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Temi dell'attività parlamentare

Politica economica e finanza pubblica
Autonomie territoriali e finanza locale
Città metropolitane e province

La riforma degli enti locali introdotta con la legge 56 del 2014 ha ridefinito l'ordinamento delle province ed istituito le città metropolitane. In particolare, le province sono state definite (così come le città metropolitane) enti di area vasta e i relativi organi – il presidente della provincia ed il consiglio provinciale - sono divenuti organi elettivi di secondo grado; analogo impianto è seguito per il consiglio nelle città metropolitane, con la differenza che il sindaco metropolitano coincide con il sindaco del comune capoluogo. La governance degli enti di area vasta si completa con l'assemblea dei sindaci, per le province, e la conferenza metropolitana, per le città metropolitane, che sono composte dai sindaci dei comuni dell'ente. Sul tema è intervenuta inoltre la sentenza n. 240 del 2021 che ha espresso un monito al legislatore sul sistema di elezione degli organi delle città metropolitane.

La riforma si accompagnava al progetto di riforma costituzionale che prevedeva la soppressione delle province quali enti costituzionalmente necessari. Venuto meno il progetto di revisione costituzionale, all'esito del referendum del 4 dicembre 2016, si è aperto il dibattito sull'opportunità di un nuovo intervento legislativo. In tale contesto, il decreto legge n. 91 del 2018 ha disposto l'istituzione di un tavolo tecnico-politico, presso la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, per la redazione di linee guida finalizzate ad una serie di obiettivi, tra i quali l'avvio di un percorso di revisione organica della disciplina in materia di ordinamento delle province e delle città metropolitane. Nel corso degli ultimi anni sono intervenute inoltre alcune disposizioni modificative della disciplina delle elezioni provinciali. 

La riforma del 2014 ha inciso anche sul personale delle province, interessato da alcune disposizioni di riordino. Per quanto concerne gli assetti finanziari, dopo alcuni interventi che hanno ridimensionato le risorse del Fondo di riequilibrio provinciale, sono poi intervenute  - stante la conferma dell'ente provincia a seguito degli esiti del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 - diverse misure di sostegno finanziario, volte al conferimento delle risorse necessarie per l'esercizio delle funzioni fondamentali dell'ente.  Il decreto-legge 162 del 2019 reca inoltre talune disposizioni in materia di facoltà assunzionali delle Province e delle Città metropolitane per molti aspetti analoghe a quelle introdotte per le regioni a statuto ordinario e per i comuni dal DL n. 34 del 2019.

 
La riforma attuata con la legge n. 56/2014
  • 1 rimando
22/09/2022

La legge 7 aprile 2014, n. 56 (cd. ‘legge Delrio') ha dettato un'ampia riforma in materia di enti locali, prevedendo l'istituzione e la disciplina delle città metropolitane e la ridefinizione del sistema delle province, oltre ad una nuova disciplina in materia di unioni e fusioni di comuni. Nel fare ciò, la legge definisce "enti territoriali di area vasta" sia le città metropolitane che le province.

Le città metropolitane sostituiscono le province in dieci aree urbane, i cui territori coincidono con quelli delle preesistenti province, nelle regioni a statuto ordinario: Roma Capitale, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria.

Sono organi della città metropolitana:

- il sindaco metropolitano, che è di diritto il sindaco del comune capoluogo;

- il consiglio metropolitano, organo elettivo di secondo grado, per cui hanno diritto di elettorato attivo e passivo i sindaci ed i consiglieri comunali;

- la conferenza metropolitana, composta da tutti i sindaci dei comuni della città metropolitana.

La legge definisce altresì il contenuto fondamentale dello statuto della città metropolitana.

Per quanto riguarda il riordino delle province, per esse è previsto un assetto ordinamentale analogo a quello della città metropolitana. Sono pertanto organi della provincia: il presidente della provincia (che però è organo elettivo di secondo grado), il consiglio provinciale e l'assemblea dei sindaci.

La legge definisce altresì le funzioni fondamentali, rispettivamente, di città metropolitane e province, riconoscendo un contenuto più ampio alle prime, e delinea, con riferimento alle sole province, la procedura per il trasferimento delle funzioni non fondamentali ai comuni o alle regioni.

La Corte costituzionale, nella sentenza n. 50 del 2015, ha ritenuto infondate le questioni di legittimità costituzionale promosse da alcune regioni nei confronti della riforma di cui alla legge 56/2014, relative, principalmente: alla lamentata carenza di competenza legislativa statale per quanto riguarda l'istituzione e la disciplina delle Città metropolitane; al mancato rispetto della procedura prevista dall'art. 133 Cost. ai fini del mutamento delle circoscrizioni provinciali e della perimetrazione delle Città metropolitane nell'ambito di una Regione; infine, alla scelta di un modello di governo di secondo grado, caratterizzato totalmente da organi elettivi indiretti.

In particolare, la Corte ha riconosciuto che la legge n. 56/2014 "ha inteso realizzare una significativa riforma di sistema della geografia istituzionale della Repubblica, in vista di una semplificazione dell'ordinamento degli enti territoriali, senza arrivare alla soppressione di quelli previsti in Costituzione".


Al momento dell'approvazione della legge Delrio, le novità erano, infatti, introdotte nell'ambito del prefigurato disegno finale di soppressione delle Province quali enti costitutivi della Repubblica, dotati di funzioni loro proprie, con fonte legislativa di rango costituzionale. Con la mancata approvazione della riforma, all'esito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, resta immutata la collocazione costituzionale delle province, così come riordinate dalla legge n. 56/2014 come enti di area vasta amministrativamente definiti.

Quanto all'infondatezza delle questioni sollevate, la Corte ha riconosciuto che rientra nella competenza legislativa statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. p), anche la disciplina delle Città metropolitane, affermando che il "novellato art. 114 Cost., nel richiamare al proprio interno, per la prima volta, l'ente territoriale Città metropolitana, ha imposto alla Repubblica il dovere della sua concreta istituzione. È proprio, infatti, tale esigenza costituzionale che fonda la competenza legislativa statale relativa alla istituzione del nuovo ente, che non potrebbe, del resto, avere modalità di disciplina e struttura diversificate da Regione a Regione, senza con ciò porsi in contrasto con il disegno costituzionale che presuppone livelli di governo che abbiano una disciplina uniforme, almeno con riferimento agli aspetti essenziali". Anche il modello di governo di secondo grado adottato dalla legge n. 56 del 2014 per le neoistituite Città metropolitane e per le province ha superato il vaglio di costituzionalità, avendo ribadito la Corte, sulla scorta di precedente giurisprudenza, la "piena compatibilità di un meccanismo elettivo di secondo grado con il principio democratico e con quello autonomistico, escludendo che il carattere rappresentativo ed elettivo degli organi di governo del territorio venga meno in caso di elezioni di secondo grado".
Per quanto riguarda le regioni a statuto speciale, i princìpi della legge valgono come princìpi di grande riforma economica e sociale, in conformità ai rispettivi statuti, nelle regioni Sardegna, Sicilia e Friuli-Venezia Giulia (art. 1, comma 5, della L. n. 56/2014), che sono tenute ad adeguare i propri ordinamenti interni (art. 1, comma 145, L. n. 56/2014).
In proposito, nella sentenza n. 168 del 2018, la Corte ha avuto modo di chiarire che nei principi di grande riforma economica e sociale vi rientrano le disposizioni sulla elezione indiretta degli organi territoriali, contenute nella legge n. 56 del 2014 e altre previsioni correlate. Secondo la Corte "i previsti meccanismi di elezione indiretta degli organi di vertice dei nuovi «enti di area vasta» sono, infatti, funzionali al perseguito obiettivo di semplificazione dell'ordinamento degli enti territoriali, nel quadro della ridisegnata geografia istituzionale, e contestualmente rispondono ad un fisiologico fine di risparmio dei costi connessi all'elezione diretta". Con la conseguenza che le regioni a statuto speciale, pur nel rispetto della loro autonomia, non possono derogarvi.
Con la citata sentenza n. 168 del 2018, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Siciliana n. 17 del 2017, nella parte in cui prevede: il suffragio universale e diretto per l'elezione del Presidente e del Consiglio del Libero Consorzio comunale (ente di area vasta con territorio corrispondente a quello di una ex circoscrizione provinciale), nonchè del Sindaco e del Consiglio metropolitano; un numero di componenti dei consigli degli enti territoriali citati superiore a quello previsto dalle legge n. 56; la corresponsione di un'indennità per le cariche di Presidente del Libero Consorzio comunale e di Sindaco metropolitano.

Come noto, la riforma Delrio si accompagnava al progetto di riforma costituzionale che prevedeva la soppressione delle province quali enti costituzionalmente necessari. Venuto meno il progetto di revisione costituzionale all'esito del referendum del 4 dicembre 2016, nella XVIII legislatura si è aperto il dibattito sull'opportunità di un nuovo intervento legislativo. In tale contesto, dapprima il decreto legge n. 91 del 2018 (art. 1, comma 2-ter) ha disposto l'istituzione di un tavolo tecnico-politico, presso la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, per la redazione di linee guida finalizzate ad una serie di obiettivi, tra i quali l'avvio di un percorso di revisione organica della disciplina in materia di ordinamento delle province e delle città metropolitane. Successivamente, il 6 luglio 2020 si è insediato presso il Ministero dell'interno un gruppo di studio per la modifica dell'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), nominato dal Ministro pro tempore, anche in vista della elaborazione di uno specifico disegno di legge delega in materia.

I lavori di elaborazione del predetto disegno di legge sono proseguiti nel corso della legislatura e il disegno di legge di revisione del TUEL è stato dichiarato collegato alla manovra di bilancio nella Nadef 2020 e nella Nadef 2021. Tuttavia il provvedimento non è stato presentato alle Camere entro la fine della legislatura. 

Viene in rilievo inoltre la sentenza n. 240 del 2021 della Corte costituzionale sulle modalità di elezione degli organi delle città metropolitane in cui la Corte ha osservato "come il sistema attualmente previsto per la designazione del sindaco metropolitano non sia in sintonia con le coordinate ricavabili dal testo costituzionale, con riguardo tanto al contenuto essenziale dell'eguaglianza del voto, che "riflette l'eguale dignità di tutti i cittadini e (…) concorre inoltre a connotare come compiutamente corrispondente alla sovranità popolare l'investitura di chi è direttamente chiamato dal corpo elettorale a rivestire cariche pubbliche rappresentative" (sentenza n. 429 del 1995), quanto all'assenza di strumenti idonei a garantire "meccanismi di responsabilità politica e il relativo potere di controllo degli elettori locali" (sentenza n. 168 del 2021). (…) Da un primo punto di vista, non appare più invocabile (…) il fatto che gli statuti delle Città metropolitane possano optare per la via dell'elezione diretta di quest'ultimo. (…), è la circostanza che, ad oggi, la legge statale contenente il relativo sistema elettorale non è intervenuta, né risultano incardinati, presso le Camere, disegni o proposte di legge in uno stadio avanzato di trattazione. Da un secondo punto di vista, non può non evidenziarsi che l'attuazione della disciplina contenuta nella legge n. 56 del 2014 ha risentito, come già detto, della mancata approvazione del disegno di riforma costituzionale cui essa dichiaratamente si ricollegava. Rientra evidentemente nella discrezionalità del legislatore il compito di predisporre le soluzioni normative in grado di porre rimedio al vulnus evidenziato, che rischia di compromettere, per la mancata rappresentatività dell'organo di vertice della Città metropolitana, tanto l'uguale godimento del diritto di voto dei cittadini destinatari dell'esercizio del potere di indirizzo politico-amministrativo dell'ente, quanto la necessaria responsabilità politica dei suoi organi».

Il tema oggetto della sentenza in questione è stato affrontato nel corso della seduta del 19 gennaio 2022 della I Commissione permanente (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni) della Camera dei deputati dedicata alle interrogazioni a risposta immediata.
In particolare il rappresentante dell'Esecutivo ha evidenziato che, "al fine di rimuovere i vizi che la Corte ha rilevato, il Governo, nel più ampio rispetto delle prerogative del Parlamento e dell'esigenza di assicurare il più ampio confronto politico, intende affrontare questo tema anche nell'ambito di un più ampio disegno di riforma del Testo unico degli enti locali, al fine di individuare appropriate soluzioni normative ed assicurare che l'azione delle città metropolitane avvenga in conformità ai canoni costituzionali evocati dalla citata sentenza". In tal senso, viene evidenziato come il merito della questione presupponga una ampia valutazione politica sugli aspetti evidenziati dalla sentenza 240/21, rientrando nella discrezionalità del legislatore il compito di predisporre le relative soluzioni normative
Vedi anche
 
Città metropolitane
  • 2 focus
22/09/2022

La legge individua dieci città metropolitane: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria, a cui si aggiunge la città metropolitana di Roma capitale (art. 1, comma 5, L. n. 56/2014).

Per una prima analisi dei dati statistici e delle potenzialità economiche degli ambiti territoriali coinvolti, si rinvia al dossier curato dal Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del consiglio dei Ministri.

Le città metropolitane sono riconosciute quali enti territoriali di area vasta, con le seguenti finalità istituzionali generali:

  • cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano;
  • promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione della città metropolitana;
  • cura delle relazioni istituzionali afferenti il proprio livello, comprese quelle con le città e le aree metropolitane europee.

Gli organi della città metropolitana sono:

  • il sindaco metropolitano; è di diritto il sindaco del comune capoluogo. Ha la rappresentanza dell'ente, convoca e presiede il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti ed esercita le funzioni attribuite dallo statuto; ha potere di proposta per ciò che attiene al bilancio dell'ente;
  • il consiglio metropolitano; è composto dal sindaco metropolitano e da un numero di consiglieri variabile in base alla popolazione residente (minimo 14 e massimo 24 consiglieri). È un organo elettivo di secondo grado, scelto con un sistema proporzionale per liste: hanno diritto di elettorato attivo e passivo i sindaci e i consiglieri dei comuni della città metropolitana. La cessazione dalla carica comunale comporta la decadenza da consigliere metropolitano. Il Consiglio dura in carica cinque anni: tuttavia, in caso di rinnovo del consiglio del comune capoluogo, si procede comunque a nuove elezioni del consiglio metropolitano entro sessanta giorni dalla proclamazione del sindaco.
    È l'organo di indirizzo e controllo, approva regolamenti, piani, programmi e approva o adotta ogni altro atto ad esso sottoposto dal sindaco metropolitano ed esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto; ha altresì potere di proposta sullo statuto e sulle sue modifiche e poteri decisori finali per l'approvazione del bilancio.
  • la conferenza metropolitana: è composta dal sindaco metropolitano, che la convoca e presiede, e dai sindaci dei comuni della città metropolitana. È competente per l'adozione dello statuto e ha potere consultivo per l'approvazione dei bilanci; lo statuto può attribuirle altri poteri propositivi e consultivi.

Alle città metropolitane sono attribuite:

  • le funzioni fondamentali delle province;
  • le funzioni attribuite alla città metropolitana nell'ambito del processo di riordino delle funzioni delle province;
  • le funzioni fondamentali proprie della città metropolitana che sono:  a) piano strategico del territorio metropolitano di carattere triennale, che costituisce atto di indirizzo per i comuni e le unioni di comuni del territorio, anche in relazione a funzioni delegate o attribuite dalle regioni; b) pianificazione territoriale generale, comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture, anche fissando vincoli e obiettivi all'attività e all'esercizio delle funzioni dei comuni; c) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano; a tale riguardo, la città metropolitana può, d'intesa con i comuni interessati, predisporre documenti di gara, svolgere la funzione di stazione appaltante, monitorare i contratti di servizio ed organizzare concorsi e procedure selettive; d) mobilità e viabilità; e) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale; f) promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano;
  • ulteriori funzioni attribuite dallo Stato o dalle regioni, in base ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
Alle città metropolitane si applicano, ove compatibili, le disposizioni in materia di comuni del testo unico sull'ordinamento degli enti locali (D.Lgs. n. 267/2000) e le disposizioni della legge n. 131/2003 (cd. ‘legge La Loggia') sulla potestà normativa degli enti locali.

Alla città metropolitana di Roma capitale si applicano le norme generali sulle città metropolitane. Lo statuto della città metropolitana di Roma capitale disciplina i rapporti tra la città metropolitana, Roma capitale e gli altri comuni, garantendo il miglior assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli organi costituzionali nonché delle rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri. Restano ferme le disposizioni dei decreti legislativi già adottati su Roma capitale (D.Lgs. n. 156/2010, D.Lgs. n. 61/2012 e D.Lgs. n. 51/2013).

Le prime elezioni dei consigli metropolitani di Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma e Torino hanno avuto luogo tra il 28 settembre e il 12 ottobre 2014. L'elezione del consiglio della città metropolitana di Venezia si è svolta il 9 agosto 2015 e quella di Reggio Calabria il 7 agosto 2016.

La legge n. 56 dispone l'istituzione delle città metropolitane esclusivamente nelle regioni a statuto ordinario. Per quanto riguarda le regioni a statuto speciale, i princìpi della legge valgono come princìpi di grande riforma economica e sociale, in conformità ai rispettivi statuti, per la disciplina di città e aree metropolitane, nelle regioni Sardegna, Sicilia e Friuli-Venezia Giulia (art. 1, comma 5, della L. n. 56/2014). Ai principi della legge tali regioni sono tenute ad adeguare i propri ordinamenti interni (art. 1, comma 145, L. n. 56/2014).

 

Finora sono 5 le città metropolitane istituite dalle regioni a statuto speciale: Cagliari, Catania, Messina e Palermo, a cui si aggiunge Sassari, istituita ai sensi della recente L.R. Sardegna 12 aprile 2021, n. 7. In Friuli-Venezia Giulia una modifica dello statuto ha introdotto il nuovo ente della Città metropolitana, equiparata al livello di governo comunale.
Focus
 
Province
  • 1 focus
22/09/2022

La legge Delrio reca una disciplina per il riordino delle province (art. 1, co. 51, L. n. 56/2014), che si applica, come per le città metropolitane, direttamente nelle regioni a statuto ordinario. La legge definisce le province quali enti di area vasta e stabilisce l'elezione di secondo grado per tali enti.

Le disposizioni sulle province non si applicano alle province autonome di Trento e di Bolzano e alla regione Valle d'Aosta. Le regioni a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia adeguano i propri ordinamenti interni ai princìpi della legge, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della medesima.

In base al nuovo assetto ordinamentale, gli organi della provincia sono:

  • il presidente della provincia; è eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia; sono eleggibili i sindaci della provincia il cui mandato scada non prima di 18 mesi dalla data delle elezioni. Il presidente della provincia, che resta in carica quattro anni, ha la rappresentanza dell'ente, convoca e presiede il consiglio provinciale e l'assemblea dei sindaci, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici ed esercita le funzioni attribuite dallo statuto;
  • il consiglio provinciale; è composto dal presidente della provincia e da un numero di consiglieri variabile in base alla popolazione residente:

    - 16 consiglieri, se la popolazione è superiore a 700.000 abitanti;

    - 12 consiglieri, se la popolazione è compresa tra 300.000 e 700.000 abitanti;

    - 10 consiglieri, se la popolazione è inferiore a 300.000 abitanti.

    È l'organo di indirizzo e controllo, approva regolamenti, piani, programmi e approva o adotta ogni altro atto ad esso sottoposto dal presidente della provincia; ha altresì potere di proposta dello statuto e poteri decisori finali per l'approvazione del bilancio. Per il consiglio provinciale hanno diritto di elettorato attivo e passivo i sindaci e i consiglieri dei comuni della provincia. La durata del consiglio provinciale è più breve di quella del presidente della provincia, in quanto il consiglio resta in carica due anni. Il sistema elettorale è del tutto analogo a quello previsto per l'elezione del consiglio metropolitano (v. supra).

  • l'assemblea dei sindaci: è composta dai sindaci dei comuni appartenenti alla provincia. È competente per l'adozione dello statuto e ha potere consultivo per l'approvazione dei bilanci; lo statuto può attribuirle altri poteri propositivi, consultivi e di controllo.

Punto qualificante del nuovo ordinamento delle province è la ridefinizione delle funzioni a queste spettanti. In particolare, l'impianto riformatore distingue tra funzioni fondamentali, ossia quelle demandate alle province dalla stessa legge n. 56, e funzioni non fondamentali, ossia quelle eventualmente riattribuite alle province all'esito dell'attuazione del processo riformatore. Nelle specifico, le funzioni fondamentali sono:

a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;

b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali

c) programmazione provinciale della rete scolastica

d) raccolta ed elaborazione dati ed assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;

e) gestione dell'edilizia scolastica;

f) controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.

Le province possono altresì, d'intesa con i comuni, esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive.

In base alla legge n. 56/2014, le altre funzioni non fondamentali, già esercitate dalle province sono oggetto di un riordino complessivo mediante accordo in sede di Conferenza unificata, con il quale Stato e Regioni devono individuare in modo puntuale tali funzioni e stabilirne le relative competenze sulla base dei seguenti principi: individuazione per ogni funzione dell'ambito territoriale ottimale di esercizio; efficacia nello svolgimento delle funzioni fondamentali da parte dei comuni; sussistenza di riconosciute esigenze unitarie; adozione di forme di avvalimento e deleghe di esercizio mediante intesa o convenzione.

Lo Stato provvede al riordino delle funzioni di sua competenza con apposito dPCM e le Regioni con proprie leggi. Come previsto dalla legge n. 56, le funzioni che nell'ambito del processo di riordino sono trasferite dalle province ad altri enti territoriali continuano ad essere da esse esercitate fino alla data dell'effettivo avvio di esercizio da parte dell'ente subentrante; tale data è determinata nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per le funzioni di competenza statale ovvero è stabilita dalla regione per le funzioni di competenza regionale.

Aggiornamenti e verifiche dell'attuazione della riforma, anche con specifico riferimento alla situazione della finanza provinciale, sono contenute nelle Relazioni semestrali a cura della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale.
Focus
 
Le elezioni provinciali 2021
22/09/2022

Ai sensi dell'articolo 2, comma 4-ter, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, come ulteriormente modificato dall'articolo l, comma 2-bis del decreto-legge n. 25 del 2021), le elezioni degli organi delle città metropolitane, dei presidenti di provincia e dei consigli provinciali in scadenza entro i primi nove mesi dell'anno 2021 si svolgono entro sessanta giorni dall'ultima proclamazione degli eletti nei comuni della provincia che partecipano al turno annuale ordinario delle elezioni amministrative relative all'anno 2021 o, comunque, nel caso in cui nella provincia non si svolgono elezioni comunali, entro sessanta giorni dallo svolgimento del predetto turno di elezioni. L'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 17 agosto 2021, n. 117, ha inoltre previsto che ai fini dello svolgimento delle elezioni dei consigli metropolitani, dei presidenti delle province e dei consigli provinciali, l'ente interessato tenga conto delle modalità operative e precauzionali di cui ai protocolli sanitari e di sicurezza adottati dal Governo.

Il 18 dicembre 2021 vanno al voto 31 Province per l'elezione del Presidente e 75 Province per l'elezione dei Consigli provinciali.

Si eleggono 896 Consiglieri.

Per approfondimenti si veda la pagina Elezioni provinciali 2021 sul sito dell'UPI (Unione Province d'Italia).

Per l'espletamento delle elezioni provinciali del 18 dicembre 2021, il decreto-legge n. 139/2021 (art. 3-bis, comma 2), prevede che siano individuate ulteriori sedi decentrate al fine del rispetto delle norme di distanziamento a seguito dell'emergenza da COVID-19, in considerazione del permanere dello stato di emergenza fino al 31 dicembre 2021.

