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Sperimentazione clinica dei farmaci
informazioni aggiornate a lunedì, 29 gennaio 2018
La normativa sulle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso umano è il risultato di una progressiva stratificazione di fonti eterogenee da cui è derivato un complesso quadro regolatorio. Nel corso della XVI Legislatura, il progetto di legge di iniziativa governativa A.C. 4274, esaminato in prima lettura alla Camera, ha inteso riformare la materia, e pur senza essere stato approvato, ha costituito un punto di partenza per i successivi interventi, poi attuati, dal decreto legge 158/2012 (c.d. Decreto Balduzzi) in materia di Comitati etici.

Fasi della sperimentazione clinica

I princìpi etici fondamentali a cui devono conformarsi gli studi nell'ambito della sperimentazione clinica sui medicinali traggono origine dalla Dichiarazione di Helsinki e dai requisiti previsti dagli standard internazionali di buona pratica clinica (Gcp) messi a punto per progettare, condurre, registrare e comunicare gli esiti degli studi clinici che coinvolgono soggetti umani. Gli standard di Buona Pratica Clinica sono stati adottati dall'Unione europea e recepiti nell'ordinamento italiano. In ambito europeo sono infatti intervenute le direttive 2001/20/UE e 2005/28/UE, recepite con il D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 211, successivamente integrato con il D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 200. Disposizioni in materia sono recate anche dal D. Lgs. 219/2006 che ha dato attuazione al Codice comunitario concernente i medicinali per uso umano.

Il D.M. 21 dicembre 2007 ha regolamentato nel dettaglio gli adempimenti relativi alla sperimentazione clinica di un medicinale.

Il D.Lgs. 211/2003 definisce «sperimentazione clinica» qualsiasi studio sull'uomo finalizzato a scoprire o verificare gli effetti clinici, farmacologici e/o altri effetti farmacodinamici di uno o più medicinali sperimentali, e/o a individuare qualsiasi reazione avversa ad uno a più medicinali sperimentali, e/o a studiarne l'assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l'eliminazione, con l'obiettivo di accertarne la sicurezza e/o l'efficacia, nonché altri elementi di carattere scientifico e non. Questa definizione include le sperimentazioni cliniche effettuate in un unico centro o in più centri, solo in Italia o anche in altri Stati membri dell'Unione europea (articolo 2, comma 1, lettera a). Tali sperimentazioni vengono definite interventistiche.

Tutte le sperimentazioni cliniche sono basate su un protocollo in cui è descritta la metodologia applicata alla sperimentazione. Il protocollo individua i vari attori della sperimentazione: lo sponsor, il primo ricercatore e i soggetti coinvolti, di cui è è necessario acquisire il consenso libero, specifico ed informato. In ogni fase, la valutazione deve permettere ai ricercatori di misurare l'efficacia e la tolleranza del principio attivo. Tale valutazione deve essere facile, riproducibile e sufficientemente sensibile per rilevare le più deboli variazioni. Prima che la sperimentazione abbia inizio, il protocollo deve ottenere il parere favorevole di un Comitato etico indipendente che definisca, tra l'altro, i criteri di inclusione ed esclusione dei soggetti della sperimentazione clinica, il monitoraggio e gli aspetti concernenti la pubblicazione dei dati. Lo sperimentatore e il promotore tengono conto di tutte le indicazioni relative all'avvio e alla realizzazione della sperimentazione clinica espresse dal Comitato etico e dall'autorità competente.

    Gli studi clinici su nuove molecole vengono svolti in generale in tre fasi, coinvolgendo un numero elevato di persone. Quando la molecola è già conosciuta, per un'altra indicazione terapeutica, si passa direttamente alle sperimentazioni di fase II.

    Gli studi della fase IV sono i più lunghi e hanno inizio una volta che il farmaco è stato immesso sul mercato (studi post marketing) allo scopo di valutare gli effetti indesiderati o le proprietà farmaceutiche evidenziate durante le prime tre fasi.

    La sperimentazione preclinica o Fase 0: utile per osservare su un organismo vivente complesso come si comporta la molecola chimica da cui si ritiene di poter ricavare un farmaco e qual è il suo livello di tossicità. Inizialmente sono eseguiti degli studi "in vitro". Soltanto quando si è appurato in laboratorio che la molecola possiede potenziali effetti terapeutici, si passa alla sperimentazione in vivo sugli animali.

