Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 446 di venerdì 19 giugno 2015

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 9,30.

  RAFFAELLO VIGNALI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bratti, Brunetta, Caparini, Cirielli, Dellai, Di Lello, Ferranti, Fico, Fioroni, Manciulli, Mannino, Pes, Pisicchio, Realacci, Rosato, Sani, Scotto, Tabacci, Tidei e Valeria Valente sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,34).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Elementi in ordine alla gestione dei buoni sociali destinati ai migranti ospitati nella struttura della Caritas di Teggiano-Policastro (Salerno) – n. 2-01002)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Colonnese ed altri n. 2-01002, concernente elementi in ordine alla gestione dei buoni sociali destinati ai migranti ospitati nella struttura della Caritas di Teggiano-Policastro (Salerno) (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Colonnese se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  VEGA COLONNESE. Grazie, Presidente. Sembra uso ormai comune sfruttare l'emergenza migranti per attuare un sistema di frode stabilmente orientato a permanere nel tempo, non un progetto isolato e occasionale, ma volto a durare e a garantire un utile a ciascun soggetto. È quanto troppo spesso sta accadendo nel nostro Paese.
  Le ultime indagini della procura di Napoli, che hanno portato all'arresto di Alfonso De Martino, presidente della ONLUS «Un'ala di riserva», e della sua compagna Rosa Carnevale, vedono coinvolti anche membri della Caritas e delle regione Campania nello scandalo del pocket money. Il pocket money è la paga giornaliera che viene data ai migranti che sbarcano in Italia o che sono comunque presenti sul nostro territorio, che dovrebbe essere utilizzata dalle persone per beni di prima necessità, quindi per alimentarsi, per la prima igiene e altri servizi di questo tipo.
  In questo caso, i soldi dovevano essere utilizzati dai migranti in modo che rientrassero Pag. 2in un vero e proprio comitato di gestione, che faceva in modo che i 582.248 ticket money, per un valore complessivo di un milione di euro (spesso non si associano questi soldi al loro valore complessivo), confluissero presso l'edicola della compagna di De Martino, con la complicità di don Vincenzo Federico, ora indagato per peculato, che è responsabile della Caritas di Teggiano-Policastro, in provincia di Salerno.
  Questi soldi sarebbero stati spesi in schede telefoniche in virtù di un contratto stipulato fra l'edicola e la regione Campania – e qui vediamo che la regione Campania è ampiamente coinvolta. Pertanto non solo la Caritas, ma la ONLUS e la regione Campania erano i principali attori di questa truffa a danno di disperati, perché di questo si tratta, di persone disperate sul nostro territorio.
  Al sacerdote viene contestata una appropriazione di ben 109 mila euro, ma l'esame dei documenti contabili riguarda la gestione dei fondi pubblici degli ultimi quattro anni, che ammontano a 56 milioni di euro, erogati dalla Presidenza del Consiglio per l'emergenza migranti e gestiti dalla regione Campania. Questi soldi erano sottratti mediante fatture false relative a prestazioni assistenziali mai avvenute, attestando falsamente la presenza dei migranti presso le strutture di accoglienza o fornendo a quelli realmente ospitati vitto, alloggio e vestiti in modo saltuario e in misura inferiore rispetto al contratto sottoscritto con la regione.
  È su questo che vogliamo vederci chiaro, sul business criminale milionario che ha superato in organizzazione per lucro mafia, camorra e ’ndrangheta. Grosse cifre per pezzi grossi e colletti bianchi con valigette.
  Insomma, noi vogliamo chiarimenti per capire come sia stato possibile che un'attività lucrosa così grossa abbia coinvolto ONLUS, regione Campania e anche in parte i fondi che dovevano essere gestiti per l'emergenza dei migranti.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Gianpiero Bocci, ha facoltà di rispondere.

  GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Con l'interpellanza all'ordine del giorno l'onorevole Colonnese, così come ha ricordato anche ora nel suo intervento, unitamente ad altri deputati, richiama l'attenzione del Governo sul procedimento penale avviato dall'autorità giudiziaria partenopea per una serie di reati che sarebbero stati commessi nella conduzione di alcuni centri di accoglienza in provincia di Salerno, con particolare riferimento alla gestione del contributo economico spettante ai migranti per l'acquisto di beni di modesta entità. Chiede, pertanto, che si adottino iniziative concrete ed efficaci volte a porre fine al mercato illegale delle provvidenze in questione.
  Le indagini, a cui l'onorevole interpellante ha fatto riferimento pochi minuti fa, fanno riferimento ad attività che sono state ricordate e sono in corso di svolgimento da parte della Guardia di finanza di Napoli, su delega della procura della Repubblica presso il locale tribunale. Esse hanno consentito di ricostruire un esteso circuito di complicità e collusioni nella gestione illecita di fondi pubblici destinati a sostenere i costi necessari all'accoglienza e all'assistenza di migranti, in forza di una convenzione stipulata tra la citata associazione e la regione Campania in qualità di soggetto attuatore, durante la vigenza dello stato di emergenza dichiarato per fronteggiare gli eccezionali flussi migratori in coincidenza con la primavera araba.
  Sono stati appurati a carico del gestore pro tempore dell'ONLUS «Un'ala di riserva» e della consorte l'appropriazione di ingenti somme destinate all'assistenza degli immigrati e il loro reimpiego in acquisti immobiliari e attività economiche all'estero. Per tali condotte illecite lo scorso 23 maggio i due coniugi citati sono stati raggiunti da provvedimenti restrittivi della libertà personale in relazione ai reati di associazione a delinquere, peculato, truffa, appropriazione indebita e a una serie di falsità ricadenti nelle fattispecie penali di Pag. 3cui agli articoli 484, 488 e 489 del codice penale.
  Le indagini sono tuttora in corso, anche al fine di accertare l'effettiva destinazione dei fondi pubblici gestiti dalla regione Campania e ricostruire in tale modo più estese complicità, nonché la rete corruttiva tra soggetti pubblici e privati, gravitanti intorno all'attività dell'associazione «Un'ala di riserva», sia nella fase di aggiudicazione della convenzione con la regione medesima, che in quella effettiva della gestione delle somme erogate a vario titolo.
  Chiarito il procedimento penale riguardo a centri accoglienza e risorse finanziarie, che all'epoca dei fatti non erano gestiti dal Ministero dell'interno, passo a rispondere allo specifico quesito contenuto nell'interpellanza.
  Dopo essere subentrato nella gestione dei flussi migratori, il Ministero dell'interno ha dedicato alle modalità di corresponsione del pocket money un'apposita circolare, datata 25 agosto 2014. L'iniziativa è scaturita dalla constatazione che l'unico sistema previsto per l'erogazione di tale contributo, cioè il rilascio di buoni da parte del gestore del centro di accoglienza, dava luogo non di rado a criticità e tensioni. Al fine di attenuarne l'impatto, la circolare ha autorizzato, quale ulteriore modalità di erogazione del contributo, quella del versamento in contanti, previa sottoscrizione della relativa ricevuta.
  Con lo stesso atto, è stato disposto che le prefetture, da un lato, esercitino una attenta vigilanza sulla distribuzione, esigendo dai gestori la dovuta rendicontazione, dall'altro tengano informata la competente struttura ministeriale della modalità adottata per la corresponsione del contributo in ciascun centro di accoglienza.
  In attuazione della direttiva ministeriale, la distribuzione, nell'ambito delle strutture di accoglienza della provincia di Salerno, viene assicurata mensilmente con l'intervento congiunto degli operatori degli enti gestori e dei funzionari della prefettura, mediante consegna in contante a ciascun migrante, che firma per ricevuta del controvalore percepito.
  Rimanendo nell'ambito campano, informo che analoga rigorosa procedura viene posta in essere nelle strutture di accoglienza della provincia di Napoli. Con l'interpellanza, gli onorevoli interpellanti pongono al Governo anche una domanda di carattere generale, cioè quali iniziative esso intenda adottare per assicurare il pieno godimento dei diritti umani e sociali ai migranti ospitati nei centri di accoglienza, attraverso il rafforzamento di tali strutture e il miglioramento dei servizi che vi vengono resi.
  Rilevo, innanzitutto, che l'affidamento della gestione dei centri governativi di accoglienza avviene sulla base di un capitolato generale approvato nel novembre 2008, che disciplina la fornitura dei relativi servizi secondo parametri qualitativi e costi che sono assolutamente in linea con gli standard europei. In particolare, il gestore del centro, in conformità alla convenzione stipulata con le prefetture competenti, deve garantire una serie di servizi che vanno dalla gestione amministrativa, all'assistenza sanitaria, all'assistenza generica alla persona, al servizio di pulizia e igiene ambientale, alla fornitura di pasti, di vestiario e di prodotti per l'igiene personale. Devono altresì essere garantite la mediazione linguistica e culturale e l'insegnamento dell'italiano.
  Nel capitolato è disciplinata anche l'attività di monitoraggio e di controllo sui servizi erogati, effettuata tramite le prefetture, che, in caso di accertato disservizio, applicano una penale del 3 per cento del corrispettivo mensile e il risarcimento del maggior danno, con facoltà, in caso di grave inadempienza, di risolvere il contratto.
  L'attenzione del Governo sulla specifica materia è testimoniata, altresì, dall'approvazione, all'inizio di quest'anno, di un regolamento – il decreto del Presidente della Repubblica n. 21 del 2015 – in cui sono dettate disposizioni anche in tema di gestione dei centri governativi di accoglienza. Il profilo innovativo del provvedimento Pag. 4sta soprattutto nell'affermare il principio dell'uniformità delle regole organizzative su tutto il territorio nazionale. Ed è evidente come tutto questo possa andare a vantaggio della certezza dei diritti dei migranti, rafforzandone la posizione nei confronti degli enti gestori e delle stesse commissioni di esame.
  Non vengono poi trascurati quegli aspetti che più incidono sulla sfera personale e sulle condizioni di vivibilità e che vanno dalla tutela della salute al mantenimento dell'unità del nucleo familiare.
  Mi preme sottolineare, poi, che nella gestione dei centri governativi lo Stato tende ad operare con la collaborazione di tutti quegli organismi che, attraverso la loro attività di sostegno e l'esperienza specifica maturata nel settore, possono garantire forme e livelli sempre più adeguati di prossimità allo straniero. È in questa direzione che si colloca il progetto Praesidium, avviato nel 2006 a Lampedusa e giunto alla decima annualità, riconosciuto quale migliore pratica a livello europeo. Il progetto, cofinanziato dal Fondo europeo delle frontiere esterne, coinvolge l'ACNUR, l'Organizzazione internazionale delle migrazioni, la Croce rossa italiana, nell'assistenza e sostegno dei migranti a partire dai luoghi di sbarco fino all'accoglienza nei centri.
  Mi sembra opportuno richiamare qui questa esperienza, che ho citato, di partenariato per il suo intrinseco valore aggiunto, che conferisce maggiore spessore e concretezza al rispetto dei diritti fondamentali nella gestione delle strutture in questione. Nato a Lampedusa per la primissima accoglienza dei migranti che arrivavano direttamente sull'isola, il progetto si è esteso poi dal punto di vista territoriale (nelle regioni Sicilia, Calabria e Puglia) e funzionale, sperimentando negli ultimi anni una più marcata attività di monitoraggio della qualità dei servizi resi all'interno dei centri di accoglienza, al fine di contribuire a rafforzare l'attività di vigilanza che il capitolato generale d'appalto attribuisce ai prefetti competenti.
  A partire dal 2013, presso ciascuna prefettura ove è istituito un centro governativo di accoglienza sono state nominate delle Commissioni a composizione mista (rappresentanti di prefettura e questura e di ciascuna organizzazione partner), con il compito di verificare, con cadenza periodica, il rispetto delle convenzioni stipulate.
  Nel 2014, sono state anche diramate le linee metodologiche sul funzionamento delle commissioni e programmati due cicli di sopralluoghi, arrivando a monitorare anche due volte l'anno i centri governativi operativi in quel periodo.
  A partire dal secondo semestre del 2014 e sino al 30 aprile 2015 (scadenza ulteriormente prorogata al 30 giugno 2015), il progetto Praesidium è stato parzialmente finanziato con le risorse del Fondo europeo per l'asilo, la migrazione e l'integrazione. Ciò ha consentito non solo di effettuare nuovi cicli di monitoraggio nei centri governativi, ma anche di estendere le visite nei centri di accoglienza temporanei, che, nel frattempo, a causa dell'incessante flusso migratorio, sono stati attivati dalle prefetture.
  Complessivamente, sono state effettuate diciassette visite nel primo semestre 2014 e altrettante nel secondo semestre dello stesso anno. Nel 2015 è stata fatta una prima programmazione di ventitré visite nel primo quadrimestre, comprese numerose strutture di accoglienza temporanee e tra il mese di maggio e il 30 giugno sono state programmate altre dodici visite.
  Sulla base dei verbali redatti dalle Commissioni e dai funzionari incaricati, i prefetti hanno potuto acquisire elementi utili per adottare misure, laddove necessarie, idonee a superare le criticità rilevate. In tale ambito, le prefetture hanno disposto in diverse occasioni la chiusura di strutture attivate in via temporanea o l'applicazione di penali, laddove hanno constatato l'inosservanza degli impegni contrattuali o l'inadeguatezza delle condizioni di accoglienza.
  Sempre nell'ottica di rafforzare l'attività di vigilanza sulla corretta gestione dei centri di accoglienza, con la circolare del 10 febbraio 2015, i prefetti sono stati invitati a potenziare l'attività di verifica, ponendo particolare attenzione a tutto il Pag. 5complesso sistema contabile-finanziario correlato alla gestione delle strutture di accoglienza e, in generale, all'accertamento della rispondenza della qualità delle prestazioni erogate rispetto a quelle pattuite in sede di convenzione.
  Questo è il quadro generale, che ritengo dimostri ampiamente come l'azione svolta dal Governo nel campo dell'accoglienza dei migranti – di concerto con tutte le amministrazioni coinvolte – sia sostanzialmente in linea con le politiche europee e gli obblighi internazionali, pur nella consapevolezza che, nella gestione di un fenomeno così articolato e complesso, possono verificarsi disservizi e anomalie.
  Anche per il futuro, il nostro impegno è di utilizzare ogni nostra risorsa per l'effettivo rispetto dei diritti di tutti, specie dei soggetti più vulnerabili, in adesione ai principi universali di tutela della persona, che sono alla base della nostra civiltà giuridica.

  PRESIDENTE. L'onorevole Colonnese ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  VEGA COLONNESE. Signor Presidente, non posso essere soddisfatta perché ci sono dei dati che sono stati omessi. In questo quadro idilliaco che è stato adesso descritto, in cui non ci sono emergenze e non ci sono persone che in questo momento hanno disfunzioni anche fisiche create da centri che comunque non hanno fatto in modo che ci sia stato uno screening medico adeguato e in cui non c’è rispetto della dignità umana, voglio ricordare al sottosegretario che, proprio per questa esigenza, si è istituita una Commissione d'inchiesta proprio sui centri di accoglienza e sui centri di espulsione.
  Insomma, questa è un'ammissione del fatto che questo quadro non funziona bene, cioè ci sono delle anomalie, che chiamarle anomalie è poco. Nell'interpellanza che ho appena descritto c’è un quadro a dir poco criminale; è come se si fosse formata un'ennesima criminalità italiana che si affianca alla camorra, alla mafia e alla ’ndrangheta: adesso si usano i migranti al posto della droga e queste sono dichiarazioni che sono state rese alla stampa nelle indagini riguardo a «mafia capitale».
  Noi non siamo soddisfatti – e mi sento di parlare anche a nome del MoVimento 5 Stelle – perché ci sono dei passi che il Governo deve fare.
  Innanzitutto, non è l'indicazione del tecnico. Io ricordo che non si parla di emergenza: i flussi di migranti ci sono da diversi anni e sono a scaglioni. Sono dei flussi che sono stati gestiti in modo negativo, a dir poco. Insomma, sono stati gestiti senza rispetto della dignità umana. Io mi potrò ritenere soddisfatta se i passi successivi del Governo richiameranno quel rispetto che meritano queste persone, che sono in casi disperati.
  Ricordo che le commissioni per il diritto d'asilo sono state aumentate, ma non sono ancora a regime; quindi, ci sono anche persone che possono essere dichiarate rifugiate e che sono, in questo momento, in uno stato a dir poco disumano. Si sta perdendo umanità nel trattare queste persone. Ci sono centri, come il centro Baobab che esiste ancora (io sto parlando del territorio romano). L'ultima emergenza è stata risolta in malo modo, utilizzando un accampamento fuori Tiburtina. Le persone sono lì accampate. Ci sono anche le famiglie che erano indicate dal sottosegretario. Ci sono dei neonati e non si tratta semplicemente più di minori. Ci sono bambini che in questo momento sono sul territorio italiano, trattati come se non esistessero, come se non fossero bambini.
  Un'ultima cosa: io mi auguro che i passi successivi, che saranno richiamati la settimana prossima, quindi la nostra richiesta di revoca del mandato al sottosegretario Castiglione, i passaggi che verranno fatti sulla richiesta di chiarezza su «Mafia Capitale», ci aiuteranno a capire se c’è una reale volontà da parte del Governo.
  Ritornando al merito della nostra interpellanza, questa interpellanza riguarda la Campania e riguarda un fenomeno, ben preciso, che si sta diffondendo in Italia. La Pag. 6Campania presto sarà un ulteriore sistema criminale per lo sfruttamento dei migranti. A oggi penso che questa denuncia, che noi facciamo in Aula, che riteniamo doverosa, debba essere accolta e, soprattutto, risolta dal Governo italiano.