La disposizione deroga (in via eccezionale e limitatamente alla tornata elettorale del 18 dicembre 2021) a quanto previsto dagli articoli 1, commi 62, secondo periodo e 74, secondo periodo, della legge n. 56 del 2014, prevedendo in luogo dell'unico seggio elettorale, la possibilità di individuare sedi decentrate per garantire il rispetto delle norme di distanziamento sociale legate al contrasto alla pandemia.
 
Modifiche alla disciplina sulle elezioni provinciali
22/09/2022

La legge n. 56/2014 prevedeva che alla prima applicazione della stessa, le elezioni per il consiglio provinciale fossero indette entro il 30 settembre 2014 per le province i cui organi erano a fine mandato nel 2014 e successivamente entro 30 giorni dalla decadenza per fine mandato o dallo scioglimento degli organi della provincia.

Con decreto-legge n. 91/2018 recante disposizioni in materia di proroga dei termini in materia di enti territoriali, era stato disposto inoltre che il mandato dei Presidenti di provincia e dei Consigli provinciali in scadenza tra il 26 luglio (entrata in vigore del decreto) e il 31 ottobre 2018 fosse prorogato fino a tale data, e si prevedeva che le elezioni per il rinnovo degli organi provinciali in scadenza entro la data del 31 dicembre 2018 avessero luogo contestualmente (election day). Pertanto, se uno dei due organi della medesima provincia era in scadenza entro il 31 ottobre 2018 e l'altro entro il 31 dicembre, le elezioni per il rinnovo del secondo sarebbero avvenute contestualmente al primo, anticipate entro il 31 ottobre. Inoltre, tale disposizione è prevista in deroga all'art. 1 commi 65 e 69 della legge n. 56/2014, ai sensi dei quali la decadenza dalla carica provinciale segue alla cessazione della carica comunale, di sindaco o di consigliere. 

La finalità perseguita dal Governo con l'election day, come si rinviene nella relazione illustrativa al decreto-legge, è quella di semplificare e razionalizzare le procedure elettorali. Quanto alla proroga dei mandati, l'intento è quello di assicurare continuità della governance dell'ente, che verrebbe meno se non si consentisse, con disposizione legislativa, ai presidenti della provincia e ai consiglieri provinciali di proseguire nel loro mandato anche in caso di cessazione, rispettivamente, dalla carica di sindaco e di consigliere comunale (sempre nell'ambito della finestra temporale su cui interviene la disposizione).
La disposizione prevede inoltre, che, in deroga alla disciplina vigente, per la tornata elettorale del 31 ottobre 2018, fossero eleggibili alla carica di presidente della provincia anche i sindaci delle province il cui mandato scada non prima di 12 mesi dalla data di svolgimento delle elezioni.La modifica introdotta pertanto ha esteso, limitatamente alla tornata elettorale del 31 ottobre 2018, l'elettorato passivo a tutti i sindaci il cui mandato scada nel periodo compreso fra i 12 e i 18 mesi prima dello svolgimento delle elezioni.

 Successivamente, con il decreto-legge n. 162/2019 convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2020 n. 8, è stata disposta (l'art. 17-bis, comma 1) la non applicazione - per gli anni 2020 e 2021 - della previsione della legge n. 56 del 2014 in base alla quale sono eleggibili a presidente della provincia i sindaci il cui mandato scada non prima di diciotto mesi dalla data di svolgimento delle elezioni.

Il decreto-legge 162/2019 ha inoltre modificato l'art. 1, comma 79, lettera b), della legge n. 56 del 2014, disponendo che le elezioni per il rinnovo degli organi provinciali sono indette entro 90 giorni dalla scadenza per fine del mandato ovvero dalla decadenza o scioglimento anticipato degli organi provinciali. Si dispone inoltre che i termini attualmente previsti per lo svolgimento delle elezioni provinciali, sono differiti al 45° giorno successivo all'ultima proclamazione degli eletti dei consigli comunali, ma solo per quelle province in cui i consigli comunali interessati al turno annuale elettorale siano tali da far superare la soglia del 50 per cento degli aventi diritto al voto (con l'art. 17-bis, comma 2).

Ancora, il decreto-legge n. 26 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 59/2020, in considerazione della situazione epidemiologica da Covid-19, ha disposto il rinvio delle elezioni dei presidenti di provincia e dei consigli provinciali in scadenza nel 2020, stabilendo che esse, in deroga a quanto previsto dalla legge n. 56/2014 (art. 1, co. 79, lett. b), si svolgano entro 90 giorni dalle elezioni dei consigli comunali previste per il turno annuale ordinario, da tenersi in una domenica e nel lunedì successivo compresi tra il 15 settembre e il 15 dicembre 2020 (art. 1, co. 1, lett. d-bis). Da ultimo, il decreto-legge n. 148 del 2020, in considerazione dei rischi di contagio che derivano dal protrarsi dell'epidemia, ha prorogato ulteriomente la data di rinvio delle predette elezioni, prevedendo che si svolgano entro il 31 marzo 2021 (art. 2, co. 2). Di conseguenza, la durata del mandato degli organi provinciali viene prorogata fino al loro rinnovo.

Per quanto riguarda le scadenze elettorali del 2020 (come ricordato dall'Unione delle province italiane - UPI nel corso delle audizioni svolte nell'ambito del provvedimento in esame presso la Camera dei deputati, memoria depositata il 5 maggio 2020), nel periodo tra il mese di agosto e il mese di dicembre 2020 risultavano in scadenza i mandati di 8 Presidenti di provincia e 25 Consigli provinciali.
 
Facoltà assunzionali delle province e delle città metropolitane
  • 1 focus
28/09/2022

Nell'ambito della riforma degli enti locali disposta dalla L. 56/2014, la L. 190/2014 (Stabilità 2015) aveva introdotto una disciplina per il personale interessato dai processi di mobilità conseguenti alla riduzione dell'organico delle Città metropolitane e delle Province.

In particolare, il comma 421 (successivamente abrogato dal D.L. 162/2019) disponeva, a decorrere dal 1° gennaio 2015, la riduzione del 50% e del 30% della dotazione organica, rispettivamente, di province e città metropolitane (che comunque potevano deliberare una riduzione superiore - nel rispetto di divieti specificamente individuati per le province delle regioni a statuto ordinario), con la contestuale definizione di un procedimento volto a favorire la mobilità del personale eccedentario verso regioni, comuni e altre pubbliche amministrazioni, a valere sulle facoltà assunzionali degli enti di destinazione.

Con il decreto ministeriale 14 settembre 2015  sono stati definiti  i criteri per l'attuazione delle suddette procedure di mobilità. successivamente sono intervenute altre disposizioni.

Sulla materia, sono intervenute disposizioni successive, tra cui si ricordano, in particolare:

  • il D.L. 113/2016 che ha previsto la possibilità di riattivare le procedure di mobilità per i Comuni e le città metropolitane delle regioni in cui sia stato ricollocato il 90% del personale soprannumerario delle province alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 119 stesso,
  • la L.  205/2017 che è intervenuta su alcuni profili (relativi alla dotazione organica, agli oneri, al trattamento economico) del trasferimento alle regioni del personale delle città metropolitane e delle Province (in soprannumero e in servizio a tempo indeterminato presso i centri per l'impiego), nonché in relazione al trattamento economico e giuridico del personale delle Città metropolitane e delle Province trasferito ad altre pubbliche amministrazioni.

Conclusosi il suddetto procedimento di mobilità, attualmente la disciplina delle facoltà assunzionali di province e città metropolitane è dettata dall'articolo 33, c. 1-bis, del D.L. 34/2019 ed è analoga a quella introdotte per le regioni a statuto ordinario e per i comuni dal medesimo articolo 33 (sul punto, si veda il tema in materia di dotazioni organiche della P.A.) e che parametra le assunzioni a tempo indeterminato di tali enti non più ai risparmi prodotti dalle uscite dell'anno precedente (o in corso, ricorrendo determinate condizioni), ma al rapporto percentuale fra la spesa per il personale e le entrate correnti.