    Fase I: Primo studio di un nuovo principio attivo condotto nell'uomo (spesso su volontari sani). L'obiettivo principale è la valutazione degli effetti collaterali che possono essere attesi considerando i risultati delle precedenti sperimentazioni sugli animali e la valutazione della modalità di azione e distribuzione del farmaco nell'organismo. I volontari vengono divisi in più gruppi, ciascuno dei quali riceve una diversa dose di farmaco (in genere crescente), per valutare gli eventuali effetti indesiderati della sostanza in relazione alla quantità somministrata. Se oggetto della sperimentazione sono gravi patologie (per esempio tumori, AIDS, eccetera), gli studi possono essere condotti direttamente su pazienti che ne sono affetti e per i quali il farmaco è stato pensato.

    Il decreto legge 158/2012 ha recentemente innovato la materia. Ai sensi dell'articolo 10, non è più necessaria alcuna autorizzazione per la produzione di un principio attivo da utilizzare nella produzione di un medicinale impiegato nelle sperimentazioni cliniche di Fase I. Resta l'obbligo di notifica all'AIFA da parte dei titolari dell'officina, che dovrà comunque essere autorizzata alla produzione di materie prime farmacologicamente attive. Entro il 31 dicembre 2014 l'AIFA dovrà trasmettere al Ministro della salute, e pubblicare nel suo sito internet, una relazione sugli effetti derivanti dall'applicazione della disposizione e sui possibili effetti della estensione di tale disciplina ai medicinali impiegati nelle sperimentazioni cliniche di fase II. 

    Fase II: Negli studi di fase II la sostanza è somministrata a soggetti volontari affetti dalla patologia per cui il farmaco è stato pensato. I soggetti vengono generalmente divisi in più gruppi, a ciascuno dei quali è somministrata una dose differente del farmaco e, quando è eticamente possibile, un placebo (vale a dire una sostanza priva di efficacia terapeutica) Per evitare che la somministrazione del placebo influenzi le aspettative dei partecipanti, le valutazioni dei parametri di attività e sicurezza sono condotte senza che i partecipanti conoscano il tipo di trattamento ricevuto o somministrato. Questa fase dura circa un paio d'anni.

    Fase III: Ai pazienti viene assegnato casualmente (in inglese random) il nuovo principio attivo o un farmaco di controllo (in genere il trattamento standard per quella specifica patologia oggetto della ricerca). Lo studio clinico controllato randomizzato è molto affidabile nel definire l'efficacia di un medicinale. Infatti, l'attribuzione casuale del nuovo farmaco o del farmaco di controllo garantisce che i due gruppi siano simili per tutte le caratteristiche salvo che per il medicinale assunto. Dunque, alla fine della sperimentazione, sarà possibile attribuire ogni differenza nella salute dei partecipanti esclusivamente al trattamento e non a errori o al caso. Durante questa fase vengono controllate con molta attenzione l'insorgenza, la frequenza e gravità degli effetti indesiderati. La durata della somministrazione del farmaco è variabile a seconda degli obiettivi che la sperimentazione si pone, ma in genere dura dei mesi. Il periodo di monitoraggio degli effetti del farmaco è invece spesso più lungo, arrivando in qualche caso a 3-5 anni.

    Fase IV: Studio su un farmaco già in commercio (post-marketing) per valutare, in un usuale contesto di prescrizione, il valore terapeutico e/o gli effetti dannosi (farmacovigilanza).

    I Comitati etici

    Ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera m), dell'articolo 6 del D.Lgs. 211/2003, il Comitato etico per le sperimentazioni cliniche dei medicinali è un organismo indipendente che ha la responsabilità di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti in sperimentazione e di fornire pubblica garanzia di tale tutela. Il Comitato può essere istituito nell'ambito di una o più strutture sanitarie pubbliche o ad esse equiparate, o negli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, conformemente alla disciplina regionale in materia. Il Comitato etico può altresì essere istituito, conformemente alla normativa regionale, nell'ambito dell'amministrazione regionale competente per materia. Ove non già attribuiti a specifici organismi, i Comitati etici possono svolgere anche una funzione consultiva in relazione a questioni etiche connesse con le attività scientifiche e assistenziali, allo scopo di proteggere e promuovere i valori della persona umana. Il Comitato etico, inoltre, può proporre iniziative di formazione di operatori sanitari relativamente a temi in materia di bioetica. Il D.M. 12 maggio 2006 ha stabilito i requisiti minimi per l'istituzione, l'organizzazione e il funzionamento dei Comitati etici. Il Comitato etico è fra l'altro responsabile di:

    • effettuare la revisione ed esprimere un parere sul protocollo di studio;
    • valutare gli emendamenti sostanziali proposti e rilasciare il parere;
    • verificare l'idoneità degli sperimentatori, delle strutture, dei metodi e del materiale da impiegare per ottenere e documentare il consenso informato dei partecipanti allo studio clinico;
    • procedere a rivalutazioni periodiche degli studi approvati.
    In seguito alla riorganizzazione del sistema sanitario di alcune regioni, nel 2009 si è assistito al raggruppamento di alcuni Comitati etici con la conseguente diminuzione del numero totale, che ad oggi si attesta sui 254 (nel 2008 erano 269). La Lombardia è la regione con un maggior numero di Comitati etici, seguita da Lazio, Sicilia e Campania. L'attività di questi organismi non è omogenea, infatti su 254 Comitati, soltanto 154 sono quelli che hanno rilasciato un parere unico in qualità di coordinatori di un progetto nel periodo 2007-2009 . L'attività dei Comitati sotto l'aspetto meramente formale, è caratterizzata da una disomogeneità locale in merito a: calendarizzazione delle riunioni; tempi minimi per la presentazione delle domande al CE; elenco e copie di ciascun documento; formato dei documenti da presentare; modulistiche «locali»; compensi per l'esame dei progetti; tempistica per la valutazione e per l'elaborazione dei verbali di riunione; criteri di valutazione dei compensi alle strutture.

    Il decreto legge 158/2012 (meglio conosciuto come Decreto Balduzzi) è recentemente intervenuto sulla materia. In particolare, l'articolo 12 ha attribuito all'AIFA le competenze in materia di sperimentazione clinica dei medicinali, attribuite precedentemente, dal decreto legislativo 211/2003, all'Istituto superiore di sanità. A decorrere dal 1º luglio 2013, la documentazione riguardante studi clinici sui medicinali sarà gestita esclusivamente con modalità telematiche, attraverso i modelli standard dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica dell'AIFA. Allo stesso tempo, è stata disposta la razionalizzazione e riogarnizzazione dei Comitati etici.

    Il decreto 8 febbraio 2013, Criteri per la composizione e il funzionamento dei comitati etici, ha conseguentemente stabilito che, entro il 30 giugno 2013, le regioni e le province autonome dovranno provvedere a riorganizzare i Comitati etici istituiti nel proprio territorio, secondo i seguenti criteri:

    1. ciascun Comitato etico potrà avere una competenza territoriale di una o più province, purché sia rispettato il parametro di un Comitato per ogni milione di abitanti, fatta salva la possibilità di prevedere un ulteriore comitato etico, con competenza estesa a uno o più Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico;
    2. la scelta dei comitati da confermare terrà conto del numero dei pareri unici per sperimentazione clinica di medicinali emessi nel corso dell'ultimo triennio;
    3. la competenza di ciascun comitato potrà investire, oltre alle sperimentazioni cliniche dei medicinali, ogni altra questione sull'uso dei medicinali e dei dispositivi medici, sull'impiego di procedure chirurgiche e cliniche o relativa allo studio di prodotti alimentari sull'uomo, generalmente rimessa, per prassi internazionale, alle valutazioni degli stessi Comitati;
    4. dovrà essere assicurata l'indipendenza di ciascun Comitato e l'assenza di rapporti gerarchici tra diversi Comitati. A garantire l'indipendenza del Comitato sarà l'assenza di subordinazione gerarchica del Comitato rispetto alla struttura, la presenza di componenti esterni per almeno un terzo del totale e l'assenza di conflitti d'interesse dei votanti rispetto alla sperimentazione proposta.

    La valutazione etica, scientifica e metodologica degli studi clinici avrà come riferimento quanto previsto dal D. Lgs. 211/2003, dalla dichiarazione di Helsinki, dalla convenzione di Oviedo, dalle norme di buona pratica clinica e dalle linee guida aggiornate dell'Agenzia europea per la valutazione dei
    medicinali in tema di valutazione dell'efficacia delle sperimentazioni cliniche.

    Gli studi osservazionali sui farmaci

    Come illustrato dall'Agenzia italia del farmaco (AIFA) nelle Linee guida per gli studi osservazionali sui farmaci "Gli studi osservazionali sui farmaci sono di particolare importanza per la valutazione del profilo di sicurezza nelle normali condizioni di uso e su grandi numeri di pazienti, per approfondimenti sull'efficacia nella pratica clinica, per la verifica dell'appropriatezza prescrittiva e per valutazioni di tipo farmacoeconomico. 
    Per le loro caratteristiche, gli studi osservazionali non comportano rischi aggiuntivi per i pazienti ai quali sono offerte le migliori condizioni di assistenza clinica. Di conseguenza richiedono procedure differenziate rispetto a quanto previsto negli studi clinici sperimentali.
    Una particolare cautela è richiesta per evitare che una sperimentazione sia presentata come uno studio osservazionale.
    A questo proposito va ricordato che gli studi riguardanti un farmaco per poter essere considerati non sperimentali devono soddisfare le seguenti condizioni:
    1. Il farmaco deve essere prescritto nelle indicazioni d'uso Autorizzate all'Immissione in Commercio in Italia;
    2. La prescrizione del farmaco in esame deve essere parte della normale pratica clinica;
    3. La decisione di prescrivere il farmaco al singolo paziente deve essere del tutto indipendente da quella di includere il paziente stesso nello studio;
    4. Le procedure diagnostiche e valutative devono corrispondere alla pratica clinica corrente.


    Si ritiene indispensabile che i Comitati Etici siano informati sullo svolgimento di questi studi nella struttura o sul territorio di loro pertinenza. E' quindi necessario che, a seconda dello studio osservazionale proposto i Comitati Etici ricevano sempre una notifica dello studio oppure una richiesta formale per la formulazione di un parere".

    La normativa sulle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso umano è il risultato di una progressiva stratificazione di fonti eterogenee da cui è derivato un complesso quadro regolatorio. Nel corso della XVI Legislatura, il progetto di legge di iniziativa governativa A.C. 4274, esaminato in prima lettura alla Camera, ha inteso riformare la materia, e pur senza essere stato approvato, ha costituito un punto di partenza per i successivi interventi, poi attuati, dal decreto legge 158/2012 (c.d. Decreto Balduzzi) in materia di Comitati etici.

    Fasi della sperimentazione clinica

    I princìpi etici fondamentali a cui devono conformarsi gli studi nell'ambito della sperimentazione clinica sui medicinali traggono origine dalla Dichiarazione di Helsinki e dai requisiti previsti dagli standard internazionali di buona pratica clinica (Gcp) messi a punto per progettare, condurre, registrare e comunicare gli esiti degli studi clinici che coinvolgono soggetti umani. Gli standard di Buona Pratica Clinica sono stati adottati dall'Unione europea e recepiti nell'ordinamento italiano. In ambito europeo sono infatti intervenute le direttive 2001/20/UE e 2005/28/UE, recepite con il D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 211, successivamente integrato con il D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 200. Disposizioni in materia sono recate anche dal D. Lgs. 219/2006 che ha dato attuazione al Codice comunitario concernente i medicinali per uso umano.

    Il D.M. 21 dicembre 2007 ha regolamentato nel dettaglio gli adempimenti relativi alla sperimentazione clinica di un medicinale.

    Il D.Lgs. 211/2003 definisce «sperimentazione clinica» qualsiasi studio sull'uomo finalizzato a scoprire o verificare gli effetti clinici, farmacologici e/o altri effetti farmacodinamici di uno o più medicinali sperimentali, e/o a individuare qualsiasi reazione avversa ad uno a più medicinali sperimentali, e/o a studiarne l'assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l'eliminazione, con l'obiettivo di accertarne la sicurezza e/o l'efficacia, nonché altri elementi di carattere scientifico e non. Questa definizione include le sperimentazioni cliniche effettuate in un unico centro o in più centri, solo in Italia o anche in altri Stati membri dell'Unione europea (articolo 2, comma 1, lettera a). Tali sperimentazioni vengono definite interventistiche.

    Tutte le sperimentazioni cliniche sono basate su un protocollo in cui è descritta la metodologia applicata alla sperimentazione. Il protocollo individua i vari attori della sperimentazione: lo sponsor, il primo ricercatore e i soggetti coinvolti, di cui è è necessario acquisire il consenso libero, specifico ed informato. In ogni fase, la valutazione deve permettere ai ricercatori di misurare l'efficacia e la tolleranza del principio attivo. Tale valutazione deve essere facile, riproducibile e sufficientemente sensibile per rilevare le più deboli variazioni. Prima che la sperimentazione abbia inizio, il protocollo deve ottenere il parere favorevole di un Comitato etico indipendente che definisca, tra l'altro, i criteri di inclusione ed esclusione dei soggetti della sperimentazione clinica, il monitoraggio e gli aspetti concernenti la pubblicazione dei dati. Lo sperimentatore e il promotore tengono conto di tutte le indicazioni relative all'avvio e alla realizzazione della sperimentazione clinica espresse dal Comitato etico e dall'autorità competente.

      Gli studi clinici su nuove molecole vengono svolti in generale in tre fasi, coinvolgendo un numero elevato di persone. Quando la molecola è già conosciuta, per un'altra indicazione terapeutica, si passa direttamente alle sperimentazioni di fase II.

      Gli studi della fase IV sono i più lunghi e hanno inizio una volta che il farmaco è stato immesso sul mercato (studi post marketing) allo scopo di valutare gli effetti indesiderati o le proprietà farmaceutiche evidenziate durante le prime tre fasi.

      La sperimentazione preclinica o Fase 0: utile per osservare su un organismo vivente complesso come si comporta la molecola chimica da cui si ritiene di poter ricavare un farmaco e qual è il suo livello di tossicità. Inizialmente sono eseguiti degli studi "in vitro". Soltanto quando si è appurato in laboratorio che la molecola possiede potenziali effetti terapeutici, si passa alla sperimentazione in vivo sugli animali.

      Fase I: Primo studio di un nuovo principio attivo condotto nell'uomo (spesso su volontari sani). L'obiettivo principale è la valutazione degli effetti collaterali che possono essere attesi considerando i risultati delle precedenti sperimentazioni sugli animali e la valutazione della modalità di azione e distribuzione del farmaco nell'organismo. I volontari vengono divisi in più gruppi, ciascuno dei quali riceve una diversa dose di farmaco (in genere crescente), per valutare gli eventuali effetti indesiderati della sostanza in relazione alla quantità somministrata. Se oggetto della sperimentazione sono gravi patologie (per esempio tumori, AIDS, eccetera), gli studi possono essere condotti direttamente su pazienti che ne sono affetti e per i quali il farmaco è stato pensato.

      Il decreto legge 158/2012 ha recentemente innovato la materia. Ai sensi dell'articolo 10, non è più necessaria alcuna autorizzazione per la produzione di un principio attivo da utilizzare nella produzione di un medicinale impiegato nelle sperimentazioni cliniche di Fase I. Resta l'obbligo di notifica all'AIFA da parte dei titolari dell'officina, che dovrà comunque essere autorizzata alla produzione di materie prime farmacologicamente attive. Entro il 31 dicembre 2014 l'AIFA dovrà trasmettere al Ministro della salute, e pubblicare nel suo sito internet, una relazione sugli effetti derivanti dall'applicazione della disposizione e sui possibili effetti della estensione di tale disciplina ai medicinali impiegati nelle sperimentazioni cliniche di fase II. 

      Fase II: Negli studi di fase II la sostanza è somministrata a soggetti volontari affetti dalla patologia per cui il farmaco è stato pensato. I soggetti vengono generalmente divisi in più gruppi, a ciascuno dei quali è somministrata una dose differente del farmaco e, quando è eticamente possibile, un placebo (vale a dire una sostanza priva di efficacia terapeutica) Per evitare che la somministrazione del placebo influenzi le aspettative dei partecipanti, le valutazioni dei parametri di attività e sicurezza sono condotte senza che i partecipanti conoscano il tipo di trattamento ricevuto o somministrato. Questa fase dura circa un paio d'anni.

