La disciplina del patto di stabilità interno per le province e i comuni, funzionale al conseguimento degli obiettivi finanziari assegnati al comparto degli enti locali per gli anni 2014-2017, è recata dall'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, come successivamente più volte modificato ed integrato, da ultimo, dall'articolo 1, commi 532-540, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014).
La disciplina del patto di stabilità interno per gli enti locali per gli anni 2014-2016 è illustrata dalla Circolare del Ministero dell'economia e delle finanze n. 6 del 18 febbraio 2014.
Si ricorda che le regole del patto vengono poste in relazione all'esigenza di assicurare il concorso degli enti territoriali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, in considerazione del fatto che i vincoli sul disavanzo e sul debito, previsti dal Patto di stabilita' e crescita (Regolamento UE 1466/1997), si riferiscono al complesso delle amministrazioni pubbliche.
Al tempo stesso, la disciplina del patto di stabilità interno è inquadrata nell'ambito del titolo V della Costituzione, nel senso che essa reca i princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, e 119, comma secondo, della Costituzione. Il riferimento alla funzione di coordinamento della finanza pubblica vale non solo a indicare la funzione del patto di stabilità interno, ma anche a individuare il fondamento della competenza dello Stato nel dettarne la disciplina con propria legge. In relazione al Titolo V, il rispetto delle regole del patto di stabilità interno viene altresì posto in relazione all'esigenza di garantire la "tutela dell'unità economica della Repubblica", che, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione, può giustificare l'intervento sostitutivo dello Stato nei confronti delle regioni e degli enti locali.
Per gli anni 2014 e successivi, gli obiettivi finanziari assegnati al comparto locale, a partire dal D.L. n. 112/2008, sono stati integrati dapprima dall'articolo 14, comma 1, del D.L. n. 78/2010 e successivamente dai decreti-legge approvati nell'estate 2011 (D.L. n. 98/2011 e D.L. n. 138/2011) – con i quali è stata operata la manovra di stabilizzazione dei conti pubblici 2012-2014 – che hanno imposto alle autonomie territoriali, a partire dal 2012, un ulteriore concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica.
Ulteriori misure finanziarie sono state adottate nei confronti degli enti locali con il D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (c.d. salvaitalia) e poi con il D.L. 6 luglio 2012, n. 95, nell'ambito delle disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica (c.d. spending review). Il contributo finanziario complessivamente richiesto agli enti locali nell'ambito delle misure di spending review è stato successivamente incrementato con la legge di stabilità per il 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228).
Da ultimo, la legge di stabilità per il 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147, articolo 1, commi da 532 a 545) ha introdotto alcune novelle alla disciplina del patto di stabilità interno per gli enti locali, con particolare riferimento all'aggiornamento della base di calcolo e dei coefficienti annuali per la determinazione dei saldi obiettivo degli anni 2014-2017, finalizzate ad ottenere, a decorrere dal 2016, un ulteriore contributo degli enti locali alla manovra di finanza pubblica pari a circa 344 milioni di euro, di cui 275 milioni a carico dei comuni e 69 milioni a carico delle province (commi 532-534). Tale contributo è assicurato dagli enti locali a valere sui risparmi che dovrebbero derivare a seguito dell'adozione delle misure di spending review, che dovranno essere attivate sulla base delle attività svolte dal Commissario straordinario, ai sensi del comma 427 della legge di stabilità per il 2014.
Va rilevato che il concorso alla manovra di finanza pubblica delle amministrazioni locali è stato per la gran parte perseguito mediante una riduzione delle risorse attribuite agli enti locali, a valere sui fondi sperimentali di riequilibrio, senza apportare modifiche sostanziali alla disciplina vincolistica sui bilanci prevista dal patto di stabilità interno.
Nel complesso, il concorso alla manovra per gli anni 2014-2017, considerando anche le deroghe ai vincoli introdotti dai più recenti interventi normativi, risulta pari:
Per quanto concerne l'ambito soggettivo di applicazione del patto di stabilità interno, dal 2014 sono assoggettati alle regole del patto:
La determinazione della popolazione di riferimento viene effettuata sulla base del criterio previsto dall'articolo 156 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali). Al riguardo, si segnala che l'articolo 1, comma 533, della legge di stabilità 2014, ha aggiunto, all'articolo 31 della legge n. 183 del 2011, il comma 2-quater volto a chiarire che la popolazione da prendere a riferimento ai fini dell'assoggettamento al patto di stabilità interno è quella anagrafica e non quella censuaria. Pertanto, la popolazione che rileva, come previsto dal richiamato articolo 156 del TUEL, è quella registrata alla fine del penultimo anno precedente a quello di riferimento secondo i dati deIl'ISTAT.
Per quanto concerne gli enti locali di nuova istituzione, l'articolo 31, comma 23, della legge n. 183/2011, come modificato dall'articolo 1, comma 540, della legge n. 147/2013, dispone l'applicazione delle regole del patto di stabilità interno dal terzo anno successivo a quello della loro istituzione. Pertanto, gli enti locali istituiti a decorrere nell'anno 2011 saranno assoggettati al patto a partire dal 2014 e così via. Ai fini della determinazione degli obiettivi programmatici, tali enti assumono, come base di riferimento, le risultanze dell'anno successivo alla istituzione medesima.
Con riferimento specifico all'applicazione del patto di stabilità alle unioni di comuni, va considerato che, poiché il comma 3 dell'articolo 16 del D.L. n. 138/2011 prevede che ad esse si applica la disciplina prevista per i comuni aventi corrispondente popolazione, ne consegue che, ai fini della decorrenza dell'assoggettamento alle regole del patto di stabilità interno, alle unioni in parola si applicano le disposizioni previste per i comuni di nuova istituzione, di cui al comma 23 dell'articolo 31 della legge n.183 del 2011.
Come precisato dalla Circolare n. 6/2014, le predette unioni di comuni sono assoggettate alle regole del patto di stabilità interno dal terzo anno successivo a quello della loro istituzione ed assumono come base di riferimento su cui applicare la predetta percentuale le risultanze dell'anno successivo a quello della loro istituzione. Pertanto, se l'unione è stata istituita nell'anno 2012 sarà soggetta alle regole del patto di stabilità interno a decorrere dall'anno 2015 ed assumerà come base di riferimento la spesa corrente impegnata nell'anno 2013.
L'articolo 31 della legge n. 183/2011, come modificato dall'articolo 1, commi 532-540, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014), conferma una disciplina del patto di stabilità per gli enti locali finalizzata all'obiettivo del miglioramento del saldo finanziario, inteso quale differenza tra entrate finali e spese finali (comprese, dunque, le spese in conto capitale).
I meccanismi di calcolo degli obiettivi di saldo sono ancorati alla capacità di spesa di ciascun ente locale, corrispondente al livello di spesa corrente mediamente sostenuto in un triennio.
A seguito degli aggiornamenti apportati dal comma 532 della legge di stabilità per il 2014, per ciascuno degli anni dal 2014 al 2017, l'obiettivo di saldo viene determinato, per ciascun ente, applicando alla spesa corrente media sostenuta nel triennio 2009-2011, come desunta dai certificati di conto consuntivo, determinate percentuali, fissate nella seguente misura per ciascuna tipologia di ente (articolo 31, comma 2, legge n. 183/2011, come modificato dall'articolo 1, comma 532, legge n. 147/2013):
Ai fini del concorso al contenimento dei saldi di finanza pubblica, gli enti sono tenuti a conseguire, in ciascuno degli anni, un obiettivo di saldo finanziario di competenza mista, calcolato quale differenza tra entrate finali e spese finali, al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti, non inferiore al valore individuato in base al suddetto meccanismo.
