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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 553 di venerdì 22 gennaio 2016

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 9,30.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Michele Bordo, Bueno, Brunetta, Calabria, Catania, Crippa, Dambruoso, Fedriga, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Giancarlo Giorgetti, Locatelli, Lotti, Manciulli, Marazziti, Pes, Pisicchio, Ravetto, Realacci, Rosato, Rughetti, Sanga, Scotto, Tabacci e Valeria Valente sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,35).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza per la salvaguardia dei diritti umani e della democrazia in Burundi – n. 2-01207)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Quartapelle Procopio ed altri n. 2-01207, concernente iniziative di competenza per la salvaguardia dei diritti umani e della democrazia in Burundi (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Tommaso Currò se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmatario, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  TOMMASO CURRÒ. Rapidamente Presidente, grazie. Buongiorno, signori sottosegretari. Il Burundi sta attraversando una nuova fase di instabilità politica e di violenza.
  Ciò deriva dal fatto che nell'aprile del 2015, quindi dello scorso anno, il Presidente Nkurunziza ha deciso di ricandidarsi per un terzo mandato alla guida del Paese, in contrasto con la Costituzione che prevede il limite di due mandati, violando così di fatto gli accordi Arusha, che nel 2000 avevano posto fine ad una guerra civile ventennale e che di fatto sono stati alla base di un fragile equilibrio in tutta la regione dei Grandi Laghi.
  Si è innescata, in conseguenza a ciò, una ondata di violenze che è culminata Pag. 2poi, nel dicembre 2015, in un attacco da parte degli oppositori ai danni, diciamo così, di due basi militari dell'esercito governativo. Le forze governative hanno risposto con il pugno di ferro, dispiegando carri armati in città e stringendo d'assedio i quartieri roccaforti dell'opposizione e scatenando così una repressione feroce.
  In questo scenario sono stati ritrovati centinaia di cadaveri e anche fosse comuni. Le vittime delle esecuzioni sono in grande maggioranza appartenenti all'etnia dei Tutsi, e questa circostanza, di conseguenza, unita alla natura e alla quantità di violenze proprie di un conflitto etnico, alimenta le preoccupazioni per quello che pare delinearsi come l'inizio di un vero e proprio genocidio, sulla scia di quello perpetrato in Ruanda nel 1994 e che ha visto lo sterminio di circa 800 mila persone appartenenti appunto all'etnia Tutsi per mano della maggioranza Hutu.
  Viste le forti condizioni di instabilità e di violenza che si stanno generando in questi ultimi periodi nel Burundi, sembra che questo conflitto sia sempre più da ascrivere a quello che già era stato in decenni passati, appunto, un conflitto tra etnie, anziché un conflitto squisitamente politico tra oppositori e forze governative.
  Quindi, in questo scenario noi chiediamo quali siano le iniziative che il Governo intende assumere per cercare di porre fine a queste violenze e anche in considerazione del fatto che il Presidente Nkurunziza non sembra spaventato dalle sanzioni economiche che sono state imposte dall'Unione europea e dagli USA, e anzi ha affermato che, se l'Unione africana dovesse mandare truppe di peacekeeping, la risposta sarà una risposta che avverrà con il fuoco.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, senatore Benedetto Della Vedova, ha facoltà di rispondere.

  BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Vorrei innanzitutto fornire un aggiornamento circa la situazione in Burundi a seguito della nuova ondata di violenze innescatosi il 12 dicembre scorso con l'assalto di tre postazioni militari. L'episodio, per il quale non è ancora pervenuta alcuna rivendicazione, ha segnato una escalation, sia nelle violenze che nella retorica del regime che ha attuato una repressione particolarmente dura.
  Nonostante l'estrema gravità della situazione nel Paese, credo sia momento prematuro parlare di vero e proprio genocidio, anche sulla base delle valutazioni espresse dall'ONU. Tuttavia è indubbio che la crisi in atto vada attentamente monitorata, la situazione potrebbe precipitare in assenza di adeguate e tempestive soluzioni che non possono provenire esclusivamente dall'interno.
  Una prima sessione di dialogo interburundese si è tenuta ad Entebbe, in Uganda, il 28 dicembre scorso, confermando tuttavia le divergenti posizioni tra Governo e opposizioni. Una seconda sessione era prevista per il 6 gennaio ad Arusha, ma è stata annullata in quanto l'Esecutivo continua a non riconoscere la rappresentatività di alcuni esponenti dell'opposizione e della società civile.
  Di fronte a questa complessa situazione, l'Italia è da tempo fortemente impegnata a sostenere attivamente gli sforzi diplomatici in corso per riportare le parti intorno a un tavolo. Già lo scorso 20 novembre, il Ministro Gentiloni, in occasione di un incontro bilaterale con l’omologo burundese Nyamitwe, aveva avuto modo di insistere sulla necessità, per le parti in conflitto, di porre fine alle violenze e di avviare un dialogo inclusivo tra forze governative e opposizioni da tenersi al di fuori dal Paese.
  Il Governo, anche sulla base del principio di appropriazione africana della gestione delle crisi locali, ritiene vada infatti sostenuta la mediazione regionale, ora gestita dal Presidente ugandese Museveni su mandato dell’East African Community, eventualmente affiancata da un più marcato sostegno dell'Unione Africana, che sin Pag. 3dall'inizio della crisi ha mantenuto una coerente e decisa linea politica di condanna del regime di Bujumbura.
  In questo quadro si inserisce la missione in Burundi, iniziata ieri, di rappresentanti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che è stata organizzata in stretto coordinamento con l'Unione Africana. Al termine della loro missione, i delegati si recheranno presso la sede dell'Unione Africana ad Addis Abeba per valutare la situazione.
  A sostegno di tale processo, il Governo continua anche a sostenere in maniera convinta gli sforzi negoziali in corso in ambito di Unione europea e di Nazioni Unite. In ambito di Unione europea stiamo lavorando con i nostri partner per chiudere, fra la fine di febbraio e gli inizi di marzo, le consultazioni Unione europea-Burundi attivate per la violazione dei diritti umani secondo l'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou. Ricordo che tali consultazioni rappresentano un momento intermedio prima dell'adozione di vere e proprie sanzioni come la sospensione degli aiuti allo sviluppo europeo.
  Proprio in questa prospettiva il Servizio europeo per l'azione esterna sta valutando possibili misure per proseguire la cooperazione con il Burundi attraverso canali diversi da quello governativo. L'Unione europea si riserva, inoltre, di adottare nuove misure restrittive oltre a quella adottata lo scorso 1o ottobre nei confronti di persone detenute responsabili di violenze, violazioni dei diritti umani e intralcio al dialogo politico. Sempre in ambito multilaterale, sosteniamo con convinzione l'azione dell'ONU, in particolare quella del Consiglio dei diritti umani dell'ONU a Ginevra.
  In tale ambito, lo scorso 17 dicembre abbiamo sostenuto insieme ai nostri partner una soluzione che chiede l'invio urgente di una missione di esperti nel Paese, nonché la formulazione di raccomandazioni per fornire assistenza tecnica a sostegno del processo di riconciliazione e dell'attuazione degli Accordi di Arusha. Su questa base, l'Alto Commissariato per i diritti umani dell'ONU sta attualmente lavorando all'invio nelle prossime settimane delle suddette missioni brevi nel Paese e successivamente di una missione di più lunga durata allo scopo di monitorare la situazione sul terreno. La condizione dei diritti umani in Burundi sarà, pertanto, oggetto di valutazioni da parte del Consiglio anche nei prossimi mesi, a partire dalla prossima sessione di marzo.
  Infine, un breve, ma doveroso cenno alla situazione dei nostri connazionali, ormai pochi, rimasti nel Paese. Finora nessuno è rimasto coinvolto negli scontri. La nostra ambasciata in Uganda, competente anche per il Burundi, continua a monitorare costantemente la situazione in coordinamento con il corrispondente consolare a Bujumbura e con l'unità di crisi e continua a mantenersi in contatto con i connazionali, ai quali è stato consigliato di limitare quanto più possibile gli spostamenti nel Paese. Continueremo a seguire attentamente l'evolversi della situazione agendo in stretto coordinamento con i partner europei ed internazionali al fine di promuovere un dialogo costruttivo e inclusivo che consenta di porre fine alla violenza e giungere ad una soluzione politica della crisi.

  PRESIDENTE. L'onorevole Currò ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Quartapelle Procopio ed altri n. 2-01207, di cui è cofirmatario.

  TOMMASO CURRÒ. La ringrazio sottosegretario. Sono soddisfatto della risposta. Vorrei soltanto sottolineare l'importanza del ruolo che l'Italia deve avere in sede europea. L'attualità ci porta su scenari di politica internazionale che guardano più alla Siria e allo scenario mediorientale, ma la crisi nel centro dell'Africa non deve essere trascurata; invece, come vedo appunto dalle sue risposte, deve essere al centro dell'attenzione delle politiche del nostro Paese, soprattutto nelle sedi europee, per cercare anche di calendarizzare e di mettere all'ordine del giorno le discussioni che riguardano questo Paese che ha visto, come sappiamo, in passato Pag. 4davvero perpetrarsi crimini tremendi. Quindi, la ringrazio molto.

  PRESIDENTE. La ringrazio per la sintesi, onorevole Currò.

(Elementi ed iniziative in merito alla situazione igienico-sanitaria del carcere Sollicciano di Firenze – n. 2-01226)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Parisi e Pisicchio n. 2-01226, concernente elementi ed iniziative in merito alla situazione igienico-sanitaria del carcere Sollicciano di Firenze (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Parisi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MASSIMO PARISI. Grazie, Presidente. Signor rappresentante del Governo, questa interpellanza vuole porre all'attenzione del Parlamento e del Paese una vera e propria situazione di emergenza.
  Vorrei dire una vergogna nazionale, qual è quella della situazione del carcere di Sollicciano a Firenze. Noi sappiamo – non avrei bisogno di premetterlo – che per la nostra civiltà, per la nostra cultura, lo stato delle carceri dovrebbe quantomeno essere un metro di misura dello stato del Paese. Come diceva Voltaire, «non fatemi vedere i vostri palazzi, ma le vostre carceri perché è da esse che si misura il grado di civiltà di una nazione». Ebbene, se Voltaire vedesse quello che sta succedendo, quello che succede, non solo in questi giorni, perché la situazione in realtà è allarmante da tempo, a Sollicciano, si farebbe davvero una pessima idea del nostro Paese. E lo è per la nostra cultura, per la nostra civiltà e lo è per il fatto che la nostra Costituzione ci ricorda, all'articolo 27, comma terzo, che il fine è la rieducazione del condannato e che non si possono sottoporre i condannati a trattamenti contrari al senso di umanità. E questo è di tutta evidenza un obbligo costituzionale, un obbligo che ha purtroppo già esposto il nostro Paese a livello internazionale a interventi degli organismi europei. Quello che sta succedendo a Sollicciano, però, non è un fatto nuovo e lo ricordo perché quella struttura nell’hinterland fiorentino fu creata negli anni Settanta quando probabilmente gli architetti si preoccupavano più che altro di far belli se stessi e non dell'efficienza delle strutture che si andavano a costruire. Doveva essere una struttura addirittura temporanea. La sua planimetria ricorda il giglio di Firenze.
  Ebbene, lo stato del carcere di Sollicciano è assolutamente gravissimo; lo è per i suoi detenuti – e noi le pene corporali le abbiamo cancellate o dovremmo averle cancellate dalla storia – e lo è per i tanti operatori della sicurezza, per le guardie penitenziarie e per il personale che ci lavora lì dentro. Nello scorso mese di dicembre alcune detenute della sezione femminile del carcere di Sollicciano hanno scritto una lettera al garante regionale toscano per i diritti dei detenuti per denunciare la situazione di degrado in cui versa appunto l'istituto che le ospita, l'istituto circondariale di Sollicciano. Questa lettera è stata pubblicata, ripresa da alcuni quotidiani fiorentini e mi ha dato la spinta a presentare questa interpellanza.
  Nella missiva, tra le varie denunce, si possono leggere le seguenti frasi: ci piove dentro; ci tengono senza riscaldamento e senza acqua calda; la sera siamo costrette a dormire con i panni addosso perché fa così freddo che non riusciamo a metterci il pigiama; siamo infestati dai topi e, infatti, alcune detenute sono state morse. Parole agghiaccianti che sottolineano la drammaticità della situazione che le detenute di Sollicciano sono costrette a vivere. Parole, però, che è giusto verificare. E fa particolare effetto che le condizioni della struttura carceraria erano già state denunciate dalle autorità competenti. Gli ispettori dell'azienda sanitaria locale, infatti, dopo un sopralluogo nella sezione donne del carcere di Sollicciano tenutosi il 9 novembre del 2015, hanno inviato al sindaco di Firenze, al presidente della regione Toscana, al direttore del carcere e al Garante dei diritti dei detenuti, una Pag. 5relazione in cui denunciano una lunga serie di problemi e problematiche igienico-sanitarie in alcune aree dell'istituto. I tecnici della ASL hanno presentato una serie di prescrizioni urgenti chiedendo interventi di bonifica per far fronte al dilagare di umidità e sporcizia.
  Ecco, allora, forse è bene rileggere in quest'Aula, perché resti agli atti, alcuni stralci della relazione successiva al sopralluogo: «Come premessa generale, si evidenzia che nel corso del sopralluogo si è verificato il permanere delle gravi carenze igienico-manutentive che affliggono la struttura dovute alle problematiche strutturali – scrive l'ufficio di igiene fiorentino – e quasi ovunque è possibile, inoltre, verificare la presenza delle carenze conseguenti alle infiltrazioni d'acqua, in particolare nei corridoi di accesso e di collegamento, anche con evidenti incrostazioni di muffa. Nelle sezioni, celle comprese, sono presenti importanti carenze igienico-manutentive evidenti in particolare nei locali docce». Una parte consistente del verbale redatto dall'ASL è dedicata alla presenza dei ratti con la segnalazione di escrementi in varie zone, come i controsoffitti, i pianerottoli, i corridoi, le rampe delle scale, la chiesa, la sartoria e pure alcune celle.
  I tecnici della ASL hanno chiesto di contattare subito la ditta che si occupa di disinfestazione. La conclusione a cui arrivano gli ispettori – ed ora la leggerò – è davvero disarmante; emerge che le gravi carenze strutturali, che da anni vengono da noi denunciate, non solo perdurano ma si sono talmente aggravate, concorrendo a facilitare l'instaurarsi di una grave infestazione. Tale situazione dal punto di vista igienico-sanitario è sempre più difficilmente accettabile e devono essere previsti interventi radicali e risolutivi che rendano vivibile e sicura la struttura, rimandando a chi di competenza valutazioni specialistiche in ambito di sicurezza strutturale. Ovviamente non è solo la sezione femminile del carcere ma anche quella maschile oggetto di specifiche ispezione dei tecnici della ASL e le loro conclusioni purtroppo non sono molto differenti da quelle che ho già citato.
  Il documento dedicato alla sezione uomini rende conto di un sopralluogo svolto il 2 dicembre; anche qui si parla dei gravi problemi strutturali e di «infiltrazioni di acqua in molte zone a comune e all'interno delle sezioni, con distacco di intonaco e formazione di muffa». Vengono analizzate le varie sezioni, ci sono problemi alla cucina nel transito 1, dove tre anni fa sono iniziati i lavori per una nuova struttura. La palestra è inagibile per le infiltrazioni dal soffitto. Nella struttura il giorno della visita era in corso l'intervento dei falconieri per ridurre la presenza di piccioni, altro annoso problema di quella struttura. Arrivano i piccioni anche perché i detenuti buttano del cibo, scrive la ASL, che tra l'altro attira anche i topi. Anche qui proseguono carenze che – i tecnici tengono a specificare – sono state segnalate più volte e comportano importanti deficienze igieniche.
  Anche l'istituto Mario Gozzini, prospiciente il complesso principale, noto come Soliccianino, è stato visitato dagli ispettori. Le verifiche si sono svolte il 13 novembre e sono stati rilevati gravi problemi, così sintetizzati: «la situazione igienico manutentiva dell'istituto è apparsa al limite della accettabilità, con carenze ancora presenti dovute alle problematiche strutturali, in particolare per le infiltrazioni». Anche qui c’è una grande umidità, anche qui intervenire al più presto è un dovere, ma c’è dell'altro.
  È proprio di ieri un'altra notizia, che oggi trova spazio sulle cronache regionali toscane, gravissima perché, con l'ondata di freddo che in questi giorni ha investito un po’ tutta Italia, la Toscana e Firenze in particolare, Sollicciano è al gelo da una settimana, fuori uso il riscaldamento, fuori uso l'acqua calda, temperature glaciali nelle celle, lungo i corridoi e nelle stanze. Alcuni detenuti – è stato riportato dalla stampa locale – dormono vestiti, tentano di arginare il freddo con le coperte, ma spesso ne hanno soltanto una. Alcuni agenti penitenziari lavorano col giubbotto, Pag. 6i doppi calzini e le scarpe. Quasi impossibile farsi la doccia, difficile perfino dormire. Quasi mille persone al freddo, ogni giorno. Condizioni di vita durissime dettate dal fatto che si è guastato il grande impianto di riscaldamento. Non tutto l'istituto è per fortuna interessato al guasto ma sono diverse le aree rimaste al gelo e non si è ancora riusciti a risolvere completamente il problema. Alcuni detenuti e così anche alcuni agenti si sono ammalati, qualcuno di loro si è dovuto attrezzare con piccole stufe elettriche – che invece non sono in dotazioni ai reclusi – in alcuni casi portandosele da casa. Allora, questo è il quadro sintetico della situazione, stamattina anche il presidente della regione Toscana, il governatore Rossi, definisce insostenibile la situazione e chiede immediati provvedimenti, però non possiamo non dirci che questa emergenza non è di oggi; questa emergenza viene da una storia, una storia che, grazie agli amici radicali che purtroppo non sono rappresentati in questo Parlamento e in questa legislatura, puntualmente ogni anno viene messa e posta all'attenzione dell'opinione pubblica e del Governo.
  Servono interventi strutturali, servono risorse, altrimenti dovremo dare ragione a chi, come per esempio appunto i radicali fiorentini, hanno detto che Sollicciano è meglio chiuderlo. Peraltro, come è noto, i problemi del sovraffollamento carcerario, seppure attenuati dai provvedimenti messi in campo in questa legislatura dal Governo, non sono risolti ma Sollicciano è, anche da questo punto di vista, purtroppo tra le maglie nere nella classifica del sovraffollamento, con una popolazione carceraria che è giunta ad essere il doppio di quella consentita, che è di poco meno di 500 unità, e certamente sopra la tolleranza di questa struttura. Allora, so che il Ministro Orlando ha annunciato l'invio degli ispettori; spero che oggi sapremo qualcosa anche dell'ispezione ministeriale ma, ripeto, non è un problema di oggi.
  So anche che il Ministro Orlando ha deciso di sostituire il direttore generale, inviando una brillantissima funzionaria dello Stato, ma è di tutta evidenza che stiamo parlando di problemi che richiedono risorse, e risorse ingenti, altrimenti forse dovremmo davvero porci il problema di chiudere quella struttura, perché non è accettabile una situazione del genere. Mi aspetto, quindi, delle risposte, delle parole concrete e mi aspetto che si dia a quella struttura una strutturale, organica e definitiva risposta.

  PRESIDENTE. Il Viceministro della giustizia, Enrico Costa, ha facoltà di rispondere.

  ENRICO COSTA, Viceministro della giustizia. Signor Presidente, ringrazio gli onorevoli interroganti e ringrazio l'onorevole Parisi per l'ampia relazione che ha svolto e che ha permesso di mettere a fuoco una questione che si inserisce nella più complessiva azione del riordino del sistema carcerario che il Ministero sta perseguendo, con le condizioni igienico-sanitarie che sono state descritte e descrivono una realtà carceraria bisognosa di un rinnovato ed organico piano di interventi, destinato ad articolarsi lungo linee direttrici convergenti.
  Attesa la gravità della situazione, si tratta non soltanto di procedere all'espletamento dell'ordinaria attività di manutenzione, quanto piuttosto di assicurare interventi radicali di ampio raggio per aggirare le situazioni di degrado di varia natura. Lo ha evidenziato l'interrogante adesso nella relazione che, a fronte comunque di segnalazioni settoriali di problemi, talvolta di natura igienico-sanitaria, altre volte di carattere strutturale, provenienti dalla ASL di Firenze o dal provveditore regionale o dagli stessi detenuti, si è avvertita l'esigenza di una verifica complessiva delle condizioni dell'istituto, appurabili nella loro effettiva consistenza soltanto all'esito di una capillare ed organica verifica ispettiva che è già stata disposta.
  Ciò permetterà di realizzare azioni di intervento armonizzate fra loro ed anche di verificare l'adeguatezza degli interventi sinora svolti. Sulla base degli esiti di tale ispezione sarà anche calibrato l'intervento Pag. 7operativo per riportare a regime la struttura detentiva e soprattutto per assicurare condizioni di detenzione dignitose.
  In tale prospettiva si assicura che nell'ambito del più ampio piano di azione del Ministero sugli istituti carcerari saranno reperite le risorse fondamentali anche dalla Cassa delle ammende. È altresì in corso la verifica per destinare a più profonde ristrutturazioni dell'istituto risorse da reperirsi nel quadro della programmazione interministeriale con il MIT, con il quale è istituito il Comitato paritetico per l'edilizia penitenziaria.
  Preme segnalare come proprio in considerazione dell'avvertita esigenza di assicurare il coordinamento tra gli interventi di manutenzione ordinaria e di definizione dei fabbisogni necessari alla più profonda ristrutturazione, è stata proprio lunedì scorso attribuita la reggenza del carcere di Sollicciano ad un nuovo direttore. Tale intervento organico interverrà quindi sulle condizioni di degrado dell'istituto fiorentino, che hanno antiche e plurime cause.
  In ultimo, segnalo altresì che, al fine di realizzare la massima convergenza istituzionale e di coinvolgere anche le istituzioni del territorio, si è già provveduto su indicazione del Ministro a costituire un tavolo tecnico coordinato dall'ufficio di Gabinetto con gli enti, le istituzioni locali, gli uffici giudiziari competenti al garante regionale dei detenuti per le verifiche delle criticità e l'attivazione dei processi di risanamento ambientale.

  PRESIDENTE. L'onorevole Parisi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  MASSIMO PARISI. Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione e prendo per buoni gli impegni che vengono qui assunti, però non posso con tutta franchezza dichiararmi soddisfatto, perché siamo ancora alla fase della progettazione degli interventi e, siccome non stiamo discutendo di un fatto nuovo, come ho cercato di illustrare nella mia relazione, mi pare francamente troppo poco. È infatti di tutta evidenza che, se quella ispezione della ASL fosse capitata in qualsiasi tipo di struttura pubblica del Paese che non fosse un carcere e che non fosse il carcere di Sollicciano, quella struttura sarebbe già stata chiusa e probabilmente ci sarebbero stati anche degli addebiti di responsabilità. Io credo... Lo dico per incentivare il Governo a proseguire sulla strada, ma in maniera un po’ più proficua, cominciando a parlare di un punto che ho citato nel mio intervento, nella mia relazione, che si chiama «risorse». Altrimenti, mettiamoci in testa che quella lì è una specie di bomba pronta ad esplodere, con evidenti rischi, rischi per la salute di chi è internato in quella struttura, ma anche di chi ci lavora e dei tanti servitori dello Stato che prestano in quella struttura il loro servizio. Servono interventi urgenti, servono risorse. Va bene istituire tavoli, ma diamoci un tempo. Diamoci un tempo per decidere se davvero lì si vuole investire delle risorse per risolvere i problemi strutturali, perché sono anni che parliamo di problemi strutturali.
  Nel mio intervento di illustrazione dell'interpellanza ho cercato di raccontare una storia. Io, essendo di Firenze, posso dire di averne cognizione perché ero bambino quando quel carcere cominciava a crescere. Eravamo effettivamente ammirati dalla bellezza delle strutture – bellezza teorica, perché sapevamo di che cosa si trattasse, che, però, allo stesso tempo, come dicevo prima, purtroppo si sono rivelate assolutamente inadeguate. Allora, visto che non ho fatto in tempo a farlo nell'illustrazione della mia interpellanza, voglio citare le parole del cappellano, di don Vincenzo Russo, che mi hanno particolarmente colpito perché ha detto: in queste condizioni, il carcere diventa una tortura.
  Vale anche la pena di ricordare, per incentivare il Governo a fare il proprio dovere su questo fronte, che nel marzo scorso il magistrato di sorveglianza ha accolto il ricorso di un detenuto del carcere, riconoscendogli di aver patito una detenzione inumana e degradante, in violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Il detenuto in questione è stato scarcerato con qualche Pag. 8settimana di anticipo. Gli sono stati riconosciuti 880 giorni di detenzione inumana, con un risarcimento piuttosto irrisorio di 3.800 euro. Evidentemente, il punto non è questo. Quella decisione del giudice si rifà alla nota sentenza Torregiani, con la quale lo Stato italiano, nel gennaio 2013, è stato condannato dalla Corte europea per i diritti dell'uomo.
  Tutto questo è per dire che non bastano i tavoli, non bastano le parole, neanche la buona volontà basta. Temo che, se non corredato da altri elementi, non basterà neanche l'avvicendamento con un ottimo funzionario dello Stato per risolvere i problemi. Servono risorse. Io su questo non ho sentito parole chiare questa mattina, non mi potrò dichiarare soddisfatto su questa vicenda fino a quando non sarà risolta e credo che l'attenzione del Governo e del Parlamento debba restare desta. Spero che, insieme anche agli altri parlamentari toscani – so che altre interpellanze, magari non urgenti, sono state presentate, sono state depositate: c’è evidentemente una sensibilità diffusa su questi problemi – si possa, in qualche modo, contribuire, magari anche coordinandosi anche con quel tavolo tecnico che è stato istituito, coordinandosi con i rappresentanti del governo anche di quel territorio, che sono in numero ovviamente cospicuo. Io credo che serva uno sforzo serio, cioè non bastano i tavoli. O siamo in grado di rendere quella struttura, con interventi che temo saranno pesantissimi dal punto di vista economico e finanziario, una struttura degna di un Paese civile oppure davvero, come – lo dicevo prima – alcuni cominciano a sostenere e a chiedere, quel carcere dobbiamo chiuderlo, perché non è pensabile, non è ammissibile che una situazione di questo genere si trascini nel tempo.
  Io spero che si riescano a trovare le soluzioni. Spero che l'impegno del Governo, che è stato dichiarato qui in quest'Aula, che è stato messo in atto, intanto, con l'attenzione che è stata posta nell'avvicendamento ai vertici della carcere di Sollicciano, sia un'attenzione proficua, ma temo che, fin quando non ci scriveremo una cifra, non troveremo le risorse e non diremo concretamente in quali tempi si pensa intervenire, noi abbiamo sempre lì una bomba: una bomba pronta ad esplodere, una bomba che ci rende inguardabili dalle istituzioni europee per il livello di inciviltà che ha raggiunto quella struttura. Spero che di tutto questo il Governo abbia preso buona nota. Spero che arriveranno provvedimenti risolutivi, perché, altrimenti, lo ripeto, quel carcere, che è una vergogna nazionale così come è oggi, è meglio chiuderlo.

