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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 504 di venerdì 16 ottobre 2015

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 9,30.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 14 ottobre 2015.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Capelli, Fico, Garofani, Giancarlo Giorgetti, Manciulli, Marazziti, Piccoli Nardelli, Pisicchio e Realacci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,35).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in merito all'esercitazione militare della Nato Trident Juncture 2015 e iniziative per evitare danni al patrimonio ambientale e culturale della Sardegna – n. 2-01116)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente Pili e Pisicchio n. 2-01116, concernente chiarimenti in merito all'esercitazione militare della NATO Trident Juncture 2015 e iniziative per evitare danni al patrimonio ambientale e culturale della Sardegna (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Pili, che vedo già pronto, di illustrare la sua interpellanza.

  MAURO PILI. Signor Presidente, questa non vuole essere un'ordinaria interpellanza, perché le questioni poste ci inducono ad alcune riflessioni fondamentali, non soltanto limitate a questo evento militare. Questa interpellanza vuole essere qualcosa di più. Vuole porre al Governo alcune questioni dirimenti, sostanziali.
  La prima è eloquente: in questo Paese contano di più gli armieri, le industrie delle armi o contano il cittadino e il Parlamento ? Questa domanda è quella che soprintende tutto il ragionamento che cercherò di svolgere in questa prima parte dell'illustrazione dell'interpellanza.
  Questo Parlamento ha un valore ? Quello che decidono il Parlamento, la Camera e le Commissioni ha un valore o è un orpello della democrazia, perché, poi, le industrie delle armi, attraverso i generali e attraverso enclave dentro lo Stato, fanno quello che vogliono ? Questo è uno scenario dove le industrie miliardarie delle Pag. 2armi comandano e fanno continuare un'azione dello Stato che vede la Sardegna come una colonia, dove si può fare di tutto e di più impunemente, da molti anni, da molti decenni, senza che nessuno dica niente.
  Siamo in uno Stato di diritto, dove sostanzialmente le norme sovrintendono anche alla tutela del paesaggio, dell'ambiente, o si è liberi, anche in enclave dello Stato, di utilizzare porzioni straordinarie del territorio per fare tutto ciò che si vuole, compresa la devastazione ambientale ? È subentrato, forse, il governo delle armi, degli armieri ? Forse non esiste più il Ministero dei beni culturali ? Forse non esiste più il Ministero dell'ambiente ?
  Del resto, con gli ultimi golpe fatti in quest'aula, che hanno totalmente delegittimato il Ministero dell'ambiente, anche sulla questione delle aree militari in Italia, credo che siamo di fronte ad un episodio di questa natura, cioè il governo delle armi.
  Il codice penale è in vigore ? Perché ci sono articoli del codice penale che sono totalmente violati, la cui rappresentazione non è soltanto fisica di quello che si vede, ma è anche negli atti delle procure e nelle stesse dichiarazioni che i massimi vertici militari hanno dichiarato, e cioè che in alcune aree della Sardegna vi è una violenza ambientale, un inquinamento, che riguarda non soltanto agenti banali dell'inquinamento atmosferico, ma molto di più, persino agenti radioattivi !
  È possibile, nello scenario internazionale, nell'evoluzione anche delle armi, che la Sardegna possa essere gravata, ormai dopo oltre cinquant'anni, sulle stesse porzioni di territorio, così come avveniva all'inizio degli anni Settanta ? Non è, forse, cambiata la tipologia delle armi, tale da poter indurre a modificare – anzi limitare, anzi ridurre, anzi cancellare ! – le basi militari che stanno occupando impunemente la Sardegna ?
  Questi quesiti sovrintendono ad un ragionamento che coincide con quello che sta avvenendo in questi giorni, che il Governo italiano non solo non si è posto il problema di arginare, ma ne è stato anche artefice, con i suoi vertici militari e con lo stesso Ministro della difesa, che ne è stato compiacente e assolutamente protagonista.
  Cosa si svolgerà in Sardegna, così come in altri Paesi dell'area mediterranea ?
  Quella che oggi il rappresentante del Governo dirà essere un'esercitazione fondamentale per prepararci a qualsiasi tipo di evenienza nei confronti dei Paesi delle aree di crisi internazionale: è falso. Non si sta assolutamente preparando, né lo Stato italiano né tantomeno questi Paesi, per svolgere un tipo di tutela, anzi di prevenzione, sul piano della guerra.
  Lo dico io che non è così ? No, lo dice il comunicato ufficiale nientepopodimeno che della NATO, che con la prosopopea, con l'arroganza e la tracotanza che la contraddistingue, dice che, in base all'esercitazione 2015 Trident «si dimostrerà un nuovo aumento del livello di ambizione della NATO nella guerra moderna e mostrerà un'alleanza equipaggiata, con la capacità di affrontare le sfide di sicurezza presenti e future». Ovvero, mentre a Milano, a febbraio prossimo, si celebrerà la borsa internazionale del turismo, in Sardegna e nelle aree del Mediterraneo si celebrerà la borsa internazionale delle armi, cioè una grande fiera in cui si mostreranno tutti gli armamenti, quelli più moderni, quelli più evoluti, ma anche quelli più distruttivi. E come terra per dimostrare, per far comprendere quanto l'evoluzione delle armi sia intransigente si sceglie la Sardegna ! E si scelgono quelle aree, quelle porzioni di territorio sardo che sono state abbondantemente violentate, devastate da operazioni di aria, terra e mare. Nei poligoni, nelle basi militari della Sardegna non si è risparmiato niente, dal mare, dalla terra e dall'aria.
  Siamo di fronte a una scelta che è in contrasto con tutto quello che qualsiasi cittadino di buon senso sta vedendo. Arrivano in Italia e in Europa migliaia e migliaia di immigrati e di profughi. Tra quelli – dice il Ministro degli esteri Gentiloni – si stanno annidando anche possibili Pag. 3terroristi. Ebbene, noi ci prepariamo con ingenti armi nel Mediterraneo, con navi, portaerei, aerei, carri armati e poi facciamo entrare nel nostro Paese, senza alcun tipo di controllo, quelli che possono essere potenziali kamikaze. Noi ci attrezziamo a combattere le guerre in altre parti del mondo e stiamo consentendo, invece, in Italia una totale assenza di forze dell'ordine che possano garantire – come dovrebbero – la sicurezza nel Paese. Si persegue, soltanto per la logica degli armamenti e delle industrie belliche, un'azione che è destituita di fondamento rispetto al nuovo scenario, al tipo di aggressione che il terrorismo internazionale fa dentro casa nostra e non, invece, negli Stati europei e nelle aree estere.
  È evidente che si sta pianificando, da una parte, un'azione di tutela sul piano dell'immigrazione, che non sarà assolutamente sufficiente ad arginare quel pericolo che sta incombendo sull'Europa. Si sono visti tanti attentati anche nei Paesi occidentali che hanno creato centinaia di vittime.
  Di fronte a questo, io registro un accordo tra il Governo Renzi e la regione Sardegna. È un accordo per non accordarsi. Il Ministro della difesa Pinotti ripetutamente ha detto: «Con la Sardegna troveremo un accordo». Effettivamente, in questi ultimi due anni, hanno sistematicamente trovato tutti gli accordi ogni volta che c’è stato bisogno. Si sono accordati per non accordarsi. E quella intesa di silenzio-assenso ha portato, anche quest'anno, a firmare un'ordinanza, un decreto del Ministro, che autorizza le esercitazioni in Sardegna senza l'avallo del CoMiPa, il Comitato misto paritetico, che è un organismo di legge che serve a commisurare le reali esigenze e la sopportabilità delle azioni militari in Sardegna rispetto alle esigenze militari.
  Ebbene, il CoMiPa, anche quest'anno, ha bocciato quel tipo di proposta di calendario avanzato dal Ministero della difesa. E cosa fa il Ministro ? A pochi giorni dalle esercitazioni Trident, approva, firma, autorizza, dà il via libera a quel tipo di esercitazioni. E cosa fa la regione Sardegna ? Niente, una protestina di due righe e poi nessun tipo di ricorso, anche se, entro novanta giorni, poteva chiedere al Consiglio dei ministri – ovviamente cosa che non ha fatto – la rivisitazione di quella decisione, oltre che impugnare, a tutti i livelli amministrativi, quell'atto del Ministro stesso.
  Ma perché – si dirà – ve la prendete tanto per un'esercitazione militare ? Non è l'esercitazione militare. Se fosse l'esercitazione militare, ci sarebbero anche le ragioni per comprendere alcune cose. In realtà, si conferma l'utilizzo della Sardegna in funzione dell'industria delle armi, anche sulla testa dei militari che hanno subito, come dicono tutte le inchieste parlamentari del Senato e della Camera, un'azione che ha visto prevaricare l'interesse delle armi sulla stessa salute dei militari.
  Ebbene, i siti militari della Sardegna sono siti di interesse e di importanza comunitaria, ossia sono SIC; sono definiti come tali con il decreto del Ministro dell'ambiente, che li ha delimitati uno per uno, e l'Unione europea li ha fatti diventare siti di importanza comunitaria, ascrivendoli a quelle aree che, in base alla «direttiva habitat» del 2000, ritiene assolutamente inviolabili. In altre parole, l'Europa dice, in maniera espressa, che non si può in alcun modo arrivare a creare quel tipo di azioni che stanno devastando appunto la Sardegna.
  Perché nessuno interviene ? Perché, forse, la «direttiva habitat», forse queste norme sono poco cogenti, sono poco incisive ? No, perché il Parlamento – questo Parlamento ! – ha approvato e ha trasformato quella «direttiva habitat» in un articolo del codice penale, il 733-bis, che dice sostanzialmente quello che è ormai davanti agli occhi di tutti. Lo leggo perché ne abbia contezza il rappresentante del Governo. Articolo 733-bis: «Distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto».
  Quando facemmo quella discussione, in quest'Aula parlamentare, nelle Commissioni, si individuarono proprio i siti militari, dicendo che sono siti ambientalmente Pag. 4protetti, da tutelare, e non è possibile che avvenga di tutto e di più. Non è pensabile che a Capo Teulada ci fosse, davanti all'estremo argine della Sardegna, verso il mare, un isolotto e quell'isolotto oggi non c’è più. Perché non c’è più ? Perché dalle navi, dai carri armati e dagli aerei quell'isolotto è stato preso di mira negli anni. E, sino a quando non è stato cancellato, divelto, raso al suolo, cancellato dalle mappe geografiche, non si è lasciato e non si è abbandonato ! Ma si è modificata la morfologia della Sardegna, cioè sono state aggredite le coste ! Si vedono ancora sugli scogli e sulle aree a mare i missili conficcati, che servivano per demolire la Sardegna. Quel tratto è protetto, appunto, sul piano ambientale e naturalistico, alla pari di qualsiasi bene identitario nazionale; alla pari, cioè, del Colosseo e alla pari di Piazza della Signoria. Il mondo ormai ha uniformato il patrimonio ambientale con quello culturale e archeologico. Invece, in Sardegna tutto questo non avviene. L'articolo 733-bis è totalmente violato, perché c’è la coincidenza tra il sito naturalistico e le basi militari.
  Ma chi ha detto che ci sono devastazioni ambientali ? Non lo dico io, ma lo dice l'Unione europea, che, approvando il SIC, dice che le esercitazioni militari e il conseguente rilascio di ordigni bellici causano gravi danni, sia sull'ambiente marino, che su quello dunale e retrodunale, inquinamento, frammentazione degli habitat, erosione del suolo, eccessivo calpestio. In altre parole, devastazione. Devastazione alla quale si aggiunge, però, un altro aspetto, che è quello archeologico. Le devastazioni dei siti archeologici dentro la base di Teulada sono davanti agli occhi di tutti. Io, che ho avuto la possibilità di fare il sopralluogo, ho accertato la cancellazione di siti archeologici, presenti nelle carte militari, e, invece, sul posto totalmente rasi al suolo a colpi di ruspe e non solo !
  Ebbene, tutto questo è stato omesso; tutto questo avviene impunemente in una terra dove ci si esercita soltanto a consumare armi. Infatti, come ho detto più volte, il tema non è quello del ricatto che lo Stato, ogni volta, attraverso il Ministero della difesa, fa, dicendo «chiudiamo le basi, licenziamo tutti». No, in questi giorni, nelle ultime alluvioni in Sardegna, il Presidente del Consiglio dei ministri, in piena alluvione ad Olbia, ha detto: siamo pronti a far arrivare l'esercito e a far arrivare la Protezione civile da Roma. Ma come, in Sardegna, in una regione insulare, durante l'episodio alluvionale, tu dici che stai per far arrivare la Protezione civile ? Ma quando la fai arrivare ?
  Una cosa è creare le condizioni affinché sul piano duale si possano creare le condizioni perché tutto quel personale, e anche di più, venga utilizzato nella sicurezza e protezione civile, nella protezione ambientale. Tutto ciò non sta avvenendo perché c’è una visione dello Stato che mira ad occupare la Sardegna e a farne una vera e propria colonia.
  Tutto questo non può essere consentito e per questa ragione chiediamo al Governo una presa di posizione dura, netta e chiara che fermi questo scempio ai danni della Sardegna e dei sardi.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Domenico Rossi, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO ROSSI, Sottosegretario di Stato per la difesa. In considerazione della complessità della tematica esposta con l'atto in discussione, ritengo opportuno premettere che l'esercitazione Trident Juncture 2015 è iniziata il 3 ottobre scorso e terminerà il prossimo 6 novembre e che comunque l'atto ha profili di pertinenza anche di altri dicasteri.
  Con riferimento alla devastazione ambientale e della civiltà nuragica nel poligono di Teulada, si precisa, in primo luogo, che tutte le attività esercitative e non belliche vengono condotte con la necessaria sicurezza e nei limiti e vincoli previsti dalle disposizioni di legge e regolamentari in vigore.
  In particolare, le zone interessate all'arrivo colpi non inglobano, in alcun modo, gli insediamenti nuragici cui l'interpellante fa riferimento. Al riguardo, Pag. 5inoltre, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nel confermare quanto già rappresentato in risposta a precedente analogo atto dello stesso onorevole Pili n. 2-00517, ha reso noto che, nell'ambito di apposite indagini effettuate nel 2014, proprio personale specializzato ha avuto accesso alla zona interessata e ha potuto constatare lo stato dei monumenti in oggetto, riscontrando rare discrepanze rispetto alla nota indagine conoscitiva del 1996-1999. Ha sottolineato, ancora, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che le fonti di conoscenza legate a strumenti informatici non specialistici e di proprietà privata (Nurnet) non possono essere in alcun modo equiparati ai dati di archivio della soprintendenza archeologica della Sardegna, al catalogo prodotto dalla regione autonoma della Sardegna al termine dell'indagine conoscitiva sui beni culturali della Sardegna, alla letteratura di settore e ai sopralluoghi effettuati da personale specializzato per le verifiche di competenza.
  Entrando, ora, nel merito degli aspetti di competenza della Difesa, va evidenziato come l'addestramento sul campo sia fondamentale e costituisca un metodo irrinunciabile per preparare il personale militare, garantendo la possibilità di acquisire la capacità di operare secondo un adeguato livello di sicurezza, grazie all'utilizzo di aree che consentono di originare situazioni operative quanto più vicine a quelle reali; ovviamente, sono vietate tutte le attività suscettibili di arrecare pregiudizio alla salute e all'ambiente, in applicazione delle vigenti normative in materia. La disponibilità del poligono di Capo Teulada è pertanto essenziale per l'efficienza generale di tutte le Forze armate e in particolare per l'efficienza e la permanenza nell'isola della Brigata Sassari dell'Esercito italiano.
  Con specifico riferimento all'esercitazione Trident Juncture 2015, giova sottolineare che, al fine di minimizzare l'impatto ambientale, non sarà impiegato alcun tipo di carro armato e che le unità aeree non utilizzeranno alcun tipo di munizionamento (finanche inerte o simulato), né chaffs e flares; tanto meno, sarà effettuato alcun tiro contro costa da parte delle unità navali.
  Nel dettaglio, presso il poligono di Capo Teulada viene svolta un'attività di carattere interforze e multinazionale, che, anche con riferimento al quesito posto sul tipo di esplosivi e armamenti dall'interpellante, prevede tiri con armi individuali e di reparto, tiri di artiglieria, attività di aerocooperazione, addestramento con esplosivi, tiro con mortai, procedure di evacuazione medica (Medevac), supporto aereo ravvicinato, mentre negli altri poligoni sardi non è previsto l'impiego si alcun tipo di armamento.
  Presso il poligono interforze di Salto di Quirra si svolge attività di volo addestrativo senza impiego di munizionamento, adottando tutte le precauzioni necessarie per evitare rischi di esposizione e di interferenze radio. Non è prevista alcuna attività di tiro a fuoco, reale o simulata, nemmeno presso il poligono di Capo Frasca che, tuttavia, potrebbe essere oggetto di sorvolo da parte di velivoli partecipanti all'esercitazione. Per quanto concerne, infine, l'Aeroporto Militare di Decimomannu, come è noto, alcune attività dell'esercitazione sono state spostate, all'inizio del 2015, da Decimomannu a Trapani; l'Aeroporto sarà impiegato soltanto per il decollo e l'atterraggio dei velivoli. Passando a esaminare gli aspetti relativi al territorio, premesso che non sussiste alcun disastro archeologico, ambientale e naturalistico, l'Amministrazione Difesa ha sempre assicurato la massima collaborazione e trasparenza nell'ambito delle attività di monitoraggio ambientale in corso nel Poligono da parte dell'autorità giudiziaria. La Difesa attende con fiducia gli esiti dell'indagine, con l'auspicio che si possano dare risposte precise, sulla base di dati attendibili, nell'interesse prioritario e legittimo di quanti sono coinvolti. In tale contesto, la Forza armata ha garantito il concorso di proprio personale tecnico che, tuttora, collabora a supporto e sotto il controllo degli enti istituzionalmente preposti alla vigilanza in materia di tutela ambientale (ISPRA e ARPAS). Per quanto attiene al Pag. 6grado di bonifica nell'area interdetta di Teulada, l'Esercito italiano ha avviato nell'agosto 2015, sotto l'egida della procura della Repubblica di Cagliari, il Piano di monitoraggio ambientale presso il poligono Delta, che è una parte del poligono di Capo Teulada. In particolare, la metodologia del citato piano di indagine prevede un approccio graduale, per fasi successive, con la suddivisione dell'area in sette zone di caratteristiche geo-morfologiche e di estensione areale omogenea, che saranno progressivamente interessate dalle attività previste di monitoraggio e campionamento. Nel dettaglio, i riscontri analitici (chimici e radiologici) effettuati sui campioni prelevati nella prima zona d'intervento (circa 30 ettari) non hanno evidenziato superamenti delle concentrazioni soglia di contaminazione. Con riferimento alla richiesta di valutare se ricorrano violazioni delle norme in materia di tutela e salvaguardia del patrimonio archeologico e ambientale naturalistico, l'Esercito italiano ha provveduto, d'iniziativa, a censire e monitorare i beni culturali presenti nel poligono ed è stata elaborata una monografia sulla presenza nuragica e archeologica del poligono di Capo Teulada che non ha evidenziato la violazione di norme poste a tutela dei beni situati all'interno del sedime del poligono. Per quanto concerne, poi, un piano nazionale di risanamento del medesimo sito, stanziando risorse finalizzate ai risarcimenti alle popolazioni e ai comuni, si precisa che a seguito del Protocollo fra la Difesa e la regione Sardegna, per le giornate di utilizzo a fuoco del poligono di Capo Teulada, agli operatori economici della pesca viene concesso un indennizzo per il fermo pesca relativamente alle effettive giornate di sgombero e nella misura massima di 120 giornate/anno. Peraltro, a seguito di un'integrazione al citato Protocollo d'intesa, alle marinerie di Teulada e Sant'Anna Arresi è stato riconosciuto un incremento del 50 per cento degli indennizzi spettanti. Com’è noto, tra l'altro, lo scorso 8 gennaio è stato sottoscritto un accordo per l'avvio del tavolo di confronto istituzionale tra il Ministero della Difesa e la regione Sardegna, in cui si è concordato lo sviluppo di specifiche attività mirate a definire i lavori e le percentuali della effettiva realtà militare nell'isola, in rapporto anche al dato nazionale, attraverso l'individuazione di misure di riequilibrio e di armonizzazione in termini di riduzione quantitativa e qualitativa dell'incidenza delle attività militari. Il tavolo, tra l'altro, costituisce occasione per garantire trasparenza e informazione alle popolazioni, a partire dai dati sullo stato dei luoghi e sulla salute, ma anche da una approfondita analisi degli eventuali costi da mancati sviluppi alternativi dei territori, condotta secondo standard internazionali. Per quanto concerne, infine, gli aspetti di tutela ambientale, il competente Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha comunicato che in merito al tema dei poligoni militari è stato istituito un tavolo tecnico su disciplina di tutela ambientale ed attività esercitative dei poligoni militari, insediatosi il 23 marzo 2015 presso il Ministero dell'ambiente.
  In particolare, in data 18 giugno scorso, è stato siglato un Protocollo di intesa tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ministero della Difesa per la «tutela ambientale e attività esercitative militari», che prevede, tra l'altro, il supporto tecnico-giuridico del Ministero dell'ambiente nell'ambito delle procedure di contenzioso comunitario in materia ambientale che interessano le servitù militari, nonché la collaborazione nella redazione di protocolli ambientali per le attività esercitative con ricadute nell'ambiente marino.
  Il Ministero dell'ambiente metterà a disposizione la propria competenza nel settore, fornendo supporto tecnico-giuridico, condividerà metodologie per effettuare i rilievi e le misurazioni nei siti militari e, infine, fornirà il supporto di competenza in materia di bonifica e ripristino ambientale, laddove necessario, delle aree interessate dalle attività militari esercitative.
  Il testo del protocollo, firmato dai Ministri Galletti e Pinotti è disponibile sul sito del Ministero dell'ambiente.Pag. 7
  Si segnala, ancora, che la Difesa sta predisponendo una specifica direttiva interna, d'imminente emanazione, volta a disciplinare lo svolgimento delle attività esercitative nei siti della rete «Natura 2000», con cui si evidenzia la necessità di sottoporre le attività medesime alla procedura di valutazione d'incidenza ambientale (VINCA), d'intesa con la regione interessata.
  In conclusione, l'avvio di piani di monitoraggio ambientale, la sottoscrizione di numerosi disciplinari tecnici e di Protocolli d'intesa testimoniano la particolare attenzione del Dicastero alla tematica in argomento e l'interesse al rispetto delle realtà territoriali locali e alla salvaguardia dell'ambiente e del patrimonio archeologico e naturalistico. Ciò a dimostrazione che l'azione dello Stato mai ha considerato la Sardegna come una colonia e mai la considererà una colonia.

  PRESIDENTE. L'onorevole Pili ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  MAURO PILI. Grazie, Presidente. Che dire ? Come si può essere soddisfatti di fronte alla fiera delle bugie ? È la fiera delle falsità: non esiste nessun disastro ambientale. Come può un generale – perché vi è anche in questo caso un grande conflitto di interessi – il rappresentante del Governo è un generale che ha sostanzialmente tra l'altro diretto Capo Teulada, la base di Teulada, affermare che non esiste nessun disastro ambientale ? Allora, la procura della Repubblica sta giocando ? E forse c’è un signore, che si chiama Luigi Binelli Mantelli, che, sino a qualche mese fa, era niente poco di meno che Capo di stato maggiore della difesa, il quale diceva: «Mi risulta che a Teulada esistano alcune aree interdette proprio per il fatto che da molti anni sono presenti residuati militari». E dice Binelli in Commissione difesa: «A Capo Teulada sono stati eseguiti monitoraggi ambientali, che in alcune aree delle zone di arrivo colpi, le stesse dove oggi i mortai – dice il sottosegretario generale – dovranno sparare, hanno segnalato una contaminazione da torio per la quale saranno avviate le necessarie bonifiche». E sottolineo: torio. Lo dice il Capo di stato maggiore della difesa, cioè il numero uno, che viene in Commissione difesa e dice che c’è contaminazione da torio. Quindi c’è un bugiardo: o è lei o è Binelli, perché c’è, da una parte, un'affermazione fatta in quest'Aula, dove lei dice che non esiste nessun disastro ambientale, dall'altra parte, il Capo di stato maggiore della difesa dice che si trovano contaminazioni da torio. Al momento – dice Binelli in Commissione difesa – l'autorità giudiziaria non ha autorizzato l'esercito italiano ad iniziare le bonifiche, in quanto il territorio è sottoposto a sequestro preventivo per l'ipotesi di reato di inquinamento ambientale.
  Ma come può un generale, un sottosegretario di Stato, un rappresentante della Repubblica dire qui che non vi è alcun disastro ambientale, quando, invece, un suo superiore dice l'esatto contrario ? Anzi, la procura della Repubblica apre un fascicolo con l'ipotesi di reato di inquinamento ambientale, ma poco prima Binelli ha detto che è stata segnalata una contaminazione da torio, cioè radiazioni. E, allora, se questo è il presupposto, è evidente che tutto il resto crolla. Quando si dice che è stato avviato nel 2015, a marzo, un piano di bonifica e poi si dice che si tratta di un piano di monitoraggio, vi è una sostanziale differenza tra un piano di monitoraggio e un piano di bonifica.
  Infatti, se fosse stato un piano di bonifica, oggi Trident non sparerebbe sull'isola interdetta di Teulada, non continuerebbe a utilizzare i mortai. E, poi, è tutto da verificare: a me risulta che a Capo Frasca, per esempio, gli aerei stiano bombardando mattina e sera, senza alcun tipo di limite. E non sono io: vi sono le proteste, sui giornali di oggi, dei cittadini che dicono che vi è una sistematica alterazione della quiete, in quel territorio, in questi giorni.
  Siti non devastati sul piano nuragico ! Penso che soltanto chi è consapevole di dire il falso possa affermare tutto questo, perché ci sono le immagini. Ci sono i Pag. 8nuraghi che sono stati trasformati in postazioni militari, che sono stati decapitati; sui punti più importanti, sono stati rasi al suolo dalle ruspe. E non si può dire che Nurnet non è un soggetto pubblico, perché ho fatto il sopralluogo con il comandante della base e, di fronte alla carta geografica militare, dove vi era un nuraghe, c'era un parcheggio. Raso al suolo dalle ruspe, decapitato ! Chiunque si sia assunto l'onere, da parte del Ministero dei beni culturali, di dire questo, è un faccendiere, è uno che non rispetta la legge, uno che nasconde la verità su quello che è avvenuto in quel sito.
  Dice: «stiamo stanziando risorse». Dove sono queste risorse ? Non vi è un solo euro ! E, infatti, si dice che il Ministero dell'ambiente, con quello della difesa, ha aperto un tavolo tecnico. Questo Governo è un «Governo di Ikea»: non fa altro che fare tavoli, li apre, li chiude, li vende a destra e a manca, a basso costo, tanto un tavolo non si nega a nessuno ! In realtà, qualcosa è stato fatto; visto che non vi era danno ambientale, questo Parlamento, su proposta del Governo, su una minaccia che è arrivata dalle industrie delle armi, ha fatto semplicemente un atto. Ha detto: «Eleviamo le soglie di inquinamento: siccome ci dite che siamo illegali, che stiamo operando nello scenario di guerra delle aree militari, violando le norme ambientali, cosa facciamo ? Risolviamo il problema alla fonte: alziamo le soglie di inquinamento, si può inquinare di più».
  E, infatti, si trasformano tutte le basi militari della Sardegna, siti di importanza comunitaria naturalistico-ambientale, nientepopodimeno che in zone industriali, dove le soglie di inquinamento sono molto più elevate, dieci o cento volte di più, di quelle consentite dalla legge. Come è possibile tutto questo ? Come si può accettare tutto questo ? Non si può accettare ! Siamo di fronte a un'affermazione come quella che ha fatto il generale sottosegretario di Stato per cui «dovremo fare l'incidenza ambientale». Ma come, state bombardando, state sparando, avete sparato per cinquant'anni e, adesso, vi ponete il problema di fare l'incidenza ambientale ?
  La realtà è che la Commissione difesa del Senato vi ha detto che dovete chiudere Teulada e dovete cancellare Capo Frasca. Quindi, siete in totale violazione con le indicazioni del Parlamento. Governano le industrie delle armi e governano quelli come lei, che rappresentano quel tipo di azione all'interno del Parlamento. Ma vi è di più: la Commissione europea vi ha trasmesso un'infrazione per i siti militari, ed è un'infrazione che è comunicata già da qualche mese al Dipartimento per le politiche europee – struttura di missione per le procedure di infrazione.
  La Commissione europea vi dice che state devastando le aree ambientali delle aree militari, e quindi tenete conto di questo. Una violazione che non è assolutamente accettabile ! Vorrei ricordarvi soltanto, per memoria, gran parte dei generali che si sono succeduti a capo della Guardia di finanza, direttori, capi di stato maggiore della difesa e così via. Cito soltanto il generale Mario Arpino, capo di stato maggiore della difesa, che nel 2001 aveva quel ruolo e nel 2003 è diventato presidente operativo di Vitrociset, dal 2003 al 2012.
  E cioè colui che governava l'esercito a tutti i livelli, la Difesa a tutti i livelli, è diventato capo della più grande, di una delle più grandi industrie di produzione bellica del nostro Paese, ma potrei elencare Guido Bellini, Marcello De Donno, Sandro Ferracuti: tutti i capi di stato maggiore che sono passati dall'esercito, dalla marina e dall'aeronautica a capo delle industrie belliche. Di questo nessuno parla. C’è un'interrogazione presentata ormai da due anni, ma nessuno dà alcun tipo di risposta.
  Concludo, Presidente. Voglio concludere facendo un richiamo, che non vuole sembrare assolutamente irritale, a chi ha sostanzialmente scritto la storia della Brigata Sassari, il capitano Lussu. Questi, sul fronte, racconta Camillo Bellieni: «Mi abbracciò, gli spuntarono le lacrime, poi mi disse piano, perché nessuno sentisse: “Sono stanco sai di fare il macellaio. Fino Pag. 9adesso avevo fatto l'ufficiale. Ora, invece, bisogna portare gli uomini al massacro senza alcuno scopo”» e Lussu, di fronte al generale che gli reitera un'nuova volta le nuove azioni per la giornata, al generale che dice: «Ha inteso, tenente Lussu, mi dia assicurazioni per un'immediata esecuzione dell'ordine». Lussu risponde: “Signornò”». «Il generale lo guardò con gli occhi sbarrati – racconta Peppino Fiori – Il tenente Lussu, fermo sull'attenti, fissava il superiore parimenti e disse al generale: “Signornò” ». Penso che sia giunto il momento di dirle: signornò, generale Rossi. No a questa arroganza e a questa tracotanza di Stato che viola le più elementari leggi dello Stato ed è per questa ragione che scelgo la strada giudiziaria, ancora una volta, di segnalarvi tutti quanti per quella responsabilità di distruzione ambientale per quel danno che state facendo alla Sardegna che è anche un danno morale a quei fanti della Brigata Sassari che hanno perso la vita per una Sardegna diversa, più libera e più rispettata e invece voi la state oltraggiando sul piano militare, sul piano economico e su quello sociale e questo voi non potete permettervelo e noi non ve lo consentiremo mai.