Il criterio di competenza mista comporta che le entrate e le uscite di parte corrente si considerano in termini di competenza giuridica (accertamenti e impegni) e quelle in conto capitale si considerano invece in termini di cassa (incassi e pagamenti). Quindi il patto di stabilità lascia liberi i pagamenti di spesa corrente, in quanto la cassa è soggetta a restrizioni esclusivamente per la parte in conto capitale. La circolare esplicativa del Ministero dell'economia n. 6 del febbraio 2014, ribadisce che tra le operazioni finali non sono da considerare né l'avanzo (o disavanzo) di amministrazione né il fondo (o deficit) di cassa. Infatti, l'inserimento nell'ambito del saldo del patto di stabilità interno dell'avanzo di amministrazione non è consentito in quanto, in base alle regole europee della competenza economica, gli avanzi di amministrazione che si sono realizzati in esercizi precedenti non sono conteggiati ai fini dell'indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche, al contrario delle correlate spese effettuate nell'anno di riferimento.
L'importo di saldo così ottenuto va, tuttavia, diminuito di un importo pari alla riduzione dei trasferimenti, apportata ai sensi dell'articolo 14, comma 2, del D.L. n. 78/2010.
Sul punto, si ricorda che, ai sensi dell'articolo 31, comma 4, della legge n. 183/2011, gli obiettivi di saldo vengono rettificati per sterilizzare gli effetti connessi con il taglio dei trasferimenti determinati dall'articolo 14, comma 2, del D.L. n. 78 del 2010 (operato, a decorrere dall'anno 2012, negli importi pari a 500 milioni di euro per le province e a 2.500 milioni di euro per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti). I comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, non coinvolti dalla riduzione dei trasferimenti erariali di cui al richiamato articolo 14, non opereranno alcuna riduzione a valere sul saldo programmatico. Si ricorda, altresì che la norma prevedeva che le riduzioni dei trasferimenti fossero ripartite tra i singoli enti secondo criteri e modalità stabiliti in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali e recepiti con decreto annuale del Ministro dell'interno. Per l'anno 2011 la riduzione dei trasferimenti è stata attuata con il decreto del Ministro dell'interno 9 dicembre 2010. A decorrere dall'anno 2012, le riduzioni sono state determinate, per le province, con il decreto del Ministro dell'interno 13 marzo 2012 e, per i comuni, con popolazione superiore a 5.000 abitanti con il decreto del Ministro dell'interno 22 marzo 2012, nonché con il decreto
del Ministro dell'interno del 19 ottobre 2012.
Poiché l'aggiornamento della base di calcolo e delle percentuali da applicare per la determinazione dei saldi obiettivo, recato dal comma 532 della legge di stabilità per il 2014, potrebbe determinare, per alcuni enti, una variazione molto consistente dell'obiettivo da conseguire nell'anno 2014, il comma 533 della legge n. 147/2013, inserendo il comma 2-quinquies nell'articolo 31 della legge n. 183/2011, ha previsto un meccanismo correttivo ai fini della determinazione del saldo-obiettivo dell'anno 2014 per i comuni, affidato al Ministro dell'economia da attuare entro il 31 gennaio 2014, volto a garantire che per nessun comune si realizzi un peggioramento superiore al 15 per cento rispetto all'obiettivo di saldo finanziario 2014 calcolato con le modalità previste dalla normativa previgente (c.d. clausola di salvaguardia). La rideterminazione degli obiettivi programmatici dei comuni per il 2014 è stata operata dal Ministero dell'economia con il D.M. n. 11390 del 10 febbraio 2014.
Il calcolo degli obiettivi tramite l'applicazione delle suddette percentuali è valido, tuttavia, nelle more dell'adozione del nuovo meccanismo di ripartizione degli obiettivi finanziari del patto fra gli enti di ciascun livello di governo, basato su criteri di virtuosità, definito dall'articolo 20, commi 2-2-ter e 3, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, come successivamente modificato, prima dall'articolo 1, comma 9 del D.L. n. 138/2011, poi dall'articolo 30 della legge di stabilità 2012 e, infine, dai commi 248 e 249 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2013.
Il meccanismo - introdotto a decorrere dall'anno 2012 - prevede che gli obiettivi del patto di stabilità interno siano attribuiti ai singoli enti locali di ciascun comparto in base alla loro virtuosità, misurata operando una valutazione ponderata dei parametri, appositamente indicati dalla norma. L'articolo 20, comma 2, del D.L. n. 98/2011 indica i seguenti parametri di virtuosità: a) prioritaria considerazione della convergenza tra spesa storica e costi e fabbisogni standard; b) rispetto del patto di stabilità interno; c) incidenza della spesa del personale sulla spesa corrente dell'ente in relazione al numero dei dipendenti in rapporto alla popolazione residente, alle funzioni svolte anche attraverso esternalizzazioni nonché all'ampiezza del territorio; per la valutazione di questo parametro si tiene conto del suo andamento nell'intera legislatura o consiliatura; d) autonomia finanziaria; e) equilibrio di parte corrente; f) tasso di copertura dei costi dei servizi a domanda individuale per gli enti locali; g) rapporto tra gli introiti derivanti dall'effettiva partecipazione all'azione di contrasto all'evasione fiscale e i tributi erariali, per le regioni; h) effettiva partecipazione degli enti locali all'azione di contrasto all'evasione fiscale; i) rapporto tra le entrate di parte corrente riscosse e accertate; j) operazioni di dismissioni di partecipazioni societarie nel rispetto della normativa vigente.
Per l'applicazione del meccanismo della virtuosità, si prevede la annuale ripartizione degli enti sottoposti al patto di stabilità in due classi, sulla base della valutazione ponderata dei suddetti parametri, con appositi decreti ministeriali. La suddivisione degli enti locali nelle due classi è funzionale alla ripartizione, tra i singoli enti appartenenti ad un determinato comparto, degli obiettivi finanziari stabiliti dal patto di stabilità interno, fermo restando l'obiettivo complessivo di comparto, con effetti di minore incidenza finanziaria dei vincoli per gli enti virtuosi e di maggiore incidenza per gli altri enti. L'onere connesso al minor contributo che viene richiesto agli enti virtuosi è, infatti, sostenuto interamente dagli enti non virtuosi, i cui obiettivi saranno conseguentemente rideterminati. Di conseguenza, mentre gli enti virtuosi beneficeranno di un miglioramento dei propri obiettivi del patto di stabilità, per gli enti non virtuosi è invece prevista una penalizzazione, consistente nella rideterminazione in aumento del proprio obiettivo finanziario.
In particolare, ai sensi del comma 3 dell'articolo 20 del D.L. n. 98/2011, come modificato dal comma 429 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2013, agli enti locali che risultano collocati nella classe dei virtuosi è attribuito un saldo obiettivo, espresso in termini di competenza mista, pari a zero. Agli enti non virtuosi è invece applicata una rideterminazione in aumento - fino ad un limite massimo espressamente indicato - delle percentuali per l'individuazione dell'obiettivo di saldo, ai sensi di quanto disposto dal comma 6, dell'articolo 31, della legge n. 183 del 2011, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 534, della legge n. 147/2013. Il suddetto comma 6 affida al Ministro dell'interno il compito di provvedere alla rideterminazione in aumento delle suddette percentuali ai fini della penalizzazione.
In merito all'applicazione del suesposto meccanismo di virtuosità, si segnala che esso è stato sospeso sia per l'anno 2013 dall'articolo 5, comma 2, del D.L. n. 120/2013, sia per l'anno 2014 dall'articolo 9, comma 6, lettera a) del D.L. n. 102/2013, che ha a tal fine inserito il comma 4-bis nell'articolo 31 della legge n. 183/2011.
Il meccanismo di virtuosità è stato applicato soltanto nel 2012, sulla base di soli quattro parametri tra quelli indicati dall'articolo 20, comma 2, del D.L. n. 98/2011: 1) rispetto del patto di stabilità interno; 2) autonomia finanziaria; 3) equilibrio di parte corrente; 4) rapporto tra riscossioni e accertamenti delle entrate di parte corrente. Con il D.M. Economia del 25 giugno 2012 sono stati individuati, in apposite tabelle, le province e i comuni ritenuti virtuosi ai sensi dell'articolo 20, comma 2, del D.L. n. 98/2011. Il decreto ha stabilito, ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, che gli enti collocati nella tabella dei virtuosi dovessero conseguire nell'anno 2012 un saldo obiettivo pari a zero, mentre per le province e per i comuni non rientranti nella categoria dei virtuosi, le percentuali sono state invece rideterminate in aumento. In linea con la disciplina recata dal citato articolo 31, comma 5, della legge n. 183/2011, la riduzione complessiva degli obiettivi programmatici degli enti locali è stata commisurata agli effetti finanziari determinati dall'applicazione della clausola di salvaguardia di cui al summenzionato comma 6. Tali effetti finanziari sono stati quantificati, sulla base delle penalizzazioni inflitte agli enti locali che hanno violato il rispetto del patto, in 31,3 milioni di euro per le province e in 149,4 milioni di euro per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
Benefici, in termini di riduzione degli obiettivi finanziari del patto, sono inoltre previsti in favore dei seguenti enti locali:
A tal fine, con il D.M. Economia n. 10574 del 5 febbraio 2014 sono state stabilite la distribuzione della riduzione degli obiettivi in favore degli enti che partecipano alla sperimentazione nonché le percentuali da applicare per il calcolo del saldo obiettivo delle province e dei comuni che non partecipano alla sperimentazione. In particolare, l'obiettivo delle province che partecipano alla sperimentazione è ridotto del 17,20 per cento, mentre l'obiettivo dei comuni è ridotto del 52,80 per cento.
Va, infine, considerato, che il valore definitivo del saldo-obiettivo di ciascun ente locale potrà essere ulteriormente rideterminato nel corso dell'anno qualora l'ente sia coinvolto dalle variazioni previste dalle norme afferenti al Patto regionalizzato orizzontale o verticale ovvero relative al Patto orizzontale nazionale (si veda il § 6).
Dal computo del saldo di competenza mista sono escluse una serie di voci di entrata e di spesa (ai sensi dei commi da 7 a 17 dell'articolo 31 della legge n. 183/2011). Le esclusioni sono previste per evitare che i vincoli del patto rallentino gli impegni e i pagamenti per interventi considerati prioritari e strategici, nonché per correggere eventuali effetti anomali che potrebbero determinarsi sui saldi a causa del non allineamento temporale tra entrata e spesa. In particolare, sono escluse dal saldo finanziario:
La ratio dell'esclusione dal patto di stabilità interno delle spese sostenute dagli enti locali per realizzare interventi finanziati con fondi UE risiede nella necessità di non ritardare l'attuazione di interventi realizzati in compartecipazione con l'Unione Europea, tenuto conto che si tratta di importi che vengono poi rimborsati dall'UE all'Italia, previa rendicontazione. Nel caso in cui l'UE riconosca importi inferiori a quelli considerati ai fini dell'esclusione dal patto, l'importo corrispondente alle spese non riconosciute è incluso tra le spese del patto di stabilità relativo all'anno della comunicazione del mancato riconoscimento. Nel caso di comunicazione nell'ultimo quadrimestre, il recupero può essere effettuato anche nell'anno successivo.
Ulteriori deroghe, per l'anno 2014 e successivi, sono previste in favore di determinate categorie di enti locali, in particolare:
Ad oggi, il decreto attuativo della suddetta norma non risulta ancora emanato;
Specifiche deroghe sono inoltre introdotte in favore degli enti locali colpiti da eventi sismici. In particolare:
Da ultimo, al fine di risolvere il problema del pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni, la legge di stabilità per il 2014 (art. 1, commi 546-549, legge n. 147/2013) ha disposto un generale allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno per l'anno 2014, prevedendo l'esclusione dai vincoli del patto dei pagamenti di debiti di parte capitale, scaduti alla data del 31 dicembre 2012, effettuati dagli enti locali nell'anno 2014, per un importo complessivo di 500 milioni di euro. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 28 febbraio 2014, sono attribuiti, prioritariamente agli enti locali, gli importi dei pagamenti da escludere dal patto di stabilità interno. Sulla base del criterio di priorità individuato dal comma 548 della medesima legge n. 147/2013, gli spazi finanziari sono stati interamente attribuiti agli enti locali (D.M. Economia 28 febbraio 2014). Analoga esclusione è stata recentemente prevista dall'art. 4, co. 5-6, del D.L. n. 133/2014, per gli anni 2014 e 2015, per i pagamenti degli enti territoriali relativi a debiti in conto capitale maturati al 31 dicembre 2013, sostenuti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge medesimo, per un importo complessivamente pari a 300 milioni di euro, di cui 200 milioni per l'anno 2014 e 100 milioni per l'anno 2015.
Si ricorda, infine, che il comma 3 dell'articolo 10-quater del decreto legge 8 aprile 2013, n. 35 prevede, per il 2014, l'esclusione dal saldo rilevante ai fini della verifica del patto di stabilità interno del contributo attribuito ai comuni che hanno registrato il maggior taglio delle risorse operato negli anni 2012 e 2013 per effetto dell'assoggettamento degli immobili posseduti dagli stessi comuni nel proprio territorio all'imposta municipale propria. Tale contributo, pari a 270 milioni di euro per il 2014, è stato ripartito tra i comuni con decreto del Ministero dell'interno 3 ottobre 2013, emanato di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali in proporzione alle stime di gettito da imposta municipale propria relativo agli immobili posseduti dai comuni stessi nel proprio territorio comunicate dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze.
Da ultimo, si ricorda l'esclusione, dal computo del saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno per gli anni 2014 e 2015, delle spese sostenute dai comuni in tali anni per interventi di edilizia scolastica (nel limite massimo di 122 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015, ai sensi del D.L. n. 66/2014, art. 48, co. 1) e, per l'anno 2014, dei pagamenti effettuati dai comuni connessi agli investimenti in opere oggetto di segnalazione entro il 15 giugno 2014 alla Presidenza del Consiglio dei ministri (nel limite di 250 milioni di euro, ai sensi dell'art. 4, co. 3-4, del D.L. n. 133/2014).
Il sistema di premialità previsto in favore degli enti locali, disciplinato ai sensi del comma 122 dell'articolo 1 della legge n. 220/2010, prevede il beneficio di una riduzione degli obiettivi finanziari per gli enti locali rispettosi del patto di stabilità interno.
Il meccanismo della premialità autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze, con apposito decreto, emanato di concerto con il Ministro dell'interno e di intesa con la Conferenza Stato-città, a ridurre gli obiettivi annuali degli enti locali sottoposti al patto. L'importo della riduzione complessiva è commisurato agli effetti finanziari determinati dall'applicazione della sanzione operata a valere sul fondo sperimentale di riequilibrio e sul fondo perequativo, ovvero, sui trasferimenti erariali nel caso dei comuni della Regione Siciliana e della Sardegna [[nota: In quanto, si ricorda, che per tali comuni – contrariamente a quanto avviene nelle altre regioni a statuto speciale - la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato]], comminata nei confronti degli enti locali che non hanno rispettato l'obiettivo del patto di stabilità interno
Il meccanismo di premialità - inserito nella disciplina del patto di stabilità a decorrere dal 2009 dall'articolo 77-bis, commi 23-26, del D.L. n. 112/2008, e più volte ridefinito, dapprima dall'articolo 1, comma 122, della legge n. 220/2010 (legge di stabilità 2011) e poi dall'articolo 7, comma 5, del D.Lgs. n. 149/2011 – è stato, da ultimo, modificato dall'articolo 1, comma 545, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014), il quale ha eliminato la necessità della trasmissione alle Camere del decreto del Ministro dell'economia che dispone la riduzione degli obiettivi annuali del patto ed ha limitato l'ambito di applicazione del sistema di premialità medesimo ai soli enti locali assoggettabili alla sanzione della riduzione dei trasferimenti erariali, escludendo, conseguentemente, dal beneficio gli enti ricadenti nel territorio delle regioni a statuto speciale e delle province autonome che, in virtù della competenza esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, finanziano i propri enti con risorse del proprio bilancio.
