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Temi dell'attività parlamentare

Lavoro, assistenza e previdenza
Commissione: XI Lavoro
2018 Politiche per il lavoro e previdenziali
Trattamenti pensionistici

Negli ultimi anni si è assistito ad una duplice linea di intervento del legislatore per quanto attiene i trattamenti pensionistici, concretizzatasi sia attraverso il sostegno dei titolari di pensioni di importo più basso (mediante l'estensione della cd. no tax area per i pensionati e l'incremento della cd. quattordicesima), sia con una serie di interventi legislativi volti a limitare la rivalutazione dei trattamenti pensionistici (attraverso contributi di solidarietà e limitazioni alla rivalutazione automatica) con finalità di contenimento della spesa previdenziale.

 
Sostegno delle pensioni di importo più basso
01/02/2021

Nella scorsa Legislatura il legislatore è intervenuto a sostegno dei titolari di pensioni di importo più basso attraverso l'estensione della cd. no tax area per i pensionati e l'incremento della cd. quattordicesima.

No tax area per i pensionati

L'articolo 1, comma 290, della L. 208/2015 ha modificato l'articolo 13 del TUIR, relativamente alla misura delle detrazioni dall'imposta lorda IRPEF spettanti con riferimento ai redditi da pensione (cosiddetta no tax area per i pensionati), disponendo un diverso limite di esenzione a seconda dell'età dei pensionati.

Più specificamente, la misura è pari:

- per i soggetti di età inferiore a 75 anni (restando immutata la disciplina nel caso in cui il soggetto abbia un reddito complessivo a 15.000 euro), a:

- 1.783 euro, se il reddito complessivo non supera 7.750 euro; resta fermo che l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro;

- 1.255 euro, aumentata del prodotto tra 528 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.250 euro, qualora l'ammontare del reddito complessivo sia superiore a 7.750 euro e pari o inferiore a 15.000 euro;

- una quota proporzionale (rispetto ad una base di calcolo pari a 1.255 euro) corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro, qualora l'ammontare del reddito complessivo sia superiore a 15.000 euro e pari o inferiore a 55.000 euro;

-  per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni, (sempre restando immutata la disciplina nel caso in cui il soggetto abbia un reddito complessivo a 15.000 euro), a:

-       1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 8.000 euro; resta fermo che l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 713 euro;

-       1.297 euro, aumentata del prodotto tra 583 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, qualora l'ammontare del reddito complessivo sia superiore a 8.000 euro e pari o inferiore a 15.000 euro.

 

Successivamente, l'articolo 1, comma 210,della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) ha stabilito una disciplina uniforme per le detrazioni dall'imposta lorda IRPEF spettanti con riferimento ai redditi da pensione, estendendo la no tax area a 8.145 euro (soglia di reddito sotto la quale l'ammontare della detrazione compensa per intero l'IRPEF) anche ai pensionati con meno di 75 anni, al fine di allinearla a quella dei lavoratori dipendenti (anche con un effetto indiretto sulle addizionali regionali e comunali IRPEF, che quindi si annullerebbero per i soggetti la cui IRPEF si azzera con l'estensione della no-tax area medesima).

 

La misura è pari a:

  • 1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 8.000 euro (l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 713 euro);
  • 1.297 euro, aumentata del prodotto tra 583 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, qualora l'ammontare del reddito complessivo sia superiore a 8.000 euro e pari o inferiore a 15.000 euro;
  • una quota proporzionale - rispetto ad una base di calcolo pari a 1.297 euro - corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro, qualora l'ammontare del reddito complessivo sia superiore a 15.000 euro e pari o inferiore a 55.000 euro.

Le detrazioni non spettano, ad ogni modo, per i casi di reddito complessivo superiore a 55.000 euro.

