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giovedì, 23 gennaio 2014
Negli ultimi anni il legislatore è intervenuto ripetutamente sui trattamenti previdenziali di importo più elevato.
In particolare, si segnalano i seguenti provvedimenti:
l'articolo 37 della L. 488/1999, che ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2000 e per un periodo di tre anni, sugli importi dei trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie complessivamente superiori a un massimale annuo (123 milioni di lire), un contributo di solidarietà del 2 per cento sulla parte eccedente. Le modalità di attuazione della disposizione sono state dettate dal decreto ministeriale 7 agosto 2000;
l'articolo 3, commi 102-103, della L. 350/2003, che ha previsto un contributo di solidarietà del 3%, per tre anni (2004-2006), sui trattamenti pensionistici corrisposti dagli enti gestori della previdenza obbligatoria con importi complessivamente superiori a 25 volte il trattamento minimo INPS. Le modalità di attuazione della disposizione sono state dettate con il D.M. 1° aprile 2004;
l'articolo 1, comma 2, lettera u), della L. 243/2004 (c.d. legge Maroni), che tra i principi e criteri direttivi della delega per il riordino del sistema pensionistico, aveva previsto, in via sperimentale, un contributo di solidarietà del 4% per le pensioni superiori a 25 volte il trattamento minimo INPS); la delega è rimasta inattuata;
l'articolo 1, commi 222-223 della L. 296/2006, che ha previsto un contributo di solidarietà del 15%, a partire dal 1° gennaio 2007, sul TFR o il TFS e i trattamenti integrativi di importo complessivo superiore a 1,5 milioni di euro. Le modalità di attuazione delle disposizioni sono state dettate con il D.M. 29 ottobre 2010;
l'articolo 18, comma 22-bis,del D.L. 98/2011,che ha introdotto un contributo di perequazione, a decorrere dal 1° agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, sui trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, pari al 5% per gli importi da 90.000 a 150.000 euro lordi annui, del 10% per la parte eccedente i 150.000 euro e del 15% per la parte eccedente i 200.000 euro. Le somme trattenute dagli enti venivano versate all'entrata del bilancio dello Stato Tale disposizione è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n.116 del 2013;
l'articolo 2, comma 2, del D.L. 138/2011 che ha introdotto, per gli anni 2011-2013 (termine successivamente prorogato per il triennio 2014-2016 dall'articolo 1, comma 590, della L. 147/2013), un contributo di solidarietà del 3% sul reddito complessivo (inclusi i trattamenti pensionistici) superiore a 300.000 euro lordi annui; la disposizione prevede, poi, che con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, il contributo di solidarietà possa essere prorogato anche per gli anni successivi al 2013, fino al raggiungimento del pareggio di bilancio. Le modalità di attuazione delle disposizioni sono state dettate dal D.M. 21 novembre 2011;
l'articolo 24, comma 21, della D.L 201/2011 (c.d. riforma Fornero), il quale ha previsto l'istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2012 e fino al 31 dicembre 2017, di un contributo di solidarietà a carico degli iscritti e dei pensionati delle gestioni previdenziali confluite nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti (lavoratori dell'ex Fondo trasporti, ex Fondo elettrici, ex Fondo telefonici, ex Inpdai) e del Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea. La misura del contributo, definita in rapporto al periodo di iscrizione antecedente l'armonizzazione operata dalla legge 335/1995 e alla quota di pensione calcolata in base ai parametri più favorevoli rispetto al regime dell'assicurazione generale obbligatoria, è pari: per i pensionati, allo 0,3% da 5 a 15 anni di iscrizione, allo 0,6% da 15 a 25 anni di iscrizione e all'1% per oltre i 25 anni di iscrizione; per i lavoratori, allo 0,5% per qualunque periodo di iscrizione. Sono escluse dal contributo di solidarietà le pensioni di importo pari o inferiore a 5 volte il trattamento minimo INPS, le pensioni e gli assegni di invalidità e le pensioni di inabilità.
Negli ultimi anni il legislatore è intervenuto ripetutamente sui trattamenti previdenziali di importo più elevato.
In particolare, si segnalano i seguenti provvedimenti:
l'articolo 37 della L. 488/1999, che ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2000 e per un periodo di tre anni, sugli importi dei trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie complessivamente superiori a un massimale annuo (123 milioni di lire), un contributo di solidarietà del 2 per cento sulla parte eccedente. Le modalità di attuazione della disposizione sono state dettate dal decreto ministeriale 7 agosto 2000;
l'articolo 3, commi 102-103, della L. 350/2003, che ha previsto un contributo di solidarietà del 3%, per tre anni (2004-2006), sui trattamenti pensionistici corrisposti dagli enti gestori della previdenza obbligatoria con importi complessivamente superiori a 25 volte il trattamento minimo INPS. Le modalità di attuazione della disposizione sono state dettate con il D.M. 1° aprile 2004;
l'articolo 1, comma 2, lettera u), della L. 243/2004 (c.d. legge Maroni), che tra i principi e criteri direttivi della delega per il riordino del sistema pensionistico, aveva previsto, in via sperimentale, un contributo di solidarietà del 4% per le pensioni superiori a 25 volte il trattamento minimo INPS); la delega è rimasta inattuata;
l'articolo 1, commi 222-223 della L. 296/2006, che ha previsto un contributo di solidarietà del 15%, a partire dal 1° gennaio 2007, sul TFR o il TFS e i trattamenti integrativi di importo complessivo superiore a 1,5 milioni di euro. Le modalità di attuazione delle disposizioni sono state dettate con il D.M. 29 ottobre 2010;
l'articolo 18, comma 22-bis,del D.L. 98/2011,che ha introdotto un contributo di perequazione, a decorrere dal 1° agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, sui trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, pari al 5% per gli importi da 90.000 a 150.000 euro lordi annui, del 10% per la parte eccedente i 150.000 euro e del 15% per la parte eccedente i 200.000 euro. Le somme trattenute dagli enti venivano versate all'entrata del bilancio dello Stato Tale disposizione è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n.116 del 2013;
l'articolo 2, comma 2, del D.L. 138/2011 che ha introdotto, per gli anni 2011-2013 (termine successivamente prorogato per il triennio 2014-2016 dall'articolo 1, comma 590, della L. 147/2013), un contributo di solidarietà del 3% sul reddito complessivo (inclusi i trattamenti pensionistici) superiore a 300.000 euro lordi annui; la disposizione prevede, poi, che con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, il contributo di solidarietà possa essere prorogato anche per gli anni successivi al 2013, fino al raggiungimento del pareggio di bilancio. Le modalità di attuazione delle disposizioni sono state dettate dal D.M. 21 novembre 2011;
l'articolo 24, comma 21, della D.L 201/2011 (c.d. riforma Fornero), il quale ha previsto l'istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2012 e fino al 31 dicembre 2017, di un contributo di solidarietà a carico degli iscritti e dei pensionati delle gestioni previdenziali confluite nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti (lavoratori dell'ex Fondo trasporti, ex Fondo elettrici, ex Fondo telefonici, ex Inpdai) e del Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea. La misura del contributo, definita in rapporto al periodo di iscrizione antecedente l'armonizzazione operata dalla legge 335/1995 e alla quota di pensione calcolata in base ai parametri più favorevoli rispetto al regime dell'assicurazione generale obbligatoria, è pari: per i pensionati, allo 0,3% da 5 a 15 anni di iscrizione, allo 0,6% da 15 a 25 anni di iscrizione e all'1% per oltre i 25 anni di iscrizione; per i lavoratori, allo 0,5% per qualunque periodo di iscrizione. Sono escluse dal contributo di solidarietà le pensioni di importo pari o inferiore a 5 volte il trattamento minimo INPS, le pensioni e gli assegni di invalidità e le pensioni di inabilità.