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Assetto patrimoniale e governance della Banca d'Italia
informazioni aggiornate a venerdì, 16 febbraio 2018

Nel corso della XVII legislatura, e più precisamente ad opera del decreto-legge n. 133 del 2013, sono stati profondamente rinnovati l'assetto patrimoniale e la governance della Banca d'Italia. Più in dettaglio, il provvedimento ha ribadito la natura giuridica dell'Istituto, ha aggiornato la misura del capitale sociale e ha dettato norme puntuali sul possesso e sulla vendita delle quote.

L'Aula della Camera, in occasione del rinnovo della carica di Governatore della Banca d'Italia, ha approvato il 17 ottobre 2017 la mozione Fregolent ed altri 1-01731, che impegna il Governo ad adottare ogni iniziativa utile a rafforzare l'efficacia delle attività di vigilanza sul sistema bancario ai fini della tutela del risparmio e della promozione di un maggiore clima di fiducia dei cittadini individuando a tal fine, nell'ambito delle proprie prerogative, la figura più idonea a garantire nuova fiducia nell'Istituto.

La Commissione bicamerale di inchiesta sul sistema bancario e finanziario , nella propria relazione conclusiva, auspica un aggiornamento del quadro normativo del sistema di vigilanza e controllo che, tra l'altro, preveda l'attribuzione di maggiori poteri investigativi alla Banca d'Italia, l'introduzione limiti più stringenti alla possibilità di assunzione e di ottenere incarichi presso gli enti vigilati ed il rafforzamento della collaborazione tra Autorità competenti.

  Le linee dell'intervento operato col D.L. n. 133 del 2013  

In estrema sintesi, viene mantenuto il precedente modello organizzativo della Banca d'Italia, di natura privatistica.  Parallelamente, viene riaffermato e chiarito il divieto di ingerenza nelle funzioni istituzionali della Banca – in particolare, nelle funzioni di vigilanza bancaria e finanziaria e di politica monetaria – da parte degli organi che possono essere considerati espressione dei partecipanti al capitale, ovvero l'Assemblea dei partecipanti, il Consiglio superiore e il Collegio sindacale.

Il capitale sociale dell'Istituto viene portato da 156.000 euro a  7,5 miliardi, mediante l'utilizzo delle riserve statutarie. Sono modificati i diritti economici dei partecipanti alla distribuzione di dividendi annuali, a valere sugli utili netti.

E' altresì ampliato il novero dei soggetti legittimati a detenere quote del capitale della Banca, con l'introduzione di un limite individuale (al 3 per cento) di possesso di quote del capitale e la sterilizzazione dei diritti di governance ed economici per la parte di capitale detenuta in eccesso. La Banca d'Italia potrà acquistare le proprie quote in via temporanea, al fine di favorire il rispetto del limite partecipativo.

Con l'emanazione del D.P.R. 27 dicembre 2013 si è concluso l'iter di approvazione delle modifiche allo Statuto della Banca d'Italia necessarie a recepire le indicazioni del decreto-legge n. 133 del 2013.

 

Natura giuridica

L'articolo 4, comma 1 del D.L. n. 133 del 2013 ha anzitutto ribadito la natura giuridica di istituto di diritto pubblico della Banca d'Italia (come già disposto in previgenti disposizioni di legge, in particolare all'articolo 19 della legge n. 262 del 2005), che è banca centrale della Repubblica italiana e parte integrante del Sistema Europeo di Banche Centrali.

La Banca d'Italia è inoltre l'Autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico in materia bancaria, disciplinato dal Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio del 15 ottobre 2013.

 La Banca d'Italia è indipendente nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze, in coerenza con quanto previsto per la BCE dal Trattato UE.

Si ricorda che, ai sensi della normativa europea in materia di risoluzione degli istituti bancari, la Banca d'Italia è individuata quale Autorità di risoluzione nazionale.

