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I farmaci
informazioni aggiornate a lunedì, 10 marzo 2014

 


Rimborsabilità dei farmaci

La definizione del regime di rimborsabilità e di fornitura, nonché la definizione del prezzo di un medicinale sono stabiliti al termine di un percorso decisionale molto complesso.

Per quanto riguarda l'immissione in commercio dei medicinali, all'interno dell'Unione europea esiste una ripartizione di competenze tra la European Medicines Agency (EMA) e le Autorità nazionali dei singoli Stati membri, per l'Italia l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).

L'EMA è competente per l'Autorizzazione all'Immissione in Commercio (AIC) valida a livello comunitario, rilasciata con la procedura centralizzata prevista esclusivamente per determinate categorie di farmaci, tra cui quelli biotecnologici, e consistente in una valutazione effettuata da un apposito Comitato scientifico: il (Committee for Human Medicinal Products, CHMP). A seguito della valutazione, la Commissione UE adotta una decisione con cui conferisce un'AIC valida per tutto il territorio UE (come stabilito dal Regolamento 726/2004/UE).
Se non è prevista la procedura centralizzata, il rilascio dell'AIC di un medicinale compete alle agenzie del farmaco nazionali.

Ai fini della rimborsabilità, i farmaci sono classificati in tre diverse fasce:

  • FASCIA A: comprendente i farmaci essenziali e per malattie croniche, interamente rimborsati dal SSN, fatta salva la presenza di una nota AIFA, la cui prescrizione vincola la rimborsabilità a specifiche condizioni patologiche o terapeutiche in atto. La modalità di fornitura di questi farmaci avviene attraverso le farmacie territoriali o le strutture sanitarie pubbliche (distribuzione diretta);
  • FASCIA H: comprendente i farmaci di esclusivo uso ospedaliero utilizzabili solo in ospedale o che possono essere distribuiti dalle strutture sanitarie;
  • FASCIA C: comprendente farmaci a totale carico del paziente (ad eccezione dei titolari di pensione di guerra diretta vitalizia – Legge 203/2000). Con riferimento al regime di fornitura, i farmaci di classe C sono distinti in farmaci con obbligo di prescrizione medica e farmaci senza obbligo di prescrizione medica. I farmaci di classe C senza obbligo di prescrizione medica sono a loro volta distinti in due sottoclassi: farmaci utilizzati per patologie di lieve entità, o considerate minori, con accesso alla pubblicità (OTC) individuati dalla L. 537/1993 nella fascia C-bis e farmaci senza obbligo di prescrizione medica (SOP), per i quali non è possibile fare pubblicità.

Completate le fasi dedicate alla sperimentazione clinica di un medicinale, la Commissione Tecnico Scientifica (CTS) dell'AIFA, effettua, su ciascun farmaco destinato ad essere immesso sul mercato, tutte le valutazioni necessarie (chimico-farmaceutiche, biologiche, farmaco-tossicologiche e cliniche) per assicurare i requisiti di sicurezza ed efficacia. Vengono inoltre esaminati i risultati delle ricerche condotte dall'azienda produttrice del farmaco. Nel momento in cui l'AIFA rilascia l'AIC, questa diviene la carta di identità del farmaco, poiché stabilisce: il nome del medicinale; la sua composizione; la descrizione del metodo di fabbricazione; le indicazioni terapeutiche, le controindicazioni e le reazioni avverse; la posologia, la forma farmaceutica, il modo e la via di somministrazione; le misure di precauzione e di sicurezza da adottare per la conservazione del medicinale e per la sua somministrazione ai pazienti; il riassunto delle caratteristiche del prodotto; il modello dell'imballaggio esterno; il foglio illustrativo; la valutazione dei rischi che il medicinale può comportare per l'ambiente. Ogni successiva modifica nel dosaggio o nella forma farmaceutica, nella presentazione o nella via di somministrazione, comporta la richiesta di un'ulteriore AIC.

 Per fronteggiare il fenomeno del ritiro dei farmaci per modifiche dei foglietti illustrativi, il decreto legge 69/2013, all'articolo 44, comma 4-quinquies ha previsto, per i casi di modifiche apportate al foglietto illustrativo, una procedura di autorizzazione, da parte dell'AIFA, della vendita al pubblico delle scorte dei medicinali già immesse nel ciclo distributivo. L'autorizzazione viene subordinata alla consegna al cliente, a cura del farmacista, di un foglietto sostitutivo conforme a quello autorizzato.

A tutti i farmaci è attribuito un prezzo ed una classe di rimborsabilità; deve essere infatti stabilito se il farmaco è a carico del SSN (medicinale di classe A e H) o del cittadino (medicinale classe C).

 I prezzi dei farmaci di fascia C sono liberamente determinati dalle imprese produttrici e sono unici su tutto il territorio nazionale, il loro prezzo, e quello dei medicinali di fascia C-bis, può essere aumentato soltanto nel mese di gennaio di ogni anno dispari. Per i medicinali di fascia C da vendersi dietro presentazione di ricetta medica, il farmacista è obbligato ad informare il paziente dell'eventuale presenza di medicinali aventi la stessa composizione quali-quantitativa e la stessa forma farmaceutica con un prezzo più basso. Se il paziente accetta, il farmacista può sostituire il medicinale prescritto con un equivalente di prezzo minore. Il farmacista non può effettuare la sostituzione se sulla ricetta il medico ha indicato la non sostituibilità del medicinale. Anche per i farmaci senza obbligo di prescrizione (SOP) il prezzo è stabilito liberamente dal produttore. Nella pluralità dei casi si tratta di farmaci di automedicazione, per l'acquisto e l'assunzione dei quali non è necessaria la prescrizione medica, poiché sono destinati all'utilizzo autonomo da parte del cittadino per curare disturbi lievi o passeggeri. Per alcuni farmaci di libera vendita, definiti da banco o OTC (acronimo di over the counter), introdotti dalla Legge finanziaria 2004 (L. 311/2004) nella classe C-bis, è consentita la pubblicità. Ai sensi dell'articolo 96 del D.Lgs. 219/2006 sull'etichetta dei medicinali compresi nella classe C-bis deve essere riportata la dicitura «medicinale di automedicazione». Per i medicinali a carico del cittadino (classe C), l'AIFA svolge un'azione di monitoraggio sui farmaci con obbligo di prescrizione (ricetta), verificando il rispetto di due condizioni: il prezzo del medicinale deve essere aumentato ogni due anni (negli anni dispari); l'incremento non può superare l'inflazione programmata. Sul prezzo dei farmaci senza obbligo di prescrizione (SOP), l'AIFA non esercita alcun controllo.

Per quanto riguarda i medicinali erogabili a carico del SSN, il decreto legge 158/2012 (cosidetto Decreto Balduzzi) ha introdotto, all'articolo 12, novità rilevanti in materia di procedure per la rimborsabilità e la determinazione del prezzo del farmaco. In seguito a tali innovazioni normative, le aziende farmaceutiche possono presentare all'AIFA la domanda di avvio delle procedure relative alla classificazione di un medicinale fra quelli erogabili a carico del SSN soltanto dopo aver ottenuto l'Autorizzazione all'immissione in commercio (AIC) per lo stesso medicinale. A questo punto, l'AIFA istruisce la domanda di concedibilità (ovvero di classificazione del medicinale fra i medicinali erogabili a carico del SSN) contestualmente alla contrattazione del relativo prezzo. In ogni caso, prima dell'inizio della commercializzazione, il titolare dell'AIC è tenuto a comunicare all'AIFA il prezzo ex factory e il prezzo al pubblico del medicinale.

La determinazione del prezzo dei farmaci rimborsati dal SSN, mediante la contrattazione tra Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e le Aziende Farmaceutiche (L. 326/03), è un'attività che l'Agenzia svolge sulla base delle modalità e dei criteri indicati nella deliberazione CIPE 1° febbraio 2001 "Individuazione dei criteri per la contrattazione del prezzo dei farmaci" . Il primo passo per l'avvio di questa attività è la presentazione, da parte dell'Azienda Farmaceutica, della domanda accompagnata da una documentazione dalla quale emerge:

  • un rapporto costo/efficacia positivo: il medicinale deve cioè essere ritenuto utile per il trattamento di patologie per le quali non esiste alcuna cura efficace, o fornire una risposta più adeguata rispetto a farmaci già disponibili per le stesse indicazioni terapeutiche, o presentare un rapporto rischio/beneficio più favorevole rispetto ad altri medicinali già disponibili in Prontuario per la stessa indicazione;
  • altri elementi di interesse per il SSN, in modo che sia chiaro che il nuovo medicinale presenta una superiorità clinica significativa rispetto a prodotti già disponibili o che quantomeno sia ugualmente efficace e sicuro di altri prodotti già disponibili.

A questo punto il Comitato Prezzi e Rimborso (CPR) dell'AIFA esamina le richieste di rimborsabilità pervenute, supportato anche dai dati di consumo e spesa forniti dall'Osservatorio Nazionale sull'impiego dei Medicinali (OSMED). Le contrattazioni che hanno come oggetto le specialità medicinali registrate secondo procedura nazionale, e quelle comunitarie di mutuo riconoscimento o centralizzata, potranno dar luogo ad un accordo con le Aziende Farmaceutiche in cui saranno specificati i prezzi e le condizioni di ammissione alla rimborsabilità. Successivamente, l'accordo è ratificato dalla Commissione Tecnico Scientifica dell'AIFA e quindi sottoposto all'esame del Consiglio di Amministrazione dell'Agenzia per la successiva delibera, poi pubblicata in G. U..

In deroga a tale procedura, le aziende farmaceutiche possono presentare domanda di rimborsabilità prima del rilascio dell'AIC qualora la domanda riguardi:

  • farmaci orfani;
  • farmaci di eccezionale rilevanza terapeutica e sociale previsti in una specifica deliberazione dell'AIFA, adottata su proposta della Commissione consultiva tecnico-scientifica;
  • medicinali utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero o in strutture ad esso assimilabili.

Al di là delle deroghe illustrate, entro centottanta giorni dal ricevimento della domanda di concedibilità, l'AIFA comunica all'azienda interessata le proprie decisioni. Il rigetto della domanda è comunicato al richiedente unitamente al parere della Commissione consultiva tecnico-scientifica o del Comitato prezzi e rimborso sul quale la decisione è fondata. Parimenti documentata è la comunicazione della determinazione di esclusione di un medicinale in precedenza classificato fra i farmaci erogabili dal SSN. In attesa della determinazione dell'AIFA relativa alla classe di rimborsabilità e al prezzo, tutti i medicinali, sono automaticamente collocati in una apposita sezione dedicata ai farmaci non ancora valutati ai fini della rimborsabilità e classificati nei medicinali di classe C.

Come stabilito dall'articolo 12 del decreto legge 158/2012, quando è autorizzata un'estensione delle indicazioni terapeutiche di un medicinale già in possesso di AIC e già classificato come farmaco erogabile dal SSN, il medicinale può essere prescritto per le nuove indicazioni con onere a carico del SSN solo a conclusione della procedura di contrattazione del prezzo e della correlata conferma della rimborsabilità del medicinale medesimo, nonché della pubblicazione, da parte dell'AIFA, del nuovo prezzo. Conseguentemente, il provvedimento che autorizza l'estensione delle indicazioni terapeutiche contiene anche il prezzo concordato in base alla nuova procedura di contrattazione e la conferma della rimborsabilità del medicinale.

Il decreto legge Balduzzi ha inoltre fissato un principio rilevante nella regolamentazione del mercato dei medicinali a brevetto scaduto, stabilendo che tali medicinali non possono essere classificati come farmaci a carico del SSN con decorrenza anteriore alla data di scadenza del brevetto o del certificato di protezione complementare, pubblicata dal Ministero dello Sviluppo Economico. A brevetto scaduto, i farmaci generici, e i medicinali biosimilari, sono automaticamente collocati, senza contrattazione del prezzo, nella classe di rimborso a cui appartiene il medicinale di riferimento se l'azienda titolare propone un prezzo di vendita di evidente convenienza per il SSN. E' considerato conveniente il prezzo che, rispetto a quello del medicinale di riferimento, presenta un ribasso pari almeno a quello stabilito con decreto adottato dal Ministro della salute, su proposta dell'AIFA, in rapporto ai volumi di vendita previsti.

Regime brevettuale dei farmaci: specialità medicinali e farmaci generici

 Ai fini del regime brevettuale, i farmaci si distinguono in specialità medicinali con nome e confezione specifici - con copertura brevettuale o a brevetto scaduto - e farmaci generici (definiti equivalenti dal decreto legge 87/2005) non coperti da brevetto, aventi uguale composizione in principi attivi, forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie di una specialità medicinale a brevetto scaduto (originator).

Un medicinale equivalente (o generico) è la copia del medicinale brevettato di riferimento (originator). Un farmaco equivalente (o generico) può essere messo in commercio soltanto se il brevetto dell'originator non è più valido.

I generici sono normalmente identificati dalla denominazione comune internazionale del principio attivo o, in mancanza di questa, dalla denominazione scientifica del medicinale, seguita dal nome del titolare dell'AIC (Autorizzazione all'immissione in Commercio). Se il titolare segue una procedura di registrazione nazionale, l'AIC è concessa a fronte di un abbassamento del prezzo di almeno il 20 per cento rispetto al prezzo della corrispondente specialità medicinale che ha goduto della tutela brevettuale (originator) o delle specialità medicinali che hanno beneficiato della licenza da parte dell'originator.

La definizione di equivalente è contenuta nella direttiva 2001/83/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, nota anche come Codice per i medicinali di uso umano. Nel Codice sono contenute tutte le norme che regolano il settore farmaceutico europeo, dalla fabbricazione e registrazione dei medicinali alla sperimentazione clinica, alla farmacovigilanza, alla distribuzione dei medicinali fino alla pubblicità. L'Italia ha recepito il Codice con il decreto legislativo 219/2006, che, all'articolo 10, comma 5, lettera b), definisce l'equivalente (generico) come un medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità.