(Iniziative di competenza in merito al piano di Poste italiane spa relativo alla razionalizzazione degli uffici postali, e interventi per assicurare il servizio postale universale, con particolare riferimento alla prospettata chiusura dell'ufficio di Ombriano nella città di Crema – n. 2-01115)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Franco Bordo e Scotto n. 2-01115, concernente iniziative di competenza in merito al piano di Poste italiane spa relativo alla razionalizzazione degli uffici postali, e interventi per assicurare il servizio postale universale, con particolare riferimento alla prospettata chiusura dell'ufficio di Ombriano nella città di Crema (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Bordo se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  FRANCO BORDO. Grazie, Presidente. Ho voluto presentare questa ulteriore interpellanza urgente, signor sottosegretario, oltre al question time che abbiamo avuto modo di tenere sia qui in Aula con il Ministro Guidi, sia con lei nelle audizioni in Commissione. A partire dall'inizio dell'anno Poste italiane ha annunciato e avviato il suo piano industriale con la chiusura di 450 uffici postali e la riduzione degli orari di apertura di altri 600. Un piano con un forte impatto sui cittadini dei territori coinvolti, di quei comuni e anche del mondo delle imprese perché bisogna anche essere chiari che non si parla soltanto di servizi resi ai cittadini, ma di servizi resi anche alla rete economica del Paese, dei commercianti, artigiani, imprese bancarie, aziende a tutto tondo che usufruiscono dei servizi postali come servizi essenziali per la propria attività. Come è stato più volte denunciato questo piano ha avuto un notevole impatto con conflitti sui territori, con il tessuto sociale, politico, economico anche per l'assoluta mancanza di confronto e condivisione con gli enti locali. Questa è una questione a mio avviso importante, importantissima ed è per alcuni versi anche al centro della mia interpellanza e anche della vicenda che ho inteso portare alla sua attenzione riguardante questo ufficio postale e questa chiusura che ritengo emblematica.
  Certo, parlare della chiusura di un ufficio postale della mia città vuol dire anche rappresentare i diritti dei miei concittadini, rappresentare le istanze della sindaca della mia città, ma anche usarlo – è questo il mio intento, e spero che possa essere colto da lei, signor sottosegretario – come simbolo di ciò che non è andato e non sta andando bene in questo piano di razionalizzazione. Perché ? Perché lì si impone la chiusura di un ufficio localizzato in un quartiere periferico della città di Crema, che annovera una popolazione residente di oltre 6 mila persone; le ricordo che il 45 per cento dei comuni italiani sono inferiori a questo numero di popolazione. Che ha oltre 100 attività commerciali e produttive, che rientra nella Pag. 10stessa categoria «C» indicata da Poste italiane, cioè quella sopra le 40 operazioni al giorno: la categoria indicata – ripeto – da Poste italiane con il maggior numero di operazioni.
  Poste italiane in sede di trattativa congiunta, una trattativa «imposta», chiesta da regione Lombardia e caldeggiata dal Governo italiano, per rivedere l'impatto del piano sul territorio lombardo (una trattativa che aveva portato a includere anche l'ufficio di Ombriano tra quelli che non dovevano essere oggetto di chiusura), ad un certo punto ha visto la situazione seguente: Poste italiane si è impuntata, ha voluto togliere quell'ufficio, quella proposta concordata con regione Lombardia, ANCI, di metterlo appunto tra quelli da salvare. È partita una raccolta di firme: oltre 2 mila firme a sostegno raccolte fra la popolazione del quartiere, su 6 mila abitanti 2 mila firme a favore della petizione popolare.
  Ma la cosa più grave – è per quello che facevo riferimento agli enti locali, alla mancanza di confronto –, qui Poste italiane ha rifiutato tutte le proposte giunte dal sindaco del comune di Crema finalizzate a mantenere in essere l'ufficio di Ombriano; tra cui quella della compartecipazione, di una significativa compartecipazione da parte del comune degli oneri di affitto dell'immobile nel quale è dislocato l'ufficio postale in oggetto, o la proposta alternativa, o integrativa, di istituire una chiusura di un giorno alla settimana negli altri uffici postali periferici della città di Crema, al fine di non lasciare migliaia di abitanti senza un servizio postale di prossimità. Invece la decisione di Poste italiane di chiudere un ufficio che serve un quartiere di oltre 6 mila abitanti, con una percentuale del 30 per cento di over sessantacinquenni, che ha una media di operazioni al giorno superiore alle 150, senza alcun confronto con l'ente locale e di conseguenza senza neppure prendere in considerazione le proposte avanzate dal comune di Crema per evitarne la chiusura, e al contempo garantirne la piena efficienza economica, risulta sinceramente incomprensibile e anche oggi inaccettabile, e frutto di scelte adoperate senza tener conto dell'impatto sociale, economico di questo provvedimento.
  La decisione di procedere alla chiusura di uffici postali, come nel caso di Ombriano, senza confronto e condivisione di soluzioni, signor sottosegretario, è in violazione del contratto di servizio, dello stesso contratto di servizio sottoscritto col Ministero, e anche delle disposizioni dell'Agcom. L'assenza di confronto con gli enti locali è grave, ed è una decisione sbagliata da parte di un'azienda pubblica che eroga comunque un servizio pubblico... Un'azienda ancora pubblica che eroga un servizio pubblico; cosa evidenziata da un ordine del giorno approvato all'unanimità dal consiglio direttivo dell'ANCI Lombardia, in merito alle necessità che Poste non proceda senza ulteriori confronti con i comuni alla chiusura degli uffici.
  Noi a Crema siamo determinati a fare di tutto perché questo ufficio rimanga aperto; e io le ho voluto portare questo esempio, veramente per allargare in questa occasione la possibilità di un ripensamento, di un intervento, di un'azione da parte del suo Governo. Io so che è già intervenuto, sollecitando, guidando a volte anche in questi mesi Poste italiane rispetto a quanto anche era già stato deciso in autonomia a inizio anno; però penso che bisogna fare di più.
  E qui voglio, appunto se mi permette, anche introdurre un elemento di riflessione: cosa vogliamo che diventi questa azienda per lo Stato italiano ? Io penso che questa riflessione vada fatta – e abbiamo ancora il tempo di farla, nonostante sia stato avviato il percorso di privatizzazione, di quotazione in borsa di Poste italiane – perché comunque la maggioranza delle azioni e il controllo saranno ancora pubblici. L'azione del Governo deve essere, io penso, più pressante e più importante rispetto a quella degli ultimi anni.
  Insomma, vogliamo un'azienda, così come hanno fatto altri Stati europei – come, ad esempio, in Francia –, che possa far sì che gli uffici postali possano essere dei punti anche di presidio statale e di Pag. 11riferimento non soltanto per l'erogazione, appunto, di un servizio esclusivamente postale o che, magari, anche in una logica di razionalizzazione delle forme di erogazione dei servizi dello Stato, possa assumere anche questo tipo di funzione, per cui possa anche andare oltre. Però, ci vuole la territorialità, ci vuole la presenza, la prossimità, appunto, di questi servizi al cittadino.
  Questo è un elemento di riflessione che io penso si debba aprire in questa fase, soprattutto in questo momento in cui, come riportiamo anche nella mia interpellanza, appunto, e come recentemente è stato evidenziato anche dalla stampa nazionale – per cui, è un caso ormai a conoscenza anche del vostro Ministero –, il tribunale amministrativo della Lombardia, accogliendo una serie di ricorsi di comuni della provincia pavese, tra cui quello del comune di Pavia (per cui, non un «comunello»), ha di fatto bocciato il piano di razionalizzazione di Poste Spa, in quanto non avrebbe provato il disequilibrio economico che sarebbe stato causato dal servizio reso.
  Scrive il TAR che «la giustificazione addotta per la chiusura di questi uffici» – quelli su cui vi è stato ricorso – «risulta disancorata da qualunque esplicitazione di fatti riferibili ai singoli casi, tanto da ridursi a una mera clausola di stile replicabile in maniera identica in qualunque situazione, non comprendendosi le ragioni poste a base del provvedimento». Sono le motivazioni identiche, appunto, per cui si sta procedendo alla chiusura dell'ufficio di Ombriano.
  Insomma, l'idea di chiudere indistintamente uffici postali o di contingentarne il funzionamento ad alcuni giorni alla settimana, indiscriminatamente e senza calcolarne le conseguenze specifiche, lede il diritto di cittadini e imprese, che possono trovarsi senza un servizio pubblico di essenziale importanza. Il TAR di Milano, infatti, ricorda che la motivazione che Poste adduce a giustificazione del proprio provvedimento è un generico e non meglio precisato disequilibrio economico nella prosecuzione dell'erogazione del servizio, senza, però, dare prova del disequilibrio economico stesso e del rispetto del criterio di distanza.
  Dunque, vado a concludere, signor sottosegretario. Oggi tutti abbiamo visto sui quotidiani nazionali in queste giornate, nelle stazioni ferroviarie, gli slogan pubblicitari di Poste italiane, gli slogan per la quotazione, appunto, in borsa. Lo slogan recita: «Per cambiare basta un'azione». Ora, se mi permette, io dico che una, dieci, cento, mille azioni servono per cambiare, per cambiare ciò che non va in questo Paese, e oggi dobbiamo avere il coraggio di dire, signor sottosegretario, che il piano di privazione dei servizi – per cui altro che privatizzazione; qui si parla di privazione dei servizi – non va bene e il Governo italiano deve intervenire per fermarlo.
  Sulla base di queste osservazioni e denunce, si intende sapere quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo alla luce di quanto descritto in premessa e delle valutazioni espresse dal tribunale amministrativo della regione Lombardia sul piano di razionalizzazione degli uffici postali di Poste e se il Governo non ritenga opportuno porre in essere ogni atto di competenza finalizzato ad una revisione e a un serio ripensamento del suddetto piano.
  Infine, nell'ottica di garantire, come si è detto, l'accesso al servizio postale quale servizio universale, quali azioni di competenza il Ministro intenda porre in essere nei confronti di Poste Italiane affinché vengano prese in considerazione le numerose proposte del comune di Crema a supporto della sostenibilità economica del presidio postale (ove queste siano da dimostrare), ed evitare così la chiusura dell'ufficio di Ombriano che serve una popolazione di circa 6000 cittadini, diverse imprese e unità commerciali.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, ha facoltà di rispondere.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Grazie signor Presidente, sul processo di Pag. 12privatizzazione di Poste non ho competenze né in ordine alla decisione di merito, né in ordine alla gestione, e quindi preferisco, evidentemente, non intervenire. Mi preme, invece, rispondere nel merito alla questione posta in ultimo dalla interpellanza del collega Bordo, ma è una risposta che ho dovuto dare, ormai, a diverse decine di atti di sindacato ispettivo di colleghi di tutti i gruppi in ordine al piano industriale che prevede una serie di chiusure presentate da Poste.
  Io voglio ribadire alcuni punti che devono essere, però, condivisi in questa discussione, perché altrimenti noi facciamo esattamente una inconcludente lamentazione reciproca, che trasmette ai cittadini solo il senso di una impotenza e di una ingiustizia, e non è così. Io apprezzo che si chieda al Governo, da parte del Parlamento, quali iniziative si vogliono assumere, però devo ricordare, a me stesso, ma immagino che sia un dato conosciuto, che solo quattro fa, nel 2011, il Parlamento votava il decreto-legge cosiddetto «Salva Italia» che trasferiva dal Governo ad Agcom la funzione di autorità di regolamentazione del settore postale, con i connessi compiti in materia di regolazione, vigilanza e tutela degli utenti: tradotto, la esplicitazione e la tutela di quello che viene correttamente definito il servizio universale.
  La delibera dell'Autorità, del 2013, stabilisce che deve esserci un piano annuale che Poste presenta all'Authority – al Governo non arriva nemmeno per conoscenza – all'Authority ! Questo il Parlamento ha deciso. L'Authority valuta se gli interventi di razionalizzazione sono compatibili con i criteri da lei stessa fissati e se sono compatibili autorizza.
  Sulla base di questi principi quindi – io voglio correggere, non voglio che arrivi una informazione falsa – non c’è alcuna violazione del servizio universale: gli interventi che Poste presenta sono nel pieno rispetto del servizio universale e dei criteri fissati dall'Authority. Poste ha presentato un piano di razionalizzazione, nel 2014, che prevedeva 1064 interventi di chiusura e rimodulazione, e nel gennaio 2015, il nuovo piano annuale, 1569 interventi. Su questo stiamo discutendo sapendo che Agcom ha fissato dei criteri per il servizio universale: la tutela dei comuni rurali, la tutela dei comuni dove l'ufficio postale è l'unico presidio, le distanze tra i diversi uffici. Insomma, l'Authority ha svolto il suo ruolo e Poste presenta il suo piano in coerenza a quei principi, altrimenti il problema non si porrebbe: l'Authority vieterebbe le chiusure.
  Ma perché sia chiaro tra noi il punto, secondo Agcom, il servizio universale richiede, con varie caratteristiche, comunque la presenza di almeno 11 mila uffici postali sul territorio nazionale. Ad oggi, Poste ha 13 mila uffici. Perché sia chiaro, secondo il rapporto tra lo svolgimento del servizio da parte di Poste e i criteri del servizio universale, questo è il rapporto. E possiamo moltiplicare gli atti di sindacato ispettivo, ma non posso che dare questa risposta: il Governo non ha alcuno strumento, per volontà del Parlamento, per intervenire in relazione a questo tema.
  Quindi, se per affrontare questo problema, che io invece condivido, scegliamo il terreno del servizio universale, del rispetto degli obblighi del servizio universale, scegliamo una strada che non conduce da nessuna parte.
  L'onorevole Bordo dice che vi è stata un'assenza di confronto. Devo smentirlo su questo. Pur non avendo alcuna prerogativa il Governo, io stesso, ho convocato Francesco Caio, amministratore delegato di Poste italiane, il presidente Cardani dell'Authority competente, ho convocato il presidente della Conferenza delle regioni e dell'ANCI, per proporre, utilizzando la sola prerogativa che il Parlamento ha lasciato al Governo, la moral suasion, che ogni intervento fosse preceduto da una fase di effettivo confronto con le regioni e gli enti locali. E questa fase si è svolta, e il piano di Poste italiane è stato corretto da accordi che si sono realizzati nei diversi territori, anche in Lombardia. Direi in quasi tutte le regioni italiane; di questo i rappresentanti degli enti locali hanno dato atto al Governo. Ora, la domanda che ci siamo posti è questa: esiste uno spazio Pag. 13per intervenire rispetto a quello che sentiamo tutti come un tema importante e che è vissuto dalla comunità civile, soprattutto dai piccoli comuni, come una questione vera ?
  Il tema dell'impatto sociale io lo condivido, ma un tema politico può essere posto a carico del bilancio di una società controllata, di una società che deve rispondere ? Io penso sia un fatto improprio. Dell'impatto sociale devono occuparsi Parlamento e Governo attraverso i loro poteri di regolazione e di normativa. Per ora quello che ha fatto il Parlamento è di stabilire quei parametri che ho citato. E Poste italiane quei parametri li rispetta. Allora non può essere questo. Può essere quello di un problema di servizi ai cittadini ? Si può parlare di privazione dei servizi, anche qui ? No, l'Authority dice espressamente che i servizi sono garantiti a tutti i cittadini, secondo il criterio del servizio universale, se Poste italiane rispetta una serie di parametri che l'Authority ha fissato: le distanze, il rispetto per i comuni di montagna, per i comuni rurali, per i presidi e le frazioni; c’è un dettagliato elenco. Dunque, non si può parlare nemmeno di questo. Allora, come si può intervenire in modo efficace evitando un circuito perverso di inconcludenza che la politica costruisce per se stessa ? Perché l'immagine che diamo ai cittadini è esattamente di parlamentari, sindaci, presidenti di regione, che levano proteste contro quella che viene vissuta come una ingiustizia, come una privazione, contro il Governo dopo aver tolto a quest'ultimo il potere di intervenire e regalando ai cittadini l'immagine di una discussione vuota che non cambia la sostanza.
  Allora, la strada che noi abbiamo scelto è quella più propria, che è quella della determinazione di una linea di politica industriale a Poste, che è la strada che è rimasta al Governo; una strada impervia, si badi bene. Ma è quella che abbiamo percorso e di cui do conto oggi al Parlamento, e lo faremo insieme a Poste anche nelle prossime settimane. Quando si dice, faccio un esempio, che un comune ha messo a disposizione la possibilità di partecipare agli oneri di affitto dei locali di Poste, credo che il comune lo faccia in buona fede, ma dovrebbe sapere che questo viola le direttive europee sul servizio universale e sulla concorrenza e Poste, per quanto possa essere interessata, non può accettare questa linea, altrimenti potrebbe essere facile determinare in tutti i paesi una condizione diversa. Ci sono una serie di condizioni, di normative nazionali ed europee di cui dobbiamo tenere conto. Allora, il terreno proprio su cui confrontarci, questa è la linea del Governo, la proposta del Governo, e l'atto che presento al Parlamento, è quello della indicazione di una politica industriale.
  Abbiamo concluso una fase di negoziazione, importante negoziazione, tra il Ministero e Poste e c’è stato, proprio in questi giorni, il reciproco scambio di consenso su un testo finale, che, a mio avviso, ribalta la prospettiva finora seguita su questo tema o, quanto meno (per non dare la sensazione di un'eccessiva enfasi), inserisce un'indicazione che finora non era presente e che è un'indicazione di tipo diverso.
  E come si articola ? Si articola, in sostanza su questo concetto: la capillarità della presenza di Poste non è un peso, non è un onere, ma è un asset strategico, è un valore. Nessuna realtà industriale ha una presenza così ramificata, così diffusa e così capillare.
  Dunque, ogni chiusura, per quanto giustificata, per quanto dentro, pienamente dentro, le regole del servizio universale, comunque impoverisce un asset della società e il Governo, come azionista, considera questo un punto su cui riflettere.
  Allora, premettendo che c’è piena condivisione sull'obiettivo di razionalizzazione e efficientamento dell'azienda, di miglioramento del conto economico, che l'attuale management Francesco Caio e i suoi collaboratori, sta perseguendo – piena condivisione –, il tema che il Governo pone e ha posto nel testo è come si persegue questo obiettivo di efficientamento. Controllando ufficio per ufficio (l'interpellanza richiama questo) la cifra dei costi e dei ricavi e mettendo una croce sopra quelli Pag. 14che hanno un rapporto negativo ? Se questa fosse stata l'idea, sarebbe stato sufficiente affidare questo compito ad un giovane ragioniere, magari con un contratto a progetto, non ci sarebbe stata la necessità di mettere in campo un manager di riconosciuto valore internazionale come Francesco Caio.
  La strategia che indichiamo, dunque, è molto più ambiziosa ed è articolata su tre punti. La rete è un asset. Serve ogni iniziativa per valorizzare la rete, per potenziare i servizi, per individuare, nel rispetto della normativa vigente e delle direttive europee, ogni possibilità di incrementare l'offerta e, dunque, di intervenire su quella forbice costi-ricavi (forse, tecnicamente è detto in modo improprio, ma almeno è comprensibile), lavorando sul potenziamento della voce ricavi, in termini di servizi, prima di arrivare a considerare altre possibilità.
  E come valuto questo rapporto ? Non posso valutare questo rapporto per ogni singolo ufficio. A cosa porterebbe ? Io non sono un economista, ma, anche senza essere grandi economisti di livello internazionale, è facile prevedere che, se valutiamo la redditività di ogni singolo ufficio, l'ufficio del centro di Roma avrà un'alta redditività e quello di un paesino sperduto nella provincia probabilmente no; il che determinerebbe – come su altri temi, ne parleremo altre volte – un'Italia a due velocità, cosa che noi vogliamo evitare. Il Governo ha a cuore esattamente la dimensione di una crescita omogenea. Dunque, la valutazione di economicità ed efficienza si fa su un'area vasta, ad esempio, su base regionale complessivamente.
  Terzo punto. L'ipotesi di intervento in riduzione – quello che è ammesso e che la stessa Authority prevede legittimo – è confinata nell'indicazione dell'azionista come estrema ratio, vorrei dire come sconfitta di ogni ricerca di possibilità alternativa.
  Poste si impegna – leggo tra qualche momento il testo – a ricercare e valutare prioritariamente e preventivamente ogni possibilità di potenziamento complessivo dei servizi, anche attraverso la relazione, il rapporto, gli accordi con le regioni, gli enti locali e le realtà del territorio, nel rispetto di prassi, procedure normative e direttive europee.
  E si impegna a una fase di confronto con gli enti locali e a una comunicazione preventiva al Governo sul piano industriale. Sono tutte questioni che fino ad ora sono state affidate a un corretto rapporto, alla moral suasion, e che ora diventano vincolanti.
  Io non avevo alcun dubbio che Poste avrebbe condiviso questa impostazione, magari dopo una fase iniziale – che io reputo ormai alle nostre spalle – di una prima iniziativa non esattamente su questa linea. Non avevo dubbi perché leggo nei documenti, che accompagnano il cosiddetto processo di privatizzazione, che Poste per prima indica la capillarità e l'estensione della rete come asset della società che viene posta al mercato.
  Dunque, su questa base, vorrei leggere semplicemente alcune righe dell'articolo 5 del contratto di programma, che verrà materialmente siglato nei prossimi giorni, ma su cui è già intervenuto il consenso di Poste e del Ministero: «Al fine del perseguimento degli obiettivi di cui al comma 2,» – gli obiettivi di efficientamento e razionalizzazione – «in aggiunta alla fornitura del servizio universale, la società si impegna a valutare» – lo ripeto, si impegna a valutare – «la fornitura di ulteriori servizi utili al cittadino, alle imprese, alle pubbliche amministrazioni, tramite la propria rete postale e le proprie infrastrutture tecnologiche». E, più esplicitamente, al comma 5 dello stesso articolo si legge: «La società, nel perseguire obiettivi di razionalizzazione ed efficientamento della fornitura del servizio postale, anche tenuto conto del perseguimento di obiettivi di coesione sociale ed economica, si impegna a valutare prioritariamente» – lo ripeto, prioritariamente – «iniziative di enti e istituzioni territoriali pervenute entro il 30 settembre di ogni anno, che possano potenziare l'offerta complessiva dei servizi in specifici ambiti territoriali, anche al fine di valorizzare la capillarità degli uffici postali. La società è tenuta a dare adeguata Pag. 15informazione delle iniziative assunte all'Autorità e al Ministero, contestualmente all'adempimento degli obblighi di legge». E poi si prevede, per il 2016, una norma transitoria che abbassa i termini per poter, da subito, rendere operativo questo impegno, che è scritto nei termini in cui si scrive un programma, ma che sostanzialmente chiude una fase e ne apre una nuova.
  Concludo, signor Presidente, scusandomi per essermi dilungato, ma credo che il punto lo meritasse. Ora, si crea quel perverso cerchio che dice: il Parlamento affida fuori dalla politica il controllo del servizio universale, quindi si priva, come Parlamento e come Governo, di uno strumento; Poste rispetta quello che il Parlamento ha deciso e con l’Authority sta nei termini del servizio universale; i parlamentari raccolgono le proteste della popolazione e si rivolgono al Governo, a cui hanno appena tolto il potere di intervenire; il Governo non può che spiegare che non ha poteri. Il risultato finale è che, comunque, c’è un impoverimento della società, della dimensione delle comunità civili e – io credo – un'immagine negativa della politica.
  Questa fase si chiude. Ora, Poste ha impegni nuovi e vincolanti. Ci tengo a dirlo per onore a Francesco Caio e a chi, con lui, ha condotto questa fase. Vi sono obiettivi condivisi e una visione condivisa. Ma, soprattutto, sindaci, presidenti di regione e amministratori locali hanno una strada concreta su cui si possono costruire risposte vere alle esigenze dei cittadini, senza affidarsi a una sorta di richiesta di grazia a Poste, del tipo: va bene. Ne chiude 1.500 ? Salvi questo ufficio perché... Ne salvi un altro perché... Non si tratta di questo. Si tratta di una politica industriale, che – io credo – abbiamo la possibilità di costruire insieme, anche per rispondere al consolidamento di Poste, al miglioramento dell'efficientamento di Poste, a un protagonismo nuovo della società Poste in tutti i settori e con nuovi servizi e per consolidare il rapporto tra Poste e la comunità civile nazionale, che è un rapporto importante, di cui – io credo – lo stesso management si sia ora reso conto e su cui possiamo costruire una nuova fase.

  PRESIDENTE. Saluto gli alunni della scuola paritaria «Istituto superiore Immacolatine» che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  L'onorevole Franco Bordo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  FRANCO BORDO. Grazie, Presidente. Io ringrazio il sottosegretario per la risposta, perché è stata una risposta articolata e non di routine, una risposta che ha portato e porta all'attenzione, non tanto del sottoscritto in quanto interpellante e parlamentare di un territorio, ma all'attenzione di tutto il Parlamento un elemento importante di novità, che per il prossimo futuro potrebbe incidere positivamente e significativamente, con l'approvazione di questo programma di servizio, rispetto alle tematiche che abbiamo sollevato. «Potrebbe», perché, ovviamente, noi abbiamo bisogno della prova dei fatti, signor sottosegretario, della prova che questo contratto di servizio venga anche effettivamente applicato e rispettato come lei ce l'ha indicato.
  Perché devo sollevare dei dubbi ? Perché, se lei mi dice che il Governo è stato sottratto dalla potestà di lavorare sul servizio universale, sui criteri di controllo, eccetera, il piano industriale, così come è stato presentato, invece, è in mano alla potestà del Governo italiano. Siete il Governo italiano, l'azionista di questa azienda. Ad oggi, ancora l'azionista al 100 per cento e tra pochi giorni in una quota più limitata, ma sarà sempre l'azionista di maggioranza e di riferimento.
  Poi volevo aggiungere, signor sottosegretario, che giustamente lei ha ritenuto, dal suo punto di vista, di difendere e anche esaltare l'operato del consiglio di amministrazione e in modo particolare dell'amministratore delegato. Però, devo ricordare – come ho evidenziato nella mia esposizione, mentre lei qui ha dribblato brillantemente –, che ci sono dei TAR, che non esprimono posizioni politiche, non Pag. 16sono dei parlamentari dei territori che ascoltano i propri cittadini, ma dei giudici amministrativi, che hanno già emesso delle sentenze di condanna di Poste italiane sull'applicazione dello stesso piano industriale. Vuol dire che qualche problema io penso ci sia stato e c’è anche in questi passaggi. Non possiamo dire che ha fatto tutto correttamente e tutto bene nel momento in cui incominciano ad esserci sentenze, neanche delle sospensive, ma sentenze, da parte dei TAR appunto, rispetto alle chiusure.
  Apprezzo senza dubbio il fatto che si voglia valorizzare la rete, perché nel piano industriale, che io ho letto, veniva citata la rete come un asset e, poi, contemporaneamente, il punto dopo era «però intanto chiudiamo». Io apprezzo sentire da lei oggi che la capillarità diventa un valore. L'abbiamo detto da quando Sinistra Ecologia Libertà è in questo Parlamento e lo stiamo dicendo da quando siamo qua dentro. L'abbiamo detto all'inizio, quando abbiamo avuto i confronti con l'ingegner Caio sul piano industriale nella Commissione trasporti della Camera e anche del Senato, ma siamo stati inascoltati.
  Oggi si dice che per domani vedremo di valorizzare questa capillarità e di far sì che le chiusure diventino l'ultima ratio possibile. Bene, è quello che stiamo sostenendo da parecchio tempo. Peccato, che, nel frattempo, il piano di chiusure è andato avanti e sta andando avanti.
  Contemporaneamente coinvolge anche l'ufficio postale della mia città, su cui vedo che il sottosegretario non è riuscito a darmi una risposta, non ha potuto darmi una risposta di merito e su cui la mia sindaca, la dottoressa Stefania Bonaldi, probabilmente dovrà tutelarsi con un altro ricorso al TAR, perché a questo punto dovremo per forza scegliere quella strada, anche se siamo sul filo di lana, visto che la chiusura è prevista fra pochi giorni. Sappiamo, però, che probabilmente vi sarà qualcuno che speriamo possa dare ascolto e ragione non soltanto al sindaco di una città, ma ai cittadini.
  Detto questo, ribadisco che lei ha compiuto un passo importante con questa risposta di fronte al Parlamento. Noi auspichiamo che, oltre alla importante comunicazione resa in occasione di questa interpellanza, vi sia una ulteriore possibilità tramite una audizione con lei, signor sottosegretario, e anche con l'ingegner Caio su come verrà gestito questo nuovo programma di servizio, in modo tale che dalle critiche si possa passare anche alle valorizzazioni di quanto è stato preannunciato.
  Scaricare sul Parlamento è giusto e doveroso, quando è il caso, signor sottosegretario, le voglio però soltanto ricordare che i criteri adottati circa la resa del servizio universale e lo stesso trasferimento all'AGCOM sono frutto entrambi di leggi dello Stato votate da questo Parlamento, frutto però di proposte avanzate dal Governo italiano, una dal Governo precedente e una dal Governo in essere, per cui si tratta di scelte condivise. Anche quanto ai criteri che nella legge di stabilità avete inserito per ridurre, dal mio punto di vista, la resa del servizio universale, compresa la possibilità di consegnare la posta in determinate aree del Paese a giorni alterni, per il 25 per cento delle aree del Paese – una percentuale importante –, è chiaro che l'AGCOM dice che l'azione di Poste è conforme alla legge dello Stato, che però è stata approvata con un voto di fiducia chiesto dal Governo italiano in quest'Aula. Allora, credo che per amor di verità questo vada rimarcato.

(Iniziative volte ad assicurare l'autonomia dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali e l'effettivo svolgimento di rilevanti attività per la lotta alle discriminazioni – n. 2-01105)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Scotto ed altri n. 2-01105, concernente iniziative volte ad assicurare l'autonomia dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali e l'effettivo svolgimento di rilevanti attività per la lotta alle discriminazioni (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Franco Bordo se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è Pag. 17cofirmatario, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  FRANCO BORDO. Grazie, Presidente. In base al decreto legislativo n. 215 del 2003, la funzione dell'UNAR, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, istituito presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, è quella di «svolgere, in modo autonomo e imparziale, attività di promozione della parità e di rimozione di qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla razza o sull'origine etnica» anche in un'ottica che tenga conto delle forme di razzismo a carattere culturale e religioso.
  L'istituzione del suddetto organismo è avvenuta in attuazione della direttiva europea cosiddetta antidiscriminazioni n. 2000/43/CE, la quale, prescrivendo agli Stati membri l'istituzione di un organismo per la promozione della parità di trattamento di tutte le persone, senza discriminazioni fondate sulla razza o l'origine etnica, ha espressamente prescritto requisiti di indipendenza ed autonomia delle relative funzioni. Le istituzioni internazionali ed europee che operano nel campo dei diritti umani hanno invitato più volte il Governo a tenere in considerazione i forti rischi di razzismo e intolleranza che derivano dal crescente fenomeno del cosiddetto hate speech, discorsi dell'odio.
  Fra le altre, la Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza del Consiglio d'Europa, ricevuta in delegazione a settembre 2015 dal Governo italiano, già nel periodico rapporto all'Italia del 2012, aveva invitato il nostro Paese ad adottare provvedimenti efficaci per combattere l'uso di discorsi xenofobi da parte dei partiti politici o dei loro esponenti o di discorsi che costituiscono un incitamento all'odio razziale. L'Unar ha istruito nel 2015, come da prassi, alcuni casi segnalati anche da diverse associazioni impegnate nella tutela dei diritti umani che denunciavano i contenuti di carattere razzista e xenofobo di diverse affermazioni o interviste rilasciate dall'onorevole Meloni, leader della formazione di destra Fratelli d'Italia. Su uno dei casi istruiti dall'Unar la parlamentare ha creato un vero caso politico con grande clamore sui media per aver lamentato la violazione della propria libertà di espressione e delle proprie prerogative parlamentari. Il Governo, anziché censurare i discorsi dell'odio, razzisti e xenofobi, ha aperto un procedimento disciplinare nei confronti del direttore dell'Unar per la nota inviata alla citata parlamentare in data 30 luglio 2015. Il citato dirigente risulta senza incarico, non essendo stato confermato nella titolarità dell'ufficio al pari di altri dirigenti della Presidenza del Consiglio dei ministri che, di recente, a dispetto di ogni possibile rotazione degli uffici stessi, hanno avuto, alla scadenza del mandato, la conferma dei propri incarichi dirigenziali, come risulta dal sito Internet del Governo alla sezione trasparenza. Già in precedenza lo stesso direttore era stato oggetto di forti critiche da parte di alcune forze politiche per l'impegno profuso nell'attuazione della Strategia nazionale Lgbt. A parere degli interpellanti il citato caso politico sollevato dall'onorevole Meloni ha riaperto le polemiche nei confronti della funzione di lotta alle discriminazioni svolta dall'Unar e ha determinato l'apertura di una preoccupante fase di stallo per le attività dell'ufficio, privo tuttora del direttore e ridotto di quindici unità di personale esperto, fase di stallo, come paventato da molte associazioni che hanno manifestato solidarietà e sostegno all'Unar, che sta determinando la paralisi di alcune attività di rilievo fondamentale per la lotta alle discriminazioni, finanziate in gran parte da fondi europei allo stato inutilizzati per gli anni 2014-2015. In particolare, la progettualità a valere sul nuovo ciclo di programmazione 2014-2020 e sul piano nazionale di inclusione sociale risulta ancora da avviare, con l'accumulo di un grande ritardo anche a seguito del mancato rinnovo di quindici unità di personale che ha determinato un forte depotenziamento dell'ufficio sul versante dei fondi europei; vi è poi la mancata adesione al nuovo programma del Consiglio d'Europa che permetterebbe la prosecuzione della strategia nazionale Lgbt 2013-2015 per i prossimi Pag. 18anni. Sulla base di queste premesse, si intende sapere quali iniziative il Governo intenda assumere e mettere in atto per assicurare la necessaria autonomia dell'Ufficio nazionale, così come richiesto dalla normativa europea, e la sua piena operatività su tutti i fattori della discriminazione. Quali iniziative si stiano programmando per prevenire i pericoli connessi al dilagare del cosiddetto «hate speech» anche nel linguaggio politico e nel discorso pubblico. Quali siano le ragioni per cui il Governo, anziché censurare i discorsi di odio razzisti e xenofobi, ha aperto un procedimento disciplinare nei confronti del direttore; se la spropositata reazione nei confronti dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali non costituisca un ennesimo arretramento sul versante della tutela dei diritti Lgbt, come testimonia la forte reazione del caso dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni ed il mancato rinnovo; quali siano le ragioni per cui il Governo non risulta aver risposto all'invito rivoltogli, da mesi, dal Consiglio d'Europa per l'adesione al nuovo programma che consente la prosecuzione della citata Strategia; quali siano le ragioni per cui non sono state avviate le attività previste dagli obiettivi tematici 9.5 e 2.3 dell'accordo di partenariato, in materia di antidiscriminazione, per il nuovo ciclo di programmazione dei fondi europei; se vi siano delle ragioni specifiche che stanno portando al depotenziamento reale dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni che, dopo la pubblicazione del bando, risulta ancora privo di una direzione e ridotto a quindici unità; quali siano le motivazioni per cui non si è dato compimento alle attività di formazione dei docenti previste dalla citata strategia.

  PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Pier Paolo Baretta, ha facoltà di rispondere.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Grazie, Presidente. L'Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza e sull'origine etnica è l'organismo istituito in attuazione della direttiva n. 2000/43/CE, ed ha le tipiche funzioni proprie nate come strumento di tutela dalle discriminazioni a matrice etnica e razziale.
  Con il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, adottato in attuazione della predetta direttiva, ai sensi dell'articolo 29 della legge n. 39 del 2002 (legge comunitaria 2001), sono state disciplinate in maniera puntuale le funzioni che l'Ufficio svolge, definendo esattamente l'ambito di attività. In relazione a quanto previsto dal citato decreto legislativo n. 251 del 2003 e dal successivo DPCM 11 dicembre 2003 concernente l'organizzazione dell'Ufficio, le funzioni di quest'ultimo si possono raggruppare in quattro ampie categorie, corrispondenti alle seguenti attività: attività dirette a prevenire qualsiasi comportamento o atto che abbia un effetto discriminatorio, attraverso un'azione di sensibilizzazione dell'opinione pubblica e degli operatori di settore e un'attività di informazione e comunicazione; rimozione di qualsivoglia situazione comportante una discriminazione; al riguardo, si segnala che tali funzioni, svolte nel rispetto assoluto dei poteri dell'Autorità giudiziaria, prevedono la possibilità di fornire l'assistenza legale gratuita alle vittime della discriminazione nei procedimenti giurisdizionali ed amministrativi o, ancora, la realizzazione di inchieste per verificare l'esistenza di fenomeni discriminatori; promozione di azioni positive, di studi, ricerche, corsi di formazione e scambi di esperienze, anche in collaborazione con le associazioni e gli enti operanti nel settore, con gli istituti specializzati di rilevazione statistica e con le organizzazioni non governative; l'obiettivo è stabilire linee-guida in materia di lotta alle discriminazioni, codici di condotta, protocolli di intesa per la realizzazione di interventi in favore della parità di trattamento; monitoraggio e verifica dell'effettiva applicazione del principio di parità di trattamento e dell'efficacia dei meccanismi di tutela. A tal fine l'UNAR, attraverso un controllo statistico e qualitativo-sistematico dei casi di discriminazione Pag. 19su base etnica e razziale, elabora annualmente una relazione per il Parlamento e, inoltre, una relazione per il Presidente del Consiglio dei ministri in merito all'attività svolta.
  Per quanto riguarda la richiesta dell'onorevole interpellante in merito alle iniziative del Governo al fine di garantire la necessaria autonomia dell'UNAR, si premette che la scelta di incardinare tale Ufficio presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, operata dall'articolo 7 del citato decreto legislativo n. 215 del 2003 ha suscitato in passato alcune perplessità da parte della Commissione europea riguardanti l'effettiva indipendenza di tale organismo. Tuttavia, i chiarimenti a suo tempo forniti dal nostro Paese in ordine all'indipendenza dell'UNAR sono stati ritenuti pienamente esaustivi dalla Commissione che, solo per altri aspetti, riguardanti la mancata convergenza tra la direttiva e il decreto legislativo di recepimento, ha ritenuto di dover avviare la procedura di infrazione 2005/2538, successivamente sanata con l'adozione delle modifiche legislative contenute nell'articolo 8-sexies della legge 6 giugno 2008, n. 101, in tema di inversione dell'onore della prova, positivamente chiusa dalla Commissione europea nell'ottobre 2009.
  Fu, infatti, osservato che il fatto di aver previsto che l'UNAR, dal punto di vista funzionale, è tenuto a svolgere la propria attività in modo autonomo e imparziale è assolutamente rispondente al principio fissato nella direttiva, laddove si chiede che l'attività posta in essere sia caratterizzata da «indipendenza». Tale previsione non preclude, quindi, che l'Ufficio sia incardinato strumentalmente presso la compagine governativa dove, peraltro, già operano altri organismi dotati di autonomia e indipendenza.
  Peraltro, il legislatore ha previsto una serie di garanzie normative a presidio dell'indipendenza della funzione che riguarda rispettivamente il funzionamento, i compiti e il personale.
  In primo luogo, per l'istituzione, il funzionamento e il raggiungimento delle finalità dell'Ufficio è previsto un finanziamento annuo di oltre due milioni di euro, fissato in modo continuativo nel tempo e non legato alla contingente copertura della legge finanziaria nazionale. In secondo luogo, i compiti dell'UNAR sono fissati tassativamente da una fonte primaria non modificabile da eventuali norme secondarie; peraltro, non si rinviene alcuna norma che autorizzi l'autorità politica ad interferire con l'attività dell'Ufficio.
  D'altra parte, svolgendo attività di rilievo internazionale, l'Ufficio è oggetto di costante monitoraggio da parte delle ONG di settore e dei principali organismi di tutela dei diritti umani in ambito nazionale, comunitario ed internazionale. Il Governo ritiene, quindi, che l'attuale quadro normativo e organizzativo dell'UNAR consenta pienamente a tale Ufficio di svolgere in completa autonomia i delicati compiti attribuiti, operando efficacemente rispetto a tutti i fattori di discriminazione.
  Rispetto alla situazione contingente, che vede l'Ufficio privo di un direttore generale, si segnala che ciò consegue al fatto che il contratto del precedente coordinatore dell'Ufficio è venuto a scadere nello scorso mese di settembre. A seguito di ciò, è stata immediatamente attivata la procedura per la copertura di tale posizione, in applicazione delle disposizioni di cui alle direttive del Presidente del Consiglio dei ministri in data 23 gennaio e 5 settembre 2008, relative alla disciplina del conferimento, mutamento e revoca degli incarichi dirigenziali, con la pubblicazione, in data 28 settembre 2015, della «richiesta di interpello del Dipartimento per le pari opportunità per la copertura, con carattere d'urgenza, del posto di funzione dirigenziale di livello generale disponibile di coordinatore dell'Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza e sull'origine etnica».
  Tale interpello, rivolto ai dirigenti interessati appartenenti ai ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri, è scaduto lo scorso 8 ottobre, termine fissato per la presentazione delle relative candidature. Attualmente, è in corso la valutazione Pag. 20delle istanze presentate, a seguito della quale sarà conferito il nuovo incarico di coordinatore dell'Ufficio UNAR.
  Sempre con riferimento all'attuale composizione dell'organico dell'Ufficio e al depotenziamento del medesimo paventato dall'onorevole interpellante a causa del mancato rinnovo di quindici unità di personale esperto, si segnala che gli ultimi contratti degli esperti sono scaduti lo scorso 30 giugno 2015. Per quanto attiene al mancato rinnovo della procedura di selezione degli esperti, si rappresenta che non si è ancora provveduto al riguardo, poiché il Dipartimento per le pari opportunità, in attuazione delle indicazioni degli organi di controllo, è attualmente impegnato nella revisione dei criteri per il conferimento di incarichi di collaborazione, al fine di favorire l'accesso alle procedure di selezione di un più ampio numero di candidati.
  Tra l'altro, si sottolinea che gli esperti i cui contratti sono scaduti seguivano progetti che sono in fase di conclusione, attualmente portati avanti dal restante personale in carico all'UNAR. Con riferimento alla richiesta dell'onorevole interpellante concernente le iniziative avviate sul cosiddetto hate speech anche nel linguaggio politico e nel discorso pubblico, si segnala che l'UNAR ha inserito tale tema nel Piano nazionale di azione contro il razzismo, la xenofobia e l'intolleranza, che è stato approvato con decreto ministeriale 7 agosto 2015. Inoltre, in relazione alla diffusione e alla rilevanza di tale fenomeno discriminatorio sul web – i dati trasmessi dall'UNAR riportano che nel 2014 sono stati registrati 333 casi di discriminazione online su un totale di 1.337 casi –, nel nuovo bando relativo al Contact Center antidiscriminazioni, l'UNAR ha previsto la costituzione di uno specifico «Osservatorio sui mass media e sui social network», che diventerà operativo entro il corrente mese di ottobre.
  Inoltre, sempre sul medesimo tema, si segnala che l'UNAR sta partecipando al progetto, attivato a valere sui fondi europei, denominato PRISM, finalizzato al contrasto dell’hate speech sui new media, di cui è capofila l'ARCI, che vede la partecipazione di altri soggetti quali l'Università di Barcellona, SOS Razzismo, UNICRI, CNR, Carta di Roma, Cittalia, Ligue de l'insegnament, DP e ROTA.
  Per quanto concerne la richiesta relativa alla mancata adesione al nuovo programma del Consiglio d'Europa per la prosecuzione della Strategia nazionale LGBT 2013-2015, si segnala che in occasione del terzo Forum IDAHO svoltosi a Budva, Montenegro, dal 10 al 12 maggio 2015, al quale ha partecipato in rappresentanza dell'Italia il sottosegretario Ivan Scalfarotto, il Consiglio d'Europa, considerato il buon esito del precedente programma ha rivolto a tutti i Paesi che fanno parte della rete del Focal Point delle strategie nazionali LGBT un appello ad aderire al nuovo programma. In merito all'eventuale adesione al nuovo programma del Consiglio d'Europa sono in corso le valutazioni sul piano tecnico e politico.
  Con riferimento a queste tematiche, si sottolinea poi che è stato presentato ufficialmente il 4 giugno 2015, presso la Sala monumentale della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Portale di documentazione LGBT, realizzato nell'ambito dell'accordo di collaborazione tra il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri e il comune di Torino nel giugno 2013. Al fine di garantire una maggiore scientificità del materiale documentale del Portale, la Presidenza ha ritenuto necessario avvalersi di un comitato di esperti nonché di accademici e accademiche di elevatissima qualificazione professionale e comprovata esperienza nel campo dei diritti, della cultura e delle scienze. Tale comitato è stato costituito con DPCM del 16 luglio 2015 e si è riunito per la prima volta il 29 luglio 2015. Anche nel corso di tale riunione è stato ribadito che il Portale non intende promuovere orientamenti ideologici ma contrastare le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere e rappresentare una fonte di vera informazione e formazione per tutti coloro che desiderano saperne di più e soprattutto Pag. 21nel modo corretto delle complesse tematiche che riguardano l'orientamento sessuale, l'identità di genere e la intersessualità.
  Per tali ragioni, proprio a garanzia e nel rispetto di una informazione corretta, la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Dipartimento per le pari opportunità intendono assicurare la messa on line del Portale solo a seguito della validazione scientifica di tutta la copiosa documentazione già inserita, da parte del comitato scientifico di esperti la cui prossima riunione è prevista per il 20 ottobre 2015.
  In merito all'avvio delle attività relative al nuovo ciclo di programmazione dei Fondi europei 2014-2020 per gli obiettivi 9.5 e 2.3 dell'Accordo di partenariato in materia di antidiscriminazione, si segnala che il Dipartimento per le pari opportunità sta predisponendo tutti gli atti necessari alla stipula della convenzione tra il Dipartimento e l'autorità di gestione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali al fine di dare avvio alla nuova programmazione dei Fondi strutturali 2014-2020, in cui uno specifico Obiettivo è dedicato ai Rom.
  Con riferimento alla richiesta dell'onorevole interpellante concernente le iniziative previste nella VI Settimana di azione contro la violenza e discriminazione nelle scuole, considerata la centralità del settore dell'educazione nella strategia contro la violenza e le discriminazioni, si segnala che il Dipartimento e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca hanno firmato il 30 dicembre 2013 un accordo di collaborazione (ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 241 del 1990) che prevedeva risorse congiunte per un totale di 500 mila euro. In attuazione del citato accordo, nel dicembre 2014, il MIUR ha bandito un avviso pubblico rivolto a tutte le scuole di ogni ordine e grado, finalizzato al finanziamento di progetti per la realizzazione di iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione sulla prevenzione di qualsiasi forma di violenza e discriminazione, da avviare a supporto delle iniziative presentate nella Settimana nazionale contro la violenza e la discriminazione, al fine di garantire una continuità durante tutto il corso dell'anno scolastico. Sono pervenuti circa 300 progetti che sono stati esaminati da una commissione composta dai rappresentanti del MIUR e del Dipartimento per le pari opportunità che ha concluso la valutazione dei progetti, proponendo una graduatoria finale, alla fine del mese di giugno 2015. Attualmente, si è in attesa della pubblicazione ufficiale dei vincitori, da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
  Infine, avendo riguardo alla richiesta dell'interpellante in ordine all'avvio di un procedimento disciplinare a carico del direttore pro tempore dell'UNAR, si tratta di un procedimento ancora in corso, che perciò non può evidentemente formare oggetto, allo stato, di alcuna informazione nel merito.