Quattordicesima

L'articolo 1, comma 187, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) interviene sulla disciplina della cd. "quattordicesima", somma introdotta dal 2007 per incrementare i trattamenti pensionistici di importo più basso (articolo 5, commi 1-4, del D.L. 81/2007). In particolare, vengono rideterminati (dal 2017) l'importo della somma ed i requisiti reddituali richiesti per averne diritto, prevedendo che la quattordicesima venga erogata non più solamente se il soggetto interessato possieda un reddito complessivo individuale non superiore a 1,5 volte il trattamento minimo annuo I.N.P.S. (pari, per il 2016, a 501,89 euro), ma anche, con importi diversi, nei casi in cui il soggetto possieda redditi da 1,5 volte a 2 volte il trattamento minimo INPS.

 

DL Aiuti e DL Aiuti bis

Gli articoli 31 e 32 del DL n. 50/2022 (cd. DL Aiuti) riconoscono una somma di 200 euro, a titolo di indennità una tantum, da erogare a lavoratori dipendenti, pensionati e altre categorie di soggetti.

Sono inclusi tra i beneficiari i soggetti beneficiari di trattamenti pensionistici  con decorrenza entro il 1° luglio 2022: il DL n. 115/2022 (cd. DL Aiuti bis) ha infatti modificato l'articolo 32 del primo DL Aiuti, sostituendo l'originaria data del 30 giugno 2022.

Il cd. bonus 200 euro – erogato dall'INPS o da altro Ente previdenziale con la mensilità di luglio 2022 – viene riconosciuto a soggetti titolari di trattamenti con reddito personale complessivo, per l'anno 2022, non superiore a 35.000 euro lordi.

Inoltre, al fine di contrastare gli effetti negativi dell'inflazione per l'anno 2022 e sostenere il potere di acquisto delle prestazioni pensionistiche, in via eccezionale, il DL Aiuti bis prevede due tipologie di interventi.

Il primo è l'anticipo del conguaglio di 0,2 punti percentuali per il calcolo della perequazione delle pensioni (di cui all'articolo 24, comma 5, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, per l'anno 2021) al 1° novembre 2022.

Il secondo intervento riconosce – nelle more dell'applicazione della percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l'anno 2022 con decorrenza 1° gennaio 2023, con riferimento al trattamento pensionistico lordo complessivo in pagamento per ciascuna delle mensilità di ottobre, novembre e dicembre 2022, ivi inclusa la tredicesima mensilità spettante – in via transitoria un incremento, limitatamente alle predette mensilità e rispetto al trattamento mensile determinato sulla base della normativa vigente prima dell'entrata in vigore del DL Aiuti bis, di due punti percentuali, calcolato con le stesse modalità di cui all'articolo 1, comma 478, della legge 27 dicembre 2019, n. 160. L' incremento non rileva, per l'anno 2022, ai fini del superamento dei limiti reddituali previsti nel medesimo anno per il riconoscimento di tutte le prestazioni collegate al reddito. L'incremento è riconosciuto qualora il trattamento pensionistico mensile sia complessivamente pari o inferiore all'importo di 2.692 euro.

 
Pensioni di importo elevato
  • 1 focus
01/02/2021

Con l'obiettivo di limitare l'evoluzione della spesa pensionistica e introdurre elementi di maggiore equità nel sistema, il legislatore di recente è intervenuto ripetutamente con provvedimenti volti al contenimento dei trattamenti pensionistici di maggiore importo, attraverso contributi di solidarietà e limitazioni alla rivalutazione automatica.

Riduzione transitoria dele pensioni di importo oltre 100.000 euro

La legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi da 261 a 268, L. 145/2018) ha introdotto, a decorre dal 1° gennaio 2019 e per la durata di 5 anni, una riduzione dell'importo delle pensioni eccedenti la soglia di 100.000 euro lordi annui, mediante specifiche aliquote di riduzione, crescenti per specifiche fasce di importo. I conseguenti risparmi confluiscono in appositi fondi presso l'INPS e gli altri enti previdenziali interessati.