La modifica sembra da porre in relazione agli effetti della sentenza della Corte Costituzionale del 19 luglio 2013, n. 219, la quale ha dichiarato la incostituzionalità delle disposizioni sanzionatorie recate dall'articolo 7 del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 149 per la parte inerente alle Autonomie speciali. Gli enti locali appartenenti al territorio delle Autonomie locali, infatti, in quanto non sanzionabili, non partecipano alla determinazione dell'importo complessivo in relazione al quale è commisurata la riduzione degli obiettivi del patto in base al sistema di premialità.
Si ricorda che il sistema di premialità è stato attuato nel 2011 con il D.M. Economia 24 febbraio 2012, il quale ha determinato una riduzione degli obiettivi programmatici per l'anno 2011 dei comuni e delle province rispettosi del patto 2010, in considerazione dell'importo complessivo degli effetti finanziari determinati dall'applicazione della sanzione, pari, rispettivamente, a circa 1,4 milioni di euro per le province e a 10 milioni per i comuni. Per l'anno 2012, la riduzione degli obiettivi degli enti locali in base alla premialità è stata attuata nei confronti degli enti adempienti al patto di stabilità interno del 2011 (con esclusione di quelli collocati nella classe virtuosa, ai sensi dell'articolo 20 del D.L. n. 98/2011) con il D.M. economia 22 gennaio 2013, per un importo complessivo pari a 1,171 milioni per le province e a 71,8 milioni per i comuni. Per le province, la riduzione degli obiettivi di saldo finanziario è stata applicata, per l'intero importo di 1,171 milioni di euro, alle sole province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, le cui popolazioni sono state colpite dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012. Per l'anno 2013, si è proceduto alla riduzione degli obiettivi programmatici del patto di stabilità interno delle province e dei comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti con il decreto 30 ottobre 2013, per importi complessivi pari a 2,152 milioni per i comuni e a 8,776 milioni per le province, corrispondenti all'importo degli effetti finanziari determinati dall'applicazione della sanzione agli enti che non hanno raggiunto l'obiettivo del patto di stabilità interno nel 2012.
Misure di flessibilità nell'applicazione del patto sono state introdotte per gli enti locali, a partire dall'esercizio 2009, con la previsione della cosiddetta regionalizzazione orizzontale e verticale del patto di stabilità. Tali misure sono state poi confermate negli esercizi successivi Ad esse si è aggiunta, più di recente, una forma di flessibilità a livello nazionale, limitata ai comuni: il patto orizzontale nazionale.
I c.d. patti di solidarietà fra enti territoriali sono stati introdotti nell'ordinamento al fine di rendere più sostenibili gli obiettivi individuali degli enti locali soggetti ai vincoli al patto di stabilità. Essi affiancano ed integrano la disciplina nazionale del patto, consentendo di attivare meccanismi di compensazione degli obiettivi finanziari a livello regionale e nazionale, finalizzati, in particolare, ad incentivare le spese di investimento degli enti locali le quali - in applicazione del criterio di computo dei saldi obiettivo in termini di competenza mista - sono risultate fortemente compresse dai vincoli del patto, rappresentando uno dei maggiori punti di criticità del patto di stabilità interno.
Per l'anno 2014 è confermata l'applicazione del Patto regionale verticale e orizzontale, di cui ai commi da 138 a 142 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011), nonché l'applicazione del patto verticale incentivato, di cui all'articolo 1, commi 122 e seguenti, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013), previsto sia per i comuni che per le province, in base al quale le regioni che cedono spazi finanziari ai propri enti locali ricevono liquidità finalizzata alla estinzione dei debiti.
Patto regionale verticale
Con il "patto regionale verticale", disciplinato dall'articolo 1, commi 138-140, della legge n. 220/2010, le regioni possono autorizzare gli enti locali del proprio territorio a peggiorare il loro saldo obiettivo, consentendo un aumento dei pagamenti in conto capitale, e procedere contestualmente alla rideterminazione del proprio obiettivo di risparmio, attraverso una riduzione delle proprie spese soggette al patto, per un ammontare pari all'entità complessiva dei pagamenti in conto capitale autorizzati, al fine di garantire – considerando insieme regione ed enti locali - il rispetto degli obiettivi finanziari.
Tale misura è stata estesa fino all'esercizio 2015, ai sensi dell'articolo 1, comma 505, lett. d), della legge n. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014).
La procedura - modificata dall'articolo 1, comma 543, della legge n. 147/2013 che ha anticipato i termini previsti per la sua attivazione - prevede, per gli anni 2014 e 2015, che gli enti locali devono comunicare all'ANCI, all'UPI e alle regioni e province autonome, entro il termine del 1° marzo di ciascun anno, l'entità dei pagamenti che possono effettuare nel corso dell'anno. Le regioni, entro il termine perentorio del 15 marzo, comunicano i nuovi obiettivi agli enti locali interessati dalla compensazione verticale.
Si ricorda che la c.d. ‘regionalizzazione' del patto di stabilità è stata introdotta dall'articolo 7-quater del D.L. n. 5/2009, e confermata per il 2010 dall'articolo 4, comma 4-sexsies, del D.L. n. 2/2010, al fine di consentire agli enti locali ‘virtuosi' di escludere dai vincoli del patto alcune particolari tipologie di spese in conto capitale (ad esempio, pagamenti in conto residui concernenti spese per investimenti effettuati nei limiti delle disponibilità di cassa a fronte di impegni regolarmente assunti, pagamenti per spese in conto capitale per impegni già assunti finanziate dal minor onere per interessi conseguente alla riduzione dei tassi di interesse sui mutui o alla rinegoziazione dei mutui stessi), considerate necessarie a fronteggiare la crisi economica.
Questa tipologia di flessibilità è stata molto utilizzata dagli enti territoriali.
Nel 2009, 6 regioni hanno proceduto a ricalcolare i proprio obiettivi programmatici, per un importo complessivo di 259 milioni di euro; le somme che gli enti locali hanno potuto ‘spendere', compensate sul patto della regione, sono state le seguenti: Piemonte 76,1 milioni; Liguria 8,3 milioni; Lombardia 40 milioni, Emilia-Romagna 33,4 milioni; Toscana 100 milioni, Umbria 1,3 milioni.
Nell'esercizio 2010 le regioni che hanno autorizzato pagamenti ai rispettivi enti locali sono state 7, per la somma complessiva di 403 milioni di euro. L'entità della spesa, in milioni di euro, per ciascuna regione coinvolta è stata la seguente: Basilicata 2,5; Emilia Romagna 92,7; Lazio 152; Piemonte 65; Sardegna 27,3; Toscana 60 e Umbria 3,8.
Nell'esercizio 2011, le regioni sono salite a 12 per un importo complessivo di 1.128,5 milioni di euro. Per ciascuna regione coinvolta, l'entità della spesa, in milioni di euro, è stata dei seguenti importi: Basilicata 4,1, Emilia Romagna 84, Lazio 180,9, Liguria 62,6, Lombardia 70, Marche 91,4, Piemonte 370, Puglia 50, Sardegna 50, Toscana 55, Umbria 30,3 e Veneto 80. Secondo i dati provvisori forniti dalla Ragioneria generale dello Stato.
