema endocrino e la produzione ormonale;
   inoltre, i consumatori secondo quanto riportato dal lavoro pubblicato su il Journal of Epidemiology and Community Health, del gruppo Bmj, sarebbero esposti a più di 4000 sostanze chimiche note, contenute nei materiali per imballaggi, a cui vanno aggiunte un numero imprecisato di sottoprodotti di polimerizzazione e impurità, composti noti come sostanze aggiunte non intenzionalmente (Nias);
   nonostante gli importanti studi sopracitati e l'evidenza che prodotti ad alto imballaggio sono concausa dell'aumento dell'inquinamento e della produzione di rifiuti, ci sono alcuni esperti come Luciano Piergiovanni, professore ordinario di scienze e tecnologie alimentari presso l'università degli studi di Milano, Maria Daria Fumi, ricercatrice presso l'istituto di enologia e ingegneria agro-alimentare università Cattolica Sacro Cuore, hanno comunicato ad una rivista web che il settore dei food content materials è ampiamente sorvegliato, per cui non c’è motivo di allarmarsi, aggiungendo, che semmai si tratta di un messaggio rivolto alla comunità scientifica, perché si impegni nel breve tempo, a esplorare questa area di ricerca, che deve essere necessariamente approfondita;
   in merito, le autorità a livello internazionale che si occupano di questo sono EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) che in base alla analisi raccolte da Asl, laboratori nazionali e internazionali, esprime pareri attraverso commissioni di esperti che a loro volta forniscono indicazioni poi tradotte in metodologie di controllo e norme –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative nell'ambito delle proprie competenze i Ministri intendano adottare ed in quali tempi, affinché si giunga ad una puntuale verifica della situazione ambientale e sanitaria degli alimenti contenuti negli imballaggi suddetti;
   se i Ministri, venuti a conoscenza dei fatti esposti in premessa, non intendano adottare tutte le iniziative di propria competenza adatte all'indagine e/o monitoraggio attraverso gli organi competenti, per valutare la variazione dei livelli di migrazione dagli imballaggi agli alimenti in esso contenuti, per impegnarsi nel breve tempo, a esplorare questa area di ricerca, che deve essere necessariamente approfondita;
   se sia in previsione una catalogazione di tutti i tipi di imballaggio alimentare, sia a livello di produzione, trasporto e deposito degli stessi;
   se i Ministri interrogati intendano porre in essere interventi, anche di carattere normativo, finalizzati a garantire la nomenclatura e la catalogazione per approvare e/o eliminare alcuni tipi di imballaggio che potrebbero essere eventualmente dannosi per l'ambiente, la salute dei cittadini e delle cittadine italiane, evitando così, significativi disagi economici, sociali e garantendo la tutela della salute come diritto fondamentale dell'individuo e rappresentazione di un interesse della collettività, come sancito dall'articolo 32 della Costituzione italiana. (4-04678)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BALDASSARRE. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dallo stenografico della seduta del 16 aprile 2014 a seguito di una interrogazione a risposta immediata in aula (n. 3/00775) il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha affermato che: «Tra questi rapporti sono compresi i contratti relativi al deposito, gestione ed archiviazione della documentazione cartacea dell'ex Inpdap, servizio affidato in outsourcing a soggetti esterni»;
   in particolare, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ha riferito che: «il servizio di archiviazione, custodia e gestione dei fascicoli e dei documenti relativi agli affari amministrativi e contenziosi dell'INPS è gestito in modo centralizzato per tutto il territorio nazionale, secondo le prescrizioni impartite dalla sovraintendenza archivistica per il Lazio, dalla società Delta Uno Servizi Spa, con contratto che copre il periodo 1o agosto 2008 - 31 luglio 2017. Quindi la risposta alla domanda è affermativa.»;
   Il Fatto Quotidiano, in data 30 aprile 2014, ha gettato altresì inquietanti ombre in merito all'affidamento ed alla gestione dei servizi di archiviazione e distribuzione agli uffici INPS del materiale cartaceo dell'istituto – Archivi Ex Inpdap, affidato alla società Delta Uno Servizi Spa;
   le criticità rilevate nell'articolo suddetto riguarderebbero tutti i contratti stipulati dal 1998 fra INPS e la Società Delta Uno Servizi Spa;
   alla luce di quanto sopra esposto, è di interesse conoscere, se nel lungo tempo trascorso eventuali criticità, siano o meno state rilevate dalle autorità competenti tutte –:
   quali siano le procedure da osservare, ex lege previste, per l'affidamento e la gestione di servizi analoghi e quali quelle effettivamente applicate nel caso di cui in premessa al quale fa riferimento l'articolo pubblicato in data 30 aprile 2014 da Il Fatto Quotidiano. (5-02722)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


  PRATAVIERA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 7 aprile 2014 è ricominciato presso il Ministero dello sviluppo economico la trattativa in sede governativa sulla vertenza Electrolux, alla presenza dei nuovi Ministri del lavoro e delle politiche socali e dello sviluppo economico, Giuliano Poletti e Federica Guidi e dei presidenti delle regioni Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna;
   l'incontro, rinviato più volte per via degli avvicendamenti di Governo, aveva come oggetto la dichiarata disponibilità di Electrolux a rivedere il piano industriale inizialmente ipotizzato, dopo il rifinanziamento da parte del Governo della decontribuzione dei contratti di solidarietà e l'intesa sulla proroga degli stessi per tutti gli stabilimenti sottoscritta il 26 marzo 2014;
