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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Venerdì 16 ottobre 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 16 ottobre 2015.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cimbro, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Faraone, Ferranti, Fico, Fioroni, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sorial, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 15 ottobre 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   BUSINAROLO: «Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato» (3365);
   FERRARESI ed altri: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, al codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nonché altre disposizioni in materia di omicidio e di lesioni personali conseguenti alla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale» (3366);
   FALCONE: «Nuove norme per il contrasto del fenomeno dell'intermediazione illecita di manodopera» (3367);
   CAPARINI: «Disposizioni in materia di notificazione delle violazioni del codice della strada e istituzione del Registro degli utenti possessori di posta elettronica certificata» (3368).

  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dal Senato.

  In data 15 ottobre 2015 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza la seguente proposta di legge:
   S. 1559. – Senatori MAURO MARIA MARINO ed altri: «Norme per la riorganizzazione dell'attività di consulenza finanziaria» (approvata dal Senato) (3369).

  Sarà stampata e distribuita.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 15 ottobre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dall'Autorità nazionale anticorruzione.

  Il Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, con lettera in data 14 ottobre 2015, ha trasmesso la segnalazione n. 6 del 2015, adottata ai sensi dell'articolo 6, comma 7, lettera f), del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, concernente proposte di modifica alla disciplina in tema di inconferibilità di incarichi «amministrativi», per condanna penale, contenuta nel decreto legislativo n. 235 del 2012 e le antinomie rispetto alle previsioni in tema di inconferibilità, per condanna penale, previste dal decreto legislativo n. 39 del 2013.

  Questo documento è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZE URGENTI

Chiarimenti in merito all'esercitazione militare della Nato Trident Juncture 2015 e iniziative per evitare danni al patrimonio ambientale e culturale della Sardegna – 2-01116

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della difesa, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   dal 21 ottobre 2015 è in programma in Sardegna una delle più imponenti esercitazioni militari nell'area del Mediterraneo;
   l'esercitazione coinvolge 36.000 uomini provenienti da oltre 30 Paesi;
   l'esercitazione coinvolgerà soprattutto la Sardegna e l'epicentro sarà concentrato nella base militare di Teulada;
   secondo i comunicati ufficiali Trident Juncture 2015 «dimostrerà un nuovo aumento del livello di ambizione della NATO nella guerra moderna e mostrerà un'Alleanza equipaggiata con la capacità di affrontare le sfide di sicurezza presenti e future appropriata»;
   si terranno operazioni di aria, terra, marittime e parteciperanno forze speciali contemporaneamente in diverse località e da diversi quartier generale per la formazione in un ambiente complesso per migliorare le capacità e lo spettro completo dell'Alleanza atlantica;
   il decreto del Ministro della difesa con il quale vengono autorizzate le esercitazioni viene sottoscritto ancora una volta senza l'intesa con la regione Sardegna;
   si tratta di un fatto grave e inaudito soprattutto per il tentativo del Governo di continuare ad eludere impegni parlamentari e non solo per la riduzione del peso militare in Sardegna;
   appare evidente un tacito assenso della stessa regione che, pur non dando l'intesa, non impugna né i decreti né gli atti del Ministero della difesa;
   a Teulada, in Sardegna, saranno dispiegati centinaia di carri armati, quelli più moderni e più devastanti;
   la costa sarda e il suo territorio, da Teulada a Capo Frasca e Quirra saranno presi di mira con micidiali ordigni bellici da terra, da mare e dall'aria;
   carri armati veri e propri, aerei con e senza piloti, navi ed elicotteri che sparano, da terra, da mare e dall'aria, segnando in modo indelebile un compendio ambientale di straordinaria unicità con una devastazione che non ha precedenti;
   spareranno ovunque, lasciando segni eloquenti del loro passaggio;
   Teulada è un compendio naturalistico di primaria importanza, considerato che tutte le prescrizioni ambientali regionali, nazionali ed europee hanno circoscritto quel territorio con la massima tutela ambientale naturalistica;
   la maggior parte del territorio del sito di interesse comunitario è di proprietà militare, quindi interdetta, in esso è presente una base militare Nato, in funzione. Le esercitazioni militari si svolgono per un periodo compreso tra il mese di settembre e quello di maggio di ogni anno e comprendono azioni militari a terra, aeree e a mare;
   sia Teulada che Quirra e Capo Frasca sono comprese nelle aree di massima tutela ambientale dei siti di importanza comunitaria e il loro utilizzo può comportare palesi violazione di legge;
   Capo Teulada è un promontorio calcareo collegato alla terra ferma da uno strettissimo istmo sabbioso che forma ad ovest la spiaggia di «Cala Piombo» e ad est quella di «Porto Zafferano». La costa dell'area dei sito di interesse comunitario è costituita in prevalenza da ciglioni alti e a picco sui mare che si susseguono in profonde insenature separate da alti speroni calcarei;
   è caratterizzata dall'alternanza di dure rocce granitiche e friabili rocce scistose dove piccole spiagge, formate da dune di fine sabbia bianca, sono circondate da una vegetazione a prevalenza di ginepri;
   il sito ha inoltre importanza per la presenza in esso di 22 habitat di interesse comunitario, di cui 5 prioritari (codici 1120, 2250, 6220, 2270, 3170), di 3 specie di uccelli prioritari, due dei quali in esso riproducentesi (codici A181, A392) e di 35 specie floristiche di importanza conservazionistica;
   le esercitazioni militari e il conseguente rilascio di ordigni bellici causano gravi danni sia sull'ambiente marino che su quello dunale e retrodunale (inquinamento, frammentazione degli habitat, erosione del suolo ed eccessivo calpestio);
   a causa delle numerose esercitazioni militari e della presenza di rifiuti combustibili nell'area, il rischio di incendi è elevato;
   il poligono permanente per esercitazioni terra-aria-mare è affidato all'Esercito e messo a disposizione della Nato, la stessa organizzazione che interviene in gran parte del mondo a tutelare i beni archeologici a rischio di conflitti;
   è il secondo poligono d'Italia per estensione, 7.200 ettari di terreno, cui si sommano i 75.000 ettari delle «zone di restrizione dello spazio aereo e le zone interdette alla navigazione», che sono normalmente impiegate per le esercitazioni di tiro contro costa e tiro terra-mare;
   una parte del poligono e dell'area a mare è permanentemente interdetta anche agli stessi militari per motivi di sicurezza;
   fra le attività ci sono la simulazione d'interventi operativi e la sperimentazione di nuovi armamenti;
   negli ultimi anni, per adeguare il poligono alle nuove esigenze addestrative, sono stati costruiti gli «scenari reali» confacenti alle guerre moderne;
   la fondazione di Teulada si perde nella notte dei tempi, probabilmente agli inizi dell'epoca nuragica, come sembrano testimoniare i molti nuraghi sparsi un po’ in tutto il territorio comunale ed i resti di una fortificazione sull'isola Rossa; i fenici e i punici più tardi si stabilirono sulla costa come testimoniato dai resti del tophet punico a Malfatano, nell'isolotto davanti a Tuerredda, e il porto di Melqart (ora sommerso), sempre a Malfatano;
   la prima ubicazione dell'abitato va ipotizzata alle spalle dell'antico kersonesus (chersonesum promontorium), ovvero l'istmo dell'odierno Capo Teulada, dove sembra sia esistito un insediamento militare romano a presidio delle due baie di Cala Piombo e Porto Zafferano. È probabile che tale ubicazione sia resistita fino all'epoca romana, quando il paese prende il nome di Tegula, che probabilmente documenta la produzione di terracotta in epoca romana. Poi, secoli dopo, probabilmente a causa delle incursioni dal mare, il paese si è raccolto attorno alla chiesa di Sant'Isidoro, nella piana di Tuerra, in una zona più interna;
   in quel contesto va inquadrata anche una presenza che riguarda il prenuragico;
   la mancanza di altri dati sulle culture prenuragiche nel territorio di Teulada – del resto variamente e riccamente distribuite in tutta l'isola – va attribuita alle lacune della ricerca scientifica, tanto più gravi quando si pensa all'azione molto più spedita e sicuramente dannosa dei «cercatori di tesori»;
   che l’habitat teuladino fosse congeniale all'insediamento umano preistorico è dimostrato dalla congrua presenza di numerosi nuraghi nel territorio. Un calcolo sulla densità dà una cifra compresa tra 0,1 e 0,35 per chilometro quadrato. È una cifra che, per quanto approssimativa, può dare alcune utili informazioni;
   la disposizione delle torri nuragiche - essendo queste torri di difesa - segue la morfologia dei territorio ed è chiaramente volta a proteggere le vie naturali di penetrazione verso l'interno; sembra di vedere una catena difensiva che corre vicino all'attuale confine orientale del comune, volta a difendere la vallata che dal valico di Nuraxi de Mesu porta all'attuale paese. Simile è il sistema difensivo occidentale a difesa delle vie di penetrazione dal Sulcis;
   è altrettanto interessante la disposizione dei nuraghi che stanno a nord del Porto di Teulada e che proteggono la via che, seguendo il corso del Rio Launaxiu, porta verso l'interno. Tra questi, doveva avere una funzione di avamposto il nuraghe San Isidoro, ormai quasi completamente distrutto: un nuraghe complesso costruito con tecnica veramente «ciclopica»;
   nella regione di Malfatano – già identificato dal Lamarmora come il «Portus Herculis» degli antichi – sono state trovate le tracce di un centro abitato suddiviso nelle sue due parti essenziali: una zona commerciale con il porto (da identificare con l'insenatura occidentale) e i ruderi di un tempio; una zona sacra (il «tophet») che, ripetendo la stessa situazione verificata per Bithia nell'isola di Su Cardulinu, fu costruito nella prospiciente isola di Tuerredda; più a ovest sono state ritrovate, in località Piscinni, delle cave puniche per l'estrazione di materiale da costruzione; altre rovine sono state localizzate a San Isidoro pertinenti ad un abitato fenicio-punico. In questa località, ricca di testimonianze che vanno dal periodo nuragico fino a quello pisano, alcuni vi hanno voluto riconoscere il sito dell'antica Tegulae;
   le tracce della civiltà punica proseguono ancora nel Capo Teulada (antico chersonesus) e nella regione di Zafferano;
   nei pressi della torre di Porto Scudo sono appena evidenti i resti di una fortezza punica costruita con grossi blocchi, in posizione dominante rispetto al porto ed alla piana di Zafferano. Per questa fortezza è stata proposta una datazione intorno al VI secolo a.C.;
   tutto questo è noto ma ignorato, scritto ma eluso, documentato ma violato;
   quel che, invece, emerge solo con l'utilizzo di strumenti satellitari, visto il divieto di accesso, è che lo Stato italiano, con la Nato e le forze armate di mezzo mondo, bombarda, spara e compromette un'area nuragica di straordinaria rilevanza, sia per il numero dei nuraghi individuati sia per la dislocazione degli stessi nello scenario costiero;
   in qualsiasi parte del mondo una civiltà di oltre 3.500 anni di vita sarebbe protetta, salvaguardata e valorizzata;
   in questo scenario e in questa terra violentata, con la complicità storica di certa silente classe dirigente, si assiste silenziosamente alla distruzione di un compendio archeologico e paesaggistico senza precedenti;
   nella sola delimitazione del poligono di Teulada, secondo gli atti e i documenti in possesso del primo firmatario del presente atto e riscontrabili nel sito Nurnet, si è dinanzi ad un vero e proprio attentato alla civiltà nuragica con la distruzione di luoghi e compendi archeologici che avrebbero necessitato di protezione e recupero;
   in particolar modo risultano inglobati nella base militare i seguenti nuraghi catalogati da carte militari e topografiche, da rilievi aerofotogrammetrici e satellitari e censiti dalla rete Nurnet:
    a) Nuraghe Maxinas I – Comune Teulada località lat: 38.92193200458267, lon: 8.66831210120662;
    b) nuraghe Maxinas II – Comune Teulada località lat: 38.916644004582324, lon: 8.664962001206213;
    c) Nuraghe de Carrogu – Comune Teulada località NURAGHE DE CARROGU lat: 38.916925004582495, lon: 8.66106000120563;
    d) Nuraghe Brallisteris – Comune Teulada – località lat: 38.9175330045825, lon: 8.661448401205645;
    e) Nuraghe s'Uracheddu Piudu – Comune Teulada – località lat: 8.90471200458135, lon: 8.641161001202907;
    f) Nuraghe Don Antiogu – Comune Teulada località lat: 38.90735400458154, lon: 8.650137501204105;
    g) Nuraghe Turritta – Comune Teulada – località lat: 38.90684900458174, lon: 8.610368301198532;
    h) Nuraghe Mannu – Comune Teulada – località lat: 38.973001004586486, lon: 8.647734201203802;
    i) Nuraghe de Crabili – Comune Teulada – località Nuraghe De Crabili lat: 38.973399004586305, lon: 8.648087001203834;
    l) Nuraghe Di Monte Arbus Comune Teulada località lat: 38.97321600458627, lon: 8.694009001210237;
    m) Nuraghe Campu Santeddu – Comune Teulada – località lat: 38.94840700458489, lon: 8.712561801212825;
    n) Nuraghe Merareddu – Comune Teulada – località Merareddu lat: 38.94799600458443, lon: 8.70878500121228;
    o) Nuraghe Monte Idu Comune Teulada – località lat: 38.946134004584195, lon: 8.715556501213165;
    p) Nuraghe Maledetta – Comune Teulada – località lat: 38.990119004587484, lon: 8.665096201206193;
    q) Nuraghe Barussa – Comune Teulada – località lat: 38.995854004587976, lon: 8.641093101202852;
    r) Nuraghe – Comune Teulada località lat: 38.972919004586316, lon: 8.650665001204146;
   tali compendi nuragici sono inaccessibili;
   dalla sovrapposizione dei tracciati del transito dei carri armati cingolati con le coordinate dei siti nuragici si evince che gli stessi risultano coincidenti in numerosi casi e in altri decisamente contigui;
   appare evidente agli interpellanti che si tratta di una violazione grave di tutte le regole internazionali, nazionali e regionali di tutela non solo ambientali e naturalistiche ma anche e soprattutto di quelle riguardanti beni archeologici di una civiltà di oltre 3.500 anni fa;
   il patrimonio archeologico della Sardegna è talmente rilevante e unico nel suo genere che richiederebbe un sistema di tutela sia nei confronti delle scoperte e dei ritrovamenti fino ad oggi rivelati, sia dei siti archeologici nuragici dei quali si ha la presunzione di una presenza in determinati compendi areali;
   l'articolo 733 del codice penale tutela l'interesse collettivo a poter usufruire e godere della testimonianza passata della propria civiltà, delle espressioni culturali delle epoche passate e delle testimonianze storiche largamente diffuse sul territorio nazionale;
   i beni citati hanno tutti i requisiti per poter configurare un danno grave da valutare anche sotto il profilo della libertà di tali condotte;
   la Carta costituzionale ha elevato tale interesse a bene archeologico costituzionalmente riconosciuto e tutelato tramite l'articolo 9 della Costituzione che assegna valenza costituzionale alla tutela, già riconosciuta dal «codice Rocco», delle testimonianze della cultura e della storia che si sono ereditate dal passato;
   la Costituzione conferisce alla cultura la qualifica di valore nazionale «dinamico» perché, attraverso il patrimonio archeologico, artistico e storico già presente e accertato, ne promuove l'evoluzione verso nuove produzioni quale testimonianza futura per i posteri;
   è lecito affermare che, nel corso degli anni, si è passati da una concezione puramente statico-conservativa della tutela dei beni culturali a una concezione dinamica orientata al loro pubblico godimento, in quanto naturalmente destinati alla pubblica fruizione e alla valorizzazione, come strumenti di crescita culturale della società; la configurazione del danno de quo è evidente proprio per l'effettiva lesione al patrimonio archeologico nuragico atteso che tale nocumento costituisce una condizione obiettiva di sanzionabilità della condotta;