(Chiarimenti e intendimenti del Governo, a tutela dei risparmiatori, in relazione alla procedura di risoluzione di Cassa di risparmio di Ferrara Spa, Banca delle Marche Spa, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa e Cassa di risparmio di Chieti Spa – n. 2-01229)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pesco ed altri n. 2-01229, concernente chiarimenti e intendimenti del Governo, a tutela dei risparmiatori, in relazione alla procedura di risoluzione di Cassa di risparmio di Ferrara Spa, Banca delle Marche Spa, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa e Cassa di risparmio di Chieti Spa (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Pesco se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DANIELE PESCO. Grazie, Presidente. Con questa interpellanza, noi chiediamo al Governo che cosa intende fare verso quei risparmiatori che hanno investito i propri risparmi in quattro banche importanti del territorio nazionale italiano (CariFerrara, CariChieti, Banca Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio). Queste persone sono rimaste fregate due volte. La prima volta perché hanno acquistato dei titoli, delle obbligazioni cosiddette subordinate da parte delle quattro banche a cui accennavo prima. Hanno acquistato questi titoli credendo che fossero dei titoli sicuri e, invece, grazie all'azione del Governo e Pag. 9della Banca d'Italia, questi titoli non sono più stati sicuri. Tant’è che sono stati liquidati con il valore pari a zero. In pratica, non sono stati liquidati. Questi risparmiatori sono rimasti fregati, sono rimasti fregati.
  Perché dico: «con l'azione del Governo e di Banca d'Italia» ? Perché la Banca d'Italia ha commissariato per lungo tempo queste quattro banche. Tranne la Banca dell'Etruria e del Lazio, che è stata commissariata nel 2015, le altre banche erano commissariate da tantissimi mesi. Quindi, vi è praticamente una presa d'atto, di coscienza del fatto che Banca d'Italia ha gestito praticamente queste banche, le ha gestite. Quindi, possiamo dire che non è stata direttamente complice nella vendita di queste obbligazioni subordinate sul mercato primario, ma lo è stata nel mercato secondario, cioè nel momento in cui queste obbligazioni sono state vendute dal precedente proprietario e sono state acquistate da un altro investitore, da un altro risparmiatore. Banca d'Italia c'era, Banca d'Italia sapeva e probabilmente Banca d'Italia sapeva anche che queste banche avrebbero fatto una fine poco serena. In pratica, tantissime famiglie, 130 mila famiglie, ci hanno rimesso un sacco di soldi, i risparmi della famiglia. E molte di queste persone sono persone anziane, persone che volevano lasciare magari qualcosa ai propri figli, ai propri nipoti e quel qualcosa non ce l'hanno più.
  Il 22 novembre il Governo, sulla scorta delle informazioni ricevute da Banca d'Italia, adotta questo decreto, con il quale liquida queste quattro banche, dice che quattro banche sono fallite, crea quattro banche nuove, praticamente identiche, come struttura, alle precedenti, ma svuota le vecchie banche, le svuota delle attività in bonis (quelle che praticamente vanno bene) e le svuota anche di quelle cosiddette sofferenze, cioè quei crediti non riscossi. Molti possono pensare che, essendo crediti non riscossi, non valgono nulla, in realtà valgono tanto. Valgono ancora tanto perché logicamente sappiamo benissimo che vi è un mercato del recupero crediti che ha interesse ad acquistare queste sofferenze.
  Che cosa ne fa il Governo di queste sofferenze ? Le prende e le sposta in un altro veicolo, questo veicolo chiamato bad bank, questa famosa bad bank di cui in questi giorni si sta parlando tantissimo. Questo veicolo, chiamato bad bank, non è altro che un recupero crediti o, meglio, una società che prende queste sofferenze e le venderà a qualcun altro che le valorizzerà in altro modo, o vendendole oppure riscuotendo i crediti. Questa società sarà una società che ha come fine quello di guadagnare, di fare utile. E qual è il modo più semplice per fare utile ? È quello di ottimizzare il processo produttivo oppure di pagare il meno possibile la materia prima. In questo caso, la materia prima, cioè i crediti non riscossi prelevati dalle vecchie banche e messi nella famosa bad bank, sono stati valutati solo al 17,6 per cento. Che cosa vuol dire ? Che un credito di 100 euro viene prelevato dalla vecchia banca e posto nella bad bank al prezzo di 17 euro, cosicché chi avrà in mano questo credito potrà tranquillamente o cercare di riscuoterlo o rivenderlo ad un prezzo maggiore. È un processo produttivo normalissimo. Ebbene, noi ci chiediamo come mai il Governo abbia scelto di valutare queste sofferenze solo al 17,6 per cento, quando in Italia il valore medio dei crediti non riscossi è almeno pari al 30, al 40 o anche al 50 per cento, dipende dalle garanzie che ci sono dietro.
  Ebbene, queste banche probabilmente sono state gestite male; lo ammettiamo, ma non lo ammettiamo noi, lo ammettono i dati di fatto, lo ammettono le disposizioni della Banca d'Italia: qualcosa è emerso. Le garanzie probabilmente mancavano, ma quella del 17,6 per cento, secondo noi, è una valutazione troppo bassa. Perché, secondo noi, è troppo bassa ? È troppo bassa soprattutto perché è stato deciso che obbligazionisti e azionisti non vengano risarciti (e non sono stati risarciti), ma gli obbligazionisti subordinati, insieme agli altri obbligazionisti (quelli senior), sono le persone che, con i Pag. 10loro soldi, hanno permesso alle banche di emettere quei crediti. Quindi, se vogliamo vedere bene un po'tutta questa situazione, queste sono le persone che dovrebbero avere più diritto al risarcimento attraverso quelle garanzie poste alla base di quei crediti erogati. Invece, no; il Governo ha detto: voi obbligazionisti subordinati non avete diritto a un bel nulla, a nulla; noi spostiamo le sofferenze nella bad bank, ci sarà qualcuno che le venderà e voi non prenderete nulla. Al che, logicamente, le persone si sono infuriate; logicamente noi, che comunque con quelle persone ci parliamo, ci siamo infuriati e il Governo, allora, durante la legge di stabilità, ha deciso che alcuni – solo le persone truffate – potranno essere risarciti attraverso un arbitrato.
   L'arbitrato di solito è uno strumento col quale due persone che hanno un contenzioso si mettono d'accordo, scelgono due giudici, uno da una parte e uno dall'altra, anzi tre giudici (perché poi i due giudici nominati dalle due parti scelgono un altro giudice) e si crea un collegio arbitrale. In questo caso, invece, il Governo e la maggioranza hanno stabilito che ci sarà un arbitrato con giudici scelti dallo stesso Governo, dalla stessa Bankitalia e dalla stessa CONSOB; ebbene, proprio dalla Banca d'Italia e dal Governo, che praticamente sapevano come venivano gestite queste banche, Banca d'Italia, che tra l'altro, era dentro queste banche – perché erano banche commissariate – e, quindi, praticamente, abbiamo un arbitrato a senso unico, un arbitrato che difende solo gli interessi di chi ha gestito queste banche, della Banca d'Italia. Capite che non ha senso tutta questa storia. Ebbene, questo arbitrato dovrebbe decidere chi è stato truffato e chi no; ma secondo noi tutte queste persone sono state truffate e non solo dalle banche, sono state truffate da questo Governo, che ha deciso che queste banche sono fallite dall'oggi al domani, da questo Governo che ha fatto in modo che Banca d'Italia continuasse a emanare notizie rassicuranti, perché non ha mai contraddetto i vertici di queste banche, né il Fondo interbancario di tutelare i depositanti, non ha mai contraddetto nessuno, quindi tutte le persone erano fiduciose che queste quattro banche sarebbero arrivate ad un futuro migliore. E invece no: il Governo, dalla sera alla mattina, assieme alla Banca d'Italia, ha deciso che queste banche sono fallite, facendo rimettere un sacco di soldi appunto agli obbligazionisti e agli azionisti. E la cosa è veramente scandalosa e non è mai successa in Italia una cosa del genere, non è mai successa. Secondo noi, è stata fatta per pressappochismo, ma c’è stato molto pressappochismo, tant’è che le conseguenze sono gravissime – vediamo in questi giorni cosa sta succedendo nel mercato azionario e in Borsa, per quanto riguarda alcuni titoli bancari – e il Governo non può non ammettere delle responsabilità in quello che sta succedendo. È stato creato veramente un pasticcio e, secondo noi, il Governo deve riuscire a riparare questo pasticcio, partendo dal risarcimento di queste persone, e non attraverso un arbitrato: bisogna assicurare i diritti a queste persone, queste persone hanno il diritto ad essere risarcite, perché la situazione è stata gestita veramente male. E in che modo, secondo noi, potrebbero essere risarcite queste persone ? Attraverso la valorizzazione delle sofferenze; visto che queste persone, secondo noi, in quanto proprietarie di questi titoli di credito, sono le persone che hanno dato la possibilità alle banche di emettere così tanti crediti, vanno risarcite attraverso la valorizzazione delle sofferenze. Con questo, non vogliamo dire che la bad bank sia la soluzione migliore; e a questo proposito ricordo che adesso state già pensando di fare una bad bank nazionale, con la garanzia dello Stato, in modo da riuscire a liquidare i 200 miliardi di sofferenze presenti nelle banche italiane. Noi non diciamo questo, diciamo solo che – visto che avete creato il pasticcio, e l'unico modo forse, ora, per riuscire a risolvere la situazione, è quello di risarcire i risparmiatori attraverso la valorizzazione di queste sofferenze – questa cosa va fatta. Però, per quanto riguarda la bad bank e il progetto che avete in mente, cioè quello di Pag. 11creare questo grande veicolo finalizzato a valorizzare le sofferenze di tutto il sistema bancario italiano, state attenti ! Se il procedimento che volete mettere in piedi è uguale e identico a quello che avete fatto per queste quattro banche, dove andiamo a finire ? Dove andiamo a finire ? Veramente, pensateci un attimo. Noi non vogliamo che tutte le sofferenze delle banche italiane vengano valutate al 17,6 per cento, per riuscire, diciamo, a fregare chi in queste banche ci ha creduto e ha investito del denaro. Non lo vogliamo, quindi staremo molto attenti a quello che farete.
  Secondo noi, se la Commissione europea ha così tanti dubbi su questa famigerata bad bank, ha ragione. Ma soprattutto ci chiediamo: perché avete valutato le sofferenze al 17,6 per cento ? Perché le avete valutate così poco ? Qual è la legge che sta dietro ? Non c’è una legge che vi dice che devono essere valutate così poco. È venuta la Banca d'Italia in audizione in Commissione Finanze e ci ha detto che, per un obbligo di fatto della Commissione europea, è stato necessario valutare le sofferenze a un prezzo di realizzo, come se le mettessimo in vendita dall'oggi al domani, praticamente, senza delle stime approfondite. E noi ci chiediamo il perché, ci chiediamo perché sono state valorizzate così poco e soprattutto perché non avete tenuto conto dei diritti degli obbligazionisti. Quindi, noi vi facciamo poche domande. Vi chiediamo innanzitutto il perché del 17,6 per cento, vi chiediamo se vi è una legge che vi ha obbligato a fare questa stima, vi chiediamo se intendete risarcire gli obbligazionisti attraverso la valorizzazione delle sofferenze bancarie, visto che – e qui scusate se mi soffermo un attimo – molti esponenti del Governo stanno andando in televisione a dire che, secondo loro, questa è la strada giusta, quella di valorizzare le sofferenze e risarcire obbligazionisti attraverso questa valorizzazione. Quindi, vi chiediamo una presa d'atto: se farete così, dovete dirlo ora, perché molti risparmiatori stanno decidendo se fare causa alla banca, se fare causa al Governo, se fare causa alla banca nuova o alla banca vecchia, quindi queste persone devono comunque avere la possibilità di decidere in fretta che cosa fare. Noi abbiamo già invitato tutti comunque a fare la diffida, quanto meno, alle nuove banche, perché comunque vi è continuità tra vecchie banche e nuove banche; non siete riusciti a creare un soggetto veramente nuovo e le responsabilità ci sono ancora anche in capo, secondo noi, alle nuove banche. È la nostra idea, magari, ci sbagliamo, ma questa è la nostra: vi è troppa continuità tra le vecchie banche e le nuove banche, quindi sicuramente almeno una lettera di diffida i risparmiatori, secondo noi, la devono fare. E poi dovranno continuare, secondo noi, con le azioni legali, perché, se si fidano ancora di questo Governo che li ha trattati in questo modo, dove andranno a finire ? Quindi, vi chiediamo questo: cosa intendete fare e se intendete risarcire gli obbligazionisti in questo modo.
  Ma chiediamo anche un'altra cosa: queste banche sono state messe in vendita praticamente pochi giorni fa ed è stata data agli operatori la possibilità di presentare una dichiarazione di interesse su queste banche, ma quanti giorni sono stati lasciati per poter creare questa manifestazione di interesse ? Sei giorni, ripeto: sei giorni, cioè un operatore, diciamo, bancario o magari un fondo nazionale o internazionale può manifestare il proprio interesse a comprare una di queste quattro banche solo in sei giorni. Ma sei giorni sono sufficienti per capire se una macchina usata è buona o non lo è, per comprare magari qualcos'altro, ma non certo per una banca: per comprare una banca, bisogna fare delle analisi, delle stime, bisogna fare nominare dei consulenti, bisogna fare veramente un'analisi dettagliata dei bilanci, prima di andare a comprare una banca. Come fa una persona o una società a decidere in sei giorni se quella banca va acquistata o no; secondo noi, c’è qualcosa sotto. Quando si fanno le cose in fretta e furia, secondo noi, si vuole nascondere qualcosa. Perché solo sei giorni ? Il Governo ha partecipato a questa scelta ? Noi lo chiediamo direttamente al Governo: vogliamo sapere se il Pag. 12Governo ha partecipato e soprattutto se ritiene che questa durata così limitata sia una durata sufficiente per permettere a un operatore di capire se le banche possono essere acquistate o no.
  Quindi, vi ringrazio tantissimo per l'attenzione e chiedo cortesemente al Governo di dare una risposta, non tanto a noi, quanto agli obbligazionisti e ai risparmiatori che avete trattato veramente in modo indegno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il Viceministro dell'economia e delle finanze, Luigi Casero, ha facoltà di rispondere.

  LUIGI CASERO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Grazie, Presidente, con l'interpellanza urgente n. 2-01229, l'onorevole Pesco ed altri pongono quesiti in ordine alle quattro banche poste recentemente in risoluzione e, in modo specifico – come ha individuato l'onorevole Pesco nel suo intervento – in riferimento alla valutazione delle perdite delle banche avviate alla risoluzione, alle procedure di vendita degli enti-ponte, alle modalità con le quali azionisti e obbligazionisti subordinati potrebbero essere ammessi a beneficiare dei proventi della cessione degli enti-ponte e dei ricavi della bad bank o comunque ammessi ad altre forme di ristoro, e alle modalità di ripartizione degli utili della Banca d'Italia.
   Al riguardo, la Banca d'Italia fa presente innanzitutto che, in caso di avvio di una procedura di risoluzione, l'entità della riduzione e l'eventuale conversione delle obbligazioni subordinate in azioni della banca non costituiscono scelte discrezionali dell'autorità di risoluzione, in questo caso la Banca d'Italia, bensì dipendono dalla situazione patrimoniale della banca in crisi e dall'entità delle perdite, determinate in base a precise modalità e ai criteri di valutazione stabiliti dalla direttiva europea sulle risoluzioni delle banche.
  Secondo quanto previsto dalla normativa, infatti, la Banca d'Italia deve innanzitutto ridurre il valore delle azioni e poi delle obbligazioni subordinate, finché ci sono perdite delle banche da coprire. Ne consegue che, se le perdite superano questo valore, esso dovrà essere azzerato. Solo quando le perdite sono inferiori al valore delle azioni e delle obbligazioni subordinate la Banca d'Italia prima riduce il valore delle azioni e poi delle obbligazioni subordinate nella misura necessaria a coprire le perdite e, a seguire, dispone la conversione delle obbligazioni subordinate in azioni della banca, nei limiti necessari per assicurare il rispetto dei requisiti prudenziali.
  Nel caso delle quattro banche messe in risoluzione in novembre, le perdite di ciascuna banca erano superiori al valore delle azioni e delle obbligazioni subordinate. Per questa ragione le azioni e le obbligazioni subordinate sono state sacrificate per l'intero ammontare del loro valore. Le ulteriori perdite, superiori a questa parte di azioni e di obbligazioni subordinate, non coperte, quindi, dal «Burden sharing», che sarebbe questa operazione, sono state coperte dal Fondo di risoluzione. La perdita subita dagli azionisti e dai titolari di obbligazioni subordinate non è stato superiore a quella che gli stessi soggetti avrebbero subito in caso di liquidazione coatta amministrativa delle banche stesse.
  Con riguardo alla possibilità di destinare ai vecchi soci obbligazionisti subordinati delle quattro banche in risoluzione i proventi che deriveranno dalla vendita dei crediti in sofferenza da parte delle società veicolo per la gestione dell'attività, la cosiddetta bad bank, e dalla vendita delle quattro «banche ponte», si fa presente che, in base alla direttiva europea BRRD, le eventuali plusvalenze finali entrerebbero nella disponibilità del Fondo di risoluzione. Tuttavia, nel caso in cui dovesse emergere che la stima delle perdite sia stata effettuata in termini eccessivamente prudenziali ed emergessero plusvalenze finali ulteriori rispetto all'impegno finanziario sostenuto dal Fondo di risoluzione, il Governo si impegna, nel rispetto della vigente normativa nazionale e comunitaria, ad intraprendere ogni utile iniziativa Pag. 13affinché le eventuali plusvalenze possano essere destinate a coprire in parte le obbligazioni subordinate.
  Con riferimento alla richiesta di chiarimenti circa la determinazione dei criteri utilizzati per valutare le sofferenze delle quattro banche poste in risoluzione, sempre la Banca d'Italia ha rappresentato che la valutazione delle sofferenze, ai fini della risoluzione, è stata effettuata sulla base dei principi della RTS, Regulatory Technical Standard, dell'EBA, previsti dalla direttiva BRRD. Per la valutazione delle sofferenze destinate ad essere cedute, si deve tener conto anche di quanto indicato, ai fini del rispetto della normativa in materia di aiuti di Stato, dalla comunicazione della Commissione europea del 25 febbraio 2009, comunicazione sul trattamento delle attività che hanno subito una riduzione di valore nel settore bancario comunitario (è la comunicazione n. 2009/C 72/01). Per questo motivo tali valori si discostano da quelli determinati dalle ordinarie prassi contabili.
  Coerentemente con tali principi, in occasione della risoluzione delle quattro banche la valutazione effettuata del portafoglio di crediti in sofferenza ha stimato un prezzo di trasferimento che riflette il valore economico di mercato, come è stato detto, determinando una metodologia semplificata. La Commissione europea, nel comunicato stampa del 22 novembre, ha fatto esplicito riferimento a questo elemento. Per le ragioni sugli aiuti di Stato e della direttiva BRRD, in caso di risoluzione tutte le prime perdite sono a carico degli azionisti e, subito dopo, dei portatori di titoli subordinati. Pertanto, se la valutazione delle sofferenze avesse potuto essere meno severa, ne avrebbe tratto vantaggio il Fondo di risoluzione, che avrebbe dovuto coprire un minore importo delle perdite.
  Infine, con riferimento all'ultimo quesito posto nell'interpellanza, la Banca d'Italia ha precisato che il proprio statuto stabilisce che l'utile netto viene destinato alle riserve statutarie fino al 40 per cento dello stesso, ai partecipanti del capitale, nei limiti del 6 per cento del capitale, e, per la parte rimanente, allo Stato. Ogni modifica dello Statuto è assoggettata ad un iter di approvazione articolato, che coinvolge non solo le autorità politiche nazionali e gli organi interni della banca, ma anche la BCE. Quest'ultima è chiamata a verificare la compatibilità delle modifiche proposte con i principi di indipendenza delle banche centrali e di divieto di finanziamento monetario e, più in generale, con le disposizioni dei Trattati UE. Nel caso in questione andrebbe rilevata la sostanziale assimilabilità a fondi pubblici degli utili conferiti alla Banca d'Italia.