(Intendimenti in merito alla situazione produttiva e occupazionale degli stabilimenti del gruppo Whirlpool, con particolare riferimento a quello di Carinaro (Caserta) – n. 2-00946)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Sgambato ed altri n. 2-00946, concernente intendimenti in merito alla situazione produttiva e occupazionale degli stabilimenti del gruppo Whirlpool, con particolare riferimento a quello di Carinaro (Caserta) (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Sgambato se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  CAMILLA SGAMBATO. Grazie, signor Presidente. Colleghi, espongo brevemente le ragioni di questa interpellanza urgente, presentata dal Partito Democratico al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dello sviluppo economico.
  La crisi industriale che ha colpito la provincia di Caserta negli ultimi anni è senza precedenti e credo sia diventata un problema nazionale. In particolare, quella che ha investito la Indesit-Whirlpool è ormai nota a tutti. A seguito di questa crisi, a giugno 2013, è stato avviato un piano di salvaguardia e razionalizzazione dell'assetto industriale della società. Nel dicembre dello stesso anno è stato firmato un accordo presso il Ministero dello sviluppo economico con la società, la regione Campania, la regione Marche, Confindustria Ancona, Confindustria Caserta e le rappresentanze sindacali, nazionali e territoriali, che prevedeva un piano industriale triennale dell'azienda con tre punti: innovazione e ricerca; sistema di governo e gestione centrale; riorganizzazione delle produzioni. E proprio nell'ambito della riorganizzazione delle produzioni, veniva assegnata a Caserta la funzione di polo produttivo dell'incasso nel freddo e nei piani di cottura a gas, prevedendo investimenti pari a 10,3 milioni di euro.
  A seguito dell'acquisizione, nel luglio 2014, di Indesit da parte della Whirlpool Corporation, multinazionale statunitense leader mondiale nella produzione di elettrodomestici, è stato presentato alle associazioni sindacali, qualche mese fa, un piano industriale che prevedeva, secondo quanto dichiarato dall'azienda, investimenti per 500 milioni di euro, il rafforzamento del ruolo dell'Italia quale polo per la ricerca e sviluppo, volumi di produzione totali in Italia in crescita, la creazione, a Fabriano, del più grande stabilimento in Europa per la produzione di piani cottura e il rafforzamento a Cassinetta, in provincia di Varese, del più grande polo europeo dei prodotti a incasso.
  Ma, a fronte dell'ingente somma di investimenti in Italia, il piano industriale preannunciava anche accorpamenti produttivi e chiusure di stabilimenti, che determinavano importanti ricadute in termini occupazionali. In particolare, è prevista la chiusura di tre siti produttivi e 1.350 esuberi, di cui 1.200 nelle fabbriche e 150 nei centri di ricerca. La notizia è stata, per i lavoratori interessati dal riassetto organizzativo degli stabilimenti di Carinaro, di Albacina e del centro ricerca e sviluppo di None, motivo di continue proteste e manifestazioni.
  Il Governo, anche nella persona del Presidente Renzi, ha già più volte mostrato l'impegno dell'azienda a rispettare quanto stabilito nell'accordo del 2013 sull'acquisizione dell'Indesit, che escludeva qualsiasi licenziamento unilaterale fino al 2018, e si è reso disponibile fin da subito ad attivare un confronto che porti a tutelare al massimo la salvaguardia dell'occupazione e dei siti produttivi del gruppo Whirlpool-Indesit in Italia.
  È delle ultime ore la notizia che la multinazionale americana presenterà, entro pochi giorni, un nuovo piano industriale, che prevede missioni industriali Pag. 7per tutti i siti, incluso quello di Caserta, e che la produzione della fabbrica di Carinaro sarà a marchio Whirlpool.
  Accogliamo con grande entusiasmo questa notizia e chiediamo, quindi, a fronte anche di queste ultime novità, quale sarà la posizione del Governo sul delicato tema, assolutamente vitale per la provincia di Caserta, il cui tessuto sociale non potrebbe sopportare la chiusura di un altro importante sito industriale.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, ha facoltà di rispondere.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, la vicenda Whirlpool è seguita con la massima attenzione dal Governo. Il Governo, infatti, ha tempestivamente attivato il tavolo di confronto, sviluppando un'analisi approfondita del piano industriale per gli anni 2015-2018, presentato dall'azienda. Questo piano prevede 500 milioni di investimenti in processi, prodotti, ricerca e sviluppo, e lo sviluppo di piattaforme produttive all'avanguardia, oltre al consolidamento di una forte presenza industriale nel nostro Paese.
  Va anche sottolineato che Whirlpool collocherà in Italia oltre il 70 per cento della ricerca e sviluppo presente in Europa; sarà lasciato in un altro Paese solo lo sviluppo relativo alle lavastoviglie. Nello stesso piano, tuttavia, sono contenuti elementi del tutto inaccettabili: anzitutto, una quantità di eccedenze occupazionali, che, al netto delle assunzioni previste, è pari ad un quarto della forza lavoro esistente.
  Questo significa che l'occupazione dovrebbe ridursi di oltre 2 mila persone entro il 2018 (di queste 600 sono impiegati e quadri), attestandosi a circa 4.800 dipendenti. In questa difficile situazione si colloca l'annunciata volontà di chiudere il sito di Carinaro, dove sono occupate 820 persone, e quello di None, dove sono occupate altre 90 persone, mentre le eccedenze occupazionali tra gli impiegati sono tutte allocate a Fabriano e a Varese.
  Negli altri stabilimenti italiani del gruppo le eccedenze sono certamente minori, ma questo non vale per la Campania, ove, oltre a Carinaro, altre 200 eccedenze sono presenti anche nello stabilimento di Napoli. Su tutti gli aspetti del piano industriale e, soprattutto, sulle questioni occupazionali, si è svolta presso il Ministero dello sviluppo economico una serie di incontri, con l'attiva presenza anche del Ministero del lavoro; incontri che si sono sommati a quelli svolti direttamente tra le parti.
  Nell'incontro dello scorso maggio, il Governo ha dovuto prendere atto dell'indisponibilità di Whirlpool a modificare in modo significativo le parti di piano maggiormente negative, poiché il piano, nel suo complesso, non compensava gli aspetti positivi previsti e pur presenti nel progetto. Il Governo ha sempre ribadito la propria disponibilità a riconvocare le parti, ma soltanto dopo che l'azienda avesse presentato nuove proposte, capaci di dare maggiori certezze ai lavoratori e rispondenti all'esigenza, più volte sottolineata dallo stesso Ministro, di dare prospettive reali anche ai lavoratori degli stabilimenti campani. Questo, per un periodo, non è accaduto.
  Infine, nell'ultimo incontro, svoltosi il 17 giugno al Ministero dello sviluppo economico, si sono fatti significativi passi avanti nella vertenza in questione. L'azienda ha annunciato sostanziali modifiche al piano industriale, che, a breve, sarà presentato nel dettaglio. Nello specifico – ci basiamo, al momento, sulle dichiarazioni, non sul piano presentato – la Whirlpool ha dichiarato che lo stabilimento di Carinaro non cesserà l'attività, ma potrà avere una possibile e nuova missione strategica a livello europeo, con un ulteriore significativo aumento degli investimenti in Italia.
  Con riferimento, invece, al sito torinese di None, l'azienda ha informato di un progetto di riconversione di una parte di esso, quella dedicata all'attività di logistica grazie all'intesa con un'importante società attiva nel settore.Pag. 8
  Il Ministero dello sviluppo economico ha espresso il proprio apprezzamento per l'apertura dell'azienda che ha accolto le richieste del Governo, o almeno ha mostrato di comprendere il senso delle richieste del Governo, soprattutto motivate dalla difesa dell'occupazione in una realtà economica come quella del Mezzogiorno particolarmente delicata. Il Ministero attende ora la presentazione del dettaglio del piano industriale.

  PRESIDENTE. L'onorevole Sgambato ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  CAMILLA SGAMBATO. Signor Presidente, ringrazio molto il sottosegretario che ha dato una risposta comprensiva anche di considerazioni che vanno al di là della domanda strettamente posta. Ringrazio il Governo per avere ritenuto inaccettabile il piano nella parte in cui prevede le riduzioni occupazionali. Ciò che tutti riteniamo indispensabile è la tutela, la salvaguardia dei posti di lavoro e la piena occupazione dei siti produttivi. In particolare, è necessario, quindi, scongiurare la chiusura dello stabilimento di Carinaro di Caserta anche per evitare ulteriori riduzioni sulla base industriale di una delle più importanti regioni del Mezzogiorno e, nello specifico, in una provincia che ha subito negli ultimi anni la chiusura di molti siti industriali. Siamo, quindi, fiduciosi che dalle dichiarazioni si passerà al piano particolareggiato che poi sarà illustrato dal Governo.

(Chiarimenti in ordine all'espletamento degli adempimenti antidoping da parte di alcuni atleti dei gruppi sportivi militari, con particolare riferimento alla segnalazione del luogo di reperibilità
– n. 2-00996)