Le suddette riduzioni si applicano ai trattamenti pensionistici a carico delle gestioni previdenziali obbligatorie relative ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e della gestione separata INPS, di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335/1995. Qualora il soggetto sia titolare di più di un trattamento pensionistico, si prende in considerazione l'importo complessivo dei trattamenti. Sono esclusi dall'ambito di applicazione delle richiamate riduzioni i trattamenti pensionistici liquidati integralmente secondo il sistema contributivo. Sono inoltre escluse le pensioni di invalidità e i trattamenti pensionistici di invalidità di cui alla L. 222/1984, i trattamenti pensionistici ai superstiti e quelli riconosciuti in favore delle vittime del dovere o di azioni terroristiche, di cui alla L. 466/1980 e alla L. 206/2004.

A decorrere dal 2019 (e fino al 2023) le aliquote di riduzione sono pari al:

  • 15% per la quota di importo da 100.001 euro a 130.000 euro;
  • 25% per la quota da 130.001 euro a 200.000 euro;
  • 30% per la quota da 200.001 euro a 350.000 euro;
  • 35% per la quota da 350.001 euro a 500.000 euro;
  • 40% per la quota eccedente i 500.000 euro.

 Gli importi suddetti sono rivalutati sulla base del meccanismo di cui all'articolo 34, comma 1, della L. 448/1998.

La perequazione automatica fa riferimento (ai sensi dell'art. 34, comma 1, della L. 448/ 1998) all'importo complessivo di tutti i trattamenti pensionistici del soggetto e viene attribuita sulla base della variazione del costo della vita, con cadenza annuale e con effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento. Più in particolare, la rivalutazione si commisura al rapporto percentuale tra il valore medio dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati relativo all'anno di riferimento e il valore medio del medesimo indice relativo all'anno precedente. Ai fini dell'applicazione del meccanismo di rivalutazione, si tiene conto altresì dell'importo degli assegni vitalizi derivanti da uffici elettivi

I risparmi derivanti dalle riduzioni in esame confluiscono in appositi fondi presso l'INPS e gli altri enti previdenziali interessati (denominati Fondo risparmio sui trattamenti pensionistici di importo elevato), dove rimangono accantonati.

Le determinazioni relative alle somme da destinare ai fondi suddetti sono operate mediante la procedura della Conferenza di servizi , sulla base del principio che, in caso di pluralità di trattamenti di cui sia titolare il soggetto, la riduzione viene ripartita tra i medesimi in proporzione all'importo di ciascuno di essi

Per effetto dell'applicazione delle disposizioni in esame, l'importo complessivo dei trattamenti pensionistici non può comunque essere inferiore a 100.000 euro lordi su base annua.

Si prevede che gli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, nell'ambito della propria autonomia, si adeguino alle disposizioni di cui ai commi da 261 a 263 e al comma 265, a decorrere dall'entrata in vigore della disposizione in esame. Tali organi, quindi, provvederanno ad accantonare le richiamate somme in base alle regole previste dai rispettivi ordinamenti, nell'ambito dell'autonomia costituzionalmente garantita.

Limitazioni alla rivalutazione dei trattamenti pensionistici

L'applicazione degli aumenti a titolo di perequazione automatica delle pensioni previdenziali ed assistenziali è disposta dall'articolo 11, comma 1, del D.Lgs. 503/1992, il quale prevede che tale aumento avvenga sulla base dell'adeguamento al costo vita con cadenza annuale ed effetto dal 1° gennaio successivo di ogni anno (come stabilito dall'art. 14 della L. 724/1995 a decorrere dal 1995, in luogo dell'originario termine del 1° novembre di ciascun anno).

Tali aumenti sono calcolati applicando all'importo della pensione spettante alla fine di ciascun periodo la percentuale di variazione che si determina rapportando il valore medio dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati, relativo all'anno precedente il mese di decorrenza dell'aumento, all'analogo valore medio relativo all'anno precedente.

A seguito della comunicazione annuale da parte dell'ISTAT di tali variazioni, il Ministero dell'economia e delle finanze – come previsto dall'articolo 24, comma 5, della L. 41/1986 - adotta un decreto per la determinazione del valore effettivo della variazione percentuale per l'aumento di perequazione automatica con decorrenza dal 1° gennaio di ciascun anno.