   a confermare che si tratta di una grave lesione del patrimonio archeologico dell'umanità sono le convenzioni internazionali in materia: la Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, sottoscritta all'Aja il 14 maggio 1954 (e ratificata in Italia con legge 7 febbraio 1958, n. 279); la Convenzione per la protezione internazionale del patrimonio culturale e naturale mondiale (cosiddetta Unesco), stipulata il 23 novembre 1972 (e ratificata in Italia con legge 6 aprile 1977, n. 184);
   la Convenzione dell'Aja del 1954 parte dal presupposto che i danni arrecati ai beni culturali, quale che ne sia il Paese di appartenenza, costituiscono danno al patrimonio culturale dell'umanità intera;
   la Convenzione Unesco del 1972 afferma il principio che tutti i popoli del mondo sono interessati alla conservazione dei beni culturali, avendone in comune i valori di civiltà, per cui gli Stati aderenti si obbligano ad astenersi deliberatamente da ogni provvedimento;
   l'esercitazione Trident 2015 recherà gravissimo danno all'ambiente, in aree sottoposte ad indagini della procura della Repubblica e soprattutto in totale violazione di siti di importanza comunitaria –:
   se non ritengano di dover intervenire con somma urgenza per fermare in tutti i modi possibili la devastazione ambientale e della civiltà nuragica nel compendio ricadente nel poligono militare di Teulada;
   se non ritengano di far conoscere con precisione quale tipo di attività bellica verrà posta in essere nell'area oggetto di queste esercitazioni;
   se non ritengano di far conoscere il tipo di esplosivi e armamenti che si intendono utilizzare;
   se non intendano far conoscere il grado di bonifica attivato nell'area cosiddetta «interdetta» nell'area di Teulada;
   se non intendano far conoscere il tipo di coinvolgimento nei poligoni di Capo Frasca e Quirra e quale tipo di armamenti verranno utilizzati in quei compendi;
   se non ritengano di dover segnalare il caso alle autorità competenti per accertare chi abbia consentito questo grave disastro archeologico, ambientale e naturalistico;
   se non intendano valutare se ricorrano violazioni delle norme in materia di tutela e salvaguardia del patrimonio archeologico e ambientale naturalistico per ogni eventuale adempimento di competenza;
   se non intendano provvedere ad un piano nazionale di risanamento del sito medesimo, assumendo iniziative per lo stanziamento delle risorse necessarie (a parere degli interpellanti non meno di un miliardo di euro) comprese quelle finalizzate ai risarcimenti alle popolazioni e ai comuni;
   se non intendano assumere iniziative per interdire l'uso dell'area a qualsiasi scopo militare al fine di restituirla alle popolazioni per un naturale sviluppo armonico con le valenze territoriali.
(2-01116) «Pili, Pisicchio».


Iniziative di competenza in merito al piano di Poste italiane spa relativo alla razionalizzazione degli uffici postali, e interventi per assicurare il servizio postale universale, con particolare riferimento alla prospettata chiusura dell'ufficio di Ombriano nella città di Crema – 2-01115

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   nel dicembre 2014 Poste Italiane, società di proprietà al 100 per cento del Ministero dell'economia e delle finanze, ha presentato il proprio piano industriale con la chiusura di 450 uffici postali e la riduzione degli orari di apertura di altri 600 uffici sull'intero territorio nazionale; nella regione Lombardia il piano prevedeva la chiusura di 61 uffici e la riduzione di orari di apertura per 121 uffici;
   tale piano, comunicato ai sindaci interessati all'inizio di febbraio 2015, ha creato notevoli conflitti con il tessuto sociale, politico ed economico della regione Lombardia per la sua assoluta mancanza di confronto e condivisione preventiva con gli enti locali, tanto da portare a diffuse azioni di protesta anche sociale. Le proteste si sono concretizzate a livello istituzionale attraverso l'approvazione di una mozione votata all'unanimità dal consiglio regionale della Lombardia il 3 marzo 2015, con la quale l'assemblea legislativa della Lombardia chiedeva alla giunta regionale di intervenire presso il Governo per addivenire ad una sospensione del piano e a una sua revisione, in accordo con gli enti locali coinvolti;
   a seguito delle proteste e della posizione assunta dal consiglio regionale lombardo, il piano di Poste Italiane in regione Lombardia è stato sospeso ed è stato avviato un confronto tra l'azienda e gli enti locali, tramite l'Anci Lombardia;
   nella provincia di Cremona, la chiusura più pesante ed incomprensibile era quella dell'ufficio di Ombriano, ufficio localizzato in un quartiere periferico della città di Crema, che annovera una popolazione residente di oltre 6000 persone e oltre cento attività commerciali e produttive e che rientra nella categoria C di Poste Italiane, sopra le 40 operazioni al giorno, cioè la categoria con il maggior numero di operazioni;
   Poste Italiane in sede di trattativa congiunta con regione e l'Anci Lombardia aveva accettato di mantenere in funzione 15 uffici dei 61 per i quali prevedeva la chiusura. Tra questi uffici stralciati dal piano, a seguito della trattativa con l'Anci, era incluso quello di Ombriano, successivamente però con assoluta insistenza di Poste, in un successivo incontro del 19 giugno 2015, l'ufficio postale di Ombriano è stato escluso dal salvataggio;
   con comunicazione al comune di Crema del 13 agosto 2015 Poste Italiane ha comunicato che l'ufficio postale di Ombriano, che serve 6300 abitanti, cesserà il proprio funzionamento il 26 ottobre 2015;
   tra la popolazione residente del quartiere di Ombriano servito dall'ufficio sono state raccolte oltre 2000 firme a sostegno di una petizione popolare che chiede il mantenimento dell'ufficio postale;
   Poste Italiane ha rifiutato tutte le proposte giunte dal sindaco del comune di Crema finalizzate a mantenere in essere l'ufficio di Ombriano tra cui quella di compartecipazione da parte del comune degli oneri di affitto dell'immobile nel quale è dislocato l'ufficio postale in questione o la proposta di prevedere la chiusura di un giorno alla settimana di tutti gli altri 3 uffici postali periferici della città di Crema, al fine di non lasciare migliaia di abitanti senza un servizio postale di prossimità;
   la decisione di Poste di chiudere un ufficio che serve un quartiere di oltre 6000 abitanti con una percentuale di over 65 anni del 30 per cento e che ha una media di operazioni al giorno superiore alle 150, senza alcun confronto con l'ente locale e di conseguenza senza neppure prendere in considerazione le numerose proposte avanzate dal comune di Crema per evitarne la chiusura e, al contempo, garantirne la piena efficienza economica, risulta incomprensibile ed inaccettabile e frutto di scelte adoperate senza tener conto dell'impatto sociale ed economico di questo provvedimento;
   la decisione di procedere a chiusure di uffici postali, come nel caso di Ombriano, senza confronto e condivisione di soluzioni è, ad avviso degli interpellanti, in contrasto con il contratto di servizio sottoscritto con il Ministero e con le disposizioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
   l'assenza di confronto con gli enti locali è grave ed è una decisione sbagliata da parte di un'azienda pubblica che eroga un servizio pubblico, cosa evidenziata il 29 giugno 2015 da un ordine del giorno approvato all'unanimità dal consiglio direttivo dell'Anci Lombardia in merito alla necessità che Poste non proceda senza ulteriori confronti con i comuni alla chiusura degli uffici;
   come evidenziato recentemente dalla stampa nazionale il tribunale amministrativo di Milano ha «bocciato» il piano di razionalizzazione di Poste spa in quanto non avrebbe provato il disequilibrio economico che sarebbe stato causato dal servizio e non ha tenuto conto che il comune di Olevano di Lomellina non ha nemmeno uno sportello bancario. Sullo sfondo ci sono gli sforzi dello Stato per tagliare ciò che è giudicato improduttivo e poco remunerativo per i conti pubblici. Ma il centro della provincia di Pavia, 800 persone o poco più, non intendeva rinunciare al proprio ufficio postale e si è opposto con forza alle direttive date dall'amministratore delegato di Poste che impongono una forte razionalizzazione degli uffici postali. Queste, per il piccolo ufficio di Olevano, prevedevano, in particolare, una riorganizzazione dei giorni di apertura al pubblico e, quindi, «la chiusura permanente del Presidio postale sito in detto comune nelle giornate di lunedì, mercoledì e venerdì», come ha comunicato una nota della direzione provinciale delle poste di Pavia il 1o luglio 2015. Il municipio ha fatto ricorso al tribunale amministrativo che, in questi giorni, ha dato ragione al comune costringendo Poste a mantenere il servizio. Scrive il Tar che la giustificazione addotta per la chiusura «risulta disancorata da qualunque esplicitazione di fatti riferibili al caso di specie, tanto da ridursi ad una mera clausola di stile, replicabile in maniera identica in qualunque situazione, non comprendendosi le ragioni poste a base del provvedimento». Insomma, l'idea di chiudere indistintamente uffici postali o di contingentarne il funzionamento ad alcuni giorni della settimana, indiscriminatamente e senza calcolare conseguenze specifiche, lede il diritto di quei comuni italiani che, a secondo di proprie caratteristiche particolari, possono trovarsi senza un servizio pubblico di essenziale importanza. In accordo a quanto sostenuto dal comune di Olevano, il Tar ricorda che la motivazione che Poste adduce a giustificazione del proprio provvedimento è «un generico e non meglio precisato disequilibrio economico nella prosecuzione dell'erogazione del servizio, senza però dare prova del disequilibrio economico stesso e del rispetto del criterio della distanza»;
   altre pronunce significative in tal senso sono quelle del tribunale amministrativo della regione Lombardia con riferimento alla chiusura degli uffici postali del comune di Sommo (Pavia) e del presidio postale di Fossarmato (Pavia) –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo alla luce di quanto descritto in premessa e, in particolare, di quanto rilevato dal tribunale amministrativo della regione Lombardia sul piano di razionalizzazione degli uffici postali di Poste spa;
   se il Governo non ritenga opportuno porre in essere ogni iniziativa di competenza finalizzata ad una revisione e a un serio ripensamento del suddetto piano nell'ottica di garantire la piena accessibilità al servizio postale quale servizio universale in tutto il territorio nazionale;
   nell'ottica di garantire, come si è detto, l'accesso al servizio postale quale servizio universale, quali iniziative di competenza il Ministro intenda porre in essere nei confronti di Poste Italiane affinché vengano prese in considerazione le numerose proposte del comune di Crema a supporto della sostenibilità economica del presidio postale ed evitare la chiusura dell'ufficio di Ombriano che serve una popolazione di circa 6000 cittadini, diverse imprese e unità commerciali.
(2-01115) «Franco Bordo, Scotto».


Iniziative volte ad assicurare l'autonomia dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali e l'effettivo svolgimento di rilevanti attività per la lotta alle discriminazioni – 2-01105

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   in base al decreto legislativo n. 215 del 2003, la funzione dell'Unar, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, istituito presso il dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, è quella di «svolgere, in modo autonomo e imparziale, attività di promozione della parità e di rimozione di qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla razza o sull'origine etnica» anche in un'ottica che tenga conto delle forme di razzismo a carattere culturale e religioso;
   l'istituzione del suddetto organismo è avvenuta in attuazione della direttiva europea cosiddetta anti discriminazioni 2000/43/CE la quale, prescrivendo agli Stati membri l'istituzione di un organismo per la promozione della parità di trattamento di tutte le persone senza discriminazioni fondate sulla razza o l'origine etnica, ha espressamente prescritto requisiti di indipendenza ed autonomia delle relative funzioni;
   le istituzioni internazionali ed europee che operano nel campo dei diritti umani hanno invitato più volte il Governo a tenere in considerazione i forti rischi di razzismo e intolleranza che derivano dal crescente fenomeno del cosiddetto «hate speech» e dei discorsi dell'odio; fra le altre, la Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza (Ecri) del Consiglio d'Europa, ricevuta in delegazione a settembre 2015 dal Governo italiano, già nel periodico rapporto all'Italia del 2012 aveva invitato il nostro Paese ad adottare provvedimenti efficaci per «combattere l'uso di discorsi xenofobi da parte dei partiti politici o dei loro esponenti o di discorsi che costituiscono un incitamento all'odio razziale»;
   l'Unar ha istruito nel 2015, come da prassi, alcuni casi segnalati anche da diverse associazioni impegnate nella tutela dei diritti umani che denunciavano i contenuti di carattere razzista e xenofobo di diverse affermazioni o interviste rilasciate dall'onorevole Meloni, leader della formazione di destra Fratelli di Italia;
   su uno dei casi istruiti dall'Unar la parlamentare ha creato un vero caso politico con grande clamore sui media per aver lamentato la violazione della propria libertà di espressione e delle proprie prerogative parlamentari;
   il Governo, anziché censurare i discorsi dell'odio, razzisti e xenofobi, ha aperto un procedimento disciplinare nei confronti del direttore dell'Unar per la nota inviata alla citata parlamentare in data 30 luglio 2015;
   il citato dirigente risulta ad oggi senza incarico, non essendo stato confermato nella titolarità dell'ufficio al pari di altri dirigenti della Presidenza del Consiglio dei ministri che, di recente, a dispetto di ogni possibile rotazione degli uffici, hanno avuto, alla scadenza del mandato, la conferma nei propri incarichi dirigenziali, come risulta dal sito internet del Governo alla sezione trasparenza;
   già in precedenza lo stesso direttore era stato oggetto di forti critiche da parte di alcune forze politiche per l'impegno profuso nell'attuazione della Strategia nazionale Lgbt 2013-2015, approvata con decreto del Governo, motivo per il quale è stato definito un direttore «scomodo» da alcuni noti editorialisti come Chiara Saraceno nelle colonne di la Repubblica del 18 settembre 2015;
   a parere degli interpellanti il citato caso politico sollevato dall'onorevole Meloni ha riaperto le polemiche nei confronti della funzione di lotta alle discriminazioni svolta dall'Unar e ha determinato l'apertura di una preoccupante fase di stallo per le attività dell'ufficio, privo tuttora del direttore e ridotto di quindici unità di personale esperto;
   questa fase di stallo, come paventato anche da molte associazioni che hanno manifestato solidarietà e sostegno all'Unar, sta determinando la paralisi di alcune attività dell'Unar di rilievo fondamentale per la lotta alle discriminazioni, finanziate in gran parte da fondi europei allo stato inutilizzati per gli anni 2014-2015: in particolare, le progettualità a valere sul nuovo ciclo di programmazione 2014-2020 e sul piano nazionale di inclusione sociale che risultano ancora da avviare, con l'accumulo di un grande ritardo anche a seguito del mancato rinnovo di quindici unità di personale che ha determinato un forte depotenziamento dell'ufficio sul versante dei fondi europei; la mancata adesione al nuovo programma del Consiglio di Europa che permetterebbe la prosecuzione della strategia nazionale Lgbt 2013-2015 per i prossimi anni; la pubblicazione del portale Lgbt è molto atteso da tutto il terzo settore che ha collaborato all'attuazione della citata Strategia Lgbt –:
   quali iniziative il Governo intenda mettere in atto per assicurare la necessaria autonomia dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali richiesta dalla normativa europea e la sua piena operatività su tutti i fattori della discriminazione;
   quali iniziative si stiano programmando per prevenire i pericoli connessi al dilagare del cosiddetto «hate speech» anche nel linguaggio politico e nel discorso pubblico;
   quali siano le ragioni per cui il Governo, anziché censurare i discorsi di odio razzisti e xenofobi, ha aperto, paradossalmente, un procedimento disciplinare nei confronti del direttore dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali che ad oggi risulta in una posizione di disparità rispetto ad altri colleghi e senza incarico, sebbene pagato dalla stessa Presidenza del consiglio dei ministri;
   se la spropositata reazione nei confronti dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali non costituisca un ennesimo arretramento sul versante della tutela dei diritti Lgbt come testimoniano la forte reazione dell'associazionismo Lgbt sul caso Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali ed il mancato rinnovo degli impegni del Governo in materia;
   quali siano le ragioni per cui il Governo non risulta aver risposto all'invito rivoltogli, da mesi, dal Consiglio d'Europa per l'adesione al nuovo programma che consente la prosecuzione della citata Strategia Lgbt 2013-2015;
   quali siano le ragioni per cui non sono state avviate le attività previste dagli obiettivi tematici 9.5 e 2.3 dell'accordo di partenariato, in materia di antidiscriminazione, per il nuovo ciclo di programmazione dei fondi europei 2014-2020, allo stato del tutto inutilizzati per gli anni 2014 e 2015;
   se vi siano delle ragioni specifiche che stanno portando al depotenziamento reale dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali che, dopo la pubblicazione del bando, risulta ancora privo di una direzione e ridotto di quindici unità di personale esperto;
   attesa la centralità del settore dell'educazione, quali siano le motivazioni per cui non si è dato compimento alle attività di formazione dei docenti previste dalla citata strategia in materia di lotta all'omofobia, né alle consuete iniziative annuali della VI settimana di azione contro la discriminazione nelle scuole, previste nel mese di ottobre dal protocollo siglato il 30 gennaio 2013 con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
(2-01105) «Scotto, Costantino, Fratoianni, Ricciatti, Melilla, Kronbichler, Franco Bordo».


Chiarimenti ed iniziative in ordine alla questione dei tempi e del completamento dei pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese – 2-01114

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:
   il patto di stabilità interno, voluto per far fronte all'esigenza di convergenza delle economie degli Stati membri dell'Unione europea, ha creato non poche difficoltà agli enti locali che si sono ritrovati negli anni in serie difficoltà economico/finanziarie per rispettare il patto;
   il Governo ha emanato il decreto-legge n. 35 del 2013, considerata la straordinaria necessità ed urgenza di intervenire in materia di pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione, nonché la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure in materia di patto di stabilità interno, con interventi finalizzati a garantire l'equilibrio finanziario degli enti territoriali;
   a un anno e mezzo dalla promessa non mantenuta, fatta pubblicamente dal Premier Matteo Renzi di pagare i 75 miliardi di euro di debiti (fonte Banca di Italia) che la pubblica amministrazione aveva contratto fino al 2013, non è stato ancora portato a termine il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, poiché un terzo delle spese arretrate deve ancora essere saldato: secondo quanto riportato dal sito del Ministero dell'economia e delle finanze, che l'11 agosto 2015 ha inserito i dati nella sezione dedicata del sito che non veniva aggiornata da gennaio 2015, solo 38,6 miliardi di euro su quasi 57 miliardi di euro stanziati, sono stati girati alle aziende, a cui ora vanno aggiunti i 2,9 miliardi di euro previsti dal cosiddetto decreto enti locali; regioni e province autonome, a cui gli Esecutivi che si sono succeduti hanno destinato in teoria 33,1 miliardi di euro perché saldassero le proprie fatture, in realtà se ne sono visti versare 27,2 miliardi e a loro volta ne hanno girati alle aziende solo 23,3 miliardi di euro;
   anche il piano del Governo per velocizzare i nuovi pagamenti non sembra funzionare come dovrebbe visto che gli enti pubblici continuano a pagare in ritardo e a non fornire i dati;
   secondo una serie di studi e analisi del centro studi «Impresa Lavoro» poiché «tali beni e servizi vengono forniti di continuo alla Pa, si è ricostituito nel 2014 uno stock di debito commerciale di 70 miliardi di euro (fonte Bankitalia). Quest'anno il trend è rimasto sostanzialmente inalterato, con un debito che attualmente viene stimato in circa 67 miliardi. Fino a quando non si interverrà in maniera strutturale sui tempi di pagamento, il problema resterà quindi insoluto costando alle imprese creditrici più di 6 miliardi di euro all'anno in anticipazioni bancarie»;
   il mancato pagamento delle pubbliche amministrazioni rappresenta una delle grandi cancrene del sistema economico-finanziario italiano, poiché pregiudica la reale uscita dalla crisi e mette quotidianamente a rischio la vita stessa di migliaia di imprese;
   anche i nuovi pagamenti vanno a rilento e visto che ogni mese la pubblica amministrazione compra beni e servizi per circa 12 miliardi di euro, mentre le vecchie fatture vengono smaltite a rilento, se ne accumulano sempre di nuove a causa dei tempi di pagamento che nel 2014, secondo lo European Payment Report 2015, si sono attestati in media a 144 giorni contro i 24 giorni della Germania, costando all'Italia una procedura di infrazione visto che una direttiva europea recepita già nel 2012 fissa il limite a 30 giorni;
   uno dei motivi del ritardo è anche la procedura introdotta con il decreto-legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014, per consentire alle aziende di cedere il proprio credito a una banca o a un intermediario finanziario, che si fanno carico della riscossione, che si è rivelata molto complessa e macchinosa, tanto da aver addirittura scoraggiato molti creditori: tra l'aprile e il dicembre 2014 sono state presentate solo 91 mila istanze per un controvalore di 9,8 miliardi di euro, nemmeno un quarto rispetto ai debiti complessivi;
   il Governo Renzi aveva promesso di intervenire per tagliare i tempi di pagamento attraverso la «fatturazione elettronica a 60 giorni», come garantiva il Premier via twitter il 28 marzo 2014, in vista dell'entrata in vigore dell'obbligo, per le imprese, di emettere le fatture nei confronti di Ministeri, agenzie fiscali ed enti di previdenza attraverso una piattaforma informatica, ma l'obiettivo non è stato a tutt'oggi raggiunto;
   il decreto-legge n. 35 del 2013, all'articolo 1, comma 10, relativamente ai pagamenti dei debiti degli enti locali, stabilisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, la costituzione di un fondo denominato «Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili», con una dotazione di «9.327.993.719 euro per il 2013 e di 14.527.993.719 euro per il 2014»;
   al comma 13 il decreto stabilisce che gli enti locali che non possono far fronte ai pagamenti dei debiti certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, in deroga agli articoli 42, 203 e 204 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, chiedano alla Cassa depositi e prestiti, secondo le modalità stabilite nell’addendum di cui al comma 11, entro il 30 aprile 2013 l'anticipazione di liquidità da destinare ai predetti pagamenti. Essa va restituita, con piano di ammortamento a rate costanti, comprensive di quota capitale e quota interessi, con durata fino a un massimo di 30 anni;
   data la poca chiarezza dell'enunciato del decreto-legge n. 35 del 2013, si è creato un problema di scritture contabili; infatti, alcune amministrazioni hanno registrato i pagamenti come concessione di mutuo e non come anticipazione di cassa creando una variazione di saldi finanziari e un conseguente buco al patto di stabilità che potrebbe superare i 20 miliardi di euro;
   in particolare, le risorse dell'anticipazione dovevano essere gestite diversamente in bilancio non potendo queste aumentare la capacità di spesa delle pubbliche amministrazioni beneficiarie, altrimenti si violano gli articoli 81 e 119 della Costituzione;
   il decreto-legge n. 35 del 2013 non è stato applicato nella maniera giusta da molti enti locali, tanto che la Corte costituzionale in data 23 giugno nella sentenza n. 181 ha stabilito, senza appello, l'illegittimità costituzionale delle modalità di contabilizzazione dell'anticipazione di liquidità operata dalla regione Piemonte, prevista dal decreto-legge n. 35 del 2013 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali);
   le disponibilità finanziarie concesse dal decreto-legge n. 35 del 2013 dovevano essere usate esclusivamente per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine a causa di carenza di liquidità, e non certo per nuove spese o altre coperture di disavanzi di amministrazione –:
   se il Governo non intenda fare luce sulle ragioni del ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione, che pesa in maniera molto grave sull'economia italiana, e in che modo intenda attivarsi per rendere possibile lo sblocco immediato e totale dei debiti in questione, assicurato a più riprese dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, anche assumendo iniziative volte a intervenire sulla carente procedura introdotta con il decreto-legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014, di cui in premessa, per garantire alle imprese ciò che spetta loro di diritto nel rispetto del lavoro e di tutti i loro sacrifici in un momento di difficoltà come quello che il tessuto produttivo del nostro Paese sta attraversando;
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per risolvere il problema che si è venuto a creare riguardo al patto di stabilità, causato da una normativa scritta con poca chiarezza e molte lacune sotto il profilo contabile, senza mettere a repentaglio i servizi al cittadino.
(2-01114) «Sorial, Castelli, Caso, Brugnerotto, Cariello, D'Incà».