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Il contrasto al caporalato nella legge n. 199 del 2016
informazioni aggiornate a lunedì, 5 marzo 2018

Nel corso della XVII legislatura il Parlamento ha approvato la legge 29 ottobre 2016, n. 199, che mira a garantire una maggiore efficacia all'azione di contrasto del c.d. caporalato, introducendo significative modifiche al quadro normativo penale e prevedendo specifiche misure di supporto dei lavoratori stagionali in agricoltura.

Con l'espressione "caporalato" s'intende l'intermediazione illegale e lo sfruttamento lavorativo, prevalentemente in agricoltura. Tale complesso ed allarmante fenomeno coinvolge, secondo stime sindacali e delle associazioni di volontariato, circa 400.000 lavoratori in Italia, sia italiani che stranieri, ed è diffuso in tutte le aree del Paese e in settori dell'agricoltura molto diversi dal punto di vista della redditività.

Non vi sono dati ufficiali particolarmente dettagliati sull'estensione del fenomeno del caporalato, certamente alimentato negli ultimi anni - non solo nelle regioni meridionali - dal costante e crescente flusso migratorio, fonte di manodopera a basso o bassissimo costo. Secondo l'ISTAT, il lavoro irregolare in agricoltura, cui è associato comunemente il caporalato, registra una crescita costante negli ultimi 10 anni, attestandosi su un valore di circa il 23%, quasi il doppio rispetto al totale dei settori economici nazionali, (attestati circa al 12,8%).

Dati recenti sul fenomeno del lavoro nero e del caporalato sono emersi a seguito dell'accresciuta mole di controlli (4.033) sulle imprese agricole, nel periodo gennaio-settembre 2015, da parte delle Direzioni territoriali del lavoro. Le ispezioni hanno evidenziato l'irregolarità, a vario titolo, di circa metà delle imprese interessate: in particolare, di 2.360 rapporti di lavoro irregolari, 1.801 sono risultati in nero (circa il 76%), mentre i casi di caporalato ammontavano a 290.

I principali filoni di intervento del provvedimento, che si compone di 12 articoli, riguardano:

  • la riscrittura del reato di caporalato (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro), che introduce la sanzionabilità anche del datore di lavoro;
  • l'applicazione di un'attenuante in caso di collaborazione con le autorità;
  • l'arresto obbligatorio in flagranza di reato;
  • il rafforzamento dell'istituto della confisca;
  • l'adozione di misure cautelari relative all'azienda agricola in cui è commesso il reato;
  • l'estensione alle persone giuridiche della responsabilità per il reato di caporalato;
  • l'estensione alle vittime del caporalato delle provvidenze del Fondo antitratta;
  • il potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, in funzione di strumento di controllo e prevenzione del lavoro nero in agricoltura;
  • il graduale riallineamento delle retribuzioni nel settore agricolo.

La repressione penale del caporalato

La legge n. 199 del 2016 si caratterizza, in primo luogo, per la riformulazione del delitto di Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, già inserito all'art. 603-bis del codice penale

In particolare, la nuova formulazione della fattispecie penale, punita con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 500 a 1.000 euro per ogni lavoratore reclutato:

  • riscrive la condotta illecita del caporale, ovvero di chi recluta manodopera per impiegarla presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno (è soppresso il riferimento allo stato di "necessità"); rispetto alla fattispecie vigente, è introdotta una fattispecie-base che prescinde da comportamenti violenti, minacciosi o intimidatori (non compare più il richiamo allo svolgimento di un'attività organizzata di intermediazione nè il riferimento all'organizzazione dell'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento);
  • sanziona il datore di lavoro che utilizza, assume o impiega manodopera reclutata anche mediante l'attività di intermediazione (ovvero anche - ma non necessariamente - con l'utilizzo di caporalato) con le modalità sopraindicate (ovvero sfruttando i lavoratori ed approfittando del loro stato di bisogno).

Il nuovo articolo 603-bis prevede anche:

- una fattispecie di caporalato caratterizzata dall'utilizzo di violenza o minaccia; è soppresso il vigente riferimento all'intimidazione. Le sanzioni rimangono invariate rispetto a quanto ora previsto dalla citata fattispecie-base (reclusione da 5 a 8 anni e multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato);

- una elencazione degli indici di sfruttamento dei lavoratori. Tali indici - rispetto a quanto già previsto dal secondo comma dell'art. 603-bis - sono integrati anche dal pagamento di retribuzioni palesemente difformi da quanto previsto dai contratti collettivi territoriali. Viene poi precisato: che tali contratti, come quelli nazionali, sono quelli stipulati dai sindacati nazionali maggiormente rappresentativi; che le violazioni in materia di retribuzioni e quelle relative ad orario di lavoro, riposi, aspettative e ferie devono essere reiterate (il testo attuale fa riferimento a  violazioni "sistematiche"); che le violazioni riguardino anche i periodi di riposo, oltre al riposo settimanale. In relazione alla violazione delle norme sulla sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, viene soppresso il riferimento alla necessità che la violazione esponga il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l'incolumità personale. In relazione alla sottoposizione dei lavoratori a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti, rispetto alla disposizione vigente è soppresso l'avverbio "particolarmente", da cui deriva un ampliamento dei casi in cui si può realizzare tale condizione-indice.

Analoga invarianza riguarda la disposizione relativa alle aggravanti specifiche del reato di caporalato, sanzionate con l'aumento della pena da un terzo alla metà. Peraltro, nella terza aggravante specifica è fatto riferimento ai lavoratori "sfruttati" e non più ai lavoratori "intermediati".

Sono poi inseriti nel codice penale gli articoli 603-bis.1 e 603-bis.2, relativi ad attenuanti del delitto di caporalato (per quanti si siano efficacemente adoperati per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove dei reati o per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite) e ad ipotesi di confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, che siano il prezzo, il prodotto o il profitto del reato - ovvero, in caso di impossibilità, alla confisca obbligatoria di beni di cui il reo abbia la disponibilità, anche indirettamente o per interposta persona, per un valore corrispondente al prodotto, prezzo o profitto (cd. confisca per equivalente).

Il disegno di legge, inoltre, aggiunge il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro tra i reati per i quali (in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti) è sempre disposta la confisca obbligatoria del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità, a qualsiasi titolo, in valore sproporzionato al proprio reddito (dichiarato ai fini delle imposte sul reddito) o alla propria attività economica.

Corollari delle modifiche penali sono:

  • la previsione - come misura cautelare reale - del possibile controllo giudiziario dell'azienda nel corso del procedimento penale per il reato di caporalato; con il decreto che dispone la misura, il giudice nomina uno o più amministratori giudiziari esperti in gestione aziendale, scegliendoli tra gli iscritti all'albo degli amministratori giudiziari;
  • l'inserimento del delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro commesso con violenza e minacce tra il catalogo dei reati per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza;
  • l'inserimento del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro tra quelli per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti, di cui al D.Lgs. 231/2001. La sanzione pecuniaria a carico dell'ente "responsabile" del reato di caporalato è stabilita tra 400 quote e 1.000 quote (art. 25-quinquies); si ricorda che l''importo di una quota va da un minimo di 258 a un massimo di 1.549 euro.

La tutela delle vittime

Il provvedimento prevede l'assegnazione al Fondo anti-tratta dei proventi delle confische ordinate a seguito di sentenza di condanna o di patteggiamento per il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di cui all'art. 603-bis del codice penale. La modifica comporta la destinazione delle risorse del Fondo anche all'indennizzo delle vittime del reato di caporalato.



La tutela dei lavoratori agricoli

L'ultima parte della legge n. 199 del 2016 introduce misure di sostegno e di tutela del lavoro agricolo. In particolare:

  • è modificata la normativa che ha istituito presso l'INPS la cd. Rete del lavoro agricolo di qualità, alla quale possono essere iscritte le imprese agricole più virtuose, che non hanno riportato condanne penali per violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale e in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e che non sono destinatarie, negli ultimi tre anni, di sanzioni amministrative oltre ad essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi. Con il provvedimento in esame viene integrato il catalogo dei reati ostativi e, ai fini del divieto di iscrizione, le sanzioni amministrative legate alle violazioni in materia di lavoro e di legislazione sociale e in materia di imposte e tasse possono anche non essere definitive. Si introducono, poi, altre due ulteriori requisiti per le imprese agricole che intendano partecipare alla Rete del lavoro agricolo di qualità: esse devono applicare i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali o dall'RSU (rappresentanza sindacale unitaria); le medesime imprese non devono essere controllate da soggetti o collegate a soggetti non in possesso del complesso dei requisiti indicati. Ulteriori modifiche riguardano la composizione della cabina di regia della Rete, alla quale sono attribuiti nuovi compiti di monitoraggio dell'andamento del mercato del lavoro agricolo;
  • è previsto un piano di interventi contenente misure per la sistemazione logistica e il supporto dei lavoratori stagionali, che curano la raccolta dei prodotti agricoli, nonché idonee forme di collaborazione con le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità (anche per la realizzazione di modalità sperimentali di collocamento agricolo modulate a livello territoriale);

  • sono introdotte disposizioni in materia di contratti di riallineamento retributivo. In particolare, si prevede che nel settore agricolo gli accordi provinciali di riallineamento possano demandare, in tutto o in parte, la definizione del programma di riallineamento (a differenza di quanto previsto dalla normativa vigente, che riserva la definizione del suddetto programma agli accordi provinciali) agli accordi aziendali di recepimento, a condizione che siano sottoscritti con le stesse parti che hanno stipulato l'accordo provinciale.