In base alla richiamata disciplina, i suddetti enti locali possono procedere ad assunzioni a tempo indeterminato nel limite di una spesa complessiva per il personale non superiore ad un determinato valore soglia, definito dal DM 11 gennaio 2022, che ha fissato al 1° gennaio 2022 la decorrenza per l'applicazione della suddetta disciplina.

Il  richiamato  valore  soglia è  definito  come  percentuale,  differenziata  per  fascia  demografica, della  media  delle  entrate  correnti  relative  agli  ultimi  tre  rendiconti,  senza  tener  conto  degli  stanziamenti  iscritti  nel bilancio di previsione per il Fondo crediti di dubbia esigibilità. In  ogni  caso  le  assunzioni  devono  essere  disposte  in  coerenza  con  piani triennali di fabbisogno di personale e nel rispetto dell'equilibrio di bilancio asseverato dall'organo di revisione

Le province e le città metropolitane sono tenute ad intraprendere un percorso di graduale riduzione annuale del suddetto rapporto con l'obiettivo di conseguire il valore  soglia nel 2025, anche attraverso l'attuazione di un turnover inferiore al 100 per cento. Qualora tale obiettivo non sia raggiunto, le assunzioni di personale non potranno eccedere il 30 per cento di coloro che cessano dal servizio.

Focus
 
Il quadro finanziario delle province e delle città metropolitane e il concorso alla finanza pubblica
27/09/2022

L'attuazione del federalismo fiscale per le province, come delineato dal decreto legislativo n. 68/2011, è stato fortemente condizionato dalle manovre di finanza pubblica poste in essere a partire dal 2010 in seguito all'aggravarsi della crisi economica e finanziaria, nonché dalle riforme istituzionali approvate nella XVII legislatura, che prevedevano la soppressione dell'ente provincia e che hanno portato a circoscrivere le risorse finanziarie destinate a tali enti, in vista del ridimensionamento delle funzioni fondamentali ad esse riconducibili.

Il processo di attuazione del federalismo provinciale si è infatti intrecciato con il nuovo assetto ordinamentale previsto dalla legge n. 56 del 2014, che ha dettato un'ampia riforma dell'ordinamento delle province, prevedendo l'istituzione delle città metropolitane e la ridefinizione delle funzioni delle province e delle città metropolitane, quali "enti di area vasta". La nuova disciplina è stata espressamente qualificata come transitoria, nelle more della riforma costituzionale del Titolo V che prevedeva l'abrogazione delle province. L'esito referendario negativo, che ha determinato l'interruzione del processo di riforma avviato con la legge n. 56/2014 e il mantenimento dell'ente provincia, ha di fatto cristallizzato una condizione di incertezza sia degli assetti istituzionali che degli aspetti finanziari degli enti in questione.

Come rilevato allora dalla Corte dei Conti – cfr.  Audizione sulla finanza delle province e città metropolitane tenuta pressa la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale (febbraio 2017) – "la mancata conferma in sede di consultazione referendaria del testo di riforma costituzionale, (...) ha determinato l'interruzione del processo di riforma, creando una condizione di incertezza sia nella prospettiva del riassetto dei livelli di governo locale, sia nella gestione della situazione esistente". Per ulteriori approfondimenti si rinvia al tema Città metropolitane e province.

Sotto il profilo finanziario, le manovre di finanza pubblica, poste in essere in relazione all'aggravarsi della crisi economica e finanziaria, hanno significativamente eroso nel corso degli anni le risorse a disposizione delle amministrazioni provinciali. Il contributo alla finanza pubblica dell'ente provincia è stato assicurato attraverso misure di riduzione delle risorse ad esse attribuite (riduzione del Fondo sperimentale di riequilibrio ovvero dei trasferimenti erariali per le province della Regione Siciliana e della Regione Sardegna), con strumenti tesi a inasprire gli obiettivi di bilancio ad invarianza di risorse attribuite (patto di stabilità interno), nonché, successivamente alla riforma avviata con la legge n. 56 del 2014, mediante la statuizione di risparmi di spesa corrente (attualmente, dell'importo di 3 miliardi di euro annui, ai sensi dell'articolo 1, comma 418, della legge n. 190 del 2014).

Va ricordato che l'obbligo di partecipazione delle regioni e degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica discende dalla competenza dello Stato in materia di coordinamento della finanza pubblica, indicata dall'articolo 117 della Costituzione, ed è più esplicitamente previsto dalla attuale formulazione dell'articolo 119 della Costituzione - operata dalla legge costituzionale n. 1/2012 - volta ad introdurre il principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale. L'articolo 119, infatti, oltre a specificare che l'autonomia finanziaria degli enti territoriali (Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni) è assicurata nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, prevede che gli enti concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea.
Per un quadro della giurisprudenza costituzionale in materia di coordinamento della finanza pubblica si rinvia al seguente dossier "Il riparto delle competenze legislative nel Titolo V" del Servizio Studi della Camera dei deputati (pagg.129-149).

Il contributo richiesto dall'art. 1, comma 418, della legge n. 190/2014, nell'importo di 3 miliardi di euro annui di risparmi di spesa corrente da versare al bilancio dello Stato, si aggiungeva a quello disposto dall'art. 19 del D.L. n. 66/2014, pari a 69 milioni a decorrere dal 2016, in considerazione dei minori costi della politica derivanti dalla legge n. 56/2014 (gratuità cariche politiche e venir meno sistema elettorale provinciale). Si rammenta, tra l'altro, che tali tagli si accompagnavano (art. 1, comma 421, della legge n. 190/2014) alla consistente riduzione della spesa di personale degli enti di area vasta delle Regioni a statuto ordinario (50% per province e 30% per città metropolitane della spesa 2014), attraverso il trasferimento presso altri enti (in prevalenza Amministrazioni dello Stato e Regioni) del personale in servizio presso le province e le città metropolitane interessate, in previsione della loro soppressione.

Riguardo al Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale, i tagli disposti dai provvedimenti normativi di spending review – principalmente quello disposto dal D.L. n. 95/2012 (pari a 1.250 milioni dal 2015), che grava sul Fondo per 1.090 milioni di euro annui - ne hanno sostanzialmente azzerato la dotazione, inficiandone, di fatto, la finalità programmatoria e di riequilibrio ad esso assegnata dal legislatore.

La Corte dei conti ha più volte sottolineato, in questi anni (si veda, ad esempio, la Relazione sul "Riordino delle province, aspetti ordinamentali e riflessi finanziari" del 2015), come le risorse da Fondo sperimentale di riequilibrio rappresentino ormai un'entrata solo nominale. Le decurtazioni hanno determinato, addirittura, il fenomeno dei "trasferimenti negativi", che si concretizzano in un obbligo forzoso di rimborso a carico degli enti provinciali. L'applicazione delle norme di contenimento della finanza pubblica ha, cioè, progressivamente invertito il flusso dei trasferimenti dallo Stato verso le province: per la quasi totalità delle province e delle città metropolitane il saldo algebrico si conclude con una posizione debitoria nei confronti dello Stato che gli enti devono liquidare attraverso versamenti diretti o attraverso prelievi a cura dell'Agenzia delle entrate

Nel D.M. Interno 8 marzo 2021, ultimo decreto di ripartizione del Fondo sperimentale di riequilibrio per l'anno 2021 (posto che dal 2022 è entrata in vigore la riforma del sistema di finanziamento del comparto provinciale, cfr. § successivi), sono evidenziati i recuperi e le riduzioni operate in forza delle disposizioni di finanza pubblica ed il significativo disallineamento tra le somme astrattamente spettanti a titolo di Fondo sperimentale, quelle effettivamente assegnate e quelle, addirittura, oggetto di recupero (esposte nella tabella in appendice al decreto di riparto). Nell'articolo 2 del citato decreto, si evidenzia come sulle risultanze della ripartizione dell'ammontare lordo del Fondo sperimentale di riequilibrio - effettuata secondo i criteri di riparto del DM 4 maggio 2012 - sono applicate le riduzioni previste: a) dall'art. 9 del D.L. 6 marzo 2014, n. 16 (costi della politica); b) dall'art. 16, comma 7, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (spending review); c) per somme a debito dovute in base all'art. 61, commi 1 e 2, del D.Lgs.n. 446/1997, all'art. 8, comma 5, della legge n. 124/1999, ed all'art. 10, comma 11, della legge n. 133/1999 (riduzioni dei contributi in relazione a: gettiti dei tributi IPT e RCAuto, trasferimento personale ATA a carico dello Stato, maggior gettito dell'addizionale provinciale sul consumo di energia elettrica).