 

Capitale sociale  

L'articolo 4, comma 2 del decreto-legge n. 133 del 2013 ha autorizzato l'istituto ad aumentare il proprio capitale, mediante utilizzo delle riserve statutarie, all'importo di 7,5 miliardi di euro (dal  previgente valore di trecento milioni di lire, rappresentato da trecentomila quote di mille lire ciascuna interamente versate; ai sensi dell'articolo 3 dello Statuto il capitale ammontava a 156.000 euro, suddiviso in quote di partecipazione nominative di 0,52 euro ciascuna). Si veda il sito della Banca d'Italia per approfondimenti.

A seguito dell'aumento, il capitale è rappresentato da quote di nuova emissione, pari a 25.000 euro ciascuna, con un limite di possesso azionario  fissato al 3 per cento del capitale. Ai partecipanti possono essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore al 6 per cento del capitale.

Come sottolineato dal Governatore Ignazio Visco nell'audizione tenutasi al Senato in occasione dell'esame del ddl di conversione del decreto legge n. 133 del 2013, poiché il capitale viene portato a 7,5 miliardi, l'ammontare massimo dei dividendi distribuibili ai partecipanti è di 450 milioni di euro. In precedenza (in particolare, secondo la formulazione previgente degli articoli 39 e 40 dello Statuto della Banca d'Italia) ai partecipanti erano distribuiti dividendi per un importo fino al 10 per cento del capitale. Accanto a questo primo flusso di dividendi, veniva stabilita la possibilità, su proposta del Consiglio Superiore e con l'approvazione dell'assemblea ordinaria, di prelevare e distribuire dai frutti annualmente percepiti sugli investimenti delle riserve, una somma aggiuntiva, non superiore al 4 per cento dell'importo delle riserve iscritte in bilancio. Tale somma aggiuntiva - come evidenziato dal rapporto sull'aggiornamento del valore delle quote di capitale della Banca d'Italia - ha costituito la vera remunerazione dei partecipanti negli ultimi decenni. L'importo distribuito si è sempre collocato su valori di gran lunga inferiori al limite massimo del 4 per cento delle riserve (negli ultimi 14 anni si è commisurato allo 0,5 per cento); per il 2012 sono stati distribuiti a tale titolo circa € 70 milioni. Di conseguenza, rispetto alla situazione previgente si passa da un dividendo ridotto (in quanto commisurato ad un capitale più basso), ma crescente indefinitamente negli anni futuri, a uno più elevato (ancorché la percentuale sia inferiore, il capitale è aumentato) ma soggetto a un tetto fisso nel tempo.

Sono quindi individuate le categorie di investitori che possono acquisire le quote: banche, imprese assicurative e fondi pensione, che devono avere sede legale ed amministrazione centrale in Italia. In caso di perdita di detto requisito si deve procedersi alla vendita delle quote.

Il provvedimento prevede inoltre, in via transitoria, che la Banca d'Italia possa acquistare le proprie quote di partecipazione e stipulare contratti aventi ad oggetto le medesime, al fine di favorire il rispetto dei predetti limiti di partecipazione al capitale. Per tali quote il diritto di voto viene sospeso e i dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia. L'eventuale riacquisto dovrà effettuarsi in modo da assicurare trasparenza, parità di trattamento e salvaguardia del patrimonio della Banca d'Italia, con riferimento al presumibile valore di realizzo.

Si prevede che la Banca d'Italia riferisca annualmente alle Camere in merito alle operazioni di partecipazione al proprio capitale in base a quanto stabilito dalle sopra illustrate norme. Qui sono consultabili le relazioni inviate dall'Autorità al Parlamento.

 

Con la circolare n. 4/E del 24 febbraio 2014 l'Agenzia delle Entrate ha chiarito la nuova disciplina fiscale riguardante le quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia, come risulta dal combinato disposto dell'articolo 6, comma 6, del decreto-legge 133/2013 e dell'articolo 1, comma 148, della legge di stabilità 2013 (legge n. 147 del 2013).

