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La legge n. 47 del 2015, di riforma delle misure cautelari personali
informazioni aggiornate a mercoledì, 31 gennaio 2018

Nel corso della XVII legislatura il Parlamento ha approvato la legge n. 47 del 2015, che delimita l'ambito di applicazione della custodia cautelare in carcere, circoscrivendo i presupposti per l'applicazione della misura e modificando il procedimento per la sua impugnazione.

Valutazione delle esigenze cautelari e dell'idoneità della misura

La legge (articoli 1 e 2) delimita la discrezionalità del giudice nella valutazione delle esigenze cautelari. A tal fine:

  • è introdotto il requisito dell'attualità - e non solo della concretezza - del pericolo di fuga e del pericolo di reiterazione del reato;
  • è escluso che attualità e concretezza del pericolo possano essere desunti esclusivamente dalla gravità del reato per cui si procede.

Si conferma (articolo 3) il carattere residuale del ricorso al carcere: tale misura può essere disposta soltanto quando le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate.

Quanto all'applicazione della custodia in carcere per alcuni reati di particolare gravità (articolo 4), la presunzione di idoneità della custodia in carcere continua a operare solamente con riguardo alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per i delitti di associazione sovversiva (art. 270 c.p.), associazione terroristica, anche internazionale (art. 270-bis c.p.) e associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.).

Per altri reati gravi – tassativamente individuati – tra cui i reati di omicidio, induzione alla prostituzione minorile, pornografia minorile, turismo sessuale, violenza sessuale – è possibile applicare la custodia in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con altre misure.

Il provvedimento elimina (articoli 5 e 6) l'automatismo del ricorso alla custodia in carcere quando l'indagato abbia già violato gli arresti domiciliari o sia in passato già evaso: anche in questi casi, infatti, il giudice può comunque decidere di applicare gli arresti domiciliari se ritiene che la trasgressione fosse di lieve entità e che tale misura soddisfa comunque le esigenze cautelari.

Inoltre, nell'ipotesi di aggravamento delle esigenze cautelari, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può anche applicare congiuntamente altra misura coercitiva o interdittiva (articolo 9).

Obblighi di motivazione

La riforma rafforza gli obblighi di motivazione a carico del giudice che dispone la misura cautelare. Infatti, il giudice, nell'ordinanza con la quale applica la misura, deve:

  • se dispone la custodia in carcere, spiegare i motivi dell'eventuale inidoneità ad assicurare le esigenze di cautela degli arresti domiciliari con uso dei cd. braccialetti elettronici (articolo 4);
  • fornire una autonoma valutazione sia delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi alla base della misura restrittiva sia delle concrete e specifiche ragioni per le quali le indicate esigenze di cautela non possono essere soddisfatte con altre misure (articolo 8). Si intendono così evitare motivazioni delle esigenze cautelari "appiattite" su quelle del PM richiedente. La mancanza di "autonoma valutazione" è considerata motivo di annullamento dell'ordinanza cautelare in sede di riesame.

Diritto di visita del detenuto al figlio affetto da handicap

Il disegno di legge (articolo 14) modifica l'ordinamento penitenziario (legge 354/1975) per consentire:

  • ai genitori detenuti (condannati, imputati o internati) di far visita ai figli affetti da handicap grave;
  • alla madre detenuta (o al padre detenuto, se la madre è deceduta o del tutto impossibilitata) di poter assistere il figlio minore di 10 anni durante le visite mediche specialistiche;
  • ai detenuti di far visita al coniuge o convivente affetto da handicap grave.

Procedimento

Quanto al procedimento,

  • è aumentato da 2 a 12 mesi il termine massimo di efficacia delle misure interdittive e delle misure coercitive diverse dalla custodia cautelare (articolo 10); 
  • è modificato, con più ampie garanzie per l'imputato, il procedimento di riesame presso il tribunale della libertà delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva (articolo 11). L'udienza camerale - alla quale l'imputato può chiedere di apparire personalmente - se ricorrono giustificati motivi, può essere differita dal tribunale, su richiesta dell'imputato, per un minimo di 5 ed un massimo di 10 giorni. Se i termini prescritti per la trasmissione degli atti o per il deposito dell'ordinanza che decide il riesame (30 giorni) non sono rispettati, perde efficacia l'ordinanza che dispone la misura coercitiva e non può essere rinnovata, se non in caso di eccezionali esigenze cautelari;
  • è precisato che anche l'ordinanza che decide sull'appello al tribunale del riesame deve essere depositata in cancelleria entro 30 gg. dalla deliberazione;
  • sono disciplinati i tempi della decisione che fa seguito all'annullamento con rinvio, da parte della Cassazione, dell'ordinanza che dispone la misura cautelare. Anche in questo caso, al mancato rispetto dei termini prescritti fa seguito la perdita d'efficacia della misura;
  • è stabilito che l'interrogatorio debba avvenire non oltre 10 giorni dall'esecuzione della misura o dalla sua notificazione, se la misura interdittiva a carico del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblicoservizio è disposta dal giudice in luogo di una misura coercitiva richiesta dal PM (articolo 7).

Obbligo di relazione

L'articolo 15 della legge n. 47 del 2015 prevede un obbligo di relazione annuale del Governo al Parlamento, contenente informazioni e dati concernenti le misure cautelari, distinte per tipologia e con i relativi esiti, adottate nell'anno precedente. Su questa disposizione è poi intervenuta la legge n. 103 del 2017 (art. 1, comma 37) che ha specificato come con questa relazione il Governo debba anche comunicare i dati relativi alle sentenze di riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, pronunciate nell'anno precedente (con specificazione delle ragioni di accoglimento delle domande e dell'entità delle riparazioni), nonché i dati relativi al numero di procedimenti disciplinari avviati nei confronti dei magistrati per le accertate ingiuste detenzioni, con indicazione dell'esito, ove conclusi.

Nel corso della XVII legislatura il Parlamento ha approvato la legge n. 47 del 2015, che delimita l'ambito di applicazione della custodia cautelare in carcere, circoscrivendo i presupposti per l'applicazione della misura e modificando il procedimento per la sua impugnazione.

Valutazione delle esigenze cautelari e dell'idoneità della misura

La legge (articoli 1 e 2) delimita la discrezionalità del giudice nella valutazione delle esigenze cautelari. A tal fine:

  • è introdotto il requisito dell'attualità - e non solo della concretezza - del pericolo di fuga e del pericolo di reiterazione del reato;
  • è escluso che attualità e concretezza del pericolo possano essere desunti esclusivamente dalla gravità del reato per cui si procede.

Si conferma (articolo 3) il carattere residuale del ricorso al carcere: tale misura può essere disposta soltanto quando le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate.

Quanto all'applicazione della custodia in carcere per alcuni reati di particolare gravità (articolo 4), la presunzione di idoneità della custodia in carcere continua a operare solamente con riguardo alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per i delitti di associazione sovversiva (art. 270 c.p.), associazione terroristica, anche internazionale (art. 270-bis c.p.) e associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.).

Per altri reati gravi – tassativamente individuati – tra cui i reati di omicidio, induzione alla prostituzione minorile, pornografia minorile, turismo sessuale, violenza sessuale – è possibile applicare la custodia in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con altre misure.

Il provvedimento elimina (articoli 5 e 6) l'automatismo del ricorso alla custodia in carcere quando l'indagato abbia già violato gli arresti domiciliari o sia in passato già evaso: anche in questi casi, infatti, il giudice può comunque decidere di applicare gli arresti domiciliari se ritiene che la trasgressione fosse di lieve entità e che tale misura soddisfa comunque le esigenze cautelari.

