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L'inserimento dei delitti contro l'ambiente nel codice penale (legge n. 68 del 2015)
informazioni aggiornate a venerdì, 26 gennaio 2018

La legge n. 68 del 2015 ha introdotto nuovi delitti a salvaguardia dell'ambiente nel codice penale, modificando così il quadro normativo previgente che affidava in modo pressoché esclusivo la tutela dell'ambiente a contravvenzioni e sanzioni amministrative, previste dal Codice dell'ambiente (d.lgs. 152 del 2006). La legge, in estrema sintesi,

  • introduce nel codice penale un nuovo, autonomo capo, dedicato ai delitti contro l'ambiente, prevedendo disposizioni di coordinamento nello stesso codice e in leggi speciali;
  • modifica il Codice dell'ambiente, in particolare introducendo una specifica disciplina per l'estinzione degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale;
  • prevede la responsabilità amministrativa dell'ente anche in relazione alla commissione da parte dei suoi dipendenti dei nuovi delitti contro l'ambiente;
  • inasprisce le sanzioni irrogabili per alcuni illeciti previsti dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via d'estinzione.

Lavori parlamentari. La Commissione Giustizia della Camera ha avviato l'esame dell'A.C. 342 il 20 giugno 2013, abbinando le proposte AA.C. 957 e 1814; l'Assemblea della Camera ha approvato il testo unificato delle proposte di legge il 26 febbraio 2014. Il Senato ha esaminato il provvedimento A.S. 1345 approvando alcune modifiche al testo (4 marzo 2015), che è dunque tornato all'esame della Camera (A.C. 342-957-1814-B). La Camera ha nuovamente modificato il provvedimento (5 maggio 2015) che è tornato per l'approvazione definitiva in Senato. Il Senato ha definitivamente approvato l'A.S. 1345-B il 19 maggio 2015.

Le nuove fattispecie delittuose (legge n. 68 del 2015)

L'articolo 1 della legge n. 68 del 2015 introduce nel libro secondo del codice penale il nuovo Titolo VI-bis (Dei delitti contro l'ambiente), con il quale si prevedono sei nuovi delitti:

  • inquinamento ambientale;
  • disastro ambientale;
  • traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività;
  • impedimento del controllo
  • omessa bonifica;
  • ispezione di fondali marini.

In particolare, il nuovo articolo 452-bis del codice penale punisce l'inquinamento ambientale sanzionando con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da 10.000 a 100.000 euro chiunque abusivamente cagioni una compromissione o un deterioramento "significativi e misurabili" dello stato preesistente "delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo e del sottosuolo" (n. 1) o "di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna" (n. 2).

Il testo dell'art. 452-bis fa riferimento al carattere abusivo della condotta, formula  già utilizzata dal legislatore (oltre che nel codice penale) all'articolo 260 del codice dell'ambiente, che sanziona le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. E' poi attribuito rilievo penale alle sole alterazioni "significative e misurabili" dell'acqua o dell'aria o di porzioni "estese o significative" del suolo o del sottosuolo, nonché di un ecosistema. Il concetto di compromissione o deterioramento "significativi e misurabili" riprende la definizione di danno ambientale di cui all'art. 300 del Codice dell'ambiente (qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima). La nozione comunitaria di "danno ambientale" posta dalla direttiva 2004/35/CE usa l'espressione "mutamento negativo misurabile. di una risorsa naturale o un deterioramento misurabile di un servizio di una risorsa naturale, che può prodursi direttamente o indirettamente".

Il secondo comma prevede un'ipotesi aggravata (aumento di pena fino a un terzo), quando il delitto sia commesso in un'area naturale protetta o sottoposta a specifici vincoli, ovvero un danno di specie animali o vegetali protette.

Con la sentenza n. 46170 del 3/11/2016, la terza sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che la "compromissione" o il "deterioramento", di cui al delitto di inquinamento ambientale previsto dall'art. 452-bis cod. pen. si risolvono in una alterazione, significativa e misurabile, della originaria consistenza della matrice ambientale o dell'ecosistema, caratterizzata, nel caso della "compromissione", da una condizione di squilibrio "funzionale", incidente sui processi naturali correlati alla specificità della matrice o dell'ecosistema medesimi e, nel caso del "deterioramento", da una condizione di squilibrio "strutturale", connesso al decadimento dello stato o della qualità degli stessi. La stessa sezione, con la sentenza n. 15865 del 2017 ha affermato che «Il delitto di inquinamento ambientale, di cui all'art. 452-bis cod. pen. , è reato di danno, integrato da un evento di danneggiamento che, nel caso del "deterioramento", consiste in una riduzione della cosa che ne costituisce oggetto in uno stato tale da diminuirne in modo apprezzabile, il valore o da impedirne anche parzialmente l'uso, ovvero da rendere necessaria, per il ripristino, una attività non agevole, mentre, nel caso della "compromissione", consiste in uno squilibrio funzionale che attiene alla relazione del bene aggredito con l'uomo e ai bisogni o interessi che il bene medesimo deve soddisfare». Nella stessa sentenza la Suprema Corte ha precisato che «La condotta "abusiva" di inquinamento ambientale, idonea ad integrare il delitto di cui all'art. 452-bis cod.pen. , comprende non soltanto quella svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni o sulla base di autorizzazioni scadute o palesemente illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ma anche quella posta in essere in violazione di leggi statali o regionali - ancorchè non strettamente pertinenti al settore ambientale - ovvero di prescrizioni amministrative; ne consegue che, ai fini della integrazione del reato, non è necessario che sia autonomamente e penalmente sanzionata la condotta causante la compromissione o il deterioramento richiesti dalla norma. (Fattispecie di inquinamento di corso d'acqua cagionato da un accumulo di reflui - penalmente irrilevanti singolarmente considerati, essendo inferiori ai valori limite stabiliti nel D.Lgs. n. 152 del 2006 - provenienti da impianto di depurazione privo di autorizzazione allo scarico)».

L'articolo 452-ter riguarda l'ipotesi di morte o lesioni come conseguenza non voluta del delitto di inquinamento ambientale. Tale disposizione prevede quindi per l'inquinamento ambientale aggravato dall'evento un catalogo di pene graduato in ragione della gravità delle conseguenze del delitto ovvero:

  • la reclusione da 2 anni e 6 mesi a 7 anni se dall'inquinamento ambientale derivi ad una persona una lesione personale (escluse le malattie di durata inferiore a 20 giorni: è il caso in cui la  lesione personale è punibile a querela);
  • la reclusione da 3 a 8 anni se ne derivi una lesione grave;
  • la reclusione da 4 a 9 anni se ne derivi una lesione gravissima;
  • la reclusione da 5 a 12 anni in caso di morte della persona.

Ove gli eventi lesivi derivati dal reato siamo plurimi e a carico di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per il reato più grave aumentata fino al triplo, fermo restando tuttavia il limite di 20 anni di reclusione.

L'articolo 452-quater è relativo alla fattispecie di disastro ambientale, punito con la pena della reclusione da 5 a 15 anni.

Il delitto è definito, alternativamente, come:

  • un'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema;
  • un'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;
  • l'offesa all'incolumità pubblica determinata con riferimento sia alla rilevanza del fatto per l'estensione della compromissione ambientale o dei suoi effetti lesivi, sia al numero delle persone offese o esposte al pericolo.
La definizione del delitto si avvicina a quella elaborata dalla Cassazione, che per la configurazione del disastro ambientale ha affermato che "è necessario e sufficiente che il nocumento abbia un carattere di prorompente diffusione che esponga a pericolo, collettivamente un numero indeterminato di persone" (Cass., Sez. V, sent. n. 40330 del 2006). Successivamente, conformemente a tale orientamento, la Cassazione è pervenuta ad isolare alcuni requisiti che caratterizzano la nozione di disastro specificamente nella potenza espansiva del nocumento e nell'attitudine a mettere in pericolo la pubblica incolumità (Cass, Sez. III, sent. n. 9418 del 2008).

È stata, altresì, introdotta nell'art. 452-quater una clausola di salvaguardia "fuori dai casi previsti dall'articolo 434", in materia di crollo di costruzioni o altri disastri dolosi (cd. disastro innominato) che finora, in assenza del delitto di disastro ambientale, ha assolto ad una funzione di supplenza e chiusura del sistema.

Il disastro ambientale è aggravato se commesso in un'area protetta o sottoposta a vincolo o in danno di specie animali o vegetali protette.

L'art. 452-sexies punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da 10.000 a 50.000 euro il reato di pericolo di traffico e abbandono di materiali ad alta radioattività. E' il delitto commesso da chiunque abusivamente «cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona materiale di alta radioattività ovvero, detenendo tale materiale, lo abbandona o se ne disfa illegittimamente» (primo comma). La pena è aumentata (fino a 1/3) se dal fatto derivi pericolo di compromissione o deterioramento: delle acque o dell'aria, o di porzioni "estese o significative" del suolo o del sottosuolo; di "un" ecosistema,  della biodiversità,anche agraria, della flora o della fauna. Un aumento di pena della metà è, invece stabilito dal terzo comma dell'art. 452-sexies se dal fatto deriva pericolo per la vita o per l'incolumità delle persone.

L'articolo 452-septies punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni l'impedimento del controllo, ovvero il delitto di chiunque impedisce, intralcia o elude l'attività di vigilanza e controllo ambientale e di sicurezza e igiene del lavoro ovvero ne compromette gli esiti. L'impedimento deve realizzarsi negando o ostacolando l'accesso ai luoghi, ovvero mutando artificiosamente il loro stato. Peraltro, laddove l'ostacolo sia posto, ad esempio, con mezzi meccanici, in base al successivo articolo 452-undecies deve esserne disposta la confisca.

La fattispecie penale di omessa bonifica è  introdotta dal nuovo art. 452-terdecies, che punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da 1 a 4 anni e con la multa da 20.000 a 80.000 euro chiunque, essendovi obbligato, non provvede alla bonifica, al ripristino e al recupero dello stato dei luoghi. L'obbligo dell'intervento può derivare direttamente dalla legge, da un ordine del giudice o da una pubblica autorità.

La nuova fattispecie non pare sovrapporsi a quella di cui art. 257 del Codice dell'ambiente (d.lgs. 152/2006), che prevede una contravvenzione (arresto da sei mesi a un anno o ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro) per chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio, se non provvede alla bonifica. Inoltre, l'articolo 257 del Codice - come modificato dalla proposta di legge – prevede la salvaguardia delle più gravi fattispecie di reato.

Il delitto di cui all'art. 452-quaterdecies punisce con la reclusione da 1 a 3 anni l'illecita ispezione di fondali marini. L'illecito è commesso da chiunque utilizza la tecnica dell'air gun o altre tecniche esplosive per le attività di ricerca e di ispezione dei fondali marini finalizzate alla coltivazione di idrocarburi. L'air gun è una tecnica di ispezione finalizzata all'analisi della composizione del sottosuolo marino consistente, in sostanza, in spari di aria compressa ad alta intensità sonora, esplosi a determinata distanza l'uno dall'altro. Tale tecnica genera onde riflesse da cui estrarre dati sulla composizione dei fondali marini.

Rispetto alle nuove fattispecie penali introdotte, solo due possono essere commesse per colpa: il delitto di inquinamento ambientale (articolo 452-bis) e quello di disastro ambientale (articolo 452-quater). In tali casi, le pene per i reati-base sono diminuite –  art. 452-quinquies - fino ad un massimo di due terzi (primo comma). Una ulteriore diminuzione di un terzo della pena è prevista per il delitto colposo di pericolo ovverosia quando dai comportamenti di cui agli artt. 452-bis e 452-quater derivi il pericolo di inquinamento ambientale e disastro ambientale.

