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Il decreto-legge n. 92 del 2014 - Interventi in materia penitenziaria
informazioni aggiornate a lunedì, 8 settembre 2014

Il Parlamento ha convertito in legge (legge n. 117 del 2014) il decreto-legge n. 92 del 2014, che detta disposizioni urgenti concernenti il risarcimento in favore dei detenuti, la custodia cautelare in carcere e ulteriori interventi in materia penitenziaria. In particolare, provvedimento:

  • prevede rimedi di tipo risarcitorio in favore di detenuti e internati che siano stati sottoposti a trattamenti inumani o degradanti, in violazione dell'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo – CEDU;
  • disciplina le modalità di esecuzione del provvedimento che dispone gli arresti domiciliari;
  • estende ai maggiorenni di età inferiore a 25 anni la disciplina dell'esecuzione di provvedimenti limitativi della libertà personale nei confronti dei minorenni;
  • modifica l'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria, con misure concernenti l'organico, la disciplina della formazione del personale e il divieto per un biennio di ogni comando o distacco presso altre amministrazioni;
  • amplia i presupposti che non consentono l'applicazione della custodia cautelare in carcere e degli arresti domiciliari.

Risarcimento per violazione dell'art. 3 CEDU

L'articolo 1 del decreto-legge inserisce nell'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) l'articolo 35-ter attraverso il quale si attivano a favore di detenuti e internati rimedi risarcitori per la violazione dell'art. 3 della Convenzione EDU, disposizione che, sotto la rubrica "proibizione della tortura", stabilisce che "nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti".

Si ricorda che, con la sentenza-pilota Torreggiani contro Italia dell'8 gennaio 2013, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha certificato il malfunzionamento cronico del sistema penitenziario italiano accertando, nei casi esaminati, la violazione dell'art. 3 della Convenzione a causa della situazione di sovraffollamento carcerario in cui i ricorrenti si sono trovati. Per questo la Corte ha deciso di applicare al caso di specie la procedura della sentenza pilota, ai sensi dell'articolo 46 della Convenzione, ed ha ordinato alle autorità nazionali di approntare, nel termine di un anno dalla data in cui la sentenza in titolo sarebbe divenuta definitiva, le misure necessarie che avessero effetti preventivi e compensativi e che garantissero realmente una riparazione effettiva delle violazioni della Convenzione risultanti dal sovraffollamento carcerario in Italia. La Corte EDU, con tale decisione, ha ingiunto allo Stato italiano di adeguarsi e di garantire "un ricorso o un insieme di ricorsi interni idonei ad offrire un ristoro adeguato e sufficiente per i casi di sovraffollamento carcerario, in conformità ai principi stabiliti dalla giurisprudenza della Corte". Il termine annuale di adeguamento è scaduto il 28 maggio 2014.

La nuova disposizione aggiunge alle competenze del magistrato di sorveglianza l'adozione di provvedimenti di natura risarcitoria e stabilisce che - quando l'attuale e grave pregiudizio all'esercizio dei diritti del detenuto consista in condizioni di detenzione che violino l'art. 3 della Convenzione EDU (si è, quindi, in presenza di condizioni inumane e degradanti) - il magistrato di sorveglianza, su istanza del detenuto (o del difensore munito di procura speciale), deve "compensare" il detenuto con l'abbuono di un giorno di pena residua per ogni 10 giorni durante i quali vi è stata la violazione.

Il magistrato di sorveglianza liquida il richiedente con una somma di 8 euro per ogni giorno trascorso in carcere in "condizioni inumane e degradanti" nei seguenti casi:

  • il residuo di pena da espiare non permette l'attuazione integrale della citata detrazione percentuale (perché, ad esempio, sono più numerosi i giorni da "abbuonare" a titolo di risarcimento che quelli effettivi residui da scontare);
  • quando il periodo detentivo trascorso in violazione dell'art. 3 CEDU sia stato inferiore a 15 giorni.

Analogo risarcimento di 8 euro al giorno è previsto in favore di chi abbia subito il pregiudizio di cui all'art. 3 CEDU in custodia cautelare non computabile nella determinazione della pena ovvero abbia ormai espiato la pena della detenzione. L'azione relativa va proposta entro 6 mesi (dalla cessazione della custodia o della detenzione) davanti al tribunale del distretto di residenza, che decide in composizione monocratica in camera di consiglio con decreto non reclamabile.