Dal 2001 l'articolo 69, comma 1, della L. 388/2000 ha suddiviso la perequazione in tre differenti fasce all'interno del trattamento pensionistico complessivo, disponendo l'erogazione della rivalutazione in misura piena (cioè al 100%) per le pensioni di importo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, al 90% per le pensioni di importo comprese tra tre e cinque volte il trattamento minimo e al 75% per le pensioni di importo a cinque volte il trattamento minimo.

 

Successivamente, l'articolo 18, comma 3, del D.L. 98/2011 ha previsto, per il biennio 2012-2013, limitazioni alla rivalutazione automatica sui trattamenti pensionistici nei seguenti termini:

  • la rivalutazione non è concessa per i trattamenti pensionistici di importo superiore a 5 volte il trattamento minimo INPS;
  • per gli stessi trattamenti, la rivalutazione opera, nella misura del 70%, nella fascia di importo inferiore a 3 volte il trattamento minimo;
  • con un'apposita clausola di salvaguardia, si prevede che, nel caso in cui i trattamenti sottoposti al blocco siano superati, per effetto della rivalutazione, dai trattamenti non sottoposti al blocco della rivalutazione (verosimilmente quelli di importo fino a 5 volte il trattamento minimo o comunque di poco inferiori a tale limite), la rivalutazione sia attribuita fino a concorrenza del limite incrementato di questi ultimi per effetto della rivalutazione automatica.

In materia è quindi intervenuto, nel quadro degli interventi per il contenimento della spesa previdenziale, l'articolo 24, comma 25, del D.L. 201/2011 (cd. riforma Fornero), che (abrogando l'articolo 18, comma 3, del D.L. 98/2011, che aveva previsto, per il biennio 2012-2013, la limitazione alla rivalutazione automatica sui trattamenti pensionistici di importo superiore a 5 volte il trattamento minimo INPS. Per tali trattamenti pensionistici la rivalutazione non era concessa - con esclusione della fascia di importo inferiore a 3 volte il trattamento minimo, per la quale la rivalutazione era comunque applicata nella misura del 70%) ha disposto il blocco dell'indicizzazione (sempre per il biennio 2012-2013) per le pensioni di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS, adeguando pienamente quelle di importo complessivo fino a tre volte il richiamato trattamento minimo (e cioè 1.442,99 euro lordi per il 2012).

All'inizio della XVII Legislatura è intervenuto l'articolo 1, comma 483, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014), il quale ha previsto che per il triennio 2014-2016 (periodo successivamente esteso anche al 2017 e 2018 dall'articolo 1, comma 286, della L. 208/2015) la rivalutazione dei trattamenti pensionistici debba operare nei seguenti termini:

  • 100% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia pari o inferiore a 3 volte il trattamento minimo INPS;
  • 95% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 3 volte e pari o inferiore a 4 volte il predetto trattamento;
  • 75% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 4 volte e pari o inferiore a 5 volte il trattamento minimo;
  • 50% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 5 volte e pari o inferiore a 6 volte il trattamento minimo;
  • 40% nel 2014 e 45% per ciascuno degli anni 2015 e 2016, per i trattamenti pensionistici superiori a 6 volte il trattamento minimo INPS.

 

Sulla materia è quindi intervenuta la Corte costituzionale, che con la sentenza n. 70/2015 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 24, comma 25, del D.L. 201/2011, nella parte in cui ha disposto la rivalutazione automatica, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente per i trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS.

 

A seguito di tale sentenza è stato emanato il Decreto-Legge 65/2015, il quale ha introdotto una nuova disciplina della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici relativamente al biennio 2012-2013, al fine di garantire una rivalutazione parziale e retroattiva ("nel rispetto del principio dell'equilibrio di bilancio e degli obiettivi di finanza pubblica, assicurando la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche in funzione della salvaguardia della solidarietà intergenerazionale") dei trattamenti ricompresi tra tre e sei volte il minimo INPS, confermando sostanzialmente il blocco biennale sui trattamenti superiori a 6 volte il minimo INPS.

