Uno dei provvedimenti che, pur non definitivamente approvati, hanno maggiormente impegnato il Parlamento ha riguardato le modifiche alla disciplina della diffamazione col mezzo della stampa .
La proposta di legge, approvata in prima lettura dalla Camera, è stata modificata dal Senato e nuovamente approvata con modifiche dalla Camera il 24 giugno 2015, vedendo arenarsi definitivamente il suo iter al Senato (S. 1119-B).
L'articolo 1 del provvedimento modifica la legge sulla stampa (L. n. 47 del 1948) prevedendo:
Le modifiche della Camera al testo del Senato riguardano: il computo dei termini per la rettifica sulla stampa non periodica; i presupposti della non punibilità dell'autore che abbia chiesto la pubblicazione della smentita o della rettifica (è ora specificato che la richiesta debba essere stata rifiutata).
L'articolo 2 del provvedimento modifica il codice penale, sostituendo:
L'articolo 3 del provvedimento modifica l'art. 427 c.p.p., relativo alla condanna del querelante alle spese e ai danni in caso di sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso. La disposizione prevede che il giudice possa irrogare al querelante una sanzione pecuniaria da 1.000 a 10.000 euro in caso di querela temeraria, da versare alla cassa delle ammende.
L'articolo 4 modifica l'art. 200 c.p.p., estendendo la disciplina del segreto professionale anche ai giornalisti pubblicisti iscritti al rispettivo albo.
L'articolo 5 del testo del Senato modificava l'art. 96 del codice di procedura civile per introdurre una responsabilità civile aggravata a carico di colui che promuove un'azione risarcitoria temeraria per diffamazione a mezzo stampa. La riforma prevedeva che, in tutti i casi di diffamazione a mezzo stampa, se risulta che il ricorrente ha agito per il risarcimento del danno con malafede o colpa grave, il giudice, nel rigettare la domanda di risarcimento, può condannare l'attore, oltre che al rimborso delle spese e al risarcimento a favore del convenuto stesso, anche al pagamento in favore di quest'ultimo di una somma determinata in via equitativa, purché non superiore alla metà dell'oggetto della domanda risarcitoria.
La Camera ha sostituito l'art. 5: l'art. 96 c.p.c. risulta ora integrato con la previsione secondo cui, nei casi di diffamazione con il mezzo della stampa, delle testate giornalistiche on line o della radiotelevisione, il giudice, nella determinazione della somma equitativamente determinata a carico della parte soccombente, deve tenere conto in particolare dell'entità della domanda risarcitoria.
Infine, l'articolo 6, modificando l'art. 2751-bis del codice civile, riconosce la qualifica di privilegio generale sui mobili al credito del giornalista o del direttore responsabile, che abbiano risarcito il danno a seguito di una sentenza di condanna per diffamazione, nei confronti dell'editore proprietario, salvo nei casi in cui sia stata accertata la natura dolosa della condotta del giornalista o del direttore. La disposizione rafforza così le garanzie per il giornalista che abbia adempiuto all'obbligazione per il risarcimento del danno, rispetto all'eventuale fallimento dell'editore/proprietario della pubblicazione, dal quale deve recuperare - in quanto obbligati in solido - parte di quanto pagato.
La Camera ha riformulato la disposizione, in particolare chiarendo che titolari del credito nei confronti del proprietario o dell'editore sono il direttore o l'autore della pubblicazione.