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Strumenti finanziari derivati
informazioni aggiornate a venerdì, 16 febbraio 2018

 

In ragione dell'utilizzo sempre più ampio degli strumenti finanziari derivati da parte degli enti pubblici, soprattutto territoriali, il legislatore ha riformato la materia dettandone una disciplina più dettagliata e restringendone l'emissione entro precisi e severi limiti.

La disciplina è stata innovata e riordinata per effetto delle norme contenute nella legge di stabilità 2014; il divieto di sottoscrizione di tali strumenti è stato reso permanente, fatte salve alcune eccezioni espressamente previste ex lege.

 

Strumenti finanziari derivati ed enti pubblici territoriali

La questione inerente la sottoscrizione di strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali è sorta a seguito dell'instaurarsi di una prassi, consolidata negli anni, in base alla quale regioni, province e comuni hanno fatto ampio ricorso alla finanza derivata sia nella gestione del proprio debito che, in particolare, in fase di ristrutturazione dell'indebitamento. Gli enti (non solo quelli territoriali, in quanto il fenomeno ha avuto incidenza anche presso le amministrazioni centrali) hanno fatto ricorso a tale categoria di strumenti finanziari per gestire l'esposizione ai rischi di mercato o di credito che l'ente stesso assume in relazione alla propria attività.

 Per strumenti finanziari derivati si intendono gli strumenti finanziari il cui valore dipende ("deriva") dall'andamento di un'attività sottostante (chiamata underlying asset). Le attività sottostanti possono avere natura finanziaria (come, ad esempio, i titoli azionari, i tassi di interesse e di cambio, gli indici) o reale (come, ad esempio, il caffè, il cacao, l'oro, il petrolio, etc.).

Il decreto legislativo 28 febbraio 1998, n. 58 (articolo 1, commi 2 e 3) , recante il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), presenta un'elencazione non esaustiva delle forme in cui si possono presentare tali strumenti. La pratica internazionale ha tuttavia consentito lo sviluppo di numerose tipologie di contratti, ulteriori a quanto codificato dalla legge, che si possono ritenere appartenenti alla categoria dei derivati.

 La particolare complessità di tali strumenti implica un elevato profilo di rischio collegato alla loro sottoscrizione.

 Si rammenta che con il regolamento UE n. 648/2012 - European Market Infrastructure Regulation – Regolamento EMIR è stata individuata una cornice europea comune in materia di regolamentazione del mercato dei derivati negoziati fuori dai mercati regolamentati, allo scopo di ridurre i rischi sistemici che vi sono connessi. Il regolamento, adottato il 4 luglio 2012, è formalmente entrato in vigore il 16 agosto 2012. In modo particolare, il predetto regolamento intende regolamentare i derivati "OTC" (over the counter, cioè negoziati singolarmente tra le due controparti e non scambiati su mercati regolamentati), imponendo a tutti gli operatori del settore nuovi e stringenti obblighi, la cui effettiva entrata in vigore è prevista secondo un calendario che prevede varie scadenze in maniera scaglionata.

Il Regolamento comunitario n. 600/2014 sui mercati degli strumenti finanziari (cd. MiFIR) ha introdotto, all'articolo 29, l'obbligo di compensazione per i derivati negoziati in mercati: il gestore di un mercato regolamentato deve garantire che la totalità delle operazioni su derivati concluse nel mercato siano compensate da una controparte centrale. Inoltre, gli operatori attivi su strumenti derivati su commodities (direttiva MiFID 2 e regolamento MiFIR) devono comunicare al mercato, su base giornaliera, informazioni dettagliate sulle posizioni lorde detenute per singolo cliente e per i clienti dei clienti, fino al cliente finale. Ciò consente agli organismi che gestiscono i mercati di adempiere ai propri obblighi di controllo e di notifica alle Autorità delle posizioni su contratti derivati su merci e strumenti derivati cartolarizzati su merci, nonché di esercitare i compiti di vigilanza.

L'evoluzione normativa in tema di derivati degli enti territoriali

L'attenzione del legislatore alla problematica si è concretizzata – in particolar modo a cavallo tra la XV e la XVI legislatura – nella progressiva disciplina dell'accesso degli enti locali al mercato dei capitali, nonché dei criteri per l'ammortamento del debito e le operazioni in derivati.

Le leggi finanziarie 2007 (legge 29 dicembre 2006, n. 296) e 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244) hanno, rispettivamente, limitato l'utilizzo di strumenti finanziari derivati da parte di regioni ed enti locali e improntato la sottoscrizione dei contratti a criteri di massima trasparenza.

In particolare, la legge finanziaria per il 2007 ha previsto l'obbligo di comunicare i contratti al Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze prima della sottoscrizione; il MEF ne verifica la conformità alla normativa vigente e, ove ravvisi violazioni, deve informare la Corte dei Conti affinché possa intervenire in virtù delle proprie competenze. In ossequio al principio della trasparenza, inoltre, gli enti locali debbono trimestralmente fornire allo stesso ministero l'elenco delle operazioni effettuate nonché i dati relativi all'utilizzo del credito bancario a breve termine, ai mutui accesi presso soggetti esterni alla Pubblica Amministrazione, alle emissioni obbligazionarie e alle cartolarizzazioni. I criteri e gli obiettivi del legislatore della finanziaria 2007 sono stati condivisi anche nella finanziaria 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244) nella quale è stata chiarita la necessità che le modalità contrattuali siano espressamente dichiarate in una nota allegata al bilancio.

La materia è stata poi oggetto di modifica con la legge finanziaria per il 2009: per contenere l'indebitamento delle regioni, delle province autonome di Trento e Bolzano e degli enti locali, è stato vietato a tali enti di stipulare contratti relativi a strumenti finanziari derivati fino alla data di entrata in vigore di un apposito regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, cui veniva demandata l'individuazione della tipologia dei contratti su derivati stipulabili dagli enti territoriali. Il regolamento del MEF previsto dalla finanziaria 2009 in materia di contratti derivati stipulati da Regioni ed enti locali non è stato tuttavia adottato.

Di tali tematiche si è occupata la Commissione Finanze e tesoro del Senato con un'indagine conoscitiva sull'utilizzo e la diffusione degli strumenti di finanza derivata e delle cartolarizzazioni nelle pubbliche amministrazioni. Nel documento conclusivo approvato nel marzo 2010 a conclusione dell'indagine Doc. XVII n. 5 viene evidenziata tra l'altro la necessità di un riordino della normativa di settore diretta al rafforzamento delle regole di correttezza, trasparenza e tutela dell'affidamento degli amministratori pubblici; i principi cardine di tale azione potrebbero essere individuati tra l'altro:

  • nel divieto per gli enti territoriali e locali di emettere prestiti obbligazionari con rimborso unico alla scadenza (bullet), evitando il rinvio nel lungo termine del peso dei debiti contratti sul mercato;
  • nel divieto di sottoscrivere contratti derivati che prevedano il versamento preventivo di premi upfront;
  • nel dovere per gli intermerdiari di certificare di aver acquisito le informazioni e di aver valutato adeguatamente le loro conoscenze, esperienze e capacità di comprendere i rischi delle operazioni che intendono stipulare.

A parere della Commissione andrebbe altresì considerata la possibilità di rafforzare i poteri di controllo in materia del Ministero dell'economia e delle finanze.

La Corte costituzionale, nella sentenza n. 70 del 2012, con riferimento alla mancata previsione di copertura finanziaria di oneri imprevisti derivanti da contratti derivati stipulati dalla Regione Campania, ha affermato che le norme introdotte hanno, tra l'altro, la finalità di garantire che le modalità di accesso ai contratti derivati da parte delle Regioni e degli enti locali siano accompagnate da cautele in grado di prevenire l'accollo da parte degli enti pubblici di oneri impropri e non prevedibili all'atto della stipulazione. Ciò in considerazione della natura di questa tipologia di contratti, aventi caratteristiche fortemente aleatorie, tanto più per le finanze di un'amministrazione pubblica. In definitiva, secondo la Corte, proprio le peculiari caratteristiche di tali strumenti hanno indotto il legislatore statale a prevedere, limitatamente alle contrattazioni in cui siano parte le regioni e gli enti locali, una specifica normativa non solo per l'accesso al relativo mercato mobiliare, ma anche per la loro gestione e rinegoziazione, che presentano, parimenti, ampi profili di spiccata aleatorietà in grado di pregiudicare il complesso «delle risorse finanziarie pubbliche utilizzabili dagli enti stessi per il raggiungimento di finalità di carattere, appunto, pubblico e, dunque, di generale interesse per la collettività» (sentenza n. 52 del 2010).

 E' stata comunque prevista una deroga a tale disciplina per i territori dell'Abruzzo colpiti dagli eventi calamitosi dell'aprile 2009. In particolare, il decreto-legge "Abruzzo" (articolo 4, comma 8 del 28 aprile 2009, n. 39) con riguardo alla durata massima di una singola operazione di indebitamento, ha autorizzato la regione Abruzzo, la provincia di L'Aquila e gli altri comuni colpiti dal sisma a rinegoziare con la controparte i prestiti, in qualsiasi forma contratti, in essere al 28 aprile 2009 (data di entrata in vigore del decreto-legge); si veda il tema relativo al terremoto in Abruzzo . La durata di ogni singolo prestito può essere estesa per un periodo non superiore a cinquanta anni a partire dalla data della rinegoziazione.

Il decreto-legge 26 giugno 2009, n. 78 (articolo 17, comma 32) ha autorizzato le regioni Lazio, Campania, Molise e Sicilia, in presenza di eccezionali condizioni economiche e dei mercati finanziari, a ristrutturare le operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati al fine esclusivo della salvaguardia del beneficio e della sostenibilità delle rispettive posizioni finanziarie.

Il divieto per gli enti territoriali di ricorrere ai derivati

L'articolo 1, comma 572 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014) ha profondamente innovato la normativa riguardante il ricorso a strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali, in particolare rendendo permanente il divieto per detti enti di ricorrere a tali strumenti, salvo le ipotesi espressamente consentite dalla legge.

In primo luogo è stata abrogata la previsione che vietava la stipula di contratti su derivati solo fino alla data di entrata in vigore del regolamento attuativo delle norme primarie e, comunque, fino al 25 giugno 2009.

A tale abrogazione sono state correlate le ulteriori modifiche alla previgente disciplina: in particolare, si vieta in via permanente agli enti territoriali di stipulare contratti relativi agli strumenti finanziari derivati, come definiti dal citato articolo 1 del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria – TUF (di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998). Si fa inoltre divieto di rinegoziare derivati in essere o stipulare contratti con componenti derivate.

Viene precisato che gli enti territoriali hanno il divieto di emettere titoli obbligazionari o altre passività in valuta estera, con lo scopo di evitare rischi connessi al cambio. Permane il divieto di emettere titoli obbligazionari con rimborso del capitale in unica soluzione alla scadenza.

Sono previste tuttavia specifiche deroghe al predetto divieto. Gli enti dunque potranno:

  • estinguere totalmente, in via anticipata, i contratti relativi a strumenti finanziari derivati;
  • stipulare "novazioni soggettive", riassegnando i medesimi contratti a controparti diverse dalle originarie, senza modifiche ai termini e alle condizioni finanziarie del contratto;
  • ristrutturare il contratto derivato, come conseguenza di modifica della passività alla quale il medesimo contratto è riferito, ma solo nella forma di operazioni prive di componenti opzionali e volte alla trasformazione da tasso fisso a variabile o viceversa, con la finalità di mantenere la corrispondenza tra la passività rinegoziata e la collegata operazione di copertura;
  • acquistare contratti di finanziamento con cd. cap (strumenti contrattuali volti a proteggere dall'eccessivo aumento dei tassi) da parte dell'ente.

 Inoltre, sono esclusi dal divieto sia la cancellazione di clausole di risoluzione anticipata, sia l'eliminazione di componenti opzionali (diverse dall'opzione cap di cui gli enti siano stati acquirenti) mediante regolamento per cassa nell'esercizio di riferimento del saldo.

Per esigenze di coordinamento vigenti obblighi dei soggetti competenti alla sottoscrizione per conto dell'ente, consistenti nell'attestazione per iscritto di essere a conoscenza dei rischi e delle caratteristiche del contratto medesimo e delle variazioni nelle modalità di copertura dell'indebitamento, sono riferiti alle ipotesi di cui ai commi da 3-bis a 3-quater, ovvero alle eccezioni al divieto di sottoscrizione di contratti su strumenti derivati.

E' quindi mantenuta, con le opportune modifiche, la sanzione della nullità relativa dei contratti relativi a derivati, ovvero di finanziamento con cap, se sottoscritti in violazione delle norme sopra menzionate.

Dal 24 aprile 2014 (per effetto dell'articolo 45 del decreto-legge n. 66 del 2014, modificato dal decreto-legge n. 78 del 2015) è possibile, a determinate condizioni, che le Regioni ristrutturino parte del loro debito, al fine di ridurre la spesa per interessi e di semplificare le posizioni in derivati. Il richiamato articolo 45 limita la ristrutturazione a due tipologie di operazioni di indebitamento:

-       mutui contratti con il Ministero dell'economia e delle finanze, direttamente o per il tramite della Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., con vita residua pari o superiore a 5 anni e importo del debito residuo da ammortizzare superiore a 20 milioni di euro; in questi casi la scadenza viene allungata fino a trent'anni da ammortizzare con rate costanti ad interessi pari a quelli dei BTP con durata finanziaria più vicina al nuovo mutuo;

-       titoli obbligazionari regionali con vita residua pari o superiore a 5 anni e valore nominale dei titoli pari o superiore a 250 milioni di euro; in questi casi la regione finanzia il riacquisto dei titoli utilizzando il ricavato di un mutuo concesso dal MEF e con contestuale cancellazione dei derivati insistenti su di essi.

Attività parlamentare in materia di strumenti derivati

Il 4 dicembre 2014 la Commissione Finanze ha deliberato lo svolgimento di una indagine conoscitiva sugli strumenti finanziari derivati, sia con riferimento al comparto pubblico, sia con riferimento al comparto privato, al fine di approfondire tutte le questioni sottese a tale settore.

Con riferimento al settore pubblico, le principali questioni emerse hanno riguardato le criticità legate alla gestione, da parte delle pubbliche amministrazioni, di strumenti finanziari complessi e di lunga durata; l'opportunità di utilizzare detti strumenti a copertura del debito; le caratteristiche insite in tali contratti (durata, rischiosità) e la necessità di elaborare una strategia per una gestione sostenibile dei derivati delle pubbliche amministrazioni.

Il 14 gennaio è stato audito il prof. Paolo Savona.

Il 10 febbraio  e il 25 febbraio 2015 è stata audita la dott.ssa Cannata del MEF.

Il 25 febbraio 2015 è stato audito il prof. Cesare Conti (qui le slides e qui la traccia dell'intervento).

Il 14 aprile 2015 è stato audito il prof. Marcello Minenna (qui il testo della memoria depositata).
il 15 aprile 2015 è stato audito il prof. Donato Masciandaro (qui il testo della memoria depositata).

Il 29 aprile 2015 sono stati auditi il prof. Ugo Patroni Griffi e il dott. Nicola Benini.
Il 6 maggio è stata audita la Corte dei Conti; il 12 maggio è stato audito il prof. Pisauro, predidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Qui il link alla memoria depositata.

Si rammenta, in materia di utilizzo di derivati da parte delle amministrazioni pubbliche, il focus pubblicato dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio.

Il 3 giugno sono stati auditi il prof. Emilio Barucci e il dott. Marco Mazzucchelli.

Il 15 giugno è intervenuta la Banca d'Italia, nella persona del Vice Direttore Generale Luigi Federico Signorini.

 

Il 14 luglio 2016 le Commissioni V Bilancio e VI Finanze della Camera hanno approvato due risoluzioni (8-00192 e 8-00193) sull'uso degli strumenti finanziari derivati da parte delle pubbliche amministrazioni, ad esito della predetta indagine conoscitiva.

 

 

In ragione dell'utilizzo sempre più ampio degli strumenti finanziari derivati da parte degli enti pubblici, soprattutto territoriali, il legislatore ha riformato la materia dettandone una disciplina più dettagliata e restringendone l'emissione entro precisi e severi limiti.

La disciplina è stata innovata e riordinata per effetto delle norme contenute nella legge di stabilità 2014; il divieto di sottoscrizione di tali strumenti è stato reso permanente, fatte salve alcune eccezioni espressamente previste ex lege.

 

Strumenti finanziari derivati ed enti pubblici territoriali

La questione inerente la sottoscrizione di strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali è sorta a seguito dell'instaurarsi di una prassi, consolidata negli anni, in base alla quale regioni, province e comuni hanno fatto ampio ricorso alla finanza derivata sia nella gestione del proprio debito che, in particolare, in fase di ristrutturazione dell'indebitamento. Gli enti (non solo quelli territoriali, in quanto il fenomeno ha avuto incidenza anche presso le amministrazioni centrali) hanno fatto ricorso a tale categoria di strumenti finanziari per gestire l'esposizione ai rischi di mercato o di credito che l'ente stesso assume in relazione alla propria attività.

 Per strumenti finanziari derivati si intendono gli strumenti finanziari il cui valore dipende ("deriva") dall'andamento di un'attività sottostante (chiamata underlying asset). Le attività sottostanti possono avere natura finanziaria (come, ad esempio, i titoli azionari, i tassi di interesse e di cambio, gli indici) o reale (come, ad esempio, il caffè, il cacao, l'oro, il petrolio, etc.).

Il decreto legislativo 28 febbraio 1998, n. 58 (articolo 1, commi 2 e 3) , recante il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), presenta un'elencazione non esaustiva delle forme in cui si possono presentare tali strumenti. La pratica internazionale ha tuttavia consentito lo sviluppo di numerose tipologie di contratti, ulteriori a quanto codificato dalla legge, che si possono ritenere appartenenti alla categoria dei derivati.

 La particolare complessità di tali strumenti implica un elevato profilo di rischio collegato alla loro sottoscrizione.

 Si rammenta che con il regolamento UE n. 648/2012 - European Market Infrastructure Regulation – Regolamento EMIR è stata individuata una cornice europea comune in materia di regolamentazione del mercato dei derivati negoziati fuori dai mercati regolamentati, allo scopo di ridurre i rischi sistemici che vi sono connessi. Il regolamento, adottato il 4 luglio 2012, è formalmente entrato in vigore il 16 agosto 2012. In modo particolare, il predetto regolamento intende regolamentare i derivati "OTC" (over the counter, cioè negoziati singolarmente tra le due controparti e non scambiati su mercati regolamentati), imponendo a tutti gli operatori del settore nuovi e stringenti obblighi, la cui effettiva entrata in vigore è prevista secondo un calendario che prevede varie scadenze in maniera scaglionata.

Il Regolamento comunitario n. 600/2014 sui mercati degli strumenti finanziari (cd. MiFIR) ha introdotto, all'articolo 29, l'obbligo di compensazione per i derivati negoziati in mercati: il gestore di un mercato regolamentato deve garantire che la totalità delle operazioni su derivati concluse nel mercato siano compensate da una controparte centrale. Inoltre, gli operatori attivi su strumenti derivati su commodities (direttiva MiFID 2 e regolamento MiFIR) devono comunicare al mercato, su base giornaliera, informazioni dettagliate sulle posizioni lorde detenute per singolo cliente e per i clienti dei clienti, fino al cliente finale. Ciò consente agli organismi che gestiscono i mercati di adempiere ai propri obblighi di controllo e di notifica alle Autorità delle posizioni su contratti derivati su merci e strumenti derivati cartolarizzati su merci, nonché di esercitare i compiti di vigilanza.

L'evoluzione normativa in tema di derivati degli enti territoriali

L'attenzione del legislatore alla problematica si è concretizzata – in particolar modo a cavallo tra la XV e la XVI legislatura – nella progressiva disciplina dell'accesso degli enti locali al mercato dei capitali, nonché dei criteri per l'ammortamento del debito e le operazioni in derivati.

Le leggi finanziarie 2007 (legge 29 dicembre 2006, n. 296) e 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244) hanno, rispettivamente, limitato l'utilizzo di strumenti finanziari derivati da parte di regioni ed enti locali e improntato la sottoscrizione dei contratti a criteri di massima trasparenza.

In particolare, la legge finanziaria per il 2007 ha previsto l'obbligo di comunicare i contratti al Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze prima della sottoscrizione; il MEF ne verifica la conformità alla normativa vigente e, ove ravvisi violazioni, deve informare la Corte dei Conti affinché possa intervenire in virtù delle proprie competenze. In ossequio al principio della trasparenza, inoltre, gli enti locali debbono trimestralmente fornire allo stesso ministero l'elenco delle operazioni effettuate nonché i dati relativi all'utilizzo del credito bancario a breve termine, ai mutui accesi presso soggetti esterni alla Pubblica Amministrazione, alle emissioni obbligazionarie e alle cartolarizzazioni. I criteri e gli obiettivi del legislatore della finanziaria 2007 sono stati condivisi anche nella finanziaria 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244) nella quale è stata chiarita la necessità che le modalità contrattuali siano espressamente dichiarate in una nota allegata al bilancio.

La materia è stata poi oggetto di modifica con la legge finanziaria per il 2009: per contenere l'indebitamento delle regioni, delle province autonome di Trento e Bolzano e degli enti locali, è stato vietato a tali enti di stipulare contratti relativi a strumenti finanziari derivati fino alla data di entrata in vigore di un apposito regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, cui veniva demandata l'individuazione della tipologia dei contratti su derivati stipulabili dagli enti territoriali. Il regolamento del MEF previsto dalla finanziaria 2009 in materia di contratti derivati stipulati da Regioni ed enti locali non è stato tuttavia adottato.

Di tali tematiche si è occupata la Commissione Finanze e tesoro del Senato con un'indagine conoscitiva sull'utilizzo e la diffusione degli strumenti di finanza derivata e delle cartolarizzazioni nelle pubbliche amministrazioni. Nel documento conclusivo approvato nel marzo 2010 a conclusione dell'indagine Doc. XVII n. 5 viene evidenziata tra l'altro la necessità di un riordino della normativa di settore diretta al rafforzamento delle regole di correttezza, trasparenza e tutela dell'affidamento degli amministratori pubblici; i principi cardine di tale azione potrebbero essere individuati tra l'altro:

  • nel divieto per gli enti territoriali e locali di emettere prestiti obbligazionari con rimborso unico alla scadenza (bullet), evitando il rinvio nel lungo termine del peso dei debiti contratti sul mercato;
  • nel divieto di sottoscrivere contratti derivati che prevedano il versamento preventivo di premi upfront;
  • nel dovere per gli intermerdiari di certificare di aver acquisito le informazioni e di aver valutato adeguatamente le loro conoscenze, esperienze e capacità di comprendere i rischi delle operazioni che intendono stipulare.

A parere della Commissione andrebbe altresì considerata la possibilità di rafforzare i poteri di controllo in materia del Ministero dell'economia e delle finanze.

La Corte costituzionale, nella sentenza n. 70 del 2012, con riferimento alla mancata previsione di copertura finanziaria di oneri imprevisti derivanti da contratti derivati stipulati dalla Regione Campania, ha affermato che le norme introdotte hanno, tra l'altro, la finalità di garantire che le modalità di accesso ai contratti derivati da parte delle Regioni e degli enti locali siano accompagnate da cautele in grado di prevenire l'accollo da parte degli enti pubblici di oneri impropri e non prevedibili all'atto della stipulazione. Ciò in considerazione della natura di questa tipologia di contratti, aventi caratteristiche fortemente aleatorie, tanto più per le finanze di un'amministrazione pubblica. In definitiva, secondo la Corte, proprio le peculiari caratteristiche di tali strumenti hanno indotto il legislatore statale a prevedere, limitatamente alle contrattazioni in cui siano parte le regioni e gli enti locali, una specifica normativa non solo per l'accesso al relativo mercato mobiliare, ma anche per la loro gestione e rinegoziazione, che presentano, parimenti, ampi profili di spiccata aleatorietà in grado di pregiudicare il complesso «delle risorse finanziarie pubbliche utilizzabili dagli enti stessi per il raggiungimento di finalità di carattere, appunto, pubblico e, dunque, di generale interesse per la collettività» (sentenza n. 52 del 2010).

 E' stata comunque prevista una deroga a tale disciplina per i territori dell'Abruzzo colpiti dagli eventi calamitosi dell'aprile 2009. In particolare, il decreto-legge "Abruzzo" (articolo 4, comma 8 del 28 aprile 2009, n. 39) con riguardo alla durata massima di una singola operazione di indebitamento, ha autorizzato la regione Abruzzo, la provincia di L'Aquila e gli altri comuni colpiti dal sisma a rinegoziare con la controparte i prestiti, in qualsiasi forma contratti, in essere al 28 aprile 2009 (data di entrata in vigore del decreto-legge); si veda il tema relativo al terremoto in Abruzzo . La durata di ogni singolo prestito può essere estesa per un periodo non superiore a cinquanta anni a partire dalla data della rinegoziazione.

Il decreto-legge 26 giugno 2009, n. 78 (articolo 17, comma 32) ha autorizzato le regioni Lazio, Campania, Molise e Sicilia, in presenza di eccezionali condizioni economiche e dei mercati finanziari, a ristrutturare le operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati al fine esclusivo della salvaguardia del beneficio e della sostenibilità delle rispettive posizioni finanziarie.

Il divieto per gli enti territoriali di ricorrere ai derivati

L'articolo 1, comma 572 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014) ha profondamente innovato la normativa riguardante il ricorso a strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali, in particolare rendendo permanente il divieto per detti enti di ricorrere a tali strumenti, salvo le ipotesi espressamente consentite dalla legge.

In primo luogo è stata abrogata la previsione che vietava la stipula di contratti su derivati solo fino alla data di entrata in vigore del regolamento attuativo delle norme primarie e, comunque, fino al 25 giugno 2009.

A tale abrogazione sono state correlate le ulteriori modifiche alla previgente disciplina: in particolare, si vieta in via permanente agli enti territoriali di stipulare contratti relativi agli strumenti finanziari derivati, come definiti dal citato articolo 1 del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria – TUF (di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998). Si fa inoltre divieto di rinegoziare derivati in essere o stipulare contratti con componenti derivate.

Viene precisato che gli enti territoriali hanno il divieto di emettere titoli obbligazionari o altre passività in valuta estera, con lo scopo di evitare rischi connessi al cambio. Permane il divieto di emettere titoli obbligazionari con rimborso del capitale in unica soluzione alla scadenza.

Sono previste tuttavia specifiche deroghe al predetto divieto. Gli enti dunque potranno:

  • estinguere totalmente, in via anticipata, i contratti relativi a strumenti finanziari derivati;
  • stipulare "novazioni soggettive", riassegnando i medesimi contratti a controparti diverse dalle originarie, senza modifiche ai termini e alle condizioni finanziarie del contratto;
  • ristrutturare il contratto derivato, come conseguenza di modifica della passività alla quale il medesimo contratto è riferito, ma solo nella forma di operazioni prive di componenti opzionali e volte alla trasformazione da tasso fisso a variabile o viceversa, con la finalità di mantenere la corrispondenza tra la passività rinegoziata e la collegata operazione di copertura;
  • acquistare contratti di finanziamento con cd. cap (strumenti contrattuali volti a proteggere dall'eccessivo aumento dei tassi) da parte dell'ente.

 Inoltre, sono esclusi dal divieto sia la cancellazione di clausole di risoluzione anticipata, sia l'eliminazione di componenti opzionali (diverse dall'opzione cap di cui gli enti siano stati acquirenti) mediante regolamento per cassa nell'esercizio di riferimento del saldo.

Per esigenze di coordinamento vigenti obblighi dei soggetti competenti alla sottoscrizione per conto dell'ente, consistenti nell'attestazione per iscritto di essere a conoscenza dei rischi e delle caratteristiche del contratto medesimo e delle variazioni nelle modalità di copertura dell'indebitamento, sono riferiti alle ipotesi di cui ai commi da 3-bis a 3-quater, ovvero alle eccezioni al divieto di sottoscrizione di contratti su strumenti derivati.

E' quindi mantenuta, con le opportune modifiche, la sanzione della nullità relativa dei contratti relativi a derivati, ovvero di finanziamento con cap, se sottoscritti in violazione delle norme sopra menzionate.

Dal 24 aprile 2014 (per effetto dell'articolo 45 del decreto-legge n. 66 del 2014, modificato dal decreto-legge n. 78 del 2015) è possibile, a determinate condizioni, che le Regioni ristrutturino parte del loro debito, al fine di ridurre la spesa per interessi e di semplificare le posizioni in derivati. Il richiamato articolo 45 limita la ristrutturazione a due tipologie di operazioni di indebitamento:

-       mutui contratti con il Ministero dell'economia e delle finanze, direttamente o per il tramite della Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., con vita residua pari o superiore a 5 anni e importo del debito residuo da ammortizzare superiore a 20 milioni di euro; in questi casi la scadenza viene allungata fino a trent'anni da ammortizzare con rate costanti ad interessi pari a quelli dei BTP con durata finanziaria più vicina al nuovo mutuo;

-       titoli obbligazionari regionali con vita residua pari o superiore a 5 anni e valore nominale dei titoli pari o superiore a 250 milioni di euro; in questi casi la regione finanzia il riacquisto dei titoli utilizzando il ricavato di un mutuo concesso dal MEF e con contestuale cancellazione dei derivati insistenti su di essi.

Attività parlamentare in materia di strumenti derivati

Il 4 dicembre 2014 la Commissione Finanze ha deliberato lo svolgimento di una indagine conoscitiva sugli strumenti finanziari derivati, sia con riferimento al comparto pubblico, sia con riferimento al comparto privato, al fine di approfondire tutte le questioni sottese a tale settore.

Con riferimento al settore pubblico, le principali questioni emerse hanno riguardato le criticità legate alla gestione, da parte delle pubbliche amministrazioni, di strumenti finanziari complessi e di lunga durata; l'opportunità di utilizzare detti strumenti a copertura del debito; le caratteristiche insite in tali contratti (durata, rischiosità) e la necessità di elaborare una strategia per una gestione sostenibile dei derivati delle pubbliche amministrazioni.

Il 14 gennaio è stato audito il prof. Paolo Savona.

Il 10 febbraio  e il 25 febbraio 2015 è stata audita la dott.ssa Cannata del MEF.

Il 25 febbraio 2015 è stato audito il prof. Cesare Conti (qui le slides e qui la traccia dell'intervento).

Il 14 aprile 2015 è stato audito il prof. Marcello Minenna (qui il testo della memoria depositata).
il 15 aprile 2015 è stato audito il prof. Donato Masciandaro (qui il testo della memoria depositata).

Il 29 aprile 2015 sono stati auditi il prof. Ugo Patroni Griffi e il dott. Nicola Benini.
Il 6 maggio è stata audita la Corte dei Conti; il 12 maggio è stato audito il prof. Pisauro, predidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Qui il link alla memoria depositata.

Si rammenta, in materia di utilizzo di derivati da parte delle amministrazioni pubbliche, il focus pubblicato dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio.

Il 3 giugno sono stati auditi il prof. Emilio Barucci e il dott. Marco Mazzucchelli.

Il 15 giugno è intervenuta la Banca d'Italia, nella persona del Vice Direttore Generale Luigi Federico Signorini.

 

Il 14 luglio 2016 le Commissioni V Bilancio e VI Finanze della Camera hanno approvato due risoluzioni (8-00192 e 8-00193) sull'uso degli strumenti finanziari derivati da parte delle pubbliche amministrazioni, ad esito della predetta indagine conoscitiva.