  PRESIDENTE. L'onorevole Villarosa ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Pesco ed altri n. 2-01229, di cui è cofirmatario.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Grazie, Presidente. Sono veramente dispiaciuto che ci sia il Viceministro Casero a rispondere, perché io credo che questa sia una scelta politica di una o due persone, di una o due persone. Probabilmente – sicuramente – del nostro Presidente del Consiglio, anzi, il vostro, perché mio non è – mio non è ! –, e probabilmente anche del papà della Ministra Boschi. Perché dico questo ? Viceministro, lei ci ha detto: «Banca d'Italia ha scelto delle regole, per decidere se intraprendere o meno la risoluzione, che sono all'interno del decreto legislativo n. 180 del 2015, relativo alla BRRD».
  Ma io vi chiedo (e vi ho già chiesto): mi piacerebbe un dibattito, anche col collega Pesco, o io o il collega Pesco, in una trasmissione che scegliete voi, perché ci siamo stancati di sentire i vostri colleghi andare in tv a raccontare fesserie, perché sono fesserie e ve lo dimostro, ve lo dimostro. In trasmissione, io, un giornalista e il Ministro dell'economia e delle finanze, Padoan; io, un giornalista o Renzi, carte alla mano. Così facciamo vedere ai risparmiatori quello che avete combinato; così facciamo vedere ai risparmiatori la truffa, perché ci sarà una truffa e farete pagare lo Stato, perché pagherà lo Stato. Ci sarà un danno erariale enorme: ci sarà Pag. 14un danno erariale di 2 miliardi 300 milioni, perché voi mi dite che avete deciso la risoluzione e messo in piedi la risoluzione – non voi, perché l'ha fatto Banca d'Italia; non voi, perché l'ha fatto Banca d'Italia ! – e avete deciso di fare questa risoluzione in base alle regole del bail-in e, tra le altre cose, giusto poco fa lei, mi ha detto che, se ci fosse stata una svalutazione meno severa, avrebbe guadagnato il Fondo di risoluzione. Ma dieci secondi prima, nella stessa risposta, lei mi ha detto che, nel caso in cui il Fondo di risoluzione dovesse guadagnare un po’ di più, quei soldi, invece, andrebbero ai risparmiatori. Ma fate pace con la vostra coscienza, perché nel giro di venti secondi avete detto una cosa e l'esatto opposto; avete detto una cosa e l'esatto opposto !
  Tra le altre cose, non avete risposto alla domanda del collega che chiedeva: «Questa risoluzione ve l'ha imposta l'Europa ?». Non questa risoluzione, questa svalutazione. Non avete risposto, perché la risoluzione non era in vigore. Ricordiamo, infatti, che l'articolo 106 di questo decreto, relativo alla BRRD, al comma 2 dice una cosa semplicissima. Nella parte riguardante il bail-in, quindi gli articoli 48, 49, la sottosezione n. 3 del titolo IV del capo IV – sottosezione n. 3, titolo IV, capo IV – dicono una cosa molto semplice: questi articoli, quindi il bail-in, e anche la scelta dell'ordine di cui lei, caro Viceministro, ha parlato prima, cioè prima gli azionisti e poi gli obbligazionisti, sono nell'articolo 52 di quel decreto. L'articolo 52, guarda caso, fa parte del titolo IV, capo IV, sottosezione n. 3, ovvero quella sottosezione che è entrata in vigore il 1o gennaio 2016 e non il 22 novembre 2015.
  Quindi, qual è la norma che avete utilizzato ? Ma nemmeno voi: qual è la norma che Banca d'Italia ha utilizzato per scegliere l'ordine con il quale azzerare i risparmi di questi cittadini, che non c'entravano niente in questi danni e in queste problematiche ? Non c'entravano assolutamente niente. Cioè, vi smentite nelle vostre stesse risposte.
  Avete detto che si tratta di una comunicazione: un paio di settimane fa avete tirato fuori quella del 2013, cioè la comunicazione sul sistema bancario del 2013; ora, man mano che vi rendete conto che non reggono queste risposte, ne tirate fuori una del 2009. Ma io vi chiedo: se è vero che il Fondo interbancario vi ha fatto quelle richieste, ed è vero perché ci sono atti ufficiali... che tra le altre cose, caro Viceministro, nel caso di CariFerrara sono certo che la richiesta di utilizzare il Fondo interbancario lo sa da chi è venuta ? Da Banca d'Italia, perché c'erano i commissari.
  Hanno fatto un'assemblea, è uscito fuori un verbale e si è richiesto un aumento di capitale da parte del Fondo interbancario su Cariferrara per farla continuare a vivere, per darle la possibilità di continuare ad andare avanti, per mantenere sì tutti i dipendenti, per mantenere tutte le obbligazioni: probabilmente, avrebbero perso qualcosina nelle azioni, perché sarebbero state svalutate.
  Quindi, anche in quella regola in cui voi dite «noi abbiamo messo in piedi una risoluzione perché con la liquidazione coatta amministrativa avrebbero pagato di più», la liquidazione coatta amministrativa non ci sarebbe stata. Quindi, state dichiarando un falso. Nel caso di Cariferrara, ci sono delle richieste fatte da Banca d'Italia, che si fa le domande e non si dà le risposte. Questo è bizzarro: Banca d'Italia si fa le domande, richiede a se stessa: posso utilizzare il Fondo interbancario ? E non si risponde. Ma negli atti amministrativi, caro Viceministro, non bisogna rispondere con atti amministrativi ? Oppure si risponde con un decreto che significa rifiuto implicito – rifiuto implicito – della richiesta di utilizzo del Fondo interbancario ? Non si può fare. Siamo uno Stato, siete un'amministrazione pubblica: non si può lavorare con le telefonate, con gli «stand still» e, nel frattempo, avere persone che avevano 40 mila euro di risparmi, di sudore, di speranze per i propri figli, per loro, che non hanno più niente. Che non hanno più niente.
  Io li ho visti ad Arezzo e domenica saremo ad Arezzo: tremano, piangono, perché gli avete rovinato il futuro, glielo Pag. 15avete distrutto, glielo avete cancellato il futuro, non esiste più il loro futuro, perché esiste solo il pensiero di cercare di recuperare qualcosa del loro futuro; perché sentono in TV: forse riavrete qualcosina, c’è il Fondo di risoluzione, fate l'arbitrato, vi do mille euro, ma ne avete persi 40 mila. Ma non è umiliante per una persona essere trattata in questo modo ? Non è umiliante per una persona essere trattata in questo modo da chi li dovrebbe rappresentare e da chi ha votato ? Perché là, ad Arezzo, hanno votato tutti PD: la maggior parte delle persone che mi ha fermato, mi ha detto: io l'ho votato, io l'ho votato ! Io ho votato Renzi, mi sono fidato, io ho votato Pd ! E questo è quello che mi hanno dato in cambio !
  Se voi non aveste fatto una svalutazione al 17,6 per cento, non avreste potuto fare la risoluzione; avete utilizzato ciò – ditelo, ditelo, è la verità – solo dicendo quelle perdite che voi, però, ci dite sono state valutate. Come ? Chi ha valutato quelle perdite ? Ma se, poi, mi dite: e se la valutazione è stata fatta in maniera eccessiva ? Ma perché non vi prendevate un po'di tempo per evitare che la svalutazione, forse, scopriremo che è stata fatta in modo eccessivo ? Vi prendevate un po’ di tempo, aspettavate il 1o gennaio 2016, se volevate fare le cose in regola, e mettevate in piedi una risoluzione. Una risoluzione per la quale noi vi chiediamo una sospensione, vi chiediamo un rinvio, perché il sistema bancario sta crollando a pezzi, il sistema bancario sente notizie continue di risparmiatori che chiedono i loro soldi, di cittadini che vogliono chiudere le proprie obbligazioni, vogliono chiudere i propri depositi. Si parla di Europa: è uscito un articolo dell’Ansa che parla di quaranta banche che devono andare in risoluzione.
  Cosa stiamo combinando ? Cosa state combinando ? Se crolla il sistema bancario, crolla tutto. Io amo il sistema bancario, ma lo voglio sano. Io lo voglio sano, perché senza un sistema bancario sano, un Paese non va avanti. Il nostro sistema bancario, fino al 1993, era abbastanza sano, molto più sano, ma molto più solido: era solido. Mai, dal 1936 al 1993, si è pensato alla fuga agli sportelli. Mai. Qui c’è un piano che mette in difficoltà tutto il sistema bancario, c’è un piano che vuole che le piccole banche vengano acquisite dalle più grandi.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. C’è un piano che, ormai, è chiaro per tutti. E ce n’è un altro, che è il piano nostro, che è il piano dei risparmiatori, è il piano delle denunce, il piano degli esposti, il piano delle messe in mora: perché chi ha messo in piedi questa procedura e non poteva metterla, chi si è preso questa responsabilità, pagherà, perché noi non dormiremo la notte per fargliela pagare. Non dormiremo la notte, perché già non dormiamo la notte, pensando a queste persone che non hanno più niente, hanno perso tutto. Quindi, pensateci bene, ancora siete in tempo. Avete delle possibilità, noi ve le abbiamo proposte e ve ne proporremo anche altre: restituite i soldi a tutti. Restituite i loro soldi a tutti.

(Iniziative di competenza volte a verificare la presenza di amianto presso lo stabilimento Enichem di Ottana (Nuoro) e a sostegno dei familiari dei lavoratori deceduti per malattie riconducibili all'amianto – n. 2-01183)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Piras e Scotto n. 2-01183, concernente iniziative di competenza volte a verificare la presenza di amianto presso lo stabilimento Enichem di Ottana (Nuoro) e a sostegno dei familiari dei lavoratori deceduti per malattie riconducibili all'amianto (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Piras se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MICHELE PIRAS. Grazie, Presidente. Sottosegretario, non me ne voglia se, in via di premessa, svolgerò un po'di ragionamenti su una storia che reputo fra le più Pag. 16tristi della mia terra, in termini prima generali, per arrivare al punto anche molto rapidamente. È la storia di contadini e pastori divenuti classe operaia; è la storia di un processo industriale, di un sogno industriale, condiviso da tutte le parti politiche dell'epoca, che ha possentemente trasformato la mia terra fra gli anni Sessanta e la fine di quella vicenda che data il decennio scorso.
  È una storia di violenza operata sul territorio, di possente trasformazione della struttura sociale e di quella culturale; è una storia che ha cambiato profondamente i connotati della mia isola, che, nel secondo dopoguerra, è stata anche la regione – sembrerebbe non essere così, eppure è così – che più rapidamente, in un tempo molto compresso, ha visto trasformare ciò che era un'economia prevalentemente agricola, forse, di sussistenza, in un'economia, si disse allora, moderna, laddove tutti – PCI, Democrazia Cristiana, Partito Socialista, tutto l'arco costituzionale – facevano coincidere il processo di industrializzazione con la modernità. Quindi, è storia di paesaggi violati, di comunità violentate, che, oggi, assistono, frustrate ed impotenti, all'eredità di quell'era industriale, di quel sogno industriale che si è chiuso: un'eredità di disoccupazione, di disgregazione sociale, un'eredità di forte impatto ambientale.
  La Sardegna, spesso, viene rappresentata come una specie di paradiso terrestre, quasi una terra incontaminata, paesaggi struggenti, terra di vacanze, il mare, l'interno, una cultura remota, anche ai più sconosciuta, però che incuriosisce: si dice terra a vocazione turistica, terra a vocazione agricola. Se voi attraversate la Sardegna, dal sud verso il nord, passando per il centro della Sardegna, troverete una terra fortemente contaminata. Oggi, diverse ricerche ci dicono che, in Sardegna, insiste una quota di territorio violentato sul piano ambientale decisamente maggiore rispetto ad altre regioni – e ciò è anche strano – che hanno avuto uno sviluppo industriale molto più presente, molto più importante rispetto a quello che ha avuto la mia terra.
  Mi si consenta di dire che siamo stati storicamente trattati come oggi alcune multinazionali fanno nei Paesi del Terzo mondo – un po’ presi per fame, un po'per ignoranza, un po'perché, diciamo, gli interessi erano altri, non erano certo quelli della tutela della società, della cura della società, del diritto all'ambiente, del diritto alla salute, ma erano altri – e ci hanno importato il peggio possibile dell'industria. Ciò che è singolare o, forse, storia patria, ormai, è che da noi non lo hanno fatto le multinazionali, ma lo ha fatto un'industria di Stato.
  E oggi, se lei dovesse fare un tour della Sardegna per le parti meno conosciute della Sardegna, scoprirà i fiumi di liquami al mercurio che invadono tratti bellissimi di costa: questa è l'eredità, ad esempio, delle lavorazioni estrattive e minerarie; lei scoprirà fette enormi di territorio contaminato, possentemente contaminato, che non vengono bonificate, perché non bastano mai le risorse: perché un tempo le risorse per gli investimenti c'erano, c'era sicuramente l'investimento per sfruttare il lavoro, la manodopera, quel territorio, quell'ambiente, mentre, oggi, non ci sono le risorse per le bonifiche e, spesso, ci vengono negate anche di fronte alla più palese evidenza – come nel caso che le sto per raccontare –, ci viene negata persino l'esistenza dell'inquinamento.
  Era un tempo nel quale la cultura di tutti era più arretrata, certamente quella delle popolazioni, probabilmente anche quella delle classi dirigenti, certamente quella dell'impresa, ma erano tempi nei quali all'industria e al lavoro si riteneva di dover sacrificare tutto, quasi che insomma non interessasse null'altro che produrre e, dall'altra parte, non interessasse null'altro che lavorare.
  Oggi, a decenni di distanza da quell'esperimento, a un decennio ormai dal collasso pressoché totale di ciò che fu l'epopea industriale in Sardegna, iniziamo a registrare i malati e i morti. Tutti registrano, nelle loro case, casi di malattie legate, ad esempio, alla contaminazione da amianto. Non lo riconosce l'ente preposto, non lo riconoscono gli enti preposti. Il Pag. 17caso della Enichem di Ottana è finito in questi giorni sulla stampa sarda – che fa meno notizia, evidentemente, di altri casi regionali o locali sulla stampa nazionale – con grande spazio, grazie all'azione presso la Procura di Nuoro dell'AIEA e di Medicina Democratica, circa la negazione dei benefici di legge, previsti dalla legge del 1992, per gli ex operai dell'impianto Enichem fibre di Ottana, industria di Stato impiantata negli anni Settanta e che ha continuato ad operare fino quasi al finire degli anni Novanta. Una vicenda che, personalmente – e anche questo mi si consenta di dirlo – ricordo bene, perché provengo da quel territorio, vengo da un paese a venti minuti di distanza da quel sito industriale e ricordo le battaglie di quegli operai, le battaglie nostre perché si mantenesse il lavoro, quel lavoro così sporco, così sudicio da essere oggi più o meno considerabile come un bollettino di guerra, perché già dieci son morti per malattie asbesto-correlate, si dice, nelle varie forme, altri si sono ammalati e stanno combattendo contro quelle malattie, e a nessuno è stato riconosciuto alcun beneficio di legge, fino ad arrivare al paradosso per il quale ENI e INAIL negano l'esistenza di una contaminazione da amianto, pur essendo state fatte le bonifiche. Quindi, si dice tutto e il contrario di tutto, per cui, da una parte, amianto non ce ne sarebbe mai stato, dall'altra, però, sono state fatte le bonifiche e si considera quel sito bonificato, perché sono state estratte circa 190 mila tonnellate di amianto.
  Io vorrei leggere giusto una parte dell'esposto presentato alla procura della Repubblica, per dire che è molto dettagliato e che non si tratta della ricerca dei fantasmi, è dettagliato di immagini, anche fotografiche, di riprese aeree, che testimoniano che ancora, nei circa 5 mila metri quadri di discarica esistente nell'ex sito Enichem di Ottana ed ancora di proprietà dell'ENI, anche visivamente, si vedono i pezzi di amianto. Quindi, è innegabile all'occhio nudo, senza fare troppe ricerche, ma evidentemente qualcuno è indagato e ha prodotto con dovizia di particolari le prove di ciò che è sempre stato il processo lavorativo e anche la costruzione dell'impianto dell'Enichem di Ottana. Impianto, peraltro, gemello, nella tecnologia e anche nella modalità di produzione, dell'impianto di Pisticci, in provincia di Matera, ai lavoratori del quale, invece, sono stati riconosciuti i benefici di legge dopo una battaglia – perché in questo Paese per vedersi affermato un diritto, anche garantito dalla legge, bisogna sempre fare più battaglie probabilmente di ciò che sarebbe necessario in uno Stato nel quale i diritti vengono effettivamente riconosciuti, e quindi resi esigibili – ebbene lì stato riconosciuto, mentre nell'impianto gemello di Ottana no, anzi, abbiamo l'INAIL che ci dice: no, voi no ! Non si capisce perché, però, voi no.
  Allora, nell'esposto presentato in procura – che è anche l'elemento sul quale si fonda una mobilitazione piuttosto consistente in questi giorni, in queste ore, degli ex lavoratori di quell'impianto, che domani si riuniranno ad Ottana precisamente per richiedere risposte che io nel frattempo tento di avere in anticipo dal Governo – si dice, nella sostanza, che l'amianto veniva utilizzato sotto forma di prodotti sia finiti, che assemblati. In particolare, a titolo esemplificativo e non esaustivo, le coibentazioni venivano eseguite con cuscini foderati esternamente con tessuto, che in origine era a base di fibre di amianto; gli accoppiamenti flangiati e le valvole di intercetto e regolazione delle apparecchiature delle linee di processo del riscaldamento erano equipaggiati con guarnizioni e sistemi di tenuta a base di amianto friabile; le guarnizioni degli accoppiamenti flangiati, installati su apparecchiature, tubazioni, valvole e strumenti, erano anch'essi coibentati con manufatti in amianto. In caso di perdite di vapore, che potevano durare anche più giorni, era necessario sostituire le guarnizioni: tali operazioni comportavano la rimozione dei cuscini di coibentazione in amianto e la conseguente dispersione di fibre. Le baderne per la tenuta delle valvole di regolazione degli agitatori di tutte le parti rotanti degli impianti, nonché le valvole Pag. 18stesse, erano coibentate con cuscini foderati in amianto; le trecce utilizzate per coibentare i cavallotti del vapore di riscaldamento delle flange incamiciate erano in fibra di amianto friabile; le coperte di protezione ignifughe, che venivano utilizzate per contenere la caduta e la proiezione di scintille di scorie nelle zone sottostanti durante l'esecuzione di lavori a fuoco, erano in amianto; gli elementi di protezione individuali, utilizzati per la sicurezza degli operatori, guanti e tute anticalore e ignifughe, giacconi e copricapi, erano realizzati in fibra di amianto.
  Allora, non è esaustiva, ma sono le prove di, come dire, testimonianze che potrebbero essere ancora oggi rilevate, se solo si facesse l'indagine che bisognerebbe fare in quel sito industriale. Tra l'altro, è passato quasi un secolo, lasciamo perdere la legislazione nostra che nel 1992 ha finalmente vietato l'utilizzo di amianto, ma non è riuscita a produrre un processo di rimozione dalle realtà preesistenti: questo vale per il mondo militare, per le navi militari ad esempio, poi magari in questo Paese ai militari che sono entrati a contatto con l'amianto non è riconosciuto il beneficio di legge che è riconosciuto ad altri, ma comunque siamo arrivati nel 1992, dopo decine di anni di grandi discussioni, mentre in altri Paesi si era già provveduto, laddove in Italia non si è provveduto. Nel 2003, quindi non cento anni fa, ma avantieri, nel 2003, l'INAIL nega definitivamente qualsiasi beneficio di legge a 289 persone. Domande di riconoscimento di esposizione ad amianto ricevute dall'INAIL, ma viene negata, così come viene negato l'inserimento – perché finora non è avvenuto – negli elenchi nazionali del sito industriale dell'Enichem fibre di Ottana fra quelli contaminati da amianto.
  Allora, molto banalmente, ciò che siamo venuti a chiedere è se siete a conoscenza di ciò che è la realtà dell'Enichem di Ottana, per quali motivazioni il sito dell'Enichem di Ottana non sia nella lista di quelli contaminati da amianto e se non ritenete opportuno, come Governo della Repubblica, riconoscere anche a quei lavoratori, a quella classe operaia, i benefici previsti per legge e per altri. Noi riteniamo, infatti, che questo sia davvero vergognoso, che in alcuna maniera chi ha sacrificato, alla fine, anche la propria vita per il lavoro, chi ha sacrificato la propria salute per il lavoro, per tirare avanti, per campare, per assecondare i progetti di altri, oggi si veda negato anche il diritto ad essere risarcito per il danno subito: danno subito – e ciò è il doppio della vergogna – dall'industria di Stato.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Massimo Cassano, ha facoltà di rispondere.