   nonostante le ripetute richieste di accreditamento e convocazione al tavolo ministeriale al predetto incontro del 7 aprile 2014, la FAILMS (Federazione autonoma italiana metalmeccanici e servizi) non è stata convocata al tavolo, sebbene la stessa sia presente all'interno di Electrolux con propri associati e nella RSU (rappresentanza sindacale unitaria) con propri delegati regolarmente eletti;
   tale esclusione si è verificata solo in occasione delle convocazioni per la vertenza Electrolux, mentre non è accaduta per aziende di livello internazionale e nazionale come Severstal/Lucchini (incontro presso il Ministero dello sviluppo economico in data 24 giugno 2011), Alenia Aermacchi Spa (incontro presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali in data 20 dicembre 2011), Fincantieri (incontro presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali in data 21 dicembre 2011), Iribus (incontro presso il MISE in data 9 aprile 2014) –:
   quali siano le ragioni della mancata convocazione della FAILMS al tavolo ministeriale sulla vertenza Electrolux, nonostante la sua rappresentanza all'interno dello stabilimento e l'esplicita richiesta di partecipazione della FAILMS medesima. (5-02712)


   FIANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   cliccando sul www.simest.it sito della società Simest, Società italiana per le imprese all'estero, si legge che è una società che nasce nel 1991 per supportare gli imprenditori italiani ad espandersi su nuovi mercati;
   è una società per azioni controllata, dal novembre 2012, da Cassa depositi e prestiti, 76 per cento con una presenza azionaria privata (banche e sistema imprenditoriale), tra cui Unicredit, Intesa san Paolo, BNL, Mps, Ubi banca, ed altri istituti, nonché Eni e altri soggetti industriali e sistema CONFINDUSTRIA e realtà associative imprenditoriali;
   la società fornisce assistenza alle imprese italiane nel processo di internazionalizzazione e nella sua mission può acquisire partecipazioni nelle imprese all'estero fino al 49 per cento del capitale sociale;
   la partecipazione di Simest può avvenire sia tramite investimento diretto che attraverso la gestione del fondo partecipativo di venture capital, destinato alla promozione di investimenti esteri in Paesi extra UE, e consente alle imprese italiane l'accesso alle agevolazioni (contributi agli interessi) per il finanziamento della propria quota di partecipazione nelle imprese fuori dall'Unione europea;
   tra le linee di intervento della società ci sono:
    sostegno ai crediti all'esportazione di beni di investimento prodotti in Italia;
    finanziamento di studi di fattibilità ed i programmi di assistenza tecnica collegati ad investimenti;
    finanziamento di programmi di inserimento sui mercati esteri;
    finanziamento di interventi a favore delle piccole e medie imprese esportatrici;
    assistenza finanziaria, legale e societaria relativa a progetti di investimento all'estero;
   sono molti i soggetti industriali importanti del sistema produttivo italiano, tra cui diversi grandi aziende, a beneficiare del supporto della Simest per cosiddetti processi di «internazionalizzazione» del sistema imprese italiano;
   in diversi casi, come evidenziato anche nell'ambito di alcuni servizi giornalistici, alcuni soggetti industriali italiani che hanno chiuso impianti nel nostro Paese ponendo dipendenti in cassa integrazione o addirittura in mobilità, hanno beneficiato del sostegno finanziario di Simest per apertura di impianti all'estero, ciò configurandosi quindi non come processo di «internazionalizzazione» bensì di vera e propria «delocalizzazione»;
   appare pertanto abbastanza contraddittorio che gruppi industriali, molto spesso di grande rilevanza per il made in Italy, utilizzino uno strumento a capitale prevalente pubblico per aprire impianti all'estero, nel mentre si procede alla collocazione sotto ammortizzatori sociali di personale in Italia –:
   quali siano stati dal 2012, anno in cui Cassa e depositi e prestiti ha preso il controllo di Simest, ad oggi, i finanziamenti erogati dalla società in favore delle imprese italiane, e se in rispondenza di ciascun finanziamento per investimenti esteri vi siano state, da parte delle imprese beneficiarie, azioni di chiusura o ridimensionamento di impianti presenti sul territorio nazionale;
   quale sia, a giudizio del Ministro interrogato, il discrimine attraverso il quale si configura la differenza tra internazionalizzazione e delocalizzazione e se non intenda, di conseguenza, intervenire per porre delle clausole di salvaguardia al fine di evitare che si verifichino situazioni paradossali per cui aziende italiane beneficino di strumenti finanziari di sostegno con soldi pubblici per l'estero e pongano a carico dello Stato i costi della propria delocalizzazione parziale o totale dal territorio italiano, contemporaneamente beneficiando dei contributi per gli ammortizzatori sociali dovuti alla chiusura o ridimensionamento degli stabilimenti italiani. (5-02716)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Iori e altri n. 1-00427, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 aprile 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Antimo Cesaro.
  La mozione Mottola e Palese n. 1-00433, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 aprile 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marotta.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Fiano n. 4-04414 dell'8 aprile 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02716.