Misure di finanza pubblica a carico del comparto Province/Città metropolitane

Il comparto Province/Città metropolitane è stato interessato a partire dal 2010 da rilevanti tagli dei trasferimenti - previsti dall'art. 14, co. 1, D.L. n. 78/2010 e dall'art. 28, co. 8, del D.L. n. 201/2011 (c.d. decreto Salva Italia) e dall'art. 16, co. 1-7, del D.L. n. 95/2012 (c.d. spending review) poi implementati dalla legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013).

Nel dettaglio, l'art. 14, co. 1, del D.L. n. 78/2010 ha richiesto alle province un concorso alla finanza pubblica per 300 milioni di euro per l'anno 2011 e per 500 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012. L'art. 28, co. 8, del D.L. n. 201/2011 ha previsto, a carico delle Province, una riduzione a decorrere dall'anno 2012 del Fondo sperimentale di riequilibrio nella misura di 415 milioni di euro. L'art. 16, co. 7 del D.L. n. 95/2012 c.d. spending review ha disposto l'ulteriore riduzione del Fondo sperimentale di 500 milioni per l'anno 2012, di 1.000 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e di 1.050 milioni a decorrere dall'anno 2015: la successiva legge di stabilità 2013 ha rimodulato detti tagli che risultano ora essere pari a 1.200 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2013 e 2014, ed a 1.250 milioni a decorrere dal 2015 (di cui 1.090 milioni sul Fondo di riequilibrio per le province delle RSO). In tale ultimo caso, la riduzione di risorse è affiancata da un obbligo per l'ente interessato di comprimere la spesa corrente in pari misura.

Ulteriori tagli sono stati introdotti, in relazione alla riduzione dei costi della politica, con il D.L. n. 16/2014, che all'articolo 9 stabilisce in 7 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2014, la riduzione delle risorse a favore delle Province in correlazione alla riduzione del 20% del numero dei consiglieri comunali e alla determinazione del numero massimo degli assessori provinciali, in misura pari a un quarto del numero dei consiglieri della provincia.

A partire dal 2014, con il D.L. n. 66/2014 (art. 47), il concorso alla finanza pubblica delle province e città metropolitane delle RSO e delle regioni Sicilia e Sardegna è stato assicurato mediante la richiesta di risparmi di spesa corrente da versare al bilancio dello Stato, pari a complessivi 444,5 milioni per il 2014, 576,7 milioni per il 2015 e a 585,7 milioni per ciascuno degli anni dal 2016 al 2018, relativi a determinate categorie di spesa (per acquisto di beni e servizi, per autovetture, per incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa).

In aggiunta, l'art. 19 del D.L. n. 66/2014 ha previsto un ulteriore contributo alla finanza pubblica da parte di Province e Città metropolitane delle RSO, inserito quale comma 150-bis della legge n. 56/2014 (pari a 100 milioni di euro per il 2014, 60 milioni per il 2015 e a 69 milioni a decorrere dal 2016), in considerazione dei minori costi della politica derivanti dalla legge n. 56/2014 (gratuità cariche politiche e venir meno sistema elettorale provinciale).

Ma il concorso più rilevante è quello richiesto dall'art. 1, comma 418, legge n. 190/2014, che (anche in considerazione delle misure di riordino delle funzioni introdotte dalla citata legge n. 56/2014, che, sostanzialmente, limita il novero delle funzioni da esercitare a quelle fondamentali specificamente individuate) impone alle province/Città metropolitane delle RSO e delle regioni Sicilia e Sardegna risparmi di spesa corrente nell'importo di 1 miliardo di euro per il 2015, di 2 miliardi per il 2016 e di 3 miliardi a decorrere dal 2017 (da versare ad apposito capitolo del bilancio dello Stato).

Si riporta di seguito un prospetto riepilogativo delle principali misure di finanza pubblica a carico delle province, che esplicano ancora i loro effetti, cumulativamente, a decorrere dal 2019, in termini di riduzione delle spese e delle risorse attribuite al comparto province e città metropolitane delle Regioni a statuto ordinario e delle Regioni Sicilia e Sardegna.  La tavola (che riprende quanto esposto nella "Relazione sulle manovre di finanza pubblica a carico delle regioni e degli enti locali" trasmessa dalla Ragioneria generale dello Stato alla Commissione Parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale a febbraio 2018) è costruita su dati espressi in termini di saldo netto da finanziare, non considerando, pertanto, il contributo richiesto agli enti, in termini di indebitamento netto, attraverso i vincoli del patto di stabilità interno (o del successivo pareggio di bilancio). Si segnala che, dal 2019, è venuta meno la misura del concorso richiesta ai sensi del D.L. n. 66/2014.

A seguito della mancata conferma in sede di consultazione referendaria del testo di riforma costituzionale, è risultata evidente l'insostenibilità finanziaria delle riduzioni di risorse correnti richieste al comparto a titolo di concorso alla finanza pubblica, ai fini del perseguimento degli equilibri finanziari. Pertanto, negli ultimi anni, sono state attivate misure straordinarie volte a ristorare le forti decurtazioni operate in attuazione del comma 418 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014 e a garantire il sostegno finanziario alle province e alle città metropolitane per l'esercizio delle funzioni ad esse attribuite (in primo luogo, edilizia scolastica e rete viaria).

Durante l'emergenza pandemica, l'espletamento delle funzioni fondamentali delle province e delle città metropolitane è stato sostenuto, nel 2020 e nel 2021, mediate l'apposito Fondo per l'esercizio delle funzioni fondamentali (istituito dall'articolo 106 del decreto-legge n. 34 del 2020 e più volte rifinanziato), che ha assicurato a tutti gli enti territoriali le risorse necessarie, assegnate a ristoro delle minori entrate e delle maggiori spese connesse all'emergenza da Covid-19 rispetto ai fabbisogni, per un complesso di risorse pari a 950 milioni di euro per il 2020 e 150 milioni di euro per il 2021 (per approfondimenti sulla disciplina del Fondo in questione, si rinvia al relativo Tema "Il Fondo per l'esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali").

Tuttavia, il carattere straordinario e non continuativo che ha caratterizzato le misure finanziarie adottate per far fronte alla crescente difficoltà delle province di adempiere alle proprie funzioni, ha inciso sulla capacità di programmazione degli enti, tanto da indurre lo stesso legislatore a prevedere in questi ultimi anni la facoltà per tali enti di ridurre l'orizzonte di bilancio dal triennio alla singola annualità.

Come sottolineato dalla Corte dei conti nella Relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali di giugno 2021, per effetto di tali interventi straordinari sono stati registrati consistenti incrementi delle entrate di parte capitale, cui ha corrisposto un analogo incremento della spesa in conto capitale. Tuttavia, ribadisce la Corte dei Conti, "sull'ampliamento delle risorse pesano, ancora in misura significativa, i contributi alla finanza pubblica che gli enti provinciali devono versare allo Stato, attraverso risparmi sulla spesa corrente. Rimane, infatti, l'impianto precedente, che consente di determinare l'entità delle risorse effettivamente a disposizione delle province e delle Città metropolitane solo a seguito delle compensazioni fra i fondi da attribuire agli enti ed il contributo che gli stessi devono apportare al perseguimento dell'obiettivo di finanza pubblica".

Proprio in considerazione della mancata attuazione del quadro di riforma complessiva degli enti di area vasta e della evidente insostenibilità finanziaria delle riduzioni di risorse correnti, l'articolo 1, comma 2-ter, del D.L. n. 91/2018 aveva disposto l'istituzione di un tavolo tecnico-politico, presso la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, per l'avvio di un percorso di revisione organica della disciplina di province e città metropolitane. Il Tavolo tecnico-politico, insediato il 20 dicembre 2018, ha lavorato fino all'agosto 2019 ma ormai non è più operante.

Il processo di riforma del sistema di finanziamento delle  province e delle città metropolitane, avviato dalla legge di bilancio per il 2021 e messo a punto dalla successiva legge di bilancio per il 2022, è divenuto operativo a decorrere dal 2022 (cfr. § successivo). 

 
I contributi statali per l'esercizio delle funzioni fondamentali
27/09/2022

A seguito delle conseguenti difficoltà economico-finanziarie del comparto, dal 2016 sono state attivate misure straordinarie a favore di Province e Città metropolitane, sia di carattere finanziario, con l'autorizzazione di diversi contributi a sostegno della spesa per l'esercizio delle funzioni fondamentali, sia di tipo contabile, quali, in particolare, la possibilità di approvare il solo bilancio annuale (anziché quello triennale), la possibilità di rinegoziare i mutui contratti con la Cassa Depositi e Prestiti e la possibilità di utilizzare gli avanzi di amministrazione (liberi, destinati e perfino vincolati) per il raggiungimento degli equilibri, l'ampliamento da tre a cinque dodicesimi delle entrate correnti del limite massimo di ricorso, da parte degli enti locali, ad anticipazioni di tesoreria.

Diversi sono stati i contributi riconosciuti a vario titolo dal legislatore in favore delle province e delle città metropolitane (principalmente per l'esercizio delle funzioni fondamentali e in materia di strade e scuole) al fine di riassorbire parte del concorso alla finanza pubblica. Alcuni di questi contributi, infatti, (e precisamente quelli attribuiti ai sensi del comma 838 della legge n. 205 del 2017, unitamente a quelli di cui agli articoli 1, comma 754, della legge n. 208 del 2015 e 20, comma 1, del decreto-legge n. 50 del 2017) sono versati direttamente dal Ministero dell'interno all'entrata del bilancio dello Stato, a titolo di parziale concorso alla finanza pubblica da parte dei medesimi enti. Soltanto nel caso in cui i suddetti contributi eccedano il concorso alla finanza pubblica, il Ministero dell'interno provvede al trasferimento della parte eccedente all'ente interessato.

Altri contributi sono autorizzati in conto capitale, a sostegno della spesa di investimento del comparto Province/Città metropolitane.

La gran parte di tali contributi sono stati riconosciuti a favore delle sole province e città metropolitane delle regioni a statuto ordinario. In particolare:

  • art. 1, comma 754, legge n. 208/2015, che prevede per le province e le città metropolitane delle regioni a statuto ordinario un contributo complessivo di 495 milioni di euro nell'anno 2016, 470 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 e 400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021 (di cui 245 milioni di euro per l'anno 2016, 220 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 e 150 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021 a favore delle province e 250 milioni di euro a favore delle città metropolitane), finalizzato al finanziamento delle spese connesse alle funzioni relative alla viabilità e all'edilizia scolastica;
  • art. 1, comma 764, legge n. 208/2015, che istituisce un fondo con una dotazione di 60 milioni di euro da ripartire tra le province delle regioni a statuto ordinario per una quota pari al 66% per favorire il mantenimento della situazione finanziaria corrente per l'anno 2016 e per il restante 34% per concorrere alla corresponsione del trattamento economico al personale in soprannumero. Si ricorda, infatti, al riguardo, che l'articolo 1, comma 421, della legge n. 190/2014 associa al concorso alla finanza pubblica di cui al comma 418 della medesima legge, la revisione della dotazione organica delle province e delle città metropolitane delle RSO, al fine di conseguire una riduzione della spesa del personale di ruolo alla data di entrata in vigore della legge n. 56 del 2014 (aprile 2014) nella misura del 30%. Il personale in soprannumero è stato assorbito dalle altre amministrazioni pubbliche nell'ambito delle proprie capacità assunzionali, senza, dunque, riflessi negativi per le amministrazioni riceventi e con effetti positivi per le province e le città metropolitane cedenti. Il riparto del contributo per il personale soprannumerario è avvenuto, sostanzialmente, in proporzione alle unità di personale dichiarato in soprannumero, e non ancora ricollocato, secondo le risultanze del monitoraggio attivato dal Dipartimento della Funzione Pubblica;
  • art. 1, comma 947, legge n. 208/2015, che reca un contributo complessivo di 70 milioni per l'anno 2016 (incrementato a 75 milioni per il 2017) a favore degli enti (province, città metropolitane o comuni) che esercitano le funzioni relative all'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità fisiche. Si tratta delle funzioni che il medesimo art. 1, co. 947, attribuisce alle regioni, a decorrere dal 1° gennaio 2016, fatti salvi i casi in cui, con legge regionale, esse erano già state attribuite alle province, alle città metropolitane o ai comuni (cfr. riparto 2016: DPCM 30 agosto 2016; riparto 2017: DPCM D.P.C.M. 28 settembre 2017). Tali contributi sono stati rifinanziati per gli anni successivi dall'art. 1, comma 70, legge n. 205/2017 (cfr. ultra).
  • Art. 7-bis, comma 1, D.L. n. 113/2016, che attribuisce un contributo per l'anno 2016 di 48 milioni di euro alle province delle regioni a statuto ordinario per l'esercizio delle funzioni fondamentali (D.M. 17 ottobre 2016, a seguito di Intesa in Conferenza stato città ed autonomie locali sui criteri di riparto del 27 settembre 2016);
  • Art. 7-bis, comma 2, D.L. n. 113/2016, che assegna un contributo in conto capitale per l'anno 2016 di 100 milioni di euro alle province delle regioni a statuto ordinario per l'attività di manutenzione straordinaria della rete viaria (D.M. 17 ottobre 2016);
  • art. 1, comma 438, legge n. 232/2016, che istituisce un fondo, denominato «Fondo da ripartire per il finanziamento di interventi a favore degli Enti territoriali», con una dotazione di 969,6 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2026, di 935 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2027 al 2046 e di 925 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2027. Tale fondo, ripartito con DPCM 10 marzo 2017, è attribuito per 250 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017 alle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario e per 650 milioni di euro a decorrere dal 2017 alle province delle regioni a statuto ordinario, in proporzione all'ammontare della riduzione della spesa corrente per l'anno 2016 di ciascuno degli enti;
  • art. 20, commi 1 e 1-bis, D.L. n. 50/2017, che prevedono un contributo per l'esercizio delle funzioni fondamentali delle province delle regioni a statuto ordinario di 180 milioni per ciascuno degli anni 2017 e 2018 e di 80 milioni annui a decorrere dall'anno 2019 (ripartiti con DM 14 luglio 2017) nonché per l'esercizio delle funzioni fondamentali delle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario di 12 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018. A seguito dell'intesa raggiunta in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali il 12 luglio 2017, il contributo in parola è stato integralmente attribuito, per il 2017, alla città metropolitana di Milano (art. 15-quinquies del D.L. n. 91/2017). Il contributo di 12 milioni di euro assegnato per il 2018 dal comma 1-bis del D.L. n. 50/2017 è stato assorbito dai nuovi contributi autorizzati per le medesime finalità dalla legge di bilancio 2018 (comma 838-842, legge n. 205/2017);
  • art. 20, comma 3, D.L. n. 50/2017, che autorizza un contributo in conto capitale di 170 milioni di euro per l'anno 2017 per l'attività di manutenzione straordinaria della rete viaria di competenza delle province delle regioni a statuto ordinario (DM 14 luglio 2017);
  • art. 25, commi 1 e 2-bis, del D.L. n. 50/2017: che stabilisce che una quota del fondo investimenti, di cui al comma 140, articolo 1, della legge n. 232/2016, per un importo pari a 64 milioni di euro per l'anno 2017, 118 milioni di euro per l'anno 2018, 80 milioni di euro per l'anno 2019 e 44,1 milioni di euro per l'anno 2020, è attribuita alle province e città metropolitane per il finanziamento di interventi in materia di edilizia scolastica. Il comma 2-bis dispone, altresì, l'attribuzione di ulteriori 15 milioni di euro per l'anno 2017, in favore di province e città metropolitane, per il finanziamento delle medesime attività di edilizia scolastica (D.M. Istruzione 8 agosto 2017);
  • art. 15-quinquies, comma 2, D.L. n. 91/2017, che assegna alle province e alle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, per l'esercizio delle funzioni fondamentali un contributo complessivo di 100 milioni di euro per l'anno 2017, di cui 72 milioni di euro a favore delle province e 28 milioni di euro a favore delle città metropolitane (ripartito con D.M. interno 29 settembre 2017 e D.M. 4 ottobre 2017);
  • art. 1, comma 70, legge n. 205/2017, reca un contributo di 75 milioni per il 2018 per l'esercizio delle funzioni di cui all'art. 1, co. 947, della legge n. 208/2015, relative all'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità fisiche o sensoriali e ai servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per i medesimi alunni o per quelli in situazione di svantaggio, attribuite alle province, alle città metropolitane o ai comuni (riparto 2018: D.P.C.M. 21 dicembre 2018). Tale contributo è stato esteso, nell'importo di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, dall'articolo 1, comma 561, e dalla Sezione II della legge di bilancio 2019 (legge n. 145/2018) (riparto 2019: D.P.C.M. 1° agosto 2019);
  • art. 1, comma 838, legge n. 205/2017, che autorizza un contributo di 428 milioni in favore delle province e delle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario per l'anno 2018, per il finanziamento delle funzioni fondamentali, che viene ripartito per 317 milioni in favore delle province e per 111 milioni in favore delle città metropolitane, ed un ulteriore contributo per le sole province di 110 milioni annui per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e di 180 milioni annui a decorrere dall'anno 2021 (ripartiti, per le città metropolitane con il D.M. interno 7 febbraio 2018 e per le province, per gli anni 2018-2020, con il D.M. 19 febbraio 2018. Il contributo per le sole province, disposto a decorrere dall'anno 2021, è stato ripartito con D.M. 25 gennaio 2021);
  • art. 1, comma 1076, legge n. 205/2017che prevede un contributo in conto capitale al finanziamento degli interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane per una spesa di 120 milioni di euro per il 2018 e di 300 milioni per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023, per complessivi 1.620 milioni di euro nel periodo 2018-2023. Tali contributi, si ricorda, sono stati integrati dalla legge di bilancio per il 2020 (cfr. ultra);
  • art. 1, comma 1079, legge n. 205/2017, che prevede l'istituzione del Fondo per la progettazione degli enti locali, destinato al cofinanziamento della redazione dei progetti di fattibilità tecnica ed economica e dei progetti definitivi degli enti locali per opere destinate alla messa in sicurezza di edifici e strutture pubbliche, con una dotazione in conto capitale di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2030;
  • art. 1, comma 889, legge n. 145/2018, che attribuisce un contributo in conto capitale di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033 alle Province delle Regioni a Statuto ordinario, da destinare al finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e scuole (da ripartire per il 50% tra le Province che presentano una diminuzione della spesa per la manutenzione di strade e scuole nell'anno 2017 rispetto alla media del triennio 2010-2012 e per il 50% in proporzione all'incidenza nel 2018 della manovra di finanza pubblica rispetto al gettito 2017 dell'imposta Rc auto, dell'imposta provinciale di trascrizione, nonché del fondo sperimentale di riequilibrio). Il riparto è stato definito con il D.M. Interno 4 marzo 2019 (cfr. Allegato), a seguito dell'intesa in Conferenza Stato-città ed autonomie locali del 24 gennaio 2019;
  • art. 1, comma 62, legge n. 160/2019, che integra le risorse già stanziate dal comma 1076 dell'art. 1 della L. 205/2017 per la concessione a province e città metropolitane di contributi destinati al finanziamento degli interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria, di ulteriori 3,4 miliardi (da 1,62 a oltre 5 miliardi di euro), estendendo le risorse fino all'anno 2034. Tale importo è stato poi rimodulato con un incremento di 345 milioni di euro dall'art. 38-bis del D.L. 162/2019 (c.d. proroga termini), per un complesso di risorse pari a 5,3 miliardi di euro;