  PRESIDENTE. L'onorevole Franco Bordo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Scotto ed altri n. 2-01105, di cui è cofirmatario.

  FRANCO BORDO. Signor Presidente, signor sottosegretario, abbiamo sentito il dovere di intervenire su quello che è diventato ormai il paradosso dell'UNAR, che per normativa europea ha il compito di intervenire su tutti i casi di razzismo e discriminazione nel nostro Paese. Rispetto a quanto lei ha sottolineato relativamente alla indipendenza, nel momento in cui un Governo procede ad un provvedimento disciplinare come quello che ha di fatto esautorato il direttore dell'ufficio stesso, al di là delle osservazioni inviate in Europa, osservazioni poi recepite, io penso che ci sia il problema, che il problema dell'indipendenza sia tuttora presente. Questa vicenda, tutta questa vicenda, noi a questo punto non potremo fare a meno di segnalarla anche agli organismi europei deputati a questo tipo di sorveglianza: perché è un vero paradosso che il Governo, anziché censurare i discorsi di odio, razzisti e xenofobi, pronunciati in questo caso da una parlamentare dell'estrema destra, abbia Pag. 22aperto un procedimento disciplinare nei confronti del direttore dell'UNAR; direttore che ad oggi risulta pagato dalla Presidenza, ma senza incarico. Diciamo con chiarezza che solo per questo ufficio, e non per altri in scadenza, è stato pubblicato un interpello, un interpello ancora aperto.
  Dal giorno di quelle contestazioni ad oggi, l'ufficio è stato fortemente depotenziato, ribadiamo: è privato di una direzione, di 15 unità di personale esperto. Le sue risposte non sono state soddisfacenti rispetto al rischio della perdita di finanziamenti europei su cui si faceva affidamento per l'attuazione del Piano antirazzismo e della Strategia rom. Siamo convinti che dietro questo paradosso, del quale chiediamo... Lo so, ormai chiedere è... Però invitiamo ancora ad una riflessione, una riflessione di coerenza del Governo. Noi crediamo che dietro questo paradosso si celi un ennesimo compromesso, un altro dietrofront sul piano della questione LGBT: si veda, tra l'altro, l'ennesimo rinvio sulle unioni civili.
  Proprio sulla Strategia LGBT il direttore è stato più volte messo al centro di polemiche, anche qui per aver svolto il proprio dovere, diventando così di fatto un direttore «scomodo»; come ha scritto ad esempio Chiara Saraceno sulle prime pagina di la Repubblica, quotidiano nazionale, con grande chiarezza nello scorso mese di settembre.
  Ne costituiscono riprova non solo le reazioni forti di tutte le associazioni LGBT, e non riusciamo a capire perché il Governo voglia scontrarsi con queste associazioni. Forti reazioni sul caso, ma anche per il fatto che il Governo non abbia rinnovato la Strategia LGBT, non avendo mai risposto all'invito del Consiglio d'Europa; e non abbia di fatto ancora pubblicato l'atteso Portale LGBT.
  A noi pare evidente che il Governo stia abbandonando, sostanzialmente, un altro piccolo, ma importante, tassello della tutela dei diritti delle persone più deboli e vulnerabili, lasciando oggi l'UNAR in balia delle opposizioni razziste ed omofobe. Speriamo di sbagliarci, ma i segnali che vediamo vanno tutti in questo senso.

(Chiarimenti ed iniziative in ordine alla questione dei tempi e del completamento dei pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese – n. 2-01114)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Sorial ed altri n. 2-01114, concernente chiarimenti ed iniziative in ordine alla questione dei tempi e del completamento dei pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Castelli se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  LAURA CASTELLI. Grazie, Presidente. Questa interpellanza riguarda il fatto che, ancora una volta, bisogna dire e dirsi che la ragione di quasi, se non tutti, i mali continua a essere il Patto di stabilità, continua a essere la vostra non chiara posizione sul Patto di stabilità e su quello che genera e che va a cagionare direttamente agli enti locali.
  In questa interpellanza parliamo del decreto-legge n. 35 del 2013, quello sui pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione. Si erano stanziati 75 miliardi, così come da fonte Banca d'Italia, fino al 2013. Ad oggi, ancora un terzo risulta da saldare; quindi, abbiamo 38,6 miliardi su 57 che ancora sono da stanziare. In più, ci sono questi 2,9 miliardi che sono stati previsti da un altro decreto, che è quello sugli enti locali, che abbiamo visto poco tempo fa in quest'Aula.
  Ciò detto, gli enti locali continuano a pagare in ritardo e questo che significa ? Significa che avete fatto un decreto che effettivamente non insegna e non mette delle regole chiare per il pagamento. Chiude e mette una toppa a un problema immenso che va, in ultima istanza, a Pag. 23creare dei forti problemi al tessuto delle imprese del nostro Paese, ma di certo non è la soluzione definitiva, perché le regole che questi Governi hanno stabilito finora non bastano a garantire a un'impresa, che svolge un lavoro per la pubblica amministrazione, di essere pagata nei tempi certi per il proprio lavoro.
  Avete creato, quindi, mille problemi con questo decreto e questo ce lo dicono i comuni, ce lo dicono le regioni, ce lo dicono le stesse imprese, che ancora aspettano i soldi. Quindi, non solo non avete innescato un metodo virtuoso perché questo problema non si ripresenti più, ma avete anche creato dei problemi contabili immensi e voi, tra l'altro, non ce ne avete neanche parlato, cioè il Governo non ci ha illuminato sui problemi enormi a cui le regioni e a cui gli enti locali hanno dovuto fare fronte e l'abbiamo saputo, chiaramente, dai nostri consiglieri regionali nelle regioni.
  Perché problemi contabili ? Perché non avete specificato che natura avrebbe dovuto avere la ricezione del denaro da parte vostra, da parte dello Stato, all'interno del bilancio delle regioni. Quindi, invece di scrivere «anticipazioni di cassa», alcune regioni – e quando dico alcune dico molte – hanno scritto «concessioni di mutui». Chiaramente non devo insegnarlo a lei, sottosegretario Baretta, che cosa può provocare questo all'interno di un bilancio: provoca, secondo stime che abbiamo letto su molti quotidiani, un buco di 20 miliardi sul Patto di stabilità. Certo, perché se non si scrive «anticipazione di cassa» ma si scrive «concessione di mutuo» c’è un'apertura del Patto di stabilità. Allora, sommando questo qui pro quo, si contano 20 miliardi e in alcune regioni addirittura sono intervenute delle sentenze della Corte costituzionale.
  Io provengo dal Piemonte e so che voi avete incontrato i dirigenti delle sezioni bilancio delle regioni, che avete cercato di capire dove mettere mano e che, addirittura, molti dirigenti del settore bilancio si sono lamentati, perché siete voi stessi che avete accompagnato le regioni, passo dopo passo, nella contabilizzazione di queste particolari voci.
  Quindi, noi oggi discutiamo questa interpellanza per chiedere essenzialmente due cose: in primo luogo, quali sono le ragioni del ritardo dei pagamenti, visto che continua a essere un problema per le imprese italiane, soprattutto per le piccole imprese, perché stiamo parlando soprattutto di piccole imprese; in secondo luogo, come pensate di risolvere il problema contabile che avete creato e il problema che questo ha generato sul Patto di stabilità delle regioni e, quindi, chiaramente di tutto lo Stato.
  Visto che siamo alla soglia della discussione del disegno di legge di stabilità, anche se purtroppo non abbiamo ancora avuto la fortuna di vedere questo testo, ma solo raccapriccianti slide vuote di significato, chiediamo al Governo di avere un minimo di risposta.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Pier Paolo Baretta, ha facoltà di rispondere.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Grazie, Presidente. Con riferimento ai motivi che hanno determinato il ritardo dei pagamenti commerciali da parte delle pubbliche amministrazioni, sono state individuate alcune cause che, a diversi livelli, ne hanno inficiato la capacità di pagamento: la crisi di liquidità, i vincoli derivanti da norme di finanza pubblica, l'intempestività nell'erogazione dei trasferimenti tra le pubbliche amministrazioni.
  Per superare queste criticità, gli interventi posti in campo hanno riguardato l'erogazione di anticipazioni di liquidità e la concessione di spazi finanziari a favore degli enti territoriali, l'accelerazione dei rimborsi fiscali, l'obbligo di erogare entro termini certi (60 giorni) i trasferimenti tra amministrazioni pubbliche, la possibilità per le aziende di cedere crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni a intermediari finanziari, cessione assistita da garanzia dello Stato con riferimento a Pag. 24debiti maturati al 31 dicembre 2013, per i quali sia stata presentata istanza di certificazione da parte del creditore entro il 30 ottobre 2014.
  Parallelamente, per evitare il riformarsi di uno stock di debiti scaduti e non pagati, si è ritenuto necessario monitorare continuamente sia i tempi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni, sia la formazione di nuovi debiti.
  Sotto il profilo della realizzazione di queste misure e del perseguimento degli obiettivi, si è dovuta affrontare l'esigenza di implementare gli strumenti informatici di particolare rilevanza e di assicurare l'adesione da parte di oltre 22 mila amministrazioni pubbliche. Il sistema della piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti è lo strumento idoneo per rilevare lo stock dei debiti commerciali di queste 22 mila amministrazioni pubbliche che si sono registrate. A decorrere dal 1o luglio 2014, la piattaforma elettronica consente di rilevare i dati relativi alle fatture, sia cartacee che elettroniche, emesse verso le pubbliche amministrazioni e di monitorare l'intero ciclo di vita dei debiti commerciali.
  Dal 1o aprile 2015, data dalla quale la fatturazione elettronica è obbligatoria per tutte le pubbliche amministrazioni, il sistema di interscambio dell'Agenzia delle entrate alimenta direttamente la piattaforma elettronica con i dati di tutte le fatture emesse nei confronti delle pubbliche amministrazioni. Sono, invece, presenti alcuni elementi di criticità sul fronte della trasmissione, da parte delle stesse amministrazioni, dell'avvenuto pagamento di fatture regolarmente registrate, differenziate a seconda delle tipologie di ente e della loro dimensione.
  In proposito, considerate le difficoltà rappresentate da alcune pubbliche amministrazioni (regioni, enti del servizio sanitario nazionale ed enti locali di maggiori dimensioni), è stata implementata e resa disponibile agli utenti, dal mese di luglio 2015, una ulteriore modalità di trasmissione dei dati alla piattaforma, attraverso un sistema di web services, che consente, in via automatica e continuativa, la registrazione dei diversi stadi di lavorazione delle fatture.
  In parallelo, le pubbliche amministrazioni coinvolte in tale processo stanno adeguando le proprie infrastrutture informatiche, i sistemi contabili e le procedure interne per la ricezione e la successiva contabilizzazione dei flussi elettronici di fatturazione fino alla fase del pagamento.
  L'avvio di processi virtuosi di dematerializzazione dell'intero ciclo passivo è da considerare un fattore propedeutico anche alla riduzione dei tempi di pagamento e al recupero di efficienza, oltre che di risorse.
  L'opportunità dell'alimentazione della piattaforma elettronica tramite l'utilizzo dei web services costituisce un altro passo per completare il sistema di monitoraggio dei pagamenti: a fronte della rilevazione complessiva di tutte le fatture passive delle pubbliche amministrazioni, le iniziative intraprese per la registrazione delle successive fasi di lavorazione della fattura fino al pagamento consentono di acquisire e disporre di tutte le informazioni per il monitoraggio puntuale del fenomeno. In questo modo è possibile registrare tutti i dati sulla formazione del debito commerciale e misurare analiticamente l'entità residua dei debiti delle pubbliche amministrazioni, oltre che disporre di un monitoraggio più puntuale e trasparente della spesa pubblica. Resta inteso che il successo di questa operazione si fonda sulla collaborazione attiva da parte di tutte le pubbliche amministrazioni coinvolte.
  Con riferimento, infine, allo smaltimento dello stock di debito residuo, prosegue l'impegno profuso in termini di risorse finanziarie messe a disposizione per far fronte al pagamento dei debiti scaduti fino al 31 dicembre 2014.
  Alla data del 20 luglio 2015, a fronte di risorse stanziate per 56,3 miliardi di euro, sono state messe a disposizione degli enti debitori risorse per un ammontare complessivo pari a 44,7 miliardi di euro, mentre i pagamenti effettuati ai creditori, ad oggi rendicontati, sono pari a 38,7 miliardi. Attualmente è in corso di acquisizione l'aggiornamento dei dati riferiti ai Pag. 25pagamenti già effettuati a favore delle imprese, ma non ancora rendicontati dagli enti.
  Infine, aggiungo che una parte di questi argomenti saranno oggetto della ormai imminente discussione sulla legge di stabilità, che si aprirà in Parlamento tra pochi giorni.