  PRESIDENTE. Passiamo alla interpellanza urgente Cova ed altri n. 2-00996, concernente chiarimenti in ordine all'espletamento degli adempimenti antidoping da parte di alcuni atleti dei gruppi sportivi militari, con particolare riferimento alla segnalazione del luogo di reperibilità (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Cova se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  PAOLO COVA. Grazie, signor Presidente. Onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, stiamo facendo riferimento ad una vicenda che è accaduta quattro anni e mezzo fa e che riguarda i 18 mesi prima delle olimpiadi di Londra 2012, una vicenda che è comparsa sui giornali, su media, sulla stampa. Con altri colleghi avevamo già presentato un'interpellanza e alcune interrogazioni in merito a questa vicenda negli altri mesi. È una vicenda di quattro anni e mezzo fa che riguarda anche una segnalazione avanzata dalla procura di Bolzano, a settembre dell'anno scorso, alla procura antidoping del CONI. Dopo questa segnalazione, la procura antidoping si era attivata per convocare sessantacinque atleti, il giorno immediatamente prima della risposta alla nostra interpellanza. Per quattro anni non era successo niente, non era avvenuto assolutamente niente. Mi riferisco in particolare a degli atleti che non avevano segnalato la propria reperibilità per il sistema dell'antidoping, questo perché dare la propria reperibilità consente all'agenzia antidoping del CONI di effettuare dei controlli out of competition, quei controlli che sarebbero anche più significativi rispetto al normale controllo antidoping, perché va a cogliere a sorpresa i vari atleti. La procura di Bolzano aveva segnalato che c'erano trentotto atleti, solo della federazione dell'atletica, che non avevano dato questa segnalazione nell'arco dei 18 mesi. Mi preme sottolineare che ogni atleta che non segnala la propria reperibilità, per tre volte nell'arco dei 18 mesi, risulta squalificato o soggetto a squalifica per sospetto doping. Faccio presente anche che l'Italia è stato il primo Paese a livello mondiale ad adottare una legge, la n. 376 del 2000, che prevede un reato penale riguardo al tema dell'antidoping, per cui noi abbiamo anche una Pag. 9legge, una norma, che ritiene un reato penale l'uso di farmaci dopanti.
  Riguardo a questa vicenda, mi preme anche sottolineare il trattamento dei farmaci in abuso, cioè quando spesso degli atleti usano dei farmaci anche fuori da una prescrizione medica o da una normale patologia. In tutti questi anni non è avvenuto assolutamente niente. È avvenuta solamente la convocazione di questi 65 atleti, credo solamente dopo il sollecito fatto da parte dei deputati con un'interpellanza. Ma anche dopo questa segnalazione, dopo questa convocazione fatta a spron battuto da parte della procura antidoping, non si è saputo più nulla, non è avvenuto più nulla o, almeno, non appare neanche niente. È addirittura riduttivo parlare di apparire, ma sostanzialmente non è avvenuto niente e ancora oggi stiamo aspettando delle risposte. Bisogna capire effettivamente perché queste persone, che sono state segnalate dalla procura di Bolzano e che non avevano dato una segnalazione della propria reperibilità, non siano incorse in nessuna squalifica e non sia successo assolutamente niente. Questo ha preoccupato e mi ha preoccupato con altri colleghi perché buona parte degli atleti che facevano parte di quell'elenco sono atleti che fanno parte dei gruppi sportivi militari, delle forze dell'ordine, della Polizia di Stato, della Guardia di finanza, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del Corpo forestale dello Stato, cioè atleti che fanno parte di gruppi dell'Esercito e dello Stato e che svolgono anche funzioni di polizia giudiziaria. Sono atleti che dovrebbero svolgere e che svolgono una funzione di polizia giudiziaria e fanno parte dell'organo esecutivo dello Stato, uno dei tre poteri di questo Stato.
  Pertanto, a maggior ragione, ci attendiamo e mi attendo che, almeno all'interno degli organi delle forze dell'ordine, della Polizia di Stato e dell'Esercito, siano stati messi in atto dei procedimenti che prevengano questa situazione. Mi preme anche sottolineare che siamo nella stessa situazione di quattro anni fa e ci troviamo ormai quasi dodici mesi prima delle olimpiadi di Rio de Janeiro. Quattro anni fa non sono stati effettuati controlli, alcuni atleti non avevano dato la reperibilità ed erano in prossimità proprio dell'olimpiade, nel momento in cui la loro preparazione si stava accentuando, proprio per arrivare nella forma migliore alle olimpiadi. E in quel momento non avevano dato la reperibilità. Noi ora siamo nella stessa situazione.
  Pertanto, io credo che sia opportuno andare a verificare che cos’è stato fatto e che cosa stanno facendo le forze dell'ordine, visto che non riesco ad avere risposte e non riusciamo ad avere risposte dalla procura antidoping, almeno all'interno dei gruppi sportivi militari. Vorrei fare anche una considerazione che credo non sfugga a nessuno: non basta dire che ci sono delle basse positività nei controlli antidoping per dire che siamo esenti dal doping. Questo non è assolutamente sufficiente e spero che questo nessuno lo vada a pensare e lo voglia proporre perché sappiamo come il doping sta correndo molto più velocemente dell'antidoping.
  Allora, io credo sia necessario mettere tutta la nostra attenzione e tutta la particolare cura a tutti i controlli per evitare che degli atleti possano incorrere in questa situazione. Allora, il sottosegretario aveva risposto, indicando che c'erano 65 atleti solo della Federazione italiana di atletica leggera. E degli altri sport ? Non abbiamo saputo più nulla. E cosa hanno fatto allora i gruppi sportivi delle Forze armate in questi mesi, anzi in questi quattro anni e mezzo ? Infatti, da allora io non ho visto succedere niente. Nell'interpellanza chiedo come mai e cosa hanno fatto i comandanti di questi gruppi sportivi; cosa avevano fatto per verificare perché questi atleti non avevano provveduto a inviare il modulo della propria reperibilità. Io credo che un gruppo sportivo, soprattutto un gruppo sportivo militare, abbia una persona responsabile, un comandante responsabile, il quale deve vigilare sui propri atleti, sui propri sottoposti.
  Per cui cos'era stato fatto e quali sistemi sono stati messi in atto all'interno dei singoli gruppi sportivi perché questo Pag. 10non avvenga più ? Cosa è stato fatto in tutti questi quattro anni e mezzo proprio per evitare che gli atleti non mandino più la propria reperibilità e possa succedere che qualche atleta che fa parte dei gruppi sportivi militari non abbia consegnato la propria reperibilità anche per più volte e possa essere soggetto a squalifica ? Ma, soprattutto, qual è la lotta che stanno facendo i gruppi sportivi militari per combattere questa lotta contro le sostanze dopanti dei propri atleti ?
  Inoltre, è importante capire anche cosa abbiano fatto questi comandanti, dopo le agenzie di stampa e dopo le notizie della procura di Bolzano, per verificare se c'erano dei propri atleti nell'elenco dei trentotto atleti che erano stati segnalati e, soprattutto, se ci sono altri atleti. Infatti, nella risposta che avevamo ricevuto si diceva che, anche con riferimento ad altre attività sportive, altri atleti non avevano ottemperato all'obbligo di inviare la propria reperibilità. Per cui autonomamente cosa è stato fatto all'interno dei gruppi sportivi militari ?
  È importante capire che cosa è stato fatto nei confronti di questi atleti perché è banalissimo: basta andare a verificare. Ogni singolo comandante può verificare quale dei propri atleti in quei diciotto mesi non ha consegnato la propria reperibilità. Potrebbe addirittura verificarlo anche in questi mesi. Allora, ci sono ancora atleti che non hanno consegnato la reperibilità. Siamo ancora in questa condizione: è stata fatta una verifica su questo ?
  Infine, mi sembra anche importante capire come stanno procedendo. Sembra, non vorrei, che sia stata decisa una linea comune di difesa da parte di questi atleti davanti alla procura antidoping per arrivare ad avere una posizione comune. È importante capirlo: c’è stato un ordine, c’è stata una disposizione, c’è un unico studio legale che sta difendendo tutti questi atleti e stanno mettendo in atto una stessa identica linea difensiva ? Credo che questi siano aspetti che non possiamo sottacere. Dobbiamo tenerli presenti, soprattutto adesso che siamo in prossimità delle olimpiadi, un evento che avverrà tra un anno, per cui credo che sia opportuno vigilare, è opportuno prevenire.
  Mi permetto anche di dire: è opportuno andare a verificare e a sanzionare chi in questi anni non ha fatto niente, perché attualmente quello che appare, quello che noi vediamo e, soprattutto, il messaggio che stiamo dando a tutto il mondo sportivo e degli atleti è quello che comunque non è successo niente. In tutti questi quattro anni e mezzo non è avvenuto niente. Liberamente degli atleti si sono potuti permettere di non dare la reperibilità, la procura antidoping del CONI, l'Agenzia CONI-NADO e spero non anche i gruppi sportivi militari non hanno messo in atto niente.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, ha facoltà di rispondere.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, è una comunicazione complessa, per la complessità del quesito posto, che evidentemente ha richiesto l'acquisizione di elementi di conoscenza da parte di più soggetti.
  Per gli aspetti di competenza del Ministero della giustizia, dalle informazioni assunte presso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria competente in merito agli illeciti degli atleti del gruppo sportivo del corpo di polizia penitenziaria, consta come alle Fiamme Azzurre non sia pervenuta alcuna comunicazione dal CONI o dalle federazioni sportive circa l'indagine Olimpia.
  Risulta, invece, trasmessa in data 4 dicembre 2014 nota della procura nazionale antidoping, a seguito della quale sono state richieste agli atleti interessati alle presunte violazioni delle comunicazioni, whereabouts, relazioni esplicative sui fatti contestati.
  In attesa delle determinazioni della procura nazionale antidoping, tutti gli atti inerenti a questa vicenda sono stati tempestivamente trasmessi dal responsabile del gruppo sportivo alla direzione generale Pag. 11del personale e della formazione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Allo stato, in assenza di comunicazioni e dell'irrogazione di sanzioni da parte degli organi della giustizia sportiva, non si è dato corso a provvedimenti disciplinari.
  In merito alle comunicazioni di reperibilità che gli atleti devono inviare, si precisa come i gruppi sportivi di riferimento non possano avere accesso alle «comunicazioni di reperibilità», che costituiscono obbligo personale dell'atleta. La normativa antidoping, inoltre, non prevede l'obbligo per gli atleti di comunicare la propria reperibilità al gruppo sportivo e la riservatezza di tali comunicazioni è garantita dalle norme sulla tutela della privacy.
  Per completezza si rappresenta come il gruppo sportivo del Corpo di polizia penitenziaria – sempre peraltro impegnato nella lotta al fenomeno del doping – supervisioni l'attività dei propri atleti che, contestualmente all'ingresso nelle Fiamme Azzurre, sono tenuti a sottoscrivere una dichiarazione di impegno di osservanza di specifici adempimenti, finalizzati a soddisfare esigenze di trasparenza e correttezza agonistica. Queste dichiarazioni conservano validità per tutto il periodo di permanenza in servizio presso il gruppo sportivo.
  La competente articolazione di questo Ministero ha, da ultimo, fermamente respinto l'illazione relativa all'adozione di una linea difensiva condivisa tra il gruppo sportivo Fiamme Azzurre e gli atleti deferiti di fronte alla procura nazionale.
  Per quanto attiene, infine, al procedimento penale pendente presso il tribunale di Bolzano in relazione ai fatti in oggetto, si rappresenta come dalla lettura delle contestazioni non emergano fatti ascrivibili ad atleti delle Fiamme Azzurre. Avuto riguardo agli aspetti di competenza del Ministero dell'interno si premette che nessun atleta Fiamme Oro ha mai subito, da parte del CONI, sanzioni per «somministrazione, utilizzo o tentato utilizzo di sostanze dopanti».
  Si informa, invece, che nel mese di dicembre 2014, in relazione all'informativa conclusiva dell'inchiesta avviata dalla procura della Repubblica di Bolzano, la procura antidoping del CONI ha aperto dei procedimenti nei confronti di quattro atleti in forza al centro nazionale Fiamme Oro di Padova, per i mancati adempimenti – le comunicazioni di cui abbiamo parlato – riferiti al periodo gennaio 2011 – giugno 2012, durante il quale non avrebbero, appunto, comunicato la loro reperibilità.
  Come è noto, le norme sportive antidoping prevedono l'obbligo – a carico degli atleti – di fornire informazioni sulla reperibilità presso il luogo di permanenza. In particolare, questo obbligo riguarda gli atleti nazionali di alto livello inseriti in un apposito registro. Questo obbligo impone di comunicare, trimestralmente, le informazioni circa il luogo di permanenza dell'atleta che, in tal modo, si rende disponibile ai fini dell'effettuazione di controlli antidoping, senza preavviso, fuori dalla competizione sportiva. A seguito della comunicazione inviata dalla procura antidoping al centro nazionale Fiamme Oro di Padova, sono stati richiesti chiarimenti agli atleti coinvolti. Dalle risposte degli interessati è emerso che gli atleti hanno omesso di informare i responsabili, i dirigenti e i tecnici delle Fiamme Oro, circa le presunte inadempienze e le relative contestazioni sollevate dal CONI. Peraltro, il vice presidente vicario del settore atletica Fiamme Oro, ha aperto dei procedimenti disciplinari, nei loro confronti, non solo per aver evidentemente omesso di inviare la comunicazione necessaria, ma per aver omesso, anche, di informare l'ufficio di appartenenza in merito ai solleciti ricevuti per le procedure di registrazione e aggiornamento della piattaforma Whereabouts.
  Agli atleti sono state notificate le contestazioni di addebiti, in attesa della chiusura dell'inchiesta da parte della procura nazionale del CONI. Gli atleti hanno nominato un legale di fiducia, per difendere i loro interessi nell'ambito della procedura avviata dalla procura federale.Pag. 12
  Più in generale, è utile sottolineare che, ai sensi delle norme sportive antidoping emanate dal CONI, l'atleta rimane – lo ribadisco – sempre e comunque l'unico responsabile dell'invio delle proprie informazioni.
  In tal senso, il CONI ha creato una piattaforma informatica attraverso cui l'atleta comunica personalmente le informazioni sulla reperibilità. Il sistema digitale in questione e le procedure di comunicazione dei dati, non permettono e non hanno permesso a questi gruppi sportivi di avere un riscontro diretto circa gli adempimenti effettuati dagli atleti. Il centro nazionale «Fiamme Oro» di Padova, per prevenire la violazione delle norme antidoping, ovvero l'utilizzo di sostanze dopanti, dal 2013 ha posto in essere un sistema di informazione e controllo che prevede: l'aggiornamento professionale riservato agli atleti sulla normativa antidoping; l'invio a tutti gli atleti della normativa e delle modifiche intervenute sull'antidoping; l'elaborazione della guida ai regolamenti, con all'interno un ampio capitolo sulle normative antidoping.
  Inoltre, sempre dal 2013, sono stati disposti controlli, da parte dello staff tecnico delle «Fiamme Oro», sugli adempimenti degli atleti correlati agli obblighi di comunicazione.
  Per quanto riguarda, invece, il gruppo sportivo nazionale dei vigili del fuoco «Fiamme Rosse», lo stesso è stato istituito il 21 ottobre 2013, il relativo statuto è stato approvato il 4 dicembre 2014 ed il successivo 13 aprile 2015 è stato emanato il regolamento recante modalità di svolgimento del concorso pubblico per l'accesso al ruolo dei vigili del fuoco in qualità di atleta.
   Nell'ambito del citato regolamento, questa amministrazione, consapevole dell'importanza della lotta al doping, ha previsto fra le cause di non idoneità per l'ammissione ai concorsi pubblici per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco in qualità di atleta, anche l'utilizzo delle sostanze individuate dalla lista proibita dall'Agenzia mondiale antidoping. Peraltro, lo statuto delle «Fiamme Rosse» sopra richiamato prevede un'apposita disposizione secondo la quale gli atleti devono mantenere in ogni circostanza comportamenti improntati alla massima correttezza, nonché aderire al codice mondiale antidoping.
  Va aggiunto, infine, che i partecipanti ai campionati italiani riservati a tutto il personale dei vigili del fuoco praticante attività sportiva amatoriale, devono attenersi alla normativa in materia di controlli antidoping. Detti atleti sono, pertanto, soggetti ai controlli a campione effettuati in occasione di manifestazioni sportive dalla commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela sanitaria nelle attività sportive e, ove facciano uso per motivi terapeutici, di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e di pratiche mediche il cui impiego è considerato doping, a documentare debitamente le proprie patologie e prescrizioni.
  Per quanto concerne gli atleti appartenenti al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, si precisa che il Corpo forestale dello Stato è dotato di un proprio gruppo sportivo, il Gruppo sportivo forestale, che, a seguito di convenzione con il CONI, è affiliato a diciotto federazioni.
  Si precisa che di tutte le tematiche connesse all'indagine «Olimpia» e altre non era, fino al dicembre 2014, giunta alcuna informazione ufficiale al Gruppo sportivo forestale, o comunque altro tipo di comunicazione, da parte del CONI o dalla FIDAL. La prima comunicazione formale di problematiche connesse a mancate comunicazioni relative ad atleti del gruppo sportivo forestale inseriti nell'elenco del CONI è pervenuta solo in data 4 dicembre 2014, a seguito di richiesta notizie da parte della procura federale FIDAL.
  Premesso per le diverse fattispecie quanto detto a proposito delle diverse amministrazioni, veniamo ai punti specifici sollevati dall'iniziativa dell'onorevole Cova.
  Sul primo punto, cioè se i comandanti dei gruppi sportivi indicati in premessa fossero a conoscenza che atleti di tutte le Pag. 13discipline sportive appartenenti al proprio gruppo sportivo non avevano provveduto a inviare il modulo della propria reperibilità: la normativa di riferimento prevede che sia compito, onere, dovere del singolo atleta, incluso in un elenco periodicamente aggiornato, provvedere a compilare il modulo di reperibilità finalizzato a consentire controlli a sorpresa da parte dell'ente internazionale o dell'ente nazionale. Nel caso in esame, l'atleta inserito nel registro ha innanzitutto l'obbligo di fornire le proprie informazioni al fine di essere reperibile e disponibile ai fini dell'effettuazione di controlli fuori competizione.
  Le informazioni e le variazioni devono essere fornite, in maniera accurata e completa, per ogni giorno del trimestre.
  Ancorché l'atleta possa delegare gli adempimenti che precedono a terzi, è necessario sottolineare come lo stesso atleta rimane sempre e comunque l'unico responsabile della correttezza e dell'aggiornamento della produzione delle proprie informazioni sul luogo di permanenza.
  Il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) – quale organismo responsabile, per le proprie specifiche competenze, della lotta al doping sul territorio nazionale – è destinatario e garante, da un lato, della normativa statuale sulla tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping, dall'altro, del rispetto della normativa sportiva internazionale. Sotto tale profilo, il CONI ha approvato le norme sportive antidoping, quale documento tecnico attuativo del Programma mondiale antidoping.
  Allo stato attuale, tenuto conto che gli atleti spesso si allenano presso strutture federali, e comunque non presso la sede principale del gruppo sportivo forestale, non vi è alcuna possibilità di controllo da parte della società sportiva dell'avvenuto inserimento dei dati richiesti in campo antidoping da parte dell'atleta, anche per motivi di privacy, tenuto conto che tali dati potrebbero riguardare dati personali rientranti nel novero dei dati «sensibili». La sola Federazione sportiva competente o il CONI hanno la possibilità di controllare l'avvenuta compilazione dei moduli e, ad oggi, non hanno mai comunicato, né formalmente, né per il gruppo sportivo forestale informalmente, alle società mancanze eventuali negli obblighi di comunicazione.
  Nel caso specifico è la FIDAL che ha l'incombenza di informare, formare e controllare il corretto comportamento degli atleti di importanza nazionale. Non era, infatti, nella possibilità del gruppo sportivo forestale poter verificare eventuali mancanze.
  Peraltro, ai fini gestionali interni, il Corpo forestale dello Stato si è dotato, da un paio di anni, di un proprio programma informatico di controllo, che consente di monitorare giornalmente l'attività dei propri atleti che sono tenuti a comunicare per via informatica una serie di notizie che vanno dalla sede di allenamento, e quindi della reperibilità dell'atleta stesso, alla tipologia del lavoro svolto, a eventuali problematiche riscontrate o infortuni e, soprattutto, alla comunicazione al medico sociale, al fine della relativa autorizzazione, della necessità di prendere farmaci per eventuali patologie.
  Per quanto riguarda il punto b), se i comandanti dei gruppi sportivi, dopo le notizie delle agenzie di stampa sugli interventi fatti dalla procura di Bolzano a settembre 2014, si siano attivati per verificare che i propri atleti non si trovassero nella condizione di aver disatteso l'obbligo di comunicare la reperibilità: a seguito delle notizie ricevute dalla procura federale FIDAL – comunicazione, ricordo, avvenuta il 4 dicembre 2014 – una sola atleta era inclusa nella lista dei 38 tesserati con plurimancanze relative a comunicazioni obbligate. Un altro atleta era inserito in un elenco per un'unica mancata compilazione del whereabouts. I due atleti sono stati convocati ed è stata richiesta una dettagliata relazione finalizzata a conoscere le motivazioni della mancanza. Le relazioni sono state inviate, su richiesta, alla procura federale. Gli atleti sono stati richiamati, nel frattempo, ad uno stretto rispetto delle norme ed informati che, a seguito delle decisioni che verranno prese dalla procura, potranno essere oggetto, in Pag. 14quanto impiegati civili dello Stato, di procedimenti disciplinari ai sensi della normativa, nonché a provvedimenti, sempre in base alla normativa che regola il reclutamento e il trasferimento ad altro ruolo degli atleti del gruppo sportivo.
  Sul punto c), se gli atleti appartenenti ai gruppi citati in premessa, che risultano convocati per chiarimenti, abbiano condiviso e concordato la linea difensiva: gli atleti interessati si sono presentati davanti alla procura, avvalendosi della possibilità di essere assistiti da un legale di fiducia. Non è stata condivisa e concordata con la società alcuna linea difensiva comune.
  Per gli aspetti di competenza del Ministero dell'economia e finanze si rappresenta che il Centro sportivo del Corpo coordina, avvalendosi del dipendente Gruppo Polisportivo «Fiamme Gialle», la programmazione, la direzione tecnica e il controllo delle discipline sportive praticate, ripartite in 5 Nuclei Atleti.
  Il predetto Centro dispone di strutture e attrezzature sportive – nel Lazio e in Trentino Alto-Adige – in grado di assicurare la necessaria preparazione tecnico-fisica dei propri militari nonché di attuare programmi di collaborazione con il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), il Comitato Italiano Paralimpico (CIP).
  Il Comandante del Gruppo Polisportivo: non ha avuto conoscenza degli atleti che, nel periodo antecedente ai Giochi Olimpici di Londra 2012, hanno omesso l'invio della prevista «comunicazione di reperibilità».
  Parimenti, con specifico riferimento all'atletica leggera, il Comandante del I Nucleo, responsabile di detta disciplina, non è stato informato delle mancate segnalazioni se non sporadicamente – in due sole occasioni, via e-mail – dalla Federazione Italiana di Atletica Leggera (FIDAL – settore sanitario) per presunti ritardi nell'invio del format sulla reperibilità da parte di alcuni atleti dipendenti. Peraltro, tali comunicazioni sono apparse finalizzate principalmente a sollecitare maggiore attenzione a detti obblighi piuttosto che a rilevare una vera e propria inadempienza.
  Nei citati casi, l'ufficiale ha provveduto a richiamare gli interessati, i quali hanno rappresentato diverse difficoltà nelle procedure di segnalazione quali: l'impossibilità a collegarsi al sistema informatico, l'utilizzo di password non valide per l'accesso alla predetta piattaforma, l'avvenuta comunicazione a indirizzi di posta elettronica errati, la mancanza di obblighi di compilazione del format «Whereabout clause CONI-NADO» in quanto le informazioni richieste erano già state inserite nel sistema «World Anti-Doping Agency» (WADA).
  Su quest'ultimo aspetto, giova infatti precisare che, per alcuni periodi, l'assoggettamento agli obblighi previsti dalla «International Association of Athletics Federations» (IAAF) ha escluso l'adempimento di analoghi obblighi previsti dal CONI, grazie allo scambio di informazioni tra dette agenzie.
  In relazione al sistema di controllo interno, il Comandante ha posto in essere una costante opera di sensibilizzazione nei confronti di tutti i responsabili dei Nuclei Atleti per contrastare il fenomeno del doping.
  Oltretutto, all'inizio di ogni stagione agonistica, ciascun militare atleta sottoscrive un impegno formale nel quale ribadisce il rispetto degli obblighi previsti dalla normativa antidoping – rendendosi consapevole delle implicazioni penali e disciplinari cui va incontro in caso di violazione, oltre alle inevitabili conseguenze sulla salute – e compila un modulo recante i nominativi dei medici e dei fisioterapisti di fiducia.
  Il Comandante a seguito delle notizie stampa relative alle indagini della procura di Bolzano, ha impartito precise disposizioni ai dipendenti Comandanti dei Nuclei Atleti volte a esaminare sotto il profilo disciplinare il comportamento dei militari atleti coinvolti nella vicenda.
  In tal senso, il medesimo Comandante di Gruppo ha: dato incarico ai Comandanti dei dipendenti Nuclei Atleti di assumere contatti con le rispettive Federazioni Sportive per acquisire ogni notizia su eventuali infrazioni alla normativa antidoping nell'ultimo anno, anche se di lieve entità; chiesto al Segretario Generale del Pag. 15CONI di informare, attraverso i competenti Uffici del Comitato olimpico, il Centro Sportivo in caso di inosservanza degli obblighi in questione da parte dei militari atleti delle «Fiamme Gialle».
  L'iniziativa ha permesso di accertare: situazioni che – seppur non rilevanti, sotto il profilo sanzionatorio, per l'ordinamento sportivo – sono state valutate disciplinarmente, dando luogo a diversi procedimenti della specie, diversi dei quali (n. 23) conclusi con l'irrogazione di una sanzione graduata in relazione alla significatività della condotta riscontrata, condotta ribadisco che seppure non rilevante sotto il profilo sanzionatorio per l'ordinamento sportivo costituisce infrazione disciplinare; alcuni atleti del settore atletica sono stati in grado di dimostrare l'assenza di ogni forma di responsabilità, atteso che al momento in cui hanno ricevuto l'e-mail di sollecito per la compilazione del format di reperibilità, erano regolarmente collegati al sistema «whereabout clause» del CONI; nessun ufficiale del Centro Sportivo ha condiviso o concordato qualsivoglia linea difensiva con gli atleti convocati dalla Procura antidoping, evitando così ogni forma di ingerenza.
  Infine per quanto concerne il Ministero della difesa, gli atleti militari, già dall'arruolamento e, in seguito, con cadenza periodica, vengono sensibilizzati attraverso specifici periodi di indottrinamento, sulla normativa antidopíng sia nazionale che internazionale, con particolare riguardo alle procedure dei vari controlli e sulle conseguenze in caso di mancata segnalazione o tentativo di sottrarsi ai controlli medesimi.
  A conferma della costante attenzione e della sensibilità che l'Amministrazione rivolge all'attività d'informazione e di dissuasione, si fa presente che tra gli atti del convegno sugli «Stati Generali dello Sport Militare», tenutosi a Roma lo scorso 16 dicembre, la specifica tematica è stata oggetto della parte introduttiva.
  L'attuale normativa del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) prevede che le Federazioni Sportive Nazionali (FSN), per le quali gli atleti sono tesserati, ogni anno debbano comunicare all'Ufficio Antidoping CONI – National Anti Doping Organization (NADO) l'elenco degli atleti che, per importanza, potrebbero essere inseriti nelle varie squadre nazionali.
  In un secondo tempo, il CONI comunica direttamente all'agenzia internazionale, a mezzo raccomandata, l'inserimento dell'apposito registro nel quale sono riportati tutti gli atleti che soddisfano i criteri di inclusione. Contestualmente, vengono rese note le procedure che gli interessati sono tenuti a seguire. È evidente, dunque, come già detto più volte, che le società di appartenenza, anche se militari, non sono inserite nelle linee di comunicazioni, mentre sono inserite le rispettive federazioni.
  Gli atleti comunicano trimestralmente e debbono adempiere a tutti gli obblighi della normativa, sotto la loro diretta responsabilità. Al riguardo, è opportuno osservare che, al momento del passaggio dal sistema di comunicazione cartaceo a quello telematico, nei primi mesi dell'anno 2012, i Gruppi Sportivi Militari si sono fortemente attivati per ovviare ad alcune oggettive difficoltà di ordine gestionale riscontrate dai propri atleti per effettuare correttamente tale comunicazione.
  Con riferimento all'inchiesta della procura di Bolzano, secondo quanto riferito dallo Stato Maggiore della Difesa, i Comandanti del comparto Difesa, non appena appreso che nel settembre 2014 erano state avviate delle indagini da parte della procura, si sono attivati per verificare se qualche atleta alle loro dipendenze avesse disatteso l'obbligo relativo alla reperibilità. In alcuni limitati casi, sono state effettivamente accertate inadempienze da parte di atleti militari, prontamente sanzionate con provvedimenti disciplinari in linea con la vigente normativa. Tali provvedimenti sono stati posti in essere a prescindere dalle indagini e dalle conclusioni dell'indagine, nel pieno rispetto dei regolamenti militari e a dimostrazione di una volontà di assoluta trasparenza. Infine, non risulta sia stata concordata – e anche da parte di questa amministrazione viene ribadito – alcuna linea difensiva comune.