Per la registrazione di un equivalente, il D. Lgs. 219/2006 prevede una procedura semplificata: l'articolo 10 dispone infatti che il richiedente (azienda farmaceutica) non è tenuto a fornire i risultati delle prove precliniche e delle sperimentazioni cliniche se può dimostrare che il medicinale è un medicinale equivalente di un medicinale autorizzato o che è stato autorizzato da almeno otto anni in Italia o nella Comunità europea. Nel dossier di un equivalente la documentazione relativa alla sicurezza è sostituita da una relazione sulla letteratura scientifica pubblicata per il medicinale di riferimento. Per quanto riguarda l'efficacia, la documentazione è costituita invece da uno studio di bioequivalenza.

Come illustrato in una pubblicazione dell'AIFA, la bioequivalenza tra due farmaci è l'equivalenza terapeutica tra due formulazioni contenenti lo stesso principio attivo: due farmaci sono bioequivalenti quando, con la stessa dose, i loro profili di concentrazione nel sangue rispetto al tempo sono così simili che è improbabile che essi possano produrre differenze rilevanti negli effetti di efficacia e sicurezza. Uno studio di bioequivalenza consiste nel somministrare ad un certo numero di volontari sani una dose singola di due medicinali: il medicinale di riferimento (medicinale di marca) e un medicinale di uguale composizione, forma e dosaggio, detto medicinale test. I due farmaci sono somministrati in due sedute differenti distanziate tra di loro di almeno una settimana ad un gruppo di volontari, che possono andare da un minimo di 12 ad un massimo di 40 (di età compresa fra i 18 ed i 55 anni). Dopo la somministrazione del farmaco originator e del generico, nel sangue dei volontari vengono misurati una serie di parametri, i più importanti dei quali sono:

  •  la concentrazione massima raggiunta dal farmaco nel sangue (Cmax);
  •  il tempo impiegato dal farmaco a raggiungere la Cmax (Tmax).

Sulla base di questi due parametri viene costruita una curva, detta curva concentrazione/tempo, dove sono riportati i livelli del farmaco raggiunti nel sangue ad ogni tempo di prelievo. Dalla curva ottenuta viene calcolato un terzo parametro chiamato Area sotto la Curva concentrazione/ tempo (AUC) che rappresenta la biodisponibilità del farmaco. L'accertamento della bioequivalenza si effettua confrontando Cmax, Tmax ed AUC del medicinale test con quelli del medicinale di riferimento. Per il confronto si fa uso di metodi statistico-matematici che permettono di ridurre al minimo l'influenza di fattori che possono alterare i risultati dello studio. Gli studi di bioequivalenza sono, in sostanza, degli studi di farmacocinetica la cui finalità è quella di confrontare la biodisponibilità di due prodotti, ove per biodisponibilità si intende la quantità di farmaco che passa nella circolazione generale dopo somministrazione in relazione alla velocità con cui questo processo avviene. Gli studi di bioequivalenza servono a dimostrare che le differenze di biodisponibilità tra due prodotti essenzialmente simili non superano un certo intervallo di variabilità ritenuto compatibile con l'equivalenza terapeutica.

Uso off label di un farmaco - Uso compassionevole

Si definisce off-label l'impiego nella pratica clinica di farmaci già registrati ma usati in maniera non conforme (per patologia, popolazione o posologia) a quanto previsto dalle indicazioni e dalle caratteristiche del prodotto autorizzato.

L'uso off-label riguarda, molto spesso, molecole conosciute e utilizzate da tempo per determinate patologie, per le quali le evidenze scientifiche suggeriscono l'utilizzo anche in situazioni cliniche/patologie non previste, per le quali non sono state ottenute le necessarie autorizzazioni . Questa pratica è ampiamente diffusa in vari ambiti della medicina, quali, ad esempio, oncologia, reumatologia, neurologia e psichiatria e riguarda la popolazione adulta e quella pediatrica. In campo pediatrico, specialmente a livello neonatale, una cospicua parte delle prescrizioni sia in ospedale sia sul territorio sono off-label.

L'articolo 5, comma 1, della Direttiva 2001/83/UE, rimette l'utilizzo dei farmaci off-label alle normative nazionali: "uno Stato membro può, conformemente alla legislazione in vigore e per rispondere ad esigenze speciali, escludere dall'ambito di applicazione della presente direttiva i medicinali forniti per rispondere ad un'ordinazione leale e non sollecitata, elaborati conformemente alle prescrizioni di un operatore sanitario autorizzato e destinati ad un determinato paziente sotto la sua personale e diretta responsabilità". La Corte di Giustizia, con la sentenza 29 marzo 2012, C-185/10 ha sottolineato come l'utilizzo off-label di un medicinale debba rispondere a speciali esigenze di natura medica, fondarsi su considerazioni strettamente terapeutiche e in assenza di farmaci già autorizzati per la medesima indicazione.

In Italia, la normativa di riferimento è data da un insieme di norme non omogenee, adottate con finalità e in momenti diversi.

L'articolo 1, comma 4, del decreto legge 536/1996 consente l'uso di:

  • medicinali innovativi autorizzati in altri Stati ma non sul territorio nazionale;
  • medicinali non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica;
  • medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata qualora non esista valida alternativa terapeutica.

Questi particolari farmaci sono inseriti "in apposito elenco predisposto e periodicamente aggiornato" da parte dell'AIFA (Lista 648). Per questi farmaci l'acquisto da parte del SSN avviene senza negoziazione, il prezzo è quindi imposto dall'azienda produttrice e generalmente molto elevato per il carattere di asserita innovatività.

Nel corso dell'istruttoria promossa dall'Autorità Garante della concorrenza e del mercato nei confronti delle case farmaceutiche F.Hoffmann-La Roche Ltd., Genentech Inc., Novartis AG, Novartis Farma S.p.A., Roche S.p.A. , per presunte infrazioni dell'articolo 101 TFUE relativamente alla commercializzazione in Italia dei farmaci Avastin e Lucentis, sono stati auditi i direttori generali dell'EMA e dell'AIFA proprio in materia di farmaci off-label. L'istruttoria si è conclusa nel febbraio 2014 con un provvedimento molto articolato, al cui interno sono riportati anche stralci delle audizioni dei direttori delle agenzie.
Il direttore generale dell'AIFA proprio rispetto ai prezzi dei farmaci off-label sottolinea che "la casa farmaceutica avendo già il farmaco in distribuzione ad un prezzo non negoziato non ha nessuna esigenza di affrettare la negoziazione, che avviene in situazione di necessità, poiché a quel punto diversi pazienti saranno in corso di trattamento. Questo costituisce un evidente vantaggio negoziale per l'industria". Per quanto riguarda il decreto legge 536/1996 e la lista dei farmaci off-label autorizzati, il direttore dell'EMA aggiunge che entrambe erano state introdotte " per non negare ai pazienti una speranza di cura. Nella realtà si sono rivelate strumento di grande vantaggio principalmente per l'industria. Costituiscono infatti un vantaggio commerciale precoce con l'utilizzo off-label in assenza di autorizzazione (AIC), consente inoltre di produrre dati di efficacia per nuove indicazioni terapeutiche eventualmente utili per una successiva fase registrativa con sviluppo finanziato dal SSN!".

L'articolo 3, comma 1, del decreto legge 23/1998, la cosiddetta Legge Di Bella che regola l'uso off-label dei medicinali, stabilisce che il medico, nel prescrivere un farmaco, deve attenersi alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste dall'AIC, in quanto tali modalità sono state valutate nella fase di sperimentazione del medicinale. Tuttavia il medesimo articolo 3, al comma 2, permette un uso diverso del farmaco, il c.d. uso compassionevole, qualora il medico curante, sulla base delle evidenze documentate in letteratura e in mancanza di valide alternative terapeutiche, ritenga necessario somministrare un medicinale al di fuori delle indicazioni d'uso autorizzate. Accanto a questa ipotesi, la norma stabilisce come ulteriore fattispecie di ammissibilità, l'inserimento dei farmaci non autorizzati in un apposito elenco, predisposto e periodicamente aggiornato dall'AIFA, per la prescrizione dei farmaci con finalità compassionevoli, in ragione dell'assenza di alternative terapeutiche. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto legge 536/1996, in tale elenco possono essere inclusi, a totale carico del SSN:

  • medicinali innovativi la cui commercializzazione è autorizzata in altri Stati ma non in Italia;
  • medicinali non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica di cui siano già disponibili risultati di studi clinici di fase seconda;
  • medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata in Italia.

L'inclusione di un medicinale, con le caratteristiche ora descritte, in tale elenco viene effettuata dall'AIFA su richiesta documentata da parte di associazioni dei malati, di società scientifiche e di organismi sanitari pubblici e privati. L'autorizzazione è concessa dopo attenta valutazione della documentazione a supporto della richiesta, che deve riportare informazioni concernenti il tipo e la gravità della patologia da trattare; l'inesistenza di valide alternative terapeutiche; il numero di soggetti interessati al trattamento; il follow-up; il completamento favorevole di studi clinici di fase 1 e 2; l'ammontare previsto della spesa derivante dall'impiego proposto; lo stato autorizzativo del medicinale in Italia ed in altri Paesi, con indicazione dell'azienda produttrice o fornitrice. I farmaci rimangono iscritti nell'elenco fino al permanere delle esigenze che ne hanno determinato l'inserimento. La prescrizione deve essere effettuata sulla base di un Piano Terapeutico attivato da strutture specializzate ospedaliere o universitarie o da istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Prima della prescrizione il medico deve acquisire il consenso informato scritto del paziente.

 In seguito l'articolo 1, comma 797, lettera z), della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006) ha stabilito che possono essere erogati a carico del SSN farmaci off-label solo nell'ambito di sperimentazioni cliniche, vietandone l'uso consolidato quale terapia alternativa in presenza di farmaci in possesso di autorizzazioni specifiche. L'articolo 2, comma 348, della legge finanziaria 2008 (legge 244/2007) ha specificato che per qualunque patologia non si possono utilizzare farmaci sprovvisti dell'AIC a meno che non siano in fase di sperimentazione avanzata.

Il decreto legge 158/2012(c.d. Decreto Balduzzi), nel testo originario, rendeva meno complesso l'inserimento di nuovi medicinali nell'elenco dei farmaci compassionevoli. L'AIFA infatti poteva inserire o mantenere nello specifico elenco un farmaco non autorizzato se, per una determinata patologia, esisteva, fra i farmaci regolarmente autorizzati, soltanto un'unica alternativa terapeutica ad alto costo, vale a dire quando il divario del costo-terapia derivante dall'uso dei due farmaci era di almeno il 50 per cento. La disposizione è stata soppressa nel corso dell'esame parlamentare del disegno di legge di conversione del decreto.

Farmaci innovativi

Un nuovo trattamento farmacologico è innovativo quando offre al paziente benefici terapeutici aggiuntivi rispetto alle opzioni già disponibili. L'innovatività terapeutica di un nuovo farmaco viene definita dalla Commissione consultiva tecnico-scientifica dell'AIFA in base a criteri di valutazione dai quali dipendono anche gli ambiti per l'ammissione condizionata alla rimborsabilità di farmaci con innovatività terapeutica potenziale. Sul punto si rinvia al Documento AIFA sull'innovatività dei farmaci.

Il decreto legge 95/2012 ha introdotto misure di sostegno per l'utilizzo dei farmaci innovativi. Fra queste si ricorda la norma recata dall'articolo 15, comma 6, lettera c), che calcola il tetto della spesa farmaceutica ospedaliera al netto delle somme restituite dalle aziende farmaceutiche, anche sotto forma di extra sconti, in applicazione di procedure di rimborsabilità condizionata per farmaci innovativi.

Al proposito, si ricorda che L'AIFA ha elaborato sistemi di rimborsabilità in grado di garantire l'accesso a cure innovative per tutti i pazienti. Il principio che guida questi accordi è il rimborso del farmaco innovativo in base alla sua efficacia, lasciando nei casi di fallimento terapeutico (failures) il costo della terapia a carico dell'azienda produttrice. Il risk sharing si inserisce nel contesto più ampio del payment by results o for performance cioè un pagamento sulla base dei risultati, volto a promuovere una più alta qualità delle cure e dell'assistenza sanitaria, evitando sprechi. Al proposito, si ricorda ancora, che, presso l'AIFA, è attivo un Registro di farmaci sottoposti a monitoraggio, che mira a limitarne l'uso ai pazienti aventi caratteristiche simili a quelle scelte negli studi registrativi. Per quanto riguarda i farmaci oncologici innovativi, sempre presso l'AIFA, dal 2005, è istituito un Registro nazionale dei nuovi farmaci oncologici sottoposti a Monitoraggio (RFOM). Con specifiche Determinazioni pubblicate in G.U., per l'utilizzo di alcuni farmaci oncologici, l'AIFA richiede la compilazione di schede di raccolta dati al fine di garantire l'appropriatezza d'uso degli stessi. Si tratta di un'iniziativa a livello europeo, adottata dalle Agenzie regolatorie nazionali, tramite la quale si è inteso raccogliere i dati di tutte le prescrizioni dei nuovi farmaci oncologici con riferimento ai pazienti arruolati e al follow-up clinico. La registrazione e gli aggiornamenti sono necessari per ottenere l'avallo dell'AIFA alla rimborsabilità del ciclo terapeutico a carico del SSN.

L'articolo 10, commi da 2 a 6 del decreto legge 158/2012(c.d. Decreto Balduzzi) ha introdotto l'obbligo di erogare e utilizzare uniformemente i medicinali innovativi di particolare rilevanza, garantendo così la parità di trattamento di tutti gli assistiti nei vari ambiti regionali.