Più precisamente, ai sensi del D.L. 65/2015, la perequazione automatica è stata riconosciuta:

  • per il biennio 2012-2013 nella misura del:

    - 40% per i trattamenti pensionistici di importo complessivo da tre a quattro volte il trattamento minimo INPS;

    - 20% per i trattamenti pensionistici di importo complessivo da quattro a cinque volte il trattamento minimo INPS;

    - 10% per i trattamenti pensionistici di importo complessivo da cinque a sei volte il trattamento minimo INPS.

  • per il biennio 2014-2015, nella misura del 20% di quanto stabilito per il 2012 e 2013 per le pensioni di importo complessivo da tre a sei volte il trattamento minimo INPS;
  • a decorrere dal 2016, nella misura del 50% di quanto stabilito per il 2012 e 2013 per le pensioni di importo complessivo da tre a sei volte il trattamento minimo INPS.

Lo stesso D.L. 65/2015 ha inoltre specificato che la rivalutazione riconosciuta per il biennio 2014-2015 in esecuzione della sentenza della Corte costituzionale debba intendersi riferita agli importi pensionistici come rivalutati ai sensi della normativa vigente (ossia, per il triennio 2014-2016 - successivamente esteso anche al 2017 e 2018 dall'articolo 1, comma 286, della L. 208/2015 -, dell'articolo 1, comma 483, della L. 147/2013) per il medesimo biennio, e che nella valutazione dell'importo complessivo di tutti i trattamenti pensionistici in godimento per ogni singolo beneficiario (ossia sulla base di calcolo della rivalutazione) si debba sempre tenere conto degli assegni vitalizi derivanti da uffici elettivi.

Si ricorda che l'articolo 3, commi 3-sexies e 3-septies, del D.L. 244/2016,  ha differito al 1° gennaio 2018 (in luogo del 1° gennaio 2017) il termine di decorrenza per l'effettuazione delle operazioni di conguaglio relative ai ratei dei trattamenti pensionistici corrisposti nel 2015.

Successivamente, la legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 260, L. 145/2018) ha definito una nuova disciplina, valida per il periodo 2019-2021, della perequazione automatica dei trattamenti pensionistici.

Rispetto alla disciplina previgente, valida per gli anni 2014-2018, la perequazione si riconosce sulla base delle seguenti aliquote decrescenti, relative ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a 9 volte il trattamento minimo (mentre la disciplina previgente considerava i trattamenti pensionistici con importo complessivo fino a 6 volte il trattamento minimo):

  • 100% (come previsto anche dalla disciplina previgente)  per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia pari o inferiore a 3 volte il trattamento minimo INPS (così come già previsto dalla disciplina, di cui all'articolo 1, comma 483, della L. 27 dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni). Si ricorda che, ai fini in oggetto, si fa riferimento all'importo del trattamento minimo INPS nell'anno precedente quello di applicazione della perequazione medesima;
  • 97% (in luogo del 95%) per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 3 volte e pari o inferiore a 4 volte il predetto trattamento minimo;
  • 77% (in luogo del 75%) per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 4 volte e pari o inferiore a 5 volte il trattamento minimo (per tale fattispecie la disciplina per gli anni 2014-2018 prevedeva il 75%);
  • 52% (in luogo del 50%) per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 5 volte e pari o inferiore a 6 volte il trattamento minimo (per tale fattispecie la disciplina per gli anni 2014-2018 prevedeva il 50%);
  • 47% (in luogo del 45%) per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 6 volte e pari o inferiore a 8 volte il trattamento minimo;
  • 45% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 8 volte e pari o inferiore a 9 volte il trattamento minimo e 40% per i trattamenti di importo complessivo superiore a quest'ultimo limite.

Ciascuna ipotesi di indicizzazione prevede un identico meccanismo di salvaguardia in corrispondenza di ogni limite superiore delle classi di importo considerate: tale meccanismo è  finalizzato a far sì che, in ogni caso, le pensioni superiori a tale limite, a seguito di applicazione delle suddette percentuali di indicizzazione, non risultino inferiori al predetto limite incrementato della quota di rivalutazione automatica prevista dalla singola disposizione.