      Fase III: Ai pazienti viene assegnato casualmente (in inglese random) il nuovo principio attivo o un farmaco di controllo (in genere il trattamento standard per quella specifica patologia oggetto della ricerca). Lo studio clinico controllato randomizzato è molto affidabile nel definire l'efficacia di un medicinale. Infatti, l'attribuzione casuale del nuovo farmaco o del farmaco di controllo garantisce che i due gruppi siano simili per tutte le caratteristiche salvo che per il medicinale assunto. Dunque, alla fine della sperimentazione, sarà possibile attribuire ogni differenza nella salute dei partecipanti esclusivamente al trattamento e non a errori o al caso. Durante questa fase vengono controllate con molta attenzione l'insorgenza, la frequenza e gravità degli effetti indesiderati. La durata della somministrazione del farmaco è variabile a seconda degli obiettivi che la sperimentazione si pone, ma in genere dura dei mesi. Il periodo di monitoraggio degli effetti del farmaco è invece spesso più lungo, arrivando in qualche caso a 3-5 anni.

      Fase IV: Studio su un farmaco già in commercio (post-marketing) per valutare, in un usuale contesto di prescrizione, il valore terapeutico e/o gli effetti dannosi (farmacovigilanza).

      I Comitati etici

      Ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera m), dell'articolo 6 del D.Lgs. 211/2003, il Comitato etico per le sperimentazioni cliniche dei medicinali è un organismo indipendente che ha la responsabilità di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti in sperimentazione e di fornire pubblica garanzia di tale tutela. Il Comitato può essere istituito nell'ambito di una o più strutture sanitarie pubbliche o ad esse equiparate, o negli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, conformemente alla disciplina regionale in materia. Il Comitato etico può altresì essere istituito, conformemente alla normativa regionale, nell'ambito dell'amministrazione regionale competente per materia. Ove non già attribuiti a specifici organismi, i Comitati etici possono svolgere anche una funzione consultiva in relazione a questioni etiche connesse con le attività scientifiche e assistenziali, allo scopo di proteggere e promuovere i valori della persona umana. Il Comitato etico, inoltre, può proporre iniziative di formazione di operatori sanitari relativamente a temi in materia di bioetica. Il D.M. 12 maggio 2006 ha stabilito i requisiti minimi per l'istituzione, l'organizzazione e il funzionamento dei Comitati etici. Il Comitato etico è fra l'altro responsabile di:

      • effettuare la revisione ed esprimere un parere sul protocollo di studio;
      • valutare gli emendamenti sostanziali proposti e rilasciare il parere;
      • verificare l'idoneità degli sperimentatori, delle strutture, dei metodi e del materiale da impiegare per ottenere e documentare il consenso informato dei partecipanti allo studio clinico;
      • procedere a rivalutazioni periodiche degli studi approvati.
      In seguito alla riorganizzazione del sistema sanitario di alcune regioni, nel 2009 si è assistito al raggruppamento di alcuni Comitati etici con la conseguente diminuzione del numero totale, che ad oggi si attesta sui 254 (nel 2008 erano 269). La Lombardia è la regione con un maggior numero di Comitati etici, seguita da Lazio, Sicilia e Campania. L'attività di questi organismi non è omogenea, infatti su 254 Comitati, soltanto 154 sono quelli che hanno rilasciato un parere unico in qualità di coordinatori di un progetto nel periodo 2007-2009 . L'attività dei Comitati sotto l'aspetto meramente formale, è caratterizzata da una disomogeneità locale in merito a: calendarizzazione delle riunioni; tempi minimi per la presentazione delle domande al CE; elenco e copie di ciascun documento; formato dei documenti da presentare; modulistiche «locali»; compensi per l'esame dei progetti; tempistica per la valutazione e per l'elaborazione dei verbali di riunione; criteri di valutazione dei compensi alle strutture.

