La prescrizione del reato - istituto disciplinato dal codice penale (art. 157 e seguenti) - è la rinuncia dello Stato a far valere la propria pretesa punitiva, in considerazione del tempo trascorso dalla commissione del reato.
Per la Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 143 del 2014), si tratta di un istituto di natura sostanziale (cfr. sentenze n. 324 del 2008 e n. 393 del 2006), la cui ratio si collega sia all'interesse generale di non più perseguire i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venir meno, o notevolmente attenuato, l'allarme della coscienza comune (sentenze n. 393 del 2006 e n. 202 del 1971, ordinanza n. 337 del 1999), sia al "diritto all'oblio" dei cittadini, quando il reato non sia così grave da escludere tale tutela (sentenza n. 23 del 2013)
Nel nostro ordinamento, a partire dalla legge n. 251 del 2005, per calcolare il tempo necessario a prescrivere un reato si fa riferimento alla pena massima prevista per il reato stesso, con due limiti: nel caso di delitto, il tempo non può mai essere inferiore ai 6 anni; nel caso di contravvenzione, non può mai essere inferiore a 4 anni.
La lunghezza del nostro processo penale, articolato fino a tre gradi di giudizio, fa sì che siano molti i reati per i quali scatta la prescrizione, talvolta nonostante il riconoscimento della colpevolezza del reo in più gradi di giudizio; le statistiche degli ultimi anni hanno segnato il dibattito parlamentare su questo tema che è approdato, in XVII legislatura, all'approvazione della legge n. 103 del 2017, di parziale riforma dell'istituto.
Tra le modifiche più significative apportate alla disciplina della prescrizione, la c.d. riforma Orlando è intervenuta in particolare sulla sospensione del corso della prescrizione, dettata dall'art. 159 del codice penale. In primo luogo, in relazione alle ipotesi di sospensione, la riforma precisa:
Sono, poi, aggiunte all'art. 159 c.p. ulteriori ipotesi di sospensione del corso della prescrizione. Detto corso è, infatti, sospeso:
La disposizione precisa, inoltre, in relazione alle due ultime ipotesi, che i periodi di sospensione del corso della prescrizione ivi previsti vengano ricomputati ai fini del calcolo del termine di prescrizione:
Inoltre, in caso di concorso tra la causa di sospensione dovuta alle condanne nei gradi di merito e le altre cause sospensive previste dal primo comma dell'art. 159 (autorizzazione a procedere, deferimento ad altro giudizio, impedimento delle parti o dei difensori, assenza dell'imputato o rogatoria all'estero), il termine è prolungato per il periodo corrispondente.
Una specifica disposizione riguarda i casi di interruzione del corso della prescrizione. Viene infatti modificato l'art. 160 c.p. per prevedere che anche l'interrogatorio reso alla polizia giudiziaria, su delega del PM, interrompe il corso della prescrizione.
Infine, è modificato l'art. 161 c.p., che disciplina gli effetti dell'interruzione e della sospensione della prescrizione. In particolare, con una modifica al primo comma, si prevede che:
Con una modifica al secondo comma dell'art. 161 c.p., la riforma prevede che, oltre che nei casi di recidiva di cui all'art. 99, secondo comma c.p., l'interruzione della prescrizione non può in nessun caso comportare l'aumento di più della metà del tempo necessario a prescrivere anche per una serie di reati contro la pubblica amministrazione: corruzione per l'esercizio della funzione (art. 318 c.p.); corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (art. 319 c.p.); corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.); induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater); corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio ( art. 320); pene per il corruttore (321 c.p.); peculato, concussione, induzione indebita dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri limitatamente ai delitti già richiamati (art. 322-bis); truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis).
Per espressa previsione della legge di riforma, la nuova disciplina della prescrizione si applica ai soli fatti commessi dopo l'entrata in vigore della legge.
La legge n. 3 del 2019 contiene una riforma della prescrizone che interessa gli artt. 158, 159 e 160 del codice penale, non modificando l'assetto complessivo della disciplina dell'istituto, che rimane quello introdotto nel 2005 con la legge ex Cirielli, ma riguardando solo il profilo del decorso del termine di prescrizione del reato, oggetto di modifiche tanto sul lato del dies a quo quanto su quello del dies ad quem.
In particolare la legge n. 3 del 2019:
La legge n. 3 del 2019 ha fissato al 1° gennaio 2020 l'entrata in vigore della disciplina della prescrizione introdotta dai novellati articoli 158, 159 e 160 del codice penale.
Dopo l'entrata in vigore della c.d. Spazzacorrotti, la Commissione Giustizia della Camera ha esaminato in sede referente la proposta di legge, C.2059, di iniziativa dell'on. Costa, volta ad abrogare la riforma della prescrizione introdotta dalla legge n. 3 del 2019.
L'intento della proposta, presentata in data 1° agosto 2019, era quello di abrogare una riforma non ancora entrata in vigore e dunque di lasciare invariato il quadro normativo vigente pre-riforma. La Commissione Giustizia, nella seduta del 15 gennaio 2020, ha approvato l'emendamento soppressivo dell'articolo unico della proposta di legge ed ha quindi conferito alla Presidente il mandato a riferire in Assemblea in senso contrario.
Ulteriori modifiche alla disciplina della prescrizione sono state introdotte dalla successiva legge n. 134 del 2021, che pur confermando che il corso della prescrizione del reato si blocca con la sentenza di primo grado, sia essa di assoluzione o di condanna:
Parallelamente, sempre con previsione immediatamente prescrittiva, la legge n. 134 del 2021 ha introdotto nel codice di procedura penale l'istituto dell'improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione. Con l'inserimento dell'art. 344-bis c.p.p. si prevedono termini di durata massima dei giudizi di impugnazione individuati rispettivamente in 2 anni per l'appello e un anno per il giudizio di cassazione: la mancata definizione del giudizio entro tali termini comporta la declaratoria di improcedibilità dell'azione penale.
Con norma transitoria, è previsto che le nuove norme in materia di improcedibilità trovino applicazione solo nei procedimenti di impugnazione che hanno ad oggetto reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020; per questi procedimenti, peraltro, se l'impugnazione è proposta entro la fine del 2024, i termini di durata massima dei giudizi sono rispettivamente di 3 anni per l'appello e di 1 anno e mezzo per il giudizio di Cassazione.