Il 10 dicembre 2013 la Commissione Finanze della Camera ha approvato il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sugli strumenti fiscali e finanziari a sostegno della crescita. L'indagine ha inteso approfondire i meccanismi causali, sia contingenti sia strutturali, che hanno portato all'attuale condizione di restrizione del credito e valutare alcune proposte per il potenziamento dell'erogazione del credito alle imprese e per il rafforzamento del capitale di rischio delle medesime.Le linee guida dell'indagine
Nel deliberare lo svolgimento dell'indagine, la Commissione si è prefissata di articolare l'analisi sotto due punti di vista: il primo riguardante gli strumenti di carattere tributario per sostenere l'attività imprenditoriale, il secondo concernente le misure e le strategie di natura creditizia e finanziaria per assicurare al tessuto produttivo nazionale la necessaria liquidità e un'adeguata dotazione di capitale.
Sotto il primo profilo, la Commissione ha rilevato come gli interventi in materia impositiva siano stati prevalentemente guidati da esigenze contingenti e legate alla necessità di ripristinare o mantenere la tenuta dei conti pubblici. Tale andamento, unitamente alle criticità del bilancio pubblico, ha comportato un progressivo aggravio del carico impositivo, un peggioramento del tasso di complessità dell'ordinamento e, in particolare per professionisti e imprese, un incremento degli adempimenti fiscali. Tale situazione investe sia i tributi erariali che il sistema delle entrate locali, in particolare per la fiscalità delle imprese (IRAP, IMU sui beni strumentali, TIA-TARES, addizionali regionali e locali).
L'indagine conoscitiva ha inteso monitorare le misure tributarie di sostegno alle attività economiche introdotte negli ultimi anni, in parallelo con analoghe misure adottate in altri Paesi, verificandone lo stato di attuazione e valutandone l'effettiva efficacia sul piano degli impatti economici, con l'obiettivo di contribuire in particolare a:
Dall'altro lato la Commissione ha individuato, quale nodo fondamentale per l'analisi della crisi e per l'individuazione di strategie di superamento, la problematica concernente il credito alle imprese ed alle famiglie, stante la connotazione del sistema imprenditoriale italiano come avente una dimensione media d'impresa piuttosto ridotta, con un livello di capitalizzazione e patrimonializzazione generalmente basso. Tali condizioni, assieme all'insufficiente sviluppo dei mercati del capitale di rischio, al carattere spesso informale delle strutture imprenditoriali, nonché alle resistenze di molti imprenditori ad aprirsi al capitale esterno, hanno determinato una forte dipendenza delle imprese dal credito bancario, che alimenta ordinariamente il funzionamento delle imprese stesse.
La crisi finanziaria internazionale ha trasformato queste caratteristiche - che in passato hanno conferito flessibilità e dinamismo al sistema - in un elemento di debolezza. A parere della Commissione, tra i fattori che hanno peggiorato le condizioni di liquidità creditizia vi è la penalizzazione competitiva che il contesto normativo europeo e internazionale determina sull'attività delle banche italiane, per lo più focalizzate sulle attività tradizionali di banche commerciali, nonché al più elevato premio per il rischio (costituito essenzialmente dai premi medi sui credit default swap - CDS) che le banche nazionali pagano rispetto agli operatori creditizi di altri Paesi europei nostri competitori a livello internazionale (ad esempio Francia e Germania), rendendo il costo del denaro più alto per le imprese italiane rispetto a quanto pagato dalle imprese degli altri Paesi europei.
In tale articolato quadro l'indagine ha inteso approfondire i meccanismi causali, sia contingenti sia strutturali, che hanno portato all'attuale condizione di restrizione del credito, nonché le prospettive evolutive che essa potrà avere sul panorama complessivo dell'economia italiana, per individuare ipotesi di correttivi e soluzioni che possano costituire la base per il lavoro parlamentare e contribuire ad orientare in termini più precisi e concreti il confronto politico su questi temi.
Tra le proposte per potenziare l'erogazione del credito alle imprese e rafforzare il capitale di rischio delle medesime che la Commissione ha valutato attentamente e prioritariamente vi sono:
L'AIFI (Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital) propone dunque di implementare il funzionamento del private equity e del venture capital attraverso, anzitutto, la semplificazione del quadro normativo vigente; si suggerisce altresì la creazione di un "fondo di fondi" di venture capital, nella forma di un fondo di investimento a partecipazione pubblica e privata.
Unipol ha focalizzato il proprio intervento in particolare sui cd. "mini-bond" (secondo quanto disposto dell'articolo 32 del D.L. 83 del 2012, si tratta di titoli obbligazionari emessi da imprese non quotate), evidenziando le principali criticità dell'istituto rispetto ad un possibile interesse ad investire da parte delle imprese assicurative. Tra di esse spiccano il trattamento fiscale "penalizzante" dei proventi in rapporto a quello dei titoli di Stato e la scarsa liquidità del sistema, che non permette di avere idonei strumenti di copertura del rischio di credito (quali i credit default swap). Si propone dunque, tra l'altro, di introdurre per i predetti strumenti finanziari un regime fiscale di favore e prevedere specifiche forme di garanzia statale (anche parziale).
Action Institute ha avanzato una proposta volta a migliorare le condizioni del credito bancario alle imprese. Si ipotizza la creazione di un veicolo finanziario pubblico, finanziato con fondi strutturali europei, col compito di garantire "in monte" presso le banche i portafogli di nuovi crediti erogati verso aziende "sane" (ovvero in possesso di specifici requisiti di affidabilità creditizia). La garanzia è erogata a fronte del pagamento di una commissione che viene commisurata alla perdita attesa; le banche che accedono al programma trasferiscono i benefici alle imprese creditrici. In senso analogo si muove l'analisi di McKinsey che, accanto a forme di credit enhancement da realizzare attraverso veicoli finanziari capitalizzati con i fondi strutturali, ricorda il potenziale ruolo dei "mini-bond" presso gli investitori istituzionali.
Unicredit ha sottolineato l'alta rischiosità dei finanziamenti bancari alle PMI - più rischiosi anche delle famiglie - in quanto esse sono più soggette a insolvenze e perdite, a causa sia della congiuntura economica sfavorevole, sia della loro bassa capitalizzazione. Si propone dunque di promuovere nuovo credito bancario attraverso l'iniezione parallela di nuovo capitale di rischio, che può arrivare da imprenditori, fondi specializzati o essere facilitato da interventi pubblici di garanzia parziale, ovvero funzionanti per il princiopo della condivisione / mitigazione parziale del rischio. Un ulteriore intervento di facilitazione del credito viene individuato nella rimozione degli attuali limiti normativi alla deducibilità fiscale delle perdite su crediti per le banche.
Sotto un diverso profilo è stata rilevata (MPS) l'opportunità di procedere a interventi di "disintermediazione", ovvero di progressivo affrancamento delle PMI dai tradizionali canali di credito bancario, al fine di consentire loro l'accesso a fonti di finanziamento alternative, al contempo prevedendo un ruolo di assistenza "indiretta" da parte delle banche, nell'ottica di riqualificare l'intermediazione creditizia. Tra gli strumenti individuati si annoverano i già richiamati "mini-bond", le obbligazioni di distretto e gli strumenti di equity.
Parallelamente, un ulteriore canale di finanziamento viene individuato (Banca Finnat) nell'istituzione di fondi specializzati in piccole e medie imprese, che raccolgano sottoscrizioni in prevalenza presso investitori qualificati nazionali e che investano in azioni, obbligazioni, mini-bond e altri strumenti finanziari al fine di immettere liquidità nel sistem delle PMI.
Analoghe considerazioni sull'opportunità di investire nelle PMI italiane da parte di fondi sovrani o esteri è stata messa in luce dal Presidente dell'AIFI, in considerazione del fatto che per effettuare un investimento in imprese di minori dimensioni è necessaria la conoscenza diretta delle stesse.
La Consob ha illustrato diverse misure che potrebbero migliorare sia il canale di finanziamento bancario (la cui riattivazione potrebbe passare attraverso la riapertura del mercato delle cartolarizzazioni, con lo scopo di espandere il credito in presenza di restrizioni all'aumento del patrimonio) che il canale extrabancario; in particolare, sotto questo secondo profilo, la crescita della previdenza complementare potrebbe favorire l'afflusso di ingenti capitali sul mercato, riducendo al contempo i costi sociali legati all'incapacità del sistema di garantire in futuro adeguati livelli di reddito. E' stata inoltre sottolineata l'importanza di strumenti quali il crowdfunding per le cd. "start-up innovative" (per cui si veda il tema web sulla tassazione del settore produttivo) e delle potenzialità insite nei credit funds, ovvero quei fondi di investimento specializzati nella sottoscrizione di strumenti di debito emessi da società (anche di medie e piccole dimensioni) con una strategia di investimento di lungo periodo. Per l'alimentazione del mercato di capitali, inoltre, la Consob ha auspicato l'avvio di un processo di semplificazione normativa, volta ad aprire la struttura finanziaria delle PMI al mercato dei capitali; gli interventi dovrebbero essere finalizzati a ridurre gli oneri gravanti sulle società quotate.
La Banca d'Italia ha anzitutto ribadito l'opportunità di diversificare le soluzioni in base a diversi fattori quali le dimensioni, le condizioni finanziarie, l'età e prospettive di crescita dell'azienda. Ha inoltre sottolineato il ruolo chiave degli interventi indirizzati verso una maggiore patrimonializzazione delle aziende; ricordando alcuni provvedimenti (come l'ACE, per cui veda il citato tema web sulla tassazione del settore produttivo) ne ha auspicato il rafforzamento o l'introduzione di correttivi che possano permettere di raggiungere più rapidamente gli obiettivi. Analoga importanza rivestono, a parere dell'Autorità, i sistemi pubblici di garanzia; essi sono un valido strumento per il rafforzamento dei fnanziamenti bancari al settore produttivo
In controtendenza rispetto all'andamento generale delle sofferenze bancarie, gli istituti di credito cooperativo Federcasse e gli intermediari di finanza etica (Banca Etica) - nonostante la crisi abbia colpito in particolare le PMI, alle quali tali banche si rivolgono in modo preponderante – mostrano una buona qualità del credito rispetto alla media dell'industria bancaria, nei principali settori di operatività.
In particolare, Banca Etica ha suggerito il modello francese dei fondi "solidaire": si tratta di uno strumento che permette alle imprese sociali di finanziarsi attraverso capitali privati; sono fondi d'investimento aperti che hanno la caratteristica di investire una quota dal 5 al 10% del capitale in titoli di imprese sociali e solidali e il restante in titoli quotati (per questa ragione sono anche conosciuti come fondi 90/10). Una forma alternativa di fondi solidaire è quella di private equity sociale (FCPR): questi fondi devono investire almeno il 40% in investimenti sociali. Anche gli operatori di finanza etica hanno sottolineato l'importanza dello strumento del crowdfunding, auspicando l'estensione dello strumento ad ulteriori tipologie di imprese.
Infine, diversi auditi hanno auspicato un intervento statale incisivo, anche sotto forma di creazione di un sistema di incentivi fiscali al credito che, nonostante la difficoltà legata alla congiuntura economica, potrebbe avere effetti indotti sul sistema economico.
Il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sugli strumenti finanziari e fiscali a sostegno della crescita
Le proposte formulate nel documento conclusivo dell'indagine si articolano in una serie di interventi ritenuti necessari tra cui, in particolare:
Facendo seguito al Libro verde sui finanziamenti a lungo termine nell'economia europea, il 26 giugno la Commissione ha presentato una proposta di regolamento che istituisce un quadro comune per i fondi d'investimento che vogliono iniettare capitali in società e progetti a lungo termine (European Long-Term Investment Funds, ELTIF).
La proposta stabilisce i requisiti minimi per gli ELTIF, ovvero le tipologie di attività in cui sarebbero autorizzati a investire (infrastrutture, trasporti ed energie rinnovabili); le regole sulla distribuzione dei capitali per ridurre i rischi; norme sulle informazioni che devono essere comunicate agli investitori. Si prevede inoltre che il gestore dell'ELTIF debba soddisfare i requisiti rigorosi previsti dalla direttiva sui gestori dei fondi di investimento alternativi.