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Le regole per l'indebitamento degli enti territoriali
informazioni aggiornate a venerdì, 23 febbraio 2018

L'articolo 119 della Costituzione ha elevato a livello costituzionale il principio della c.d. golden rule, secondo la quale gli enti locali possono indebitarsi esclusivamente per finanziare spese di investimento. La regola, già esistente nell'ordinamento degli enti locali, stabilisce un vincolo di destinazione alla contrazione dei debiti, che non possono finanziare spesa corrente.

La riforma costituzionale, operata dalla legge n. 1 del 2012, che ha introdotto il principio del pareggio di bilancio per il complesso delle pubbliche amministrazioni, ha imposto ulteriori vincoli agli enti territoriali in tema di indebitamento che si sovrappongono a quelli fissati dall'articolo 119 della Costituzione.

Limiti alla facoltà di indebitamento degli enti territoriali

Con riferimento agli enti locali, il limite massimo di indebitamento è rappresentato dall'incidenza del costo degli interessi sulle entrate correnti degli enti locali.

In particolare, le norme dell'articolo 204 del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL) prevedono che l'ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale dei correlati interessi, sommati agli oneri già in essere (mutui precedentemente contratti, prestiti obbligazionari precedentemente emessi, aperture di credito stipulate e garanzie prestate, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi) non sia superiore ad una determinata percentuale delle entrate correnti (relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui). Come chiarito dalla norma interpretativa contenuta nell'articolo 16, comma 11, del D.L. n. 95/2012, i suddetti  limiti devono essere rispettati nell'anno di assunzione del nuovo indebitamento.

Tale percentuale di riferimento è stata gradualmente ridotta nel corso degli anni, fino al limite del 6 per cento a decorrere dal 2014, ai sensi dell'articolo 11-bis, comma 1, del D.L. 28 giugno 2013, n. 76.

Più di recente, al fine di favorire la ripresa degli investimenti degli enti locali, sono state previste disposizioni che hanno, invece, ampliato la capacità di indebitamento degli enti locali, innalzando il valore del rapporto tra l'importo annuale degli interessi e le spese correnti dell'ente dal 6 all'8 per cento nel 2014 (articolo 1, comma 735, legge n. 147/2013) e, da ultimo, dall'8 al 10 per cento dall'anno 2015 (art. 1, comma 539, legge n. 190/2014).

Sono state altresì previste specifiche disposizioni di deroga a tali limiti. In particolare, si fa riferimento all'articolo 5 del D.L. n. 16/2014, con il quale legislatore ha inteso restituire agli enti locali, limitatamente agli anni 2014 e 2015, la possibilità di assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato oltre i limiti fissati dall'articolo 204, comma 1, del TUEL, per un importo non superiore alle quote di capitale dei mutui e dei prestiti obbligazionari precedentemente contratti ed emessi rimborsate nell'esercizio precedente. Analogamente, l'articolo 9, comma 2, del D.L. n. 91/2014 considera in deroga ai limiti all'indebitamento previsti dall'art. 204 del TUEL i finanziamenti agevolati concessi agli enti locali per interventi di efficiantamento energetico degli edifici scolastici.

L'articolo 8 della legge n. 183/2011 - attraverso una novella all'articolo 10, comma 2, della legge 16 maggio 1970, n. 281 - ha introdotto analoghe disposizioni anche per le Regioni.

Per tali enti, a decorrere dal 2012, la percentuale tra l'importo complessivo delle annualità per capitale ed interessi e l'ammontare complessivo delle entrate tributarie non vincolate, che rappresenta la misura di riferimento per la contrazione di nuovo indebitamento da parte delle regioni, è stata ridotta dal 25 al 20 per cento.

Le Regioni, pertanto, possono contrarre mutui ed emettere obbligazioni soltanto qualora l'importo complessivo delle annualità di ammortamento per capitale e interesse dei mutui e delle altre forme di indebitamento in estinzione nell'esercizio considerato non sia superiore al 20 per cento dell'ammontare complessivo delle entrate tributarie non vincolate della regione ed a condizione che gli oneri futuri di ammortamento trovino copertura nell'ambito del bilancio pluriennale della regione stessa. Da ultimo, la legge di stabilità per il 2014 (articolo 1, comma 528, della legge n. 147/2013) ha ampliato l'ammontare complessivo delle entrate considerate ai fini del calcolo del 20%, ricomprendendovi le risorse del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, istituito dall'articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, alimentato da una quota di compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina.

Tuttavia, con l'articolo 27, comma 2, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, l'efficacia della riduzione è stata ridimensionata, prevedendo che resta fermo il (più ampio) limite del 25 per cento per l'indebitamento autorizzato dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, fino al 31 dicembre 2011, limitatamente agli impegni assunti alla data del 14 novembre 2011 per spese di investimento finanziate dallo stesso, derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate e risultanti da apposito prospetto da allegare alla legge di assestamento del bilancio 2012.

I limiti costituzionali all'indebitamento degli enti territoriali

L'esigenza di assicurare il rispetto delle nuove regole europee sul controllo della spesa e sulla sostenibilità del debito pubblico – come richiesto dalla riforma del Patto di stabilita' e crescita dell'Unione Europea e dal trattato sul Fiscal compact – da parte di tutte le amministrazioni pubbliche, ivi incluse pertanto anche le autonomie territoriali – trova espressione nelle modifiche apportate alle norme costituzionali che regolano l'autonomia finanziaria e l'indebitamento delle regioni e degli enti locali.

Per tale finalità, la legge costituzionale 20 aprile 2012, n.1, nell'introdurre il principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale è intervenuta anche sull'articolo 119 Cost. nel quale, per la parte che qui interessa, nel ribadire che l'indebitamento delle autonomie territoriali è consentito solo per finanziare spese di investimento, introduce due ulteriori condizioni all'indebitamento medesimo, richiedendo che ad esso si possa procedere solo con "la contestuale definizione di piani di ammortamento" ed a condizione che l'equilibrio di bilancio sia rispettato "per il complesso degli enti di ciascuna Regione". La stessa norma ha inoltre rinviato ad una apposita legge, da approvarsi a maggioranza assoluta dei membri di ciascuna Camera (vale a dire una dire una legge che nel sistema delle fonti del diritto ha natura di "legge rinforzata") il compito di disciplinare "la facoltà dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano di ricorrere all'indebitamento"

Tale compito è stato adempiuto con la legge 24 dicembre 2012, n. 243, di attuazione del principio di pareggio del bilancio, il cui articolo 10 afferma, ribadendo il disposto della norma costituzionale, che l'accesso all'indebitamento è consentito solo per il finanziamento delle spese di investimento, secondo le modalità e nei limiti fissati dallo stesso articolo nonché dalla legge dello Stato, vale a dire con le norme che si sono in precedenza richiamate.

L'accesso è tuttavia condizionato a specifici ed ulteriori vincoli che si aggiungono a quello della finalizzazione a spesa d'investimento, disponendosi che le operazioni di indebitamento possano effettuarsi solo contestualmente all'adozione di piani di ammortamento per il rimborso del debito - con evidenziazione delle obbligazioni che incidono sui singoli esercizi e delle corrispondenti modalità di copertura - imponendo, dunque, a ciascun Ente di accantonare contabilmente in bilancio le risorse necessarie al rimborso del prestito. I piani in questione, inoltre, devono avere durata non superiore alla vita utile dell'investimento: ciò, presumibilmente, al fine di limitare la possibilità, cui spesso finora si è fatto ricorso, di rinegoziazione di debiti già in essere, con lo scopo di allungarne la scadenza.

Si prevede altresì che le operazioni di indebitamento e le operazioni di investimento realizzate attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercii precedenti vadano effettuate sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale che garantiscano, per l'anno di riferimento, il rispetto del saldo di equilibrio di bilancio del complesso degli enti territoriali della regione interessata, compresa la medesima regione.