Mentre l'art. 452-octies  prevede specifiche aggravanti nel caso di commissione in forma associativa dei nuovi delitti contro l'ambiente, l'art. 452-novies introduce  una nuova circostanza definita "aggravante ambientale". Tale disposizione prevede un aumento di pena (da un terzo alla metà) quando un qualsiasi reato venga commesso allo scopo di eseguire uno dei delitti contro l'ambiente previsti dal nuovo titolo VI-bis del libro secondo del codice penale, dal Codice dell'ambiente (D.Lgs 152/2006) o da altra disposizione di legge posta a tutela dell'ambiente. L'aumento è invece di un terzo se dalla commissione del fatto derivi la violazione di disposizioni del citato Codice dell'ambiente o di altra legge a tutela dell'ambiente. E' prevista, in ogni caso, la procedibilità d'ufficio. Dalla formulazione consegue che la seconda violazione può riguardare anche illeciti amministrativi.

 L'art. 452-decies introduce nel codice penale la disciplina del ravvedimento operoso. In particolare, è previsto che chi si adopera per evitare che l'attività illecita sia portata a conseguenze ulteriori o provvede alla messa in sicurezza, bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi beneficia di una diminuzione di pena dalla metà a due terzi; tali  attività riparatorie dei luoghi devono avvenire "concretamente" e, in relazione alla tempistica, "prima che sia dichiarata l'apertura del dibattimento di primo grado".

Al concreto aiuto all'autorità di polizia o giudiziaria per la ricostruzione dell'illecito e nell'individuazione degli autori consegue l'applicazione di una diminuzione della pena da un terzo alla metà

Le ultime due disposizioni del titolo VI-bis intervengono su confisca obbligatoria e ripristino dello stato dei luoghi.

L'art. 452-undecies c.p. prevede che, in caso di condanna o patteggiamento per i reati di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo nonché per i reati associativi  finalizzati alla commissione dei nuovi reati ambientali previsti dal titolo VI-bis, il giudice debba sempre ordinare la confisca delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commetterlo; una clausola di salvaguardia, a tutela dei terzi estranei al reato, esclude l'obbligatorietà della confisca quando i beni appartengano a questi ultimi. Se la confisca dei beni non è possibile, il giudice ordina la confisca per equivalente, individuando i beni sui quali procedere dei quali il condannato abbia la disponibilità anche per interposta persona.

E' inoltre previsto dall'art. 452-undecies: un obbligo di destinazione dei beni e dei proventi confiscati, che devono essere messi nella disponibilità della pubblica amministrazione competente e vincolati all'uso per la bonifica dei luoghi; l'inapplicabilità della confisca quando l'imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza dei luoghi e, se necessario, alla loro bonifica e ripristino.

L'art. 452-duodecies stabilisce che, in caso di condanna o patteggiamento per uno dei nuovi delitti ambientali, il giudice debba ordinare il recupero e, ove tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi, ponendo l'esecuzione di tali attività a carico del condannato e delle persone giuridiche obbligate al pagamento delle pene pecuniarie in caso di insolvibilità del primo (ex art. 197 c.p.). La disposizione prevede una più puntuale disciplina della procedura di ripristino dei luoghi attraverso il rinvio alle disposizioni del Codice dell'ambiente che già prevedono tale misura.

L'articolo 1, comma 5, della legge n. 68 del 2015 modifica, invece, l'articolo 32-quater del codice penale, relativo ai casi nei quali alla condanna per alcuni delitti consegue l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione. Il catalogo dei delitti ivi previsti è aggiornato con l'inserimento dell'inquinamento ambientale, del disastro ambientale, del traffico ed abbandono di materiale ad alta radioattività, dell'impedimento del controllo e delle organizzate per il traffico illecito di rifiuti.

L'articolo 1, comma 6, modifica, infine, l'art. 157 del codice penale, prevedendo il raddoppio dei termini di prescrizione per tutti i nuovi delitti contro l'ambiente introdotti dal nuovo Capo VI del libro II del codice penale.

Le modifiche al Codice dell'ambiente

L'articolo 1 della legge n. 68 del 2015 interviene anche sul Codice dell'ambiente (D. Lgs. 152/2006).

In particolare, il comma 9 introduce nel Codice dell'ambiente un procedimento per l'estinzione delle contravvenzioni previste dal Codice - con una parte VI-bis (artt. da 318-bis a 318-octies del d.lgs. n. 152 del 2006) –  collegato all'adempimento da parte del responsabile della violazione sia di una serie di prescrizioni sia al pagamento di una somma di denaro. Si tratta delle violazioni che non abbiano cagionato né danno né pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette.

In particolare, mentre l'art. 318-bis precisa l'ambito applicativo della disciplina alle contravvenzioni previste dal Codice dell'ambiente, l'art. 318-ter riguarda le prescrizioni da impartire al contravventore. Si prevede che spetti all'organo di vigilanza (o alla polizia giudiziaria) impartire al contravventore le prescrizioni necessarie all'eliminazione (più correttamente: all'estinzione, cfr. art. 318-septies) della contravvenzione, fissando un termine per la regolarizzazione non superiore al periodo di tempo tecnicamente necessario; solo in presenza di specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore sarà possibile una proroga del termine di adempimento, comunque non superiore a sei mesi (il testo approvato dalla Camera ammetteva una proroga semestrale per la particolare complessità e oggettiva difficoltà dell'adempimento, più una eventuale ulteriore proroga di sei mesi se l'inadempimento dipendeva da circostanze non imputabili al contravventore). La norma precisa la necessità dell'asseverazione tecnica di tale prescrizione da parte dell'ente competente in materia nonché la necessità che un'eventuale proroga di sei mesi sia concessa al contravventore solo per specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore che determino un ritardo nell'adempimento. Nell'ipotesi in cui il reo operi al servizio di un ente, si prevede un obbligo di notifica-comunicazione della prescrizione anche al rappresentante legale dell'ente stesso.

L'art. 318-quater concerne la verifica dell'adempimento e l'irrogazione della sanzione, entro termini specificamente determinati, attraverso una scansionata serie di fasi procedimentali.

L'art. 318-quinquies prevede obblighi di comunicazione da parte del PM, che abbia in qualsiasi modo notizia della contravvenzione, all'organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria, per consentire di imporre le prescrizioni ed effettuare le relative verifiche sull'adempimento. In tali ipotesi, l'organo di vigilanza e la polizia giudiziaria debbono, senza ritardo, relazionare il PM della propria attività. Il procedimento rimane sospeso fino a quando il PM non riceva notizia dell'adempimento o meno della prescrizione.

L'art. 318-sexies stabilisce che i termini di sospensione del procedimento penale relativo alla contravvenzione decorrono dalla iscrizione nella notizia di reato nel relativo registro fino al momento del ricevimento da parte dell'autorità requirente della comunicazione dell'avvenuto adempimento della prescrizione.

Si prevede, tuttavia, che la sospensione, oltre a non impedire l'eventuale archiviazione, non preclude l'adozione di atti d'indagine e il sequestro preventivo.

L'art. 318-septies prevede l'estinzione della contravvenzione a seguito sia del buon esito della prescrizione che del pagamento della sanzione amministrativa. All'estinzione consegue l'archiviazione del procedimento da parte del PM. La disposizione configura, infine, l'ipotesi di adempimento tardivo o con modalità diverse della prescrizione, facendone derivare la possibile applicazione di un'oblazione ridotta.

L'art. 318-octies reca infine una norma transitoria secondo cui la nuova disciplina per l'estinzione delle contravvenzioni non si applica ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore.

La confisca allargata

L'articolo 1, comma 3, della legge n. 68 del 2015 modifica l'art. 260 del Codice dell'ambiente, relativo alla fattispecie di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, per prevedere, in caso di commissione del reato, la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che ne costituiscono il prodotto, salvo che appartengano a persone estranee e, quando la stessa non sia possibile, anche la c.d. confisca allargata, ovvero la confisca di beni di valore equivalente di cui il condannato abbia la disponibilità anche indirettamente o per interposta persona.

Il comma 4 modifica l'art. 12-sexies del cosiddetto decreto Scotti-Martelli (D.L. 306/1992, convertito dalla L. 356/1992) aggiungendo anche il disastro ambientale (art. 452-quater) e l'associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati ambientali (art. 452-octies) al catalogo dei delitti per i quali è consentita la confisca di valori ingiustificati.

Il coordinamento delle indagini

L'articolo 1, comma 7  integra la formulazione dell'art. 118-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (in materia di coordinamento delle indagini) prevedendo specifici obblighi di comunicazione in capo al pubblico ministero che procede ad indagini su alcuni reati ambientali.

Oltre che quando procede per i reati di grave allarme sociale di cui all'art. 407, comma 2, lett. a) c.p.p., Il PM dovrà dare notizia al PG presso la Corte d'appello (ed ora anche all'Agenzia delle Entrate) delle indagini in corso per i delitti di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico ed abbandono di materiale di alta radioattività ed attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. Analogo obbligo informativo a carico del PM procedente viene previsto sia per le indagini per i citati reati ambientali nonché per il delitto di cui all'art. 260 del D.lgs. 152/2006 (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti).

Per quanto riguarda gli obblighi informativi in capo al PM, si ricorda che l'art. 1, comma 73, della legge n. 103 del 2017 è intervenuto sull'art. 129 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, concernente le informazioni sull'azione penale relativa ai reati ambientali, precisando che, quando esercita l'azione penale per i reati previsti dal codice dell'ambiente ovvero per i reati previsti dal codice penale o da leggi speciali comportanti un pericolo o un pregiudizio per l'ambiente, il PM - nell'informare il Ministero dell'ambiente e la Regione interessata - deve dare notizia dell'imputazione.

La responsabilità amministrativa degli enti

Il comma 8 dell'articolo 1 novella l'art. 25-undecies del decreto legislativo n. 231 del 2001, estendendo il catalogo dei reati che costituiscono presupposto della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche dipendente da reato. Il comma 8 prevede infatti a carico dell'ente specifiche sanzioni pecuniarie per la commissione dei seguenti delitti contro l'ambiente (art. 25-undecies, comma 1):

  • inquinamento ambientale (da 250 a 600 quote),
  • disastro ambientale (da 400 a 800 quote),
  • inquinamento ambientale e disastro ambientale colposi (da 200 a 500 quote);
  • associazione a delinquere (comune e mafiosa) aggravata (da 300 a 1.000 quote),
  • traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (da 250 a 600 quote);
  • uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette (fino a 250 quote);
  • distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto (da 150 a 250 quote).

Inoltre, con l'inserimento del comma 1-bis nel menzionato articolo 25-undecies, si specifica, in caso di condanna per il delitto di inquinamento ambientale e di disastro ambientale, l'applicazione delle sanzioni interdittive per l'ente previste dall'art. 9 del D.Lgs. n. 231 del 2001 (interdizione dall'esercizio dell'attività; sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni; divieto di contrattare con la PA; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi). La disposizione specifica che per il delitto di inquinamento ambientale, la durata di tali misure non può essere superiore a un anno.

Le sanzioni per l'illecito commercio internazionale di specie animali e vegetali

L'articolo 2 della legge n. 68 del 2015 modifica la legge 150/1992, che reca la disciplina sanzionatoria della Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, di cui alla L. 19 dicembre 1975, n. 874, e del regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, nonché norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica. Le nuove disposizioni rendono più severa la disciplina sanzionatoria della legge 150/1992, di natura contravvenzionale e amministrativa.

La legge n. 68 del 2015 ha introdotto nuovi delitti a salvaguardia dell'ambiente nel codice penale, modificando così il quadro normativo previgente che affidava in modo pressoché esclusivo la tutela dell'ambiente a contravvenzioni e sanzioni amministrative, previste dal Codice dell'ambiente (d.lgs. 152 del 2006). La legge, in estrema sintesi,

  • introduce nel codice penale un nuovo, autonomo capo, dedicato ai delitti contro l'ambiente, prevedendo disposizioni di coordinamento nello stesso codice e in leggi speciali;
  • modifica il Codice dell'ambiente, in particolare introducendo una specifica disciplina per l'estinzione degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale;
  • prevede la responsabilità amministrativa dell'ente anche in relazione alla commissione da parte dei suoi dipendenti dei nuovi delitti contro l'ambiente;
  • inasprisce le sanzioni irrogabili per alcuni illeciti previsti dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via d'estinzione.

Lavori parlamentari. La Commissione Giustizia della Camera ha avviato l'esame dell'A.C. 342 il 20 giugno 2013, abbinando le proposte AA.C. 957 e 1814; l'Assemblea della Camera ha approvato il testo unificato delle proposte di legge il 26 febbraio 2014. Il Senato ha esaminato il provvedimento A.S. 1345 approvando alcune modifiche al testo (4 marzo 2015), che è dunque tornato all'esame della Camera (A.C. 342-957-1814-B). La Camera ha nuovamente modificato il provvedimento (5 maggio 2015) che è tornato per l'approvazione definitiva in Senato. Il Senato ha definitivamente approvato l'A.S. 1345-B il 19 maggio 2015.

Le nuove fattispecie delittuose (legge n. 68 del 2015)

L'articolo 1 della legge n. 68 del 2015 introduce nel libro secondo del codice penale il nuovo Titolo VI-bis (Dei delitti contro l'ambiente), con il quale si prevedono sei nuovi delitti:

  • inquinamento ambientale;
  • disastro ambientale;
  • traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività;
  • impedimento del controllo
  • omessa bonifica;
  • ispezione di fondali marini.

In particolare, il nuovo articolo 452-bis del codice penale punisce l'inquinamento ambientale sanzionando con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da 10.000 a 100.000 euro chiunque abusivamente cagioni una compromissione o un deterioramento "significativi e misurabili" dello stato preesistente "delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo e del sottosuolo" (n. 1) o "di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna" (n. 2).

Il testo dell'art. 452-bis fa riferimento al carattere abusivo della condotta, formula  già utilizzata dal legislatore (oltre che nel codice penale) all'articolo 260 del codice dell'ambiente, che sanziona le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. E' poi attribuito rilievo penale alle sole alterazioni "significative e misurabili" dell'acqua o dell'aria o di porzioni "estese o significative" del suolo o del sottosuolo, nonché di un ecosistema. Il concetto di compromissione o deterioramento "significativi e misurabili" riprende la definizione di danno ambientale di cui all'art. 300 del Codice dell'ambiente (qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima). La nozione comunitaria di "danno ambientale" posta dalla direttiva 2004/35/CE usa l'espressione "mutamento negativo misurabile. di una risorsa naturale o un deterioramento misurabile di un servizio di una risorsa naturale, che può prodursi direttamente o indirettamente".

Il secondo comma prevede un'ipotesi aggravata (aumento di pena fino a un terzo), quando il delitto sia commesso in un'area naturale protetta o sottoposta a specifici vincoli, ovvero un danno di specie animali o vegetali protette.

Con la sentenza n. 46170 del 3/11/2016, la terza sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che la "compromissione" o il "deterioramento", di cui al delitto di inquinamento ambientale previsto dall'art. 452-bis cod. pen. si risolvono in una alterazione, significativa e misurabile, della originaria consistenza della matrice ambientale o dell'ecosistema, caratterizzata, nel caso della "compromissione", da una condizione di squilibrio "funzionale", incidente sui processi naturali correlati alla specificità della matrice o dell'ecosistema medesimi e, nel caso del "deterioramento", da una condizione di squilibrio "strutturale", connesso al decadimento dello stato o della qualità degli stessi. La stessa sezione, con la sentenza n. 15865 del 2017 ha affermato che «Il delitto di inquinamento ambientale, di cui all'art. 452-bis cod. pen. , è reato di danno, integrato da un evento di danneggiamento che, nel caso del "deterioramento", consiste in una riduzione della cosa che ne costituisce oggetto in uno stato tale da diminuirne in modo apprezzabile, il valore o da impedirne anche parzialmente l'uso, ovvero da rendere necessaria, per il ripristino, una attività non agevole, mentre, nel caso della "compromissione", consiste in uno squilibrio funzionale che attiene alla relazione del bene aggredito con l'uomo e ai bisogni o interessi che il bene medesimo deve soddisfare». Nella stessa sentenza la Suprema Corte ha precisato che «La condotta "abusiva" di inquinamento ambientale, idonea ad integrare il delitto di cui all'art. 452-bis cod.pen. , comprende non soltanto quella svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni o sulla base di autorizzazioni scadute o palesemente illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ma anche quella posta in essere in violazione di leggi statali o regionali - ancorchè non strettamente pertinenti al settore ambientale - ovvero di prescrizioni amministrative; ne consegue che, ai fini della integrazione del reato, non è necessario che sia autonomamente e penalmente sanzionata la condotta causante la compromissione o il deterioramento richiesti dalla norma. (Fattispecie di inquinamento di corso d'acqua cagionato da un accumulo di reflui - penalmente irrilevanti singolarmente considerati, essendo inferiori ai valori limite stabiliti nel D.Lgs. n. 152 del 2006 - provenienti da impianto di depurazione privo di autorizzazione allo scarico)».