Pag. 16

  PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Giacomelli. Non posso ringraziarla per la sintesi, ma per la lettura paziente.
  L'onorevole Cova ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  PAOLO COVA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario proprio per la paziente lettura e perché era corposa e complessa la risposta. Appare chiaro, da quello che viene detto, che la responsabilità ricade tutta sull'atleta. Spesso quando ci sono queste vicende si sente parlare che il responsabile è sempre e solo l'atleta, mai i gruppi sportivi, mai gli allenatori e mai le persone che stanno intorno. Credo che questa sia una riflessione che dobbiamo fare e dobbiamo porci perché spesso si lasciano da soli gli atleti o si dà loro l'unica responsabilità. In questo però appare chiaro proprio dalla risposta che abbiamo ricevuto oggi, come l'azione svolta dall'Agenzia CONI – NADO e dalla procura antidoping sia estremamente insufficiente. In questi quattro anni non è ancora giunta una soluzione ed è intervenuta in ritardo rispetto alla procura e non aveva neanche fatto delle verifiche in base alla mancanza della segnalazione della reperibilità. Per cui da questa risposta si evince chiaramente come questa agenzia CONI – NADO sia completamente fuori luogo, non riesce ad agire e non riesce ad intervenire prontamente. Infatti, se la responsabilità è del singolo atleta e il singolo atleta non manda la segnalazione ma la stessa agenzia non se ne accorge, non capisce cosa sta avvenendo, non interviene e non ha fatto niente vuol dire che la sua azione è nulla o insufficiente per la lotta contro il doping. Su questo ribadisco che c’è anche una risoluzione presentata dal sottoscritto e da altri colleghi, per andare a superare questa azione, e pertanto il mio invito è al Governo proprio per andare a risolvere questa situazione che dimostra tutti i suoi limiti e le difficoltà.
  L'altra osservazione che mi sembra di cogliere da quello che ha detto il sottosegretario riguarda tutti i centri sportivi militari per cui la funzione che svolgono questi centri sportivi militari su cui lo Stato italiano, il Ministero della difesa e i vari ministeri intervengono stanno mostrando i propri limiti.
  Probabilmente non servono o sono addirittura insufficienti, perché gli atleti non sono sottoposti a nessun controllo, per cui l'investimento che è stato messo in questi centri sportivi militari, che dovevano essere di supporto all'attività agonistica, soprattutto quell'attività agonistica del livello di fascia più alta, quella olimpica e internazionale, stanno dimostrando la loro insufficienza. Vuol dire che non servono probabilmente perché se gli atleti si vanno ad allenare da altre parti, con altri allenatori, probabilmente non hanno svolto la propria funzione. Mi permetto di chiudere sottolineando come questa lotta al doping non è una lotta solo per uno sport più pulito ma deve essere anche una lotta alla malavita che sta dietro a questo fenomeno del doping. Per cui io credo che gli atleti dei gruppi sportivi, i comandanti dei gruppi sportivi devono prestare una maggiore attenzione a questa situazione. Mi permetto di segnalare anche un'altra vicenda, perché le ha indicate anche il sottosegretario nella sua risposta. Alcuni gruppi sportivi hanno risposto che hanno sanzionato anche in attesa di un giudizio, abbiamo delle situazioni, come io ho fatto anche richiesta con un'altra interrogazione di qualche sportivo facente parte di gruppi sportivi militari, che è stato condannato per doping, è stato squalificato, eppure lo troviamo regolarmente in competizioni nazionali e internazionali e questo lascia un po’ dei dubbi. Allora, per capire qual è l'etica anche all'interno di questi gruppi sportivi, perché se si condanna fermamente alcune cose, poi si fa fatica. Però su quello aspetto una risposta, forse mi sono sbagliato io.

(Iniziative di competenza per la messa in sicurezza del centro storico della città di Cosenza – n. 2-01003)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bruno Bossio n. 2-01003, Pag. 17concernente iniziative di competenza per la messa in sicurezza del centro storico della città di Cosenza (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Bruno Bossio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghe e colleghi, la richiesta, questa interpellanza che abbiamo presentato nei giorni scorsi e ringrazio il Governo per la sollecita risposta, adesso ascolteremo le parole, nasce da un evento che può sembrare, fra virgolette, «ordinario» in altre situazioni, che è il crollo di una palazzina all'interno del centro storico di Cosenza. Vorrei qui sottolineare perché questo crollo è così drammatico, anche se per fortuna non ha prodotto vittime, almeno per adesso. La città di Cosenza dispone di un centro storico di alto valore culturale, monumentale, architettonico, le origini risalgono al IV secolo a.C., ma questa città così bella, che è stata finora preservata dalle invasioni barbariche delle cattive ristrutturazioni, oggi rischia di crollare come Pompei. Credo che ognuno ami la propria città ma credo che Cosenza rappresenti oggettivamente un valore storico e culturale che non può non essere un interesse nazionale. La città di Telesio e Campanella, del Duomo e del Castello Svevo, del Duomo realizzato dai cistercensi, con Gioacchino Da Fiore. Oggi il degrado sostanzialmente della città e il fatto che Cosenza sia fra le aree con la maggiore pericolosità sismica rischia un effetto domino. La morfologia e l'orografia delle colline lungo cui si snoda l'insediamento del centro storico è contrassegnata da molteplici episodi che fanno elevare il rischio sismico abbinandolo a un rischio idrogeologico. La palazzina stessa è crollata all'interno di un'area di impianto medievale di rilevante interesse storico ma soprattutto ci sono queste viuzze, questi palazzi, che sono l'uno attaccato all'altro. Non c’è stata finora un'adeguata attenzione a questi rischi, nonostante siano state fatte diverse ordinanze di sgombero, spesso disattese, e proprio per questo è notizia di ieri di un'iniziativa della procura. Però la mancanza di interventi di cura e manutenzione può generare ulteriori crolli improvvisi.
  Proprio per questo, abbiamo chiesto al Governo se è possibile sostanzialmente dichiarare lo stato d'emergenza, considerata anche la disponibilità della regione in tal senso, non solo – ripeto – perché ci sono questi rischi e quindi è importante prevenirli rispetto a situazioni successive, ma proprio per il valore storico e culturale della città.
  Ci sono poi delle iniziative che possono essere fatte all'interno di quello che è l'accordo di programma legato al rischio idrogeologico; ci sono varie iniziative anche legate alla riqualificazione ambientale dei centri storici collegata anche all'inclusione sociale; ebbene io chiedo, chiederei e chiederemmo noi tutti che abbiamo sottoscritto questa interpellanza che il Governo facesse di Cosenza un simbolo culturale importante quanto altri del nostro Paese.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Antonello Giacomelli, ha facoltà di rispondere.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, lo farò cercando, naturalmente dopo la chiosa con cui lei ha salutato l'ultima risposta, di unire la sintesi, che capisco sta a cuore, con quello che sta a cuore al Governo, cioè la risposta esaustiva alle questioni poste.
  L'onorevole Bruno Bossio fa riferimento nel suo atto al crollo di una vasta porzione di un edificio, verificatosi il 29 maggio, in via Bernardino Bombini nel centro storico di Cosenza.
  In particolare, l'edificio interessato dal crollo è posto – come viene sottolineato – in un'area di interesse rilevante dal punto di vista storico e il pericolo che ulteriori crolli possano interessare altri fabbricati, inseriti in un contesto territoriale ad alta presenza abitativa e rischio idrogeologico e sismico fa sì che vi sia l'interesse ad esaminare l'atto in questione. Pag. 18
  Naturalmente è un dato di fatto che conferma che la città di Cosenza si colloca in una delle aree a maggiore pericolosità sismica d'Italia.
  Per quanto riguarda però il primo punto avanzato dall'interpellante, cioè se il Governo ritenga che sussistano i termini per la dichiarazione dello stato di emergenza, per quanto a conoscenza del Governo ad oggi la regione Calabria, relativamente alla situazione evidenziata, non ha avanzato alcuna istanza di dichiarazione dello stato di emergenza, e l'istanza della regione naturalmente è atto decisivo per l'avvio del conseguente iter istruttorio e non può essere, per quanto importante, sostituito da un atto ispettivo.
  Si aggiunge, altresì, che, per quanto a conoscenza del Governo, né la regione, né il comune di Cosenza hanno trasmesso alcuna segnalazione relativamente alla situazione a cui l'onorevole Bruno Bossio fa riferimento.
  Qualora naturalmente la regione Calabria dovesse mutare avviso e chiedere che venga deliberato lo stato di emergenza, il Dipartimento avvierà tutte le attività di verifica disciplinate dalla direttiva per questo atto.
  Relativamente al secondo punto, se il Governo ritenga di prevedere specifici interventi anche attraverso la rimodulazione dell'Accordo di programma, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e la Regione Calabria hanno stipulato, il 25 novembre 2010, un Accordo di programma finalizzato alla «programmazione e al finanziamento di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico» da effettuare nel territorio della Calabria nell'ambito del Piano straordinario previsto dal comma 240 dell'articolo 2 della legge n. 191 del 2009.
  Gli interventi, da realizzare nell'ambito del suddetto Accordo di programma rientrano nella proposta di programmazione regionale per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico che tiene conto delle numerose richieste pervenute agli uffici della regione Calabria, oltre che di quelle trasmesse dagli enti interessati direttamente al Ministero.
  L'Accordo prevede la realizzazione di 185 interventi per un importo complessivo pari a 220 milioni di euro.
  Con la legge n. 116 dell'agosto 2014 i presidenti delle regioni sono subentrati ai commissari straordinari.
  Avuto riguardo alla rimodulazione dell'accordo, va precisato che l'articolo 1, comma 111, della legge n. 147 del 2013, la finanziaria 2014, prevede l'avvio delle procedure di revoca delle risorse e la loro contestuale rifinalizzazione per gli interventi che, inseriti negli accordi di programma, non hanno raggiunto, al 30 giugno 2015, la pubblicazione del bando di gara. L'accertamento dello stato di attuazione degli interventi suddetti sarà desunto dai dati inseriti dalle stesse regioni nel sistema di monitoraggio. Una recente ricognizione ha evidenziato, per la sola provincia di Cosenza, oltre quaranta interventi che non hanno raggiunto la fase richiesta, risultando in fase di progettazione o, addirittura, non avviati.
  Con riferimento alla nuova programmazione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica che è in corso di redazione il Piano nazionale contro il dissesto, per la cui attuazione è previsto l'utilizzo dei fondi FSC. In relazione al piano citato, la regione Calabria ha avanzato richiesta per 542 interventi, localizzati sull'intero territorio regionale, per un importo di un miliardo e 400 milioni di euro, di cui circa 900 milioni statali. Gli interventi proposti intervengono su aree colpite da fenomeni franosi, alluvionali e di erosione. È in corso di predisposizione, inoltre, un piano stralcio per le aree metropolitane urbane. La regione Calabria, al riguardo, ha presentato una richiesta di finanziamento per sette interventi disponibili di progettazione definitiva, per un intervento statale pari a circa 10 milioni di euro. Gli interventi proposti, qualora le risorse per la loro realizzazione si rendessero disponibili, seguiranno la procedura di selezione delineata Pag. 19dal DPCM proposto dal Ministero competente, concernente l'individuazione delle modalità.
  Relativamente al terzo punto, in relazione ai possibili investimenti connessi all'utilizzo dei Fondi strutturali europei, non risulta percorribile l'attivazione di nuovi e ulteriori interventi nell'ambito della corrente programmazione 2007-2013, in quanto, come è noto, il periodo di eleggibilità della spesa di tale programmazione ha termine ultimo il 31 dicembre 2015, termine non compatibile con l'attivazione di eventuali ulteriori interventi di rigenerazione urbana, che, come è noto, sono subordinati ad una fase di progettazione, di approvazione e di appalto delle opere e, quindi, di effettiva realizzazione.
  Ciò premesso, il programma operativo FESR Calabria 2007-2013 ha già approvato, nell'ambito della propria priorità di sviluppo urbano e territoriale sostenibile, una serie di progetti integrati di sviluppo urbano e svariati progetti integrati di sviluppo locale, finalizzati ai seguenti obiettivi: rigenerazione urbana; accrescimento dei livelli di inclusione e coesione sociale; ricostruzione della identità e della memoria storica; valorizzazione delle minoranze linguistiche; qualità della vita; mobilità intercomunale; sistemi produttivi locali; sistemi turistici locali e borghi di eccellenza.
  Eventuali iniziative puntuali nel centro storico di Cosenza potranno essere promosse e attivate nella programmazione 2014-2020 dei Fondi strutturali solo a seguito dell'approvazione, da parte della Commissione europea, del programma operativo della regione Calabria 2014-2020, sul quale è ancora in corso il negoziato con i servizi della Commissione.
  Con riferimento, invece, alle risorse nazionali del Fondo sviluppo e coesione, nell'ambito della programmazione 2000-2006, la regione ha destinato 129 milioni di euro, di cui 121 dal Fondo sviluppo e coesione, per interventi di emergenze e di risanamento. In particolare, gli interventi che ricadono nel comune di Cosenza, relativi al dissesto idrogeologico, ammontano a 21 milioni di euro, di cui 12 dal Fondo sviluppo e coesione, per circa 28 interventi.
  Rispetto alla programmazione del FSC 2007-2013 la regione ha stanziato 98 milioni di euro per la realizzazione di 170 interventi per le emergenze dei centri urbani e 41 milioni di euro per interventi di difesa del suolo ed erosione delle coste. L'accordo di programma, sottoscritto ai sensi dell'articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009, tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la regione Calabria, comprende un piano straordinario di interventi, da finanziare con risorse statali e regionali, per 183 interventi in tema di difesa suolo e per un valore complessivo di 220 milioni di euro.
  È stato cofinanziato con risorse FSC, cioè dei fondi nazionali, per circa 200 milioni di euro, ai sensi della delibera del CIPE n. 8 del 2012. Nell'ambito di questo accordo, sono previsti nella provincia di Cosenza 78 interventi, per un valore di oltre 86 milioni di euro.
  In tema di riprogrammazione delle risorse FSC, la regione ha di recente presentato un piano di proposte del valore di 400 milioni di euro, che il Dipartimento per le politiche di coesione ha trasmesso al CIPE per l'istruttoria di competenza. In questa proposta sono previsti nuovi interventi per 75 milioni di euro per la tutela dell'ambiente e 40 milioni di euro per le emergenze urbane.

  PRESIDENTE. La ringrazio, sottosegretario Giacomelli, questa volta anche per la sintesi.
  L'onorevole Covello ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Bruno Bossio ed altri n. 2-01003, di cui è cofirmataria.