Molti dei farmaci innovativi, e fra questi soprattutto i farmaci oncologici ed antivirali, sono utilizzati nelle strutture ospedaliere, e pertanto sono medicinali di fascia H acquistati, o resi disponibili all'impiego, da parte delle strutture sanitarie direttamente gestite dal SSN. Si ricorda che l'Accordo in materia, stipulato in sede di Conferenza Stato-regioni nel 2010, aveva già previsto che le Regioni garantissero l'immediata disponibilità agli assistiti, anche senza il formale inserimento dei prodotti nei prontuari terapeutici ospedalieri regionali, dei medicinali che, a giudizio della Commissione tecnico-scientifica dell'Aifa, fossero in possesso del requisito della innovatività terapeutica, individuato secondo i criteri predefiniti dalla medesima Commissione. Anche successivamente alla stipula dell'Accordo del 2010, è stata da più parti osservata la difformità della distribuzione territoriale dei farmaci ospedalieri, derivante dal fatto che per i farmaci di fascia H non esiste un unico Prontuario nazionale. Dopo che un farmaco di fascia H aveva ricevuto l'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC), l'AIFA provvedeva ad inserirlo nel Prontuario farmaceutico nazionale, ma affinché il prodotto fosse utilizzabile nei presidi ospedalieri era necessario che il medicinale fosse inserito in prontuari di livello inferiore, vale a dire nei prontuari regionali, di area vasta, di aziende sanitarie locali o aziende ospedaliere. Ne derivava pertanto che uno stesso farmaco di fascia H potesse essere somministrato nelle regioni in tempi diversi a seconda dei diversi tempi di recepimento nei prontuari locali.

Per garantire su tutto il territorio nazionale il rispetto dei livelli essenziali di assistenza, le regioni e le province autonome devono ora assicurare agli assistiti l'immediata disponibilità dei medicinali di fascia H a carico del SSN erogati attraverso gli ospedali e le aziende sanitarie locali che, a giudizio della Commissione consultiva tecnico-scientifica dell'AIFA, possiedono, alla luce dei criteri predefiniti dalla medesima Commissione, il requisito della innovatività terapeutica importante, ovvero innovatività terapeutica potenziale ( ai sensi dell'articolo 1, comma 1, dell'Accordo in materia sopra richiamato). L'immediata disponibilità è prevista indipendentemente dall'inserimento dei medicinali nei Prontuari terapeutici ospedalieri o in altri elenchi analoghi predisposti dalle competenti autorità regionali e locali. Le regioni e le province autonome sono tenute ad aggiornare, semestralmente, nonché a trasmettere copia all'AIFA dei prontuari terapeutici ospedalieri e di ogni altro strumento regionale elaborato allo scopo di razionalizzare l'impiego dei farmaci da parte di strutture pubbliche, di consolidare prassi assistenziali e di guidare i clinici in percorsi diagnostico-terapeutici specifici. Le regioni possono inoltre comunicare all'AIFA dubbi sui requisiti di innovatività riconosciuti a un medicinale, fornendo la documentazione scientifica su cui si basa tale valutazione. In tal caso, l'AIFA sottopone alla Commissione consultiva tecnico-scientifica la questione affinché la riesamini entro 60 giorni dalla comunicazione regionale e esprima un motivato parere.

Con lo scopo di uniformare i prontuari, presso l'AIFA, è istituito un Tavolo permanente di monitoraggio dei prontuari terapeutici ospedalieri, al quale partecipano rappresentanti della stessa Agenzia, delle regioni e delle province autonome e del Ministero della salute. La partecipazione al tavolo è a titolo gratuito. Il tavolo discute eventuali criticità nella gestione dei prontuari terapeutici ospedalieri e degli altri strumenti regionali analoghi e fornisce linee guida per l'armonizzazione e l'aggiornamento degli stessi, anche attraverso audizioni periodiche delle organizzazioni civiche di tutela del diritto alla salute maggiormente rappresentative a livello nazionale.

Farmaci biologici e biosimilari

I medicinali biologici, intendendo con tale termine anche quelli biotecnologici, cioè ottenuti con biotecnologie, sono farmaci il cui principio attivo è rappresentato da una sostanza prodotta o estratta da un sistema biologico oppure derivata da una sorgente biologica attraverso procedimenti di biotecnologia, comprendenti le tecnologie di DNA ricombinante, l'espressione controllata di geni codificanti proteine biologicamente attive nei procarioti o negli eucarioti, metodi a base di ibridomi e di anticorpi monoclonali. I farmaci biologici, per la variabilità intrinseca delle molecole e per la complessità delle tecniche di produzione, sono particolarmente difficili da caratterizzare e da riprodurre, al punto tale che alcune differenze possono sussistere anche tra i diversi lotti di uno stesso prodotto, soprattutto se si sono verificate variazioni nelle condizioni di produzione. Per questo motivo le Autorità regolatorie richiedono per la caratterizzazione e il controllo di qualità e di sicurezza dei medicinali biologici, oltre agli esami fisico-chimico-biologici, anche informazioni specifiche sul processo di produzione e sui problemi di sicurezza che da questo possono derivare e controllano in maniera rigorosa che ogni processo della filiera di produzione e di distribuzione di questi farmaci avvenga in ottemperanza alle specifiche linee guida. Appartengono alla categoria dei farmaci biologici prodotti quali gli ormoni e gli enzimi, gli emoderivati e i medicinali immunologici come sieri e vaccini, le immunoglobuline e gli allergeni, nonché gli anticorpi monoclonali.

Alla scadenza dei brevetti dei farmaci biologici, entrano in scena i farmaci biosimilari: medicinali simili ai farmaci biologici originatori non più soggetti a copertura brevettuale, che possono essere prodotti dalle industrie farmaceutiche secondo procedure e normative espresse da specifiche linee guida europee e commercializzati a prezzi inferiori rispetto ai prodotti originatori. I farmaci biosimilari sono, quindi, medicinali biologici autorizzati dall'Agenzia Europea dei Medicinali (European Medicines Agency – EMA) simili per qualità, efficacia e sicurezza al prodotto biologico di riferimento.

Come sottolineato in un documento dell'AIFA dedicato ai farmaci biosimilari, i farmaci biologici rappresentano una risorsa terapeutica essenziale per il trattamento di una varietà di malattie gravi e debilitanti per molte delle quali non erano in passato disponibili opzioni terapeutiche efficaci. Per motivi di sviluppo e produzione del farmaco, questi medicinali sono gravati da costi particolarmente onerosi per il SSN; in questo scenario i medicinali biosimilari possono offrire l'opportunità di garantire l'accesso ai farmaci biologici per tutti i pazienti che ne necessitano, contribuendo, nel contempo, alla sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari.

In merito alla sostituibilità automatica dei biosimilari, l'AIFA, nel documento citato, ricorda che la legislazione europea ha affidato alle Autorità nazionali competenti dei differenti stati membri autonomia decisionale e legislativa in materia. Tuttavia, l'EMA (l'Autorità regolatoria europea in campo farmaceutico) ha precisato che la decisione circa la scelta prescrittiva del medicinale specifico da impiegare, di riferimento piuttosto che biosimilare, deve essere affidata a personale sanitario qualificato (Ref. EMEA/74562/2006 Rev. 1; EMA/837805/2011). In Italia la posizione dell'AIFA, chiarisce che i medicinali biologici e biosimilari non possono essere considerati alla stregua dei prodotti equivalenti, escludendone quindi la vicendevole sostituibilità terapeutica automatica. Proprio perché i medicinali biologici di riferimento ed i biosimilari sono medicinali simili, ma non identici, l'AIFA ha deciso di non includere i medicinali biosimilari nelle liste di trasparenza che consentono la sostituibilità automatica tra prodotti equivalenti. Di conseguenza, la scelta di trattamento con un farmaco biologico di riferimento o con un biosimilare rimane una decisione clinica affidata al medico specialista prescrittore. L'AIFA considera, tuttavia, che i biosimilari non solo costituiscono un'opzione terapeutica a disposizione dei curanti, ma sono da preferire, qualora costituiscano un vantaggio economico, in particolare per il trattamento dei soggetti "naive" (che non abbiano avuto precedenti esposizioni terapeutiche o per i quali le precedenti esposizioni in base al giudizio del clinico siano sufficientemente distanti nel tempo).

In ultimo, si rinvia a una recente Indagine condotta da Cittadinanzattiva dalla quale emerge che i farmaci biologici e biosimilari sono un settore dell'assistenza farmaceutica regolato di fatto da normative regionali difformi tra loro, che mettono al centro prevalentemente l'esigenza del contenimento della spesa e non anche il diritto alla continuità terapeutica e il diritto alla personalizzazione del trattamento dei pazienti.

Gare per la fornitura di medicinali

L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, in una indagine del 2011 sottolinea come la farmaceutica sia uno dei settori economici più complessi poiché al suo interno operano molteplici attori quali aziende, regolatori, consumatori e medici. In termini di risorse, la spesa farmaceutica rappresenta circa il 13,5% della spesa sanitaria complessiva (pubblica e privata).

Il legislatore, fin dagli anni '70 ha cercato di favorire l'acquisto diretto dei farmaci da parte degli enti del SSN. Una disposizione del 1974 prevede, per esempio, che gli enti ospedalieri e gli istituti pubblici di ricovero e cura possono acquistare in maniera diretta i medicinali. Le imprese farmaceutiche sono tenute, a loro volta, a praticare su tali prodotti uno sconto non inferiore al 50% sul prezzo di vendita al pubblico (articolo 9, commi 4 e 5, del decreto legge 264/1974) .

Più recentemente, l'articolo 11, comma 8, del decreto legge 78/2010 ha stabilito che, in sede di Conferenza Stato-regioni, vengano fissate delle linee guida per incrementare l'efficienza delle Aziende sanitarie nelle attività di acquisizione, immagazzinamento e distribuzione interna dei medicinali acquistati direttamente, anche attraverso il coinvolgimento dei grossisti. Per quanto riguarda l'acquisto di medicinali e le gare in ambito farmaceutico, l'articolo 15, comma 11-ter, del decreto legge 95/2012 (c.d. Spending Review) ha precisato che "nell'adottare eventuali decisioni basate sull'equivalenza terapeutica fra medicinali contenenti diversi principi attivi, le regioni si attengono alle motivate e documentate valutazioni espresse dall'Agenzia italiana del farmaco".

Il consumo di medicinali in ambito ospedaliero include anche i medicinali di fascia H e C dispensati all'assistito in distribuzione diretta e per conto. Nel caso dei medicinali di fascia H e A acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche, il prezzo sostenuto dal SSN coincide con il prezzo risultante dalle gare d'acquisto o con quello definito ad esito di trattativa diretta dell'azienda sanitaria (o della Regione) con l'azienda farmaceutica, comprensivo dell'IVA.

Per quanto riguarda le gare in ambito farmaceutico, le stazioni appaltanti hanno privilegiato l'indizione di gare strutturate attraverso:

  • lotti "semplici", aventi ad oggetto un unico principio attivo;
  • lotti di gara "complessi", aventi ad oggetto principi attivi diversi e, quale denominatore comune, non già la presenza del medesimo principio attivo, bensì l'analoga destinazione terapeutica.

Nel caso della gara a lotti "semplici", la stazione appaltante seleziona uno solo tra i vari farmaci prodotti da aziende farmaceutiche concorrenti, poiché essendo bioequivalenti, gli stessi devono ritenersi sostanzialmente identici, e pertanto perfettamente fungibili l'uno con l'altro. Nel caso della gara a lotti "complessi", il meccanismo di scelta del contraente consente la selezione, da parte dell'azienda ospedaliera, di un solo farmaco per patologia. Ciò ha quale conseguenza che, in presenza di un paziente affetto da una determinata patologia, il medico è condizionato a prescrivere il farmaco già selezionato, per l'intera categoria di pazienti, dalla stazione appaltante, con conseguente compressione della libertà prescrittiva del medico. La strutturazione di un lotto di gara complesso presuppone una specifica valutazione sulla fungibilità dei farmaci che seppur basati su principi attivi diversi - e quindi non bioequivalenti - sono stati ritenuti tra loro terapeuticamente equivalenti.

I margini di industrie farmaceutiche, grossisti e farmacie sui medicinali erogabili a carico del SSN sono fissati dalla legge 662/1996 nella misura rispettivamente del 66,65%, 3,0% e 30,35% del prezzo di vendita al pubblico al netto dell'IVA. Contestualmente il SSN trattiene a titolo di sconto dalla quota dei farmacisti una percentuale pari all'1,82% sul prezzo al pubblico al netto dell'IVA (tale quota non si applica alle farmacie rurali sussidiate - popolazione residente con meno di 3.000 abitanti - con fatturato annuo non superiore a euro 387.324,67 e alle altre farmacie con fatturato annuo in regime di SSN al netto dell'IVA non superiore a 258.228,45 euro). Le aziende farmaceutiche corrispondono alle Regioni un importo dell'1,83% sul prezzo al pubblico al netto dell'IVA. La descritta variazione dei margini dei grossisti e dei farmacisti diposta dal comma 6 dell'articolo 11 del decreto legge 78/2010 ha coinvolto anche i medicinali a brevetto scaduto. Nel caso dei medicinali equivalenti, esclusi i medicinali originariamente coperti da brevetto o che hanno usufruito di licenze derivanti da tale brevetto, la quota di spettanza delle industrie farmaceutica rimane quella fissata al 58,65% dal decreto legge 39/2009 e la rimanente quota dell'8% (al 66,65%) è ridistribuita tra i farmacisti e i grossisti secondo le regole di mercato. Nel corso del 2012, l'emanazione del decreto legge 95/2012 ha introdotto alcune importanti disposizioni in tema di governo della spesa farmaceutica, tra le quali l'incremento dello sconto a carico delle farmacie dall'1,82% al 2,25%, attualmente vigente, e il temporaneo incremento dell'onere a carico delle aziende farmaceutiche dall'1,83% al 4,1% fino al 31 dicembre 2012.

Le sentenze del TAR Umbria nn. 254, 255 e 256 del 26 aprile 2013 si sono espresse su gare pubbliche per l'acquisto di farmaci biologici istituita dalla Centrale regionale responsabile dell'acquisto dei farmaci ed emoderivati per le strutture del SSN della Regione Umbria. Le società farmaceutiche ricorrenti avevano impugnato la lex specialis di gara nella parte in cui dava possibilità alla Commissione Terapeutica Regionale di scegliere, dopo l'aggiudicazione, le molecole da utilizzare, nell'ambito di classi omogenee e sulla base di valutazioni farmaco-economiche complessive. Le ricorrenti lamentavano l'assenza di un preventivo pronunciamento dell'AIFA in merito alla sussistenza dell'equivalenza terapeutica dei farmaci, ma anche la possibilità di scegliere le molecole successivamente all'avvio delle procedure di affidamento delle singole forniture. Il TAR Umbria ha accolto i tre ricorsi, applicando la norma di cui all'art. 15, comma 11-ter, del decreto legge 95/2012 , secondo cui "nell'adottare eventuali decisioni basate sull'equivalenza terapeutica fra medicinali contenenti diversi principi attivi, le regioni si attengono alle motivate e documentate valutazioni espresse dall'Agenzia italiana del farmaco". In particolare il TAR Umbria ha rilevato che, sulla base della giurisprudenza costituzionale, l'AIFA ha il compito di garantire l'unitarietà della materia farmaceutica, non essendo configurabile una disciplina differenziata per singola Regione e non potendo le stesse Regioni incidere autonomamente sul merito delle scelte terapeutiche. Il TAR ha poi stabilito che, soltanto ove si riconosca una sostanziale equivalenza terapeutica tra i farmaci nell'ambito di una categoria omogenea, possono subentrare valutazioni di ordine economico senza pregiudizio per il paziente. Il Collegio ha anche affermato che la scelta delle molecole da acquistare e dispensare agli assistiti deve essere operata prima dell'avvio delle procedure di affidamento delle singole forniture, non essendo ammesse nell'ordinamento italiano e comunitario forme di confronto concorrenziale postumo.

Nel marzo 2014, l'Aifa ha messo a punto delle Linee guida per la valutazione dell'equivalenza terapeutica, chiarendo possono essere considerati equivalenti:

  • i farmaci a base del medesimo principio attivo che, ai sensi di altre disposizioni di legge, sono già stati oggetto di specifica valutazione comparativa sotto i profili di efficacia e di sicurezza da parte delle competenti autorità regolatorie;

  • i farmaci originatori ed i rispettivi equivalenti, nonché i farmaci biologici di riferimento, inclusi i biotecnologici, ed i corrispondenti biosimilari.

Per quanto concerne i farmaci biosimilari, l'AIFA sottolinea che l'identità del principio attivo e l'accertamento della biosimilarità rispetto al biologico di riferimento, compiuto dall'EMA in sede di rilascio dell'AlC, assicurano che tra il biologico di riferimento e il corrispondente biosimilare non vi siano differenze cliniche rilevanti, in termini di qualità, sicurezza ed efficacia, per le indicazioni terapeutiche autorizzate conseguentemente "la valutazione della biosimilarità, che si fonda su uno specifico "esercizio di comparabilità" condotto a livello europeo dall'EMA seguendo i massimi standard scientifici, assorbe e rende superflua, ai fini della tutela della salute pubblica, ogni ulteriore valutazione in ordine alla sovrapponibilità di un biosimilare rispetto al biologico di riferimento".

Giurisprudenza in materia di protezione brevettuale del farmaco

Nei confronti della protezione brevettuale del farmaco, le posizioni sono distinte: da un lato le aziende originator, i cui interessi risiedono nella tutela della proprietà intellettuale, dall'altro lato le aziende produttrici di farmaci generici, interessate ad accedere al mercato il giorno dopo la scadenza brevettuale. Il terzo attore è l'AIFA che ha la responsabilità di garantire che ogni farmaco immesso in commercio rispetti tutti i requisiti di qualità, sicurezza ed efficacia, ma anche quella, di gestire l'equilibrio della spesa farmaceutica pubblica.

Da una parte, la tutela brevettuale, appare basilare perché le industrie del farmaco possano continuare a sostenere gli elevati costi degli investimenti in ricerca e sviluppo (sul punto il documento: "Incentivazione della ricerca clinica in Italia - Documento di posizione a cura del Gruppo di lavoro Farmaco Biotech), dall'altra una tutela berevettuale troppo rigida impedisce lo sviluppo del mercato genericista.

Recentemente alcune aziende originator hanno promosso azioni legali nei confronti di aziende genericiste. Le azioni legali hanno riguardato sia la validità del brevetto, di competenza del giudice ordinario, sia presunte illegittimità del procedimento di rilascio dell'Autorizzazione all'immissione in commercio (AIC) di competenza del giudice amministrativo. In tutti i casi la giustizia amministrativa ha ribadito i cardini della legislazione europea, secondo la quale le Autorità regolatorie nazionali, quali l'AIFA, nel concedere l'Autorizzazione all'immissione in commercio (AIC), nel definire il prezzo e nello stabilire la classe di rimborsabilità, non devono tenere conto della copertura brevettuale, bensì solo di qualità, sicurezza ed efficacia dei medicinali.

Come sottolineato dalla Commissione europea, i frequenti ritardi nelle decisioni adottate dagli Stati membri in materia di fissazione dei prezzi e di rimborsi, sia per i farmaci originator che per i farmaci generici, contribuiscono a procrastinare l'immissione sui mercati nazionali di farmaci che hanno ottenuto la necessaria autorizzazione, finendo per influire sui bilanci della sanità (occasioni di risparmio mancate a causa di una concorrenza ritardata in materia di prezzi), sulle aziende che producono farmaci generici (minori prospettive di redditività degli investimenti) e sui pazienti (accesso ritardato a farmaci più economici). Nel caso dei generici, tali prassi dilatorie tendono a stabilire un collegamento tra l'approvazione del farmaco generico e lo stato del brevetto del farmaco originario (patent linkage).

Recentemente il Parlamento Europeo ha dato via libera alla proposta di revisione della Direttiva sulla trasparenza delle procedure di fissazione dei prezzi dei medicinali, sancendo ancora una volta il principio del divieto di ogni forma di patent linkage in quanto contrario al principio generale della suddivisione delle competenze tra Autorità deputate alla fissazione dei prezzi dei farmaci, nonché nel caso italiano alla loro valutazione, ed i giudici, competenti in tema di proprietà intellettuale. L'Italia ha già subito una procedura di infrazione su tale tema, conclusasi con l'abrogazione dell'articolo 68 del Codice di proprietà industriale (D. Lgs. 30/2005). Successivamente, è stata reintrodotta una norma che introduce una forma di patent linkage nel decreto legge 158/2012, con la quale si prevede che l'esecutività dei provvedimenti assunti dall'AIFA sulla fissazione del prezzo di rimborso dei medicinali generici non possa essere antecedente alla data di scadenza dei diritti di brevetto.

I farmaci e il contenimento della spesa farmaceutica

Quando vengono autorizzati uno o più medicinali generici di un farmaco rimborsato dal SSN la cui protezione brevettuale è scaduta, l'AIFA include sia l'originator che i generici corrispondenti in una lista, chiamata lista di trasparenza, aggiornata periodicamente e disponibile sul sito internet dell'AIFA. I farmaci raggruppati insieme nella lista di trasparenza sono sostituibili. In questa lista il medicinale originator e i generici corrispondenti vengono elencati insieme, con il corrispondente prezzo di riferimento. In particolare, con l'articolo 85, comma 28, della legge 388/2000 sono state istituite le attuali liste di trasparenza, che vengono mensilmente pubblicate sul sito dell'AIFA. Successivamente, il decreto legge 347/2001 ha disposto quanto segue:

  • ai fini della tutela brevettuale, sono considerati validi solo i brevetti sul principio attivo;
  • tutti i medicinali a base dello stesso principio attivo, con uguale via di somministrazione, forma farmaceutica e dosaggio unitario alla scadenza della tutela brevettuale sono considerati reciprocamente sostituibili;
  • la confezione con il prezzo più basso tra quelle equivalenti e tra di loro reciprocamente sostituibili costituisce il prezzo di rimborso (prezzo di riferimento) che viene posto a carico del SSN; l'eventuale differenza tra il medicinale erogato e il prezzo di riferimento è a carico dei pazienti (ad eccezione degli invalidi di guerra titolari di pensione vitalizia);
  • è data facoltà alle Regioni di adottare disposizioni idonee sulla base dell'effettiva disponibilità degli equivalenti nel circuito distributivo regionale.


Si segnala che in Italia l'istituzione del Certificato Complementare di Protezione (CCP), avvenuta nel 1991, ha consentito l'estensione della copertura brevettuale (stabilita in 20 anni per i prodotti medicinali) fino ad un massimo di 18 anni oltre la scadenza naturale del brevetto, prolungando in tal modo fino ad un massimo di 38 anni l'esclusività dello sfruttamento della molecola. Il Regolamento CEE 1768/1992 ha, di fatto, superato la normativa nazionale sul CCP, istituendo il Certificato Protettivo Supplementare (SPC), la cui durata massima non può superare i 5 anni. Ciò nonostante, poiché l'entrata in vigore del CCP in Italia è avvenuta prima rispetto a quella del SPC, una larga parte dei principi attivi presenti sul mercato italiano (circa l'80%), avendo ottenuto il CCP, ha beneficiato in Italia di una copertura notevolmente più lunga rispetto agli altri Paesi europei. Di conseguenza, anche i possibili risparmi per il SSN, derivanti dalla perdita della copertura brevettuale, sono stati ritardati nel tempo proprio a fronte dell'impossibilità di commercializzare in Italia medicinali generici già da tempo presenti in altri Paesi europei. Successivamente, al fine di attenuare gli effetti negativi, è stata introdotta una misura di adeguamento progressivo della durata del CCP a quella presente negli altri Paesi europei (legge 112/2002), secondo una procedura di riduzione stabilita in sei mesi per ogni anno solare a decorrere dal 1° gennaio 2004. Con il decreto legge 39/2009 sono state introdotte alcune norme che regolamentano gli aspetti economici relativi a questo ambito del mercato farmaceutico, che possono essere così descritte:

  • riduzione del 12% del prezzo al pubblico dei medicinali equivalenti;
  • il SSN trattiene dalla remunerazione del farmacista, a titolo di recupero del valore degli extrasconti praticati dalle aziende farmaceutiche nel corso dell'anno 2008, l'1,4% sulla spesa lorda;
  • riduzione dei margini della filiera relativamente ai farmaci equivalenti al 58,65% per le aziende farmaceutiche (le quote dei farmacisti e dei grossisti sono state poi modificate dal decreto legge 78/2010. La rimanente quota dell'8% (al 66,65%) è ridistribuita tra grossisti e farmacisti.

Infine, con Determinazione dell'8 aprile 2011, l'AIFA, in applicazione della disposizione di cui al comma 9, dell'articolo 11 del decreto legge 78/2010, ha operato una riduzione dei prezzi di riferimento dei medicinali inseriti nelle liste di trasparenza, sulla base di una ricognizione dei prezzi vigenti nei Paesi dell'Unione Europea.

Ai fini di contenimento della spesa sanitaria, il decreto legge 1/2012, all'articolo 11, comma 12, prevede che il medico informi il paziente dell'eventuale presenza in commercio di medicinali aventi uguale composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio e dosaggio unitario uguali. Il farmacista, nel caso in cui il medico non abbia chiaramente indicato la non sostituibilità del farmaco prescritto, dopo aver informato il cliente e salvo diversa richiesta di quest'ultimo, è tenuto a fornire il medicinale prescritto solo se nessun altro medicinale fra quelli equivalenti ha un prezzo più basso. Inoltre, rafforzando quanto già stabilito in materia dal decreto legge 78/2011, il decreto legge 1/2012 introduce, come ulteriore condizione per la vendita di un medicinale con prezzo più alto di quello di rimborso, l'espressa richiesta dell'assistito, che si aggiunge alla già prevista corresponsione della differenza tra il prezzo di vendita e quello di rimborso.

In estrema sintesi, a legislazione vigente, il farmacista è sempre tenuto a sostituire il medicinale prescritto con un medicinale corrispondente di prezzo inferiore tranne quando:

a) il medico dichiara in prescrizione la non sostituibilità del farmaco;

b) c'è una diversa richiesta del paziente;

c) non esistono in commercio medicinali a prezzo più basso.

Infine, l'articolo 15, comma 11-bis, del decreto legge 95/2012, come modificato dall'articolo 13-bis del decreto legge 179/2012, ha introdotto, per la prima volta, la possibilità per il medico di medicina generale di prescrivere un principio attivo in luogo di un medicinale equivalente. In particolare, il medico di medicina generale, in caso di prima diagnosi di una patologia cronica o in presenza di un primo episodio di patologia non cronica e a fronte del possibile utilizzo di più medicinali equivalenti, indica nella ricetta del SSN la denominazione del principio attivo contenuto nel farmaco oppure la denominazione di uno specifico medicinale a base dello stesso principio attivo accompagnata dalla denominazione di quest'ultimo. L'indicazione dello specifico medicinale è vincolante per il farmacista ove nella ricetta sia inserita, corredata obbligatoriamente da una sintetica motivazione, l'indicazione del medico della non sostituibilità del farmaco prescritto. L'indicazione è vincolante per il farmacista anche quando il farmaco indicato abbia un prezzo pari a quello di rimborso, fatta comunque salva la diversa richiesta del cliente. La stessa disposizione prevede che le regioni, nell'adottare eventuali decisioni basate sull'equivalenza terapeutica fra medicinali contenenti differenti princìpi attivi, si attengono alle valutazioni espresse dall'AIFA.