Da ultimo, la legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 477 e 478, della L. 160/2019) ha modificato la suddetta disciplina transitoria per gli anni 2020-2021. In particolare, la misura della perequazione viene stabilita al 100% per i trattamenti pensionistici pari o inferiore a 4 volte il trattamento minimo INPS (anziché pari o inferiore a 3 volte, come nella normativa previgente).

Per i casi di importo complessivo superiore, vengono confermate le aliquote previste dalla predetta disciplina transitoriadettata dalla legge di bilancio 2019.

Inoltre, a decorrere dal 2022, la medesima legge di bilancio 2020 detta una nuova disciplina a regime in materia di perequazione, in sostituzione di quella posta dall'articolo 69, comma 1, della L. 23 dicembre 2000, n. 388.

Le nuove norme - così come quelle di cui al suddetto articolo 69, comma 1, della L. n. 388 e a differenza delle disposizioni transitorie summenzionate - fanno riferimento a singole fasce di importo dei trattamenti, anziché all'importo complessivo.

In particolare, si dispone l'applicazione della perequazione:

  • nella misura del 100% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti pensionistici fino a 4 volte il minimo INPS (anziché fino a 3 volte il suddetto valore);
  • nella misura del 90% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti pensionistici compresa tra 4 e 5 volte il predetto minimo (anziché tra 3 e 5 volte il medesimo valore);
  • nella misura del 75% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti superiore a 5 volte il medesimo minimo (così come previsto anche dal richiamato 'articolo 69, comma 1, della L. n. 388/2000).

Per quanto concerne il 2022, il decreto del 17 novembre 2021 dispone che la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per il 2021 è determinata in misura pari a +1,7 dal 1° gennaio 2022, salvo conguaglio da effettuarsi in sede di perequazione per l'anno successivo.

Focus
 
Contributi di solidarietà sulle pensioni
01/02/2021

Negli ultimi anni il legislatore è intervenuto ripetutamente sui trattamenti previdenziali di importo più elevato.

In particolare, si segnalano i seguenti provvedimenti:

  • l'articolo 37 della L. 488/1999, che ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2000 e per un periodo di tre anni, sugli importi dei trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie complessivamente superiori a un massimale annuo (123 milioni di lire), un contributo di solidarietà del 2 per cento sulla parte eccedente. Le modalità di attuazione della disposizione sono state dettate dal decreto ministeriale 7 agosto 2000;
  • l'articolo 3, commi 102-103, della L. 350/2003, che ha previsto un contributo di solidarietà del 3%, per tre anni (2004-2006), sui trattamenti pensionistici corrisposti dagli enti gestori della previdenza obbligatoria con importi complessivamente superiori a 25 volte il trattamento minimo INPS. Le modalità di attuazione della disposizione sono state dettate con il D.M. 1° aprile 2004;
  • l'articolo 1, comma 2, lettera u), della L. 243/2004 (c.d. legge Maroni), che tra i principi e criteri direttivi della delega per il riordino del sistema pensionistico, aveva previsto, in via sperimentale, un contributo di solidarietà del 4% per le pensioni superiori a 25 volte il trattamento minimo INPS); la delega è rimasta inattuata;
  • l'articolo 1, commi 222-223 della L. 296/2006, che ha previsto un contributo di solidarietà del 15%, a partire dal 1° gennaio 2007, sul TFR o il TFS e i trattamenti integrativi di importo complessivo superiore a 1,5 milioni di euro. Le modalità di attuazione delle disposizioni sono state dettate con il D.M. 29 ottobre 2010;
  • l'articolo 18, comma 22-bis,del D.L. 98/2011,che ha introdotto un contributo di perequazione, a decorrere dal 1° agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, sui trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, pari al 5% per gli importi da 90.000 a 150.000 euro lordi annui, del 10% per la parte eccedente i 150.000 euro e del 15% per la parte eccedente i 200.000 euro. Le somme trattenute dagli enti venivano versate all'entrata del bilancio dello Stato Tale disposizione è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n.116 del 2013;
  • l'articolo 2, comma 2, del D.L. 138/2011 che ha introdotto, per gli anni 2011-2013 (termine successivamente prorogato per il triennio 2014-2016 dall'articolo 1, comma 590, della L. 147/2013), un contributo di solidarietà del 3% sul reddito complessivo (inclusi i trattamenti pensionistici) superiore a 300.000 euro lordi annui; la disposizione prevede, poi, che con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, il contributo di solidarietà possa essere prorogato anche per gli anni successivi al 2013, fino al raggiungimento del pareggio di bilancio. Le modalità di attuazione delle disposizioni sono state dettate dal D.M. 21 novembre 2011;
  • l'articolo 24, comma 21, della D.L 201/2011 (c.d. riforma Fornero), il quale ha previsto l'istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2012 e fino al 31 dicembre 2017, di un contributo di solidarietà a carico degli iscritti e dei pensionati delle gestioni previdenziali confluite nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti (lavoratori dell'ex Fondo trasporti, ex Fondo elettrici, ex Fondo telefonici, ex Inpdai) e del Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea. La misura del contributo, definita in rapporto al periodo di iscrizione antecedente l'armonizzazione operata dalla legge 335/1995 e alla quota di pensione calcolata in base ai parametri più favorevoli rispetto al regime dell'assicurazione generale obbligatoria, è pari: per i pensionati, allo 0,3% da 5 a 15 anni di iscrizione, allo 0,6% da 15 a 25 anni di iscrizione e all'1% per oltre i 25 anni di iscrizione; per i lavoratori, allo 0,5% per qualunque periodo di iscrizione. Sono escluse dal contributo di solidarietà le pensioni di importo pari o inferiore a 5 volte il trattamento minimo INPS, le pensioni e gli assegni di invalidità e le pensioni di inabilità;
  • l'articolo 1, commi 486-487, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014) ha introdotto un contributo di solidarietà, per il triennio 2014-2016, sui trattamenti pensionistici obbligatori eccedenti determinati limiti (materia peraltro già interessata da precedenti interventi legislativi), secondo le seguenti aliquote: 6% per la parte eccedente l'importo annuo complessivamente superiore a quattordici volte il trattamento minimo I.N.P.S. e fino all'importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo INPS; 12% per la parte eccedente l'importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo I.N.P.S. e fino all'importo lordo annuo di trenta volte il trattamento minimo INPS; 18% per la parte eccedente l'importo lordo annuo di trenta volte il trattamento minimo l.N.P.S. Nuovamente chiamata a pronunciarsi sulla questione, con la sentenza 173/2016 la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate tutte le questioni di illegittimità costituzionale sollevate in relazione all'articolo 1, comma 486, della L. 147/2013;

  • l'articolo 1, commi 261-268, della L. 145/2018, ha introdotto un contributo di solidarietà per il quinquennio 2019-2023 consistente in una riduzione dell'importo delle pensioni eccedenti la soglia di 100.000 euro lordi annui, mediante le seguenti aliquote di riduzione, crescenti per specifiche fasce di importo:
    • 15% per la quota di importo da 100.001 euro a 130.000 euro;
    • 25% per la quota da 130.001 euro a 200.000 euro;
    • 30% per la quota da 200.001 euro a 350.000 euro;
    • 35% per la quota da 350.001 euro a 500.000 euro;
    • 40% per la quota eccedente i 500.000 euro.

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 234 del 2020, ha ritenuto legittima la suddetta decurtazione percentuale delle pensioni superiori a 100.000 euro lordi annui, ma non per la durata quinquennale, perché eccessiva rispetto all'orizzonte triennale del bilancio di previsione dello Stato. Conseguentemente, l'ambito temporale di applicazione del suddetto contributo di solidarietà viene ridotto da 5 a 3 anni. Sul punto, la legge di bilancio 2021 (art. 1, c. 372, L. 178/2020) ha autorizzato la spesa necessaria all'attuazione della richiamata sentenza.