  STEFANIA COVELLO. Grazie, signor Presidente, care colleghe e cari colleghi, ringrazio, intanto, il Governo per i dettagli e l'amorevolezza con cui ha parlato, con alta sensibilità – devo dire – di un problema che a noi, e quindi prendiamo atto anche al Governo, sta molto a cuore. La Pag. 20collega Bruno Bossio ha detto benissimo prima, quando ha parlato della storia e delle tradizioni che, naturalmente, sono significative per una città del sud, per una città ricca di tradizione culturale come è la città di Cosenza.
  Naturalmente, noi deputati ci faremo promotori e, nel sollecitare sia il comune che la regione – ma sappiamo bene che entrambe le istituzioni stanno facendo richiesta – e sappiamo bene che, insieme, con una filiera istituzionale, si troverà una soluzione. Per cui, prendiamo atto della risposta del Governo e cerchiamo, quindi, di cogliere tutti gli aspetti positivi che in essa sono contenuti, però non possiamo non evidenziare la necessità di accelerare tempi e progetti.
  Quando una parte della città cade a pezzi per degrado e incuria, quando, solo per puro miracolo, non si piangono vittime, perché il fatto è avvenuto in piena notte, allora è segno che bisogna fare presto e che non si gioca alla roulette russa con questi problemi.
  Sappiamo bene che la procura della Repubblica ha aperto un'inchiesta, e anche di questo siamo contenti, ma sappiamo bene che non è la via giudiziaria la soluzione di questo problema; è la politica che, con le responsabilità di governo ai vari livelli, deve individuare le risposte. Sappiamo anche bene che tutti gli organismi preposti, a partire dalla prefettura, hanno segnalato la necessità immediata di intervenire per evitare ulteriori problemi.
  Il sottosegretario ha parlato per la provincia di Cosenza, e per Cosenza in particolare, di area ad alta pericolosità sismica. E, quindi, proprio perché la fragilità degli edifici del centro storico ha radici lontane, essa si associa ad una fragilità sociale, economico-sociale, che mina una delle realtà urbanistiche, quella di Cosenza, più belle di questo Paese. Conosciamo, quindi, oltre alla sensibilità sismica di questo territorio, il rischio idrogeologico che lo caratterizza.
  Ecco perché non possiamo limitarci a leggere le notizie che ci segnalano crolli e a sperare nella provvidenza, affinché si possano evitare sciagure. No, occorre mettere in piedi una nuova visione per il centro storico di Cosenza per essere, in qualche modo, pionieri, non solo noi deputati, ma insieme a tutti i cittadini della città di Cosenza, di interventi che possano poi estendersi anche ad altre realtà.
  Se ci si prendesse la briga di andare a sfogliare le cronache delle città del sud, purtroppo constateremmo che l'abbandono dei centri storici è un dato comune e che i crolli e le situazioni emergenziali legate a problemi di abbandono e degrado, purtroppo, appartengono a quasi tutte queste comunità. E, spesso, i proprietari sono andati via, risiedono fuori, addirittura vi sono eredi che poi sono anche deceduti.
  Ecco perché la programmazione finanziaria dell'Unione europea per il periodo 2014-2020, a cui lei, signor sottosegretario, faceva prima riferimento, offre nuove e importanti opportunità per lo sviluppo urbano, e noi, sicuramente, auspichiamo che il sindaco di Cosenza possa naturalmente programmare tutto ciò, unitamente alla regione. Creazione di lavoro, sfruttamento sostenibile delle risorse energetiche, mobilità sostenibile e riqualificazione urbana sono alcuni degli obiettivi strategici più importanti individuati per la prossima programmazione.
  Per evitare di perdere questa occasione, bisognerà rafforzare il dialogo tra le amministrazioni pubbliche, ma anche, e soprattutto, incentivare gli investimenti. Esiste uno strumento, come quello denominato «Jessica», che parte da un'iniziativa della Commissione europea sviluppata in collaborazione con alcune istituzioni finanziarie internazionali, tra cui la Banca europea per gli investimenti, che può essere approfondito rispetto ad un caso come questo in esame.
  L'obiettivo di Jessica è promuovere investimenti sostenibili nelle aree urbane europee e portare crescita e occupazione. Non si tratta di una fonte ulteriore di finanziamenti per gli Stati membri, ma piuttosto uno strumento di utilizzo delle sovvenzioni a titolo dei Fondi strutturali vigenti, per il sostegno ai progetti di sviluppo urbano, che si sviluppa su tre livelli: Pag. 21Unione europea, nazionale-regionale e nazionale-locale. È solo un esempio: di strumenti e di opportunità, proprio in riferimento al tema del recupero del patrimonio urbanistico e dei centri storici ed edilizi, ve ne sono tanti, esperienze come i progetti Urban o come le zone ZFU che, purtroppo, non hanno trovato ancora il riscontro operativo necessario. Dico «ancora» perché sappiamo bene che, invece, il Governo sta lavorando fortemente su questo tema. Confidiamo anche, naturalmente, in quello che è lo strumento del CIPE.
  Il tema del recupero edilizio ha anche risvolti di natura economica soprattutto in contesti come quello cosentino, in cui nel settore edilizio dal 2008 abbiamo registrato la perdita di oltre il 40 per cento della forza lavoro, con un ricorso agli ammortizzatori sociali senza precedenti storici.
  Individuare, quindi, un percorso di recupero dei centri storici avrebbe anche un fattore, non solo di conservazione dei beni archeologici e di tutto quello che è il patrimonio, non solo di salvaguardia e messa in sicurezza nell'ambito del dissesto idrogeologico, della messa in sicurezza di questo patrimonio immobiliare, ma anche di rilancio di un settore strategico quale quello edilizio.
  Siamo certi che il Governo – io ne sono convinta insieme alla collega e a tutti i parlamentari del PD calabrese – saprà fare la sua parte, saprà attivare le sinergie istituzionali necessarie per recuperare un patrimonio culturale straordinario. C’è attesa nella comunità cosentina. Sicuramente, sappiamo bene che faranno la loro parte anche il comune di Cosenza e la regione Calabria.

(Chiarimenti e iniziative in merito all'adozione di recenti disposizioni organizzative relative alle dotazioni di personale e al funzionamento del sistema scolastico, in vista delle novità recate dal disegno di legge sulla cosiddetta «buona scuola»
– n. 2-00999)

  PRESIDENTE. Passiamo alla interpellanza urgente Scotto ed altri n. 2-00999, concernente chiarimenti e iniziative in merito all'adozione di recenti disposizioni organizzative relative alle dotazioni di personale e al funzionamento del sistema scolastico, in vista delle novità recate dal disegno di legge sulla cosiddetta «buona scuola» (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Pannarale se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ANNALISA PANNARALE. Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, ancora una volta, siamo costretti, attraverso un atto di sindacato ispettivo, a denunciare comportamenti del MIUR poco rispettosi delle procedure e delle prerogative del Parlamento.
  Ricorderò come opportuna premessa che in questo momento, al netto di ritardi, di rinvii, di confuse dichiarazioni a mezzo stampa, l'altro ramo del Parlamento, il Senato, è alle prese con la seconda lettura del disegno di legge sulla buona scuola.
  Non capiamo cosa abbia in mente il Governo, mentre passano i giorni, le stabilizzazioni sono bloccate, la Commissione cultura del Senato è sostanzialmente impossibilitata a procedere nei lavori. Quello che è certo è che la riforma sulla scuola non è ancora legge – aggiungo: fortunatamente, per come è impostata – e che serviranno modifiche corpose e sostanziali, affinché possa diventarlo senza ricorrere alle note forzature sul Regolamento e sulle prerogative parlamentari.
  Nonostante questo disegno di legge sia attualmente ancora oggetto di un iter legislativo tutto da svolgere, questo Governo e questo Ministero, il MIUR, hanno assunto nei primi giorni di giugno comportamenti illegittimi, tesi già ad attuare e ad applicare le disposizioni contenute in un disegno di legge ancora in discussione e, dunque, soggetto a modifiche. Infatti, in un incontro riservato tenuto al MIUR il 3 giugno scorso con tutti i direttori degli uffici scolastici regionali, questi ultimi sarebbero Pag. 22stati invitati ad individuare il fabbisogno di organico potenziato per il 2015-2016, in attuazione di quanto prevede l'articolo 2 del disegno di legge, così come approvato in prima lettura da questa Camera e attualmente all'esame della VII Commissione cultura del Senato.
  In sostanza, l'obiettivo di questa riunione era quello di portarsi avanti con il lavoro, in previsione dell'attuazione della riforma, ma confermando ancora l'assoluta indisponibilità del Governo all'ascolto e a modifiche che possano rispondere alle domande pressanti di tutto il mondo della scuola.
  Da un lato, quindi, un Governo che frena e rallenta i lavori al Senato, dopo aver imposto qui alla Camera una discussione approssimativa e frettolosa, e, dall'altro, lo stesso Governo che, senza riferimenti normativi e di merito certi e soprattutto definitivi, nelle stanze del Ministero prova precipitosamente e illegittimamente ad attuare norme transitorie che potranno essere superate dall'iter parlamentare in corso.
  Sulla scorta di questa riunione, infatti, l'ufficio scolastico regionale per l'Abruzzo – devo dire con tempestiva solerzia – ha diramato a tutti i dirigenti scolastici della regione una circolare nella quale i dirigenti venivano invitati a trasmettere ai rispettivi ambiti territoriali – quindi, parliamo di un punto che è oggetto di grande dibattito e di grande conflittualità nella riforma –, entro e non oltre il 20 giugno, la relativa proposta di organico potenziato utilizzando la scheda allegata. Una circolare che sappiamo essere stata poi ritirata anche a seguito della nota di protesta dell'8 giugno delle organizzazioni sindacali.
  Non è finita qui, sottosegretario: il 10 giugno, le stesse organizzazioni sindacali della scuola sono costrette ad inviare un ulteriore comunicato di protesta al MIUR, che, due giorni prima, aveva diramato agli uffici scolastici periferici e a tutte le scuole una nota ministeriale relativa all'organico del personale ATA per il 2015-2016, nella quale si anticipano i nuovi e peggiorativi parametri di calcolo sull'organico, alla luce degli ulteriori tagli che sono stati introdotti dalla legge di stabilità 2015, senza avere prima convocato il tavolo di confronto per la prevista informativa sindacale, come previsto dall'articolo 5, comma 2, del contratto collettivo nazionale di lavoro.
  Anche in questo caso, siamo alle prese con un Ministero che disattende comportamenti e procedure definiti dalla normativa vigente e che, nel caso specifico, mostra di considerare addirittura superata tale normativa, come se l'articolo 24 della riforma – pessimo articolo, che deroga al contratto collettivo nazionale di lavoro – fosse già norma definitiva.
  È la stessa logica irrispettosa delle istituzioni e della salvaguardia dei diritti costituzionalmente tutelati dei lavoratori e delle lavoratrici che rintracciamo ancora, come raccontiamo nella nostra interpellanza, nella circolare del 5 giugno dell'istituto professionale «De Amicis» di Roma avente per oggetto «condotta in occasione di eventuali adesioni a scioperi». In questa circolare, il dirigente scolastico, sulla base di disposizioni organizzative sue personali e di una normativa, a quanto pare, altrettanto personale, comunica al personale docente e al personale ATA che non intenda presenziare allo scrutinio l'obbligo di comunicare preventivamente l'adesione allo sciopero e il fatto che la sostituzione del personale in sciopero non costituirebbe comportamento antisindacale.
  Allora, sottosegretario, penso ci siano a questo punto elementi sufficienti per chiederle, intanto come sia possibile che il MIUR sia stato così tanto disattento da non aver predisposto l'immediato ritiro di una circolare così lesiva dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici; ancora, come si intenda procedere rispetto alla circolare che riguarda gli organici del personale ATA, che, peraltro, è stata emanata in assenza di un decreto ministeriale che avrebbe dovuto essere adottato entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di stabilità; e, soprattutto, sottosegretario, sarebbe davvero urgente capire come e se questo Governo e questo Ministero, nello specifico, intendano finalmente Pag. 23procedere per garantire il rispetto della normativa vigente e delle prerogative costituzionali del Parlamento.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, ha facoltà di rispondere.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Presidente, in merito a quanto rappresentato nell'atto ispettivo, voglio precisare preliminarmente che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha fornito alcuna indicazione circa l'emanazione di circolari sulla rilevazione del fabbisogno di posti dell'organico dell'autonomia ai sensi dell'articolo 2 del disegno di legge di riforma del sistema nazionale di istruzione, attualmente all'esame della competente Commissione del Senato.
  La riunione, svoltasi nella sede centrale del MIUR, a cui si fa esplicito riferimento, rientra per la verità nell'ambito di una ordinaria e costante interlocuzione fra l'amministrazione centrale e gli uffici periferici.
  Tale riunione, a carattere meramente informativo, si è tenuta nella piena consapevolezza di un iter parlamentare in atto, ma anche nell'altrettanto forte consapevolezza dell'esigenza di fornire informazioni alle diramazioni territoriali del Ministero.
  Alla luce di ciò, l'attività che gli uffici studi degli uffici scolastici regionali avrebbero potuto avviare al loro interno, in attesa dell'approvazione del provvedimento e della sua entrata in vigore, concerne una riflessione, anche attraverso la consultazione di talune istituzioni scolastiche, sulle preferenze delle scuole in merito alle aree tematiche di cui al citato articolo 2 dell'atto Senato, al fine di avviare un approfondimento sulla futura richiesta di offerta formativa e sulla sua differenziazione nei rispettivi territori. Allo stato attuale, tutti gli uffici scolastici regionali sono impegnati in tale lavoro preparatorio di studio.
  L'ufficio scolastico per la regione Abruzzo ha sovrapposto la succitata attività di studio di offerta formativa con la rilevazione dei posti per l'adeguamento dell'organico alle situazioni di fatto che i diversi uffici scolastici regionali, annualmente, sono soliti segnalare per far fronte ad evenienze che si creano prima dell'inizio dell'anno scolastico. Preso atto di ciò, la circolare è stata dal competente ufficio regionale ritirata.
  Per quanto riguarda l'ulteriore questione relativa all'organico del personale ATA, si ricorda che l'articolo 1, comma 334, della legge di stabilità per il 2015, in ragione di un generale processo di digitalizzazione, ha previsto una riduzione del numero dei posti di detto personale pari a 2.020 unità a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016. In sede di informativa sindacale si è, quindi, provveduto ad illustrare i criteri generali di riduzione delle dotazioni organiche.
  Tuttavia, in assenza della formalizzazione dell'annuale decreto interministeriale sulle dotazioni organiche ATA, non sono state, ovviamente, diramate né la circolare applicativa né le nuove tabelle di calcolo. L'atto cui fanno riferimento gli interpellanti è una nota di natura prettamente tecnica diramata al fine di non pregiudicare il corretto avvio dell'anno scolastico e le operazioni di mobilità. Le istituzioni scolastiche hanno, infatti, iniziato semplicemente, come ogni anno, ad inserire i dati informativi (numero plessi, alunni disabili e via seguitando) utili per lo sviluppo di una mera ipotesi di calcolo dell'organico.
  Tale ipotesi dovrà essere, ovviamente, successivamente convalidata, con apposita funzione, dagli uffici scolastici regionali, a seguito della pubblicazione del decreto sugli organici. In base alle dotazioni che saranno assegnate col citato decreto agli uffici, si svolgeranno le operazioni di convalida.
  In merito all'altra questione segnalata dall'interpellanza relativa alla circolare del dirigente scolastico dell'istituto «De Amicis» di Roma, si evidenzia, come riferito al MIUR, con nota del 9 giugno, dal competente ufficio scolastico regionale per il Pag. 24Lazio, che con la stessa si intendeva rilevare la mera mancata partecipazione allo scrutinio.
  Si precisa, altresì, che, nella medesima scuola, in data 10 giugno, risulta essere stato differito lo scrutinio di quattro classi non terminali in ragione dell'adesione dei docenti allo sciopero.
  Evidentemente, non emerge da parte del dirigente scolastico, alcun proposito di comprimere un diritto costituzionalmente riconosciuto quanto piuttosto la necessità di corrispondere ad una forma scelta autonomamente, ad un'esigenza organizzativa.
  L'articolo 2, comma 3, dell'allegato al contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto scuola, in attuazione della legge n. 146 del 1990 sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, prevede che: «in occasione di ogni sciopero, i capi d'istituto inviteranno in forma scritta il personale a rendere comunicazione volontaria circa l'adesione allo sciopero (...)».
  Infatti, l'esercizio del diritto di sciopero va contemperato con la garanzia al diritto all'istruzione e agli altri valori e diritti costituzionalmente tutelati. Ciò, ai sensi dell'articolo 1 della citata legge, che considera quali servizi pubblici essenziali nel comparto del personale della scuola da assicurare e, quindi, anche in caso di sciopero, lo svolgimento degli scrutini finali e degli esami.
  Il comma 1 dell'articolo 2 del medesimo Allegato valuta, difatti, prestazioni indispensabili: «a) attività, dirette e strumentali, riguardanti lo svolgimento degli scrutini e degli esami finali nonché degli esami di idoneità; b) attività, dirette e strumentali, riguardanti lo svolgimento degli esami finali, con particolare riferimento agli esami conclusivi dei cicli di istruzione nei diversi ordini e gradi del sistema scolastico».
  Ciò posto, al fine di garantire i servizi essenziali relativi a prestazioni indispensabili, l'articolo 3 del medesimo Allegato prescrive le norme da rispettare in caso di scioperi e prevede, alla lettera g), che, nei casi diversi dagli scrutini finali, il loro svolgimento non debba essere differito per non più di cinque giorni rispetto alla scadenza. In questo senso si è pronunciata anche l'Autorità di garanzia per gli scioperi.
  In conclusione, gli scrutini rappresentano un adempimento finale delle attività didattiche che assume un carattere giuridico, oltre che educativo e formativo, da cui deriva, in capo al dirigente scolastico, l'esigenza di contemperare il rispetto di un servizio pubblico essenziale con la libertà di esercizio di un diritto costituzionalmente riconosciuto e con il diritto di ogni alunno a una valutazione trasparente e tempestiva secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 249 del 1998.