 


Rimborsabilità dei farmaci

La definizione del regime di rimborsabilità e di fornitura, nonché la definizione del prezzo di un medicinale sono stabiliti al termine di un percorso decisionale molto complesso.

Per quanto riguarda l'immissione in commercio dei medicinali, all'interno dell'Unione europea esiste una ripartizione di competenze tra la European Medicines Agency (EMA) e le Autorità nazionali dei singoli Stati membri, per l'Italia l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).

L'EMA è competente per l'Autorizzazione all'Immissione in Commercio (AIC) valida a livello comunitario, rilasciata con la procedura centralizzata prevista esclusivamente per determinate categorie di farmaci, tra cui quelli biotecnologici, e consistente in una valutazione effettuata da un apposito Comitato scientifico: il (Committee for Human Medicinal Products, CHMP). A seguito della valutazione, la Commissione UE adotta una decisione con cui conferisce un'AIC valida per tutto il territorio UE (come stabilito dal Regolamento 726/2004/UE).
Se non è prevista la procedura centralizzata, il rilascio dell'AIC di un medicinale compete alle agenzie del farmaco nazionali.

Ai fini della rimborsabilità, i farmaci sono classificati in tre diverse fasce:

  • FASCIA A: comprendente i farmaci essenziali e per malattie croniche, interamente rimborsati dal SSN, fatta salva la presenza di una nota AIFA, la cui prescrizione vincola la rimborsabilità a specifiche condizioni patologiche o terapeutiche in atto. La modalità di fornitura di questi farmaci avviene attraverso le farmacie territoriali o le strutture sanitarie pubbliche (distribuzione diretta);
  • FASCIA H: comprendente i farmaci di esclusivo uso ospedaliero utilizzabili solo in ospedale o che possono essere distribuiti dalle strutture sanitarie;
  • FASCIA C: comprendente farmaci a totale carico del paziente (ad eccezione dei titolari di pensione di guerra diretta vitalizia – Legge 203/2000). Con riferimento al regime di fornitura, i farmaci di classe C sono distinti in farmaci con obbligo di prescrizione medica e farmaci senza obbligo di prescrizione medica. I farmaci di classe C senza obbligo di prescrizione medica sono a loro volta distinti in due sottoclassi: farmaci utilizzati per patologie di lieve entità, o considerate minori, con accesso alla pubblicità (OTC) individuati dalla L. 537/1993 nella fascia C-bis e farmaci senza obbligo di prescrizione medica (SOP), per i quali non è possibile fare pubblicità.

Completate le fasi dedicate alla sperimentazione clinica di un medicinale, la Commissione Tecnico Scientifica (CTS) dell'AIFA, effettua, su ciascun farmaco destinato ad essere immesso sul mercato, tutte le valutazioni necessarie (chimico-farmaceutiche, biologiche, farmaco-tossicologiche e cliniche) per assicurare i requisiti di sicurezza ed efficacia. Vengono inoltre esaminati i risultati delle ricerche condotte dall'azienda produttrice del farmaco. Nel momento in cui l'AIFA rilascia l'AIC, questa diviene la carta di identità del farmaco, poiché stabilisce: il nome del medicinale; la sua composizione; la descrizione del metodo di fabbricazione; le indicazioni terapeutiche, le controindicazioni e le reazioni avverse; la posologia, la forma farmaceutica, il modo e la via di somministrazione; le misure di precauzione e di sicurezza da adottare per la conservazione del medicinale e per la sua somministrazione ai pazienti; il riassunto delle caratteristiche del prodotto; il modello dell'imballaggio esterno; il foglio illustrativo; la valutazione dei rischi che il medicinale può comportare per l'ambiente. Ogni successiva modifica nel dosaggio o nella forma farmaceutica, nella presentazione o nella via di somministrazione, comporta la richiesta di un'ulteriore AIC.

 Per fronteggiare il fenomeno del ritiro dei farmaci per modifiche dei foglietti illustrativi, il decreto legge 69/2013, all'articolo 44, comma 4-quinquies ha previsto, per i casi di modifiche apportate al foglietto illustrativo, una procedura di autorizzazione, da parte dell'AIFA, della vendita al pubblico delle scorte dei medicinali già immesse nel ciclo distributivo. L'autorizzazione viene subordinata alla consegna al cliente, a cura del farmacista, di un foglietto sostitutivo conforme a quello autorizzato.

A tutti i farmaci è attribuito un prezzo ed una classe di rimborsabilità; deve essere infatti stabilito se il farmaco è a carico del SSN (medicinale di classe A e H) o del cittadino (medicinale classe C).

 I prezzi dei farmaci di fascia C sono liberamente determinati dalle imprese produttrici e sono unici su tutto il territorio nazionale, il loro prezzo, e quello dei medicinali di fascia C-bis, può essere aumentato soltanto nel mese di gennaio di ogni anno dispari. Per i medicinali di fascia C da vendersi dietro presentazione di ricetta medica, il farmacista è obbligato ad informare il paziente dell'eventuale presenza di medicinali aventi la stessa composizione quali-quantitativa e la stessa forma farmaceutica con un prezzo più basso. Se il paziente accetta, il farmacista può sostituire il medicinale prescritto con un equivalente di prezzo minore. Il farmacista non può effettuare la sostituzione se sulla ricetta il medico ha indicato la non sostituibilità del medicinale. Anche per i farmaci senza obbligo di prescrizione (SOP) il prezzo è stabilito liberamente dal produttore. Nella pluralità dei casi si tratta di farmaci di automedicazione, per l'acquisto e l'assunzione dei quali non è necessaria la prescrizione medica, poiché sono destinati all'utilizzo autonomo da parte del cittadino per curare disturbi lievi o passeggeri. Per alcuni farmaci di libera vendita, definiti da banco o OTC (acronimo di over the counter), introdotti dalla Legge finanziaria 2004 (L. 311/2004) nella classe C-bis, è consentita la pubblicità. Ai sensi dell'articolo 96 del D.Lgs. 219/2006 sull'etichetta dei medicinali compresi nella classe C-bis deve essere riportata la dicitura «medicinale di automedicazione». Per i medicinali a carico del cittadino (classe C), l'AIFA svolge un'azione di monitoraggio sui farmaci con obbligo di prescrizione (ricetta), verificando il rispetto di due condizioni: il prezzo del medicinale deve essere aumentato ogni due anni (negli anni dispari); l'incremento non può superare l'inflazione programmata. Sul prezzo dei farmaci senza obbligo di prescrizione (SOP), l'AIFA non esercita alcun controllo.

Per quanto riguarda i medicinali erogabili a carico del SSN, il decreto legge 158/2012 (cosidetto Decreto Balduzzi) ha introdotto, all'articolo 12, novità rilevanti in materia di procedure per la rimborsabilità e la determinazione del prezzo del farmaco. In seguito a tali innovazioni normative, le aziende farmaceutiche possono presentare all'AIFA la domanda di avvio delle procedure relative alla classificazione di un medicinale fra quelli erogabili a carico del SSN soltanto dopo aver ottenuto l'Autorizzazione all'immissione in commercio (AIC) per lo stesso medicinale. A questo punto, l'AIFA istruisce la domanda di concedibilità (ovvero di classificazione del medicinale fra i medicinali erogabili a carico del SSN) contestualmente alla contrattazione del relativo prezzo. In ogni caso, prima dell'inizio della commercializzazione, il titolare dell'AIC è tenuto a comunicare all'AIFA il prezzo ex factory e il prezzo al pubblico del medicinale.

La determinazione del prezzo dei farmaci rimborsati dal SSN, mediante la contrattazione tra Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e le Aziende Farmaceutiche (L. 326/03), è un'attività che l'Agenzia svolge sulla base delle modalità e dei criteri indicati nella deliberazione CIPE 1° febbraio 2001 "Individuazione dei criteri per la contrattazione del prezzo dei farmaci" . Il primo passo per l'avvio di questa attività è la presentazione, da parte dell'Azienda Farmaceutica, della domanda accompagnata da una documentazione dalla quale emerge:

  • un rapporto costo/efficacia positivo: il medicinale deve cioè essere ritenuto utile per il trattamento di patologie per le quali non esiste alcuna cura efficace, o fornire una risposta più adeguata rispetto a farmaci già disponibili per le stesse indicazioni terapeutiche, o presentare un rapporto rischio/beneficio più favorevole rispetto ad altri medicinali già disponibili in Prontuario per la stessa indicazione;
  • altri elementi di interesse per il SSN, in modo che sia chiaro che il nuovo medicinale presenta una superiorità clinica significativa rispetto a prodotti già disponibili o che quantomeno sia ugualmente efficace e sicuro di altri prodotti già disponibili.

A questo punto il Comitato Prezzi e Rimborso (CPR) dell'AIFA esamina le richieste di rimborsabilità pervenute, supportato anche dai dati di consumo e spesa forniti dall'Osservatorio Nazionale sull'impiego dei Medicinali (OSMED). Le contrattazioni che hanno come oggetto le specialità medicinali registrate secondo procedura nazionale, e quelle comunitarie di mutuo riconoscimento o centralizzata, potranno dar luogo ad un accordo con le Aziende Farmaceutiche in cui saranno specificati i prezzi e le condizioni di ammissione alla rimborsabilità. Successivamente, l'accordo è ratificato dalla Commissione Tecnico Scientifica dell'AIFA e quindi sottoposto all'esame del Consiglio di Amministrazione dell'Agenzia per la successiva delibera, poi pubblicata in G. U..

In deroga a tale procedura, le aziende farmaceutiche possono presentare domanda di rimborsabilità prima del rilascio dell'AIC qualora la domanda riguardi:

  • farmaci orfani;
  • farmaci di eccezionale rilevanza terapeutica e sociale previsti in una specifica deliberazione dell'AIFA, adottata su proposta della Commissione consultiva tecnico-scientifica;
  • medicinali utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero o in strutture ad esso assimilabili.

Al di là delle deroghe illustrate, entro centottanta giorni dal ricevimento della domanda di concedibilità, l'AIFA comunica all'azienda interessata le proprie decisioni. Il rigetto della domanda è comunicato al richiedente unitamente al parere della Commissione consultiva tecnico-scientifica o del Comitato prezzi e rimborso sul quale la decisione è fondata. Parimenti documentata è la comunicazione della determinazione di esclusione di un medicinale in precedenza classificato fra i farmaci erogabili dal SSN. In attesa della determinazione dell'AIFA relativa alla classe di rimborsabilità e al prezzo, tutti i medicinali, sono automaticamente collocati in una apposita sezione dedicata ai farmaci non ancora valutati ai fini della rimborsabilità e classificati nei medicinali di classe C.

Come stabilito dall'articolo 12 del decreto legge 158/2012, quando è autorizzata un'estensione delle indicazioni terapeutiche di un medicinale già in possesso di AIC e già classificato come farmaco erogabile dal SSN, il medicinale può essere prescritto per le nuove indicazioni con onere a carico del SSN solo a conclusione della procedura di contrattazione del prezzo e della correlata conferma della rimborsabilità del medicinale medesimo, nonché della pubblicazione, da parte dell'AIFA, del nuovo prezzo. Conseguentemente, il provvedimento che autorizza l'estensione delle indicazioni terapeutiche contiene anche il prezzo concordato in base alla nuova procedura di contrattazione e la conferma della rimborsabilità del medicinale.

Il decreto legge Balduzzi ha inoltre fissato un principio rilevante nella regolamentazione del mercato dei medicinali a brevetto scaduto, stabilendo che tali medicinali non possono essere classificati come farmaci a carico del SSN con decorrenza anteriore alla data di scadenza del brevetto o del certificato di protezione complementare, pubblicata dal Ministero dello Sviluppo Economico. A brevetto scaduto, i farmaci generici, e i medicinali biosimilari, sono automaticamente collocati, senza contrattazione del prezzo, nella classe di rimborso a cui appartiene il medicinale di riferimento se l'azienda titolare propone un prezzo di vendita di evidente convenienza per il SSN. E' considerato conveniente il prezzo che, rispetto a quello del medicinale di riferimento, presenta un ribasso pari almeno a quello stabilito con decreto adottato dal Ministro della salute, su proposta dell'AIFA, in rapporto ai volumi di vendita previsti.

Regime brevettuale dei farmaci: specialità medicinali e farmaci generici

 Ai fini del regime brevettuale, i farmaci si distinguono in specialità medicinali con nome e confezione specifici - con copertura brevettuale o a brevetto scaduto - e farmaci generici (definiti equivalenti dal decreto legge 87/2005) non coperti da brevetto, aventi uguale composizione in principi attivi, forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie di una specialità medicinale a brevetto scaduto (originator).

Un medicinale equivalente (o generico) è la copia del medicinale brevettato di riferimento (originator). Un farmaco equivalente (o generico) può essere messo in commercio soltanto se il brevetto dell'originator non è più valido.

I generici sono normalmente identificati dalla denominazione comune internazionale del principio attivo o, in mancanza di questa, dalla denominazione scientifica del medicinale, seguita dal nome del titolare dell'AIC (Autorizzazione all'immissione in Commercio). Se il titolare segue una procedura di registrazione nazionale, l'AIC è concessa a fronte di un abbassamento del prezzo di almeno il 20 per cento rispetto al prezzo della corrispondente specialità medicinale che ha goduto della tutela brevettuale (originator) o delle specialità medicinali che hanno beneficiato della licenza da parte dell'originator.

La definizione di equivalente è contenuta nella direttiva 2001/83/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, nota anche come Codice per i medicinali di uso umano. Nel Codice sono contenute tutte le norme che regolano il settore farmaceutico europeo, dalla fabbricazione e registrazione dei medicinali alla sperimentazione clinica, alla farmacovigilanza, alla distribuzione dei medicinali fino alla pubblicità. L'Italia ha recepito il Codice con il decreto legislativo 219/2006, che, all'articolo 10, comma 5, lettera b), definisce l'equivalente (generico) come un medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità.

Per la registrazione di un equivalente, il D. Lgs. 219/2006 prevede una procedura semplificata: l'articolo 10 dispone infatti che il richiedente (azienda farmaceutica) non è tenuto a fornire i risultati delle prove precliniche e delle sperimentazioni cliniche se può dimostrare che il medicinale è un medicinale equivalente di un medicinale autorizzato o che è stato autorizzato da almeno otto anni in Italia o nella Comunità europea. Nel dossier di un equivalente la documentazione relativa alla sicurezza è sostituita da una relazione sulla letteratura scientifica pubblicata per il medicinale di riferimento. Per quanto riguarda l'efficacia, la documentazione è costituita invece da uno studio di bioequivalenza.

Come illustrato in una pubblicazione dell'AIFA, la bioequivalenza tra due farmaci è l'equivalenza terapeutica tra due formulazioni contenenti lo stesso principio attivo: due farmaci sono bioequivalenti quando, con la stessa dose, i loro profili di concentrazione nel sangue rispetto al tempo sono così simili che è improbabile che essi possano produrre differenze rilevanti negli effetti di efficacia e sicurezza. Uno studio di bioequivalenza consiste nel somministrare ad un certo numero di volontari sani una dose singola di due medicinali: il medicinale di riferimento (medicinale di marca) e un medicinale di uguale composizione, forma e dosaggio, detto medicinale test. I due farmaci sono somministrati in due sedute differenti distanziate tra di loro di almeno una settimana ad un gruppo di volontari, che possono andare da un minimo di 12 ad un massimo di 40 (di età compresa fra i 18 ed i 55 anni). Dopo la somministrazione del farmaco originator e del generico, nel sangue dei volontari vengono misurati una serie di parametri, i più importanti dei quali sono:

  •  la concentrazione massima raggiunta dal farmaco nel sangue (Cmax);
  •  il tempo impiegato dal farmaco a raggiungere la Cmax (Tmax).

Sulla base di questi due parametri viene costruita una curva, detta curva concentrazione/tempo, dove sono riportati i livelli del farmaco raggiunti nel sangue ad ogni tempo di prelievo. Dalla curva ottenuta viene calcolato un terzo parametro chiamato Area sotto la Curva concentrazione/ tempo (AUC) che rappresenta la biodisponibilità del farmaco. L'accertamento della bioequivalenza si effettua confrontando Cmax, Tmax ed AUC del medicinale test con quelli del medicinale di riferimento. Per il confronto si fa uso di metodi statistico-matematici che permettono di ridurre al minimo l'influenza di fattori che possono alterare i risultati dello studio. Gli studi di bioequivalenza sono, in sostanza, degli studi di farmacocinetica la cui finalità è quella di confrontare la biodisponibilità di due prodotti, ove per biodisponibilità si intende la quantità di farmaco che passa nella circolazione generale dopo somministrazione in relazione alla velocità con cui questo processo avviene. Gli studi di bioequivalenza servono a dimostrare che le differenze di biodisponibilità tra due prodotti essenzialmente simili non superano un certo intervallo di variabilità ritenuto compatibile con l'equivalenza terapeutica.

Uso off label di un farmaco - Uso compassionevole

Si definisce off-label l'impiego nella pratica clinica di farmaci già registrati ma usati in maniera non conforme (per patologia, popolazione o posologia) a quanto previsto dalle indicazioni e dalle caratteristiche del prodotto autorizzato.

L'uso off-label riguarda, molto spesso, molecole conosciute e utilizzate da tempo per determinate patologie, per le quali le evidenze scientifiche suggeriscono l'utilizzo anche in situazioni cliniche/patologie non previste, per le quali non sono state ottenute le necessarie autorizzazioni . Questa pratica è ampiamente diffusa in vari ambiti della medicina, quali, ad esempio, oncologia, reumatologia, neurologia e psichiatria e riguarda la popolazione adulta e quella pediatrica. In campo pediatrico, specialmente a livello neonatale, una cospicua parte delle prescrizioni sia in ospedale sia sul territorio sono off-label.

L'articolo 5, comma 1, della Direttiva 2001/83/UE, rimette l'utilizzo dei farmaci off-label alle normative nazionali: "uno Stato membro può, conformemente alla legislazione in vigore e per rispondere ad esigenze speciali, escludere dall'ambito di applicazione della presente direttiva i medicinali forniti per rispondere ad un'ordinazione leale e non sollecitata, elaborati conformemente alle prescrizioni di un operatore sanitario autorizzato e destinati ad un determinato paziente sotto la sua personale e diretta responsabilità". La Corte di Giustizia, con la sentenza 29 marzo 2012, C-185/10 ha sottolineato come l'utilizzo off-label di un medicinale debba rispondere a speciali esigenze di natura medica, fondarsi su considerazioni strettamente terapeutiche e in assenza di farmaci già autorizzati per la medesima indicazione.

In Italia, la normativa di riferimento è data da un insieme di norme non omogenee, adottate con finalità e in momenti diversi.

L'articolo 1, comma 4, del decreto legge 536/1996 consente l'uso di:

  • medicinali innovativi autorizzati in altri Stati ma non sul territorio nazionale;
  • medicinali non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica;
  • medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata qualora non esista valida alternativa terapeutica.

Questi particolari farmaci sono inseriti "in apposito elenco predisposto e periodicamente aggiornato" da parte dell'AIFA (Lista 648). Per questi farmaci l'acquisto da parte del SSN avviene senza negoziazione, il prezzo è quindi imposto dall'azienda produttrice e generalmente molto elevato per il carattere di asserita innovatività.

Nel corso dell'istruttoria promossa dall'Autorità Garante della concorrenza e del mercato nei confronti delle case farmaceutiche F.Hoffmann-La Roche Ltd., Genentech Inc., Novartis AG, Novartis Farma S.p.A., Roche S.p.A. , per presunte infrazioni dell'articolo 101 TFUE relativamente alla commercializzazione in Italia dei farmaci Avastin e Lucentis, sono stati auditi i direttori generali dell'EMA e dell'AIFA proprio in materia di farmaci off-label. L'istruttoria si è conclusa nel febbraio 2014 con un provvedimento molto articolato, al cui interno sono riportati anche stralci delle audizioni dei direttori delle agenzie.
Il direttore generale dell'AIFA proprio rispetto ai prezzi dei farmaci off-label sottolinea che "la casa farmaceutica avendo già il farmaco in distribuzione ad un prezzo non negoziato non ha nessuna esigenza di affrettare la negoziazione, che avviene in situazione di necessità, poiché a quel punto diversi pazienti saranno in corso di trattamento. Questo costituisce un evidente vantaggio negoziale per l'industria". Per quanto riguarda il decreto legge 536/1996 e la lista dei farmaci off-label autorizzati, il direttore dell'EMA aggiunge che entrambe erano state introdotte " per non negare ai pazienti una speranza di cura. Nella realtà si sono rivelate strumento di grande vantaggio principalmente per l'industria. Costituiscono infatti un vantaggio commerciale precoce con l'utilizzo off-label in assenza di autorizzazione (AIC), consente inoltre di produrre dati di efficacia per nuove indicazioni terapeutiche eventualmente utili per una successiva fase registrativa con sviluppo finanziato dal SSN!".

L'articolo 3, comma 1, del decreto legge 23/1998, la cosiddetta Legge Di Bella che regola l'uso off-label dei medicinali, stabilisce che il medico, nel prescrivere un farmaco, deve attenersi alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste dall'AIC, in quanto tali modalità sono state valutate nella fase di sperimentazione del medicinale. Tuttavia il medesimo articolo 3, al comma 2, permette un uso diverso del farmaco, il c.d. uso compassionevole, qualora il medico curante, sulla base delle evidenze documentate in letteratura e in mancanza di valide alternative terapeutiche, ritenga necessario somministrare un medicinale al di fuori delle indicazioni d'uso autorizzate. Accanto a questa ipotesi, la norma stabilisce come ulteriore fattispecie di ammissibilità, l'inserimento dei farmaci non autorizzati in un apposito elenco, predisposto e periodicamente aggiornato dall'AIFA, per la prescrizione dei farmaci con finalità compassionevoli, in ragione dell'assenza di alternative terapeutiche. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto legge 536/1996, in tale elenco possono essere inclusi, a totale carico del SSN:

  • medicinali innovativi la cui commercializzazione è autorizzata in altri Stati ma non in Italia;
  • medicinali non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica di cui siano già disponibili risultati di studi clinici di fase seconda;
  • medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata in Italia.

L'inclusione di un medicinale, con le caratteristiche ora descritte, in tale elenco viene effettuata dall'AIFA su richiesta documentata da parte di associazioni dei malati, di società scientifiche e di organismi sanitari pubblici e privati. L'autorizzazione è concessa dopo attenta valutazione della documentazione a supporto della richiesta, che deve riportare informazioni concernenti il tipo e la gravità della patologia da trattare; l'inesistenza di valide alternative terapeutiche; il numero di soggetti interessati al trattamento; il follow-up; il completamento favorevole di studi clinici di fase 1 e 2; l'ammontare previsto della spesa derivante dall'impiego proposto; lo stato autorizzativo del medicinale in Italia ed in altri Paesi, con indicazione dell'azienda produttrice o fornitrice. I farmaci rimangono iscritti nell'elenco fino al permanere delle esigenze che ne hanno determinato l'inserimento. La prescrizione deve essere effettuata sulla base di un Piano Terapeutico attivato da strutture specializzate ospedaliere o universitarie o da istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Prima della prescrizione il medico deve acquisire il consenso informato scritto del paziente.

 In seguito l'articolo 1, comma 797, lettera z), della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006) ha stabilito che possono essere erogati a carico del SSN farmaci off-label solo nell'ambito di sperimentazioni cliniche, vietandone l'uso consolidato quale terapia alternativa in presenza di farmaci in possesso di autorizzazioni specifiche. L'articolo 2, comma 348, della legge finanziaria 2008 (legge 244/2007) ha specificato che per qualunque patologia non si possono utilizzare farmaci sprovvisti dell'AIC a meno che non siano in fase di sperimentazione avanzata.

Il decreto legge 158/2012(c.d. Decreto Balduzzi), nel testo originario, rendeva meno complesso l'inserimento di nuovi medicinali nell'elenco dei farmaci compassionevoli. L'AIFA infatti poteva inserire o mantenere nello specifico elenco un farmaco non autorizzato se, per una determinata patologia, esisteva, fra i farmaci regolarmente autorizzati, soltanto un'unica alternativa terapeutica ad alto costo, vale a dire quando il divario del costo-terapia derivante dall'uso dei due farmaci era di almeno il 50 per cento. La disposizione è stata soppressa nel corso dell'esame parlamentare del disegno di legge di conversione del decreto.

Farmaci innovativi

Un nuovo trattamento farmacologico è innovativo quando offre al paziente benefici terapeutici aggiuntivi rispetto alle opzioni già disponibili. L'innovatività terapeutica di un nuovo farmaco viene definita dalla Commissione consultiva tecnico-scientifica dell'AIFA in base a criteri di valutazione dai quali dipendono anche gli ambiti per l'ammissione condizionata alla rimborsabilità di farmaci con innovatività terapeutica potenziale. Sul punto si rinvia al Documento AIFA sull'innovatività dei farmaci.

Il decreto legge 95/2012 ha introdotto misure di sostegno per l'utilizzo dei farmaci innovativi. Fra queste si ricorda la norma recata dall'articolo 15, comma 6, lettera c), che calcola il tetto della spesa farmaceutica ospedaliera al netto delle somme restituite dalle aziende farmaceutiche, anche sotto forma di extra sconti, in applicazione di procedure di rimborsabilità condizionata per farmaci innovativi.

Al proposito, si ricorda che L'AIFA ha elaborato sistemi di rimborsabilità in grado di garantire l'accesso a cure innovative per tutti i pazienti. Il principio che guida questi accordi è il rimborso del farmaco innovativo in base alla sua efficacia, lasciando nei casi di fallimento terapeutico (failures) il costo della terapia a carico dell'azienda produttrice. Il risk sharing si inserisce nel contesto più ampio del payment by results o for performance cioè un pagamento sulla base dei risultati, volto a promuovere una più alta qualità delle cure e dell'assistenza sanitaria, evitando sprechi. Al proposito, si ricorda ancora, che, presso l'AIFA, è attivo un Registro di farmaci sottoposti a monitoraggio, che mira a limitarne l'uso ai pazienti aventi caratteristiche simili a quelle scelte negli studi registrativi. Per quanto riguarda i farmaci oncologici innovativi, sempre presso l'AIFA, dal 2005, è istituito un Registro nazionale dei nuovi farmaci oncologici sottoposti a Monitoraggio (RFOM). Con specifiche Determinazioni pubblicate in G.U., per l'utilizzo di alcuni farmaci oncologici, l'AIFA richiede la compilazione di schede di raccolta dati al fine di garantire l'appropriatezza d'uso degli stessi. Si tratta di un'iniziativa a livello europeo, adottata dalle Agenzie regolatorie nazionali, tramite la quale si è inteso raccogliere i dati di tutte le prescrizioni dei nuovi farmaci oncologici con riferimento ai pazienti arruolati e al follow-up clinico. La registrazione e gli aggiornamenti sono necessari per ottenere l'avallo dell'AIFA alla rimborsabilità del ciclo terapeutico a carico del SSN.

L'articolo 10, commi da 2 a 6 del decreto legge 158/2012(c.d. Decreto Balduzzi) ha introdotto l'obbligo di erogare e utilizzare uniformemente i medicinali innovativi di particolare rilevanza, garantendo così la parità di trattamento di tutti gli assistiti nei vari ambiti regionali.

Molti dei farmaci innovativi, e fra questi soprattutto i farmaci oncologici ed antivirali, sono utilizzati nelle strutture ospedaliere, e pertanto sono medicinali di fascia H acquistati, o resi disponibili all'impiego, da parte delle strutture sanitarie direttamente gestite dal SSN. Si ricorda che l'Accordo in materia, stipulato in sede di Conferenza Stato-regioni nel 2010, aveva già previsto che le Regioni garantissero l'immediata disponibilità agli assistiti, anche senza il formale inserimento dei prodotti nei prontuari terapeutici ospedalieri regionali, dei medicinali che, a giudizio della Commissione tecnico-scientifica dell'Aifa, fossero in possesso del requisito della innovatività terapeutica, individuato secondo i criteri predefiniti dalla medesima Commissione. Anche successivamente alla stipula dell'Accordo del 2010, è stata da più parti osservata la difformità della distribuzione territoriale dei farmaci ospedalieri, derivante dal fatto che per i farmaci di fascia H non esiste un unico Prontuario nazionale. Dopo che un farmaco di fascia H aveva ricevuto l'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC), l'AIFA provvedeva ad inserirlo nel Prontuario farmaceutico nazionale, ma affinché il prodotto fosse utilizzabile nei presidi ospedalieri era necessario che il medicinale fosse inserito in prontuari di livello inferiore, vale a dire nei prontuari regionali, di area vasta, di aziende sanitarie locali o aziende ospedaliere. Ne derivava pertanto che uno stesso farmaco di fascia H potesse essere somministrato nelle regioni in tempi diversi a seconda dei diversi tempi di recepimento nei prontuari locali.

Per garantire su tutto il territorio nazionale il rispetto dei livelli essenziali di assistenza, le regioni e le province autonome devono ora assicurare agli assistiti l'immediata disponibilità dei medicinali di fascia H a carico del SSN erogati attraverso gli ospedali e le aziende sanitarie locali che, a giudizio della Commissione consultiva tecnico-scientifica dell'AIFA, possiedono, alla luce dei criteri predefiniti dalla medesima Commissione, il requisito della innovatività terapeutica importante, ovvero innovatività terapeutica potenziale ( ai sensi dell'articolo 1, comma 1, dell'Accordo in materia sopra richiamato). L'immediata disponibilità è prevista indipendentemente dall'inserimento dei medicinali nei Prontuari terapeutici ospedalieri o in altri elenchi analoghi predisposti dalle competenti autorità regionali e locali. Le regioni e le province autonome sono tenute ad aggiornare, semestralmente, nonché a trasmettere copia all'AIFA dei prontuari terapeutici ospedalieri e di ogni altro strumento regionale elaborato allo scopo di razionalizzare l'impiego dei farmaci da parte di strutture pubbliche, di consolidare prassi assistenziali e di guidare i clinici in percorsi diagnostico-terapeutici specifici. Le regioni possono inoltre comunicare all'AIFA dubbi sui requisiti di innovatività riconosciuti a un medicinale, fornendo la documentazione scientifica su cui si basa tale valutazione. In tal caso, l'AIFA sottopone alla Commissione consultiva tecnico-scientifica la questione affinché la riesamini entro 60 giorni dalla comunicazione regionale e esprima un motivato parere.

Con lo scopo di uniformare i prontuari, presso l'AIFA, è istituito un Tavolo permanente di monitoraggio dei prontuari terapeutici ospedalieri, al quale partecipano rappresentanti della stessa Agenzia, delle regioni e delle province autonome e del Ministero della salute. La partecipazione al tavolo è a titolo gratuito. Il tavolo discute eventuali criticità nella gestione dei prontuari terapeutici ospedalieri e degli altri strumenti regionali analoghi e fornisce linee guida per l'armonizzazione e l'aggiornamento degli stessi, anche attraverso audizioni periodiche delle organizzazioni civiche di tutela del diritto alla salute maggiormente rappresentative a livello nazionale.

Farmaci biologici e biosimilari

I medicinali biologici, intendendo con tale termine anche quelli biotecnologici, cioè ottenuti con biotecnologie, sono farmaci il cui principio attivo è rappresentato da una sostanza prodotta o estratta da un sistema biologico oppure derivata da una sorgente biologica attraverso procedimenti di biotecnologia, comprendenti le tecnologie di DNA ricombinante, l'espressione controllata di geni codificanti proteine biologicamente attive nei procarioti o negli eucarioti, metodi a base di ibridomi e di anticorpi monoclonali. I farmaci biologici, per la variabilità intrinseca delle molecole e per la complessità delle tecniche di produzione, sono particolarmente difficili da caratterizzare e da riprodurre, al punto tale che alcune differenze possono sussistere anche tra i diversi lotti di uno stesso prodotto, soprattutto se si sono verificate variazioni nelle condizioni di produzione. Per questo motivo le Autorità regolatorie richiedono per la caratterizzazione e il controllo di qualità e di sicurezza dei medicinali biologici, oltre agli esami fisico-chimico-biologici, anche informazioni specifiche sul processo di produzione e sui problemi di sicurezza che da questo possono derivare e controllano in maniera rigorosa che ogni processo della filiera di produzione e di distribuzione di questi farmaci avvenga in ottemperanza alle specifiche linee guida. Appartengono alla categoria dei farmaci biologici prodotti quali gli ormoni e gli enzimi, gli emoderivati e i medicinali immunologici come sieri e vaccini, le immunoglobuline e gli allergeni, nonché gli anticorpi monoclonali.

Alla scadenza dei brevetti dei farmaci biologici, entrano in scena i farmaci biosimilari: medicinali simili ai farmaci biologici originatori non più soggetti a copertura brevettuale, che possono essere prodotti dalle industrie farmaceutiche secondo procedure e normative espresse da specifiche linee guida europee e commercializzati a prezzi inferiori rispetto ai prodotti originatori. I farmaci biosimilari sono, quindi, medicinali biologici autorizzati dall'Agenzia Europea dei Medicinali (European Medicines Agency – EMA) simili per qualità, efficacia e sicurezza al prodotto biologico di riferimento.

Come sottolineato in un documento dell'AIFA dedicato ai farmaci biosimilari, i farmaci biologici rappresentano una risorsa terapeutica essenziale per il trattamento di una varietà di malattie gravi e debilitanti per molte delle quali non erano in passato disponibili opzioni terapeutiche efficaci. Per motivi di sviluppo e produzione del farmaco, questi medicinali sono gravati da costi particolarmente onerosi per il SSN; in questo scenario i medicinali biosimilari possono offrire l'opportunità di garantire l'accesso ai farmaci biologici per tutti i pazienti che ne necessitano, contribuendo, nel contempo, alla sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari.

In merito alla sostituibilità automatica dei biosimilari, l'AIFA, nel documento citato, ricorda che la legislazione europea ha affidato alle Autorità nazionali competenti dei differenti stati membri autonomia decisionale e legislativa in materia. Tuttavia, l'EMA (l'Autorità regolatoria europea in campo farmaceutico) ha precisato che la decisione circa la scelta prescrittiva del medicinale specifico da impiegare, di riferimento piuttosto che biosimilare, deve essere affidata a personale sanitario qualificato (Ref. EMEA/74562/2006 Rev. 1; EMA/837805/2011). In Italia la posizione dell'AIFA, chiarisce che i medicinali biologici e biosimilari non possono essere considerati alla stregua dei prodotti equivalenti, escludendone quindi la vicendevole sostituibilità terapeutica automatica. Proprio perché i medicinali biologici di riferimento ed i biosimilari sono medicinali simili, ma non identici, l'AIFA ha deciso di non includere i medicinali biosimilari nelle liste di trasparenza che consentono la sostituibilità automatica tra prodotti equivalenti. Di conseguenza, la scelta di trattamento con un farmaco biologico di riferimento o con un biosimilare rimane una decisione clinica affidata al medico specialista prescrittore. L'AIFA considera, tuttavia, che i biosimilari non solo costituiscono un'opzione terapeutica a disposizione dei curanti, ma sono da preferire, qualora costituiscano un vantaggio economico, in particolare per il trattamento dei soggetti "naive" (che non abbiano avuto precedenti esposizioni terapeutiche o per i quali le precedenti esposizioni in base al giudizio del clinico siano sufficientemente distanti nel tempo).

In ultimo, si rinvia a una recente Indagine condotta da Cittadinanzattiva dalla quale emerge che i farmaci biologici e biosimilari sono un settore dell'assistenza farmaceutica regolato di fatto da normative regionali difformi tra loro, che mettono al centro prevalentemente l'esigenza del contenimento della spesa e non anche il diritto alla continuità terapeutica e il diritto alla personalizzazione del trattamento dei pazienti.

Gare per la fornitura di medicinali

L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, in una indagine del 2011 sottolinea come la farmaceutica sia uno dei settori economici più complessi poiché al suo interno operano molteplici attori quali aziende, regolatori, consumatori e medici. In termini di risorse, la spesa farmaceutica rappresenta circa il 13,5% della spesa sanitaria complessiva (pubblica e privata).

Il legislatore, fin dagli anni '70 ha cercato di favorire l'acquisto diretto dei farmaci da parte degli enti del SSN. Una disposizione del 1974 prevede, per esempio, che gli enti ospedalieri e gli istituti pubblici di ricovero e cura possono acquistare in maniera diretta i medicinali. Le imprese farmaceutiche sono tenute, a loro volta, a praticare su tali prodotti uno sconto non inferiore al 50% sul prezzo di vendita al pubblico (articolo 9, commi 4 e 5, del decreto legge 264/1974) .

Più recentemente, l'articolo 11, comma 8, del decreto legge 78/2010 ha stabilito che, in sede di Conferenza Stato-regioni, vengano fissate delle linee guida per incrementare l'efficienza delle Aziende sanitarie nelle attività di acquisizione, immagazzinamento e distribuzione interna dei medicinali acquistati direttamente, anche attraverso il coinvolgimento dei grossisti. Per quanto riguarda l'acquisto di medicinali e le gare in ambito farmaceutico, l'articolo 15, comma 11-ter, del decreto legge 95/2012 (c.d. Spending Review) ha precisato che "nell'adottare eventuali decisioni basate sull'equivalenza terapeutica fra medicinali contenenti diversi principi attivi, le regioni si attengono alle motivate e documentate valutazioni espresse dall'Agenzia italiana del farmaco".

Il consumo di medicinali in ambito ospedaliero include anche i medicinali di fascia H e C dispensati all'assistito in distribuzione diretta e per conto. Nel caso dei medicinali di fascia H e A acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche, il prezzo sostenuto dal SSN coincide con il prezzo risultante dalle gare d'acquisto o con quello definito ad esito di trattativa diretta dell'azienda sanitaria (o della Regione) con l'azienda farmaceutica, comprensivo dell'IVA.

Per quanto riguarda le gare in ambito farmaceutico, le stazioni appaltanti hanno privilegiato l'indizione di gare strutturate attraverso:

  • lotti "semplici", aventi ad oggetto un unico principio attivo;
  • lotti di gara "complessi", aventi ad oggetto principi attivi diversi e, quale denominatore comune, non già la presenza del medesimo principio attivo, bensì l'analoga destinazione terapeutica.

Nel caso della gara a lotti "semplici", la stazione appaltante seleziona uno solo tra i vari farmaci prodotti da aziende farmaceutiche concorrenti, poiché essendo bioequivalenti, gli stessi devono ritenersi sostanzialmente identici, e pertanto perfettamente fungibili l'uno con l'altro. Nel caso della gara a lotti "complessi", il meccanismo di scelta del contraente consente la selezione, da parte dell'azienda ospedaliera, di un solo farmaco per patologia. Ciò ha quale conseguenza che, in presenza di un paziente affetto da una determinata patologia, il medico è condizionato a prescrivere il farmaco già selezionato, per l'intera categoria di pazienti, dalla stazione appaltante, con conseguente compressione della libertà prescrittiva del medico. La strutturazione di un lotto di gara complesso presuppone una specifica valutazione sulla fungibilità dei farmaci che seppur basati su principi attivi diversi - e quindi non bioequivalenti - sono stati ritenuti tra loro terapeuticamente equivalenti.

I margini di industrie farmaceutiche, grossisti e farmacie sui medicinali erogabili a carico del SSN sono fissati dalla legge 662/1996 nella misura rispettivamente del 66,65%, 3,0% e 30,35% del prezzo di vendita al pubblico al netto dell'IVA. Contestualmente il SSN trattiene a titolo di sconto dalla quota dei farmacisti una percentuale pari all'1,82% sul prezzo al pubblico al netto dell'IVA (tale quota non si applica alle farmacie rurali sussidiate - popolazione residente con meno di 3.000 abitanti - con fatturato annuo non superiore a euro 387.324,67 e alle altre farmacie con fatturato annuo in regime di SSN al netto dell'IVA non superiore a 258.228,45 euro). Le aziende farmaceutiche corrispondono alle Regioni un importo dell'1,83% sul prezzo al pubblico al netto dell'IVA. La descritta variazione dei margini dei grossisti e dei farmacisti diposta dal comma 6 dell'articolo 11 del decreto legge 78/2010 ha coinvolto anche i medicinali a brevetto scaduto. Nel caso dei medicinali equivalenti, esclusi i medicinali originariamente coperti da brevetto o che hanno usufruito di licenze derivanti da tale brevetto, la quota di spettanza delle industrie farmaceutica rimane quella fissata al 58,65% dal decreto legge 39/2009 e la rimanente quota dell'8% (al 66,65%) è ridistribuita tra i farmacisti e i grossisti secondo le regole di mercato. Nel corso del 2012, l'emanazione del decreto legge 95/2012 ha introdotto alcune importanti disposizioni in tema di governo della spesa farmaceutica, tra le quali l'incremento dello sconto a carico delle farmacie dall'1,82% al 2,25%, attualmente vigente, e il temporaneo incremento dell'onere a carico delle aziende farmaceutiche dall'1,83% al 4,1% fino al 31 dicembre 2012.

Le sentenze del TAR Umbria nn. 254, 255 e 256 del 26 aprile 2013 si sono espresse su gare pubbliche per l'acquisto di farmaci biologici istituita dalla Centrale regionale responsabile dell'acquisto dei farmaci ed emoderivati per le strutture del SSN della Regione Umbria. Le società farmaceutiche ricorrenti avevano impugnato la lex specialis di gara nella parte in cui dava possibilità alla Commissione Terapeutica Regionale di scegliere, dopo l'aggiudicazione, le molecole da utilizzare, nell'ambito di classi omogenee e sulla base di valutazioni farmaco-economiche complessive. Le ricorrenti lamentavano l'assenza di un preventivo pronunciamento dell'AIFA in merito alla sussistenza dell'equivalenza terapeutica dei farmaci, ma anche la possibilità di scegliere le molecole successivamente all'avvio delle procedure di affidamento delle singole forniture. Il TAR Umbria ha accolto i tre ricorsi, applicando la norma di cui all'art. 15, comma 11-ter, del decreto legge 95/2012 , secondo cui "nell'adottare eventuali decisioni basate sull'equivalenza terapeutica fra medicinali contenenti diversi principi attivi, le regioni si attengono alle motivate e documentate valutazioni espresse dall'Agenzia italiana del farmaco". In particolare il TAR Umbria ha rilevato che, sulla base della giurisprudenza costituzionale, l'AIFA ha il compito di garantire l'unitarietà della materia farmaceutica, non essendo configurabile una disciplina differenziata per singola Regione e non potendo le stesse Regioni incidere autonomamente sul merito delle scelte terapeutiche. Il TAR ha poi stabilito che, soltanto ove si riconosca una sostanziale equivalenza terapeutica tra i farmaci nell'ambito di una categoria omogenea, possono subentrare valutazioni di ordine economico senza pregiudizio per il paziente. Il Collegio ha anche affermato che la scelta delle molecole da acquistare e dispensare agli assistiti deve essere operata prima dell'avvio delle procedure di affidamento delle singole forniture, non essendo ammesse nell'ordinamento italiano e comunitario forme di confronto concorrenziale postumo.

Nel marzo 2014, l'Aifa ha messo a punto delle Linee guida per la valutazione dell'equivalenza terapeutica, chiarendo possono essere considerati equivalenti:

  • i farmaci a base del medesimo principio attivo che, ai sensi di altre disposizioni di legge, sono già stati oggetto di specifica valutazione comparativa sotto i profili di efficacia e di sicurezza da parte delle competenti autorità regolatorie;

  • i farmaci originatori ed i rispettivi equivalenti, nonché i farmaci biologici di riferimento, inclusi i biotecnologici, ed i corrispondenti biosimilari.

Per quanto concerne i farmaci biosimilari, l'AIFA sottolinea che l'identità del principio attivo e l'accertamento della biosimilarità rispetto al biologico di riferimento, compiuto dall'EMA in sede di rilascio dell'AlC, assicurano che tra il biologico di riferimento e il corrispondente biosimilare non vi siano differenze cliniche rilevanti, in termini di qualità, sicurezza ed efficacia, per le indicazioni terapeutiche autorizzate conseguentemente "la valutazione della biosimilarità, che si fonda su uno specifico "esercizio di comparabilità" condotto a livello europeo dall'EMA seguendo i massimi standard scientifici, assorbe e rende superflua, ai fini della tutela della salute pubblica, ogni ulteriore valutazione in ordine alla sovrapponibilità di un biosimilare rispetto al biologico di riferimento".

Giurisprudenza in materia di protezione brevettuale del farmaco

Nei confronti della protezione brevettuale del farmaco, le posizioni sono distinte: da un lato le aziende originator, i cui interessi risiedono nella tutela della proprietà intellettuale, dall'altro lato le aziende produttrici di farmaci generici, interessate ad accedere al mercato il giorno dopo la scadenza brevettuale. Il terzo attore è l'AIFA che ha la responsabilità di garantire che ogni farmaco immesso in commercio rispetti tutti i requisiti di qualità, sicurezza ed efficacia, ma anche quella, di gestire l'equilibrio della spesa farmaceutica pubblica.

Da una parte, la tutela brevettuale, appare basilare perché le industrie del farmaco possano continuare a sostenere gli elevati costi degli investimenti in ricerca e sviluppo (sul punto il documento: "Incentivazione della ricerca clinica in Italia - Documento di posizione a cura del Gruppo di lavoro Farmaco Biotech), dall'altra una tutela berevettuale troppo rigida impedisce lo sviluppo del mercato genericista.

Recentemente alcune aziende originator hanno promosso azioni legali nei confronti di aziende genericiste. Le azioni legali hanno riguardato sia la validità del brevetto, di competenza del giudice ordinario, sia presunte illegittimità del procedimento di rilascio dell'Autorizzazione all'immissione in commercio (AIC) di competenza del giudice amministrativo. In tutti i casi la giustizia amministrativa ha ribadito i cardini della legislazione europea, secondo la quale le Autorità regolatorie nazionali, quali l'AIFA, nel concedere l'Autorizzazione all'immissione in commercio (AIC), nel definire il prezzo e nello stabilire la classe di rimborsabilità, non devono tenere conto della copertura brevettuale, bensì solo di qualità, sicurezza ed efficacia dei medicinali.

Come sottolineato dalla Commissione europea, i frequenti ritardi nelle decisioni adottate dagli Stati membri in materia di fissazione dei prezzi e di rimborsi, sia per i farmaci originator che per i farmaci generici, contribuiscono a procrastinare l'immissione sui mercati nazionali di farmaci che hanno ottenuto la necessaria autorizzazione, finendo per influire sui bilanci della sanità (occasioni di risparmio mancate a causa di una concorrenza ritardata in materia di prezzi), sulle aziende che producono farmaci generici (minori prospettive di redditività degli investimenti) e sui pazienti (accesso ritardato a farmaci più economici). Nel caso dei generici, tali prassi dilatorie tendono a stabilire un collegamento tra l'approvazione del farmaco generico e lo stato del brevetto del farmaco originario (patent linkage).

Recentemente il Parlamento Europeo ha dato via libera alla proposta di revisione della Direttiva sulla trasparenza delle procedure di fissazione dei prezzi dei medicinali, sancendo ancora una volta il principio del divieto di ogni forma di patent linkage in quanto contrario al principio generale della suddivisione delle competenze tra Autorità deputate alla fissazione dei prezzi dei farmaci, nonché nel caso italiano alla loro valutazione, ed i giudici, competenti in tema di proprietà intellettuale. L'Italia ha già subito una procedura di infrazione su tale tema, conclusasi con l'abrogazione dell'articolo 68 del Codice di proprietà industriale (D. Lgs. 30/2005). Successivamente, è stata reintrodotta una norma che introduce una forma di patent linkage nel decreto legge 158/2012, con la quale si prevede che l'esecutività dei provvedimenti assunti dall'AIFA sulla fissazione del prezzo di rimborso dei medicinali generici non possa essere antecedente alla data di scadenza dei diritti di brevetto.

I farmaci e il contenimento della spesa farmaceutica

Quando vengono autorizzati uno o più medicinali generici di un farmaco rimborsato dal SSN la cui protezione brevettuale è scaduta, l'AIFA include sia l'originator che i generici corrispondenti in una lista, chiamata lista di trasparenza, aggiornata periodicamente e disponibile sul sito internet dell'AIFA. I farmaci raggruppati insieme nella lista di trasparenza sono sostituibili. In questa lista il medicinale originator e i generici corrispondenti vengono elencati insieme, con il corrispondente prezzo di riferimento. In particolare, con l'articolo 85, comma 28, della legge 388/2000 sono state istituite le attuali liste di trasparenza, che vengono mensilmente pubblicate sul sito dell'AIFA. Successivamente, il decreto legge 347/2001 ha disposto quanto segue:

  • ai fini della tutela brevettuale, sono considerati validi solo i brevetti sul principio attivo;
  • tutti i medicinali a base dello stesso principio attivo, con uguale via di somministrazione, forma farmaceutica e dosaggio unitario alla scadenza della tutela brevettuale sono considerati reciprocamente sostituibili;
  • la confezione con il prezzo più basso tra quelle equivalenti e tra di loro reciprocamente sostituibili costituisce il prezzo di rimborso (prezzo di riferimento) che viene posto a carico del SSN; l'eventuale differenza tra il medicinale erogato e il prezzo di riferimento è a carico dei pazienti (ad eccezione degli invalidi di guerra titolari di pensione vitalizia);
  • è data facoltà alle Regioni di adottare disposizioni idonee sulla base dell'effettiva disponibilità degli equivalenti nel circuito distributivo regionale.


Si segnala che in Italia l'istituzione del Certificato Complementare di Protezione (CCP), avvenuta nel 1991, ha consentito l'estensione della copertura brevettuale (stabilita in 20 anni per i prodotti medicinali) fino ad un massimo di 18 anni oltre la scadenza naturale del brevetto, prolungando in tal modo fino ad un massimo di 38 anni l'esclusività dello sfruttamento della molecola. Il Regolamento CEE 1768/1992 ha, di fatto, superato la normativa nazionale sul CCP, istituendo il Certificato Protettivo Supplementare (SPC), la cui durata massima non può superare i 5 anni. Ciò nonostante, poiché l'entrata in vigore del CCP in Italia è avvenuta prima rispetto a quella del SPC, una larga parte dei principi attivi presenti sul mercato italiano (circa l'80%), avendo ottenuto il CCP, ha beneficiato in Italia di una copertura notevolmente più lunga rispetto agli altri Paesi europei. Di conseguenza, anche i possibili risparmi per il SSN, derivanti dalla perdita della copertura brevettuale, sono stati ritardati nel tempo proprio a fronte dell'impossibilità di commercializzare in Italia medicinali generici già da tempo presenti in altri Paesi europei. Successivamente, al fine di attenuare gli effetti negativi, è stata introdotta una misura di adeguamento progressivo della durata del CCP a quella presente negli altri Paesi europei (legge 112/2002), secondo una procedura di riduzione stabilita in sei mesi per ogni anno solare a decorrere dal 1° gennaio 2004. Con il decreto legge 39/2009 sono state introdotte alcune norme che regolamentano gli aspetti economici relativi a questo ambito del mercato farmaceutico, che possono essere così descritte:

  • riduzione del 12% del prezzo al pubblico dei medicinali equivalenti;
  • il SSN trattiene dalla remunerazione del farmacista, a titolo di recupero del valore degli extrasconti praticati dalle aziende farmaceutiche nel corso dell'anno 2008, l'1,4% sulla spesa lorda;
  • riduzione dei margini della filiera relativamente ai farmaci equivalenti al 58,65% per le aziende farmaceutiche (le quote dei farmacisti e dei grossisti sono state poi modificate dal decreto legge 78/2010. La rimanente quota dell'8% (al 66,65%) è ridistribuita tra grossisti e farmacisti.

Infine, con Determinazione dell'8 aprile 2011, l'AIFA, in applicazione della disposizione di cui al comma 9, dell'articolo 11 del decreto legge 78/2010, ha operato una riduzione dei prezzi di riferimento dei medicinali inseriti nelle liste di trasparenza, sulla base di una ricognizione dei prezzi vigenti nei Paesi dell'Unione Europea.

Ai fini di contenimento della spesa sanitaria, il decreto legge 1/2012, all'articolo 11, comma 12, prevede che il medico informi il paziente dell'eventuale presenza in commercio di medicinali aventi uguale composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio e dosaggio unitario uguali. Il farmacista, nel caso in cui il medico non abbia chiaramente indicato la non sostituibilità del farmaco prescritto, dopo aver informato il cliente e salvo diversa richiesta di quest'ultimo, è tenuto a fornire il medicinale prescritto solo se nessun altro medicinale fra quelli equivalenti ha un prezzo più basso. Inoltre, rafforzando quanto già stabilito in materia dal decreto legge 78/2011, il decreto legge 1/2012 introduce, come ulteriore condizione per la vendita di un medicinale con prezzo più alto di quello di rimborso, l'espressa richiesta dell'assistito, che si aggiunge alla già prevista corresponsione della differenza tra il prezzo di vendita e quello di rimborso.

In estrema sintesi, a legislazione vigente, il farmacista è sempre tenuto a sostituire il medicinale prescritto con un medicinale corrispondente di prezzo inferiore tranne quando:

a) il medico dichiara in prescrizione la non sostituibilità del farmaco;

b) c'è una diversa richiesta del paziente;

c) non esistono in commercio medicinali a prezzo più basso.

Infine, l'articolo 15, comma 11-bis, del decreto legge 95/2012, come modificato dall'articolo 13-bis del decreto legge 179/2012, ha introdotto, per la prima volta, la possibilità per il medico di medicina generale di prescrivere un principio attivo in luogo di un medicinale equivalente. In particolare, il medico di medicina generale, in caso di prima diagnosi di una patologia cronica o in presenza di un primo episodio di patologia non cronica e a fronte del possibile utilizzo di più medicinali equivalenti, indica nella ricetta del SSN la denominazione del principio attivo contenuto nel farmaco oppure la denominazione di uno specifico medicinale a base dello stesso principio attivo accompagnata dalla denominazione di quest'ultimo. L'indicazione dello specifico medicinale è vincolante per il farmacista ove nella ricetta sia inserita, corredata obbligatoriamente da una sintetica motivazione, l'indicazione del medico della non sostituibilità del farmaco prescritto. L'indicazione è vincolante per il farmacista anche quando il farmaco indicato abbia un prezzo pari a quello di rimborso, fatta comunque salva la diversa richiesta del cliente. La stessa disposizione prevede che le regioni, nell'adottare eventuali decisioni basate sull'equivalenza terapeutica fra medicinali contenenti differenti princìpi attivi, si attengono alle valutazioni espresse dall'AIFA.