Destinatari della disciplina in esame sono i partecipanti al capitale della Banca d'Italia, vale a dire banche, assicurazioni, fondazioni ed enti e istituti di previdenza e assicurazione. Si tratta di soggetti che rientrano nell'ambito della disciplina del reddito d'impresa (IAS/IFRS adopter e non) sia soggetti che non vi rientrano (come, ad esempio, l'INPS). Le norme prevedono l'applicazione di un'imposta sostitutivasulla differenza tra il nuovo valore nominale delle partecipazioni in Banca d'Italia (25.000 euro) e quello fiscalmente riconosciuto. L'aliquota dell'imposta sostitutiva è pari al 12% del differenziale di valore e deve essere versata in tre rate annuali di pari importo, senza pagamento di interessi.

Per effetto di successive modifiche (ad opera dell'articolo 4, comma 12, del decreto-legge n. 66 del 2014) ai maggiori valori iscritti in bilancio si applica un'imposta sostitutiva, da corrispondere in unica soluzione entro il termine del saldo delle imposte 2013, rideterminata nella misura del 26 per cento.

La governance della Banca d'Italia e l'assetto organizzativo interno

L'articolo 5 del decreto-legge n. 133 del 2013  precisa che l'Assemblea dei partecipanti (costituita dunque dagli azionisti) e il Consiglio superiore della Banca d'Italia non possono ingerire nelle materie relative all'esercizio delle funzioni istituzionali dell'Istituto.

Sono stati soppressi (articolo 6, comma 1) i poteri del Ministero dell'economia di sospendere e annullare le delibere dell'assemblea e del Consiglio superiore della Banca d'Italia. Rimane invece l'obbligo, da parte della Banca d'Italia, di informare il Ministro dell'Economia e delle finanze riguardo alle convocazioni dell'assemblea generale dei partecipanti e alle adunanze del Consiglio superiore, così come viene mantenuto il potere governativo di inviare un proprio rappresentante (o un funzionario delegato dal Ministro dell'Economia e delle finanze) ad assistere alle assemblee ordinarie dei partecipanti ed alle sedute del Consiglio superiore dell'Istituto.

Tra le linee-guida indicate dal legislatore nell'emanazione dello Statuto (articolo 6, comma 4, lettera d) del D.L. n. 133 del 2013) vi è l'eliminazione della cd. clausola di gradimento alla cessione delle quote. Si tratta della disposizione, contenuta al previgente articolo 3, comma 2 dello Statuto, secondo la quale il trasferimento delle quote doveva avvenire, su proposta del Direttorio, solo previo consenso del Consiglio superiore, nel rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza dell'Istituto e della equilibrata distribuzione delle quote.

Rimane tuttavia l'obbligo di verificare, da parte del Consiglio superiore della Banca d'Italia, il rispetto dei limiti di partecipazione al capitale e la ricorrenza dei requisiti di onorabilità richiesti dalla normativa di settore in capo agli esponenti e alla compagine sociale dei soggetti acquirenti delle quote.

Con comunicato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 25 gennaio 2014, la Banca d'Italia ha annunciato la propria riforma organizzativa, attraverso l'adozione del modello dipartimentale - in luogo delle aree funzionali - e la creazione del Dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria.

E' stato conseguentemente emanato il nuovo statuto dell'istituto.

 

Durante l'esame parlamentare del D.L. n. 90 del 2014 sono state introdotte norme volte a estendere agli organi di vertice ed ai dirigenti della Banca d'Italia (e dell'IVASS, istituto di vigilanza sulle assicurazioni) alcune incompatibilità in origine introdotte per i dirigenti Consob; in particolare, esse riguardano il divieto, nei due anni successivi alla cessazione dell'incarico, di intrattenere rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con i soggetti regolati né con società controllate da questi ultimi, con nullità dei contratti conclusi in violazione di tali prescrizioni. Per la Banca d'Italia e dell'IVASS tali norme trovano applicazione per un periodo di due anni a decorrere dalla data di cessazione dall'incarico o dall'impiego (DPCM 29 gennaio 2015).