      Il decreto legge 158/2012 (meglio conosciuto come Decreto Balduzzi) è recentemente intervenuto sulla materia. In particolare, l'articolo 12 ha attribuito all'AIFA le competenze in materia di sperimentazione clinica dei medicinali, attribuite precedentemente, dal decreto legislativo 211/2003, all'Istituto superiore di sanità. A decorrere dal 1º luglio 2013, la documentazione riguardante studi clinici sui medicinali sarà gestita esclusivamente con modalità telematiche, attraverso i modelli standard dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica dell'AIFA. Allo stesso tempo, è stata disposta la razionalizzazione e riogarnizzazione dei Comitati etici.

      Il decreto 8 febbraio 2013, Criteri per la composizione e il funzionamento dei comitati etici, ha conseguentemente stabilito che, entro il 30 giugno 2013, le regioni e le province autonome dovranno provvedere a riorganizzare i Comitati etici istituiti nel proprio territorio, secondo i seguenti criteri:

      1. ciascun Comitato etico potrà avere una competenza territoriale di una o più province, purché sia rispettato il parametro di un Comitato per ogni milione di abitanti, fatta salva la possibilità di prevedere un ulteriore comitato etico, con competenza estesa a uno o più Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico;
      2. la scelta dei comitati da confermare terrà conto del numero dei pareri unici per sperimentazione clinica di medicinali emessi nel corso dell'ultimo triennio;
      3. la competenza di ciascun comitato potrà investire, oltre alle sperimentazioni cliniche dei medicinali, ogni altra questione sull'uso dei medicinali e dei dispositivi medici, sull'impiego di procedure chirurgiche e cliniche o relativa allo studio di prodotti alimentari sull'uomo, generalmente rimessa, per prassi internazionale, alle valutazioni degli stessi Comitati;
      4. dovrà essere assicurata l'indipendenza di ciascun Comitato e l'assenza di rapporti gerarchici tra diversi Comitati. A garantire l'indipendenza del Comitato sarà l'assenza di subordinazione gerarchica del Comitato rispetto alla struttura, la presenza di componenti esterni per almeno un terzo del totale e l'assenza di conflitti d'interesse dei votanti rispetto alla sperimentazione proposta.

      La valutazione etica, scientifica e metodologica degli studi clinici avrà come riferimento quanto previsto dal D. Lgs. 211/2003, dalla dichiarazione di Helsinki, dalla convenzione di Oviedo, dalle norme di buona pratica clinica e dalle linee guida aggiornate dell'Agenzia europea per la valutazione dei
      medicinali in tema di valutazione dell'efficacia delle sperimentazioni cliniche.

      Gli studi osservazionali sui farmaci

      Come illustrato dall'Agenzia italia del farmaco (AIFA) nelle Linee guida per gli studi osservazionali sui farmaci "Gli studi osservazionali sui farmaci sono di particolare importanza per la valutazione del profilo di sicurezza nelle normali condizioni di uso e su grandi numeri di pazienti, per approfondimenti sull'efficacia nella pratica clinica, per la verifica dell'appropriatezza prescrittiva e per valutazioni di tipo farmacoeconomico. 
      Per le loro caratteristiche, gli studi osservazionali non comportano rischi aggiuntivi per i pazienti ai quali sono offerte le migliori condizioni di assistenza clinica. Di conseguenza richiedono procedure differenziate rispetto a quanto previsto negli studi clinici sperimentali.
      Una particolare cautela è richiesta per evitare che una sperimentazione sia presentata come uno studio osservazionale.
      A questo proposito va ricordato che gli studi riguardanti un farmaco per poter essere considerati non sperimentali devono soddisfare le seguenti condizioni:
      1. Il farmaco deve essere prescritto nelle indicazioni d'uso Autorizzate all'Immissione in Commercio in Italia;
      2. La prescrizione del farmaco in esame deve essere parte della normale pratica clinica;
      3. La decisione di prescrivere il farmaco al singolo paziente deve essere del tutto indipendente da quella di includere il paziente stesso nello studio;
      4. Le procedure diagnostiche e valutative devono corrispondere alla pratica clinica corrente.


      Si ritiene indispensabile che i Comitati Etici siano informati sullo svolgimento di questi studi nella struttura o sul territorio di loro pertinenza. E' quindi necessario che, a seconda dello studio osservazionale proposto i Comitati Etici ricevano sempre una notifica dello studio oppure una richiesta formale per la formulazione di un parere".