Anche nel 2012 il patto verticale è stato molto utilizzato dalle regioni (12 regioni), che hanno ceduto spazi finanziari agli enti locali per circa 906,7 milioni di euro, così distribuiti sul territorio, in milioni di euro: Basilicata 24, Campania 120, Emilia Romagna 56,2, Lazio 242,3, Liguria 140, Lombardia 54,2, Marche 55, Piemonte 124,6, Sardegna 23,2, Toscana 36,9, Umbria 15 e Veneto 15 milioni.
Patto regionale verticale incentivato
Per favorire la flessibilità regionale verticale, è stata inoltre prevista, per gli anni 2012, 2013 e 2014, l'attribuzione alle regioni a statuto ordinario, alla Regione siciliana ed alla Regione Sardegna - vale a dire a tutte le regioni in cui i comuni ricevono risorse erariali – di un incentivo consistente in un contributo finanziario. A fronte del contributo, le regioni si impegnano a cedere, ai comuni e alle province ricadenti nel proprio territorio, spazi finanziari da attribuire mediante le procedure che disciplinano il patto verticale. Gli spazi finanziari ceduti agli enti locali devono essere utilizzati dagli stessi per il pagamento di obbligazioni di parte capitale assunte. Poiché l'obiettivo complessivo del comparto regione-enti locali deve comunque rimanere invariato, il contributo assegnato alle regioni è destinato esclusivamente alla riduzione del debito.
Si segnala che, con il patto regionale verticale, la regione potrà cedere ulteriori spazi ai singoli enti ovvero cedere spazi a nuovi enti richiedenti ma non ridurre gli spazi già ceduti con il patto verticale incentivato.
Per l'anno 2012, il contributo è stato autorizzato dall'articolo 16, commi da 12-bis a 12-sexies, del D.L. n. 95 del 2012. La norma recava una ripartizione tra le regioni del contributo, ma prevedeva la possibilità di variare gli importi stabiliti per ciascuna regione, mediante accordo da sancire in Conferenza Stato-Regioni. L'accordo tra le regioni è stato raggiunto e ratificato in sede di Conferenza Stato-Regioni il 3 agosto 2012. Tali risorse, che le regioni avrebbero dovuto destinare a riduzione del debito, tuttavia, sono state utilizzate – per la maggior parte - per effettuare il taglio di 700 milioni di euro previsto dal comma 2 dell'articolo 16 del medesimo D.L. n. 95 del 2012, quale ulteriore contributo delle regioni alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per l‘anno 2012. A tal fine è intervenuto il decreto 21 dicembre - su cui è stato raggiunto l'accordo in Conferenza Stato-Regioni il 22 novembre 2012 e che recepisce la ripartizione dei 700 milioni di euro per l'anno 2012 concordata dalle regioni in sede di Conferenza delle Regioni il 3 agosto 2012 - con il quale le risorse da tagliare sono state individuate in quelle autorizzate ai sensi dei commi 12-bis e 12-ter dell'articolo 16 del D.L. 95/2012, vale a dire a valere sul contributo complessivo di 800 milioni di euro per l'anno 2012.
Per l'anno 2013, il contributo inizialmente previsto dall'articolo 1, comma 122, della legge n. 228/2012 nella misura di 800 milioni di euro, è stato aumentato a 1.272 milioni di euro dall'articolo 1-bis del D.L. 8 aprile 2013, n. 35 ed esteso anche all'anno 2014.
A differenza di quanto avvenuto per l'anno 2012, il contributo è ripartito in due quote, una da destinare alla rimodulazione degli obiettivi del patto dei comuni pari a 954 milioni di euro; l'altra, destinata alla rimodulazione degli obiettivi del patto delle province, pari a 318 milioni di euro. A differenza della precedente disciplina, inoltre, si dispone che almeno il 50% della quota riservata alla rimodulazione del patto dei comuni deve essere riservata ai piccoli comuni con popolazione da 1.000 a 5.000 abitanti, soggetti al patto di stabilità dal 2013.
Come per l'anno 2012, si prevede una ripartizione tra le regioni del contributo, ma si prevede altresì la possibilità di variare gli importi stabiliti per ciascuna regione, mediante accordo da sancire in Conferenza Stato-Regioni. Tale accordo è stato sancito in sede di Conferenza Stato-Regioni l'11 luglio 2013. Con il medesimo accordo le regioni hanno inoltre definito la ripartizione tra le stesse del taglio di risorse disposto dall'art. 16 del D.L. 95/2012 per complessivi 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014. In sostanza, come già avvenuto per il 2012, le risorse attribuite alle regioni a statuto ordinario per l'incentivazione del patto regionalizzato verticale sono state messe a disposizione – dalle regioni stesse – per il taglio di risorse disposto dal decreto legge 95 del 2012. Da ultimo, con il decreto MEF 7 agosto 2013 è stato recepito il suddetto accordo e quindi determinata per ciascuna regione a statuto ordinario la quota di risorse da tagliare per il 2013 e 2014, corrispondenti alle risorse messe a disposizione come contributo per il patto incentivato.
Si precisa peraltro che ai sensi dell'articolo 3 del D.M. 7 agosto 2013, le risorse per l'incentivazione del patto regionalizzato verticale possono essere considerate di spettanza delle Regioni e, quindi, utili ai fini della riduzione disposta dal D.L. n. 95/2013 soltanto a condizione che le Regioni abbiano ceduto effettivamente spazi finanziari nell'ambito del patto di stabilità interno agli enti locali del proprio territorio.
Per ciascuna regione, la cifra indicata nella tabella di riparto del contributo è destinata a coprire l'83,33% della quota che la regione cede agli enti locali al fine della rimodulazione degli obiettivi del patto di stabilità.
Per l'anno 2014, la disciplina è stata integrata dalla legge n. 147/2013, la quale ha disposto, al comma 541 - con una novella al comma 125 della legge n. 228/2012 – l'anticipazione al 15 marzo (rispetto al 31 maggio) del termine perentorio previsto per il 2014 per la comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze, da parte delle regioni, di tutti gli elementi informativi occorrenti per la verifica del mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica, in caso di attivazione del patto regionale verticale.
Inoltre, il comma 542 interviene sulle modalità di distribuzione ai piccoli comuni della quota del 50 per cento degli spazi finanziari concessi dalle regioni, di cui al comma 123 della legge n. 228/2012, prevedendo che tale quota sia distribuita, da ciascuna regione, ai comuni con popolazione compresa tra i 1.000 e i 5.000 abitanti fino al conseguimento del saldo obiettivo pari a zero. Gli eventuali spazi non assegnati a valere sulla predetta quota del 50 per cento sono comunicati, entro il 10 aprile 2014, da ciascuna regione al Ministero dell'economia e delle finanze, affinché gli stessi siano attribuiti, entro il 30 aprile 2014 con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Unificata, ai comuni con popolazione compresa tra i 1.000 e i 5.000 abitanti di tutte le regioni a statuto ordinario, alla Regione siciliana e alla regione Sardegna che presentino un saldo obiettivo positivo.
Patto regionale orizzontale
Con il patto regionale orizzontale, disciplinato dai commi 141 e 142 dell'articolo 1, della legge n. 220 del 2010, la regione può ulteriormente intervenire, a favore degli enti locali del proprio territorio, integrando le regole e modificando gli obiettivi posti dal legislatore nazionale, per consentire una rimodulazione "orizzontale" degli obiettivi finanziari tra gli enti locali del proprio territorio, in relazione alla diversità delle situazioni finanziarie esistenti sul territorio medesimo, purché venga garantito il rispetto dell'obiettivo complessivamente determinato per gli enti locali della regione.
