Politiche della legislazione
Le politiche della Legislazione nella XVII Legislatura sono state condizionate da alcune importanti sentenze della Corte costituzionale quali le sentenze n. 237 del 2013 e n. 32 del 2014 in materia di decretazione d'urgenza e la sentenza n. 251 del 2016 in materia di delegazione legislativa.
Nel corso della XVII Legislatura, particolare rilievo ha assunto la sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, in materia di decretazione d'urgenza, che si è posta in continuità con la precedente sentenza n. 22 del 2012.
Già questa sentenza, infatti, aveva censurato l'inserimento di disposizioni eterogenee nel decreto-legge n. 225 del 2010, rilevando che "l'innesto nell'iter di conversione dell'ordinaria funzione legislativa può certamente essere effettuato, per ragioni di economia procedimentale, a patto di non spezzare il legame essenziale tra decretazione d'urgenza e potere di conversione. Se tale legame viene interrotto, la violazione dell'art. 77, secondo comma, Cost., non deriva dalla mancanza dei presupposti di necessità e urgenza per le norme eterogenee aggiunte, che, proprio per essere estranee e inserite successivamente, non possono collegarsi a tali condizioni preliminari, ma per l'uso improprio, da parte del Parlamento, di un potere che la Costituzione gli attribuisce, con speciali modalità di procedura, allo scopo tipico di convertire, o non, in legge un decreto-legge".
In altre parole, la Corte costituzionale, per la prima volta, dichiarava illegittime disposizioni inserite dalle Camere in un decreto-legge nel corso dell'esame parlamentare del relativo disegno di legge di conversione, in quanto giudicate dalla Corte estranee alla materia e alle finalità del decreto legge ed annoverando la Corte medesima tale estraneità "… tra gli indici alla stregua dei quali verificare se risulti evidente o meno la carenza del requisito della straordinarietà del caso di necessità e d'urgenza di provvedere …".
La sentenza n. 32 del 2014 ha quindi confermato questo orientamento dichiarando l'incostituzionalità di disposizioni inserite nell'iter di conversione del decreto-legge n. 272 del 2005 perché eterogenee; in quest'ultima occasione, con riferimento ai limiti di emendabilità dei decreti-legge la Corte ha affermato che dalla connotazione della legge di conversione come legge di competenza tipica derivano "i limiti alla emendabilità del decreto-legge. La legge di conversione non può, quindi, aprirsi a qualsiasi contenuto ulteriore. Diversamente, l'iter semplificato potrebbe essere sfruttato per scopi estranei a quelli che giustificano l'atto con forza di legge, a detrimento delle ordinarie dinamiche di confronto parlamentare".
La sentenza n. 237 del 2013 è invece intervenuta sui contenuti del disegno di legge di conversione, riconoscendo al Parlamento, nell'approvare la legge di conversione di un decreto-legge la possibilità di esercitare la propria potestà legislativa anche introducendo nel testo del disegno di legge di conversione, con disposizioni aggiuntive, contenuti normativi ulteriori, nel rispetto, tuttavia, del limite dell'omogeneità complessiva dell'atto normativo rispetto all'oggetto e allo scopo. La sentenza sembra quindi "lasciare aperti" gli spazi per l'inserimento nel disegno di legge di conversione di disposizioni ulteriori rispetto alla semplice norma di conversione in legge del decreto-legge, quali ad esempio la proroga di termini previsti da deleghe legislative o altre disposizioni in materia di delegazione legislativa (che, in base alla legge n. 400 del 1988, non possono essere inserite nei decreti-legge), purché omogenee con la materia del decreto-legge (d'altra parte nei medesimi termini la Corte si era espressa anche nella sentenza n. 63 del 1998). In tal senso, merita richiamare il costante orientamento più restrittivo della Presidenza della Camera che, a differenza di quella del Senato, ha sempre ritenuto inammissibili emendamenti volti ad inserire disposizioni di delega nel disegno di legge di conversione.
Rimane infine aperta la questione della presenza di norme di autorizzazione alla delegificazione in decreti-legge: al riguardo, la Corte costituzionale, in un obiter dictum nella sentenza n. 149 del 2012, ha lasciato impregiudicata la possibilità di pronunciarsi sulla "correttezza della prassi di autorizzare l'emanazione di regolamenti di delegificazione tramite decreti-legge".
Già prima della sentenza n. 32 del 2014, la Conferenza dei presidenti di gruppo della Camera, nella riunione del 9 gennaio 2014, ha richiesto alla Commissione Affari costituzionali la predisposizione di una relazione per l'Assemblea sul fenomeno della decretazione d'urgenza. La relazione è stata approvata nella seduta della Commissione del 15 luglio 2015.
Le conclusioni della relazione sottolineano la necessità, al di là delle soluzioni a livello regolamentare, legislativo e costituzionale che possono essere elaborate sul tema della decretazione, di una cultura istituzionale e politica che riesca, a differenza del passato, ad "impostare le azioni del Parlamento e del Governo in modo razionale, attraverso un'attenta e sistematica valutazione dei tempi e dei contenuti della decisione legislativa", evitando un abuso del concetto di "emergenza".
Sull'evoluzione dei dati quantitativi della decretazione d'urgenza nel corso della Legislatura - che ha visto, a partire dal 2015, una significativa riduzione del ricorso a tale strumento - si rinvia al tema La produzione normativa: cifre e caratteristiche.
Con la sentenza n. 251 del 2016 , la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni di delega al Governo contenute nella L. n. 124/2015 di riforma della pubblica amministrazione, con riguardo alla disciplina del pubblico impiego, delle società partecipate, dei servizi pubblici locali e della dirigenza, nella parte in cui, pur incidendo su materie di competenza sia statale sia regionale, prevedono che i decreti attuativi siano adottati sulla base di una forma di raccordo con le Regioni, che non è quella dell'intesa, bensì quella del semplice parere (per ulteriori elementi si rinvia al tema l'attuazione della legge 124/2015 di riforma delle amministrazioni pubbliche).
Nel corso della XVII Legislatura la Corte costituzionale non è invece intervenuta sui profili generali della delegazione legislativa. In tal senso un punto di riferimento è sempre rappresentato dalla sentenza n. 340 del 2007 che ha censurato principi e criteri direttivi di delega che lascino al libero apprezzamento del Legislatore delegato (cioè il Governo) la scelta tra diverse opzioni, in coerenza con la precedente sentenza n. 68 del 1991.
Una specifica attenzione ha poi dedicato la Corte al rispetto dei principi di delega in caso di deleghe volte a delineare un complesso riassetto normativo di un determinato settore. Se infatti frequentemente tali deleghe di riassetto normativo assumono anche caratteri di innovatività, occorre ricordare che la giurisprudenza della Corte costituzionale appare orientata (sentenze n. 354 del 1998, n. 239 del 2003 e n. 170 del 2007) ad ammettere tale carattere innovativo nella misura in cui siano stabiliti principi e criteri direttivi idonei a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato.