Pur contribuendo al contenimento degli andamenti della finanza pubblica, l'applicazione del Patto di stabilità interno ha determinato, negli anni, alcuni effetti distorsivi delle tendenze strutturali della spesa degli enti locali, indotte dall'esigenza di rispettarne i vincoli, contribuendo ad aggravare il problema del ritardo dei pagamenti delle Amministrazioni territoriali e, portando, di fatto, alla progressiva paralisi degli investimenti.
In particolare, l'irrigidimento delle condizioni del patto di stabilita' interno - a causa della progressiva stratificazione delle manovre restrittive che ha via via eroso i margini di manovra degli enti - ha ridotto sensibilmente la possibilità degli enti locali di avvalersi di escape clauses, imponendo un effettivo contenimento della dinamica del deficit, i cui effetti si sono registrati anche nei dati di contabilità nazionale.
L'ampio adempimento degli enti locali agli obiettivi imposti dal patto ha, tuttavia, determinato una forte compressione della spesa per investimenti: quest'ultima, per il suo carattere discrezionale, è risultata di fatto la componente di spesa maggiormente penalizzata dal vincolo. Il criterio della cosiddetta "competenza mista" quale criterio di calcolo dei saldi obiettivo per gli enti locali - che considera la spesa per investimenti secondo il criterio della cassa - ha di fatto impedito la naturale trasformazione degli impegni di parte capitale in pagamenti alle imprese, provocando l'accumulo di debiti anche in presenza di risorse di cassa disponibili. Molti enti si sono trovati nell'impossibilità di effettuare pagamenti riferiti ad impegni regolarmente assunti negli anni precedenti (per il finanziamento di opere già progettate o per il proseguimento di lavori già iniziati) nonostante avessero le disponibilità di cassa, rese inutilizzabili dai vincoli del patto.
Al fine di rendere più sostenibili gli obiettivi annuali degli enti soggetti ai vincoli del patto di stabilità ed allentare, nel contempo, la pressione sulle spese di investimento, sono state introdotte nell'ordinamento, a partire dal 2009, una serie di misure di flessibilità per il rispetto del patto di stabilità (i c.d. patti di solidarietà fra enti territoriali), che sono andate ad affiancare e ad integrare la disciplina nazionale del patto, attraverso meccanismi di compensazione degli obiettivi finanziari imposti agli enti locali, sia a livello regionale con la cosiddetta regionalizzazione orizzontale e verticale del patto di stabilità, che a livello nazionale con il patto orizzontale nazionale.
In particolare, attraverso le compensazioni a livello regionale, definite normativamente nel 2009 ed attivate dal 2010, si è data la possibilità alle regioni di intervenire a favore degli enti locali del proprio territorio, attraverso una rimodulazione degli obiettivi finanziari assegnati ai singoli enti (c.d. patto regionale orizzontale) e alla regione medesima (patto regionale verticale) – fermo restando il rispetto degli obiettivi complessivi posti dal legislatore ai singoli comparti - al fine di garantire agli enti locali maggiori margini per l'effettuazione di spese, soprattutto in conto capitale, senza incorrere nella violazione del patto.
Per favorire la flessibilità regionale, a partire dal 2012 è stata definita una ulteriore forma di patto verticale, c.d. incentivato, che prevedeva l'attribuzione alle regioni di un contributo finanziario, a fronte del quale le regioni si impegnano a cedere ai comuni e alle province ricadenti nel proprio territorio spazi finanziari da attribuire mediante le procedure del patto regionalizzato verticale. Gli spazi finanziari ceduti agli enti locali dovevano essere utilizzati dagli stessi per il pagamento di obbligazioni di parte capitale assunte, ed in particolare, con priorità per il pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili fino alla data del 31 dicembre del 2014.
Con il sistema di compensazioni orizzontali a livello nazionale tra comuni, introdotto a decorrere dal 2012, il Ministero dell'economia e delle finanze consente la rimodulazione orizzontale degli obiettivi finanziari tra gli enti - fermo restando l'obiettivo finanziario complessivamente determinato per il comparto comunale – allo scopo di consentire lo smaltimento di residui passivi di parte capitale dei comuni che siano in tal senso impossibilitati dai vincoli del patto, garantendo ad essi maggiori spazi finanziari di patto messi a disposizione dagli altri comuni.
Si ricorda, infine, che l'articolo 20, comma 1, del D.L. n. 98/2011, superando il meccanismo delle compensazioni verticali ed orizzontali, aveva aperto la prospettiva ad un "patto regionale integrato", prevedendo la possibilità, per ciascuna regione di concordare direttamente con lo Stato le modalità di raggiungimento dei propri obiettivi, esclusa la componente sanitaria, e quelli degli enti locali del proprio territorio, previo accordo concluso in sede di Consiglio delle autonomie locali e, ove non istituito, con i rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI regionali. L'applicazione del patto regionale integrato è stata più volte rinviata nel tempo, in ragione del fatto che il meccanismo richiedeva l'adozione della stessa tipologia di obiettivo di patto per le regioni e gli enti locali. Da ultimo, la legge di stabilità per il 2015 ne ha disposto la soppressione (art. 1, comma 493, legge n. 190/2014), in conseguenza dell'introduzione del vincolo del pareggio di bilancio per le regioni.
Con la messa a regime della disciplina del pareggio di bilancio per gli enti territoriali (mettere link al tema: la disciplina del pareggio di bilancio per regioni ed enti locali), le disposizioni che hanno regolato fino al 2016 i patti di solidarietà tra enti territoriali, sia in ambito sia regionale che nazionale, hanno cessato di avere efficacia.
Per una disamina del funzionamento e delle risorse coinvolte per i patti di solidarietà in ambito regionale nel 2015, si veda la sintesi presente nel capitolo 15. I Patti di solidarietà, pp. 224-227, in Corte dei conti, Nuove regole per Regioni ed Enti locali alla prova (patto di stabilità e pareggio di bilancio nel 2015), stralcio dal Rapporto 2016 sul coordinamento della finanza pubblica.
L'attivazione dei meccanismi di compensazione in ambito regionale dei vincoli del patto, sia a livello verticale che orizzontale, ha fornito la prima risposta alle problematiche applicative della disciplina, emerse con riferimento soprattutto alle spese di investimento degli enti locali, fortemente penalizzate dal patto di stabilità interno.
Con il "patto regionale verticale", si è data alle regioni la possibilità di autorizzare gli enti locali del proprio territorio a peggiorare il loro saldo, consentendo ad essi un aumento dei pagamenti in conto capitale, e di procedere contestualmente alla rideterminazione del proprio obiettivo di risparmio per un ammontare pari all'entità complessiva dei pagamenti in conto capitale autorizzati, garantendo così – considerando insieme regione ed enti locali - il rispetto degli obiettivi complessivi posti dal legislatore al comparto. Con il "Patto regionale orizzontale", invece, la regione interviene solo al fine di favorire una rimodulazione 'orizzontale' degli obiettivi finanziari tra gli enti locali della regione medesima, in relazione alla diversità delle situazioni finanziarie esistenti sul territorio.
Le due citate forme di flessibilità - disciplinate singolarmente fino all'anno 2014 ai sensi dell'articolo 1, commi 138-140 e 141-142, della legge n. 220/2010 – sono state ridefinite dai commi 479-483 dell'articolo 1 della legge n. 190/2014 (legge di stabilità per il 2015) e, da ultimo, dall'art. 1, commi 728-730, legge n. 208/2015 (legge di stabilità per il 2016), al fine di adeguarne i meccanismi al nuovo vincolo finanziario del pareggio di bilancio, imposto dapprima alle regioni nel 2015 e successivamente anche agli enti locali nel 2016.
Le due forme di flessibilità sono state riunite in una unica procedura, per cui gli spazi finanziari acquisiti da una parte degli enti locali possono essere compensati o dalla Regione o dai restanti enti locali, attraverso un miglioramento dei loro saldi obiettivo. La nuova disciplina si applica anche alle Regioni a statuto speciale.
In sostanza, si è dato alle regioni la possibilità di autorizzare gli enti locali del proprio territorio a peggiorare il saldo non negativo richiesto dalla nuova regola del pareggio di bilancio, per consentire esclusivamente un aumento degli impegni di spesa in conto capitale, a patto che sia garantito il rispetto dell'obiettivo complessivo a livello regionale. La compensazione può avvenire in due modalità (che rispecchiano le due precedenti forme di flessibilità):
Queste modalità di compensazione si applicano alle Regioni a statuto ordinario, alla Regione Sardegna e - a seguito dell'art. 11 del D.L. n. 113/2016 di recepimento dell'accordo con lo Stato del 26 giugno 2016 - alla Regione siciliana, vale a dire le regioni in cui si applica la disciplina del pareggio di bilancio. Le modalità operative sono ora stabilite dal Decreto 4 luglio 2016 - Monitoraggio e certificazione del pareggio di bilancio per il 2016 per le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano (pubblicato nella G.U. n. 170 del 22/7/2016, con ERRATA CORRIGE pubblicata nella G.U. n. 180 del 3/8/2010).
Le modalità di compensazione degli spazi finanziari ceduti sono, invece, diverse per le regioni a statuto speciale alle quali non si applica ancora la disciplina del pareggio di bilancio. Per le regioni Valle d'Aosta e Friuli-Venezia Giulia, infatti, opera ancora la disciplina del patto di stabilità (art. 1, comma 454, L. n. 228/2012) basata sul controllo della spesa finale, espressa in competenza eurocompatibile, anziché la nuova regola sul pareggio di bilancio. Queste regioni, perciò, per gli anni 2016 e 2017, dovranno effettuare la compensazione degli spazi finanziari ceduti agli enti locali, sul proprio obiettivo del patto di stabilità espresso in termini di competenza eurocompatibile. Per la regione Trentino Alto Adige e le Province autonome di Trento e Bolzano, alle quali si applica la disciplina del patto di stabilità basata sul saldo programmatico, la compensazione per gli anni 2016 e 2017 è operata mediante il contestuale miglioramento, di pari importo, del proprio saldo programmatico riguardante il patto di stabilità interno. Le modalità operative per queste regioni sono stabilite dal Decreto 4 luglio 2016 - Monitoraggio e la certificazione del Patto di stabilità interno per il 2016 per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano, con l'esclusione della Regione Sardegna e della Regione siciliana (pubblicato nella G.U. n. 170 del 22/7/2016, con ERRATA CORRIGE pubblicata nella G.U. n. 180 del 3/8/2010).
Ai fini della rideterminazione degli obiettivi le regioni sono tenute a definire criteri di virtuosità e modalità operative previo confronto in sede in Consiglio delle autonomie locali (e comunque con i rappresentanti degli enti locali – in caso il Consiglio non sia istituito). La procedura per la rideterminazione degli obiettivi è la seguente:
Come già previsto nella previgente disciplina, nel caso di flessibilità di tipo "verticale" le regioni e le province autonome cedono i propri spazi finanziari agli enti locali ricadenti nel proprio territorio che ne beneficiano senza alcun obbligo di restituzione. In tal caso, la norma prevede (comma 729, come modificato dall'art. 12, comma 2-bis, del D.L. n. 193/2016) che gli spazi finanziari ceduti dalla regione sono assegnati tenendo conto prioritariamente delle richieste avanzate:
Nel caso di flessibilità di tipo "orizzontale", invece, la regione interviene solo al fine di consentire che gli enti locali del territorio si scambino spazi finanziari tra loro, salvo recuperarli o restituirli nel biennio successivo. Gli enti locali che cedono o acquisiscono spazi finanziari di patto ottengono, infatti, nel biennio successivo, rispettivamente, un alleggerimento o un aggravio del proprio obiettivo finanziario, in misura corrispondente agli spazi finanziari ceduti o acquisiti. Per ciascun anno, infatti, gli spazi ceduti e quelli acquisiti devono compensarsi.
Per favorire la flessibilità regionale, è stato previsto a partire dal 2012 un nuovo istituto, il c.d. patto verticale incentivato, il quale prevede l'attribuzione alle regioni di un contributo, a fronte del quale le stesse si impegnano a cedere, ai comuni e alle province ricadenti nel proprio territorio, spazi finanziari per sostenere maggiori spese, soprattutto in conto capitale, senza incorrere nella violazione del patto. Stante il vincolo generale dell'invarianza dell'obiettivo complessivo di ciascun comparto regione-enti locali, nel cedere gli spazi ciascuna regione migliora per un pari importo il proprio obiettivo di bilancio; il contributo assegnato alle regioni non rileva ai fini del saldo di bilancio ed è destinato esclusivamente alla riduzione del debito.
Per il 2015 - ultimo anno di applicazione del patto incentivato -il comma 484 dell'art. 1 della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015) ha previsto un contributo di 1 miliardo di euro in favore delle regioni a statuto ordinario e alla Sicilia, Sardegna e Friuli-Venezia Giulia, destinato a coprire l'83,33 per cento degli spazi finanziari che ciascuna regione cede agli enti locali del proprio territorio. Tale contributo è stato ripartito tra le regioni destinatarie secondo le quote definite nella Tabella 1 allegata alla legge di stabilità 2015. Gli importi sono stati successivamente variati mediante accordo sancito in sede di Conferenza Stato-Regioni, raggiunto nell'Intesa del 26 febbraio 2015.
La normativa prevedeva che gli spazi finanziari fossero ceduti per il 25% alle province e alle città metropolitane e per il 75% ai comuni.
La disciplina è stata peraltro integrata dall'articolo 9 del D.L. n. 78/2015, il quale, al comma 3, ha precisato che gli spazi finanziari devono essere utilizzati dagli enti locali beneficiari esclusivamente per sostenere pagamenti in conto capitale, dando priorità a quelli relativi ai debiti commerciali di parte capitale maturati alla data del 31 dicembre 2014.
Ai fini del riparto, si applicano le medesime modalità previste per gli altri patti di solidarietà regionali (verticale ordinario e orizzontale) che obbliga le regioni a definire criteri di virtuosità e modalità operative della ripartizione degli spazi in accordo con i rappresentanti delle autonomie locali.
Si ricorda che i contributi assegnati negli anni precedenti per il patto verticale incentivato sono stati pari a 800 milioni di euro nell'anno 2012, ai sensi dell'articolo 16, commi 12-bis-12-sexies, del D.L. n. 95/2012, e a 1.272 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014, ai sensi dell'art. 1, commi 122-126, della L. 228/2012, come modificati dall'articolo 1-bis del D.L. 35/2013.
L'art. 1-bis del D.L. 35/2013 ha riformulato la disciplina del patto regionale incentivato ed ha ripartito il contributo per gli anni 2013 e 2014 in due quote da destinare, rispettivamente, ai comuni (954 milioni di euro) e alle province (318 milioni di euro). A differenza della precedente disciplina, inoltre, si è disposto che almeno il 50% della quota riservata alla rimodulazione del patto dei comuni fosse riservata ai piccoli comuni con popolazione da 1.000 a 5.000 abitanti, soggetti al patto di stabilità dal 2013.
Per l'anno 2014, la disciplina è stata ulteriormente integrata dalla legge n. 147/2013 (comma 541), disponendo- con una novella al comma 125 della legge n. 228/2012 – l'anticipazione al 15 marzo (rispetto al 31 maggio) del termine perentorio per la comunicazione al Ministero dell'economia, da parte delle regioni, di tutti gli elementi informativi occorrenti per la verifica del mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica, in caso di attivazione del patto regionale verticale.
Inoltre, il comma 542 è intervenuto sulle modalità di distribuzione ai piccoli comuni della quota del 50 per cento degli spazi finanziari concessi dalle regioni, di cui al comma 123 della legge n. 228/2012, prevedendo che tale quota fosse distribuita, da ciascuna regione, ai comuni con popolazione compresa tra i 1.000 e i 5.000 abitanti fino al conseguimento del saldo obiettivo pari a zero. Gli eventuali spazi non assegnati sono stati attribuiti ai comuni con popolazione compresa tra i 1.000 e i 5.000 abitanti di tutte le regioni a statuto ordinario, alla Regione siciliana e alla regione Sardegna con saldo obiettivo positivo.
Si rammenta, infine, che i contributi assegnati alle regioni negli anni 2012, 2013 e 2014 - a seguito di appositi accordi intervenuti in sede di Conferenza Stato Regioni - sono stati utilizzati dalle regioni medesime per sostenere il taglio di risorse previsto dall'articolo 16, comma 2, del D.L. n. 95 del 2012 (c.d. spending review), consistente in 700 milioni per il 2012 e in 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 (cfr. in tal senso l'Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 22 novembre 2012 e l'accordo dell'11 luglio 2013).
Una ulteriore misura di flessibilità delle regole del patto di stabilità è stata introdotta in favore dei soli comuni a partire dall'anno 2012, con il c.d. "Patto orizzontale nazionale", disciplinato dall'articolo 4-ter del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, da ultimo modificato dall'articolo 1, comma 544, della legge n. 147/2013, che consentiva la rimodulazione orizzontale degli obiettivi finanziari tra i comuni non più a livello regionale ma a livello nazionale - fermo restando l'obiettivo complessivamente determinato per il comparto comunale dalle regole del patto – allo scopo di consentire lo smaltimento dei residui passivi di conto capitale degli enti locali.
Per l'anno 2016, il comma 732 della legge n. 208/2015 ha disciplinato questa misura di flessibilità in ambito nazionale con riferimento alla regola del pareggio di bilancio, estendendola a tutti gli enti locali.
Il meccanismo si basa, come per il patto regionale, sulla cessione di spazi finanziari da parte enti locali che prevedono di conseguire, nell'anno di riferimento, un differenziale positivo rispetto all'obiettivo di saldo tra le entrate finali e le spese finali indicato dalla normativa nazionale (comma 710) - la cui entità va comunicata al Ministero dell'economia entro il termine perentorio del 15 giugno - a vantaggio di quelli che, invece, prevedono di conseguire, nel medesimo anno di riferimento, un differenziale negativo rispetto all'obiettivo prefissato. Lo scopo è quello di consentire a tali ultimi enti l'utilizzo di maggiori spazi finanziari per sostenere impegni di spesa in conto capitale.
Le comunicazioni vanno effettuate al Ministro dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, mediante l'apposito sito web predisposto per le comunicazioni inerenti il pareggio di bilancio degli enti territoriali, entro il termine perentorio del 15 giugno. Qualora l'entità delle richieste pervenute dagli enti superi l'ammontare degli spazi finanziari resi disponibili, l'attribuzione è effettuata in misura proporzionale agli spazi finanziari richiesti. Entro il 10 luglio il Dipartimento della RGS aggiorna i nuovi obiettivi degli enti interessati per l'anno in corso e per il biennio successivo.
Come per la flessibilità a livello regionale, infatti, gli enti locali che cedono o acquisiscono spazi finanziari ottengono nel biennio successivo, rispettivamente, un alleggerimento o un peggioramento del proprio saldo, commisurato alla metà del valore dello spazio acquisito (nel caso di richiesta) o ceduto (nel caso di cessione). Qualora l'entità delle richieste pervenute dai comuni che necessitano di sostenere spese di conto capitale superi l'ammontare degli spazi finanziari resi disponibili dagli altri comuni, l'attribuzione è effettuata in misura proporzionale ai maggiori spazi finanziari richiesti. In ogni caso, la somma dei maggiori spazi finanziari ceduti e di quelli attribuiti, per ogni anno di riferimento, deve essere pari a zero.
Sul piano applicativo, il patto orizzontale "nazionale" ha prodotto effetti di modesta portata (con incidenza inferiore all'1% della spesa finale autorizzata), risultando del tutto residuale rispetto alla flessibilità in ambito regionale.
Si veda a tale riguardo, nel sito web della Ragioneria generale dello Stato, la sezione Pareggio di bilancio 2016 – Patto "orizzontale nazionale", contenente il dettaglio della variazione del saldo di finanza pubblica, con riferimento all'anno 2016 e al biennio successivo degli enti che hanno richiesto o ceduto spazi finanziari mediante il patto "orizzontale nazionale" 2016.