L'articolo 452-ter riguarda l'ipotesi di morte o lesioni come conseguenza non voluta del delitto di inquinamento ambientale. Tale disposizione prevede quindi per l'inquinamento ambientale aggravato dall'evento un catalogo di pene graduato in ragione della gravità delle conseguenze del delitto ovvero:

  • la reclusione da 2 anni e 6 mesi a 7 anni se dall'inquinamento ambientale derivi ad una persona una lesione personale (escluse le malattie di durata inferiore a 20 giorni: è il caso in cui la  lesione personale è punibile a querela);
  • la reclusione da 3 a 8 anni se ne derivi una lesione grave;
  • la reclusione da 4 a 9 anni se ne derivi una lesione gravissima;
  • la reclusione da 5 a 12 anni in caso di morte della persona.

Ove gli eventi lesivi derivati dal reato siamo plurimi e a carico di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per il reato più grave aumentata fino al triplo, fermo restando tuttavia il limite di 20 anni di reclusione.

L'articolo 452-quater è relativo alla fattispecie di disastro ambientale, punito con la pena della reclusione da 5 a 15 anni.

Il delitto è definito, alternativamente, come:

  • un'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema;
  • un'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;
  • l'offesa all'incolumità pubblica determinata con riferimento sia alla rilevanza del fatto per l'estensione della compromissione ambientale o dei suoi effetti lesivi, sia al numero delle persone offese o esposte al pericolo.
La definizione del delitto si avvicina a quella elaborata dalla Cassazione, che per la configurazione del disastro ambientale ha affermato che "è necessario e sufficiente che il nocumento abbia un carattere di prorompente diffusione che esponga a pericolo, collettivamente un numero indeterminato di persone" (Cass., Sez. V, sent. n. 40330 del 2006). Successivamente, conformemente a tale orientamento, la Cassazione è pervenuta ad isolare alcuni requisiti che caratterizzano la nozione di disastro specificamente nella potenza espansiva del nocumento e nell'attitudine a mettere in pericolo la pubblica incolumità (Cass, Sez. III, sent. n. 9418 del 2008).

È stata, altresì, introdotta nell'art. 452-quater una clausola di salvaguardia "fuori dai casi previsti dall'articolo 434", in materia di crollo di costruzioni o altri disastri dolosi (cd. disastro innominato) che finora, in assenza del delitto di disastro ambientale, ha assolto ad una funzione di supplenza e chiusura del sistema.

Il disastro ambientale è aggravato se commesso in un'area protetta o sottoposta a vincolo o in danno di specie animali o vegetali protette.

L'art. 452-sexies punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da 10.000 a 50.000 euro il reato di pericolo di traffico e abbandono di materiali ad alta radioattività. E' il delitto commesso da chiunque abusivamente «cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona materiale di alta radioattività ovvero, detenendo tale materiale, lo abbandona o se ne disfa illegittimamente» (primo comma). La pena è aumentata (fino a 1/3) se dal fatto derivi pericolo di compromissione o deterioramento: delle acque o dell'aria, o di porzioni "estese o significative" del suolo o del sottosuolo; di "un" ecosistema,  della biodiversità,anche agraria, della flora o della fauna. Un aumento di pena della metà è, invece stabilito dal terzo comma dell'art. 452-sexies se dal fatto deriva pericolo per la vita o per l'incolumità delle persone.

L'articolo 452-septies punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni l'impedimento del controllo, ovvero il delitto di chiunque impedisce, intralcia o elude l'attività di vigilanza e controllo ambientale e di sicurezza e igiene del lavoro ovvero ne compromette gli esiti. L'impedimento deve realizzarsi negando o ostacolando l'accesso ai luoghi, ovvero mutando artificiosamente il loro stato. Peraltro, laddove l'ostacolo sia posto, ad esempio, con mezzi meccanici, in base al successivo articolo 452-undecies deve esserne disposta la confisca.

La fattispecie penale di omessa bonifica è  introdotta dal nuovo art. 452-terdecies, che punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da 1 a 4 anni e con la multa da 20.000 a 80.000 euro chiunque, essendovi obbligato, non provvede alla bonifica, al ripristino e al recupero dello stato dei luoghi. L'obbligo dell'intervento può derivare direttamente dalla legge, da un ordine del giudice o da una pubblica autorità.

La nuova fattispecie non pare sovrapporsi a quella di cui art. 257 del Codice dell'ambiente (d.lgs. 152/2006), che prevede una contravvenzione (arresto da sei mesi a un anno o ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro) per chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio, se non provvede alla bonifica. Inoltre, l'articolo 257 del Codice - come modificato dalla proposta di legge – prevede la salvaguardia delle più gravi fattispecie di reato.

Il delitto di cui all'art. 452-quaterdecies punisce con la reclusione da 1 a 3 anni l'illecita ispezione di fondali marini. L'illecito è commesso da chiunque utilizza la tecnica dell'air gun o altre tecniche esplosive per le attività di ricerca e di ispezione dei fondali marini finalizzate alla coltivazione di idrocarburi. L'air gun è una tecnica di ispezione finalizzata all'analisi della composizione del sottosuolo marino consistente, in sostanza, in spari di aria compressa ad alta intensità sonora, esplosi a determinata distanza l'uno dall'altro. Tale tecnica genera onde riflesse da cui estrarre dati sulla composizione dei fondali marini.

Rispetto alle nuove fattispecie penali introdotte, solo due possono essere commesse per colpa: il delitto di inquinamento ambientale (articolo 452-bis) e quello di disastro ambientale (articolo 452-quater). In tali casi, le pene per i reati-base sono diminuite –  art. 452-quinquies - fino ad un massimo di due terzi (primo comma). Una ulteriore diminuzione di un terzo della pena è prevista per il delitto colposo di pericolo ovverosia quando dai comportamenti di cui agli artt. 452-bis e 452-quater derivi il pericolo di inquinamento ambientale e disastro ambientale.

