La tratta di esseri umani è espressamente punita nel nostro ordinamento dall'entrata in vigore della legge n. 228 del 2003 con la quale sono stati riscritti gli articoli del codice penale già relativi alla riduzione in schiavitù (artt. 600, 601 e 602).
La definizione delle condotte punibili a titolo di tratta è stata poi ampliata dal decreto legislativo n. 24 del 2014 che ha dedicato attenzione anche al profilo del risarcimento delle vittime. Le circostanze che comportano un aumento delle pene in caso di commissione di questi delitti sono state modificate dalla legge n. 108 del 2010 che ha inserito nel codice penale l'art. 602-bis. Come di seguito si evidenzierà, la disciplina del traffico di esseri umani nel nostro Paese è prevalentemente frutto dell'attuazione di normativa di derivazione europea (decisione quadro 2002/629/GAI e poi direttiva 2011/36/UE) e di convenzioni internazionali.
Le fattispecie penali nel codice (legge n. 228 del 2003)
Nel corso della XIV legislatura il Parlamento ha approvato la legge 11 agosto 2003, n. 228, Misure contro la tratta di persone, diretta ad introdurre nuove disposizioni penali e a modificare quelle già esistenti allo scopo di contrastare il fenomeno della riduzione in schiavitù e, più in particolare, di quella forma di riduzione in schiavitù derivante dal traffico di esseri umani. Si tratta di una nuova schiavitù riguardante esseri umani – soprattutto donne e bambini – provenienti dai paesi poveri del mondo che, spinti nel nostro Paese dalla speranza di una diversa prospettiva di vita, sono costretti alla prostituzione, al lavoro forzato e all'accattonaggio.
Il nucleo principale della legge consiste nella modifica degli articoli 600, 601 e 602 del codice penale, concernenti rispettivamente i reati di "riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù", "tratta di persone" e "acquisto e alienazione di schiavi", per i quali vengono sensibilmente aumentate le pene, arrivando fino ad un massimo di venti anni.
In particolare, l'articolo 600 del codice penale punisce con la reclusione da otto a venti anni, chiunque riduca una persona in schiavitù, o in una condizione analoga alla schiavitù. Il nuovo articolo 600 si riferisce, a tale proposito:
Con il d.lgs. n. 24 del 2014 è stato aggiunta la costrizione al compimento di attività illecite che comportino lo sfruttamento ovvero a sottoporsi al prelievo di organi.
Per definire poi in maniera più tassativa la fattispecie incriminatrice, viene precisato che la riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione possono configurarsi in presenza di una condotta particolarmente connotata. In particolare si richiede che la condotta sia attuata mediante:
L'aggravante originariamente prevista dall'art. 600 c.p. è stata soppressa nella scorsa legislatura con la ratifica della Convenzione di Varsavia (v. infra).
L'articolo 601 del codice penale definisce, punendolo con la reclusione da otto a venti anni, il delitto di tratta di persone, ritenendolo applicabile sia quando ne risultino vittima soggetti già ridotti in schiavitù o in servitù, sia quando esso riguardi soggetti che vengono trafficati allo scopo di essere ridotti in tali situazioni.
La condotta qualificante la nuova figura di reato è stata modificata dald.lgs. n. 24 del 2014 e consiste oggi:
Alla stessa pena soggiace chiunque, anche al di fuori delle modalità di cui al primo comma, realizza le condotte ivi previste nei confronti di persona minore di età.
Anche in questo caso la legge del 2003 prevedeva un'aggravante che è stata ora espunta dall'articolo (v. infra).
L'articolo 602 del codice penale prevede e disciplina la fattispecie di acquisto e alienazione di schiavi. La norma ha carattere residuale poiché disciplina le ipotesi che non sono già ricadenti nella fattispecie di tratta di persone (art. 601).
L'elemento oggettivo del reato in tali casi consiste nell'acquisto, nell'alienazione o nella cessione di una persona che si trovi in condizione di schiavitù o servitù ai sensi dell'articolo 600 c.p. La pena stabilita è quella della reclusione da otto a venti anni.
Per questi delitti:
La legge sulla tratta ha inoltre novellato il delitto di associazione a delinquere (art. 416 c.p.) affermando che laddove l'associazione sia diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602, si applica la reclusione da cinque a quindici anni nei casi di cui al comma 1 – promotori costitutori o organizzatori dell'associazione – e da quattro a nove anni nei casi di cui al comma 2 – partecipazione all'associazione.
Oltre alle sanzioni penali, la legge 228/2003 prevede anche sanzioni amministrative nei confronti di persone giuridiche, allorché i soggetti che le rappresentano o che nelle stesse ricoprano le particolari cariche previste dalla legge, commettano alcuno dei reati contro la personalità individuale previsti agli artt. 600-604 del codice penale. Si tratta delle sanzioni pecuniarie "per quote" previste dal D.Lgs 8 giugno 2001, n. 231 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica) dettate da un apposito art. 25-quinquies; la norma prevede, nei casi più gravi, l'interdizione temporanea per un anno (se non addirittura definitiva) dall'attività istituzionale dell'ente.
Dal punto di vista della prevenzione dei reati e dell'assistenza alle vittime degli stessi, la legge del 2003 ha previsto:
La ratifica della Convenzione di Varsavia (legge n. 108 del 2010)
Nel corso della XVI legislatura il Parlamento ha approvato la legge 2 luglio 2010, n. 108, con la quale ha ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani del 2005 (c.d. Convenzione di Varsavia), conseguentemente adeguando l'ordinamento interno.
La legge 108 del 2010 ratifica la Convenzione e detta disposizioni di adeguamento dell'ordinamento interno. In particolare, la legge novella le fattispecie penali già previste dal codice per punire la tratta di esseri umani. In ragione dell'intervento legislativo del 2003, infatti, l'ordinamento italiano non ha avuto bisogno di pesanti misure di adeguamento alla Convenzione di Varsavia e si è rivelata sufficiente una novella delle circostanze aggravanti dei già previsti delitti di tratta.
Infatti, per i delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 c.p., tutti puniti con la reclusione da otto a venti anni, il codice dal 2003 prevedeva le medesime circostanze aggravanti - da cui derivava l'aumento della pena da un terzo alla metà - collegate alla minore età della vittima, ovvero alla finalizzazione del delitto allo sfruttamento della prostituzione o al traffico di organi.
La legge 108/2010 ha abrogato le singole aggravanti previste dagli articoli 600, 601 e 602, introducendo nel codice penale un nuovo articolo (art. 602-ter), rubricato Circostanze aggravanti.
La disposizione, in relazione ai citati delitti, conferma l'aumento da un terzo alla metà della pena nelle ipotesi già previste dalle norme previgenti (persona offesa minore di 18 anni e fatti diretti allo sfruttamento della prostituzione o commessi al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi), aggiungendo un'ulteriore circostanza aggravante per l'ipotesi in cui dal fatto derivi un grave pericolo per la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa (primo comma).
Il legislatore ha inoltre dato seguito all'articolo 20 della Convenzione di Varsavia, che impegna le parti ad attribuire rilevanza penale ai seguenti atti, in quanto commessi intenzionalmente al fine di consentire la tratta degli esseri umani:
Conseguentemente, il secondo comma dell'articolo 602-ter, introdotto dall'articolo 3 della legge, introduce una nuova circostanza aggravante applicabile ai delitti di Falsità in atti di cui al Titolo VII, Capo III, del Libro II.
In particolare, la legge prevede un aumento delle pene da un terzo alla metà nel caso in cui tali fatti siano commessi al fine di realizzare o agevolare i delitti di Riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù, Tratta di persone e Acquisto e alienazione di schiavi.
L'attuazione della direttiva 2011/36/UE (decreto legislativo n. 24 del 2014)
Infine, nella XVII legislatura, il Governo ha emanato il decreto legislativo n. 24 del 2014, con il quale ha dato attuazione nel nostro ordinamento alla Direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime.
Il decreto legislativo, integra la formulazione data dal codice penale ai delitti di cui agli articoli 600 e 601:
Il decreto legislativo integra la formulazione dell'art. 398 c.p.p. in materia di incidente probatorio, aggiungendovi un nuovo comma 5-ter che prevede che il giudice, su richiesta di parte, estende anche alle persone maggiorenni "in condizioni di particolare vulnerabilità" (desunte anche dal tipo di reato per cui si procede) le cautele previste dal comma 5-bis per l'incidente probatorio che coinvolga minori di età. In particolare, sarà possibile che la deposizione avvenga con modalità protette (es. con l'uso di un vetro divisorio) o che l'udienza si svolga anche in luogo diverso dal tribunale o, in mancanza, presso l'abitazione della persona maggiorenne interessata all'assunzione della prova; il giudice potrà avvalersi, ove possibile, di strutture specializzate di assistenza e le dichiarazioni potranno essere documentate integralmente con mezzi audiovisivi.
La riforma interviene poi sui diritti dei minori non accompagnati vittime di tratta (cfr. art. 16 della direttiva) prevedendo che il minore debba essere informato dei suoi diritti, anche in riferimento al suo possibile accesso alla protezione internazionale. E' previsto che un decreto del Presidente del Consiglio definisca la procedura attraverso cui – nel superiore interesse del minore - personale specializzato procede all'identificazione e alla determinazione dell'età del minore non accompagnato, anche attraverso l'eventuale collaborazione delle autorità diplomatiche.
Ulteriori disposizioni riguardano:
Le modifiche che il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24 ha apportato agli articoli 600 e 601 del codice penale e all'articolo 398 del codice di procedura penale sono analizzate dalla relazione n. III/04/2014 dell'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione.
Il Fondo per le misure anti-tratta nel bilancio 2017
La legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016, art. 1, comma 371) ha aumentato di 5 milioni di euro le risorse del Fondo per le misure anti-tratta per l'anno 2017.
Come detto (v. sopra) la legge n. 228 determina in 1.500 euro la misura dell'indennizzo per ogni vittima, sia pur nei limiti della disponibilità complessiva del Fondo.
Per quanto concerne la procedura per l'accesso al Fondo la disposizione prevede che la domanda di indennizzo debba essere inoltrata alla Presidenza del consiglio entro un anno dal passaggio in giudicato sulla sentenza di condanna ovvero – se l'autore del reato è ignoto – dal deposito dell'archiviazione emessa, la vittima deve dimostrare di non essere stata già risarcita nonostante l'esperimento delle azioni civile ed esecutiva.
Trascorsi comunque 60 giorni dalla presentazione della domanda, la vittima può comunque chiedere l'indennizzo al Fondo. Condizione ostativa del diritto all'indennizzo è il fatto che la vittima richiedente il risarcimento sia indagata o condannata con sentenza definitiva per uno dei gravi reati di cui all'art. 407, comma, 2, lett. a) c.p.p.
Nel bilancio di previsione 2017 della Presidenza del Consiglio sul cap. 520 (Fondo destinato al finanziamento di programmi di assistenza ed integrazione sociale in favore delle vittime di violenza e sfruttamento nonché delle altre finalità di protezione sociale degli immigrati, ai sensi dell'art. 12 della legge n. 228/2003) risultano stanziamenti per complessivi 29.654.854 euro, di cui: