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CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 3 aprile 2014
211.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Difesa (IV)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-01122 Paolo Bernini: Sul collocamento fuori ruolo dei componenti elettivi del Consiglio della magistratura militare.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento alla prima questione oggetto dell'interrogazione deve osservarsi che, effettivamente, il decreto-legge n. 78/2009, convertito, con modificazioni, nella legge n. 102 del 2009, ha previsto il collocamento fuori ruolo dei magistrati militari eletti al Consiglio della magistratura militare (CMM), per il tempo del mandato quadriennale e con indisponibilità, per la medesima durata, del posto in organico.
  Con ciò si è provveduto alla totale equiparazione dello status di tali magistrati componenti del CMM, rispetto alla omologa figura dei magistrati ordinari eletti al Consiglio superiore della magistratura (CSM).
  Attualmente tale collocamento fuori ruolo – similmente ai componenti togati del Consiglio superiore della magistratura – è contemplato dall'articolo 60, comma 2, del decreto legislativo n. 66 del 2010, recante il «Codice dell'ordinamento militare».
  Invero, i componenti del CMM si trovavano, non di rado, a dover trattare questioni coinvolgenti l'ufficio giudiziario militare di appartenenza o, più in generale, l'esercizio di funzioni giudiziarie – ora requirenti ora giudicanti – che gli stessi erano chiamati contemporaneamente a svolgere presso il proprio ufficio.
  A tal riguardo, l'intervento del legislatore del 2009 deve essere positivamente apprezzato proprio nell'ottica del perseguimento delle garanzie di totale autonomia ed indipendenza che devono irrinunciabilmente caratterizzare i componenti dell'organo di autogoverno di una magistratura e, tramite essi, l'organo stesso.
  Tale novità normativa si è accompagnata alla contestuale sensibile riduzione della componente elettiva togata del Consiglio della magistratura militare, ridotta a due unità rispetto alle cinque precedenti, con ciò consentendo di realizzare un ottimale punto di equilibrio tra le richiamate garanzie di autonomia e indipendenza e la necessità di non deprivare l'attività giudiziaria degli uffici giudiziari militari di provenienza dell'apporto di un rilevante numero di magistrati militari chiamati a svolgere le funzioni di autogoverno.
  Il rischio, paventato nell'atto, circa la compromissione di efficienza dell'ufficio giudiziario militare di appartenenza del magistrato eletto al Consiglio, sconta una lettura non corretta del dato normativo, che intende solo porre un limite alla soppressione organica del posto in questione, ma non certo alla possibilità che tale posto (ufficio/funzione) venga immediatamente ricoperto con assegnazione di altro magistrato.
  Ipotesi, quest'ultima, che di fatto ha trovato pacifica applicazione nella prassi consiliare successiva all'entrata in vigore della norma in questione.
  In merito all'ulteriore quesito oggetto dell'interrogazione parlamentare, concernente la concessione di numerose autorizzazioni da parte dell'organo di autogoverno in favore dei singoli magistrati militari, per lo svolgimento di incarichi extragiudiziari, deve nel merito notarsi che la percentuale di magistrati militari autorizzati allo svolgimento di detta attività non supera il 15 per cento dei magistrati Pag. 37attualmente in servizio, dato sostanzialmente omogeneo nel corso degli ultimi anni.
  In tale ambito non possono essere, infatti, ricomprese tutte quelle attività – per lo più di carattere episodico o sporadico (quali la partecipazione in qualità di relatore a convegni, conferenze o corsi di formazione) – per le quali non è prevista la corresponsione di alcuna forma di compenso e che non necessitano di una formale autorizzazione da parte dell'organo di autogoverno.
  Di contro, le attività giudiziarie effettivamente richiedenti apposita preventiva autorizzazione da parte dell'organo di autogoverno, tra le quali normalmente rientrano quelle di docenza presso gli atenei e le scuole di formazione civili e militari, riguardano una percentuale minima di magistrati militari.
  In tali casi il Consiglio, nel concedere la relativa autorizzazione, è chiamato a svolgere un rigoroso giudizio di compatibilità tra lo svolgimento di tali incarichi e l'espletamento – da ritenersi sempre prioritario – delle istituzionali funzioni giudiziarie da parte del singolo magistrato, in osservanza alla circolare del CMM n. 59 del 2007, che prevede criteri e parametri decisamente rigorosi a cui ispirare tale valutazione.
  Con riferimento, infine, alle eventuali iniziative normative da adottare, si rappresenta che il Ministro della difesa ha approvato la costituzione di un gruppo di lavoro – che sarà coordinato dal Sottosegretario Gioacchino Alfano e composto dalle competenti articolazioni della difesa – per lo studio di una razionalizzazione dell'ordinamento giudiziario militare.

Pag. 38

ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-01894 D'Arienzo: Sul rapporto tra il COCER e lo Stato Maggiore della difesa.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito al riconoscimento del ruolo e della funzione svolti dalla rappresentanza militare, la difesa – per nulla insensibile alla tematica – ha mostrato, da sempre, un deciso favor per l'azione di tali organismi rappresentativi, la cui attività è indirizzata, principalmente, a sostenere la dialettica democratica all'interno delle Forze armate, nell'esclusivo interesse del personale rappresentato.
  I rapporti tra il COCER e il vertice del Dicastero sono dettagliatamente disciplinati dall'articolo 898 del testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di Ordinamento militare (TUOM) che contempla, nelle linee essenziali, la possibilità da parte del COCER di portare all'attenzione del Ministro della difesa una questione meritevole di esame, nel caso di mancata risposta alla delibera da parte dell'autorità militare.
  Tali disposizioni, peraltro, individuano nello Stato maggiore della difesa il referente principale cui indirizzare le istanze collettive da parte degli organismi di rappresentanza sindacale, nell'ambito di un fisiologico confronto istituzionale, ai fini di un'effettiva attivazione delle procedure e dei diritti in materia sindacale.
  Con riferimento, invece, ai decreti di cui alla legge n. 244 del 2012, si segnala che il decreto legislativo n. 195 del 1995, in attuazione dell'articolo 2 della legge n. 216 del 1992, disciplina le procedure in materia di contenuti del rapporto di impiego del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate.
  Al riguardo, lo Stato maggiore della difesa, in linea con la normativa citata, ha provveduto a:
   effettuare con il COCER n. 3 riunioni informative, nel mese di aprile 2013, in cui sono stati illustrati i criteri e le aree d'intervento dei provvedimenti da inserire nelle bozze degli schemi;
   inviare al COCER n. 5 bozze di documento, con relative relazioni tecniche, per eventuali proposte migliorative (luglio-agosto 2013);
   inviare al COCER, in data 9 gennaio 2014, le bozze degli schemi di decreto per il previsto parere;
   avviare la costituzione di appositi gruppi di lavoro al fine di recepire, tramite il COCER, pareri e proposte del personale in merito all'applicazione dei decreti di cui alla legge n. 244 del 2012.

  Per quanto riguarda, invece, la questione «sul riordino dei ruoli con numerose questioni tecniche interforze che non hanno coinvolto i rappresentati del COCER», si osserva che la complessità e l'eterogeneità della materia trattata, unitamente ai profili di diversità propri di ogni Forza armata, hanno imposto l'adozione di peculiari misure (come ad esempio riunioni interne preliminari), finalizzate alla predisposizione di un documento che potesse servire come base di partenza per il successivo confronto con gli organismi di rappresentanza.
  Tali lavori sono tuttora in corso e lo Stato maggiore della difesa ha già avviato la costituzione di un apposito gruppo di Pag. 39lavoro per recepire i pareri e le proposte del personale per il tramite della rappresentanza militare.
  Tanto chiarito, nel riaffermare l'alta valenza attribuita alla rappresentanza militare di questo Dicastero nella sua globalità, si conferma, in applicazione delle disposizioni vigenti in materia, la piena disponibilità a ricevere qualsiasi contributo migliorativo e/o integrativo dei provvedimenti in argomento, ma nel costante e puntuale rispetto delle procedure e delle discipline vigenti al fine di superare ogni possibile, pregresso malinteso.

Pag. 40

ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-01979 Paolo Bernini: Sui costi diretti ed indiretti sostenuti dall'Italia per lo stazionamento delle Forze armate statunitensi ed il mantenimento delle loro basi sul territorio italiano.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La presenza delle Basi militari USA in Italia è regolata dalla Convenzione sullo statuto delle forze (cosiddetto NATO SoFA – Status of Forces Agreement) del 1951, dal Bilateral Infrastructure Agreement (cosiddetto BIA) del 1954 e dal Memorandum d'intesa tra il Ministero della difesa della Repubblica italiana ed il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti d'America, relativo alle installazioni/infrastrutture concesse in uso alle forze statunitensi in Italia, del 1995 (cosiddetto «Shell Agreement»).
  In particolare:
   le aree su cui insistono le Basi USA in Italia sono state concesse in uso gratuito dal Governo italiano a quello degli Stati Uniti d'America, nel quadro dell'alleanza NATO, per gli scopi della difesa atlantica;
   le infrastrutture costruite su tali sedimi, laddove destinate ad uso esclusivo delle Forze armate USA, sono finanziate dagli stessi USA, ad eccezione di quelle finanziate direttamente dalla NATO, in base a programmi infrastrutturali a finanziamento comune;
   anche le opere di manutenzione e le spese di esercizio delle installazioni destinate ad uso esclusivo delle Forze armate statunitensi sono a carico del Governo degli Stati Uniti d'America; in caso di uso comune con l'Italia, tali spese sono invece ripartite in maniera proporzionale, mentre rimangono a carico nazionale quelle relative alla manutenzione e all'esercizio delle infrastrutture esterne alle installazioni concesse in uso;
   relativamente alle tariffe dei servizi (energia elettrica, acqua, gas, comunicazioni, eccetera), l'Italia assicura un trattamento agli utenti statunitensi in linea con quello praticato nei confronti delle Forze armate italiane;
   la sicurezza all'esterno delle installazioni concesse in uso agli Stati Uniti d'America viene garantita dall'Italia.

  Tanto premesso, si evidenzia che è da ritenersi impropria la dizione «contributo italiano agli USA», giacché trattasi – nella sostanza – di un contributo alla NATO e non di un atto di liberalità nei confronti degli Stati Uniti da parte del Governo italiano.
  Con riferimento ai quesiti posti, nell'ambito del bilancio assegnato alla difesa, si evidenzia quanto segue:
   i costi (indiretti) sostenuti dall'Italia sono inquadrabili nel più ampio contesto dei rapporti bilaterali in Europa derivanti dal contributo italiano alla NATO;
   non si ha riscontro né di costi diretti sostenuti dalla Nazione relativi alla gestione delle infrastrutture, reti di trasporto, sicurezza, manutenzione, compensazioni per danni, rimborsi alle comunità locali, né di pertinenti capitoli di bilancio ove imputare tali costi.

  In merito, invece, ai costi sostenuti per la viabilità di Aviano e Vicenza, sebbene la questione non costituisca oggetto di specifica domanda, non si ha nulla da riferire, Pag. 41trattandosi di oneri non riferibili a competenze della difesa.
  Si rende noto, infine, allo scopo di fornire informazioni di dettaglio sulla problematica in argomento, che:
   in caso di restituzione all'Italia di una installazione e/o infrastruttura realizzata con fondi esclusivamente USA, è previsto che alla stessa venga attribuito il cosiddetto «valore residuo», ovvero una sorta di indennizzo da riconoscere al governo degli Stati Uniti, connesso ai costi sostenuti per l'installazione e/o infrastruttura, in un quadro in cui è comunque previsto che i beni immobili e le relative migliorie rimangano di proprietà dello Stato italiano;
   dal 2002 ad oggi, nell'ambito del processo di riconsegna di n. 14 siti dal Governo degli Stati Uniti all'Italia, è sempre stato riconosciuto un valore residuo nominale a ciascuno di essi in virtù delle negoziazioni intercorse tra i rappresentanti designati, senza quindi alcun esborso da parte nazionale.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-02051 Piras: Sul previsto parere del COCER ai fini della definizione dei criteri per l'attribuzione del Fondo efficienza servizi istituzionali (FESI) per gli anni 2012 e 2013.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 171, di recepimento dello schema di concertazione per le Forze armate relativo al quadriennio normativo 2006-2009 ed al biennio economico 2006-2007, ha istituito il «Fondo per l'efficienza dei servizi istituzionali» (FESI).
  Tale istituto, in analogia con quanto previsto per l'Arma dei carabinieri, il Corpo della guardia di finanza e le altre Forze di polizia ad ordinamento civile, è finalizzato al raggiungimento di qualificati obiettivi ed a promuovere reali e significativi miglioramenti dell'efficienza dei servizi istituzionali di Forza armata e dell'area interforze.
  I criteri per la destinazione e l'utilizzazione delle risorse destinate a tale fondo, nonché le modalità di applicazione concernenti l'attribuzione dei compensi, al fine di garantire omogeneità, sono annualmente determinati con decreto del Ministro della difesa. La proposta è formulata dal Capo di Stato maggiore della difesa, sentiti gli organi di vertice di Forza armata e previa informazione alle rappresentanze militari, ai sensi dell'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 255/1999 (non è quindi richiesta l'acquisizione di un parere formale).
  In concreto, per il decreto ministeriale emanato nel 2013 (riferito all'anno 2012), lo Stato maggiore della difesa ha sentito gli organi di vertice di Forza armata, con i quali, a partire dal mese di febbraio 2012, ha tenuto una serie di riunioni, per adeguare i criteri di corresponsione dei compensi ad alcuni rilievi che erano stati formulati dall'Ispettorato generale di finanza del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF).
  Lo stesso Stato maggiore della difesa riferisce di aver poi preventivamente informato il COCER interforze sui contenuti della proposta, in occasione di una riunione, tenutasi in data 28 novembre 2012, nel corso della quale – tra l'altro – è stato reso noto che, con i decreti ministeriali 2013 e 2014, s'intendeva – al fine di evitare la tendenziale erogazione «a pioggia» evidenziata in sede ispettiva dal MEF – affinare i requisiti «meritocratici» richiesti per avere titolo ai compensi, attraverso l'individuazione di criteri oggettivi più direttamente collegati al regolare assolvimento degli obblighi di servizio, tenendo anche conto degli aspetti disciplinari.
  Il COCER, dopo l'informazione preventiva e prima dell'emanazione del decreto de quo, non ha formulato osservazioni/proposte o chiesto chiarimenti.
  In ragione di quanto esposto, si ritiene che la procedura seguita risulti aderente alla normativa vigente, in relazione sia all'assolvimento degli obblighi di informazione di cui all'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 255/1999, sia al riconoscimento del «ruolo negoziale» programmaticamente attribuito al COCER dall'articolo 19, comma 3, della legge n. 183/2010.
  Per quanto riguarda, infine, l'attivazione di «un tavolo tecnico che si confronti Pag. 43con il COCER sui criteri determinativi ed attributivi del cd. terzo pilastro», si assicura che, allorquando gli Stati maggiori di Forza armata avranno individuato le particolari componenti/attività di servizio da incentivare, saranno attivate le procedure informative previste, ponendo ogni attenzione affinché i fraintendimenti verificatisi in passato non abbiano a ripetersi.