Mentre l'art. 452-octies  prevede specifiche aggravanti nel caso di commissione in forma associativa dei nuovi delitti contro l'ambiente, l'art. 452-novies introduce  una nuova circostanza definita "aggravante ambientale". Tale disposizione prevede un aumento di pena (da un terzo alla metà) quando un qualsiasi reato venga commesso allo scopo di eseguire uno dei delitti contro l'ambiente previsti dal nuovo titolo VI-bis del libro secondo del codice penale, dal Codice dell'ambiente (D.Lgs 152/2006) o da altra disposizione di legge posta a tutela dell'ambiente. L'aumento è invece di un terzo se dalla commissione del fatto derivi la violazione di disposizioni del citato Codice dell'ambiente o di altra legge a tutela dell'ambiente. E' prevista, in ogni caso, la procedibilità d'ufficio. Dalla formulazione consegue che la seconda violazione può riguardare anche illeciti amministrativi.

 L'art. 452-decies introduce nel codice penale la disciplina del ravvedimento operoso. In particolare, è previsto che chi si adopera per evitare che l'attività illecita sia portata a conseguenze ulteriori o provvede alla messa in sicurezza, bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi beneficia di una diminuzione di pena dalla metà a due terzi; tali  attività riparatorie dei luoghi devono avvenire "concretamente" e, in relazione alla tempistica, "prima che sia dichiarata l'apertura del dibattimento di primo grado".

Al concreto aiuto all'autorità di polizia o giudiziaria per la ricostruzione dell'illecito e nell'individuazione degli autori consegue l'applicazione di una diminuzione della pena da un terzo alla metà

Le ultime due disposizioni del titolo VI-bis intervengono su confisca obbligatoria e ripristino dello stato dei luoghi.

L'art. 452-undecies c.p. prevede che, in caso di condanna o patteggiamento per i reati di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo nonché per i reati associativi  finalizzati alla commissione dei nuovi reati ambientali previsti dal titolo VI-bis, il giudice debba sempre ordinare la confisca delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commetterlo; una clausola di salvaguardia, a tutela dei terzi estranei al reato, esclude l'obbligatorietà della confisca quando i beni appartengano a questi ultimi. Se la confisca dei beni non è possibile, il giudice ordina la confisca per equivalente, individuando i beni sui quali procedere dei quali il condannato abbia la disponibilità anche per interposta persona.

E' inoltre previsto dall'art. 452-undecies: un obbligo di destinazione dei beni e dei proventi confiscati, che devono essere messi nella disponibilità della pubblica amministrazione competente e vincolati all'uso per la bonifica dei luoghi; l'inapplicabilità della confisca quando l'imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza dei luoghi e, se necessario, alla loro bonifica e ripristino.

L'art. 452-duodecies stabilisce che, in caso di condanna o patteggiamento per uno dei nuovi delitti ambientali, il giudice debba ordinare il recupero e, ove tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi, ponendo l'esecuzione di tali attività a carico del condannato e delle persone giuridiche obbligate al pagamento delle pene pecuniarie in caso di insolvibilità del primo (ex art. 197 c.p.). La disposizione prevede una più puntuale disciplina della procedura di ripristino dei luoghi attraverso il rinvio alle disposizioni del Codice dell'ambiente che già prevedono tale misura.

L'articolo 1, comma 5, della legge n. 68 del 2015 modifica, invece, l'articolo 32-quater del codice penale, relativo ai casi nei quali alla condanna per alcuni delitti consegue l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione. Il catalogo dei delitti ivi previsti è aggiornato con l'inserimento dell'inquinamento ambientale, del disastro ambientale, del traffico ed abbandono di materiale ad alta radioattività, dell'impedimento del controllo e delle organizzate per il traffico illecito di rifiuti.

L'articolo 1, comma 6, modifica, infine, l'art. 157 del codice penale, prevedendo il raddoppio dei termini di prescrizione per tutti i nuovi delitti contro l'ambiente introdotti dal nuovo Capo VI del libro II del codice penale.

Le modifiche al Codice dell'ambiente

L'articolo 1 della legge n. 68 del 2015 interviene anche sul Codice dell'ambiente (D. Lgs. 152/2006).

In particolare, il comma 9 introduce nel Codice dell'ambiente un procedimento per l'estinzione delle contravvenzioni previste dal Codice - con una parte VI-bis (artt. da 318-bis a 318-octies del d.lgs. n. 152 del 2006) –  collegato all'adempimento da parte del responsabile della violazione sia di una serie di prescrizioni sia al pagamento di una somma di denaro. Si tratta delle violazioni che non abbiano cagionato né danno né pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette.

In particolare, mentre l'art. 318-bis precisa l'ambito applicativo della disciplina alle contravvenzioni previste dal Codice dell'ambiente, l'art. 318-ter riguarda le prescrizioni da impartire al contravventore. Si prevede che spetti all'organo di vigilanza (o alla polizia giudiziaria) impartire al contravventore le prescrizioni necessarie all'eliminazione (più correttamente: all'estinzione, cfr. art. 318-septies) della contravvenzione, fissando un termine per la regolarizzazione non superiore al periodo di tempo tecnicamente necessario; solo in presenza di specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore sarà possibile una proroga del termine di adempimento, comunque non superiore a sei mesi (il testo approvato dalla Camera ammetteva una proroga semestrale per la particolare complessità e oggettiva difficoltà dell'adempimento, più una eventuale ulteriore proroga di sei mesi se l'inadempimento dipendeva da circostanze non imputabili al contravventore). La norma precisa la necessità dell'asseverazione tecnica di tale prescrizione da parte dell'ente competente in materia nonché la necessità che un'eventuale proroga di sei mesi sia concessa al contravventore solo per specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore che determino un ritardo nell'adempimento. Nell'ipotesi in cui il reo operi al servizio di un ente, si prevede un obbligo di notifica-comunicazione della prescrizione anche al rappresentante legale dell'ente stesso.