Nel corso della XVII legislatura il Parlamento ha approvato la legge 29 ottobre 2016, n. 199, che mira a garantire una maggiore efficacia all'azione di contrasto del c.d. caporalato, introducendo significative modifiche al quadro normativo penale e prevedendo specifiche misure di supporto dei lavoratori stagionali in agricoltura.

Con l'espressione "caporalato" s'intende l'intermediazione illegale e lo sfruttamento lavorativo, prevalentemente in agricoltura. Tale complesso ed allarmante fenomeno coinvolge, secondo stime sindacali e delle associazioni di volontariato, circa 400.000 lavoratori in Italia, sia italiani che stranieri, ed è diffuso in tutte le aree del Paese e in settori dell'agricoltura molto diversi dal punto di vista della redditività.

Non vi sono dati ufficiali particolarmente dettagliati sull'estensione del fenomeno del caporalato, certamente alimentato negli ultimi anni - non solo nelle regioni meridionali - dal costante e crescente flusso migratorio, fonte di manodopera a basso o bassissimo costo. Secondo l'ISTAT, il lavoro irregolare in agricoltura, cui è associato comunemente il caporalato, registra una crescita costante negli ultimi 10 anni, attestandosi su un valore di circa il 23%, quasi il doppio rispetto al totale dei settori economici nazionali, (attestati circa al 12,8%).

Dati recenti sul fenomeno del lavoro nero e del caporalato sono emersi a seguito dell'accresciuta mole di controlli (4.033) sulle imprese agricole, nel periodo gennaio-settembre 2015, da parte delle Direzioni territoriali del lavoro. Le ispezioni hanno evidenziato l'irregolarità, a vario titolo, di circa metà delle imprese interessate: in particolare, di 2.360 rapporti di lavoro irregolari, 1.801 sono risultati in nero (circa il 76%), mentre i casi di caporalato ammontavano a 290.

I principali filoni di intervento del provvedimento, che si compone di 12 articoli, riguardano:

  • la riscrittura del reato di caporalato (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro), che introduce la sanzionabilità anche del datore di lavoro;
  • l'applicazione di un'attenuante in caso di collaborazione con le autorità;
  • l'arresto obbligatorio in flagranza di reato;
  • il rafforzamento dell'istituto della confisca;
  • l'adozione di misure cautelari relative all'azienda agricola in cui è commesso il reato;
  • l'estensione alle persone giuridiche della responsabilità per il reato di caporalato;
  • l'estensione alle vittime del caporalato delle provvidenze del Fondo antitratta;
  • il potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, in funzione di strumento di controllo e prevenzione del lavoro nero in agricoltura;
  • il graduale riallineamento delle retribuzioni nel settore agricolo.

La repressione penale del caporalato

La legge n. 199 del 2016 si caratterizza, in primo luogo, per la riformulazione del delitto di Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, già inserito all'art. 603-bis del codice penale

In particolare, la nuova formulazione della fattispecie penale, punita con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 500 a 1.000 euro per ogni lavoratore reclutato:

  • riscrive la condotta illecita del caporale, ovvero di chi recluta manodopera per impiegarla presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno (è soppresso il riferimento allo stato di "necessità"); rispetto alla fattispecie vigente, è introdotta una fattispecie-base che prescinde da comportamenti violenti, minacciosi o intimidatori (non compare più il richiamo allo svolgimento di un'attività organizzata di intermediazione nè il riferimento all'organizzazione dell'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento);
  • sanziona il datore di lavoro che utilizza, assume o impiega manodopera reclutata anche mediante l'attività di intermediazione (ovvero anche - ma non necessariamente - con l'utilizzo di caporalato) con le modalità sopraindicate (ovvero sfruttando i lavoratori ed approfittando del loro stato di bisogno).

Il nuovo articolo 603-bis prevede anche:

- una fattispecie di caporalato caratterizzata dall'utilizzo di violenza o minaccia; è soppresso il vigente riferimento all'intimidazione. Le sanzioni rimangono invariate rispetto a quanto ora previsto dalla citata fattispecie-base (reclusione da 5 a 8 anni e multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato);

- una elencazione degli indici di sfruttamento dei lavoratori. Tali indici - rispetto a quanto già previsto dal secondo comma dell'art. 603-bis - sono integrati anche dal pagamento di retribuzioni palesemente difformi da quanto previsto dai contratti collettivi territoriali. Viene poi precisato: che tali contratti, come quelli nazionali, sono quelli stipulati dai sindacati nazionali maggiormente rappresentativi; che le violazioni in materia di retribuzioni e quelle relative ad orario di lavoro, riposi, aspettative e ferie devono essere reiterate (il testo attuale fa riferimento a  violazioni "sistematiche"); che le violazioni riguardino anche i periodi di riposo, oltre al riposo settimanale. In relazione alla violazione delle norme sulla sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, viene soppresso il riferimento alla necessità che la violazione esponga il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l'incolumità personale. In relazione alla sottoposizione dei lavoratori a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti, rispetto alla disposizione vigente è soppresso l'avverbio "particolarmente", da cui deriva un ampliamento dei casi in cui si può realizzare tale condizione-indice.