Il meccanismo di attuazione di tale rimodulazione, disciplinato dal D.M. economia e finanze 6 ottobre 2011, si fonda sulla cessione di "spazi finanziari" da parte dei comuni e delle province che prevedono di conseguire un differenziale positivo rispetto all'obiettivo prefissato in favore di quelli che rischiano, invece, di conseguire un differenziale negativo rispetto all'obiettivo. Tali spazi finanziari possono essere utilizzati dagli enti che li acquisiscono soltanto per effettuare spese in conto capitale ovvero spese inderogabili ovvero spese capaci di incidere positivamente sul sistema economico. La rimodulazione non è autorizzata se finalizzata alla realizzazione di spesa corrente di carattere discrezionale.
La procedura prevede che ogni regione provveda, dunque, a ridefinire e a comunicare agli enti locali il nuovo obiettivo annuale del patto di stabilità interno, comunicando altresì al Ministero dell'economia e delle finanze tutti gli elementi informativi per la verifica del mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica per ciascun ente locale che partecipa al meccanismo di compensazione orizzontale, entro il termine del 31 ottobre di ciascun anno. Le amministrazioni che cedono o acquisiscono spazi finanziari di patto ottengono nel biennio successivo, rispettivamente, un alleggerimento o un aggravio del proprio obiettivo.
La rimodulazione regionale orizzontale delle regole per gli enti locali è stata introdotta dall'articolo 77-ter, comma 11, del D.L. n. 112/2008. Essa consentiva alle regioni a statuto ordinario di ‘adattare' – sulla base dei criteri stabiliti in sede di consiglio delle autonomie - le regole per gli enti locali compresi nel proprio territorio fermo restando l'obiettivo determinato complessivamente dalle regole del patto di stabilità.
Il Patto regionale orizzontale è stato attivato per la prima volta nel 2010 da tre sole regioni. Nell'esercizio 2011, le regioni in cui sono state effettuate 'compensazioni' tra gli enti locali sono salite a otto, per un totale complessivo di 70,2 milioni. Nel 2012, secondo i dati provvisori forniti dalla Ragioneria generale dello Stato, sette regioni hanno attivato il patto orizzontale, per circa 58 milioni di euro complessivi, di cui 6,7 milioni in Abruzzo, 29,3 milioni in Emilia-Romagna, 6,7 milioni nel Lazio, 5,6 milioni Lombardia, 0,5 milioni in Piemonte e 8,9 milioni in Veneto.
Patto orizzontale nazionale
Una ulteriore misura di flessibilità è stata, infine, introdotta per i soli comuni a livello nazionale a partire dall'anno 2012. Il c.d. "Patto orizzontale nazionale", disciplinato dall'articolo 4-ter del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, come, da ultimo, modificato dall'articolo 1, comma 544, della legge n. 147/2013, consente la rimodulazione orizzontale degli obiettivi finanziari tra i comuni non più a livello regionale ma a livello nazionale - fermo restando l'obiettivo complessivamente determinato per il comparto comunale dalle regole del patto – allo scopo di consentire lo smaltimento dei residui passivi di conto capitale degli enti locali.
Il meccanismo si basa, come per il patto regionale orizzontale, sulla cessione spazi finanziari - la cui entità va comunicata al Ministero dell'economia entro il termine del 15 giugno - da parte dei comuni che prevedono di conseguire un differenziale positivo rispetto all'obiettivo del patto previsto dalla normativa vigente a vantaggio di quelli che, invece, prevedono di conseguire, nell'anno di riferimento, un differenziale negativo rispetto all'obiettivo prefissato. Lo scopo è quello di consentire a questi ultimi l'utilizzo di maggiori spazi finanziari soltanto ed esclusivamente per il pagamento dei residui passivi di parte capitale.
La disciplina del patto orizzontale nazionale riconosce in favore dei comuni che cedono spazi finanziari un miglioramento degli obiettivi del patto nel biennio successivo, cui fa riscontro un corrispondente peggioramento dei saldi obiettivo per gli enti che, invece, si avvantaggiano di tale normativa, commisurato alla metà del valore dello spazio acquisito (nel caso di richiesta) o attribuito (nel caso di cessione). Il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato del Ministero dell'economia provvede, dunque, , entro il 10 luglio, ad aggiornare il prospetto degli obiettivi del patto di stabilità interno dei comuni interessati dalla rimodulazione, con riferimento sia all'anno in corso che al biennio successivo.
Secondo i dati forniti dalla Ragioneria generale dello Stato, nel 2012 441 comuni hanno richiesto di poter beneficiare di rimodulazioni orizzontali degli obiettivi finanziari, per un importo complessivo pari a 985 milioni di euro, a fronte di spazi finanziari ceduti per soli 128 milioni di euro.
L'applicazione di tale forma di flessibilità è stata sospesa nell'anno 2013 ai sensi del D.L. n. 35/2013 (art. 1, comma 6).
Patto regionale integrato
Una evoluzione del patto regionalizzato è stata introdotta con l'articolo 20, comma 1, del D.L. n. 98/2011, che superando il meccanismo delle compensazioni verticali ed orizzontali apre la prospettiva ad un "patto regionale integrato", prevedendo la possibilità, per ciascuna regione di concordare direttamente con lo Stato le modalità di raggiungimento dei propri obiettivi, esclusa la componente sanitaria, e di quelli degli enti locali del proprio territorio, previo accordo concluso in sede di Consiglio delle autonomie locali e, ove non istituito, con i rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI regionali. Tale patto regionalizzato è stato ulteriormente ridefinito dalla legge di stabilità per il 2012 (articolo 32, comma 17, legge n. 183/2011).
Le regioni possono concordare le modalità di raggiungimento degli obiettivi singolarmente con lo Stato, previo accordo concluso in sede di Consiglio delle autonomie locali e, ove non istituito, con i rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI regionali. Le modalità che vengono così definite devono essere conformi a "criteri europei" per quanto riguarda l'individuazione delle entrate e delle spese valide per il patto. Per le modalità di attuazione di questo "patto regionale integrato", il comma 17 del citato articolo 32 rinvia ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanarsi, d'intesa con la Conferenza Unificata, entro il 30 novembre 2012. Il decreto dovrà stabilire, inoltre, le modalità e le condizioni della eventuale esclusione dal 'patto concordato' delle regioni che nel triennio precedente non abbiano rispettato il patto o siano sottoposte al piano di rientro dal deficit sanitario.
Il Patto c.d. integrato non ha finora ricevuto attuazione. Da ultimo, la legge di stabilità per il 2014 ne ha posticipato l'applicazione al 2015 (art. 1, comma 505, lett. a), legge n. 147/2013).
In considerazione della specificità della città di Roma quale Capitale della Repubblica, è stata prevista una procedura particolare per la determinazione degli obiettivi del patto di stabilità interno da applicare al Comune di Roma.
Le regole per la determinazione degli obiettivi del patto di stabilità interno per il Comune di Roma sono contenute nell'articolo 12 del D.Lgs. n. 61/2012, recante il nuovo ordinamento di Roma Capitale. La norma prevede che Roma capitale concordi con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro il 31 maggio di ciascun anno, le modalità e l'entità del proprio concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica. A tal fine, entro il 31 marzo di ciascun anno, il Sindaco trasmette la proposta di accordo al Ministro dell'economia.
In caso di mancato accordo, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, il concorso di Roma capitale alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica è determinato sulla base delle disposizioni applicabili ai restanti comuni.
Sono, infine previste, alcune specificazioni in merito alle modalità di computo del saldo finanziario utile ai fini del rispetto del patto di stabilità interno, prevedendo che siano escluse dal saldo:
A tal riguardo, la circolare del Ministero dell'economia n. 6/2014 ha evidenziato, che il disposto di cui all'articolo 2 del D.Lgs. n. 61 del 2012, in materia di determinazione dei costi connessi al ruolo di capitale della Repubblica, non ha ancora avuto attuazione, né tantomeno sono state appostate nella legge di stabilità risorse da destinare allo scopo. Pertanto, allo stato non è stato possibile procedere all'esclusione delle spese in questione.