Inoltre, nell'ipotesi di aggravamento delle esigenze cautelari, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può anche applicare congiuntamente altra misura coercitiva o interdittiva (articolo 9).

Obblighi di motivazione

La riforma rafforza gli obblighi di motivazione a carico del giudice che dispone la misura cautelare. Infatti, il giudice, nell'ordinanza con la quale applica la misura, deve:

  • se dispone la custodia in carcere, spiegare i motivi dell'eventuale inidoneità ad assicurare le esigenze di cautela degli arresti domiciliari con uso dei cd. braccialetti elettronici (articolo 4);
  • fornire una autonoma valutazione sia delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi alla base della misura restrittiva sia delle concrete e specifiche ragioni per le quali le indicate esigenze di cautela non possono essere soddisfatte con altre misure (articolo 8). Si intendono così evitare motivazioni delle esigenze cautelari "appiattite" su quelle del PM richiedente. La mancanza di "autonoma valutazione" è considerata motivo di annullamento dell'ordinanza cautelare in sede di riesame.

Diritto di visita del detenuto al figlio affetto da handicap

Il disegno di legge (articolo 14) modifica l'ordinamento penitenziario (legge 354/1975) per consentire:

  • ai genitori detenuti (condannati, imputati o internati) di far visita ai figli affetti da handicap grave;
  • alla madre detenuta (o al padre detenuto, se la madre è deceduta o del tutto impossibilitata) di poter assistere il figlio minore di 10 anni durante le visite mediche specialistiche;
  • ai detenuti di far visita al coniuge o convivente affetto da handicap grave.

Procedimento

Quanto al procedimento,

  • è aumentato da 2 a 12 mesi il termine massimo di efficacia delle misure interdittive e delle misure coercitive diverse dalla custodia cautelare (articolo 10); 
  • è modificato, con più ampie garanzie per l'imputato, il procedimento di riesame presso il tribunale della libertà delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva (articolo 11). L'udienza camerale - alla quale l'imputato può chiedere di apparire personalmente - se ricorrono giustificati motivi, può essere differita dal tribunale, su richiesta dell'imputato, per un minimo di 5 ed un massimo di 10 giorni. Se i termini prescritti per la trasmissione degli atti o per il deposito dell'ordinanza che decide il riesame (30 giorni) non sono rispettati, perde efficacia l'ordinanza che dispone la misura coercitiva e non può essere rinnovata, se non in caso di eccezionali esigenze cautelari;
  • è precisato che anche l'ordinanza che decide sull'appello al tribunale del riesame deve essere depositata in cancelleria entro 30 gg. dalla deliberazione;
  • sono disciplinati i tempi della decisione che fa seguito all'annullamento con rinvio, da parte della Cassazione, dell'ordinanza che dispone la misura cautelare. Anche in questo caso, al mancato rispetto dei termini prescritti fa seguito la perdita d'efficacia della misura;
  • è stabilito che l'interrogatorio debba avvenire non oltre 10 giorni dall'esecuzione della misura o dalla sua notificazione, se la misura interdittiva a carico del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblicoservizio è disposta dal giudice in luogo di una misura coercitiva richiesta dal PM (articolo 7).

Obbligo di relazione

L'articolo 15 della legge n. 47 del 2015 prevede un obbligo di relazione annuale del Governo al Parlamento, contenente informazioni e dati concernenti le misure cautelari, distinte per tipologia e con i relativi esiti, adottate nell'anno precedente. Su questa disposizione è poi intervenuta la legge n. 103 del 2017 (art. 1, comma 37) che ha specificato come con questa relazione il Governo debba anche comunicare i dati relativi alle sentenze di riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, pronunciate nell'anno precedente (con specificazione delle ragioni di accoglimento delle domande e dell'entità delle riparazioni), nonché i dati relativi al numero di procedimenti disciplinari avviati nei confronti dei magistrati per le accertate ingiuste detenzioni, con indicazione dell'esito, ove conclusi.