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La riforma del concordato preventivo (decreto-legge n. 83 del 2012)
informazioni aggiornate a martedì, 16 febbraio 2016

Nell'ultima parte della scorsa legislatura, l'articolo 33 del D.L. n. 83 del 2012 è intervenuto sulla disciplina del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione.

Il concordato preventivo è un mezzo di soddisfacimento delle ragioni dei creditori, previsto dalla legge fallimentare, alternativo al fallimento di cui impedisce la dichiarazione e le conseguenze personali patrimoniali. Il concordato preventivo si sostanzia in un accordo tra l'imprenditore e la maggioranza dei creditori – regolato da un giudice delegato nominato dal tribunale, coadiuvato da un commissario giudiziale - finalizzato a risolvere la crisi aziendale e ad evitare il fallimento mediante una soddisfazione – anche parziale – dei creditori.
L'imprenditore che si trova in stato di crisi può quindi proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere: a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma; b) l'attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore; c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei; d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.

Le nuove previsioni intendevano, da una parte, permettere alle imprese in crisi un accesso più rapido alle procedure di risanamento consentendo tra l'altro l'accesso a nuovi mezzi finanziari, garantendo la continuità aziendale ed estendendo talune tutele già nella fase preliminare di negoziazione con i creditori; dall'altra, garantire maggior rigore (con correlate sanzioni anche penali) in materia di attestazioni del professionista.

Le novità principali della disciplina del 2012 riguardano:

  • la possibilità, nel concordato preventivo, di presentare il piano anche dopo la presentazione della domanda (cd. concordato in bianco o preconcordato o concordato con riserva), riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione prescritta entro un termine fissato dal giudice (al massimo 120 giorni, prorogabili di ulteriori sessanta). Fino al decreto di apertura del concordato preventivo il debitore, previa autorizzazione del tribunale, può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione. I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili dall'attivo. Si è inteso così consentire al debitore di beneficiare degli effetti protettivi del proprio patrimonio connessi al deposito della domanda di concordato, impedire che i tempi di preparazione della proposta e del piano aggravino la situazione di crisi sino a generare un vero e proprio stato di insolvenza e promuovere la prosecuzione dell'attività produttiva dell'imprenditore in concordato;
  • la possibilità di accedere allo strumento dell'accordo di ristrutturazione dei debiti anche dopo aver presentato domanda di ammissione al concordato preventivo, garantendo così piena alternativa tra le due procedure;
  • la possibilità, per il debitore che sia in procinto di presentare un piano di concordato preventivo o una proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti, di ottenere "finanza ponte" prededucibile all'esito di apposito vaglio di congruità e funzionalità effettuato dal professionista nella propria relazione (dunque in pendenza di omologazione del concordato o dell'accordo);
  • l'introduzione di un'apposita disciplina del concordato con continuità aziendale ovvero il concordato che prevede la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione; il piano può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa;
  • il blocco delle azioni esecutive e cautelari dalla data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo nel registro delle imprese;
  • l'obbligo di attestazione della veridicità dei dati aziendali per il professionista che redige il piano di risanamento ex art. 67, comma 3, lett. d) L. Fall. ovvero la relazione che accompagna l'accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis, comma 1, L. Fall., analogamente a quanto previsto per il concordato preventivo.
In particolare, il decreto-legge ha introdotto nella legge fallimentare l'art. 236-bis, Falso in attestazioni e relazioni. La fattispecie si articola su due condotte alternative integrate da falsità documentali il cui oggetto materiale è rappresentato dalle relazioni e dalle attestazioni di cui agli artt. 67, terzo comma, lett. d), 161, terzo comma, 182-bis, 182-quinquies e 186-bis LF. Soggetto attivo dei reati è il "professionista" tenuto a redigere dette relazioni e ad effettuare le attestazioni. Il fatto tipico consiste invece nella esposizione di informazioni false ovvero nell'omissione di informazioni rilevanti. La sanzione è costituita dalla reclusione da due a cinque anni e dalla multa da 50.000 a 100.000 euro. Sono previste due circostanze aggravanti: una prima (comma secondo), ad effetto ordinario, per il caso in cui il fatto sia commesso dal "professionista" al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri; una seconda (comma terzo), ad effetto speciale per il caso in cui dal fatto consegua un danno per i creditori.
Questa nuova fattispecie penale è stata analizzata dall'Ufficio del Ruolo e del Massimario della Corte di Cassazione nella relazione n. III/07/2012.

Le ampie modifiche apportate all'istituto del concordato preventivo hanno determinato per alcuni uffici giudiziari l'esigenza di predisporre linee guida per orientare gli operatori. In particolare, si ricordano quelle predisposte dalla Sezione II civile - Fallimenti del Tribunale di Milano.

Le statistiche relative agli anni 2011-2013, in ogni distretto di Corte d'appello, evidenziano l'ampia applicazione che è stata data al nuovo istituto.