Le operazioni di indebitamento e le operazioni di investimento, non soddisfatte dalle intese regionali, sono effettuate sulla base dei patti di solidarietà nazionale, assicurando, comunque, il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica per il complesso degli enti territoriali.

Resta fermo, comunque che gli enti territoriali possono effettuare investimenti, attraverso il ricorso al debito e l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti, nel rispetto dei proprio saldo.

La stessa legge rinforzata, all'articolo 12, ribadisce, altresì, che gli enti locali e le regioni concorrono alla sostenibilità del debito pubblico mediante versamenti al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, tenuto conto dell'andamento del ciclo economico. La misura del concorso alla riduzione del debito da parte degli enti territoriali è demandata alla legge dello Stato.

Con la nuova normativa costituzionale - entrata in vigore dal 1° gennaio 2016 - i vincoli all'indebitamento per gli enti locali già presenti nell'ordinamento ne risultano dunque ulteriormente rafforzati. Come messo in rilievo dalla Corte dei Conti nella Relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali di agosto 2013, l'indebitamento per gli enti locali, quindi, non entra a far parte delle leve strumentali di gestione del bilancio (deficit spending). I Comuni e le Province "sono tenuti a garantire l'equilibrio finanziario di parte corrente; il ricorso all'indebitamento ha dimensione ristretta e specifica, sostanziandosi quale mezzo di finanziamento di singoli e definiti progetti di investimento con il vincolo giuscontabile dell'immediato automatico impegno della spesa al verificarsi dell'accertamento dell'entrata. A garanzia di una sana gestione economica, oltre al costo del debito (interessi passivi) anche la quota di capitale in ammortamento, così assimilata a spesa corrente, deve trovare copertura nelle entrate correnti, incidendo sull'equilibrio di bilancio".

In tale contesto rafforzato, i controlli svolti dalla giurisprudenza contabile hanno acquisito un importante valore in ragione delle nuove verifiche che sono andate ad affiancarsi a quelle tradizionali sul rispetto dei vincoli da parte degli enti locali.

L'articolo 119 della Costituzione ha elevato a livello costituzionale il principio della c.d. golden rule, secondo la quale gli enti locali possono indebitarsi esclusivamente per finanziare spese di investimento. La regola, già esistente nell'ordinamento degli enti locali, stabilisce un vincolo di destinazione alla contrazione dei debiti, che non possono finanziare spesa corrente.

La riforma costituzionale, operata dalla legge n. 1 del 2012, che ha introdotto il principio del pareggio di bilancio per il complesso delle pubbliche amministrazioni, ha imposto ulteriori vincoli agli enti territoriali in tema di indebitamento che si sovrappongono a quelli fissati dall'articolo 119 della Costituzione.

Limiti alla facoltà di indebitamento degli enti territoriali

Con riferimento agli enti locali, il limite massimo di indebitamento è rappresentato dall'incidenza del costo degli interessi sulle entrate correnti degli enti locali.

In particolare, le norme dell'articolo 204 del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL) prevedono che l'ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale dei correlati interessi, sommati agli oneri già in essere (mutui precedentemente contratti, prestiti obbligazionari precedentemente emessi, aperture di credito stipulate e garanzie prestate, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi) non sia superiore ad una determinata percentuale delle entrate correnti (relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui). Come chiarito dalla norma interpretativa contenuta nell'articolo 16, comma 11, del D.L. n. 95/2012, i suddetti  limiti devono essere rispettati nell'anno di assunzione del nuovo indebitamento.

Tale percentuale di riferimento è stata gradualmente ridotta nel corso degli anni, fino al limite del 6 per cento a decorrere dal 2014, ai sensi dell'articolo 11-bis, comma 1, del D.L. 28 giugno 2013, n. 76.

Più di recente, al fine di favorire la ripresa degli investimenti degli enti locali, sono state previste disposizioni che hanno, invece, ampliato la capacità di indebitamento degli enti locali, innalzando il valore del rapporto tra l'importo annuale degli interessi e le spese correnti dell'ente dal 6 all'8 per cento nel 2014 (articolo 1, comma 735, legge n. 147/2013) e, da ultimo, dall'8 al 10 per cento dall'anno 2015 (art. 1, comma 539, legge n. 190/2014).

Sono state altresì previste specifiche disposizioni di deroga a tali limiti. In particolare, si fa riferimento all'articolo 5 del D.L. n. 16/2014, con il quale legislatore ha inteso restituire agli enti locali, limitatamente agli anni 2014 e 2015, la possibilità di assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato oltre i limiti fissati dall'articolo 204, comma 1, del TUEL, per un importo non superiore alle quote di capitale dei mutui e dei prestiti obbligazionari precedentemente contratti ed emessi rimborsate nell'esercizio precedente. Analogamente, l'articolo 9, comma 2, del D.L. n. 91/2014 considera in deroga ai limiti all'indebitamento previsti dall'art. 204 del TUEL i finanziamenti agevolati concessi agli enti locali per interventi di efficiantamento energetico degli edifici scolastici.

L'articolo 8 della legge n. 183/2011 - attraverso una novella all'articolo 10, comma 2, della legge 16 maggio 1970, n. 281 - ha introdotto analoghe disposizioni anche per le Regioni.

Per tali enti, a decorrere dal 2012, la percentuale tra l'importo complessivo delle annualità per capitale ed interessi e l'ammontare complessivo delle entrate tributarie non vincolate, che rappresenta la misura di riferimento per la contrazione di nuovo indebitamento da parte delle regioni, è stata ridotta dal 25 al 20 per cento.

Le Regioni, pertanto, possono contrarre mutui ed emettere obbligazioni soltanto qualora l'importo complessivo delle annualità di ammortamento per capitale e interesse dei mutui e delle altre forme di indebitamento in estinzione nell'esercizio considerato non sia superiore al 20 per cento dell'ammontare complessivo delle entrate tributarie non vincolate della regione ed a condizione che gli oneri futuri di ammortamento trovino copertura nell'ambito del bilancio pluriennale della regione stessa. Da ultimo, la legge di stabilità per il 2014 (articolo 1, comma 528, della legge n. 147/2013) ha ampliato l'ammontare complessivo delle entrate considerate ai fini del calcolo del 20%, ricomprendendovi le risorse del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, istituito dall'articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, alimentato da una quota di compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina.

Tuttavia, con l'articolo 27, comma 2, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, l'efficacia della riduzione è stata ridimensionata, prevedendo che resta fermo il (più ampio) limite del 25 per cento per l'indebitamento autorizzato dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, fino al 31 dicembre 2011, limitatamente agli impegni assunti alla data del 14 novembre 2011 per spese di investimento finanziate dallo stesso, derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate e risultanti da apposito prospetto da allegare alla legge di assestamento del bilancio 2012.

I limiti costituzionali all'indebitamento degli enti territoriali

L'esigenza di assicurare il rispetto delle nuove regole europee sul controllo della spesa e sulla sostenibilità del debito pubblico – come richiesto dalla riforma del Patto di stabilita' e crescita dell'Unione Europea e dal trattato sul Fiscal compact – da parte di tutte le amministrazioni pubbliche, ivi incluse pertanto anche le autonomie territoriali – trova espressione nelle modifiche apportate alle norme costituzionali che regolano l'autonomia finanziaria e l'indebitamento delle regioni e degli enti locali.

Per tale finalità, la legge costituzionale 20 aprile 2012, n.1, nell'introdurre il principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale è intervenuta anche sull'articolo 119 Cost. nel quale, per la parte che qui interessa, nel ribadire che l'indebitamento delle autonomie territoriali è consentito solo per finanziare spese di investimento, introduce due ulteriori condizioni all'indebitamento medesimo, richiedendo che ad esso si possa procedere solo con "la contestuale definizione di piani di ammortamento" ed a condizione che l'equilibrio di bilancio sia rispettato "per il complesso degli enti di ciascuna Regione". La stessa norma ha inoltre rinviato ad una apposita legge, da approvarsi a maggioranza assoluta dei membri di ciascuna Camera (vale a dire una dire una legge che nel sistema delle fonti del diritto ha natura di "legge rinforzata") il compito di disciplinare "la facoltà dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano di ricorrere all'indebitamento"

Tale compito è stato adempiuto con la legge 24 dicembre 2012, n. 243, di attuazione del principio di pareggio del bilancio, il cui articolo 10 afferma, ribadendo il disposto della norma costituzionale, che l'accesso all'indebitamento è consentito solo per il finanziamento delle spese di investimento, secondo le modalità e nei limiti fissati dallo stesso articolo nonché dalla legge dello Stato, vale a dire con le norme che si sono in precedenza richiamate.

L'accesso è tuttavia condizionato a specifici ed ulteriori vincoli che si aggiungono a quello della finalizzazione a spesa d'investimento, disponendosi che le operazioni di indebitamento possano effettuarsi solo contestualmente all'adozione di piani di ammortamento per il rimborso del debito - con evidenziazione delle obbligazioni che incidono sui singoli esercizi e delle corrispondenti modalità di copertura - imponendo, dunque, a ciascun Ente di accantonare contabilmente in bilancio le risorse necessarie al rimborso del prestito. I piani in questione, inoltre, devono avere durata non superiore alla vita utile dell'investimento: ciò, presumibilmente, al fine di limitare la possibilità, cui spesso finora si è fatto ricorso, di rinegoziazione di debiti già in essere, con lo scopo di allungarne la scadenza.

Si prevede altresì che le operazioni di indebitamento e le operazioni di investimento realizzate attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercii precedenti vadano effettuate sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale che garantiscano, per l'anno di riferimento, il rispetto del saldo di equilibrio di bilancio del complesso degli enti territoriali della regione interessata, compresa la medesima regione.

Le operazioni di indebitamento e le operazioni di investimento, non soddisfatte dalle intese regionali, sono effettuate sulla base dei patti di solidarietà nazionale, assicurando, comunque, il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica per il complesso degli enti territoriali.

Resta fermo, comunque che gli enti territoriali possono effettuare investimenti, attraverso il ricorso al debito e l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti, nel rispetto dei proprio saldo.

La stessa legge rinforzata, all'articolo 12, ribadisce, altresì, che gli enti locali e le regioni concorrono alla sostenibilità del debito pubblico mediante versamenti al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, tenuto conto dell'andamento del ciclo economico. La misura del concorso alla riduzione del debito da parte degli enti territoriali è demandata alla legge dello Stato.

Con la nuova normativa costituzionale - entrata in vigore dal 1° gennaio 2016 - i vincoli all'indebitamento per gli enti locali già presenti nell'ordinamento ne risultano dunque ulteriormente rafforzati. Come messo in rilievo dalla Corte dei Conti nella Relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali di agosto 2013, l'indebitamento per gli enti locali, quindi, non entra a far parte delle leve strumentali di gestione del bilancio (deficit spending). I Comuni e le Province "sono tenuti a garantire l'equilibrio finanziario di parte corrente; il ricorso all'indebitamento ha dimensione ristretta e specifica, sostanziandosi quale mezzo di finanziamento di singoli e definiti progetti di investimento con il vincolo giuscontabile dell'immediato automatico impegno della spesa al verificarsi dell'accertamento dell'entrata. A garanzia di una sana gestione economica, oltre al costo del debito (interessi passivi) anche la quota di capitale in ammortamento, così assimilata a spesa corrente, deve trovare copertura nelle entrate correnti, incidendo sull'equilibrio di bilancio".

In tale contesto rafforzato, i controlli svolti dalla giurisprudenza contabile hanno acquisito un importante valore in ragione delle nuove verifiche che sono andate ad affiancarsi a quelle tradizionali sul rispetto dei vincoli da parte degli enti locali.