  PRESIDENTE. L'onorevole Pannarale ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Scotto ed altri n. 2-00999, di cui è cofirmataria.

  ANNALISA PANNARALE. Grazie Presidente, ringrazio il sottosegretario per il tentativo, per la risposta e, soprattutto, per la presenza, visto che, in realtà, risponde a un'interpellanza che non compete al Ministero dello sviluppo economico, ma che era rivolta al Ministero per l'istruzione, l'università e la ricerca. Questa è l'ennesima volta, sottosegretario, lei ovviamente non può saperlo, che io mi ritrovo qui a dover rilevare e registrare l'assenza, l'indisponibilità del MIUR persino a garantire la cortesia minima di risposta in Aula a una interpellanza. Ricordo che c'era lo stesso onorevole Baldelli a presiedere quest'Aula quando ho denunciato, dopo ben cinque rinvii chiesti dallo stesso MIUR a una mia interpellanza, l'assenza e la risposta da parte di un sottosegretario che non fosse competente. Quindi, denuncio, ancora una volta, un atteggiamento assolutamente irrispettoso e, peraltro, questa interpellanza ha posto esattamente un problema serio e grande con il quale questo Ministero dovrebbe fare i conti che è una condotta istituzionale che non rispetta le prerogative di un altro organo Pag. 25costituzionale e che, evidentemente, come dimostra anche l'assenza di questa mattina, non tutela gli interessi, le istanze, i diritti di quel mondo – la scuola – di cui il MIUR dovrebbe essere massimamente garante.
  Del resto, tutto il percorso sulla riforma della scuola, sin dall'inizio, devo dire che è stato, ahimè, caratterizzato da comportamenti, dichiarazioni e atti palesemente sprezzanti delle regole, delle competenze, di quella dimensione dell'ascolto e del confronto che è l'unica via possibile per leggi buone ed efficaci. Peraltro, è un'istituzione della Repubblica, come lei ha detto, sottosegretario, che procede per passaggi informali e che non garantisce, invece, quello che dovrebbe essere un rispetto rigoroso – lo ripeto, rigoroso, perché, lo ribadisco, di istituzione della Repubblica stiamo parlando – delle procedure e delle norme.
  I diversi passaggi che abbiamo ricordato nell'interpellanza: la riunione informativa, come lei l'ha chiamata, fatta a viale Trastevere il 3 giugno, la circolare del Ministero sugli organici del personale ATA, la circolare sull'adesione allo sciopero di docenti e personale ATA, raccontano tutti la stessa cosa, raccontano di un Governo che è lontano dai bisogni reali, che è sordo a chi da mesi sta provando a dire che cosa davvero servirebbe alla scuola per assicurare motivazione, qualità della didattica, cura degli studenti; dicono di un Governo che considera il Parlamento un intralcio, un ostacolo fastidioso. Persino, la risposta alle interpellanze viene considerata un passaggio assolutamente rituale, al quale si può rispondere con indifferenza e indisponibilità.
  C’è questo nella scelta di convocare i dirigenti degli uffici scolastici regionali, in assoluto spregio del lavoro di un Parlamento, che, in una democrazia parlamentare che sia compiuta, dovrebbe prendersi tutto il tempo di trasformare un provvedimento, che, peraltro, ha suscitato, come tutti sappiamo, l'ostilità di almeno l'80 per cento del mondo della scuola. Io penso che un'istituzione dovrebbe avere più rispetto innanzitutto per sé stessa, per l'interesse pubblico, per quelle regole che sono garanzia per tutti: maggioranza e opposizione. Dovrebbe astenersi da azioni illegittime e autoritarie, che, mentre si prestano ad essere completamente messe in discussione dagli iter legislativi in corso, vanno anche a sovraccaricare ulteriormente il lavoro di istituzioni scolastiche, in un periodo dell'anno scolastico, peraltro, particolarmente delicato; e questo senza la presenza di alcun riferimento certo e definitivo. Sottosegretario, in effetti, lei ci ha ricordato che quella circolare dell'ufficio scolastico regionale dell'Abruzzo è stata ritirata – lo abbiamo ricordato anche nella nostra illustrazione – e che, peraltro, è stata probabilmente il frutto di un dirigente particolarmente ossequioso e forse un po’ ingenuo, che si è affrettato a diramare l'atto presso tutte le scuole, causando peraltro l'immediata protesta dei sindacati. Quindi, è stata ritirata per pudore, per opportunità, però c’è qualcosa che viene prima di questo ritiro, cioè l'iniziativa di un Ministero che con superficialità, mentre il mondo della scuola si mobilita, mentre c’è l'altro ramo del Parlamento impegnato faticosamente su un iter legislativo, prova a bypassare completamente la discussione parlamentare e si comporta come se il disegno di legge fosse già approvato e, come lei ha detto, fornisce appunto informazioni su norme che sono ancora in discussione. Questo si chiama abuso ! Capisco che i tempi siano ormai ristrettissimi, capisco che c’è affanno negli uffici per mettere in moto quella macchina tecnica e burocratica che dovrebbe mettere le scuole nella condizione di poter cominciare l'anno scolastico a settembre con tutti gli strumenti necessari, però devo dire, perché le responsabilità vanno sempre individuate con cura, che questo affanno e questi incredibili ritardi sono causati, ahimè, dall'arroganza di un Governo che, mentre scarica responsabilità su docenti e opposizioni, continua da mesi ad ignorare le uniche proposte ragionevoli e risolutorie che sono state portate nelle Commissioni e nelle Aule dalle opposizioni, come un decreto per le statalizzazioni Pag. 26e piano pluriennale; ma questo è oggetto di un dibattito che è in corso.
  Allora, non servono riunioni al buio, secretate, o forzature: servirebbe l'umiltà di capire che ogni scelta dovrebbe essere mossa esclusivamente nel senso del benessere della scuola e di chi la abita tutti i giorni. Ma questo Governo continua ad essere completamente indifferente al buon funzionamento e all'urgenza di finanziamenti adeguati che restituiscano centralità e prestigio alla scuola. La nota, sottosegretario, sugli organici del personale ATA – sappiamo che si tratta di una nota – è un altro fulgido esempio di atti ministeriali che ignorano consapevolmente le procedure e le norme. In quella nota si forniscono istruzioni su come realizzare i tagli che sono stati predisposti dalla legge di stabilità, senza attendere quello che dovrebbe essere un necessario percorso informativo e di confronto con le organizzazioni sindacali, come se i tagli (sono ben 2.020 in legge di stabilità) e le ricadute di questi tagli sul personale ATA fossero un mero elemento tecnico e burocratico e non invece una pesantissima ragione di inagibilità nelle scuole. Davvero non c’è alcuna seria riflessione da fare in merito ad una situazione che è già gravemente compromessa nella scuola, a causa di organici che, già prima di questa legge di stabilità, erano insufficienti a garantire i bisogni basilari di controllo, di funzionalità, di efficienza, e che con i nuovi parametri rischia di negare anche il minimo funzionamento delle scuole e la minima apertura delle scuole all'avvio dell'anno scolastico. Si risparmia non su spese accessorie, ma su un punto di riferimento irrinunciabile; e questo accade mentre la riforma, peraltro, continua ad ignorare la sola esistenza del personale ATA.
  E ad essere puntualmente ignorate da questo Ministero, come ha raccontato la nostra interpellanza stamattina, sono le norme vigenti, a cominciare da quella del contratto collettivo nazionale di lavoro e da tutte quelle materie contrattuali e sindacali che la riforma vorrebbe finalmente scavalcare – anche quelle un intralcio, perché tutto quello che ha a che fare con tutele, con diritti, con dignità della professionalità, suscita fastidio –, ma con cui bisogna ancora rigorosamente fare i conti, perché questa riforma non è stata approvata ed è ancora oggetto di discussione e di – ci auguriamo – possibili modifiche.
  In realtà, c’è una dialettica democratica, sottosegretario, che prevede una serie di cose: prevede che il Governo porti in Parlamento le sue proposte di riforma sulla scuola, che il Parlamento, senza ingerenze da parte del Governo, discuta e modifichi quelle ipotesi, e che questo mondo reale possa ricorrere ad ogni forma di lotta, dallo sciopero al blocco degli scrutinii per affermare dignità e diritti che sono indisponibili. Peraltro, non sono servite neanche le parole un po’ avventate del Presidente dell'Autorità di garanzia degli scioperi, che si era espresso addirittura su una possibile precettazione.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  ANNALISA PANNARALE. Vado a concludere, Presidente.
  Insomma, sono troppi gli atti oltraggiosi nei confronti della scuola pubblica. State progressivamente smantellando un po’ tutto: il welfare, il diritto del lavoro, l'ambiente, la salute dei nostri territori, le politiche industriali. Quando avrete finito di smontare tutti i pezzi del sistema Paese, vi ritroverete, sostanzialmente, al governo di un simulacro.
  C’è un Paese reale, però, che è un po’ più avanti, che si sta occupando in questo momento della classe dirigente e del futuro di questo Paese, con questo Paese reale bisogna fare i conti e sarebbe già un passo avanti se cominciaste con il rispetto della Carta costituzionale e con una condotta istituzionale un po’ più rigorosa.

  PRESIDENTE. Grazie, vicepresidente Pannarale. Due parole di risposta, in quanto lei ha sollevato una questione: con la premessa che il Governo ha facoltà di delegare qualsiasi proprio rappresentante in Aula a rappresentare, appunto, la sua collegialità, e con l'altra premessa che la presenza incolpevole del sottosegretario, Pag. 27ancorché non specificatamente al dicastero interessato, è comunque da ringraziare ed è lodevole, io comunque mi farò carico personalmente di manifestare presso il Ministero per i rapporti con il Parlamento il disagio e la protesta che ella ha espresso in questa sede.

(Iniziative volte a fornire una corretta informazione scientifica in relazione all'emergenza fitosanitaria provocata dal batterio Xylella fastidiosa, con particolare riguardo alla sicurezza alimentare dei prodotti agricoli – n. 2-01000)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente L'Abbate ed altri n. 2-01000, concernente iniziative volte a fornire una corretta informazione scientifica in relazione all'emergenza fitosanitaria provocata dal batterio Xylella fastidiosa, con particolare riguardo alla sicurezza alimentare dei prodotti agricoli (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole L'Abbate se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Grazie, Presidente. Sono ormai noti a tutti i danni incalcolabili per i florovivaisti salentini colpiti dall'embargo e per gli agricoltori che hanno dovuto assistere al crollo della produzione olivicola, nonché al disseccamento rapido di innumerevoli olivi nei propri campi.
  Si sta assistendo ad una vera e propria «psicosi da Xylella», probabilmente dovuta a disinformazione, mancata chiarezza delle notizie e strumentalizzazione politica. Si è proceduto all'equiparazione tra embargo delle importazioni di materiale vegetale, quindi delle piante, con l'embargo dei prodotti agricoli.
  Molte imprese esportatrici di prodotti ortofrutticoli, infatti, lamentano la richiesta di informazioni chiare da parte dei loro clienti a cui non riescono a fornire una risposta univoca e definitiva sulla sicurezza della propria merce.
  Come esplicitato dal presidente del Consorzio nazionale degli olivicoltori, Gennaro Sicolo, in una nota inviata in data 19 maggio 2015 ai Ministri dell'agricoltura e della salute, e al Presidente del Consiglio dei ministri, una cooperativa aderente al Consorzio nazionale degli olivicoltori ha ricevuto richieste da clienti giapponesi di avere rassicurazioni circa l'assenza del batterio nelle partite di olio extravergine di oliva esportate in quel Paese.
  Questi episodi rischiano di creare turbative, di provocare la contrazione dei flussi di esportazione dei migliori prodotti ortofrutticoli e olivicoli italiani a vantaggio dei concorrenti e, ove non adeguatamente affrontati, potrebbero innescare dei comportamenti opportunistici e speculativi, arrivando ad alimentare anche delle potenziali guerre commerciali.
  Con questa interpellanza, quindi, chiediamo ai Ministri se non sia opportuno diramare un documento scientifico in cui si attesti e dimostri che il batterio da quarantena Xylella fastidiosa non intacca i prodotti agricoli finali, in special modo l'olio di oliva e l'olio extravergine di oliva.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. La Xylella fastidiosa è un batterio gram-negativo di origine americana, iscritto nella lista Al dei patogeni da quarantena dell'Organizzazione europea e mediterranea della protezione delle piante, le cui segnalazioni pregresse in Europa e nel bacino del Mediterraneo in ospiti diversi dall'olivo non avevano trovato fino ad ora conferma. Nel 2013 il suo ritrovamento, in un'ampia area del Salento, su olivi colpiti da una malattia sinora sconosciuta, il «Complesso del disseccamento rapido dell'olivo (CoDiRO)», ha causato una vera e propria emergenza fitosanitaria.
  Su questa malattia si sono indirizzate ricerche volte ad accertare la via di ingresso del batterio, nonché la sua patogenicità Pag. 28ed epidemiologia, soprattutto in funzione della messa a punto di strategie ed azioni di lotta e/o di contenimento della sua diffusione.
  L'unica segnalazione nota di infezione di Xylella su olivo era stata riscontrata in California ed attribuita a Xylella fastidiosa multiplex, diversa da quella a cui appartiene il ceppo CoDiRO, che rientra nella specie pauca, diffusa soprattutto in America centro-meridionale.
  A differenza di quanto osservato sperimentalmente in California, dove i saggi di patogenicità della Xylella su olivo non hanno pienamente dimostrato l'induzione dei sintomi, negli olivi salentini e nelle altre specie suscettibili sinora individuate, il batterio sembra ricoprire un ruolo importante nei gravi fenomeni di deperimento e disseccamento osservabili sulla maggior parte degli ospiti infetti.
  La trasmissione mediata da insetti vettori è la via di diffusione di questo batterio: lo studio della popolazione di candidati vettori nell'area salentina interessata dalla diffusione dall'epidemia ha evidenziato imponenti popolazioni della specie «sputacchina» contaminate in elevata percentuale da Xylella e in grado di trasmettere il patogeno a semenzali di pervinca.
  Questo insetto, frequente negli ecosistemi agrari e naturali, non è generalmente considerato dannoso, ma dai dati sinora acquisiti sembra ricoprire un ruolo chiave nella diffusione dell'epidemia di Xylella che sta interessando il Salento e che, recentemente (nell'estate 2014), ha visto un rapido e preoccupante incremento di nuovi focolai di infezione.
  Non è trascurabile, inoltre, l'identificazione delle piante ospiti suscettibili al ceppo CoDiRO.
  Contrariamente alle aspettative, dai monitoraggi effettuati sulla flora spontanea degli oliveti interessati dall'epidemia, nessuna specie delle oltre 100 analizzate è risultata infetta, tranne pochi esemplari di Vinca minor. Tra le specie arboree, oltre all'olivo, sono risultati sintomatici ed infetti il mandorlo ed il ciliegio, pur se in percentuale non elevata, e alcuni ospiti arbustivi, che potrebbero rivelarsi importanti ospiti alternativi.
  Al momento attuale – e rispondo ad una delle domande – non risulta che la presenza di Xylella fastidiosa sia mai stata evidenziata nei frutti di nessun olivo contaminato da questo microrganismo.
  Infatti, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), nel parere scientifico del gennaio 2015, il quale ha avuto ampia diffusione ed è alla base delle decisioni europee in materia, ha chiarito che la trasmissione del batterio Xylella fastidiosa avviene attraverso gli insetti, sottolineando specificamente che è scientificamente provato che i semi ed i frutti sono esenti dal trasmettere il batterio; il parere è pubblicato sul giornale dell'Agenzia europea e chiunque interpelli quel sito può facilmente consultarlo. La pianta di ulivo colpita da tale batterio subisce un processo di rapido disseccamento, che inibisce la produzione o la maturazione dei frutti, che quindi non avrebbero le caratteristiche per essere utilizzate, per la produzione di olio.
  Si sottolinea altresì che il provvedimento di eradicazione ed abbattimento delle piante di ulivo, deciso dalla Commissione Europea, garantirebbe che eventuali olive ancora presenti sulla pianta infettata non potrebbero, in ogni caso, essere utilizzate per la produzione di olio.
  Questo Ministero della salute assicura la piena disponibilità ad intraprendere azioni tese ad una rapida e capillare circolazione delle informazioni in materia, attraverso una più forte attività di sinergia tra i vari Ministeri e anche degli altri enti coinvolti. Ciò potrà consentire di assumere le iniziative più opportune per delimitare e definire i vari aspetti di una problematica che oggi appare ancora molto complessa.
  Da ultimo, segnalo che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha costituito un comitato tecnico-scientifico, composto da esperti delle principali istituzioni scientifiche nazionali ed Pag. 29internazionali, per approfondire tutti gli aspetti della problematica di Xylella fastidiosa.
  Sul fronte della ricerca scientifica, invece, ricercatori italiani hanno isolato in coltura pura il batterio e caratterizzato l'intero genoma, identificando la posizione filogenetica del ceppo. La conoscenza del ciclo vitale del vettore, inoltre, ha permesso di definire un piano di interventi per l'efficace abbattimento della popolazione degli insetti.