    L'articolo 2 detta disposizioni transitorie e disciplina il caso di coloro che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge (28 giugno 2014), abbiano già espiato la pena detentiva o che non si trovino più in custodia cautelare in carcere prevedendo che debbano, entro sei mesi da tale data, proporre l'azione per il risarcimento davanti al tribunale del distretto di residenza. I detenuti che abbiano già avanzato ricorso alla CEDU per violazione dell'art. 3 della Convenzione, entro sei mesi a far data dal 28 giugno 2014, se non è intervenuta decisione sulla ricevibilità del ricorso, possono fare domanda di risarcimento ai sensi del nuovo art. 35-ter dell'ordinamento penitenziario; a pena di inammissibilità la domanda deve indicare la data di presentazione del ricorso alla CEDU.

    Procedimento di sorveglianza: obblighi di comunicazione

    L'articolo 3 del decreto-legge n. 92 del 2014 integra il contenuto dell'art. 678 c.p.p, relativo al procedimento di sorveglianza, prevedendo che se il magistrato o il tribunale di sorveglianza adottano provvedimenti che incidono sulla libertà di persone che siano state condannate da Tribunali o Corti penali internazionali, devono immediatamente comunicare la data dell'udienza e trasmettere la relativa documentazione al Ministro della giustizia che ne informa, a sua volta, il Ministero degli esteri. Se previsto da accordi internazionali, analoga comunicazione va fatta alla Corte che ha pronunciato la condanna.

    Modalità di esecuzione degli arresti domiciliari

    L'articolo 4 del decreto-legge disciplina la procedura da seguire quando la misura della custodia cautelare in carcere viene sostituita dal giudice con la misura cautelare degli arresti domiciliari. Rispetto alle disposizioni previgenti, il nuovo art. 97-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale:

    • stabilisce come regola che l'imputato lasci il carcere e si rechi presso il domicilio senza accompagnamento;
    • disciplina l'eccezione, ovvero l'accompagnamento, quando il giudice ritenga sussistere esigenze processuali o di sicurezza.

    Limitazione della libertà personale di giovani adulti

    L'articolo 5, attraverso la modifica dell'art. 24 delle disposizioni di attuazione del procedimento penale minorile (decreto legislativo n. 272 del 1989), disciplina l'ipotesi in cui l'interessato, pur avendo commesso il reato (o il presunto reato) da minorenne, non abbia compiuto 25 anni al momento dell'esecuzione della misura restrittiva, prevedendo:

    • che l'esecuzione della pena detentiva, o della misura di sicurezza o di una sanzione sostitutiva ovvero di una misura cautelare, sia disciplinata dal procedimento minorile;
    • che l'autore (o il presunto autore) del reato sia affidato al personale dei servizi minorili.

    Prima dell'entrata in vigore del decreto-legge, il limite massimo di età per essere affidato alla giustizia minorile era fissato in 21 anni. Unica eccezione rispetto a tale disciplina è prevista per quanti abbiano già compiuto 21 anni e per i quali ricorrano particolari ragioni di sicurezza, valutate dal giudice competente, anche in ragione delle finalità rieducative.

    Magistratura di sorveglianza

    L'articolo 1, comma 2, e l'articolo 5-bis del decreto legge n. 92 del 2014 prevedono misure finalizzate a garantire una maggior efficienza della magistratura di sorveglianza, da tempo sotto organico. Integrando l'art. 68 dell'ordinamento penitenziario, il citato art. 1, comma 2, prevede che i magistrati di sorveglianza potranno avvalersi di assistenti con funzioni ausiliarie il cui supporto sarà volontario e gratuito.

    L'articolo 5-bis detta, invece, una disciplina speciale volta ad accelerare l'ingresso in servizio di magistrati di sorveglianza di prima nomina. Si prevede infatti che, ove alla data di assegnazione delle sedi ai magistrati vincitori dell'ultimo concorso (nominati con il DM 20 febbraio 2014) vi sia una scopertura di organico dei magistrati di sorveglianza superiore al 20%, il CSM possa con provvedimento motivato – in deroga a quanto previsto dall'art. 13, comma 2, del D.Lgs 160/2006 - attribuire esclusivamente a detti magistrati le funzioni di magistrato di sorveglianza al termine del tirocinio, anche prima di aver conseguito la prima valutazione di professionalità.

