In attuazione della legge di riforma della p.a. era stato trasmesso al Parlamento, nella XVII legislatura, lo schema di decreto legislativo di riforma della dirigenza (A.G. 328), che disponeva, in primo luogo l'articolazione del "sistema della dirigenza pubblica" nei tre ruoli della dirigenza statale, regionale e locale, ai quali si accede tramite procedure di reclutamento e requisiti omogenei, cui si affianca il ruolo della dirigenza delle autorità indipendenti.
Sullo schema di decreto legislativo di riforma erano stati espressi i pareri delle competenti Commissioni parlamentari, della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato.
Il testo non è stato poi approvato in via definitiva essendo nel frattempo intervenuta la pronuncia della Corte costituzionale (sentenza n. 251 del 2016) con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni di delega della legge 124/2015, tra cui quelle relative alla disciplina della dirigenza, nella parte in cui, incidendo su materie di competenza sia statale sia regionale, prevedevano che i decreti attuativi fossero adottati sulla base di una forma di raccordo con le Regioni che non è quella dell'intesa ma del semplice parere.
Nel testo di riforma i ruoli della dirigenza regionale e locale erano istituiti previa intesa, rispettivamente, in sede di Conferenza Stato-regioni e di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
Erano esclusi dall'applicazione della nuova disciplina i dirigenti scolastici e i dirigenti medici, veterinari e sanitari del Servizio sanitario nazionale.
Veniva sancito il principio in base al quale la qualifica dirigenziale è unica e ogni dirigente iscritto in uno dei tre ruoli, in possesso dei requisiti previsti dalla legge, può ricoprire qualsiasi incarico dirigenziale. La distinzione tra dirigente di prima e seconda fascia viene quindi superata, attribuendo alle amministrazioni pubbliche la facoltà di articolare gli uffici dirigenziali in diversi livelli di responsabilità, anche introducendo la distinzione tra incarichi dirigenziali generali e altri incarichi dirigenziali.
Era contestualmente disposta, presso il Dipartimento della funzione pubblica, la realizzazione di una banca dati contenente l'elenco degli uffici dirigenziali, dei titolari di incarichi, del relativo curriculum vitae e percorso professionale.
Il provvedimento disponeva, al contempo, l'istituzione delle Commissioni per la dirigenza statale (entro 90 giorni), regionale e locale (previa intesa, rispettivamente, in sede di Conferenza Stato-regioni e di Conferenza Stato-città ed autonomie locali), cui sono attribuite funzioni che investono, tra le altre, le procedure per il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la definizione di criteri generali per l'assegnazione degli incarichi e la relativa valutazione.
Alla dirigenza pubblica si accedeva mediante le due modalità del corso-concorso e del concorso, salvo il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni alle amministrazioni nei limiti di quanto stabilito dalla legge.
Lo schema di decreto legislativo interveniva quindi sull'assetto e sulle funzioni della Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA), di cui è disposta la trasformazione in agenzia, operante sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio e soggetta al controllo della corte dei conti. Alla SNA competono, in particolare, funzioni di reclutamento e di formazione del personale delle pubbliche amministrazioni, anche avvalendosi di istituzioni nazionali ed internazionali.
Specifiche disposizioni erano dettate relativamente alla formazione dei dirigenti, tenuti a frequentare corsi di formazione (organizzati o approvati dalla SNA) per un numero di ore definito dal regolamento di attuazione.
Gli incarichi dirigenziali erano sempre conferiti mediante procedura comparativa con avviso pubblico, ad eccezione dell'assegnazione del primo incarico e di quanto previsto ai fini della procedura per i dirigenti privi di incarico. Ai fini del conferimento di ciascun incarico dirigenziale, l'amministrazione definisce i criteri di scelta nell'ambito dei criteri generali fissati dalle istituende Commissioni per la dirigenza pubblica, regionale e locale. Per gli incarichi relativi a uffici dirigenziali non generali la scelta dell'amministrazione è comunicata alle Commissioni che, entro 15 giorni, possono rilevare il mancato rispetto dei requisiti e dei criteri fissati. Per gli incarichi relativi a uffici dirigenziali generali le suddette Commissioni selezionano una short list di candidati ritenuti più idonei in base ai richiamati criteri generali.
Veniva mantenuta la possibilità di attribuzione degli incarichi dirigenziali a soggetti esterni alle pubbliche amministrazioni individuando miniti massimi.
Quanto alla durata degli incarichi dirigenziali, veniva previsto il termine di 4 anni, rinnovabile di ulteriori 2 anni, a condizione che il dirigente abbia conseguito una valutazione positiva e con decisione motivata dell'amministrazione, per una sola volta; successivamente, viene svolta la procedura comparativa con avviso pubblico, cui può partecipare il dirigente già titolare dell'incarico salvo il caso di uffici a rischio di corruzione per i quali la legge già richiede il rispetto del principio della rotazione.
Alla scadenza di ogni incarico il dirigente rimaneva iscritto al ruolo ed è collocato in disponibilità fino all'attribuzione di un nuovo incarico. Una disciplina specifica viene introdotta per i dirigenti privi di incarico: essi hanno l'obbligo di partecipare, ogni anno, ad almeno 5 procedure comparative per le quali abbiano i requisiti; decorso un anno le amministrazioni possono conferire direttamente incarichi dirigenziali per i quali essi abbiano i requisiti; qualora sia decorso un anno senza incarico nell'anno successivo, ai fini del trattamento economico, sono ridotti di un terzo le parti fisse. Decorsi 2 anni dal collocamento di disponibilità, il Dipartimento per la funzione pubblica provvede a collocarli direttamente presso le amministrazioni in cui vi siano posti disponibili, ove ne abbiano i requisiti; viene previsto che, in caso di rifiuto, il dirigente decade dal ruolo. Le amministrazioni possono altresì attribuire ai dirigenti privi di incarico, con il loro consenso, funzioni di supporto senza il conferimento di incarichi dirigenziali e retribuzioni aggiuntive. In ogni caso, i dirigenti privi di incarico possono in ogni momento formulare richiesta di ricollocazione in qualifiche non dirigenziali.
Venivano inoltre elencati una serie di fattori che vengono in rilievo ai fini della valutazione dei dirigenti. Tra questi, in particolare: la capacità di gestione delle risorse umane assegnate alla struttura e di controllo e valutazione sulle presenze e sull'apporto motivazionale di ciascun dipendente; la tempestiva individuazione di fattori di rischio; la garanzie di trasparenza; l'individuazione di metodologie migliorative e coinvolgenti l'utenza nella valutazione dell'operato della struttura.
Il provvedimento individuava ulteriori ipotesi di mancato raggiungimento degli obiettivi dirigenziali, che possono dare luogo alla revoca dell'incarico dirigenziale.
Veniva affidato al decreto legislativo da adottare entro il 28 febbraio 2016, in attuazione della medesima legge 124/2015 (art. 17), in materia di pubblico impiego, l'individuazione delle forme di controllo sulle modalità con cui i dirigenti preposti ad uffici dirigenziali generali esplicano il proprio potere sindacatorio e di controllo sull'attività dei dirigenti e di periodica verifica del raggiungimento dei risultati dell'ufficio. In tale quadro, sono altresì definite le modalità di controllo sull'attuazione del programma da parte del segretario generale dei ministeri (in cui è presente tale figura), dei titolari di direzione di strutture articolate in uffici dirigenziali generali, dei dirigenti generali.
Era inoltre enunciato il principio di non derogabilità delle disposizioni del decreto legislativo da parte di contratti o accordi collettivi.
In sede di prima attuazione, era prevista l'iscrizione di diritto ai ruoli della dirigenza tutti i dirigenti a tempo indeterminato facenti parte delle relative amministrazioni alla data di entrata in vigore del decreto legislativo. Per gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale nelle amministrazioni statali, fino ad esaurimento della qualifica di prima fascia, il conferimento dell'incarico avviene, in misura non inferiore al 30 per cento delle relative posizioni, ai dirigenti di prima fascia facenti parte dei ruoli dell'amministrazione alla data di entrata in vigore del decreto legislativo. Gli incarichi dirigenziali sono disciplinati dalla normativa vigente fino alla definizione dei criteri generali da parte delle Commissioni.
Il provvedimento dettava inoltre disposizioni finalizzate, da una parte, a prevedere, nell'ambito dei contratti collettivi, una graduale convergenza del trattamento economico fondamentale di tutti coloro che sono iscritti nei ruoli della dirigenza utilizzando le economie derivanti dalle nuove previsioni; viene stabilito, in particolare, che il trattamento economico accessorio deve costituire almeno il 50 per cento della retribuzione complessiva del dirigente e la parte collegata ai risultati almeno il 30 per cento (60 e 40 per cento per i titolari di incarichi dirigenziali generali). La retribuzione di posizione deve essere interamente correlata alle funzioni attribuite ed alle connesse responsabilità.
Per quanto riguarda la dirigenza degli enti locali, era disposto il superamento della figura dei segretari comunali e provinciali (a decorrere dall'effettiva costituzione del ruolo della dirigenza locale e fatti salvi, fino alla naturale scadenza, gli incarichi in essere), che confluiscono nel ruolo della dirigenza locale; gli attuali segretari comunali e provinciali vengono assunti dalle amministrazioni che conferiscono loro incarichi dirigenziali nei limiti delle dotazioni organiche. Norme specifiche sono altresì dettate in sede di prima applicazione nonché per coloro che appartengono alla fascia professionale C e per i vincitori di procedure concorsuali già avviate al 28 agosto 2015.
Era previsto, al contempo, l'obbligo per gli enti locali di nominare un dirigente apicale cui affidare compiti di attuazione dell'indirizzo politico, coordinamento dell'attività amministrativa e controllo della legalità, che non può essere coordinato da altra figura di dirigente generale; le città metropolitane e i comuni con più di 100.000 abitanti possono, in alternativa, nominare un direttore generale e affidare il controllo della legalità e la funzione rogante ad un dirigente iscritto nei ruoli della dirigenza. Per i comuni con meno di 5.000 abitanti (o 3.000 se appartenenti a comunità montane) era stabilito l'obbligo di gestire in forma associata la funzione di direzione apicale.