 

Nel corso della XVII legislatura, e più precisamente ad opera del decreto-legge n. 133 del 2013, sono stati profondamente rinnovati l'assetto patrimoniale e la governance della Banca d'Italia. Più in dettaglio, il provvedimento ha ribadito la natura giuridica dell'Istituto, ha aggiornato la misura del capitale sociale e ha dettato norme puntuali sul possesso e sulla vendita delle quote.

L'Aula della Camera, in occasione del rinnovo della carica di Governatore della Banca d'Italia, ha approvato il 17 ottobre 2017 la mozione Fregolent ed altri 1-01731, che impegna il Governo ad adottare ogni iniziativa utile a rafforzare l'efficacia delle attività di vigilanza sul sistema bancario ai fini della tutela del risparmio e della promozione di un maggiore clima di fiducia dei cittadini individuando a tal fine, nell'ambito delle proprie prerogative, la figura più idonea a garantire nuova fiducia nell'Istituto.

La Commissione bicamerale di inchiesta sul sistema bancario e finanziario , nella propria relazione conclusiva, auspica un aggiornamento del quadro normativo del sistema di vigilanza e controllo che, tra l'altro, preveda l'attribuzione di maggiori poteri investigativi alla Banca d'Italia, l'introduzione limiti più stringenti alla possibilità di assunzione e di ottenere incarichi presso gli enti vigilati ed il rafforzamento della collaborazione tra Autorità competenti.

  Le linee dell'intervento operato col D.L. n. 133 del 2013  

In estrema sintesi, viene mantenuto il precedente modello organizzativo della Banca d'Italia, di natura privatistica.  Parallelamente, viene riaffermato e chiarito il divieto di ingerenza nelle funzioni istituzionali della Banca – in particolare, nelle funzioni di vigilanza bancaria e finanziaria e di politica monetaria – da parte degli organi che possono essere considerati espressione dei partecipanti al capitale, ovvero l'Assemblea dei partecipanti, il Consiglio superiore e il Collegio sindacale.

Il capitale sociale dell'Istituto viene portato da 156.000 euro a  7,5 miliardi, mediante l'utilizzo delle riserve statutarie. Sono modificati i diritti economici dei partecipanti alla distribuzione di dividendi annuali, a valere sugli utili netti.

E' altresì ampliato il novero dei soggetti legittimati a detenere quote del capitale della Banca, con l'introduzione di un limite individuale (al 3 per cento) di possesso di quote del capitale e la sterilizzazione dei diritti di governance ed economici per la parte di capitale detenuta in eccesso. La Banca d'Italia potrà acquistare le proprie quote in via temporanea, al fine di favorire il rispetto del limite partecipativo.

Con l'emanazione del D.P.R. 27 dicembre 2013 si è concluso l'iter di approvazione delle modifiche allo Statuto della Banca d'Italia necessarie a recepire le indicazioni del decreto-legge n. 133 del 2013.

 

Natura giuridica

L'articolo 4, comma 1 del D.L. n. 133 del 2013 ha anzitutto ribadito la natura giuridica di istituto di diritto pubblico della Banca d'Italia (come già disposto in previgenti disposizioni di legge, in particolare all'articolo 19 della legge n. 262 del 2005), che è banca centrale della Repubblica italiana e parte integrante del Sistema Europeo di Banche Centrali.

La Banca d'Italia è inoltre l'Autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico in materia bancaria, disciplinato dal Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio del 15 ottobre 2013.

 La Banca d'Italia è indipendente nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze, in coerenza con quanto previsto per la BCE dal Trattato UE.

Si ricorda che, ai sensi della normativa europea in materia di risoluzione degli istituti bancari, la Banca d'Italia è individuata quale Autorità di risoluzione nazionale.

 

Capitale sociale  

L'articolo 4, comma 2 del decreto-legge n. 133 del 2013 ha autorizzato l'istituto ad aumentare il proprio capitale, mediante utilizzo delle riserve statutarie, all'importo di 7,5 miliardi di euro (dal  previgente valore di trecento milioni di lire, rappresentato da trecentomila quote di mille lire ciascuna interamente versate; ai sensi dell'articolo 3 dello Statuto il capitale ammontava a 156.000 euro, suddiviso in quote di partecipazione nominative di 0,52 euro ciascuna). Si veda il sito della Banca d'Italia per approfondimenti.

A seguito dell'aumento, il capitale è rappresentato da quote di nuova emissione, pari a 25.000 euro ciascuna, con un limite di possesso azionario  fissato al 3 per cento del capitale. Ai partecipanti possono essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore al 6 per cento del capitale.

Come sottolineato dal Governatore Ignazio Visco nell'audizione tenutasi al Senato in occasione dell'esame del ddl di conversione del decreto legge n. 133 del 2013, poiché il capitale viene portato a 7,5 miliardi, l'ammontare massimo dei dividendi distribuibili ai partecipanti è di 450 milioni di euro. In precedenza (in particolare, secondo la formulazione previgente degli articoli 39 e 40 dello Statuto della Banca d'Italia) ai partecipanti erano distribuiti dividendi per un importo fino al 10 per cento del capitale. Accanto a questo primo flusso di dividendi, veniva stabilita la possibilità, su proposta del Consiglio Superiore e con l'approvazione dell'assemblea ordinaria, di prelevare e distribuire dai frutti annualmente percepiti sugli investimenti delle riserve, una somma aggiuntiva, non superiore al 4 per cento dell'importo delle riserve iscritte in bilancio. Tale somma aggiuntiva - come evidenziato dal rapporto sull'aggiornamento del valore delle quote di capitale della Banca d'Italia - ha costituito la vera remunerazione dei partecipanti negli ultimi decenni. L'importo distribuito si è sempre collocato su valori di gran lunga inferiori al limite massimo del 4 per cento delle riserve (negli ultimi 14 anni si è commisurato allo 0,5 per cento); per il 2012 sono stati distribuiti a tale titolo circa € 70 milioni. Di conseguenza, rispetto alla situazione previgente si passa da un dividendo ridotto (in quanto commisurato ad un capitale più basso), ma crescente indefinitamente negli anni futuri, a uno più elevato (ancorché la percentuale sia inferiore, il capitale è aumentato) ma soggetto a un tetto fisso nel tempo.

Sono quindi individuate le categorie di investitori che possono acquisire le quote: banche, imprese assicurative e fondi pensione, che devono avere sede legale ed amministrazione centrale in Italia. In caso di perdita di detto requisito si deve procedersi alla vendita delle quote.

Il provvedimento prevede inoltre, in via transitoria, che la Banca d'Italia possa acquistare le proprie quote di partecipazione e stipulare contratti aventi ad oggetto le medesime, al fine di favorire il rispetto dei predetti limiti di partecipazione al capitale. Per tali quote il diritto di voto viene sospeso e i dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia. L'eventuale riacquisto dovrà effettuarsi in modo da assicurare trasparenza, parità di trattamento e salvaguardia del patrimonio della Banca d'Italia, con riferimento al presumibile valore di realizzo.

Si prevede che la Banca d'Italia riferisca annualmente alle Camere in merito alle operazioni di partecipazione al proprio capitale in base a quanto stabilito dalle sopra illustrate norme. Qui sono consultabili le relazioni inviate dall'Autorità al Parlamento.

 

Con la circolare n. 4/E del 24 febbraio 2014 l'Agenzia delle Entrate ha chiarito la nuova disciplina fiscale riguardante le quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia, come risulta dal combinato disposto dell'articolo 6, comma 6, del decreto-legge 133/2013 e dell'articolo 1, comma 148, della legge di stabilità 2013 (legge n. 147 del 2013).