Inoltre, limitatamente agli anni 2013 e 2014, per garantire l'equilibrio di parte corrente del bilancio di Roma Capitale sono escluse dal patto di stabilità interno le entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 2, comma 196-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, così come da ultimo modificato dall'articolo 4, comma 1, del decreto legge 30 dicembre 2013, n. 151, in materia di rapporti finanziari tra Roma Capitale e la Gestione Commissariale.
Il comma 18 dell'articolo 31 della legge n. 183/2011 riguarda le modalità di predisposizione del bilancio di previsione degli enti sottoposti al patto di stabilità, prevedendo che esso debba essere approvato iscrivendo le previsioni di entrata e di spesa di parte corrente in misura tale che, unitamente alle previsioni dei flussi di cassa di entrate e spese di parte capitale, al netto delle riscossioni e delle concessioni di crediti, sia garantito il rispetto delle regole che disciplinano il patto. A tal fine, è fatto obbligo agli enti locali di allegare al bilancio di previsione un apposito prospetto contenente le previsioni di competenza e di cassa degli aggregati rilevanti ai fini del patto di stabilità interno.
La finalità di tale disposizione è quella di far sì che il rispetto delle regole del patto di stabilità interno costituisca un vincolo all'attività programmatoria dell'ente, anche al fine di consentire all'organo consiliare di vigilare in sede di approvazione di bilancio. Il prospetto contenente le previsioni di competenza e di cassa degli aggregati rilevanti ai fini del patto di stabilità interno, non è meramente dimostrativo di poste di bilancio, ma è finalizzato all'accertamento preventivo del rispetto del patto di stabilità interno. Esso, pertanto, pur non incidendo in maniera diretta sul bilancio, è da considerarsi elemento costitutivo del bilancio preventivo stesso, inteso come documento programmatorio complessivo adottato dall'ente. In tal senso si è infatti espressa la Sezione della Corte dei conti della Lombardia con la deliberazione n. 233/2008 ed il parere n. 421/2010.
Con riferimento, inoltre, alla gestione finanziaria, l'eventuale sforamento dei vincoli del patto di stabilità interno può essere oggetto di verifica da parte della magistratura contabile, al fine di segnalare il possibile scostamento agli organi elettivi dell'ente, in modo che possano intervenire in tempo utile per porre rimedio.
Si ricorda peraltro, per quanto concerne in particolare la gestione della spesa, che l'articolo 9, comma 1, lett. a), numero 2, del D.L. n. 78 del 2009 dispone che il funzionario che adotta provvedimenti che comportano impegni di spesa "ha l'obbligo di accertare preventivamente che il programma dei conseguenti pagamenti sia compatibile con i relativi stanziamenti di bilancio e con le regole di finanza pubblica". Ne discende, pertanto, che, oltre a verificare le condizioni di copertura finanziaria prevista dall'articolo 151 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL), come richiamato anche nell'articolo 183 dello stesso TUEL, il predetto funzionario deve verificare anche la compatibilità della propria attività di pagamento con i limiti previsti dal patto di stabilità interno ed, in particolare, deve verificarne la coerenza rispetto al prospetto obbligatorio allegato al bilancio di previsione di cui al comma 18 dell'articolo 31 della legge n. 183/2011. La violazione dell'obbligo di accertamento in questione comporta responsabilità disciplinare ed amministrativa a carico del predetto funzionario.
Si rammenta, infine, che, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lett. d), della legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196), il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, in virtù delle esigenze di controllo e di monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica, provvede ad effettuare, tramite i Servizi ispettivi di finanza pubblica, verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile delle amministrazioni pubbliche. Tali Servizi, peraltro, essendo chiamati a svolgere verifiche presso gli enti territoriali volte a rilevare eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica, effettuano controlli anche sull'andamento della gestione finanziaria rispetto agli aggregati rilevanti ai fini del patto di stabilità interno e sull'eventuale superamento dei vincoli imposti dallo stesso.
Il monitoraggio del rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno prevede la rilevazione delle risultanze finanziarie di tutti gli enti soggetti al patto (province e comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti) anche al fine di acquisire elementi informativi utili per la finanza pubblica, anche con riferimento alla loro situazione debitoria.
Gli enti sono tenuti a trasmettere semestralmente al Ministero dell'economia e finanze – Ragioneria generale dello Stato, entro 30 giorni dalla fine del periodo di riferimento, le informazioni riguardanti le risultanze in termini di competenza mista, attraverso il sistema web (http://pattostabilitainterno.tesoro.it).
Il prospetto e le modalità di comunicazione delle informazioni richieste sono definiti con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato–regioni e autonomie locali. Con il medesimo decreto è definito altresì il prospetto dimostrativo dell'obiettivo determinato per ciascun ente.
La mancata trasmissione del prospetto contenente gli obiettivi programmatici entro 45 giorni dalla pubblicazione del relativo decreto costituisce inadempimento al patto di stabilità interno (art. 31, comma 20, legge n. 183/2011).
Le informazioni richieste sono quelle utili all'individuazione del saldo, espresso in termini di competenza mista, conseguito nell'anno di riferimento e cioè gli accertamenti e gli impegni, per la parte corrente, gli incassi e i pagamenti, per la parte in conto capitale, le entrate derivanti dalla riscossione di crediti, le spese derivanti dalla concessione di crediti e le altre esclusioni previste dalla norma.
Ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, gli enti ad esso soggetti devono, inoltre, inviare al Ministero dell'economia (Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato), utilizzando il suddetto sistema web, entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, una certificazione del saldo finanziario conseguito in termini di competenza mista.
L'articolo 1, comma 539, della legge di stabilità 2014, modificando il comma 20 dell'articolo 31 della legge n. 183 del 2011, ha disposto, a partire dal 2014, la sostituzione dell'invio della certificazione attestante il rispetto del patto di stabilità interno in forma cartacea (a mezzo raccomandata) con l'invio telematico, prevedendone la sottoscrizione, con firma digitale, dal rappresentante legale, dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione economico-finanziaria.
La certificazione è obbligatoria; anche in questo caso, la mancata trasmissione della certificazione entro il termine perentorio del 31 marzo costituisce inadempimento al patto di stabilità interno.
Nel caso in cui la certificazione, sebbene in ritardo, sia trasmessa entro 60 giorni dal termine stabilito per l'approvazione del conto consuntivo ed attesti tuttavia il rispetto del patto di stabilità interno, allora si applicano all'ente, tra le sanzioni previste per inadempimento, soltanto quella relativa al divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo.
L'articolo 1, comma 445, delle legge n. 228/2012, sostituendo gli ultimi due periodi del comma 20 dell'articolo 31 della legge n. 183/2011, ha introdotto specifiche conseguenze nell'ipotesi di mancata trasmissione della certificazione decorsi 60 giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto di gestione. In tale caso, l'organo di revisione, in qualità di commissario ad acta, è tenuto ad assicurare l'assolvimento dell'adempimento e a trasmettere la predetta certificazione entro i successivi 30 giorni. Fino a tale invio, le erogazioni di risorse o di trasferimenti all'ente locale da parte del Ministero dell'interno sono sospesi, su apposita segnalazione del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Il comma 446 della legge n. 228/2012 ha peraltro previsto – introducendo il comma 20-bis al citato articolo 31 - che, qualora l'ente locale registri un peggioramento del proprio posizionamento rispetto all'obiettivo del patto di stabilità interno rispetto a quanto già certificato, esso è tenuto comunque, ad inviare una nuova certificazione, a rettifica della precedente anche decorsi i 60 giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto di gestione.