L'art. 318-quater concerne la verifica dell'adempimento e l'irrogazione della sanzione, entro termini specificamente determinati, attraverso una scansionata serie di fasi procedimentali.

L'art. 318-quinquies prevede obblighi di comunicazione da parte del PM, che abbia in qualsiasi modo notizia della contravvenzione, all'organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria, per consentire di imporre le prescrizioni ed effettuare le relative verifiche sull'adempimento. In tali ipotesi, l'organo di vigilanza e la polizia giudiziaria debbono, senza ritardo, relazionare il PM della propria attività. Il procedimento rimane sospeso fino a quando il PM non riceva notizia dell'adempimento o meno della prescrizione.

L'art. 318-sexies stabilisce che i termini di sospensione del procedimento penale relativo alla contravvenzione decorrono dalla iscrizione nella notizia di reato nel relativo registro fino al momento del ricevimento da parte dell'autorità requirente della comunicazione dell'avvenuto adempimento della prescrizione.

Si prevede, tuttavia, che la sospensione, oltre a non impedire l'eventuale archiviazione, non preclude l'adozione di atti d'indagine e il sequestro preventivo.

L'art. 318-septies prevede l'estinzione della contravvenzione a seguito sia del buon esito della prescrizione che del pagamento della sanzione amministrativa. All'estinzione consegue l'archiviazione del procedimento da parte del PM. La disposizione configura, infine, l'ipotesi di adempimento tardivo o con modalità diverse della prescrizione, facendone derivare la possibile applicazione di un'oblazione ridotta.

L'art. 318-octies reca infine una norma transitoria secondo cui la nuova disciplina per l'estinzione delle contravvenzioni non si applica ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore.

La confisca allargata

L'articolo 1, comma 3, della legge n. 68 del 2015 modifica l'art. 260 del Codice dell'ambiente, relativo alla fattispecie di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, per prevedere, in caso di commissione del reato, la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che ne costituiscono il prodotto, salvo che appartengano a persone estranee e, quando la stessa non sia possibile, anche la c.d. confisca allargata, ovvero la confisca di beni di valore equivalente di cui il condannato abbia la disponibilità anche indirettamente o per interposta persona.

Il comma 4 modifica l'art. 12-sexies del cosiddetto decreto Scotti-Martelli (D.L. 306/1992, convertito dalla L. 356/1992) aggiungendo anche il disastro ambientale (art. 452-quater) e l'associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati ambientali (art. 452-octies) al catalogo dei delitti per i quali è consentita la confisca di valori ingiustificati.

Il coordinamento delle indagini

L'articolo 1, comma 7  integra la formulazione dell'art. 118-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (in materia di coordinamento delle indagini) prevedendo specifici obblighi di comunicazione in capo al pubblico ministero che procede ad indagini su alcuni reati ambientali.

Oltre che quando procede per i reati di grave allarme sociale di cui all'art. 407, comma 2, lett. a) c.p.p., Il PM dovrà dare notizia al PG presso la Corte d'appello (ed ora anche all'Agenzia delle Entrate) delle indagini in corso per i delitti di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico ed abbandono di materiale di alta radioattività ed attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. Analogo obbligo informativo a carico del PM procedente viene previsto sia per le indagini per i citati reati ambientali nonché per il delitto di cui all'art. 260 del D.lgs. 152/2006 (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti).

Per quanto riguarda gli obblighi informativi in capo al PM, si ricorda che l'art. 1, comma 73, della legge n. 103 del 2017 è intervenuto sull'art. 129 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, concernente le informazioni sull'azione penale relativa ai reati ambientali, precisando che, quando esercita l'azione penale per i reati previsti dal codice dell'ambiente ovvero per i reati previsti dal codice penale o da leggi speciali comportanti un pericolo o un pregiudizio per l'ambiente, il PM - nell'informare il Ministero dell'ambiente e la Regione interessata - deve dare notizia dell'imputazione.

La responsabilità amministrativa degli enti

Il comma 8 dell'articolo 1 novella l'art. 25-undecies del decreto legislativo n. 231 del 2001, estendendo il catalogo dei reati che costituiscono presupposto della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche dipendente da reato. Il comma 8 prevede infatti a carico dell'ente specifiche sanzioni pecuniarie per la commissione dei seguenti delitti contro l'ambiente (art. 25-undecies, comma 1):

  • inquinamento ambientale (da 250 a 600 quote),
  • disastro ambientale (da 400 a 800 quote),
  • inquinamento ambientale e disastro ambientale colposi (da 200 a 500 quote);
  • associazione a delinquere (comune e mafiosa) aggravata (da 300 a 1.000 quote),
  • traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (da 250 a 600 quote);
  • uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette (fino a 250 quote);
  • distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto (da 150 a 250 quote).

Inoltre, con l'inserimento del comma 1-bis nel menzionato articolo 25-undecies, si specifica, in caso di condanna per il delitto di inquinamento ambientale e di disastro ambientale, l'applicazione delle sanzioni interdittive per l'ente previste dall'art. 9 del D.Lgs. n. 231 del 2001 (interdizione dall'esercizio dell'attività; sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni; divieto di contrattare con la PA; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi). La disposizione specifica che per il delitto di inquinamento ambientale, la durata di tali misure non può essere superiore a un anno.

Le sanzioni per l'illecito commercio internazionale di specie animali e vegetali

L'articolo 2 della legge n. 68 del 2015 modifica la legge 150/1992, che reca la disciplina sanzionatoria della Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, di cui alla L. 19 dicembre 1975, n. 874, e del regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, nonché norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica. Le nuove disposizioni rendono più severa la disciplina sanzionatoria della legge 150/1992, di natura contravvenzionale e amministrativa.