  MASSIMO CASSANO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Grazie Presidente. Illustro l'atto parlamentare dell'onorevole Piras con il quale si pongono all'attenzione del Governo le problematiche legate alla presenza di amianto presso l'ex stabilimento Enichem di Ottana. La pericolosità dell'amianto è nota da lungo tempo e non solo in relazione agli ambienti di lavoro. La presenza di questo pericolosissimo agente di rischio, infatti, non è esclusiva degli ambienti di lavoro. Sappiamo quanto esso sia presente e attivo anche negli ambienti di vita e in natura e come purtroppo a causa delle sue caratteristiche fisiche possa determinare patologie gravissime che si manifestano anche a distanza di molti anni dalla diretta esposizione. Il presente atto parlamentare in particolare richiama l'attenzione sulla persistente attualità e gravità dei pericoli legati all'esposizione all'amianto e sull'opportunità di riflettere su quanto è stato fatto e su quanto ancora si dovrà fare. Ricordo, in particolare, che per i lavoratori che possono attestare un periodo di esposizione ultradecennale all'amianto, le disposizioni normative prevedono per le pensioni con decorrenza dal 1o novembre 2003 l'incremento del 25 per cento dell'anzianità contributiva maturata in relazione a periodi di comprovata esposizione. Tale incremento si applica ai soli fini della determinazione dell'importo Pag. 19della pensione e non anche ai fini della maturazione del diritto di accesso alla medesima. Il beneficio è concesso esclusivamente ai lavoratori soggetti all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali gestita dall'INAIL che sono stati esposti all'amianto in concentrazione medio-annua non inferiore a 100 fibre litro come valore medio su otto ore al giorno. Per i lavoratori affetti da malattia professionale causata dall'esposizione all'amianto documentata dall'INAIL le disposizioni normative prevedono invece l'incremento del 50 per cento dell'anzianità contributiva maturata per i periodi lavorativi svolti con l'esposizione a tale sostanza. Ciò si applica ai fini della maturazione del diritto e della determinazione dell'importo delle pensioni, a prescindere dal superamento di una soglia limite di esposizione durante l'attività lavorativa. L'esposizione, dunque, può anche essere saltuaria. Successivamente, con la legge finanziaria del 2008 è stato istituito il Fondo per le vittime dell'amianto che eroga una prestazione economica aggiuntiva ai titolari di rendita INAIL affetti da patologie asbesto-correlate per l'esposizione all'amianto, nonché ai familiari dei lavoratori vittime dell'amianto, titolari di rendita ai superstiti.
  Richiamando questioni specifiche su cui siamo intervenuti in un recente passato, vorrei aggiungere che in occasione dell'approvazione della legge di stabilità per il 2015 il Governo ha condiviso e sostenuto l'iniziativa parlamentare finalizzata ad estendere, limitatamente al triennio 2015-2017, le prestazioni assistenziali del Fondo per le vittime dell'amianto a favore dei malati di mesotelioma che abbiano contratto la patologia o per esposizione familiare a lavoratori impiegati nella lavorazione dell'amianto o per esposizione ambientale comprovata. A conferma dell'interesse per un così delicato tema, evidenzio che anche nell'ambito dell'esame del disegno di legge stabilità 2016 il Governo ha presentato un emendamento, poi approvato definitivamente, al comma 292 volto a consentire l'accesso alle richiamate prestazioni in favore dei malati di mesotelioma e anche agli eredi dei malati di mesotelioma che abbiano contratto la patologia o per l'esposizione familiare a lavoratori impiegati nella lavorazione dell'amianto o per esposizione ambientale e che siano deceduti nel 2015 senza aver presentato la relativa istanza.
  Ricordo, inoltre, che il comma 278 della legge di stabilità per il 2016 istituisce nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo per le vittime dell'amianto in favore degli eredi di coloro che sono deceduti a seguito di patologie asbesto-correlate per esposizione all'amianto nell'esecuzione delle operazioni portuali. Il Governo, inoltre, ha dato parere favorevole a una serie di emendamenti parlamentari, poi approvati definitivamente, in materia di trattamenti previdenziali in favore dei lavoratori esposti all'amianto.
  Per quanto concerne specificatamente i lavoratori di Ottana, l'INAIL ha reso noto che hanno presentato domanda per il rilascio della certificazione di esposizione all'amianto, al fine di ottenere il riconoscimento da parte dell'INPS dei benefici previdenziali previsti per le esposizioni ultradecennali, 181 lavoratori dipendenti della Montefibre Spa e 662 dipendenti di Enichem Spa. All'esito delle valutazioni tecniche eseguite negli anni 2003-2005 è risultato che nessuno dei dipendenti dei predetti stabilimenti Enichem e Montefibre di Ottana ha svolto attività soggette ad esposizioni medie annuali di fibre di amianto superiori a 100 fibre litro. Di conseguenza, sono state rilasciate ai richiedenti certificazioni di non esposizione ad amianto. Successivamente, tre lavoratori già dipendenti della Enichem hanno sviluppato patologie derivanti da esposizione ad asbesto per le quali è stata riconosciuta l'origine professionale. A tali lavoratori e dopo il loro decesso ai loro familiari sono state riconosciute le prestazioni in favore dei lavoratori affetti da malattia professionale e i benefici previdenziali previsti per coloro che hanno contratto malattie professionali per esposizione all'amianto di cui si è già detto poc'anzi. L'INAIL, dunque, potrà prendere Pag. 20in considerazione eventuali richieste di prestazioni economiche previdenziali solo per quei lavoratori che hanno sviluppato patologie derivanti da esposizione da asbesto per le quali verrà eventualmente riconosciuta l'origine professionale.
  Nel rappresentare, altresì, che gli uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali stanno valutando i problemi applicativi delle misure varate per le persone soggette a esposizione indiretta posso assicurare l'impegno del Ministero del lavoro e delle politiche sociali a dare, nel quadro della normativa vigente, le giuste risposte alle persone che soffrono delle conseguenze all'esposizione all'amianto. Per quanto concerne i quesiti posti nel presente atto parlamentare di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, quest'ultimo ha reso noto di non aver ricevuto dalla regione Sardegna o dal comune di Ottana alcuna informazione relativamente al sito in questione. L'ultimo aggiornamento relativo alla mappatura dell'amianto è stato inviato dalla regione Sardegna per l'anno 2014. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha assicurato che chiederà alla regione Sardegna di effettuare le dovute verifiche sul sito di Ottana. Infatti, il decreto ministeriale n. 101 del 18 marzo 2003 attribuisce alle regioni che si avvalgono degli organismi locali di salvaguardia della salute e dell'ambiente (ARPA e ASL) la competenza per l'individuazione sul territorio di situazioni di rischio collegate alla presenza di amianto. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha sottolineato, inoltre, che i cittadini hanno la facoltà di segnalare con qualsiasi mezzo la presenza di amianto sul territorio e gli organismi preposti sono pertanto tenuti a svolgere le verifiche del caso. Da ultimo, il Ministero della salute ha reso noto che solleciterà la regione Sardegna, anche tramite il coordinamento interregionale, al fine di verificare il reale stato delle bonifiche e il livello espositivo eventualmente ancora in atto.

  PRESIDENTE. L'onorevole Piras ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  MICHELE PIRAS. Signor Presidente, io la ringrazio, sottosegretario, per la completezza della risposta, ovviamente non posso accusare questo Governo di ciò di cui non è responsabile. Noi conosciamo le competenze e anche le mancanze della regione Sardegna; conosciamo anche le vicende che hanno spesso segnato la timidezza anche delle istituzioni locali circa la denuncia dell'inquinamento ambientale prodotto dall'industria; conosciamo questi fenomeni, fanno parte anche questi della storia, di una storia di lavoro che si è perso e che non si voleva perdere, di battaglie per tenerlo e quindi l'ultima cosa a cui si pensava era denunciare ciò che stava accadendo. Oggi però tuttavia accade e nella sua risposta la sollecito a riflettere su una cosa: è dimostrato come è dimostrato che le tecnologie e i processi lavorativi di Pisticci erano uguali a quelli di Ottana, cioè due stabilimenti gemelli in tutto e per tutto, con una differenza di occupazione nel senso che a Pisticci ce n'era, almeno nel diretto, un po’ di più rispetto a Ottana. Lei mi dice che l'INAIL ha riconosciuto tre casi di morte e a Pisticci quattrocentoventi, in processi di lavorazione analoghi, in una condizione analoga, sotto la stessa ditta, di Stato. Però c’è qualcosa che non torna: o hanno dato troppo credito ai lucani o hanno dato poco credito ai sardi, oppure l'INAIL fa figli e figliastri, oppure l'INAIL non si occupa di verificare effettivamente qual era l'ambiente di lavoro nel quale quel diritto doveva maturare. In quell'ambiente di lavoro, se non è completamente scorretto l'esposto alla procura, cosa della quale dubito, vi è un team anche di persone e di associazioni autorevoli, riconosciute a livello nazionale, che non fanno esposti alla procura per divertimento, ma fanno esposti alla procura su dati reali. Io le ho letto una parte di quell'esposto, è ovviamente materiale pubblico, non rivelo niente che non sia recuperabile o comunque nell'eventualità glielo posso consegnare, giusto Pag. 21per capire un po’ anche quale può essere il ruolo del Governo nei confronti delle articolazioni dello Stato, perché le verifiche vanno fatte e vanno fatte meglio, altrimenti sembra discrezionale. Insomma c’è qualcuno che decide sui diritti altrui, ne ha la titolarità – come lei mi conferma e come sapevamo – a norma di legge e noi siamo in balìa della discrezionalità degli organi dello Stato. Si possono aggiungere risorse, si possono rendere più snelle le norme, io sono per esempio fra quelli che pensano che vada sostenuta la proposta di legge del senatore Casson che riforma abbondantemente la legislazione in materia, anzi, è un'attività che faremo anche alla Camera quella di depositarla, di sostenerla e di perorare la causa, che metta al centro finalmente i diritti di chi ha lavorato, anche di chi non ha lavorato e in ambiente domestico ha, come molti di noi, persino i miei genitori, il tetto in amianto, un classico, altri manufatti in amianto che sono andati a riempire le nostre case e ad avvelenare le nostre comunità. Sono fra i sostenitori di quella legge, penso che servano norme più snelle, penso che vada messo al centro il diritto delle persone al risarcimento e ai benefici di legge, ad andare prima in pensione – cosa che oggi non viene riconosciuta – o a maggiorare la pensione nel caso scelgano di fare questo, quindi garantendo anche libertà. Però c’è un problema serio se 3 su 600, se 289 domande nel frattempo sono state respinte. C’è un problema serio in quel territorio e ci sono le fotografie che dicono che lì c’è l'amianto, le ho viste con i miei occhi e gliele posso far vedere, derivanti dalla bonifica e dalle parziali bonifiche che sono state fatte e accantonate lì, ancora buttate, sempre in quel territorio, a contaminare ulteriormente nel frattempo che non si interviene e si fa finta di niente. Se il processo di lavorazione era uguale a quello di Pisticci, come è possibile che ci sia questa differenza ?
  Come è possibile che il Governo della Repubblica, che è giusto che richiami la regione Sardegna a fare quello che finora non ha fatto – richiameremo anche noi pubblicamente, come sto facendo adesso, la regione Sardegna e il governo attuale della regione Sardegna ad occuparsi di ciò che gli altri governi non hanno evidentemente voluto fare o hanno fatto finta di non vedere – non richiami l'Inail ai suoi compiti ? L'INAIL è un istituto a garanzia del lavoro e dell'infortunio sul lavoro, a garanzia del lavoratore e delle persone, non a tutela delle casse pubbliche quando si tratta di dare soldi a persone che si sono ammalate, non a tutela dell'immagine dell'industria di Stato che è venuta, ha sfruttato quel territorio, ha inquinato e ha fatto ammalare le persone. Bisogna rimettere al centro dell'azione di Governo quelle persone che tanto hanno dato all'economia nazionale, che tanto hanno sacrificato fino a perderci la vita. I morti non sono tre, sono già dieci quelli che si contano e sono certificati da un esposto alla procura della repubblica di Nuoro. Io mi auguro che si possa aprire, in questo scorcio finale di legislatura, una discussione ampia sui temi legati all'amianto e su quella che è stata una delle vicende peggiori che l'epoca industriale abbia prodotto non solo in Sardegna, ma in Italia e in tutto il mondo. C’è semplicemente chi se ne è accorto prima, c’è chi invece oggi ha più coscienza rispetto al passato. Almeno oggi rendiamo giustizia ai morti, a quelli che si sono ammalati e per loro fortuna son guariti e rendiamo giustizia anche a quelli che si ammaleranno, perché come ha detto giustamente lei, c’è un decorso lungo e noi ancora la conta dei morti non l'abbiamo fatta tutta.