  PRESIDENTE. L'onorevole Castelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Sorial n. 2-01114, di cui è cofirmataria.

  LAURA CASTELLI. Presidente, non siamo soddisfatti perché ad una parte corposa di questa interpellanza non abbiamo ricevuto risposta. Il Governo non ha spiegato come metterà a posto il problema relativo alle regioni che hanno contabilizzato in maniera errata, a causa di una mancata chiarezza all'interno del decreto e a causa di un non adeguato affiancamento del Governo stesso alle regioni quando queste hanno dovuto contabilizzare queste particolari poste di bilancio.
  Parla di crisi di liquidità, ma qui la crisi di liquidità agli enti locali l'avete creata voi. Siete voi che non date in tempo il denaro che spetta agli enti locali, alle regioni e ai comuni. Avete fatto fare dei mutui trentennali alle regioni, che mettono in ginocchio le generazioni attuali e quelle future per quel che riguarda questo decreto; vi sono regioni che hanno mutui per trenta anni, aumentando addizionali Irpef per trenta anni. E voi parlate di crisi di liquidità ? Voi avete un sacco di liquidità nel vostro bilancio e mai riuscite a spiegarci per quale motivo: il bilancio dello Stato ha un sacco di soldi liquidi che vengono usati in maniere poche chiare. Su questo abbiamo fatto anche delle interrogazioni e non ci è mai stato chiarito che cosa fate voi di questa liquidità. Quindi, sentire oggi parlare di problemi di liquidità creati da voi è veramente disdicevole.
  Inoltre, le buone politiche e le buone pratiche non si possono fare con gli strumenti informatici e basta; lei, Baretta, per i suoi dieci minuti di risposta, ha parlato di piattaforme informatiche e modi intelligenti di gestire le partite a credito e a debito. Non è questo il modo per fare meglio quello che bisogna fare con gli enti locali, la partecipazione e la connessione di cui lei parla tra enti locali e Governo, soprattutto perché, appunto, il problema più grosso lo generate voi. Se ci fosse magari un'accurata programmazione da parte dello Stato rispetto a quelli che sono i tempi che gli enti locali devono rispettare, alcuni di questi problemi non ci sarebbero.
  Qualche giorno fa la stessa ANCI, che sappiamo essere altamente politicizzata, è venuta a chiederci le cose che noi più volte abbiamo chiesto in quest'Aula per migliorare la situazione e lo stato di salute degli enti locali. Ora, a conti fatti, quasi ad apertura della legge di stabilità, l'ANCI viene a dirci che ci sono dei problemi, che i comuni, gli enti locali hanno dei problemi. Perfetto, noi abbiamo cercato di risolverli con una mozione che in quest'Aula è stata bocciata e non è stata sostenuta dal Governo, ma guardi, neanche dal presidente dell'ANCI, per cercare di mettere a posto questi problemi, soprattutto quelli che riguardano la liquidità e le promesse non mantenute di quei soldi che lo Stato avrebbe dovuto dare agli enti locali, che poi – ma a voi, ormai questo l'abbiamo capito, non vi tocca, non vi tange per nulla – vanno a ripercuotersi purtroppo sulle spalle di tutti noi cittadini. Voi potete continuare a giocare con i sistemi informatici e dare gli appalti all'azienda Tizio e Caio per migliorare lo stato informatico delle vostre amministrazioni, delle amministrazioni pubbliche, ma guardate che a pagare siamo sempre e solo noi cittadini.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
  Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo che è attualmente in corso. La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 11,35, è ripresa alle 12,40.

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Sul calendario dei lavori dell'Assemblea e aggiornamento del programma.

  PRESIDENTE. Comunico che, a seguito della riunione odierna della Conferenza dei presidenti di gruppo, si è convenuto, con il consenso di un numero di presidenti di gruppo la cui consistenza numerica è complessivamente superiore ai tre quarti dei componenti della Camera, che la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2613-B – Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato, modificato, in prima deliberazione, dalla Camera e nuovamente modificato, in prima deliberazione, dal Senato) avrà inizio a partire da venerdì 20 novembre.
  L'esame del provvedimento, con votazioni, proseguirà nella settimana successiva nonché, ove non si concluda nel mese di novembre, dal 1o al 4 dicembre, con tempi contingentati. Il contingentamento sarà predisposto in modo da garantire tempi particolarmente ampi ai gruppi di opposizione, ferma restando la necessità di individuare adeguati tempi tecnici in relazione al numero degli emendamenti che verranno presentati.
  Le dichiarazioni di voto finale ed il voto finale avranno luogo lunedì 11 gennaio 2016, a partire dalle ore 15.
  Su richiesta delle rispettive Commissioni, l'esame delle proposte di legge n. 1751 – Disposizioni per la protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità nell'interesse pubblico e n. 2039, 948 ed abbinate – Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato, già previsto in calendario per la settimana 26-30 ottobre, è rinviato al mese di novembre.
  Nella settimana 26-30 ottobre, in luogo della proposta di legge n. 1751, è stato inserito l'esame delle mozioni Businarolo ed altri n. 1-00783 e Scotto ed altri n. 1-00912 concernenti iniziative per assicurare maggiore trasparenza e partecipazione nelle procedure di nomina dei membri dei consigli di amministrazione delle società partecipate dallo Stato e da altri soggetti pubblici, già previsto in programma per il mese di novembre.
  L'organizzazione dei tempi per l'esame delle mozioni Businarolo ed altri n. 1-00783 ed abbinata sarà pubblicato in calce al resoconto della seduta odierna.
  Il programma si intende conseguentemente aggiornato.
  Salutiamo, infine, gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo statale «Leonardo da Vinci» di Abbadia San Salvatore, in provincia di Siena, che sono oggi presenti in Aula e seguono questo momento della nostra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 19 ottobre 2015, alle 14:

  1. – Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
   S. 1880 – Riforma della RAI e del servizio pubblico radiotelevisivo (Approvato dal Senato) (C. 3272-A).
  e delle abbinate proposte di legge: CAPARINI ed altri; ANZALDI; FICO ed altri; MARAZZITI; FRATOIANNI ed altri; CAPARINI ed altri (C. 420-2846-2922-2924-2931-2942).
  — Relatori: Bonaccorsi (per la VII Commissione) e Peluffo (per la IX Commissione), per la maggioranza; Fico, di minoranza.

  2. – Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 20 settembre 2015, n. 146, recante misure urgenti per la fruizione del pa- Pag. 27trimonio storico e artistico della Nazione (C. 3315-A).
  — Relatrici: Rotta, per la maggioranza; Chimienti, di minoranza.

  3. – Discussione sulle linee generali delle mozioni Benedetti ed altri n. 1-00720 e Zaccagnini ed altri n. 1-01019 in materia di autorizzazione alla commercializzazione e all'utilizzo dei prodotti fitosanitari.

  4. – Discussione sulle linee generali delle mozioni Alli ed altri n. 1-00956 e Spadoni ed altri n. 1-01018 concernenti iniziative per rafforzare la cooperazione allo sviluppo a favore dei Paesi africani, anche nella prospettiva della riduzione dei flussi migratori.

  La seduta termina alle 12,45.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLA MOZIONE N. 1-00783 E ABB.

Mozione n. 1-00783 e abb. – Iniziative per assicurare maggiore trasparenza e partecipazione nelle procedure di nomina dei Consigli di amministrazione delle società partecipate dalle Stato e da altri soggetti pubblici

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 20 minuti
 Partito Democratico 1 ora e 17 minuti
 MoVimento 5 Stelle 32 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà –
 Berlusconi Presidente
27 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 20 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 19 minuti
 Scelta civica per l'Italia 18 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei
 Popoli – Noi con Salvini
17 minuti
 Per l'Italia – Centro Democratico 16 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 15 minuti
 Misto: 19 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA – MAIE - Movimento Associativo italiani all'estero 6 minuti
  Alternativa Libera 6 minuti Pag. 29
  Minoranze Linguistiche 4 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) –
  Liberali per l'Italia (PLI)
3 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione di ciascuna mozione.