Con riferimento specifico agli enti provinciali della regione Siciliana e della Sardegna, si ricordano:

  • art. 1, comma 883, legge n. 145/2018, che attribuisce alla Regione Siciliana (in attuazione dell'articolo 9 dell'Accordo del 19 dicembre 2018, in materia di finanza pubblica, tra Stato e Regione Siciliana), l'importo complessivo di euro 540 milioni da destinare ai liberi consorzi e alle città metropolitane per le spese in conto capitale di manutenzione straordinaria di strade e scuole, da erogare in quote di euro 20 milioni per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e di euro 100 milioni per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025;
  • art. 1, comma 875, legge n. 160/2019, che attribuisce agli enti di area vasta della Regione siciliana - liberi consorzi di comuni e città metropolitane - un contributo di 80 milioni di euro annui a decorrere dal 2020, da ripartire tra gli enti in modo tale da compensare il concorso alla finanza pubblica richiesto ai medesimi enti dalla legge di stabilità 2015 (legge 190/2014, comma 418);
  • art. 15, D.L. n. 50/2017, che dispone un contributo a favore delle province della Regione Sardegna e della città metropolitana di Cagliari a titolo di parziale concorso alla finanza pubblica da parte dei medesimi enti, nell'importo di 10 milioni di euro per l'anno 2017 e di 20 milioni a decorrere dal 2018. Il contributo è stato successivamente aumentato dalla legge di bilancio 2018 (comma 840, Legge n. 205/2017) a 35 milioni di euro per l'anno 2018 e a 40 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019;
  • art. 1, comma 872, legge n. 160/2019, che attribuisce alle province della regione Sardegna e alla Città metropolitana di Cagliari un contributo di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2020, da ripartire tra gli enti in modo tale da compensare il concorso alla finanza pubblica richiesto ai medesimi enti dalla legge di stabilità 2015 (legge 190/2014, comma 418).

Da ultimo, a seguito delle conseguenze finanziarie determinate dalla diffusione del Covid-19, le risorse necessarie per l'espletamento delle funzioni fondamentali degli enti locali sono state garantite, sia nel 2020 che nel 2021, mediate la costituzione di un apposito Fondo che ha assicurato agli enti locali il ristoro delle minori entrate locali connesse all'emergenza epidemiologica rispetto ai fabbisogni di spesa, per un complesso di risorse pari a 5,2 miliardi di euro nel 2020 e a 1,5 miliardi di euro nel 2021, di cui 950 milioni nel 2020 e 150 milioni nel 2021 assegnate a province e città metropolitane.

Ciò al fine di garantire il finanziamento delle funzioni fondamentali e dei livelli essenziali delle prestazioni, onde evitare che l'insorgere della pandemia potesse comportare un indiscriminato deterioramento degli equilibri di bilancio dei comuni e delle province e città metropolitane.

Come già ribadito nel paragrafo precedente, nelle more della definizione di un nuovo quadro di riforma complessiva del sistema di finanziamento delle province e delle città metropolitane, in linea con i dettami del federalismo fiscale, questi contributi di carattere straordinario, che pure hanno aiutato gli enti far fronte alla crescente difficoltà di adempiere alle proprie funzioni aumentando le risorse a loro disposizione, non hanno inciso sulla capacità programmatoria dell'ente, che è rimasta fortemente condizionata dall'ingente consistenza delle riduzioni di risorse correnti che ancora permangono in capo agli enti.

La riforma del sistema di finanziamento delle province e delle città metrpolitane è finalmente entrata in vigore nel 2022.