(Dati relativi all'andamento del mercato del lavoro a Torino e nella provincia nel periodo dicembre 2010 – settembre 2015 – n. 2-01215)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Airaudo ed altri n. 2-01215, concernente dati relativi all'andamento del mercato del lavoro a Torino e nella provincia nel periodo dicembre 2010 – settembre 2015 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Nicchi se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria Pag. 22o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MARISA NICCHI. Signor Presidente, a poco meno da un anno dal varo della riforma sul mercato del lavoro, il cosiddetto Jobs Act, noi siamo qui a chiedere in Parlamento, fuori dalle polemiche dei mass media e anche dalla propaganda che talvolta quest'argomento propone, i numeri per capire la misura dell'impatto di queste nuove norme sul mercato del lavoro, naturalmente animati da un desiderio di conoscenza, di approfondimento su dati oggettivi perché siamo impegnati in una battaglia contro la precarizzazione del mercato del lavoro, per l'affermazione dei diritti del lavoro e per migliorare la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori. Cominciamo da Torino, che è una grande città industriale che ha un significato fondamentale nel nostro Paese, che anche per la sua storia industriale è oggi all'interno di una grande trasformazione con grandi elementi di preoccupazione, come dimostrano gli alti livelli di cassa integrazione, la precarietà, la disoccupazione giovanile, la riduzione di reddito di molte famiglie torinesi. Cominciamo da Torino – poi non ci fermeremo qui – e chiediamo i dati ufficiali in Parlamento perché vogliamo capire che cosa è successo in questo lasso di tempo, per capire quale sia l'entità dei contratti a tempo determinato, quali sono le varie classificazioni; c’è tutto un elenco nella richiesta che noi abbiamo elencato nella mozione. Ci preoccupiamo e vorremmo capire di più riguardo anche al cosiddetto lavoro accessorio, cioè quel tipo di lavoro che per esempio nella forma dei voucher è esploso.
  Ci chiediamo perché sia esploso, se questo non contenga forme nuove di lavoro nero. Ma noi aspettiamo i dati – i dati che il Governo oggi ci darà – per capire, perché vogliamo aggiornare e fondare la nostra battaglia proprio sui dati ufficiali, coinvolgendo l'ufficialità e la solennità del Parlamento.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Massimo Cassano, ha facoltà di rispondere.

  MASSIMO CASSANO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Grazie, Presidente. Illustro l'atto parlamentare dell'onorevole Airaudo ed altri, con il quale vengono richiesti una serie di dati relativi al mercato del lavoro, con specifico riferimento alla città di Torino e provincia. Al riguardo, faccio presente che, vista la complessità dei dati richiesti nonché l'esiguità del tempo a disposizione per l'elaborazione degli stessi, non posso che limitarmi ad illustrare gli elementi informativi ad oggi acquisiti, riservandomi di integrarli non appena saranno disponibili.
  Con specifico riferimento alla città di Torino e provincia fornisco, nelle tre tabelle che metto a disposizione degli onorevoli interpellanti e di tutta l'Assemblea, i dati oggetto dell'interpellanza, acquisiti presso l'assessorato dell'istruzione, lavoro, formazione professionale della regione Piemonte. In particolare, le predette elaborazioni riguardano la durata dei contratti a tempo determinato stipulati nelle annualità dal 2010 al 2015 nella provincia di Torino (tabella 1) e nella città di Torino (tabella 2). Preciso, al riguardo, che i dati del 2015 sono riferiti solo ai primi nove mesi dell'anno e che tutti i dati riguardano solo il lavoro subordinato. I dati relativi ai contratti sono aggregati per classe di durata (giorni, mesi e anni) e per classi di età, con l'indicazione del valore in percentuale delle assunzioni a tempo determinato, inclusa la somministrazione sul totale delle assunzioni.
  I dati mostrano varie oscillazioni in cui si rileva la progressiva flessione della durata media dei contratti in provincia, dagli 87 giorni del 2010 ai 68 giorni del 2015, e un apprezzabile riduzione dei rapporti di lavoro a tempo determinato nel 2015, più evidente nella fascia di età intermedia 25-34 e 35-54 anni. Nella città di Torino la durata media dei contratti di lavoro è significativamente più lunga: 77 giorni nel capoluogo, contro 68 giorni nella provincia nel 2015. E i rapporti di lavoro a tempo determinato, nel 2015, registrano un peso Pag. 23relativo inferiore rispetto ai dati relativi alla provincia di Torino. Le serie annuali 2010-2014 delle forze di lavoro, distinte per classi di età e di genere, nonché le serie annuali 2010-2014 dei tassi di attività, occupazione e disoccupazione, distinti per genere e classe di età sono state tratte dall'indagine ISTAT nella tabella 3. Al riguardo, preciso che i dati ISTAT sono disponibili solo a livello provinciale e su base annua.
  Inoltre, nelle tabelle 4, 5 e 6 vengono illustrati, limitatamente al periodo intercorrente tra il quarto trimestre 2010 e il terzo trimestre 2015, i dati relativi a: le attivazioni e le cessazioni di contratti a tempo determinato, distinte per classi di età; le trasformazioni di contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, distinte per classi di età; le cessazioni di contratti a tempo determinato, distinte per classi di età e durata effettiva del rapporto di lavoro.
  Rinviando alla lettura dei dati, mi limito a segnalare che, con riferimento alla tabella 5, i dati mostrano nel 2015 un incremento delle trasformazioni di contratto da tempo determinato a tempo indeterminato che, nel periodo gennaio-settembre 2015, sono oltre 274 mila, contro poco più di 203 mila dello stesso periodo nel 2014.
  In ogni caso, faccio presente che i dati acquisiti sono stati elaborati attraverso il sistema informatico delle comunicazioni obbligatorie, che raccoglie tutte le informazioni dichiarate dai datori di lavoro in caso di instaurazione, variazione, proroga, trasformazione e cessazione dei rapporti di lavoro. Inoltre, voglio ricordare che i predetti dati vengono, altresì, pubblicati trimestralmente e annualmente sul sito Internet del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  Per quanto concerne i dati relativi all'impiego dei voucher negli anni 2010-2014, al numero di prestatori lavoratori, distinti per anno, classi di età e cittadinanza, e al numero di voucher riscossi, disaggregati per le stesse variabili, l'INPS ha fornito, nella tabella 7, i dati che metto a disposizione.
  Infine, l'Istituto ha altresì precisato che sul sito Internet è consultabile l'Osservatorio sul precariato, che contiene dati relativi all'andamento occupazionale a livello nazionale nonché specifiche tabelle che contengono dati relativi ai voucher venduti negli anni 2013, 2014 e 2015, distinti per aree territoriali, di vendita e per regione.

  PRESIDENTE. L'onorevole Nicchi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta.

  MARISA NICCHI. Grazie per la risposta. Noi ritorneremo in Parlamento, chiederemo anche altri dati su altre realtà, come quella del Mezzogiorno, perché vogliamo che nel Parlamento si valutino questi dati e la realtà. Dietro i numeri ci sono le vite delle persone e la loro condizione e questa è un'operazione che noi non dimentichiamo mai.
  Quindi, valuteremo quei dati che lei ci ha dato, quelli a disposizione dei siti, quelli che lei ci consegna. Continuano le nostre preoccupazioni sull'esplosione dei voucher, ma su questo ritorneremo successivamente.

(Iniziative di competenza in merito alla vertenza sindacale relativa allo stabilimento Lyondell Basell di Ferrara – n. 2-01224)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Patrizia Maestri ed altri n. 2-01224, concernente iniziative di competenza in merito alla vertenza sindacale relativa allo stabilimento Lyondell Basell di Ferrara (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Paola Boldrini se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmataria, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  PAOLA BOLDRINI. Buongiorno, signor Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, per presentare questa nostra interpellanza, devo prima contestualizzare di che cosa stiamo parlando.Pag. 24
  La Lyondell Basell è un'impresa con oltre 13 mila dipendenti nel settore della chimica, è presente in Italia con stabilimenti a Ferrara, Brindisi e Milano. Con il suo fatturato, di 45,6 miliardi di dollari, è la terza azienda chimica indipendente più grande del mondo e primo produttore mondiale di polipropilene, un materiale simile alla plastica inventato nel 1954 proprio da Giulio Natta, premio Nobel per la chimica, che dà il nome al centro di Ferrara, attualmente il sito più grande al mondo di Lyondell Basell per lo sviluppo e la produzione di catalizzatori Ziegler-Natta. Gli altri centri di ricerca sono a Houston, Cincinnati e Francoforte. Quasi 2 mila, dei 5 mila brevetti della multinazionale, sono nati a Ferrara, dove si produce il 40 per cento delle invenzioni della società, le cui tecnologie produttive sono prese a riferimento in tutto il mondo, grazie al continuo miglioramento tecnologico dell'azienda.
  Nello stabilimento della multinazionale Basell di Ferrara sono occupati, in attività di ricerca e produzione, 800 dipendenti, 45 dei quali impegnati nell'ambito del Centro ricerche Natta, una delle anime più importanti della ricerca chimica a livello mondiale, un gioiello dell'industria chimica, come ha affermato il Sole 24 Ore in un articolo pubblicato tempo fa.
  Nel 2013 il sito produttivo di Ferrara ha già affrontato un'impegnativa ristrutturazione, con la perdita di 105 unità lavorative e il ridimensionamento delle attività, pur riaffermando il valore strategico della sede.
  A partire dalla primavera 2015 si appresta una nuova trattativa tra l'azienda e le organizzazioni sindacali per il rinnovo del contratto integrativo e per affrontare le garanzie occupazionali per i lavoratori coinvolti dalle frequenti riorganizzazioni aziendali; trattativa avvenuta in un clima teso, creato dapprima dal licenziamento improvviso di due lavoratrici, poi reintegrate, e arrivata al massimo della tensione con l'alterco avvenuto tra un delegato sindacale e una rappresentante aziendale.
  L'azienda, con lo sconcerto di tutti, ha avviato un procedimento disciplinare, con la sospensione cautelare del delegato e il suo successivo licenziamento, con l'accusa di comportamento violento. Questo è apparso fin da subito surreale, perché chi conosce il delegato sindacale Luca, come lo conosco anch'io, si rende immediatamente conto del contrario: è detto da tutti persona mite.
  Tutta la città si è mobilitata in solidarietà al delegato licenziato e, con le organizzazioni sindacali, hanno manifestato le istituzioni a tutti i livelli, anche a livello parlamentare, e in effetti oggi siamo qui proprio per interpellare anche il Governo rispetto a questo fatto. Il licenziamento è stato percepito come un attacco all'intera città e lo ha dimostrato la mobilitazione, in questi giorni, in tutta la città, con striscioni ovunque, e anche sui social media c’è stato un boom internazionale.
  La preoccupazione maggiore delle istituzioni, delle parti sociali e soprattutto dei lavoratori è quella che questo comportamento, considerato abnorme dall'azienda, sia un pretesto che nasconde un possibile intendimento di disinvestimento e di progressivo abbandono del sito di Ferrara e, quindi, anche del suo centro di ricerche, con la conseguente perdita di occupati nel settore chimico, che sappiamo essere comprensivo anche di tutto l'indotto (a ogni dipendente del settore chimico corrispondono minimo quattro dipendenti del settore nell'indotto) in questa tormentata provincia, che purtroppo ha grossi problemi di disoccupazione, causata anche dalle varie crisi aziendali.
   Si aggiunge, inoltre, lo sciopero generale avvenuto l'altro ieri, che ha visto coinvolti anche tutti gli altri siti chimici italiani, indetto per scongiurare la vendita, da parte di ENI, di Versalis: di fatto, anche il petrolchimico di Ferrara dipende da ENI.
  L'auspicio di tutti – ed è per questo che noi siamo intervenuti – è che il clima si rassereni, che venga revocato il licenziamento del delegato e che si mantenga alta l'attenzione, come stiamo facendo in questi giorni, del Governo in merito alle problematiche legate alla produzione della chimica, non solo nel territorio ferrarese, Pag. 25ma in tutto il Paese, perché non si può rinunciare alla chimica italiana, tanto meno alla chimica verde, che rappresenta il futuro industriale del nostro Paese.
   Quindi, oggi noi siamo qui per sapere se di questi fatti sia a conoscenza il Governo e come intenda procedere e per sapere se ci siano appunto dei disegni in merito a quello che la multinazionale sta facendo nel nostro territorio.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Cassano, ha facoltà di rispondere.

  MASSIMO CASSANO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Grazie, Presidente. Gli onorevoli Maestri ed altri, con il presente atto parlamentare, richiamano l'attenzione su alcuni episodi che hanno riguardato alcuni lavoratori dello stabilimento di Ferrara, della Lyondell Basell, multinazionale operante nel settore della chimica. Gli interpellanti chiedono, altresì, se il Governo sia a conoscenza dei piani di sviluppo e di riorganizzazione aziendale della multinazionale in parola.
   Al riguardo, è opportuno precisare che la vicenda prende le mosse dalla comunicazione pervenuta, lo scorso 14 dicembre, alla direzione territoriale del lavoro di Ferrara del Ministero che rappresento, con la quale la società ha manifestato l'intenzione di procedere, ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 604 del 1966, al licenziamento di due lavoratrici dello stabilimento di Ferrara per soppressione delle rispettive mansioni. Tuttavia, lo scorso dicembre, a seguito della convocazione delle parti da parte del Ministero, e quindi della sede territoriale di Ferrara, la società ha comunicato la decisione di ritirare entrambe le intenzioni di licenziamento.
  La predetta vicenda si iscrive nell'ambito della trattativa, avviata tra i vertici aziendali e le rappresentanze sindacali unitarie dei lavoratori, per il rinnovo del contratto integrativo aziendale, scaduto lo scorso 24 dicembre. Nel corso della trattativa, in particolare, le RSU avevano richiesto alla società la conferma della clausola pattizia, già contenuta nell'accordo da rinnovare, relativa alla ricollocazione di quelle figure professionali le cui mansioni erano state dichiarate soppresse a causa di processi di riorganizzazione.
   Al riguardo, ad una iniziale disponibilità manifestata dalla società sulla questione, ha fatto tuttavia seguito un atteggiamento di chiusura. Ne sono scaturite tensioni, che sono sfociate nel licenziamento per giusta causa di un lavoratore, intervenuto lo scorso 17 dicembre, nel corso di una riunione in veste di componente della RSU.
  A seguito di tale evento, lo scorso 5 gennaio, la CGIL ha promosso, innanzi al tribunale di Ferrara, un ricorso per condotta antisindacale, ai sensi dell'articolo 28 della legge n. 300 del 1970. Inoltre, l'assessore alle attività produttive, piano energetico e sviluppo ed economia verde e l'assessore al coordinamento delle politiche europee allo sviluppo (scuola, formazione professionale, università ricerca e lavoro) della regione Emilia-Romagna sono intervenuti pubblicamente per chiedere alla società la revoca del licenziamento, al fine di ripristinare corrette relazioni industriali. Ciò nella consapevolezza che il predetto provvedimento non può che acuire le difficoltà e il disagio, in un momento così delicato e difficile per l'industria chimica italiana e, in particolare, per il polo ferrarese.
  Ciò posto, faccio presente che, lo scorso 7 gennaio, i vertici aziendali hanno manifestato l'intenzione di concludere la trattativa avente ad oggetto il rinnovo del contratto integrativo, separandola da qualunque altra vicenda, al fine di pervenire in tempi brevi ad un accordo soddisfacente per entrambe le parti.
  Da ultimo, per quanto concerne il quesito relativo ai piani di sviluppo e di riorganizzazione aziendale della Lyondell Basell, preciso che il Ministero dello sviluppo economico, espressamente interpellato per la parte di competenza, non ha fornito risposte.

Pag. 26

  PRESIDENTE. L'onorevole Patrizia Maestri ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  PATRIZIA MAESTRI. Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario Cassano, non mi ritengo soddisfatta da questa risposta, è una risposta insufficiente e non adeguata alla gravità dei fatti che abbiamo esposto in questa interpellanza.
   Il caso di Luca Fiorini si inserisce in un contesto, che non è solamente di una vertenza individuale, ma di una questione più generale che è legata al rispetto e alla dignità delle persone che lavorano e soprattutto alla possibilità del loro agire con le azioni sindacali. Crediamo, quindi, che il Governo debba fornire maggiore attenzione, anche perché noi pensiamo che, in effetti, in un momento come questo, di grave difficoltà, come ha esposto prima la collega Boldrini, per la chimica di tutto il Paese, in sostanza anche maggiormente per il polo ferrarese, non si capisce per quale motivo comunque l'azienda abbia assunto un atteggiamento e un comportamento di questo tipo. Quello che possiamo pensare è che questi atti e questo comportamento dell'azienda, che si può configurare come atteggiamento antisindacale, siano un segnale, comunque negativo, che fa pensare a quali potrebbero essere i rapporti fra il sindacato, i lavoratori e l'azienda nel futuro.
  Io mi associo anche alle parole dell'assessore regionale, Bianchi, e dell'assessore comunale di Ferrara, proprio perché credo che sia necessario uno sforzo comune, in cui il Governo debba comunque avere una sua responsabilità, per fare in modo che il licenziamento venga comunque revocato (anche se in questi giorni sono proseguite le udienze) e comunque che venga ripristinato un clima diverso. Penso anche che un clima diverso debba appunto consistere non solamente nel proseguire nell'azione di dare appunto soluzione al contratto aziendale, ma effettivamente di dare una forma di maggior rispetto a quella che è la rappresentanza sindacale.
   Sono poi completamente insufficienti le risposte che noi abbiamo esposto nell'interpellanza riguardo a quello che sarà il futuro del polo chimico ferrarese. Abbiamo circostanziato in maniera precisa la situazione di questa azienda e la nostra preoccupazione è naturalmente molto forte, perché questo significherebbe occupazione senza garanzie e avrebbe comunque conseguenze non solamente per la provincia e per il territorio di Ferrara, ma per tutto il Paese.
  Quindi, ripeto: non siamo soddisfatti di questa risposta.

(Iniziative di competenza per la tutela dell'occupazione nell'ambito dell'acquisizione da parte di General Electric del polo energetico del gruppo Alstom, con particolar riferimento alla sede di Sesto San Giovanni – n. 2-01227)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Gasparini ed altri n. 2-01227, concernente iniziative di competenza per la tutela dell'occupazione nell'ambito dell'acquisizione da parte di General Electric del polo energetico del gruppo Alstom, con particolare riferimento alla sede di Sesto San Giovanni (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Gasparini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Grazie, Presidente. Abbiamo svolto questa interpellanza visto l'urgenza del tema che andrò adesso a illustrare e credo che il Governo ne sia stato già messo al corrente, perché molte sono state già le iniziative che sia il sindaco di Sesto San Giovanni sia la regione Lombardia hanno messo in atto, alla luce della situazione che si è venuta a determinare a Sesto San Giovanni a fronte della scelta, da parte di General Electric, di mettere in mobilità 236 lavoratori. Questo problema nasce da una ristrutturazione legata all'acquisizione, da parte del General Electric, di una divisione della multinazionale francese Pag. 27Alstom che, ricordo, è presente in Italia con dodici sedi attive nel settore del trasporto su rotaia e della trasmissione e produzione di energia e dà occupazione a 4 mila lavoratori.
  Questa divisione è stata acquisita da General Electric, questa divisione power oggetto di questa riorganizzazione, dopo una trattativa durata circa un anno e mezzo. Già da tempo circolava la voce che si sarebbe andati a una ristrutturazione del sito di Sesto San Giovanni, ma sostanzialmente soltanto in data 13 gennaio i vertici della General Electric hanno annunciato che, nell'ambito di un piano di tagli europei di circa 6.500 posti, la cessazione dell'attività produttiva del polo Alstom Power di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano, che occupa attualmente circa 400 lavoratori, avrebbe avuto una perdita stimata di 236 posti di lavoro (211 nel 2016 e 26 nel 2017); senza contare il rischio che questo sia l'avvio di un processo di dismissione di questa attività produttiva, con un ulteriore problema per quanto riguarda una possibile area dismessa in una città, Sesto San Giovanni, che ha già vissuto negli anni Novanta una grandissima ristrutturazione, a fronte della chiusura delle fabbriche fordiste. Di fatto, questa presenza di Alstom è una presenza importante, è una storia nuova di sviluppo economico di Sesto San Giovanni e di tutto il nord Milano. Quindi, da questo punto di vista la preoccupazione è duplice: c’è quella legata al lavoro ma anche quella legata all'attività economica e allo sviluppo economico di questa importante area della città metropolitana di Milano.
  Oltretutto, questo problema è stato per tutti un fulmine a ciel sereno, questo annuncio fatto da GE, perché avevamo letto che General Electric stava per investire 200 milioni di dollari nel nostro Paese e la regione Lombardia aveva da poco siglato – l'ha applicato nel luglio scorso – un accordo con General Electric, che aveva acquisito già precedentemente una società della Nuova Pignone ed è capofila di una divisione, che è la divisione «Oil e Gas». Di fatto la regione ha concordato con loro un progetto di ricerca legato alle tecnologie avanzate per componenti di flussi caldi e turbine a gas, con l'obiettivo di rafforzare il tessuto occupazionale legato alla filiera e legato al tema, quindi, dell'energia, creando un polo e mantenendo o rilanciando il polo che a Sondrio, in particolare a Talamona, vede la presenza della Nuova Pignone che, peraltro, è comunque controllata da General Electric.
  Sottolineo questo passaggio, perché è ancora più strano e incomprensibile – rende strana e incomprensibile – la motivazione addotta dal portavoce di General Electric, che ha precisato che la decisione dei licenziamenti è legata al significativo calo della domanda del gas e delle turbine registrato negli ultimi anni. Ma c’è una sorta di contraddizione – leggo io –, alla luce del fatto che, comunque, nel sito di Talamona ci sono questo investimento e questa collaborazione con la regione Lombardia proprio in questo settore.
  Alstom costituisce un patrimonio importante per la città di Sesto, non solo in termini occupazionali, ma per le competenze, la tecnologia, gli investimenti che assomma, oltre alla fabbrica di produzione e a quella di manutenzione del settore power, che è quello in cui c’è – lo sottolineo – il problema dei licenziamenti e della riorganizzazione. Vi ha infatti sede lo stabilimento del trasporto su ferro Transport, del nuovo polo di ricerca e sviluppo del settore Grid, che non entrano nel processo di acquisizione da parte di General Electric.
  La stabilizzazione dei posti di lavoro e il rilancio dell'occupazione sono una priorità dell'attuale Governo e il tempestivo intervento governativo su vertenze che incidono sull'occupazione – si pensi, ad esempio, ai casi Electrolux, Alstom e Ansaldo – ha dato positivi esiti.
  Per questo noi chiediamo al Governo se, alla luce di questa situazione che si è venuta a creare, da una parte, con un investimento e, da un'altra parte, con la riorganizzazione di un polo così importante, anche per il tema che riguarda il settore strategico dell'energia, il Governo Pag. 28intenda da subito intervenire per capire come bloccare questa scelta di General Electric e come mettere in campo, da questo punto di vista, una trattativa che permetta di mantenere questo importante settore di sviluppo per l'economia e per l'ambiente della nostra nazione.
  Parimenti, ci interessava sapere se, nelle trattative, negli incontri fatti e negli accordi sottoscritti e votati in Europa e concordati con il Governo italiano, rispetto al sito di Sesto erano già state precedentemente date indicazioni, da parte di General Electric, di questa scelta di ridurre personale e presenza nel sito di Sesto San Giovanni.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Massimo Cassano, ha facoltà di rispondere.

  MASSIMO CASSANO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Grazie, Presidente. Passo ad illustrare l'atto parlamentare dell'onorevole Gasparini inerente alla situazione produttiva ed occupazionale dello stabilimento di Sesto San Giovanni dell'impresa Alstom Power Italia S.p.A. La Alstom Power Italia S.p.A., appartenente al gruppo Alstom, è presente sul territorio italiano con dodici sedi, operanti nel settore del trasporto su rotaia e della trasmissione e produzione di energia, con un organico complessivo di circa 4 mila unità.
  Nel mese di aprile 2014 è stato avviato il processo di acquisizione di Alstom Power Italia S.p.A. da parte di General Electric, mediante la sottoscrizione di un protocollo di intenti al quale ha fatto seguito un confronto con il Governo francese e con le autorità antitrust europee, al fine di evitare l'acquisizione, da parte di General Electric, di una posizione dominante nel settore energetico.
  In considerazione della molteplicità dei soggetti coinvolti e degli interessi in gioco, il processo di acquisizione è durato 18 mesi e si è concluso lo scorso 2 novembre con l'acquisizione, da parte di General Electric, delle attività di generazione e trasmissione di energia di Alstom. Il protrarsi del processo di acquisizione ha aggravato la situazione di crisi della Alstom Power Italia, già peraltro in essere da diverso tempo.
  Al riguardo occorre segnalare che dal maggio 2013 al novembre 2014 la società ha fatto ricorso per 52 settimane al trattamento ordinario di integrazione salariale e che nel dicembre del 2014 la stessa ha dato avvio ad una procedura di mobilità, su base volontaria, che si è conclusa con la cessazione dei rapporti di lavoro di 25 dipendenti. Lo scorso 12 gennaio a Parigi, nella sede del comitato aziendale europeo di Alstom, la General Electric ha comunicato, ai rappresentanti sindacali dei lavoratori di tutta Europa, la proposta di un piano europeo di riorganizzazione che interessa diverse società del gruppo Alstom, con rilevanti ripercussioni sul piano occupazionale.
  Con specifico riferimento all'Italia, il piano prevede, per l'anno 2016, 211 esuberi per la sede di Sesto San Giovanni. Nello specifico, il piano prevede: la chiusura della fabbrica di Sesto San Giovanni adibita alla produzione dei generatori di energia, con conseguente esubero di 132 dipendenti; 74 esuberi nell'ambito della funzione service, che si occupa della manutenzione e assistenza di centrali termoelettriche, e ulteriori 5 esuberi. Il piano prevede altresì, per il 2017, 25 esuberi per le altre sedi. Contemporaneamente, è stato avviato un processo di consultazione delle rappresentanze sindacali a livello europeo, che dovrebbe concludersi nel prossimo mese di maggio con una proposta sindacale di natura non vincolante.
  Con specifico riferimento all'Italia faccio presente che, lo scorso 13 gennaio, si è svolto presso Assolombarda un incontro nell'ambito del quale le rappresentanze sindacali unitarie e le organizzazioni sindacali di categoria sono state informate dello stato del piano di riorganizzazione. Un successivo incontro è stato programmato per il prossimo 2 febbraio.
  La regione Lombardia ha reso noto di aver in corso un costante contatto con il Ministero dello sviluppo economico, che si Pag. 29sta adoperando affinché venga individuata una soluzione all'interno del perimetro della General Electric. La regione ha altresì reso noto che, a breve, verrà attivato un tavolo regionale con i vertici della multinazionale, al fine di capire quali siano le scelte che questi ultimi intendono portare avanti.
  Da ultimo, nell'evidenziare la rilevanza locale della vicenda in parola posso, comunque, assicurare che il Ministero che rappresento continuerà a monitorare i futuri sviluppi della vicenda, anche nella prospettiva di esaminare le principali criticità.

  PRESIDENTE. L'onorevole Gasparini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Grazie sottosegretario, le cose che lei ha detto raccontano quello che sta succedendo. Tra parentesi, oggi, in questo momento, a Sesto San Giovanni, si riuniscono tutti i sindaci delle città in cui ci sono lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro, perché in una situazione come questa, che sicuramente è notevolmente migliorata rispetto a qualche anno fa, il tema dell'occupazione, come lei ben sa, è centrale per le famiglie, ma è anche centrale per le amministrazioni comunali, che si trovano ad affrontare, poi, tutte le preoccupazioni e i disagi di famiglie che hanno incertezze per il proprio futuro.
  La regione Lombardia ha approvato all'unanimità un ordine del giorno, dando mandato al presidente e all'assessore regionale di seguire da vicino questa vicenda. Come lei adesso ha appena rilevato, io credo che ci debba essere anche da parte del Governo, da parte del Ministero, un accompagnamento forte a questa situazione, che – lo ribadisco – è una situazione che, vista nei macronumeri europei, può sembrare marginale rispetto ad una difficoltà del settore, però, dal punto di vista territoriale e dal punto di vista sociale ed economico per lo sviluppo di quest'area, per noi è molto rilevante.
  Quindi, io credo sia particolarmente importante un'attenzione – come lei ha rilevato – e un affiancamento della regione Lombardia affinché, nel più breve tempo possibile, si possa capire se questa ristrutturazione sia una ristrutturazione dai tempi brevi. Infatti, non riesco a capire se questa dismissione sia una dismissione di un settore, di un'attività o un momento di crisi, con un rilancio che la stessa General Electric vuole fare in Italia; quindi, ci potrebbe essere un periodo di mobilità e, poi, di nuovo, un inserimento dei lavoratori. Questo scenario a me non è chiaro.
  Credo che nei tavoli regionali emergerà con più forza e con chiarezza quella che è la progettualità di questa multinazionale. Chiedo al Governo di dare grande attenzione a questo tema, come ha sempre dimostrato di fare. Quando il Governo è intervenuto con chiarezza e con il potere di un Governo nazionale, molte delle crisi italiane sono state risolte: quindi, pregherei di prestare questa stessa attenzione.

