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L'aggravante di negazionismo nella legge n. 115 del 2016
informazioni aggiornate a lunedì, 5 marzo 2018

La legge n. 115 del 2016 ha attribuito rilevanza penale alle affermazioni negazioniste della Shoah, dei fatti di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, come definiti rispettivamente dagli artt. 6, 7 e 8 dello Statuto di Roma, istitutivo della Corte penale internazionale.

Il legislatore, dando attuazione alla decisione quadro 2008/913/GAI, ha stabilito che tali affermazioni possano integrare non un autonomo reato, bensì una circostanza aggravante speciale dei delitti di propaganda razzista, di istigazione e di incitamento di atti di discriminazione commessi per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, puniti dall'articolo 3, della legge n. 654/1975  (modificato prima dalla legge n. 205 del 1993, cd. legge Mancino,  e più recentemente dalla legge n. 85 del 2006 sui reati di opinione) con la quale è stata ratificata la Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966.

Si ricorda che l'art. 3 della legge n. 654 del 1975 punisce:

a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

La legge n. 115 del 2016 - integrando con un comma 3-bis la formulazione del citato articolo 3 della legge 654/1975 -  ha introdotto un'aggravante speciale che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni la propaganda, l'istigazione e l'incitamento alla discriminazione o all'odio razziale, etnico o religioso siano commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione e si fondino "in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra" come definiti dallo Statuto della Corte penale internazionale (art. 6, crimine di genocidio; art. 7, crimini contro l'umanità; art. 8, crimini di guerra), ratificato dall'Italia con la legge n. 232 del 1989

La formulazione della norma chiarisce, quindi, che ai fini della configurazione dell'aggravante, non basta la sola negazione della Shoah, dovendo le modalità della condotta essere tali da costituire concreto pericolo di diffusione delle idee razziste. Rispetto ad una prima versione della disposizione, il testo definitivo del comma 3-bis non prevede ai fini della punibilità, la necessaria pubblicità della condotta di istigazione o di incitamento; basta il concreto pericolo di diffusione che, quindi, va accertato dal giudice (al contrario, può accadere  che venga esclusa la sanzionabilità  quando si parli in pubblico, ma in un contesto nel quale il pericolo di diffusione sia sostanzialmente escluso). La formulazione del comma 3-bis consente, quindi, di estendere la punibilità a casi ulteriori rispetto a quelli che avrebbe consentito l'utilizzazione della nozione di mera pubblicità come, nel caso tipico, ad esempio l'incitamento alla violenza o alla discriminazione e all'odio razziale attraverso gli strumenti telematici.

L'art. 5 della legge n. 167 del 2017 (Legge europea 2017)  ha, più di recente,  previsto che - oltre la negazione - può costituire aggravante speciale del reato di cui all'art. 3 della legge 654/1975 anche la minimizzazione in modo grave o l'apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra.

La novella ha reso la formulazione dell'aggravante più aderente a quella dell'art. 1 della citata direttiva 2008/913, che prevede la sanzionabilità dell'apologia, della negazione o della minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra (quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale e all'art. 6 dello Statuto del Tribunale militare internazionale del L'Aja) dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all'ascendenza o all'origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all'odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro.

In secondo luogo, la legge europea 2017 ha introdotto nel decreto legislativo n. 231 del 2001, relativo alla responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato, un nuovo articolo 25-terdecies, rubricato "razzismo e xenofobia" che introduce i reati aggravati dal negazionismo fra i reati presupposto della responsabilità della persona giuridica; in particolare, in tali casi si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a ottocento quote.

Non ha invece concluso l'iter legislativo un disegno di legge del Governo di Ratifica del Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, riguardante la criminalizzazione degli atti di razzismo e xenofobia commessi a mezzo di sistemi informatici. Il provvedimento, approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati il 6 luglio 2016, ha interrotto il suo iter parlamentare al Senato (A.S. 2471).

Il cammino parlamentare del Protocollo è andato, per alcuni mesi, di pari passo con quello della citata legge n. 115 del 2016. Infatti, il primo prevedeva anch'esso l'introduzione dell'aggravante di negazionismo nell'art. 3 della legge 654 del 1975; in sede di approvazione alla Camera del d.d.l. di ratifica, tale disposizione è stata espunta per coordinamento. Il provvedimento trasmesso al Senato modificava l'articolo 3 della legge 654/1975, prevedendo:

  • le nuove fattispecie di reato consistenti nella distribuzione, divulgazione, diffusione o pubblicizzazione di materiale razzista o xenofobo;
  • che tali condotte (nonché quelle di propaganda di idee  o di istigazione alla discriminazione o all'odio razziale, etnico, o religioso) potessero avvenire con qualsiasi mezzo, anche informatico o telematico.