Fonte: Ministero della Giustizia - Direzione generale di Statistica

Nell'ultima parte della scorsa legislatura, l'articolo 33 del D.L. n. 83 del 2012 è intervenuto sulla disciplina del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione.

Il concordato preventivo è un mezzo di soddisfacimento delle ragioni dei creditori, previsto dalla legge fallimentare, alternativo al fallimento di cui impedisce la dichiarazione e le conseguenze personali patrimoniali. Il concordato preventivo si sostanzia in un accordo tra l'imprenditore e la maggioranza dei creditori – regolato da un giudice delegato nominato dal tribunale, coadiuvato da un commissario giudiziale - finalizzato a risolvere la crisi aziendale e ad evitare il fallimento mediante una soddisfazione – anche parziale – dei creditori.
L'imprenditore che si trova in stato di crisi può quindi proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere: a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma; b) l'attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore; c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei; d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.

Le nuove previsioni intendevano, da una parte, permettere alle imprese in crisi un accesso più rapido alle procedure di risanamento consentendo tra l'altro l'accesso a nuovi mezzi finanziari, garantendo la continuità aziendale ed estendendo talune tutele già nella fase preliminare di negoziazione con i creditori; dall'altra, garantire maggior rigore (con correlate sanzioni anche penali) in materia di attestazioni del professionista.

Le novità principali della disciplina del 2012 riguardano:

  • la possibilità, nel concordato preventivo, di presentare il piano anche dopo la presentazione della domanda (cd. concordato in bianco o preconcordato o concordato con riserva), riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione prescritta entro un termine fissato dal giudice (al massimo 120 giorni, prorogabili di ulteriori sessanta). Fino al decreto di apertura del concordato preventivo il debitore, previa autorizzazione del tribunale, può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione. I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili dall'attivo. Si è inteso così consentire al debitore di beneficiare degli effetti protettivi del proprio patrimonio connessi al deposito della domanda di concordato, impedire che i tempi di preparazione della proposta e del piano aggravino la situazione di crisi sino a generare un vero e proprio stato di insolvenza e promuovere la prosecuzione dell'attività produttiva dell'imprenditore in concordato;
  • la possibilità di accedere allo strumento dell'accordo di ristrutturazione dei debiti anche dopo aver presentato domanda di ammissione al concordato preventivo, garantendo così piena alternativa tra le due procedure;
  • la possibilità, per il debitore che sia in procinto di presentare un piano di concordato preventivo o una proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti, di ottenere "finanza ponte" prededucibile all'esito di apposito vaglio di congruità e funzionalità effettuato dal professionista nella propria relazione (dunque in pendenza di omologazione del concordato o dell'accordo);
  • l'introduzione di un'apposita disciplina del concordato con continuità aziendale ovvero il concordato che prevede la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione; il piano può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa;
  • il blocco delle azioni esecutive e cautelari dalla data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo nel registro delle imprese;
  • l'obbligo di attestazione della veridicità dei dati aziendali per il professionista che redige il piano di risanamento ex art. 67, comma 3, lett. d) L. Fall. ovvero la relazione che accompagna l'accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis, comma 1, L. Fall., analogamente a quanto previsto per il concordato preventivo.
In particolare, il decreto-legge ha introdotto nella legge fallimentare l'art. 236-bis, Falso in attestazioni e relazioni. La fattispecie si articola su due condotte alternative integrate da falsità documentali il cui oggetto materiale è rappresentato dalle relazioni e dalle attestazioni di cui agli artt. 67, terzo comma, lett. d), 161, terzo comma, 182-bis, 182-quinquies e 186-bis LF. Soggetto attivo dei reati è il "professionista" tenuto a redigere dette relazioni e ad effettuare le attestazioni. Il fatto tipico consiste invece nella esposizione di informazioni false ovvero nell'omissione di informazioni rilevanti. La sanzione è costituita dalla reclusione da due a cinque anni e dalla multa da 50.000 a 100.000 euro. Sono previste due circostanze aggravanti: una prima (comma secondo), ad effetto ordinario, per il caso in cui il fatto sia commesso dal "professionista" al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri; una seconda (comma terzo), ad effetto speciale per il caso in cui dal fatto consegua un danno per i creditori.
Questa nuova fattispecie penale è stata analizzata dall'Ufficio del Ruolo e del Massimario della Corte di Cassazione nella relazione n. III/07/2012.

Le ampie modifiche apportate all'istituto del concordato preventivo hanno determinato per alcuni uffici giudiziari l'esigenza di predisporre linee guida per orientare gli operatori. In particolare, si ricordano quelle predisposte dalla Sezione II civile - Fallimenti del Tribunale di Milano.

Le statistiche relative agli anni 2011-2013, in ogni distretto di Corte d'appello, evidenziano l'ampia applicazione che è stata data al nuovo istituto.

Fonte: Ministero della Giustizia - Direzione generale di Statistica