    Personale penitenziario

    Gli articoli 6 e 7 del decreto-legge n. 92 del 2014 introducono misure volte ad assicurare una maggior efficienza dell'amministrazione penitenziaria (DAP). Si prevede, a tale scopo:

    • un aumento delle dotazioni organiche della polizia penitenziaria nonché modifiche alla disciplina del corso a vice ispettore;
    • restrizioni alla disciplina di comando e distacco presso altre amministrazioni del personale dell'amministrazione penitenziaria, in considerazione delle particolari esigenze che caratterizzano l'attuale situazione carceraria.

    In particolare, l'articolo 6 aumenta la dotazione organica complessiva del Corpo da 44.406 a 44.610 unità (+ 204), risultato che consegue sostanzialmente ad una diminuzione di 703 unità dell'organico degli ispettori e dei vice ispettori, cui corrisponde un incremento di 907 agenti e assistenti. La disciplina del corso a vice ispettore di polizia penitenziaria è modificata per favorire una più celere immissione in servizio del personale; in particolare viene ridotta di 6 mesi sia la durata del corso di formazione post nomina che il periodo prima del quale, a corso in svolgimento, gli allievi vice ispettori non possono essere impiegati nei servizi d'istituto. Viene, infine ridotta di 30 giorni sia la durata dell'assenza dal corso per qualsiasi motivo che provoca la dimissione d'ufficio dal corso stesso, sia la durata dell'assenza causata da infermità contratta durante il corso che produce gli stessi effetti.

    L'articolo 7 prevede che il personale del DAP non può essere comandato o distaccato per un periodo di 2 anni presso altri Ministeri o altre pubbliche amministrazioni.

    Edilizia penitenziaria

    L'articolo 6-bis del decreto legge n. 92 del 2014 riduce di sei mesi la proroga delle funzioni del Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie già disposte dall'art. 4, comma 1, del DL 78/2013. La fine della gestione commissariale (già fissata al 31 dicembre 2014) è quindi anticipata al 31 luglio 2014. Le misure volte a garantire il raccordo operativo con le attività già svolte saranno dettate con un decreto non regolamentare del Ministro della Giustizia, di concerto con quello delle Infrastrutture e dei Trasporti.

    Limiti all'applicazione di misure cautelari personali

    Nelle more dell'approvazione della riforma della custodia cautelare (legge n. 47 del 2015), l'articolo 8 del decreto-legge modifica l'art. 275 del codice di procedura penale, sui criteri di scelta delle misure cautelari, in modo da limitare il ricorso alla custodia cautelare in carcere. In particolare, in base al nuovo comma 2-bis:

    • è esteso anche agli arresti domiciliari il divieto di disporre la custodia cautelare in carcere nel caso in cui il giudice ritenga che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena;
    • è introdotto il divieto di applicazione della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a 3 anni.

    Nel corso dell'esame in Commissione sono state introdotte deroghe a tale ultimo divieto. Si è previsto, infatti, che è possibile adottare la custodia in carcere nel caso di procedimenti in ordine a specifici delitti di particolare allarme sociale (si tratta, tra gli altri, dei reati di associazione mafiosa, terrorismo, sequestro di persona a scopo di estorsione, reati associativi finalizzati al traffico di droga o di tabacchi, riduzione in schiavitu, tratta di persone, omicidio, prostituzione minorile, pornografia minorile, turismo sessuale, violenza sessuale semplice e di gruppo, atti sessuali con minorenni, incendio boschivo, maltrattamenti in famiglia, stalking, furto in abitazione e furto con strappo). Allo stesso modo, si potrà adottare la custodia cautelare in carcere quando non possano essere disposti gli arresti domiciliari per mancata disponibilità di uno dei luoghi di esecuzione della misura (abitazione o altro luogo di privata dimora ovvero un luogo pubblico di cura e assistenza o una casa famiglia protetta). Tramite la salvaguardia dell'applicabiità dell'art. 276, comma 1-ter, c.p.p., è poi resa comunque possibile l'applicazione in via sostitutiva della custodia cautelare a seguito della revoca degli arresti domiciliari in caso di trasgressione delle prescrizioni connesse.