(Chiarimenti ed iniziative di competenza in merito al progetto di bonifica e reindustrializzazione del complesso industriale ex Lucchini di Piombino – n. 2-01204)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Nicchi e Scotto n. 2-01204, concernente chiarimenti ed iniziative di competenza in merito al progetto di bonifica e reindustrializzazione del complesso industriale ex Lucchini di Piombino (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Nicchi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MARISA NICCHI. Grazie, Presidente. Il futuro del complesso industriale ex Lucchini è per noi una preoccupazione molto, molto forte: riguarda circa 4 mila posti di lavoro. Noi pensiamo che il rispetto dell'accordo che si è realizzato il 30 giugno del 2015 sia una questione importantissima, fondamentale per il nostro Paese, perché è l'occasione del rilancio della siderurgia a Piombino e nel contesto nazionale.Pag. 30
  È, quindi, occasione anche per noi per dare lavoro duraturo a quei lavoratori, a quelle lavoratrici oggi in difficoltà fuori dalla produzione, e non può essere certo l'ennesima illusione, cioè un ennesimo anello che si aggiunge ad una catena di illusioni, perché non ce lo possiamo permettere. E nemmeno possiamo pensare che, all'indomani dell'accordo, quando regione e Governo hanno giustamente esultato, lo abbiamo fatto per ragioni elettorali.
  Noi ci assumiamo la responsabilità di risollevare questo tema, di farci carico delle preoccupazioni che in quell'area serpeggiano, sono forti – tant’è che ci sono tante iniziative del sindacato –, perché vogliamo il rispetto dell'accordo e siano allarmati dei suoi ritardi di applicazione.
  Quindi, chiediamo al Governo quali iniziative, quale è l'azione che sta producendo fattivamente per scongiurare il disimpegno, per superare gli ostacoli che si sono realizzati, che sono emersi e per far onorare gli impegni a tutti i soggetti, a partire dal Aferpi, che hanno sottoscritto l'accordo.

  PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico, Simona Vicari, ha facoltà di rispondere.

  SIMONA VICARI, Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico. Grazie, Presidente. Facendo seguito ai quesiti posti proprio dagli interpellanti, nello specifico di quanto richiesto circa proprio il rispetto del cronoprogramma previsto, si evidenzia quanto segue.
  Nell'ultima relazione trimestrale predisposta dal commissario straordinario, ai sensi del decreto legislativo n. 347 del 2003, pubblicata anche nel sito della procedura, vengono forniti i seguenti elementi circa lo stato di avanzamento dei piani dell'acquirente. Nello stesso si legge: «I primi mesi del 2016 si prospettano assai critici sul piano della gestione corrente, sia industriale che finanziaria, con conseguenti riflessi anche sull'attuazione del piano imprenditoriale. Infatti, pur confermando il loro impegno strategico, nell'incontro dell'ottobre 2015, presso il Ministro dello sviluppo economico, Aferpi e Cevital hanno annunziato un primo slittamento degli ordini di smantellamento degli impianti della cosiddetta area a caldo e delle decisioni circa la scelta della migliore tecnologia di costruzione del forno elettrico. A tal proposito, si rileva che il momento di mercato è pesantemente negativo e potrebbe preludere a cambiamenti strutturali con rischi e incertezze tali da ridurre la disponibilità dei necessari cofinanziatori dei piani di investimento, piani che andranno meglio rivisti e sviluppati alla luce dei detti cambiamenti in atto sul mercato siderurgico europeo e mondiale. Si ritiene, di conseguenza, che si verificheranno, in ogni caso, rilevanti slittamenti per quanto riguarda investimenti e smantellamenti, il cui avvio si potrebbe collocare nel primo semestre del 2016, subordinato, comunque, alla revisione dei piani industriali e alla pianificazione finanziaria dell'azionista Cevital». Questo è quanto riporta la relazione del commissario straordinario.
  Quanto, invece, alla parte del piano di diversificazione agroalimentare ed ai relativi investimenti di Aferpi, si rileva – secondo quanto precisato dal commissario – che i nuovi impianti dovranno sorgere negli spazi ad oggi occupati dall'area a caldo dello stabilimento, che andrà preventivamente smantellata.
  Rispetto alle previsioni iniziali, il notevole calo del prezzo del rottame rende assai onerosa questa operazione, per cui l'azionista Cevital sta valutando ipotesi alternative. È stata, in ogni caso, avviata una prima parte delle demolizioni degli impianti accessori della cokeria e dell'acciaieria.
  Si deve precisare, inoltre, quanto alla richiesta relativa al motivo per il quale la società Aferpi abbia annunciato l'avvio di un tavolo con la Banca europea per gli investimenti per il finanziamento dell'operazione, dopo essersi impegnata a finanziare direttamente l'operazione con 570 milioni di euro, che l'obbligo contrattuale dell'acquirente Aferpi non prevede l'effettuazione degli investimenti esclusivamente Pag. 31con propri mezzi, non escludendo, pertanto, il ricorso a finanziamenti anche a lungo termine.
  Relativamente ai quesiti di più stretta competenza del Ministero delle infrastrutture, quest'ultimo rappresentata quanto segue: l'accordo di programma quadro, relativo ai primi stanziamenti per il porto (circa 110 milioni di euro), è stato stipulato il 12 agosto 2013. L'autorità portuale di Piombino ha emesso il bando di gara il 14 agosto 2013 ed i lavori previsti sono iniziati il 1o marzo del 2014, dopo le procedure amministrative di gara e autorizzazione, inclusa la bonifica bellica e le azioni preliminari. Tali lavori riguardano la realizzazione di un molo sottoflutto di 1.300 metri lineari, una banchina di 350 per 50 metri, un piazzale operativo di circa 7 ettari, il dragaggio del nuovo canale di accesso e specchio acqueo adiacente alla banchina per circa 3 milioni di metri cubi con fondale a meno 20 metri.
  I suddetti lavori sono in fase di completamento e, come previsto dal successivo accordo di programma del 24 aprile 2014, le aree sono in fase di assegnazione per gli scopi previsti, riguardanti la demolizione controllata delle navi e altre attività cantieristiche, secondo le opportune procedure di evidenza pubblica.
  L'autorità portuale ha, inoltre, previsto, secondo le procedure contenute nell'accordo di programma quadro, il reimpiego dei ribassi d'asta (circa 20 milioni di euro), per realizzare lo svincolo di collegamento tra la viabilità esistente e le nuove banchine, nonché un ulteriore allungamento del molo di sopraflutto, quale condizione necessaria per la prosecuzione degli ulteriori interventi di completamento del nuovo piano regolatore portuale.
  L'autorità portuale ha, inoltre, già assegnato al momento, in via provvisoria e con specifica gara d'appalto, lavori per un nuovo tratto di 300 metri lineari di banchina e ulteriori 700 mila metri cubi di dragaggio per completare il fondale della nuova darsena nord. Tali opere sono finanziate, per 25 milioni di euro, con i fondi di cui alla delibera CIPE n. 46 del 10 novembre 2014, per 20 milioni di euro, e dall'autorità portuale stessa, in un contesto, quindi, di continuità funzionale con i precedenti investimenti, per i rimanenti 5 milioni di euro.
  Inoltre, la stessa autorità ha elaborato un progetto preliminare, per un importo pari a circa 70 milioni di euro, per ulteriori tratti di banchine e piazzali previsti dal nuovo piano regolatore portuale e le relative ipotesi di copertura sono in fase di discussione con la regione Toscana e il Ministero delle infrastrutture e trasporti.
  Per quanto concerne la strada statale n. 398, nonostante gli accordi stipulati e la previsione normativa contenuta nel decreto-legge n. 43 del 2013, convertito dalle legge n. 71 del 2013, l'opera non è stata realizzata dalla Società Autostrade a proprio carico nell'ambito del progetto dell'autostrada tirrenica. Occorrerà, quindi, trovare una copertura finanziaria per la realizzazione di questa infrastruttura viaria: occorrono circa 100 milioni di euro.
  In accordo con le istituzioni nazionali, regionali e locali, l'autorità portuale ha acquisito il progetto elaborato dalla società Autostrade e lo sta analizzando allo scopo di verificarne i contenuti. La stessa autorità portuale si è resa disponibile ad assumere la funzione di stazione appaltante, qualora siano reperite le risorse necessarie, come previsto dalle intese stipulate.

  PRESIDENTE. L'onorevole Nicchi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  MARISA NICCHI. No, non sono soddisfatta. La risposta non ha fugato le preoccupazioni fortissime che abbiamo per questa per quest'area, per il futuro di quei lavoratori, di quell'area territoriale così importante per la Toscana e per il nostro Paese. Ci preoccupano le relazioni che sono state in modo notarile lette e, soprattutto, il fatto che viene confermato il non impegno diretto da parte di Cevital, che ricorre a un credito in Europa.
  Quindi siamo veramente molto preoccupati, ma credo che a questo punto il Governo deve intervenire con forza, perché l'accordo venga assolutamente rispettato, Pag. 32perché venga realizzato l'intero piano, e mi auguro che nei prossimi incontri – che ci saranno e che mi auguro siano veloci – il Governo chieda, si adoperi per far sì che si proceda sugli impegni presi in merito a quello che è previsto negli accordi, sul fatto che si proceda alla nuova acciaieria elettrica, che quindi ci siano scelte concrete nel merito di quale tecnologia si sceglie, di quale sarà la ditta costruttrice, che si chieda, ancora di più, accelerazione della parte delle bonifiche ambientali.
  Mi pare di capire che ancora siamo indietro – ed è grave – sul finanziamento per la questione dell'infrastruttura viaria 398, che è uno dei pezzi fondamentali, un tassello fondamentale dell'accordo. Non c’è accenno, nelle risposte, a una domanda che noi abbiamo fatto con molta precisione, su come si agisce, su come si può agire, su come il Governo agisce sul costo dell'energia, per AFERPI, per Mittal-Magona, per dare a quelle aziende la competitività che hanno le altre aziende italiane. Non c’è accenno agli ammortizzatori sociali, perché noi chiediamo – e questa mi pare addirittura la priorità – che si allunghino sino al ritorno al lavoro, che si dia una copertura a tutti i lavoratori, compresa l'area di Livorno, che si proroghino i contratti di solidarietà in essere prima del Jobs Act, per la tutela di quei lavoratori e quelle lavoratrici che già perdono molto reddito. Non si è fatto accenno al fatto che, per esempio, si possa dare una sterzata per risolvere il contenzioso per la questione del TFR, un contenzioso tra l'INPS e la ex Lucchini: segni importanti, tangibili, di una volontà che non vediamo !
  Non pensiamo che sia tutto facile, noi non vogliamo essere demagogici, non cerchiamo la demagogia, perché i problemi di quell'area sono problemi seri, però sentiamo – questo è il punto per cui siamo molto insoddisfatti – che non c’è, da parte del Governo, l'attenzione necessaria su questo argomento. Per fare questo ci vorrebbe un Ministero dello sviluppo economico forte, un Governo che abbia una sua politica industriale e all'interno di essa ponga la questione dell'acciaio, ma questo Ministero non ha questa forza, lo stesso Ministro Guidi è assente, non la vediamo e non la sentiamo, è latitante, e questo non depone a favore di un tema che per noi è importante. Lo ribadiamo: approfondiremo le notizie che ci ha dato – e di cui siamo preoccupati – il sottosegretario, perché noi vorremmo assolutamente determinare, in collegamento anche con la preoccupazione sociale, con le istituzioni locali, con tutti quelli che hanno a cuore il futuro di questo complesso industriale, il progetto ad esso collegato, vogliamo determinare una volontà politica più forte, la pretendiamo, la ribadiremo, la rivogliamo al Governo e, naturalmente, per ciò che ci compete, vogliamo contribuire a rafforzarla.
  La questione di Piombino è una questione del Paese, di un'intera area territoriale, la Val di Concia, è emblematica di quello che si vuole per lo sviluppo industriale del nostro Paese, se lo si vuole o non lo si vuole, come si vuole, e naturalmente sappiamo che dietro a questo futuro, poi, c’è la vita concreta, oggi, di tanti cittadini e cittadine, lavoratori e lavoratrici, che oggi debbono avere delle certezze e non possono essere lasciati e dimenticati.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta avvertendo che in allegato al resoconto della seduta odierna sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame del testo unificato delle proposte di legge recante disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario.

  Lunedì 25 gennaio 2016, alle 12:

  1. - Discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge:
   FUCCI; FUCCI; GRILLO ed altri; CALABRÒ ed altri; VARGIU ed altri; Pag. 33MIOTTO ed altri; MONCHIERO ed altri; FORMISANO: Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario (C. 259-262-1312-1324-1581-1769-1902-2155-A).
  — Relatori: Gelli, per la maggioranza; Colletti, di minoranza.

  2. – Discussione sulle linee generali della mozione Baldelli, Garofalo, Catalano, Attaguile, Fauttilli, Rampelli, Pastorino, Palese, Abrignani ed altri n. 1-01085 concernente iniziative in merito al corretto utilizzo dei dispositivi di rilevazione automatica della velocità e alla destinazione dei proventi derivanti dal relativo sistema sanzionatorio.

  3. – Discussione sulle linee generali delle mozioni Fassina ed altri n. 1-01090, Vezzali ed altri n. 1-01100, Morassut ed altri n. 1-01102 e Polverini ed altri n. 1-01103 concernenti iniziative in relazione alla candidatura di Roma Capitale come sede delle Olimpiadi 2024, con particolare riferimento a forme di consultazione dei cittadini.

  4. – Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
   Norme per il contrasto al terrorismo, nonché ratifica ed esecuzione: a) della Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005; b) della Convenzione internazionale per la soppressione di atti di terrorismo nucleare, fatta a New York il 14 settembre 2005; c) del Protocollo di Emendamento alla Convenzione europea per la repressione del terrorismo, fatto a Strasburgo il 15 maggio 2003; d) della Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005; e) del Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo, fatto a Riga il 22 ottobre 2015 (C. 3303-A).
  — Relatori: Dambruoso, per la II Commissione; Manciulli, per la III Commissione.

  La seduta termina alle 12.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 259 E ABB.

Pdl n. 259 e abb. - Responsabilità professionale del personale sanitario

Tempo complessivo: 16 ore e 30 minuti, di cui:
• discussione generale: 7 ore e 30 minuti;
• seguito dell'esame: 9 ore.

Discussione generale Seguito dell'esame
Relatore per la maggioranza 20 minuti 25 minuti
Relatore di minoranza 10 minuti 15 minuti
Governo 20 minuti 25 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 1 ora e 30 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 12 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 10 minuti (con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 18 minuti 5 ore e 5 minuti
 Partito Democratico 39 minuti 1 ora e 30 minuti
 MoVimento 5 Stelle 33 minuti 38 minuti
 Forza Italia – Popolo della Li bertà – Berlusconi Presidente 32 minuti 29 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 31 minuti 23 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra Eco logia e Libertà 31 minuti 23 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 31 minuti 21 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini 30 minuti 19 minuti
 Democrazia Solidale – Centro De mocratico 30 minuti 19 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazio nale 30 minuti 17 minuti
 Misto: 31 minuti 26 minuti
  Conservatori e Riformisti 8 minuti 6 minuti
  Alternativa Libera 7 minuti 6 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Auto nomie ALA – MAIE - Movimento Associativo italiani all'estero 6 minuti 5 minuti
  Minoranze Linguistiche 4 minuti 3 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 3 minuti 3 minuti
  Unione Sudamericana Emigrati Italiani 3 minuti 3 minuti