Le informazioni inviate dagli enti locali al Ministero dell'economia ai fini del monitoraggio devono essere messe a disposizione dell'UPI, dell'ANCI e delle Camere da parte del Ministero medesimo secondo modalità e con contenuti individuati tramite apposite convenzioni (comma 25).
Il comma 32 dell'articolo 31 della legge n. 183/2011 reca una disposizione che prevede che i termini riguardanti gli adempimenti degli enti locali relativi al monitoraggio ed alla certificazione del patto di stabilità interno possano essere modificati con decreto del Ministro dell'economia, qualora intervengano modifiche legislative alla disciplina del patto di stabilità interno.
Il comma 26 dell'articolo 31 della legge n. 183/2011, come novellato dall'articolo 1, comma 439, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013), reca le misure di carattere sanzionatorio applicabili, a regime, agli enti locali che non abbiano rispettato gli obiettivi del patto di stabilità.
Il sistema sanzionatorio dispone per gli enti inadempienti, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza:
In merito, si ricorda che fino all'anno 2011, era fissato un limite massimo alla riduzione delle risorse, pari ad un importo comunque non superiore al 5 per cento (poi abbassata al 3 per cento dal D.L. n. 149/2011) delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo. Un limite massimo alla riduzione di risorse, nella misura del 5 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo, è stato da ultimo reintrodotto, in via straordinaria per il 2013, ai sensi dell'articolo 1, comma 447, della legge n. 228/2012, in favore degli enti locali che hanno avviato procedure di privatizzazione di società partecipate nell'anno 2012, con relativa riscossione conseguita entro il 28 febbraio 2013, che tuttavia non hanno raggiunto l'obiettivo finanziario del patto di stabilità 2012 per la mancata riscossione nell'anno 2012.
Con riferimento specifico ai comuni, si ricorda che l'articolo 1, comma 380, della legge n. 228/2012 ha disposto la soppressione del Fondo sperimentale di riequilibrio comunale - nonché dei trasferimenti erariali a favore dei comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna, limitatamente alle tipologie di trasferimenti fiscalizzati – in ragione della complessiva ridefinizione della destinazione del gettito rinveniente dall'IMU e dei rapporti finanziari tra Stato e comuni, prima delineato dal D.Lgs. n. 23 del 2011 sul federalismo municipale. Contestualmente all'attribuzione dell'intero gettito IMU ai comuni (con l'eccezione di quello sugli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, che rimane allo Stato), è stato istituito il Fondo di solidarietà comunale, alimentato da una quota dell'imposta municipale propria da definirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Pertanto, le disposizioni in materia di sanzioni che richiamano il fondo sperimentale di riequilibrio comunale o i trasferimenti erariali in favore dei comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna devono intendersi riferite al fondo di solidarietà comunale.
Ai fini dell'applicazione della suddetta sanzione, la Circolare del Ministero dell'economia e finanze 18 febbraio 2014, n. 6, esplicativa del patto di stabilità interno per i comuni e le province per il triennio 2014-2016, ha precisato che i limiti agli impegni si applicano alle spese correnti identificate dal Titolo I della spesa, senza alcuna esclusione;
Per quanto concerne la contrazione di mutui e di prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti, si precisa, in linea con la normativa vigente, che essi devono essere corredati da apposita attestazione, da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno precedente. In assenza della predetta attestazione, l'istituto finanziatore o l'intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito.
La Circolare n. 6/2014 ha precisato in merito che, ai fini dell'applicazione della sanzione, il divieto non opera nei riguardi delle devoluzioni di mutui già in carico all'ente locale contratti in anni precedenti. Non rientrano, inoltre, nel divieto le operazioni che non configurano un nuovo debito, quali i mutui e le emissioni obbligazionari, il cui ricavato è destinato all'estinzione anticipata di precedenti operazioni di indebitamento, che consentono una riduzione del valore finanziario delle passività, né le sottoscrizioni di mutui la cui rata di ammortamento è a carico di un'altra amministrazione pubblica.
In relazione a tale disposizione, la Circolare n. 6/2014 precisa che devono considerarsi riconducibili alla spesa di personale degli enti locali le spese sostenute da tutti gli organismi variamente denominati (istituzioni, aziende, fondazioni, ecc.) che non abbiano indicatori finanziari e strutturali tali da attestare una sostanziale posizione di effettiva autonomia rispetto all'amministrazione controllante. La Circolare evidenzia, altresì, che il divieto di assunzione sussiste per tutti gli enti in cui il rapporto tra spesa di personale (comprensiva delle spese di personale delle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo) e spesa corrente sia pari o superiore al 50%, precisando come per il calcolo di tale rapporto debbano considerarsi anche le spese di personale delle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo, puntualmente individuate dall'articolo 20, comma 9, del D.L. n. 98 del 2011;
I successivi commi 28 e 29 dell'articolo 31 della legge n. 183/2011 fanno riferimento alle ipotesi in cui la violazione del patto di stabilità interno sia accertata successivamente all'anno seguente a quello cui la violazione si riferisce. In tal caso, si prevede l'applicazione delle sanzioni sopra elencate nell'anno successivo a quello in cui è stato accertato il mancato rispetto del patto di stabilità interno. Gli enti locali sono tenuti a comunicare l'inadempienza al Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato entro 30 giorni dall'accertamento della violazione del patto di stabilità interno.
A partire dal 2011, con il D.L. n. 98/2011, sono state introdotte nuove misure 'antielusive' delle regole del patto di stabilità interno, poi confermate per gli anni successivi, finalizzate a scoraggiare l'adozione di mezzi elusivi per addivenire ad un rispetto solo formale del patto.
Secondo quanto evidenziato dalla Corte dei Conti nel Rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica, tra le pratiche elusive del patto di stabilità interno rivestono maggiore incidenza, in termini quantitativi, nell'esperienza delle Sezioni regionali di controllo, operazioni contabili che si sostanziano nell'utilizzo improprio dei servizi per conto terzi (c.d. partite di giro) . Essendo, infatti, poste, queste, che non rilevano ai fini del calcolo dei saldi del patto di stabilità interno, la non corretta imputazione contabile delle entrate e delle spese alle partite di giro è suscettibile di determinare effetti distorsivi sul patto.
Tra le condotte elusive assumono peraltro particolare rilievo alcuni istituti o prassi che, pur ammessi nel quadro normativo vigente, possono assumere carattere distorsivo sul patto di stabilità ove distolti dal fine proprio: è il caso delle esternalizzazioni con finalità elusive, dell'utilizzo improprio di alcuni strumenti contrattuali, quali il leasing immobiliare, il project financing, il sale and lease back, l'accollo del debito. Ma rilevano, soprattutto, prassi che, per un verso, contravvengono al principio di integrità e universalità del bilancio, come nel caso del rinvio a successivi esercizi di pagamenti eccedenti i limiti previsti dal patto con conseguente formazione di debiti fuori bilancio, e che per altro verso contraddicono il principio di veridicità del bilancio, come nel caso della sovrastima delle entrate accertate per effetto di una non corretta valutazione dei presupposti per l'accertamento.
In tali casi, le norme introdotte dall'articolo 20, commi 10 e 12, del D.L. n. 98 e confermate dalla legge di stabilità 2012 (articolo 31, commi 30 e 31) dispongono:
a) la nullità dei contratti di servizio e degli altri atti posti in essere dalle regioni e dagli enti locali che si configurano elusivi delle regole del patto di stabilità interno.
b) sanzioni pecuniarie per i responsabili di atti elusivi delle regole del patto.
In particolare, il comma assegna alle Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti - qualora accertino che il rispetto del patto di stabilità interno è stato artificiosamente conseguito mediante una non corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio o altre forme elusive - il compito di irrogare le seguenti sanzioni pecuniarie: