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Il diritto a conoscere le proprie origini
informazioni aggiornate a venerdì, 14 ottobre 2016

Alla conclusione della legislatura era ancora all'esame del Senato l'AS. 1978, già approvato dalla Camera (AC. 784), finalizzato ad ampliare la possibilità del figlio adottato o non riconosciuto alla nascita di conoscere le proprie origini biologiche.Il provvedimento, anche per dare seguito a una sentenza con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità della disciplina vigente, prevedeva la possibilità di chiedere alla madre se intendesse revocare la volontà di anonimato, manifestata alla nascita del figlio.

La sentenza della Corte costituzionale

Con la sentenza n. 278 del 2013 la Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità parziale del comma 7 dell'articolo 28 della legge 184 del 1983, nella parte in cui non prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza - la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio, di interpellare la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell'art. 30, comma 1, del DPR 396/2000, ai fini di una eventuale revoca dell'anonimato.

Con la sentenza la Corte ha ritenuto che «una scelta per l'anonimato che comporti una rinuncia irreversibile alla "genitorialità giuridica" può, invece, ragionevolmente non implicare anche una definitiva e irreversibile rinuncia alla "genitorialità naturale": ove così fosse, d'altra parte, risulterebbe introdotto nel sistema una sorta di divieto destinato a precludere in radice qualsiasi possibilità di reciproca relazione di fatto tra madre e figlio, con esiti difficilmente  compatibili con l'art. 2 Cost. In altri termini, mentre la scelta per l'anonimato legittimamente impedisce l'insorgenza di una "genitorialità giuridica", con effetti inevitabilmente stabilizzati pro futuro, non appare ragionevole che quella scelta risulti necessariamente e definitivamente preclusiva anche sul versante dei rapporti relativi alla "genitorialità naturale": potendosi quella scelta riguardare, sul piano di quest'ultima, come opzione eventualmente revocabile (in seguito alla iniziativa del figlio), proprio perché corrispondente alle motivazioni per le quali essa è stata compiuta e può essere mantenuta». Sarà compito del legislatore, conclude la Corte, "introdurre apposite disposizioni volte a consentire la verifica della perdurante attualità della scelta della madre naturale di non voler essere nominata e, nello stesso tempo, ... cautelare in termini rigorosi il suo diritto all'anonimato, secondo scelte procedimentali che circoscrivano adeguatamente le  modalità di accesso, anche da parte degli uffici competenti, ai dati di tipo identificativo...".

I contenuti del provvedimento approvato dalla Camera (A.S. 1978)

Il provvedimento approvato in prima lettura dalla Camera, intervenendo sulla legge sull'adozione:

  • estende anche al figlio non riconosciuto alla nascita da donna che abbia manifestato la volontà di rimanere anonima la possibilità, raggiunta la maggiore età, di  chiedere al tribunale dei minorenni l'accesso alle informazioni che riguardano la sua origine e l'identità dei propri genitori biologici;
  • disciplina la possibilità di accesso alle proprie informazioni biologiche nei confronti della madre che abbia dichiarato alla nascita di non volere essere nominata.

In particolare, l'accesso - che non legittima, tuttavia, azioni di stato né da diritto a rivendicazioni di natura patrimoniale o successoria - è consentito:

  • nei confronti della madre che abbia successivamente revocato la volontà di anonimato;
  • nei confronti della madre deceduta.

 Una nuova disposizione introdotta nella legge sull'adozione disciplina il procedimento di interpello della madre, volto a verificare il permanere della sua volontà di anonimato. Il procedimento è avviato su istanza dei legittimati ad accedere alle informazioni biologiche: l'adottato che abbia raggiunto la maggiore età; il figlio non riconosciuto alla nascita, che abbia raggiunto la maggiore età, in assenza di revoca dell'anonimato da parte della madre; i genitori adottivi, legittimati per gravi e comprovati motivi; i responsabili di una struttura sanitaria, in caso di necessità e urgenza e qualora vi sia grave pericolo per la salute del minore. L'istanza di interpello  può essere presentata una sola volta, al tribunale per i minorenni del luogo di residenza del figlio. Il tribunale, con modalità che assicurino la massima riservatezza, e con l vincolo del segreto per quanti prendano parte al procedimento, si accerta della volontà o meno della madre di rimanere anonima. Ove la madre confermi di volere mantenere l'anonimato, il tribunale per i minorenni autorizza l'accesso alle sole informazioni di carattere sanitario, riguardanti le anamnesi familiari, fisiologiche e patologiche, con particolare riferimento all'eventuale presenza di patologie ereditarie trasmissibili.

Inoltre, è previsto anche che, decorsi diciotto anni dalla nascita del figlio, la madre che ha partorito in anonimato possa comunque confermare la propria volontà. Anche in questo caso, il tribunale per i minorenni, se richiesto, può autorizzare l'accesso alle sole informazioni sanitarie.

Il provvedimento, inoltre:

  • modifica il codice della privacy con riguardo al certificato di assistenza al parto, le cui disposizioni sono coordinate con quelle introdotte dalla riforma (in particolare, quella che prevede la necessità del decorso di 100 anni per poter accedere alla documentazione contenente i dati identificativi della madre). Il vincolo dei 100 anni viene meno in caso di revoca dell'anonimato, di decesso della madre o di autorizzazione del tribunale all'accesso alle sole informazioni di carattere sanitario;
  • modifica, per coordinamento, il regolamento sullo stato civile in relazione alle informazioni da rendere alla madre che dichiara di volere restare anonima. In particolare, la madre dovrà essere informata, anche in forma scritta: degli effetti giuridici, per lei e per il figlio, della dichiarazione di non volere essere nominata; della facoltà di revocare, senza limiti di tempo, tale dichiarazione; della possibilità di confermare, trascorsi 18 anni dalla nascita, la volontà di anonimato; della facoltà di interpello del figlio.

E' prevista in fine una disciplina per i casi di parti anonimi precedenti all'entrata in vigore della legge: entro dodici mesi, la madre che ha partorito in anonimato prima dell'entrata in vigore della riforma, può confermare la propria volontà al tribunale dei minorenni, con modalità che garantiscano la massima riservatezza. Qualora la madre confermi la propria volontà di anonimato, il tribunale per i minorenni, se richiesto, autorizza l'accesso alle sole informazioni sanitarie. A tal fine saranno stabilite modalità di svolgimento di una campagna informativa.

Il Governo, decorsi tre anni, dovrà trasmettere al Parlamento i dati sull'attuazione della legge.

Quando è intervenuto lo scioglimento delle Camere il provvedimento era in corso d'esame in Commissione Giustizia al Senato.

Alla conclusione della legislatura era ancora all'esame del Senato l'AS. 1978, già approvato dalla Camera (AC. 784), finalizzato ad ampliare la possibilità del figlio adottato o non riconosciuto alla nascita di conoscere le proprie origini biologiche.Il provvedimento, anche per dare seguito a una sentenza con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità della disciplina vigente, prevedeva la possibilità di chiedere alla madre se intendesse revocare la volontà di anonimato, manifestata alla nascita del figlio.

La sentenza della Corte costituzionale

Con la sentenza n. 278 del 2013 la Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità parziale del comma 7 dell'articolo 28 della legge 184 del 1983, nella parte in cui non prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza - la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio, di interpellare la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell'art. 30, comma 1, del DPR 396/2000, ai fini di una eventuale revoca dell'anonimato.

Con la sentenza la Corte ha ritenuto che «una scelta per l'anonimato che comporti una rinuncia irreversibile alla "genitorialità giuridica" può, invece, ragionevolmente non implicare anche una definitiva e irreversibile rinuncia alla "genitorialità naturale": ove così fosse, d'altra parte, risulterebbe introdotto nel sistema una sorta di divieto destinato a precludere in radice qualsiasi possibilità di reciproca relazione di fatto tra madre e figlio, con esiti difficilmente  compatibili con l'art. 2 Cost. In altri termini, mentre la scelta per l'anonimato legittimamente impedisce l'insorgenza di una "genitorialità giuridica", con effetti inevitabilmente stabilizzati pro futuro, non appare ragionevole che quella scelta risulti necessariamente e definitivamente preclusiva anche sul versante dei rapporti relativi alla "genitorialità naturale": potendosi quella scelta riguardare, sul piano di quest'ultima, come opzione eventualmente revocabile (in seguito alla iniziativa del figlio), proprio perché corrispondente alle motivazioni per le quali essa è stata compiuta e può essere mantenuta». Sarà compito del legislatore, conclude la Corte, "introdurre apposite disposizioni volte a consentire la verifica della perdurante attualità della scelta della madre naturale di non voler essere nominata e, nello stesso tempo, ... cautelare in termini rigorosi il suo diritto all'anonimato, secondo scelte procedimentali che circoscrivano adeguatamente le  modalità di accesso, anche da parte degli uffici competenti, ai dati di tipo identificativo...".

I contenuti del provvedimento approvato dalla Camera (A.S. 1978)

Il provvedimento approvato in prima lettura dalla Camera, intervenendo sulla legge sull'adozione:

  • estende anche al figlio non riconosciuto alla nascita da donna che abbia manifestato la volontà di rimanere anonima la possibilità, raggiunta la maggiore età, di  chiedere al tribunale dei minorenni l'accesso alle informazioni che riguardano la sua origine e l'identità dei propri genitori biologici;
  • disciplina la possibilità di accesso alle proprie informazioni biologiche nei confronti della madre che abbia dichiarato alla nascita di non volere essere nominata.

In particolare, l'accesso - che non legittima, tuttavia, azioni di stato né da diritto a rivendicazioni di natura patrimoniale o successoria - è consentito:

  • nei confronti della madre che abbia successivamente revocato la volontà di anonimato;
  • nei confronti della madre deceduta.

 Una nuova disposizione introdotta nella legge sull'adozione disciplina il procedimento di interpello della madre, volto a verificare il permanere della sua volontà di anonimato. Il procedimento è avviato su istanza dei legittimati ad accedere alle informazioni biologiche: l'adottato che abbia raggiunto la maggiore età; il figlio non riconosciuto alla nascita, che abbia raggiunto la maggiore età, in assenza di revoca dell'anonimato da parte della madre; i genitori adottivi, legittimati per gravi e comprovati motivi; i responsabili di una struttura sanitaria, in caso di necessità e urgenza e qualora vi sia grave pericolo per la salute del minore. L'istanza di interpello  può essere presentata una sola volta, al tribunale per i minorenni del luogo di residenza del figlio. Il tribunale, con modalità che assicurino la massima riservatezza, e con l vincolo del segreto per quanti prendano parte al procedimento, si accerta della volontà o meno della madre di rimanere anonima. Ove la madre confermi di volere mantenere l'anonimato, il tribunale per i minorenni autorizza l'accesso alle sole informazioni di carattere sanitario, riguardanti le anamnesi familiari, fisiologiche e patologiche, con particolare riferimento all'eventuale presenza di patologie ereditarie trasmissibili.

Inoltre, è previsto anche che, decorsi diciotto anni dalla nascita del figlio, la madre che ha partorito in anonimato possa comunque confermare la propria volontà. Anche in questo caso, il tribunale per i minorenni, se richiesto, può autorizzare l'accesso alle sole informazioni sanitarie.

Il provvedimento, inoltre:

  • modifica il codice della privacy con riguardo al certificato di assistenza al parto, le cui disposizioni sono coordinate con quelle introdotte dalla riforma (in particolare, quella che prevede la necessità del decorso di 100 anni per poter accedere alla documentazione contenente i dati identificativi della madre). Il vincolo dei 100 anni viene meno in caso di revoca dell'anonimato, di decesso della madre o di autorizzazione del tribunale all'accesso alle sole informazioni di carattere sanitario;
  • modifica, per coordinamento, il regolamento sullo stato civile in relazione alle informazioni da rendere alla madre che dichiara di volere restare anonima. In particolare, la madre dovrà essere informata, anche in forma scritta: degli effetti giuridici, per lei e per il figlio, della dichiarazione di non volere essere nominata; della facoltà di revocare, senza limiti di tempo, tale dichiarazione; della possibilità di confermare, trascorsi 18 anni dalla nascita, la volontà di anonimato; della facoltà di interpello del figlio.

E' prevista in fine una disciplina per i casi di parti anonimi precedenti all'entrata in vigore della legge: entro dodici mesi, la madre che ha partorito in anonimato prima dell'entrata in vigore della riforma, può confermare la propria volontà al tribunale dei minorenni, con modalità che garantiscano la massima riservatezza. Qualora la madre confermi la propria volontà di anonimato, il tribunale per i minorenni, se richiesto, autorizza l'accesso alle sole informazioni sanitarie. A tal fine saranno stabilite modalità di svolgimento di una campagna informativa.

Il Governo, decorsi tre anni, dovrà trasmettere al Parlamento i dati sull'attuazione della legge.

Quando è intervenuto lo scioglimento delle Camere il provvedimento era in corso d'esame in Commissione Giustizia al Senato.

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