Analoga invarianza riguarda la disposizione relativa alle aggravanti specifiche del reato di caporalato, sanzionate con l'aumento della pena da un terzo alla metà. Peraltro, nella terza aggravante specifica è fatto riferimento ai lavoratori "sfruttati" e non più ai lavoratori "intermediati".

Sono poi inseriti nel codice penale gli articoli 603-bis.1 e 603-bis.2, relativi ad attenuanti del delitto di caporalato (per quanti si siano efficacemente adoperati per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove dei reati o per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite) e ad ipotesi di confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, che siano il prezzo, il prodotto o il profitto del reato - ovvero, in caso di impossibilità, alla confisca obbligatoria di beni di cui il reo abbia la disponibilità, anche indirettamente o per interposta persona, per un valore corrispondente al prodotto, prezzo o profitto (cd. confisca per equivalente).

Il disegno di legge, inoltre, aggiunge il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro tra i reati per i quali (in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti) è sempre disposta la confisca obbligatoria del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità, a qualsiasi titolo, in valore sproporzionato al proprio reddito (dichiarato ai fini delle imposte sul reddito) o alla propria attività economica.

Corollari delle modifiche penali sono:

  • la previsione - come misura cautelare reale - del possibile controllo giudiziario dell'azienda nel corso del procedimento penale per il reato di caporalato; con il decreto che dispone la misura, il giudice nomina uno o più amministratori giudiziari esperti in gestione aziendale, scegliendoli tra gli iscritti all'albo degli amministratori giudiziari;
  • l'inserimento del delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro commesso con violenza e minacce tra il catalogo dei reati per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza;
  • l'inserimento del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro tra quelli per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti, di cui al D.Lgs. 231/2001. La sanzione pecuniaria a carico dell'ente "responsabile" del reato di caporalato è stabilita tra 400 quote e 1.000 quote (art. 25-quinquies); si ricorda che l''importo di una quota va da un minimo di 258 a un massimo di 1.549 euro.

La tutela delle vittime

Il provvedimento prevede l'assegnazione al Fondo anti-tratta dei proventi delle confische ordinate a seguito di sentenza di condanna o di patteggiamento per il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di cui all'art. 603-bis del codice penale. La modifica comporta la destinazione delle risorse del Fondo anche all'indennizzo delle vittime del reato di caporalato.



La tutela dei lavoratori agricoli

L'ultima parte della legge n. 199 del 2016 introduce misure di sostegno e di tutela del lavoro agricolo. In particolare:

  • è modificata la normativa che ha istituito presso l'INPS la cd. Rete del lavoro agricolo di qualità, alla quale possono essere iscritte le imprese agricole più virtuose, che non hanno riportato condanne penali per violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale e in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e che non sono destinatarie, negli ultimi tre anni, di sanzioni amministrative oltre ad essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi. Con il provvedimento in esame viene integrato il catalogo dei reati ostativi e, ai fini del divieto di iscrizione, le sanzioni amministrative legate alle violazioni in materia di lavoro e di legislazione sociale e in materia di imposte e tasse possono anche non essere definitive. Si introducono, poi, altre due ulteriori requisiti per le imprese agricole che intendano partecipare alla Rete del lavoro agricolo di qualità: esse devono applicare i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali o dall'RSU (rappresentanza sindacale unitaria); le medesime imprese non devono essere controllate da soggetti o collegate a soggetti non in possesso del complesso dei requisiti indicati. Ulteriori modifiche riguardano la composizione della cabina di regia della Rete, alla quale sono attribuiti nuovi compiti di monitoraggio dell'andamento del mercato del lavoro agricolo;
  • è previsto un piano di interventi contenente misure per la sistemazione logistica e il supporto dei lavoratori stagionali, che curano la raccolta dei prodotti agricoli, nonché idonee forme di collaborazione con le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità (anche per la realizzazione di modalità sperimentali di collocamento agricolo modulate a livello territoriale);

  • sono introdotte disposizioni in materia di contratti di riallineamento retributivo. In particolare, si prevede che nel settore agricolo gli accordi provinciali di riallineamento possano demandare, in tutto o in parte, la definizione del programma di riallineamento (a differenza di quanto previsto dalla normativa vigente, che riserva la definizione del suddetto programma agli accordi provinciali) agli accordi aziendali di recepimento, a condizione che siano sottoscritti con le stesse parti che hanno stipulato l'accordo provinciale.