  PRESIDENTE. L'onorevole L'Abbate ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario ma non posso essere soddisfatto della risposta. Qui si tratta di una vera e propria guerra commerciale, qui si rischiano danni incalcolabili perché, per colpa della confusione creata da questo Governo nella cattiva gestione di questa emergenza, tutti i Paesi nostri competitori dal punto di vista agroalimentare stanno cercando di cavalcare quest'onda per mettere in ginocchio i nostri produttori.
  Quello che è accaduto in Giappone, ed è uno dei tantissimi episodi perché ci contattano tantissimi esportatori italiani, è un fatto gravissimo. È qui che si dovrebbe vedere l'Unione europea: parlate ogni giorno di Unione europea. Ma quale Unione europea ? Allora, si deve diffondere un documento; certo, lo sanno anche i bambini che il batterio Xylella non intacca affatto i prodotti; certo che si sa, ma lo devono sapere tutti i commercianti dei 28 Paesi.
  L'agricoltura subisce già dei danni incalcolabili a causa delle scelte di questa Unione europea scellerata, con i vari accordi tra UE e Marocco che distruggono i nostri produttori o anche la scelta di introdurre delle sanzioni alla Russia che poi ha portato all'embargo di prodotti. Chi ha pagato ? Sempre e solo gli agricoltori e i produttori italiani.
  Adesso, vi è questa grande confusione dovuta proprio al Governo – signor sottosegretario, mi dispiace sia venuto lei a rispondere e non il Ministro dell'agricoltura o dello sviluppo economico, perché forse la mia interpellanza riguarda più questi due Ministeri –, e quel comitato tecnico-scientifico non si riunisce dal novembre 2014, per una delle crisi più gravi che ha colpito il nostro Paese e la nostra Italia.
  Parliamo di una produzione per cui il 35 per cento di olio italiano viene dalla Puglia: quindi, stiamo parlando di un potenziale di danni economici incalcolabili. Il 10 per cento dell'olio mondiale è quello proveniente dalla Puglia: queste sono le cifre, questi i numeri.
  Adesso c’è la volontà del Ministero di diramare un documento e qui bisogna utilizzare tutti gli enti e tutti gli strumenti per poter dare ai nostri esportatori e ai nostri produttori la possibilità di controbattere a queste infamie che sono messe in campo.
  È ovvio che adesso i Paesi nostri competitori cercano di cavalcare l'onda e mandano indietro partite di uva da tavola, perché questo è quanto sta accadendo. Chiedono ai produttori di uva da tavola delle certezze sul prodotto che non ci sia il batterio all'interno dell'uva da tavola o sul materiale vegetale che viaggia poi insieme all'uva, quindi sulle foglie vicino ai vari grappoli.
  Allora, bisogna dare degli strumenti per poter rispondere. L'Unione europea dovrebbe servire a questo, a tutelare i produttori e i commercianti dell'Unione stessa. L'Unione europea nasce per questo: in caso di shock economici mondiali ci si rifugia in un mercato interno, un mercato europeo, un mercato interno che deve funzionare e non che deve distruggere i mercati dei Paesi interni all'Unione europea.
  Quindi, questa cattiva gestione dell'emergenza Xylella, del Codiro in Salento ha messo in difficoltà tutti i componenti: i florovivaisti, che per colpa dei vari embarghi si trovano adesso in enorme difficoltà e non possono più movimentare piante; gli agricoltori, che stanno perdendo i loro ulivi e adesso perderanno anche Pag. 30parte di esportazione dei propri prodotti; la ricerca, i ricercatori. Avete fatto fare una pessima figura a livello mondiale ai nostri ricercatori. I ricercatori dell'università di Bari, i ricercatori dell'università di Foggia, hanno fatto una pessima figura perché questa ricerca in Italia non si sa mai come funziona, va sempre ad alcune persone, le solite persone e si tagliano fuori altri. Adesso arriva anche questo danno commerciale enorme, e il Governo che fa ? Ancora nulla. Non si fa mai nulla in questo Paese, devono essere purtroppo i privati, quindi i commercianti stessi, a doversi difendere da soli perché lo Stato non dà loro nessun aiuto.
  Quindi, a cosa serve uno Stato che non aiuta i propri cittadini ? Siamo stufi di uno Stato che è solo servo dei voleri di Bruxelles, dei voleri dei mercati e dei voleri delle banche, perché quando loro vi scrivono, subito rispondente; quando chiede aiuto un cittadino, non risponde mai nessuno.

(Interventi per la tutela della salute della donna e del bambino in relazione ai fattori di rischio legati all'inquinamento ambientale e iniziative per l'istituzione del registro nazionale dell'endometriosi – n. 2-01007)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Labriola ed altri n. 2-01007, concernente interventi per la tutela della salute della donna e del bambino in relazione ai fattori di rischio legati all'inquinamento ambientale e iniziative per l'istituzione del registro nazionale dell'endometriosi (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Labriola se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  VINCENZA LABRIOLA. Signor Presidente, premetto che la correlazione tra inquinamento ambientale e le relative ricadute avverse sulla salute umana è scientificamente accertata. Si deve, tuttavia, segnalare che nel nostro Paese la cultura, in particolare quella dei medici, in tema di ambiente e salute è spesso correlata più a un interesse individuale di approfondimento o alla passione civile che a uno specifico piano formativo.
  La stessa legge n. 833 del 1978 conteneva tra le proprie finalità la promozione e la salvaguardia della salubrità e dell'igiene dell'ambiente naturale attraverso l'identificazione e la successiva eliminazione delle cause inquinanti.
  Evidenze scientifiche crescenti mostrano che all'esposizione a inquinanti presenti nell'ambiente di vita si possono attribuire quote non trascurabili della morbosità e mortalità per neoplasie, malattie cardiovascolari e respiratorie.
  Nel 1991 un gruppo di scienziati alla sessione di lavoro del Wingspread su «endocrine-disrupting chemicals» concluse che molti composti chimici introdotti nell'ambiente dalle attività umane sono capaci di «disrupting endocrine system of animals, including fish, wildlife, and humans.». L'interferenza endocrina può, dunque, causare gravi danni per il ruolo chiave che gli ormoni giocano sugli organismi viventi, con particolare preoccupazione per il loro potenziale ruolo in tutta l'endocrinologia ginecologica, come la policistosi ovarica, l'aumento della pubertà femminile precoce, obesità, diabete tipo 2, endometriosi, tumori della mammella e dell'endometrio.
  L'esposizione della popolazione è tipicamente dovuta alla contaminazione della catena alimentare, all'inalazione di fumi, all'esposizione professionale. Gli EDC includono pesticidi ed erbicidi, elasticizzanti della plastica come il bisfenolo A o componenti della dieta come i fitoestrogeni.
  La diffusione di tali sostanze è angosciante se pensiamo che il bisfenolo A si trova nelle plastiche policarbonate, nelle resine che rivestono le lattine per cibo e bevande, nell'inchiostro della carta termica e in altri oggetti di uso comune.
  Le diossine, i furani e i PCB sono un gruppo di sostanze chimiche tossiche e persistenti che hanno effetti negativi sulla salute umana, provocando dermotossicità, immunotossicità, disturbi della funzionalità Pag. 31riproduttiva, teratogenicità, alterazioni del sistema endocrino ed effetti cancerogeni.
  Le diossine, in particolare, a causa della loro diffusa presenza nell'ambiente, persistenza e liposolubilità, tendono, nel tempo, a essere immagazzinate negli organismi viventi, si accumulano, cioè, nei tessuti e negli organi dell'uomo e degli animali. Inoltre, salendo nella catena alimentare, la concentrazione di tali sostanze può aumentare biomagnificamente, giungendo ad esporre a rischio maggiore il vertice di detta catena, cioè gli esseri umani.
  Oltre che agire come interferenti endocrini, gli EDC hanno effetti importanti sui processi di sviluppo cerebrale, influenzando la morfologia dei circuiti differenti nei due sessi. Infine, possono intervenire anche nelle risposte tardive agli ormoni, come si può ipotizzare accada per l'endometriosi. Naturalmente, l'esposizione è più pericolosa se avviene durante i periodi critici da un punto di vista ormonale, come quello intrauterino, per esempio, quando, cioè, piccole quantità, inferiori a quelle massime tollerate nell'adulto, determinano grandi effetti, o durante il periodo puberale.
  Ci sono zone nel nostre Paese dove la popolazione vive inalando queste sostanze in maniera continuativa, per tutto il giorno e per 365 giorni l'anno. Si tratta – ma non solo – delle aree in attesa di bonifiche, individuate con la sigla SIN; sono in tutto 57 – e sono scese a 39 solo grazie alla loro derubricazione da nazionali a regionali – e ricoprono il 3 per cento del territorio nazionale, circa 180.000 ettari di superficie, dove la forte concentrazione di inquinanti nell'ambiente provoca evidenti ed ormai scientificamente accertati danni alla salute umana.
  In alcuni dei SIN i livelli di inquinamento ambientale hanno assunto, dopo il 2011, livelli di criticità correlati ad indici di mortalità e di morbosità allarmanti, tali da richiedere un tempestivo aggiornamento dello studio Sentieri. È il caso del SIN di Taranto, il cui decreto di perimetrazione elenca: raffineria, impianto siderurgico, area portuale e discariche di RSU, con siti abusivi di rifiuti.
  Nell'ottobre 2012 è partito l'aggiornamento dello studio Sentieri intitolato: «Ambiente e salute a Taranto: studi epidemiologici e indicazioni di sanità». L'aggiornamento dei dati di mortalità del progetto Sentieri 2003-2009 ha concluso che «l'analisi dei trend temporali della mortalità (1980-2008) e l'analisi dell'incidenza oncologica hanno confermato un quadro sanitario compromesso per i residenti nel SIN di Taranto e, tra questi, in particolare per i bambini».
  In questo quadro è ovvio come un ruolo importantissimo sia giocato dalla prevenzione, primaria e secondaria, la cui realizzazione deve passare necessariamente attraverso una puntuale analisi epidemiologica e prospettica, finalizzata alla tutela della salute della donna e del bambino e a un più razionale impiego di risorse economico-finanziarie da parte delle istituzioni centrali e territoriali preposte.
  Alla luce delle recenti evidenze medico-scientifiche, la tutela della salute della donna e del bambino assume una rilevanza particolare, proprio in quelle zone dove il rischio ambientale ha assunto livelli drammatici. La regione Puglia, infatti, nell'ambito del piano straordinario «Salute ambiente per Taranto», allegato 1 alla deliberazione della giunta regionale n. 1980 del 12 ottobre 2012, ha previsto una specifica linea di attività dedicata alla valutazione degli eventuali effetti nella popolazione infantile all'esposizione degli inquinanti ambientali, con particolare riferimento alle malformazioni congenite, in quanto queste ultime sono state ritenute responsabili di circa il 25 per cento della natimortalità e del 45 per cento della mortalità perinatale.
  Con deliberazione della giunta regionale del 23 luglio 2013, n. 1409, sono state disposte la costituzione e l'avvio dell'operatività del registro delle malformazioni congenite della regione Puglia, già previsto, in verità, dalla legge regionale 15 luglio 2011, n. 16. Risulta all'onorevole interpellante, Pag. 32tuttavia, che il registro delle malformazioni congenite della regione Puglia abbia avviato la sua operatività solo il 1o gennaio 2015.
  Ad oggi, nonostante il tempo trascorso, l'impiego e la liquidazione di 100 mila euro in favore dell'azienda ospedaliero-universitaria consorziale Policlinico di Bari, a copertura delle spese per l'attivazione del centro di coordinamento (hub), con sede presso l'unità operativa complessa di neonatologia e terapia intensiva neonatale, la raccolta dei dati provenienti dai centri di rilevazione (spoke), attivati presso ciascun punto nascita e ciascun centro IG, è assolutamente parziale e, secondo il referente medico del registro, solo a fine anno sarà possibile avere un dato preliminare ma non significativo, dal momento che dovrà essere confrontato con quelli che saranno raccolti negli anni successivi. L'operatività del registro sembra avere scontato, sempre secondo le notizie giunte, alcune lentezze burocratiche che avrebbero condotto all'individuazione, tramite procedura di selezione, del soggetto addetto alla rilevazione, codifica e archiviazione dei dati solo nel corrente mese di maggio 2015.
  Sembra trovarsi in un'analoga situazione l'attuazione della legge regionale 8 ottobre 2014, n. 40, recante «Disposizioni per la tutela della salute della donna», la quale prevede, in particolare, l'istituzione dell'osservatorio regionale sull'endometriosi e del registro regionale dell'endometriosi.
  Ad oggi, nonostante siano ampiamente scaduti i termini di legge, dell'attivazione di questi due importanti strumenti per la prevenzione e la diagnosi precoce di questa patologia cronica ed invalidante, che colpisce – ricordiamo – tre milioni di donne in Italia, il 10-15 per cento delle donne in età riproduttiva, non se ne sa ancora nulla. Solo a Taranto, secondo il dottor Emilio Stola, direttore della struttura complessa di ginecologia del «Santissima Annunziata» del capoluogo ionico, si riscontra una potenziale incidenza della malattia del 10 per cento: dunque, circa 15 mila donne, tra i 15 e i 45 anni, potrebbero verosimilmente essere affette da questa patologia, la cui incidenza sulla popolazione è, come già detto, altamente correlata all'esposizione della popolazione stessa a sostanze inquinanti.
  La citata legge regionale prevede, altresì, uno stanziamento per il 2014 di 50 mila euro, finalizzato alla copertura delle spese per campagne informative e di sensibilizzazione in materia di endometriosi, mentre per l'anno in corso non risultano individuate ulteriori e specifiche risorse finanziarie. Pur essendo l'endometriosi una malattia diffusa, essa è ancora poco conosciuta: basti pensare che una prima diagnosi arriva, in media, 7-8 anni dopo i primi segnali. Occorre, dunque, potenziare la ricerca su questa patologia, anche al fine di migliorare la tempestività e la qualità delle cure.
  Come ribadito anche in occasione del semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea, il Governo reputa fondamentale la tutela della salute femminile nelle diverse fasi della vita e, dunque, anche la tutela della salute del bambino. Nonostante i ripetuti annunci, non esiste ancora in Italia un registro nazionale dell'endometriosi, mentre per quanto riguarda le malformazioni congenite esso è stato individuato nel registro nazionale delle malattie rare.
  Dunque, vogliamo sapere dal Governo quali tempestive iniziative intenda assumere, al fine di tutelare il diritto alla salute, all'assistenza e alle cure costituzionalmente garantito, con particolare riguardo alla salute della donna e del bambino, attraverso la prevenzione e la diagnosi precoce in relazione alla cura delle patologie sopra descritte, promuovendo, altresì, l'istituzione del registro nazionale dell'endometriosi e un'azione sinergica tra lo Stato e le regioni, che si basi sull'effettiva attuazione dei registri regionali e il coordinamento della loro azione con quello nazionale, anche nell'ottica di un uso efficace delle risorse all'uopo stanziate.

Pag. 33

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Presidente, onorevole Labriola, con riguardo alle questioni che sono state sottoposte con l'atto ispettivo in esame, si osserva quanto segue. Per quanto attiene la prevenzione primaria delle malformazioni congenite, si precisa che questa rappresenta oggettivamente una priorità per la sanità pubblica e le azioni di prevenzione vanno effettuate sia nel periodo preconcezionale sia in quello peri-concezionale, attraverso misure di sanità pubblica volte ad evitare e minimizzare l'esposizione ad agenti teratogeni e genotossici (quali farmaci, agenti infettivi, xenobiotici ambientali e anche agenti di tipo occupazionale) e a promuovere, nelle donne in età fertile, stili di vita sani, con particolare riferimento all'eliminazione dell'alcol, del fumo di sigaretta ed alla promozione di un'alimentazione sempre più equilibrata e corretta.
  A questo proposito, tra le tante iniziative che proverò a sintetizzare, in una stretta collaborazione con il Centro nazionale malattie rare dell'Istituto superiore di sanità, un'ultima iniziativa è stata promossa per la diffusione delle recenti Raccomandazioni europee sulla prevenzione primaria delle malformazioni congenite, attraverso l'organizzazione di uno specifico workshop dal titolo «Prevenire le malformazioni congenite: dalle Raccomandazioni europee alle azioni nazionali», che si è svolto proprio il 16 marzo scorso a Roma presso il Ministero della salute.
  La sorveglianza delle malformazioni congenite è una priorità, come dicevo, sia in considerazione dei dati di prevalenza, che si stima compresa tra il 3 e 5 per cento dei concepiti, sia per le ricadute rilevanti che le malformazioni congenite hanno in campo sanitario e sociale. In effetti, i registri delle malformazioni congenite sarebbero in grado di garantire la registrazione continua di patologie malformative in una data regione geografica, con l'obiettivo generale di migliorare sia le conoscenze su queste patologie sia le iniziative che sono conseguenti a queste informazioni.
  L'attività dei registri permette la conoscenza della prevalenza, dell'incidenza e delle fluttuazioni, nello spazio e nel tempo, delle malformazioni congenite, e rende possibile, inoltre, la verifica dell'efficacia delle azioni di prevenzione mirate e delle scelte sanitarie che in quei territori sono state effettuate. Inoltre, i registri dislocati sul territorio assumono una rilevanza strategica in riferimento alla creazione di un sistema integrato di registrazione delle malformazioni congenite su base nazionale.
  La normativa di riferimento per la sorveglianza epidemiologica delle malformazioni congenite è, come è noto, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 luglio 1999: all'articolo 1, comma 4, viene espressamente specificato che «Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con il contributo dell'Osservatorio epidemiologico territoriale, attuano programmi di ricerca epidemiologica sulle malformazioni congenite, afferendo a specifici registri regionali, interregionali e delle province autonome; i relativi dati confluiscono in un registro nazionale sulle malformazioni congenite, che viene tenuto dall'Istituto superiore di sanità».
  Attualmente, in Italia, solo in alcune realtà territoriali, purtroppo, sono attivi e operativi i seguenti registri delle malformazioni congenite: vi è un registro Nord-Est Italia, che include nel proprio programma di sorveglianza le regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia e le province autonome di Trento e Bolzano; vi è un registro in Toscana, in Emilia-Romagna, in Campania e in Sicilia.
  In Lombardia esistono due distinte attività di sorveglianza delle malformazioni congenite; in altre regioni sono state avviate alcune esperienze pilota, per esempio in Piemonte, o esplorative, per esempio in Sardegna, per l'avvio di un sistema di sorveglianza delle malformazioni congenite. In Calabria esisteva già da diversi anni un'attività di rilevazione delle malformazioni Pag. 34congenite, però non a copertura regionale, presso l'Università di Catanzaro.
  Nel 2012, mediante un decreto del presidente della giunta regionale, specificamente il decreto n. 6396 del 10 maggio 2012, questa attività è stata ufficialmente formalizzata in quella regione. In Puglia risulta che sia stato istituito il registro delle malformazioni congenite mediante una deliberazione della giunta regionale n. 1409 del 23 luglio 2013, «Costituzione e avvio delle attività del registro delle malformazioni congenite della regione Puglia», l'atto citato dall'onorevole, che, dalle notizie che ascolto in diretta questa mattina, risulterebbe attivato soltanto dal 1o gennaio 2015.
  Per quanto riguarda, nello specifico, la regione Puglia, vorrei ricordare che, in base alla legge n. 6 del 2014, questa regione ha ricevuto, per l'anno 2014, un contributo statale di circa 8 milioni di euro, a cui si sono aggiunti altri 13 milioni di euro stanziati dalla stessa regione con le delibere nn. 1980 del 2012 e 2337 del 2013. Con questi fondi è stato costituito un Centro regionale ambiente e salute, che, tra l'altro, ha implementato attività di prevenzione primaria e secondaria in quella regione.
  Per quanto riguarda i progetti promossi e finanziati dal Ministero nell'ambito del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, lo studio SENTIERI, che è quello del 2009, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità, riguarda specificamente, come è stato ricordato, la sorveglianza epidemiologica delle popolazioni residenti proprio nei siti contaminati.
  Il progetto più recente «Valutazione del rischio riproduttivo in aree a forte pressione ambientale», dal nome RISCRIPRO–SENTIERI, per un importo di 280 mila euro, ha l'obiettivo generale di stimare il rischio di malformazioni congenite nelle aree dei siti di interesse nazionale per la bonifica, i cosiddetti SIN, studiati nel progetto SENTIERI, per rafforzare il sistema di sorveglianza e identificare le priorità per azioni di sanità pubblica.
  Uno degli obiettivi specifici di questo studio riguarda esattamente – cito – il «Rafforzamento della rete dei registri delle malattie rare e il potenziamento della collaborazione di soggetti diversi del sistema sanitario nazionale, regionale e locale, nel campo della salute riproduttiva per il trasferimento delle evidenze di rischio e di impatto in azioni, soprattutto, di prevenzione» Inoltre, attualmente è ancora in corso un altro progetto CCM dal titolo «Studi di biomonitoraggio e tossicità degli inquinanti presenti nel territorio di Taranto», per un importo di 450 mila euro, coordinato ancora una volta dall'Istituto superiore di sanità, che si concluderà nel marzo 2016, che ha come obiettivo generale la valutazione sia dell'esposizione di gruppi di popolazione residente in aree della città di Taranto prossime allo stabilimento ILVA, a confronto con aree non impattate dalle emissioni dello stabilimento ILVA stesso, sia del possibile impatto sulla salute proprio riproduttiva femminile e su funzioni cognitive in popolazioni specificamente pediatriche.
  In particolare, tale progetto, in uno degli obiettivi specifici, effettua una proprio stima del ruolo svolto dall'interazione tra esposizione a inquinanti ambientali, specificamente: diossine, policlorobifenili e idrocarburi policiclici aromatici, e caratteristiche genetiche relative ad enzimi coinvolti nella biotrasformazione degli stessi inquinanti sulla salute riproduttiva femminile, specificatamente nell'insorgenza di endometriosi.
  A questa patologia, l'endometriosi, si è fatto riferimento anche nel recentissimo Piano nazionale per la fertilità, presentato dal Ministro della salute il 27 maggio 2015.
  Riguardo, ed è il secondo quesito, all'istituzione del registro nazionale dell'endometriosi, segnalo che questa patologia è ricompresa, sicuramente, nell'ambito dei registri di rilevanza nazionale e regionale, di cui allo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo delle disposizioni di cui all'articolo 12, comma 11, del decreto-legge, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 Pag. 35dicembre 2012, n. 221, l'istituzione in materia di sistemi di sorveglianza e di registri.
  Il predetto schema di DPCM, predisposto dal Ministero per la salute, è stato già trasmesso, per la richiesta del previsto parere, essendo dati sensibili, all'Autorità garante per la protezione dei dati personali in data 26 settembre 2014. Appena avremo questo parere, procederà l'iter conclusivo per la definizione e, quindi, per l'istituzione, del registro nazionale, tra cui anche quello per la l'endometriosi.

  PRESIDENTE. L'onorevole Labriola ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  VINCENZA LABRIOLA. Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, inizio questa mia replica con la frase di rito, come si suol dire: non mi posso ritenere soddisfatta della risposta del Governo all'interpellanza urgente di cui sono prima firmataria, sia perché, come detto in precedenza, il numero dei SIN è sceso a 39 solo per la loro derubricazione da nazionale a regionale, sia perché la fabbrica che maggiormente crea inquinamento, morbosità e morte nella mia città rischia, notizia del giorno, di essere chiusa dopo la morte dell'operaio Alessandro Moricella, morte avvenuta a causa di un incidente sul posto di lavoro. La mia preoccupazione aumenta in quanto, ancora una volta, abbiamo assistito all'impotenza della politica di prendere decisioni. Decisione, invece, presa, dolorosa suppongo, dalla magistratura. Non mi posso ritenere soddisfatta, perché si vocifera sulla chiusura e non si parla di conversione. Continuiamo a parlare di morti e non di bonifiche, continuiamo a parlare di perdite di posti di lavoro, piuttosto che di diritti costituzionalmente garantiti. Di sicuro, non posso che plaudire all'attenzione che il Ministero ha, come riferito dal sottosegretario poco fa, nei riguardi di problematiche che l'interpellanza urgente ha messo in evidenza ovvero quelle relative alle ricadute avverse sulle salute riproduttiva femminile e sulla salute nei primi anni di vita del bambino, in correlazione all'esposizione diffusa agli inquinanti ambientali.
  In questa sede, come in altre analoghe, abbiamo sentito il Governo dare conto delle iniziative realizzate e di quelle in corso al riguardo. Tutto molto interessante e confortante, ma non è questo il tema centrale dell'atto di controllo di cui stiamo discutendo perché, altrimenti, verrebbe da chiedersi dove ci siano novità in quello che è segnalato al Governo con questa mia iniziativa. In maniera molto sintetica, dal momento che si tratta di un argomento conosciuto anche in queste Aule parlamentari, vorrei delineare il contesto nel quale si innesca la necessità, da me fortemente avvertita, di comprendere quale tipo di approccio venga utilizzato dal Governo in relazione alle tematiche evidenziate. Nell'area di Taranto, gli studi di monitoraggio ambientale mostrano una situazione di inquinamento ambientale diffuso, attribuito principalmente alle emissioni dello stabilimento siderurgico. Gli inquinanti di maggior rilievo, come lei ha prima enucleato, identificati nell'area tarantina, compongono composti come organoclorurati, policlorodibenzodiossine e policlorodibenzofurani, indicati nel complesso come diossine, come lei prima diceva, e policlorobifenili e metalli pesanti, capaci di accumularsi nella catena trofica, oltre ad idrocarburi policiclici aromatici e composti organici volatili, a cui la popolazione è esposta attraverso la via inalatoria.
  Questi dati mi fanno rabbrividire se penso che tanti cittadini come me di Taranto vivono inalando suddette sostanze in maniera continuativa, per tutto il giorno e per 365 giorni l'anno. Credo, in questo contesto, che il tema davvero importante sia quello della prevenzione ed ecco il perché dell'accento che pongo sulla necessità di portare piena operatività al registro malformazioni congenite e al registro delle endometriosi, con particolare riferimento alle aree come quella di Taranto dove si registrano elevati livelli di inquinamento ambientale. In questo quadro, è ovvio come un ruolo importantissimo, come ribadisco, sia giocato dalla prevenzione primaria e secondaria, la cui realizzazione deve necessariamente Pag. 36passare attraverso una puntuale analisi epidemiologica e prospettica, finalizzata alla tutela della salute e ad un più razionale impiego di risorse economico-finanziarie da parte delle istituzioni centrali e territoriali preposte. Purtroppo, devo sottolineare, invece, che la scarsa importanza che, a mio avviso, viene riservata al concetto di prevenzione, con particolare riguardo al tema che stiamo affrontando, è un atteggiamento che accomuna negativamente, sia il Governo centrale che, come delineato nell'interpellanza urgente in discussione, quelli regionali. Gli impegni precisi, corredati con tanto di provvedimenti legislativi e delibere di giunta approvati, sembrerebbero fugare questa mia preoccupazione. Eppure, quello che vediamo è che alle parole stentano a seguire i fatti. Per esempio, l'articolo 2, comma 6-bis, del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 marzo 2015, n. 20, prevede lo stanziamento di 0,5 milioni di euro per l'anno 2015 e di 4,5 milioni di euro per il 2016 in favore della regione Puglia, al fine di effettuare interventi per il potenziamento della prevenzione e della cura del settore dell'oncoematologia pediatrica nella provincia di Taranto. Come sono state impiegate effettivamente queste risorse ? E come sono state impiegate effettivamente le risorse regionali per i due registri, malformazioni congenite e endometriosi ? Inoltre, con la mozione n. 1-00766, a mia prima firma, accolta dal Governo senza riformulazione, l'Esecutivo si è impegnato, nel più ampio quadro della predisposizione di iniziative di rilancio del sistema economico e produttivo del Mezzogiorno e di incentivi allo sviluppo più completo delle potenzialità presenti nel territorio dell'area, a portare interventi finalizzati, altresì, a potenziare le strutture ospedaliere territoriali, che sono in deficit, colmando le insufficienze strutturali e, soprattutto, la carenza di tecnologie avanzate, nell'ottica di un ammodernamento della strumentistica medica e di uno sblocco del turnover del personale, con particolare attenzione per quelle zone in cui le evidenze epidemiologiche e scientifiche testimoniano un'elevata presenza di patologie oncologiche. Che seguito è stato dato a questo impegno accolto ?
  Da rinnovare, in ultimo, che non è un caso se in Puglia e a Taranto in particolare uomini e donne si ammalano di tumore. Non è perché fumano o perché bevono alcool più che nel resto d'Italia; come non sono un caso le problematiche riguardanti anche la fascia pediatrica 0-14 anni di età. A questo proposito, è stato osservato un eccesso di mortalità per tutte le cause di ospedalizzazione per le malattie respiratorie acute e un eccesso di incidenza per tutti i tumori: 54 per cento. Dati allarmanti.
  Nel corso del primo anno di vita è stato rilevato un eccesso di mortalità per tutte le cause del 20 per cento ascrivibile all'eccesso di mortalità per alcune condizioni morbose di origine perinatale, pari al 45 per cento. Mentre per questa stessa causa si osserva un eccesso di ospedalizzazione, per endometriosi si parla verosimilmente di 15 mila donne affette tra i 15 e i 45 anni. Questo è semplicemente e drammaticamente il risultato di una politica che ha ampiamente dimostrato, a mio parere, di non volersi assumere le proprie responsabilità. Sarebbe bello che oggi questa pagina venisse voltata e si cominciasse a ragionare e ad adoperarsi affinché gli impegni non rimangano lettera morta. Questo per il bene di cittadini, ma anche della politica stessa.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Brunetta n. 2-00988)

  PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente Brunetta n. 2-00988. Avverto che, su richiesta del presentatore e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente è rinviato ad altra seduta.

(Interpellanza urgente Pesco ed altri n. 2-01009)

  PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente Pesco ed altri n. 2-01009, rivolta al Ministero dell'economia e Pag. 37delle finanze. Constato, tuttavia, l'assenza del rappresentante del Governo competente a rispondere e del quale, secondo gli elementi raccolti dalla Presidenza, non è previsto neanche l'arrivo. La Presidenza non può che stigmatizzare fortemente il comportamento del Governo, considerato che, in base alla costante prassi interpretativa dell'articolo 138-bis, l'Esecutivo è tenuto a rispondere alle interpellanze urgenti nella seduta fissata per il loro svolgimento, a meno che non ne sia concordato il rinvio con il presentatore. Riferirò comunque dell'accaduto alla Presidente della Camera affinché prenda le opportune iniziative.

  DANIELE PESCO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DANIELE PESCO. Signor Presidente, sono fortemente indignato, oltre che essere allibito dal comportamento del Governo. Tra l'altro rientro proprio oggi da un periodo di sospensione di dodici giorni di sedute per aver gridato «Onestà !» in aula e questo è il ringraziamento: il Governo non viene nemmeno a rispondermi ad un'interpellanza molto importante che ha a che fare con il fisco italiano, con la macchina fiscale italiana.
  Ciò che sta succedendo all'Agenzia delle entrate di Napoli è un fatto molto grave che riguarda gli immobili dell'Agenzia delle entrate di Napoli. In pratica molti immobili dell'Agenzia delle entrate sono finiti in un fondo chiamato Fondo immobiliare pubblico, ma che di pubblico non ha nulla. Infatti, questo fondo ha raggruppato moltissimi immobili per un valore di 3 miliardi e 300 mila euro e ha venduto quote per un miliardo di euro. Quindi, sembra che nelle tasche dello Stato italiano sia andato soltanto un miliardo a fronte di 3 miliardi e 300 milioni di valore degli immobili. E questi immobili praticamente sono stati venduti con l'impegno a riaffittare gli stessi da parte del soggetto pubblico. Che cosa vuol dire ? Che per dieci anni abbiamo pagato lauti affitti a chi ha investito in questi immobili. E che cosa vuol dire ? Vuol dire che ci abbiamo rimesso un sacco di soldi.
  Ora, tra l'altro, a Napoli sono praticamente senza immobili. Non sanno dove mandare la gente e probabilmente, causando un disservizio pubblico, comprimeranno gli impiegati in immobili privati, anche questi immobili affittati, e chi ci guadagna qui ? Ci ha guadagnato sicuramente qualcuno, ma sicuramente non i cittadini, la macchina fiscale è veramente in crisi. Ripeto: è veramente in crisi.
  Questo Governo non sta facendo nulla per riuscire a migliorarla ed è successo in più anche lo scandalo legato alle nomine dei dirigenti che per anni hanno diretto l'Agenzia delle entrate senza aver vinto un concorso e quindi praticamente c’è stata una gestione illegittima dell'Agenzia delle entrate, e in più che cosa accade ? Il Governo su un'interpellanza del genere, così importante, considerando soprattutto che a Napoli ci sono state molte indagini a carico degli ex dirigenti regionali e per me il contenuto di questa interpellanza ha anche a che fare con quello, ebbene nessuno mi viene a rispondere ! Ma stiamo scherzando ? Ma stiamo scherzando, Presidente ? Veramente sono fortemente indignato, fortemente indignato ! E il Governo mi sentirà in quest'Aula, ma anche in Commissione.

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Pesco.
  Al di là della concomitanza del suo rientro oggi dopo la sospensione disciplinare, è evidente che io non posso farle discutere il merito dell'interpellanza, visto che l'interpellanza si farà in altra seduta. Pur tuttavia, prendo atto della sua indignazione, che peraltro è condivisa dalla Presidenza, nel senso che la Presidenza ha già stigmatizzato fortemente il comportamento del Governo in questa sede. Quindi, l'interpellanza si farà in altra seduta, pur tuttavia la Presidenza prenderà gli opportuni provvedimenti.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Sorial ed altri n. 2-01010)

  PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Sorial ed altri n. 2-01010 è rinviato ad altra seduta.Pag. 38
  È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Annunzio delle dimissioni di un Viceministro.

  PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 18 giugno 2015, la seguente lettera:
  «Onorevole Presidente,
   informo la SV che il Presidente della Repubblica, con proprio decreto, in data odierna, adottato su mia proposta, ha accettato le dimissioni dalla carica di Viceministro e di sottosegretario al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale rassegnate dall'onorevole dottor Lapo Pistelli.
Firmato: Matteo Renzi».

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 22 giugno 2015, alle 14:

  1. – Discussione sulle linee generali della proposta di legge:
   COSTA: Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, al codice penale, al codice di procedura penale, al codice di procedura civile e al codice civile in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante nonché di segreto professionale. Ulteriori disposizioni a tutela del soggetto diffamato (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato) (C. 925-C).
  — Relatore: Verini.

  2. – Discussione sulle linee generali delle mozioni Lorefice ed altri n. 1-00898 e Scotto ed altri n. 1-00888 concernenti la permanenza in carica del sottosegretario di Stato Giuseppe Castiglione.

  3. – Discussione sulle linee generali delle mozioni Rampelli ed altri n. 1-00591, Brunetta e Giammanco n. 1-00901 e Grande ed altri n. 1-00913 concernenti iniziative volte alla revoca delle sanzioni dell'Unione europea contro la Federazione russa e al raggiungimento di una soluzione politico-diplomatica della crisi ucraina.

  4. – Discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare:
   DURANTI ed altri; LOREFICE ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato in missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti di deposito di munizioni, in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno e da somministrazione di vaccini, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico e a eventuali interazioni (Doc. XXII, nn. 9-39-A).
  — Relatore: Migliore.

  La seduta termina alle 12,20.