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CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 26 settembre 2013
90.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Difesa (IV)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-00357 Ventricelli: Sul mantenimento dei poligoni militari nel Parco nazionale dell'Alta Murgia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Prima di entrare nello specifico della tematica illustrata dall'onorevole interrogante, vorrei evidenziare, in generale, che le attività addestrative e sperimentali – d'importanza primaria per le Forze armate, nell'ottica di disporre, a carattere continuativo, di aliquote di forze tecnologicamente aggiornate in grado di integrarsi rapidamente e di interoperare efficacemente nell'ambito di dispositivi interforze e multinazionali – vengono sempre effettuate nel pieno rispetto di precise norme di legge e di sicurezza, volte a garantire la salvaguardia della popolazione e la tutela dell'ambiente.
  Per quanto concerne, più in particolare, le esercitazioni e le sperimentazioni svolte presso i poligoni, ogni attività è preceduta da un'approfondita analisi dell'impatto ambientale.
  Inoltre, il Reparto/Ente utilizzatore della struttura deve:
   comunicare alla Direzione del poligono il tipo di armi e munizioni che prevede di impiegare, prima di ottenere l'autorizzazione a condurre le esercitazioni;
   presentare, al termine dell'attività, un rapporto che conferma l'avvenuta bonifica delle aree utilizzate e il numero e il tipo di munizionamento effettivamente impiegato durante l'esercitazione.

  È indubbio che lo svolgimento di tali attività possa comportare ripercussioni sul contesto territoriale, sotto diversi aspetti, ma, proprio per compensare tali disagi, la Difesa opera attraverso vari istituti, organismi e procedure che consentono un'assoluta compatibilità tra attività pianificate e impatto sulla cittadinanza.
  In tale ambito, s'inquadra il ruolo svolto dai Comitati Misti Paritetici (Co.Mi.Pa), istituiti ai sensi della legge n. 898/1976: le attività da svolgere nei poligoni vengono valutate e approvate anche contestualizzandole da un punto di vista ambientale.
  Inoltre, già nel 2005, la Difesa ha avviato una serie d'iniziative per controllare e censire il materiale utilizzato presso i poligoni: tra le principali, cito l'istituzione di «Comitati per la tutela ambientale» e un affinamento del «Disciplinare Ambientale» che, nel rispetto della normativa vigente, regolamenta le procedure per autorizzare le attività all'interno dei poligoni.
  Il Disciplinare prevede che ogni attività sia oggetto di una valutazione preventiva basata sulla documentazione tecnica del materiale da utilizzare, di un controllo di coerenza tra le attività pianificate e quelle effettuate durante le esercitazioni e/o sperimentazioni – da tenersi in coordinamento tra personale del poligono e utenti – e, infine, di un controllo successivo alla esercitazione/sperimentazione, durante il quale si interviene con la bonifica, qualora ritenuta necessaria.
  Affrontando, ora, nel merito, la situazione dei poligoni che insistono nell'Alta Murgia, devo osservare che il loro tasso di utilizzo risulta già sensibilmente ridotto rispetto ad altre aree analoghe che si trovano sia nella stessa regione che in ambito nazionale: circostanza, quest'ultima, che attesta come, nel corso degli anni, sia stata avviata una progressiva riduzione delle attività militari.Pag. 60
  Peraltro, nell'ambito delle riunioni dei Co.Mi.Pa. non è emersa, da parte dei rappresentanti regionali, la volontà di procedere ad una ridefinizione delle attività operative e/o addestrative che si svolgono presso i poligoni.
  Le incisive limitazioni alle attività addestrative previste nel periodo tra il 15 giugno e il 15 settembre, ulteriormente estendibile in presenza di temperature particolarmente elevate, unitamente al divieto sia di ingresso nelle zone di rimboschimento che di transito con mezzi pesanti/cingolati lungo le carrarecce esistenti, confermano come la tutela dell'ambiente sia un aspetto cui la Difesa pone particolare e doverosa attenzione, oltre a testimoniare la volontà d'individuare soluzioni che possano contemperare le esigenze addestrative e di approntamento dell'Esercito italiano con il rispetto della flora e della fauna, anche nell'ottica di prevenire eventuali incendi.
  Come già ha avuto modo di chiarire il Ministro della difesa, in occasione della visita a Barletta lo scorso 12 settembre, le servitù militari non sono soltanto un onere, ma anche lo strumento attraverso il quale viene continuamente bonificato il terreno, vengono erogati dei contributi e vengono, altresì, effettuati tutti quei lavori nel territorio che contribuiscono a migliorare l'ambiente.
  Anche il Presidente della Provincia di Barletta Andria e Trani ha pubblicamente ritenuto «assolutamente positiva e strategica» la presenza dei militari nel Parco, grazie al ruolo positivo che essi rivestono per la sicurezza e per lo sviluppo stesso del territorio.
  Ovviamente, tutto si può e si deve migliorare attraverso il dialogo e la partecipazione delle istituzioni interessate, ma credo sia indiscutibile il valore aggiunto della loro presenza: basti pensare alle azioni di bonifica, di prevenzione degli incendi, di rivitalizzazione del tessuto agroalimentare e di sorveglianza areale.
  Quanto, invece, al presunto inquinamento della falda acquifera e alla formazione di patologie neoplastiche, a causa della penetrazione di nanoparticelle nei tessuti umani, allo stato, non è dimostrato un nesso causale tra le polveri sottili che assumono la forma di nano particelle con presenza di metalli pesanti e lo sviluppo di patologie neoplastiche.
  Fermo restando che gli effetti sulla salute umana e sull'ambiente del materiale nanoparticolato debbano essere studiati e approfonditi – questo è indiscutibile – di contro, è scientificamente e metodologicamente errato sostenere che vi sia una indubbia correlazione tra nanoparticelle e malattie tumorali.
  Tra l'altro, dall'analisi della letteratura scientifica più recente è emerso che le attività militari «ad alta intensità» non determinano alcuna esposizione significativa a metalli pesanti dispersi nell'ambiente, anche in forma di micro o nanopolveri; al medesimo risultato erano pervenuti autorevoli scienziati del mondo civile al termine di una conferenza sulle nanoparticelle svoltasi il 3 ottobre 2011 presso il CNR, tanto che le conclusioni della tavola rotonda finale erano state «...e la ricerca continua».
  Ciò non significa che l'Amministrazione non continui ad adottare ampie misure preventive, sia a livello ambientale che individuale e nei confronti della popolazione interessata e non esclude, comunque, che possano essere avviate le necessarie procedure di verifica e di approfondimento nelle aree interessate, anche affrontando il problema presso le opportune sedi istituzionali.
  Peraltro, nell'ambito della – ormai prossima – seconda Conferenza Nazionale sulle Servitù Militari, a conferma di una totale trasparenza e apertura nei confronti delle Amministrazioni locali, si procederà con la mappatura delle servitù militari, dei poligoni/aree addestrative sul territorio nazionale.
  Lo scopo della Conferenza è proprio quello di portare sul livello del confronto tutte le principali problematiche, evidenziando, nel contempo, come l'obiettivo della Difesa e del Governo sia svolgere le attività esercitative indispensabili per l'addestramento delle Forze armate.

Pag. 61

ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-00547 Piras: Sugli esiti della ricerca condotta dal NURC (NATO Undersea Research Center) sui fondali a est del Poligono militare di capo Teulada.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'attività, cui fanno riferimento gli Onorevoli interroganti, è stata commissionata dalla Difesa, nel 2007, al Naval Underwater Research Centre (NURC) di La Spezia – centro di ricerca subacquea che dipende dall'Alleanza atlantica – allo scopo di valutare la possibilità di ridurre i vincoli (divieto permanente di ancoraggio e di pesca) derivanti dalla presenza del poligono militare di Capo Teulada, in modo da consentire lo svolgimento di alcune attività di pesca da parte della locale marineria.
  Poiché dagli approfondimenti allora effettuati, è emersa l'impossibilità di completare il rilevamento in alcune aree di basso fondale, nel luglio 2009, è stato dato incarico ad una ditta privata (la società MIAR SUB di Fiumicino) di portare a termine l'attività di ricerca e classifica di oggetti posati sul fondale marino della zona antistante il poligono, effettuando l'esplorazione visiva di tali aree e redigendo, a conclusione, un'apposita relazione tecnica.
  I costi sostenuti per questa attività, che ha interessato la zona a mare a est del poligono, ammontano a:
   per la parte NURC: 229.814,00 euro;
   per la parte MIAR SUB: 126.843,96 euro.

  Quanto, poi, all'opportunità di rendere noti i contenuti della relazione elaborata dal NURC, ad oggi, non è possibile accogliere tale richiesta, in quanto la situazione ambientale dei fondali dell'area di mare prospiciente il poligono, è oggetto di procedimento penale n. 4804/2012 della Procura della Repubblica presso il tribunale di Cagliari, nell'ambito del quale è stato notificato al competente Comando Militare Autonomo della Sardegna (COMILES) un decreto di esibizione di documentazione originale (articolo 256 del codice di procedura penale).
  È il caso di sottolineare, inoltre, che il documento, originato da una Autorità internazionale, è di carattere «RISERVATO» e, pertanto, in ottemperanza alla normativa vigente, gli atti in originale potranno essere consegnati all'Autorità Giudiziaria procedente, solo dopo aver acquisito il nulla osta da parte dei competenti organi della NATO.
  In particolare, dall'attività espletata dal NURC è emerso che nell'area denominata «verde», tutti gli oggetti individuati non sono stati associati ad ordigni bellici, mentre nell'area denominata «rossa» non è stato possibile – come già detto – effettuare rilevamenti similari a causa della presenza di bassi fondali e rocce sporgenti.
  La ditta privata, successivamente incaricata di svolgere attività di monitoraggio nell'area «rossa», complementare a quella già eseguita dal NURC, ha riportato nella conclusione della relazione tecnica che «l'area monitorata, con un buon margine di sicurezza, sia libera da materiali ed ordigni pericolosi per l'ancoraggio e la pesca».

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-00638 Bolognesi: Sull'uso di mezzi militari dismessi da parte di privati cittadini.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Dall'esame del materiale fotografico reperito sui siti web di alcune testate giornalistiche (Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport, eccetera) si è appurato che il carro armato, utilizzato nel corso della manifestazione sportiva oggetto dell'interrogazione parlamentare, potrebbe essere un veicolo statunitense della 2a guerra mondiale, modello M4 «Sherman», e non un M26 «Pershing» come invece indicato nell'atto.
  A seguito di approfondimenti condotti con gli enti dell'amministrazione militare responsabili delle alienazioni di materiali d'armamento non più in uso alla Forza armata, si rappresenta che non risultano, agli atti, alienazioni di veicoli della tipologia in argomento autorizzate a favore di privati cittadini.
  Per quanto riguarda, invece, la procedura amministrativa finalizzata alle dismissioni di veicoli militari, l'articolo 422 del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, recante il «Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare», che ha sostituito il decreto interministeriale 30 novembre 2001, autorizza la Difesa ad alienare, nel rispetto delle norme di contabilità generale dello Stato, i mezzi e materiali (d'armamento e non) ritenuti «esuberanti e non più rispondenti alle esigenze delle Forze armate».
  In tale ambito, i materiali da alienare vanno sottoposti preventivamente all'attenzione dell'Agenzia Industrie Difesa e, qualora ritenuti d'interesse da quest'ultima, ceduti a titolo oneroso senza ricorso a procedure di gara, privilegiando la permuta quale strumento di negoziazione, al fine di ottenere un ritorno immediato in beni e servizi.
  Al di fuori di tale tipologia di cessione, le fattispecie più significative di alienazione riguardano:
   vendita a paesi esteri a seguito di trattativa (la cui competenza è in capo al Segretariato Generale della Difesa);
   cessioni a titolo gratuito a paesi esteri autorizzate da appositi strumenti normativi quali i trattati di cooperazione ratificati con legge, oppure le leggi di proroga delle missioni internazionali (la cui competenza è attribuita allo Stato Maggiore della Difesa);
   vendita a livello nazionale di mezzi e materiali a ditte, associazioni o privati, a mezzo di gare pubbliche a licitazione privata o, qualora quest'ultime vadano deserte, raccolta di offerte, privilegiando anche in questo caso il ricorso all'istituto della permuta.

  In merito a quest'ultima fattispecie, si evidenzia che, a mente di quanto previsto dal «Trattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa» (Trattato CFE), i veicoli oggetto di cessione devono, comunque, essere soggetti a riduzione attraverso specifiche procedure che ne impediscano, inequivocabilmente, l'utilizzo in modo pericoloso e improprio (demilitarizzazione).

Pag. 63

ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-00656 Basilio: Sul riconoscimento del sottocapo Nocchiere di 3a classe della Marina militare Alessandro Nasta come vittima del dovere.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Le norme sulla sicurezza dei luoghi di lavoro previste dal decreto legislativo n. 81/2008 vengono applicate alle Forze armate, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, dello stesso decreto legislativo a partire dall'ottobre 2010, con l'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 90/2010 (articoli 244 e seguenti).
  In particolare, la Marina Militare italiana ha integrato tali disposizioni con apposita circolare – entrata formalmente in vigore nel febbraio 2012 – dove è prevista l'elaborazione, da parte di imprese specializzate, di una Relazione Tecnica sulla Valutazione dei Rischi (RTVR) che costituisce il documento base per procedere, poi, alla redazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) delle unità navali esistenti.
  Per quanto concerne nave Vespucci, con riferimento al tragico incidente che ha portato al decesso del Sottocapo di 2a classe Nocchiere Alessandro Nasta, la trasmissione della Relazione Tecnica sulla Valutazione dei Rischi risulta avvenuta in data 29 ottobre 2011, a cura dell'Arsenale della Marina Militare di La Spezia, mentre per il medico competente, già nel 2009, la Direzione di Sanità di La Spezia ha provveduto a designare l'ufficiale medico che ha il compito di collaborare con il comando di bordo («datore di lavoro») alla valutazione dei rischi e alla predisposizione del relativo documento, oltre a esercitare la sorveglianza sanitaria sul personale appartenente ai Nuclei di pronto intervento di bordo.
  A seguito della trasmissione della citata Relazione, il medico competente ha preso i primi contatti con nave Vespucci per concordare le azioni dirette alla redazione del DVR, ancorché al momento del tragico evento non fossero ancora del tutto completate le formalità previste dalla menzionata circolare.
  È il caso di evidenziare che, al momento dell'evento, la nave non solo era – come già detto – in possesso della prevista RTVR, ma nel documento era stato valutato anche lo specifico rischio concernente le mansioni alle quali era addetto il militare (con particolare riguardo alla fase della manovra alle vele).
  Successivamente, il Comando di bordo ha provveduto a perfezionare il documento di valutazione dei rischi (DVR) che conferma le valutazioni e le predisposizioni di sicurezza contenute nella richiamata Relazione Tecnica (RTVR), dove il rischio del ripetersi di eventi dannosi similari è stato valutato tenendo nella debita considerazione, oltre le peculiari esigenze tecnico-operative dell'unità, anche la necessità di tutelare la sicurezza della navigazione dell'intero equipaggio, in relazione alle particolari caratteristiche di manovra di un'unità a propulsione velica.
  Nello specifico, il grado di rischio era risultato «accettabile» (grado 4) dalle metodologie di calcolo definite nella sezione «metodologia» della RTVR, in base alle quali, pur in presenza di possibili danni «gravissimi», il grado di rischio era ritenuto mitigato mediante l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.Pag. 64
  Tali dispositivi, previsti, più in generale, su tutte le unità navali per i «lavori in quota», sono: imbracature di sicurezza omologate e di tipo paracadutistico, apposite scarpe tecniche da vela, tuta da vela con inserti catarifrangenti.
  Tenuto, altresì, conto che in navigazione è sempre presente personale sanitario, è possibile (da parte dell'operatore e/o del Comando) la notifica e/o la verifica di eventuali condizioni di salute ostative al corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale/sistemi d'imbracatura e/o allo svolgimento in sicurezza delle attività in alberata.
  Con particolare riguardo alle imbracature di sicurezza, fermo restando il criterio di applicare i migliori ritrovati tecnici in materia di sicurezza del lavoro esistenti in un determinato momento storico, sono stati recentemente adottati nuovi modelli per un migliore e più rapido aggancio alle strutture di sicurezza predisposte sull'unità.
  Ulteriori strumenti di riduzione del rischio risiedono nella intensificazione delle esercitazioni – così da mantenere un elevato livello di addestramento – e nell'indottrinamento continuo circa le modalità di salita «a riva» e i possibili rischi intrinsechi all'attività stessa.
  Peraltro, tutto il personale viene regolarmente sottoposto ai previsti controlli sanitari e svolge i propri servizi in turnazioni giornaliere, allo scopo di garantire un adeguato periodo di riposo.
  Inoltre, per ogni attività da svolgere in alberata, nel corso del «briefing» operativo, il Nostromo di servizio chiede al militare designato se ha compreso l'attività che deve effettuare e se è nelle condizioni psicofisiche per assolvere i propri compiti: il personale imbarcato, senza alcuna eccezione, è professionalmente preparato per il compito tecnico da svolgere.
  Le lavorazioni in alberata vengono eseguite soltanto dal personale della categoria «Nocchiere», nella cui formazione e addestramento rientra anche il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.
  Il personale di Nave Vespucci è organizzato in tre squadre e i relativi servizi di guardia in navigazione prevedono una turnazione di 4 ore di guardia (Squadra di guardia), 4 ore a disposizione su chiamata, per lavorazioni che richiedono un maggior numero di personale per l'esecuzione delle stesse (Squadra di comandata) e 4 ore di riposo (Squadra franca).
  Per il tipo di attività in corso, al momento dell'incidente, erano state impiegate la Squadra di guardia e quella di comandata, della quale faceva parte il Nocchiere Alessandro Nasta.
  Prima del proprio servizio di guardia e successiva comandata il militare aveva avuto 8 ore di riposo/libero da servizi e indossava i dispositivi di protezione previsti, di cui si è già detto: precisamente, cintura di sicurezza ad imbracatura con spalline per salita a riva, tuta da lavoro e scarpe tecniche da vela.
  Chiariti tali aspetti in ordine alla sicurezza, mi preme sottolineare che, a fronte della tragedia che ha colpito la famiglia del giovane militare, sono state attivate dalla Marina Militare tutte le iniziative possibili per assicurare adeguato supporto, anche sotto l'aspetto amministrativo/burocratico, ai familiari.
  Nello specifico, sono state concesse:
   spese di soggiorno (vitto e alloggio) nella località dove si trovava il militare al momento del decesso;
   spese di trasporto (andata e ritorno) dei familiari dalla località di residenza a quella dove si trovava il militare;
   le spese sostenute per le onoranze funebri, la traslazione della salma, l'acquisto di corone di fiori e la pubblicazione di necrologi.

  È stata, inoltre, concessa l'elargizione del sussidio di «particolare assistenza», che viene corrisposto a fronte delle spese sostenute e da sostenere connesse all'evento, ottenuto in caso di decesso causato da ferite o lesioni riportate nel corso di attività addestrativa, operativa o logistica/funzionale.Pag. 65
  Quanto, invece, alla richiesta di rivedere «la decisione assunta dalla direzione generale della previdenza militare e della leva», devo osservare che il Comitato di Verifica per le cause di servizio, con parere reso in data 19 marzo 2013, ha riconosciuto le fratture causa del decesso dipendenti da fatti di servizio, ma non riconducibili alle particolari condizioni ambientali od operative di missione.
  Stante l'obbligatorietà, per l'Amministrazione della Difesa e, quindi, anche per il Ministro stesso, di attenersi al parere del Comitato di Verifica, non si è potuta accogliere l'istanza del Signor Nasta, padre di Alessandro, volta ad ottenere per il figlio il riconoscimento della qualifica di «equiparato alle vittime del dovere».
  Nel merito, la legge 23 dicembre 2005, n. 266, all'articolo 1, comma 562, ha stabilito la progressiva estensione dei benefici già previsti per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata anche alle «vittime del dovere» (di cui all'articolo 1, comma 563 della citata legge) e agli «equiparati alle vittime del dovere».
  Gli «equiparati alle vittime del dovere» – individuati in relazione alle particolari condizioni ambientali od operative in cui il militare ha operato – sono, ai sensi dell'articolo 1, comma 564, della medesima legge n. 266/2005, coloro che «abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative di missione».
  In buona sostanza, con tale norma e con il successivo regolamento applicativo, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 243 del 2006, si è inteso garantire una maggiore tutela agli «equiparati alle vittime del dovere», in relazione alla straordinarietà delle circostanze – che debbono essere fuori dal comune, eccezionali – e ai fatti di servizio che debbono aver esposto il militare a maggiori rischi o fatiche nel corso di missioni autorizzate da un'autorità gerarchicamente o funzionalmente sopra ordinata al dipendente, causandone la malattia e/o il decesso.
  La normativa in questione (articolo 1, commi 563 e 564 della legge n. 266 del 2005) ha, dunque, diversamente considerato (con una misura diversa della speciale elargizione e con l'attribuzione di ulteriori benefici assistenziali) gli eventi luttuosi che si verificano in relazione a situazioni specifiche e ad alto rischio rispetto a quelli che possono verificarsi, occasionalmente, nell'adempimento delle ordinarie attività istituzionali del militare.
  Conseguentemente, in qualità di «vittima del servizio», essendo il giovane deceduto in attività di servizio, per diretto effetto di lesioni causate da un evento di natura violenta riportate nell'adempimento del servizio, ovvero di un'attività ordinaria e programmata correlata ai precipui compiti istituzionali, spetta ai genitori la speciale elargizione, di cui all'articolo 1896 del decreto legislativo n. 66 del 2010.