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Comunicati stampa

19/09/2014
Intervento della Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, in occasione della Conferenza internazionale "Al sicuro dalla paura, al sicuro dalla violenza"
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"Signora Presidente dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, Signor Sottosegretario, Signora Vice Segretaria generale del Consiglio d'Europa, Signori membri dei Governi e dei Parlamenti dei Paesi membri del Consiglio d'Europa e degli Stati del Mediterraneo, Autorità, Signore e Signori, è un onore ospitarvi alla Camera dei deputati e poter inaugurare questa conferenza.

L'Italia è stata il primo Paese fondatore del Consiglio d'Europa e dell'Unione europea a ratificare la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne ed alla violenza domestica, e lo strumento di ratifica è stato il primo atto legislativo di questo Parlamento, nell'estate dell'anno scorso. E' dunque per tali motivi - e con orgoglio - che, di concerto con il Ministero italiano degli Affari esteri e con il Consiglio d'Europa, abbiamo voluto organizzare questa iniziativa, intitolata: 'Al sicuro dalla paura, al sicuro dalla violenza: l'entrata in vigore della convenzione di Istanbul'.

Un'iniziativa tesa a dare risalto all'importanza ed alle potenzialità di questo trattato, al fine di sollecitare i Paesi non aderenti a farlo e di incoraggiare gli Stati parte ad attuare in maniera piena e compiuta quanto previsto dalla Convenzione.

La Convenzione, come sapete, è uno strumento fortemente innovativo, che definisce la violenza contro le donne - tutte le violenze, comprese quelle di natura psicologica - come una violazione dei diritti umani. E' un passaggio storico, eccezionale, che dobbiamo valorizzare. Non più un fatto privato, dunque, da nascondere tra le mura domestiche o di cui tacere se viene perpetrato fuori di casa. Tutto questo fa parte del passato.

Violenze che, oltre ad essere eticamente inaccettabili, hanno un impatto enorme, in termini sociali, ovviamente, ma anche economici. A livello nazionale, europeo e globale, circa una donna su tre ha subìto violenze fisiche o sessuali ed i costi per le spese sanitarie, sociali e per l'apparato di sicurezza e giudiziario sono enormi. Vorremmo spendere questi soldi diversamente. Anche per questo è dunque imperativo utilizzare tutti i mezzi a disposizione per mettere fine a questo fenomeno, agendo in maniera strategica, coordinata e sinergica, come indicato proprio nella Convenzione di Istanbul.

Nella lotta alla violenza contro le donne è fondamentale, come sapete, l'aspetto repressivo: chi commette abusi contro una donna deve essere sottoposto all'azione giudiziaria e deve essere messo in condizione di non reiterare il reato. Allo stesso modo, riveste un'importanza cruciale la protezione delle vittime, che devono essere tutelate da un punto di vista fisico e legale ed alle quali deve essere fornita l'assistenza necessaria affinché possano ricominciare a vivere appieno: libere dalla paura, libere dalla violenza.

Troppo spesso, le donne che denunciano questi reati non vengono protette e, troppo spesso, le loro denunce non mettono fine alle vessazioni, alimentando, in questo modo, una sfiducia nel ruolo dello Stato che porta solo un'esigua minoranza a trovare il coraggio di richiedere giustizia. Non è un caso, credo, che una recente indagine dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali abbia rilevato tassi di violenza contro le donne maggiori nei Paesi scandinavi, dove sono più alti anche gli indici sull'eguaglianza di genere, rispetto al Sud dell'Europa; forse, in quei contesti, le donne riescono a parlarne con meno difficoltà. In alcuni Paesi c'è ancora uno "stigma" sulle donne, ancora permane questa mentalità.

Ritengo, tuttavia - ed anche in questo la Convenzione di Istanbul è fortemente innovativa - che la repressione contro i colpevoli e la protezione delle vittime non siano sufficienti. Le radici di questo orrendo fenomeno sono più profonde ed è da lì che deve partire la lotta per sconfiggerlo. Risiedono, infatti, nella percezione diffusa che si ha delle donne e dei loro corpi, spesso utilizzati, dai mezzi di comunicazione, come meri oggetti per promuovere la vendita di prodotti. Riemergono, queste radici, negli attacchi spesso violenti e di natura sessuale diretti alle donne che ricoprono posizioni di vertice, attacchi che si verificano in maniera massiccia e con ferocia anche sul web, da dove fuggono ormai molte voci femminili autorevoli un tempo attive sui social media.

Occorre, dunque, cambiare le mentalità, come recita il titolo di una della Sessioni di questa conferenza. Occorre battersi perché ci siano sempre più donne nelle istituzioni, rappresentative e non, nell'imprenditoria, nel mondo accademico e nelle amministrazioni dello Stato. Non solo perché le donne sono la metà della popolazione in tutto il mondo e perché devono dunque essere equamente rappresentate in tutti i settori della società, ma anche perché, insieme, le donne sanno battersi al di là delle contrapposizioni politiche per raggiungere risultati importanti nella difesa dei diritti. Occorre promuovere politiche efficaci per l'occupazione femminile, che è alla base dell'autonomia che consente anche di affrancarsi dalla violenza: una donna che ha dipendenza economica farà più fatica a liberarsi da un rapporto violento.

Occorre coinvolgere maggiormente gli uomini - e mi fa piacere vederne parecchi oggi in questa sala - perché la violenza contro le donne non riguarda solo noi, ma è soprattutto un problema degli uomini. Occorre attuare campagne formative nelle scuole, per condurre i giovani - esposti oggi in maniera massiccia alla mercificazione dei corpi femminili - verso una consapevolezza più matura del proprio genere e di ciò che comporta l'interazione con l'altro sesso. E' proprio questo l'intento del Premio universitario che, assieme alla Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, vorremmo lanciare in Italia tra qualche mese: un'iniziativa che individui la migliore tesi di laurea sul tema della violenza contro le donne e che coinvolgerà dunque studenti e docenti in ogni parte del Paese in un percorso di approfondimento su tale questione. Apprezzo questo intento, e trovo efficace lo strumento.

Allo stesso modo, non si può tralasciare l'aspetto degli stanziamenti da parte dello Stato per combattere e prevenire la violenza contro le donne, nonché per offrire protezione ed assistenza alle vittime. In tempi di crisi economica, questo è un settore che richiede maggiori, non minori investimenti. Se vogliamo far sul serio, dobbiamo dimostrarlo anche nella ripartizione delle risorse.

E, infine, occorre agire nella direzione indicata dalla Convenzione: attraverso piani e strategie articolati a livello locale e nazionale e che vedano il coinvolgimento di tutti gli attori pertinenti. Su questo punto devo sollecitare il nostro Governo affinché agisca al più presto: se i fondi stanziati stanno cominciando ad essere erogati, occorre però elaborare ed attuare prima possibile il Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere, annunciato nelle norme sul 'femminicidio' emanate l'anno scorso. Abbiamo bisogno di dare segnali concreti del nostro impegno.

La violenza contro le donne non è un fenomeno atavico che siamo condannati a sopportare perché ineludibile e, in qualche modo, naturale. No, non è questo. E' un prodotto deleterio dei meccanismi complessi che regolano le nostre società e le nostre culture; come tale va combattuto, e come tale, oggi - con l'azione di tutti - può e deve essere sconfitto."

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