Destinatari della disciplina in esame sono i partecipanti al capitale della Banca d'Italia, vale a dire banche, assicurazioni, fondazioni ed enti e istituti di previdenza e assicurazione. Si tratta di soggetti che rientrano nell'ambito della disciplina del reddito d'impresa (IAS/IFRS adopter e non) sia soggetti che non vi rientrano (come, ad esempio, l'INPS). Le norme prevedono l'applicazione di un'imposta sostitutivasulla differenza tra il nuovo valore nominale delle partecipazioni in Banca d'Italia (25.000 euro) e quello fiscalmente riconosciuto. L'aliquota dell'imposta sostitutiva è pari al 12% del differenziale di valore e deve essere versata in tre rate annuali di pari importo, senza pagamento di interessi.

Per effetto di successive modifiche (ad opera dell'articolo 4, comma 12, del decreto-legge n. 66 del 2014) ai maggiori valori iscritti in bilancio si applica un'imposta sostitutiva, da corrispondere in unica soluzione entro il termine del saldo delle imposte 2013, rideterminata nella misura del 26 per cento.

La governance della Banca d'Italia e l'assetto organizzativo interno

L'articolo 5 del decreto-legge n. 133 del 2013  precisa che l'Assemblea dei partecipanti (costituita dunque dagli azionisti) e il Consiglio superiore della Banca d'Italia non possono ingerire nelle materie relative all'esercizio delle funzioni istituzionali dell'Istituto.

Sono stati soppressi (articolo 6, comma 1) i poteri del Ministero dell'economia di sospendere e annullare le delibere dell'assemblea e del Consiglio superiore della Banca d'Italia. Rimane invece l'obbligo, da parte della Banca d'Italia, di informare il Ministro dell'Economia e delle finanze riguardo alle convocazioni dell'assemblea generale dei partecipanti e alle adunanze del Consiglio superiore, così come viene mantenuto il potere governativo di inviare un proprio rappresentante (o un funzionario delegato dal Ministro dell'Economia e delle finanze) ad assistere alle assemblee ordinarie dei partecipanti ed alle sedute del Consiglio superiore dell'Istituto.

Tra le linee-guida indicate dal legislatore nell'emanazione dello Statuto (articolo 6, comma 4, lettera d) del D.L. n. 133 del 2013) vi è l'eliminazione della cd. clausola di gradimento alla cessione delle quote. Si tratta della disposizione, contenuta al previgente articolo 3, comma 2 dello Statuto, secondo la quale il trasferimento delle quote doveva avvenire, su proposta del Direttorio, solo previo consenso del Consiglio superiore, nel rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza dell'Istituto e della equilibrata distribuzione delle quote.

Rimane tuttavia l'obbligo di verificare, da parte del Consiglio superiore della Banca d'Italia, il rispetto dei limiti di partecipazione al capitale e la ricorrenza dei requisiti di onorabilità richiesti dalla normativa di settore in capo agli esponenti e alla compagine sociale dei soggetti acquirenti delle quote.

Con comunicato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 25 gennaio 2014, la Banca d'Italia ha annunciato la propria riforma organizzativa, attraverso l'adozione del modello dipartimentale - in luogo delle aree funzionali - e la creazione del Dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria.

E' stato conseguentemente emanato il nuovo statuto dell'istituto.

 

Durante l'esame parlamentare del D.L. n. 90 del 2014 sono state introdotte norme volte a estendere agli organi di vertice ed ai dirigenti della Banca d'Italia (e dell'IVASS, istituto di vigilanza sulle assicurazioni) alcune incompatibilità in origine introdotte per i dirigenti Consob; in particolare, esse riguardano il divieto, nei due anni successivi alla cessazione dell'incarico, di intrattenere rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con i soggetti regolati né con società controllate da questi ultimi, con nullità dei contratti conclusi in violazione di tali prescrizioni. Per la Banca d'Italia e dell'IVASS tali norme trovano applicazione per un periodo di due anni a decorrere dalla data di cessazione dall'incarico o dall'impiego (DPCM 29 gennaio 2015).