      Il Parlamento ha convertito in legge (legge n. 117 del 2014) il decreto-legge n. 92 del 2014, che detta disposizioni urgenti concernenti il risarcimento in favore dei detenuti, la custodia cautelare in carcere e ulteriori interventi in materia penitenziaria. In particolare, provvedimento:

      • prevede rimedi di tipo risarcitorio in favore di detenuti e internati che siano stati sottoposti a trattamenti inumani o degradanti, in violazione dell'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo – CEDU;
      • disciplina le modalità di esecuzione del provvedimento che dispone gli arresti domiciliari;
      • estende ai maggiorenni di età inferiore a 25 anni la disciplina dell'esecuzione di provvedimenti limitativi della libertà personale nei confronti dei minorenni;
      • modifica l'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria, con misure concernenti l'organico, la disciplina della formazione del personale e il divieto per un biennio di ogni comando o distacco presso altre amministrazioni;
      • amplia i presupposti che non consentono l'applicazione della custodia cautelare in carcere e degli arresti domiciliari.

      Risarcimento per violazione dell'art. 3 CEDU

      L'articolo 1 del decreto-legge inserisce nell'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) l'articolo 35-ter attraverso il quale si attivano a favore di detenuti e internati rimedi risarcitori per la violazione dell'art. 3 della Convenzione EDU, disposizione che, sotto la rubrica "proibizione della tortura", stabilisce che "nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti".

      Si ricorda che, con la sentenza-pilota Torreggiani contro Italia dell'8 gennaio 2013, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha certificato il malfunzionamento cronico del sistema penitenziario italiano accertando, nei casi esaminati, la violazione dell'art. 3 della Convenzione a causa della situazione di sovraffollamento carcerario in cui i ricorrenti si sono trovati. Per questo la Corte ha deciso di applicare al caso di specie la procedura della sentenza pilota, ai sensi dell'articolo 46 della Convenzione, ed ha ordinato alle autorità nazionali di approntare, nel termine di un anno dalla data in cui la sentenza in titolo sarebbe divenuta definitiva, le misure necessarie che avessero effetti preventivi e compensativi e che garantissero realmente una riparazione effettiva delle violazioni della Convenzione risultanti dal sovraffollamento carcerario in Italia. La Corte EDU, con tale decisione, ha ingiunto allo Stato italiano di adeguarsi e di garantire "un ricorso o un insieme di ricorsi interni idonei ad offrire un ristoro adeguato e sufficiente per i casi di sovraffollamento carcerario, in conformità ai principi stabiliti dalla giurisprudenza della Corte". Il termine annuale di adeguamento è scaduto il 28 maggio 2014.

      La nuova disposizione aggiunge alle competenze del magistrato di sorveglianza l'adozione di provvedimenti di natura risarcitoria e stabilisce che - quando l'attuale e grave pregiudizio all'esercizio dei diritti del detenuto consista in condizioni di detenzione che violino l'art. 3 della Convenzione EDU (si è, quindi, in presenza di condizioni inumane e degradanti) - il magistrato di sorveglianza, su istanza del detenuto (o del difensore munito di procura speciale), deve "compensare" il detenuto con l'abbuono di un giorno di pena residua per ogni 10 giorni durante i quali vi è stata la violazione.

      Il magistrato di sorveglianza liquida il richiedente con una somma di 8 euro per ogni giorno trascorso in carcere in "condizioni inumane e degradanti" nei seguenti casi:

      • il residuo di pena da espiare non permette l'attuazione integrale della citata detrazione percentuale (perché, ad esempio, sono più numerosi i giorni da "abbuonare" a titolo di risarcimento che quelli effettivi residui da scontare);
      • quando il periodo detentivo trascorso in violazione dell'art. 3 CEDU sia stato inferiore a 15 giorni.

      Analogo risarcimento di 8 euro al giorno è previsto in favore di chi abbia subito il pregiudizio di cui all'art. 3 CEDU in custodia cautelare non computabile nella determinazione della pena ovvero abbia ormai espiato la pena della detenzione. L'azione relativa va proposta entro 6 mesi (dalla cessazione della custodia o della detenzione) davanti al tribunale del distretto di residenza, che decide in composizione monocratica in camera di consiglio con decreto non reclamabile.

        L'articolo 2 detta disposizioni transitorie e disciplina il caso di coloro che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge (28 giugno 2014), abbiano già espiato la pena detentiva o che non si trovino più in custodia cautelare in carcere prevedendo che debbano, entro sei mesi da tale data, proporre l'azione per il risarcimento davanti al tribunale del distretto di residenza. I detenuti che abbiano già avanzato ricorso alla CEDU per violazione dell'art. 3 della Convenzione, entro sei mesi a far data dal 28 giugno 2014, se non è intervenuta decisione sulla ricevibilità del ricorso, possono fare domanda di risarcimento ai sensi del nuovo art. 35-ter dell'ordinamento penitenziario; a pena di inammissibilità la domanda deve indicare la data di presentazione del ricorso alla CEDU.

        Procedimento di sorveglianza: obblighi di comunicazione

        L'articolo 3 del decreto-legge n. 92 del 2014 integra il contenuto dell'art. 678 c.p.p, relativo al procedimento di sorveglianza, prevedendo che se il magistrato o il tribunale di sorveglianza adottano provvedimenti che incidono sulla libertà di persone che siano state condannate da Tribunali o Corti penali internazionali, devono immediatamente comunicare la data dell'udienza e trasmettere la relativa documentazione al Ministro della giustizia che ne informa, a sua volta, il Ministero degli esteri. Se previsto da accordi internazionali, analoga comunicazione va fatta alla Corte che ha pronunciato la condanna.

        Modalità di esecuzione degli arresti domiciliari

        L'articolo 4 del decreto-legge disciplina la procedura da seguire quando la misura della custodia cautelare in carcere viene sostituita dal giudice con la misura cautelare degli arresti domiciliari. Rispetto alle disposizioni previgenti, il nuovo art. 97-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale:

        • stabilisce come regola che l'imputato lasci il carcere e si rechi presso il domicilio senza accompagnamento;
        • disciplina l'eccezione, ovvero l'accompagnamento, quando il giudice ritenga sussistere esigenze processuali o di sicurezza.

        Limitazione della libertà personale di giovani adulti

        L'articolo 5, attraverso la modifica dell'art. 24 delle disposizioni di attuazione del procedimento penale minorile (decreto legislativo n. 272 del 1989), disciplina l'ipotesi in cui l'interessato, pur avendo commesso il reato (o il presunto reato) da minorenne, non abbia compiuto 25 anni al momento dell'esecuzione della misura restrittiva, prevedendo:

        • che l'esecuzione della pena detentiva, o della misura di sicurezza o di una sanzione sostitutiva ovvero di una misura cautelare, sia disciplinata dal procedimento minorile;
        • che l'autore (o il presunto autore) del reato sia affidato al personale dei servizi minorili.

        Prima dell'entrata in vigore del decreto-legge, il limite massimo di età per essere affidato alla giustizia minorile era fissato in 21 anni. Unica eccezione rispetto a tale disciplina è prevista per quanti abbiano già compiuto 21 anni e per i quali ricorrano particolari ragioni di sicurezza, valutate dal giudice competente, anche in ragione delle finalità rieducative.

        Magistratura di sorveglianza

        L'articolo 1, comma 2, e l'articolo 5-bis del decreto legge n. 92 del 2014 prevedono misure finalizzate a garantire una maggior efficienza della magistratura di sorveglianza, da tempo sotto organico. Integrando l'art. 68 dell'ordinamento penitenziario, il citato art. 1, comma 2, prevede che i magistrati di sorveglianza potranno avvalersi di assistenti con funzioni ausiliarie il cui supporto sarà volontario e gratuito.

        L'articolo 5-bis detta, invece, una disciplina speciale volta ad accelerare l'ingresso in servizio di magistrati di sorveglianza di prima nomina. Si prevede infatti che, ove alla data di assegnazione delle sedi ai magistrati vincitori dell'ultimo concorso (nominati con il DM 20 febbraio 2014) vi sia una scopertura di organico dei magistrati di sorveglianza superiore al 20%, il CSM possa con provvedimento motivato – in deroga a quanto previsto dall'art. 13, comma 2, del D.Lgs 160/2006 - attribuire esclusivamente a detti magistrati le funzioni di magistrato di sorveglianza al termine del tirocinio, anche prima di aver conseguito la prima valutazione di professionalità.

        Personale penitenziario

        Gli articoli 6 e 7 del decreto-legge n. 92 del 2014 introducono misure volte ad assicurare una maggior efficienza dell'amministrazione penitenziaria (DAP). Si prevede, a tale scopo:

        • un aumento delle dotazioni organiche della polizia penitenziaria nonché modifiche alla disciplina del corso a vice ispettore;
        • restrizioni alla disciplina di comando e distacco presso altre amministrazioni del personale dell'amministrazione penitenziaria, in considerazione delle particolari esigenze che caratterizzano l'attuale situazione carceraria.

        In particolare, l'articolo 6 aumenta la dotazione organica complessiva del Corpo da 44.406 a 44.610 unità (+ 204), risultato che consegue sostanzialmente ad una diminuzione di 703 unità dell'organico degli ispettori e dei vice ispettori, cui corrisponde un incremento di 907 agenti e assistenti. La disciplina del corso a vice ispettore di polizia penitenziaria è modificata per favorire una più celere immissione in servizio del personale; in particolare viene ridotta di 6 mesi sia la durata del corso di formazione post nomina che il periodo prima del quale, a corso in svolgimento, gli allievi vice ispettori non possono essere impiegati nei servizi d'istituto. Viene, infine ridotta di 30 giorni sia la durata dell'assenza dal corso per qualsiasi motivo che provoca la dimissione d'ufficio dal corso stesso, sia la durata dell'assenza causata da infermità contratta durante il corso che produce gli stessi effetti.

        L'articolo 7 prevede che il personale del DAP non può essere comandato o distaccato per un periodo di 2 anni presso altri Ministeri o altre pubbliche amministrazioni.

        Edilizia penitenziaria

        L'articolo 6-bis del decreto legge n. 92 del 2014 riduce di sei mesi la proroga delle funzioni del Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie già disposte dall'art. 4, comma 1, del DL 78/2013. La fine della gestione commissariale (già fissata al 31 dicembre 2014) è quindi anticipata al 31 luglio 2014. Le misure volte a garantire il raccordo operativo con le attività già svolte saranno dettate con un decreto non regolamentare del Ministro della Giustizia, di concerto con quello delle Infrastrutture e dei Trasporti.

        Limiti all'applicazione di misure cautelari personali

        Nelle more dell'approvazione della riforma della custodia cautelare (legge n. 47 del 2015), l'articolo 8 del decreto-legge modifica l'art. 275 del codice di procedura penale, sui criteri di scelta delle misure cautelari, in modo da limitare il ricorso alla custodia cautelare in carcere. In particolare, in base al nuovo comma 2-bis:

        • è esteso anche agli arresti domiciliari il divieto di disporre la custodia cautelare in carcere nel caso in cui il giudice ritenga che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena;
        • è introdotto il divieto di applicazione della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a 3 anni.

        Nel corso dell'esame in Commissione sono state introdotte deroghe a tale ultimo divieto. Si è previsto, infatti, che è possibile adottare la custodia in carcere nel caso di procedimenti in ordine a specifici delitti di particolare allarme sociale (si tratta, tra gli altri, dei reati di associazione mafiosa, terrorismo, sequestro di persona a scopo di estorsione, reati associativi finalizzati al traffico di droga o di tabacchi, riduzione in schiavitu, tratta di persone, omicidio, prostituzione minorile, pornografia minorile, turismo sessuale, violenza sessuale semplice e di gruppo, atti sessuali con minorenni, incendio boschivo, maltrattamenti in famiglia, stalking, furto in abitazione e furto con strappo). Allo stesso modo, si potrà adottare la custodia cautelare in carcere quando non possano essere disposti gli arresti domiciliari per mancata disponibilità di uno dei luoghi di esecuzione della misura (abitazione o altro luogo di privata dimora ovvero un luogo pubblico di cura e assistenza o una casa famiglia protetta). Tramite la salvaguardia dell'applicabiità dell'art. 276, comma 1-ter, c.p.p., è poi resa comunque possibile l'applicazione in via sostitutiva della custodia cautelare a seguito della revoca degli arresti domiciliari in caso di trasgressione delle prescrizioni connesse.