La legge n. 115 del 2016 ha attribuito rilevanza penale alle affermazioni negazioniste della Shoah, dei fatti di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, come definiti rispettivamente dagli artt. 6, 7 e 8 dello Statuto di Roma, istitutivo della Corte penale internazionale.

Il legislatore, dando attuazione alla decisione quadro 2008/913/GAI, ha stabilito che tali affermazioni possano integrare non un autonomo reato, bensì una circostanza aggravante speciale dei delitti di propaganda razzista, di istigazione e di incitamento di atti di discriminazione commessi per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, puniti dall'articolo 3, della legge n. 654/1975  (modificato prima dalla legge n. 205 del 1993, cd. legge Mancino,  e più recentemente dalla legge n. 85 del 2006 sui reati di opinione) con la quale è stata ratificata la Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966.

Si ricorda che l'art. 3 della legge n. 654 del 1975 punisce:

a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

La legge n. 115 del 2016 - integrando con un comma 3-bis la formulazione del citato articolo 3 della legge 654/1975 -  ha introdotto un'aggravante speciale che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni la propaganda, l'istigazione e l'incitamento alla discriminazione o all'odio razziale, etnico o religioso siano commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione e si fondino "in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra" come definiti dallo Statuto della Corte penale internazionale (art. 6, crimine di genocidio; art. 7, crimini contro l'umanità; art. 8, crimini di guerra), ratificato dall'Italia con la legge n. 232 del 1989

La formulazione della norma chiarisce, quindi, che ai fini della configurazione dell'aggravante, non basta la sola negazione della Shoah, dovendo le modalità della condotta essere tali da costituire concreto pericolo di diffusione delle idee razziste. Rispetto ad una prima versione della disposizione, il testo definitivo del comma 3-bis non prevede ai fini della punibilità, la necessaria pubblicità della condotta di istigazione o di incitamento; basta il concreto pericolo di diffusione che, quindi, va accertato dal giudice (al contrario, può accadere  che venga esclusa la sanzionabilità  quando si parli in pubblico, ma in un contesto nel quale il pericolo di diffusione sia sostanzialmente escluso). La formulazione del comma 3-bis consente, quindi, di estendere la punibilità a casi ulteriori rispetto a quelli che avrebbe consentito l'utilizzazione della nozione di mera pubblicità come, nel caso tipico, ad esempio l'incitamento alla violenza o alla discriminazione e all'odio razziale attraverso gli strumenti telematici.

L'art. 5 della legge n. 167 del 2017 (Legge europea 2017)  ha, più di recente,  previsto che - oltre la negazione - può costituire aggravante speciale del reato di cui all'art. 3 della legge 654/1975 anche la minimizzazione in modo grave o l'apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra.

La novella ha reso la formulazione dell'aggravante più aderente a quella dell'art. 1 della citata direttiva 2008/913, che prevede la sanzionabilità dell'apologia, della negazione o della minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra (quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale e all'art. 6 dello Statuto del Tribunale militare internazionale del L'Aja) dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all'ascendenza o all'origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all'odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro.

In secondo luogo, la legge europea 2017 ha introdotto nel decreto legislativo n. 231 del 2001, relativo alla responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato, un nuovo articolo 25-terdecies, rubricato "razzismo e xenofobia" che introduce i reati aggravati dal negazionismo fra i reati presupposto della responsabilità della persona giuridica; in particolare, in tali casi si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a ottocento quote.

Non ha invece concluso l'iter legislativo un disegno di legge del Governo di Ratifica del Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, riguardante la criminalizzazione degli atti di razzismo e xenofobia commessi a mezzo di sistemi informatici. Il provvedimento, approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati il 6 luglio 2016, ha interrotto il suo iter parlamentare al Senato (A.S. 2471).

Il cammino parlamentare del Protocollo è andato, per alcuni mesi, di pari passo con quello della citata legge n. 115 del 2016. Infatti, il primo prevedeva anch'esso l'introduzione dell'aggravante di negazionismo nell'art. 3 della legge 654 del 1975; in sede di approvazione alla Camera del d.d.l. di ratifica, tale disposizione è stata espunta per coordinamento. Il provvedimento trasmesso al Senato modificava l'articolo 3 della legge 654/1975, prevedendo:

  • le nuove fattispecie di reato consistenti nella distribuzione, divulgazione, diffusione o pubblicizzazione di materiale razzista o xenofobo;
  • che tali condotte (nonché quelle di propaganda di idee  o di istigazione alla discriminazione o all'odio razziale, etnico, o religioso) potessero avvenire con qualsiasi mezzo, anche informatico o telematico.