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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 530 di lunedì 15 settembre 2025

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SERGIO COSTA

La seduta comincia alle 15.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 10 settembre 2025.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 75, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta in corso (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione della proposta di legge: Lupi ed altri: “Istituzione della festa nazionale di San Francesco d'Assisi” (A.C. 2097-A​) e dell'abbinata proposta di legge: Malagola ed altri (A.C. 2231​) (ore 15,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 2097-A​: “Istituzione della festa nazionale di San Francesco d'Assisi” e dell'abbinata proposta di legge n. 2231​.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2097-A​ e abbinata)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

La I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Elisabetta Gardini.

ELISABETTA GARDINI, Relatrice. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, oggi siamo chiamati a discutere su una proposta che non riguarda soltanto il calendario delle festività civili, ma tocca l'identità profonda della nostra Nazione.

Con l'istituzione del 4 ottobre come festa nazionale di San Francesco d'Assisi non stiamo semplicemente aggiungendo un giorno festivo, stiamo scegliendo di fissare ogni anno un momento collettivo di unità, di riflessione e di educazione civica.

Il 2026 segnerà l'ottavo centenario della morte del Santo di Assisi, e celebrare questa ricorrenza con una legge significa dire che l'Italia non vuole rinunciare a uno dei suoi riferimenti più alti, soprattutto in un tempo in cui le sfide della pace, della giustizia sociale e della tutela del Creato si fanno sempre più urgenti.

San Francesco non appartiene soltanto alla storia religiosa, è già da tempo parte integrante della nostra storia civile: nel 1939, Pio XII lo proclamò patrono d'Italia, insieme a Santa Caterina da Siena; nel 1958, il Parlamento istituì la solennità civile del 4 ottobre; nel 2005, con un'ulteriore legge, questa giornata fu dedicata alla pace, alla fraternità e al dialogo tra culture e religioni.

Oggi, compiamo un passo ulteriore e decisivo: dare a quella data la piena dignità di festa nazionale, al pari del 2 giugno, del 25 aprile e del 1° maggio. Non si tratta, quindi, di un gesto formale. Si tratta di riconoscere che i valori incarnati da San Francesco (la pace, la fraternità, la solidarietà, la cura degli ultimi, il rispetto per la natura) sono, oggi più che mai, necessari e, soprattutto, sono valori che parlano a tutti, credenti e non credenti.

La relazione che accompagna questa proposta ricorda un episodio centrale della vita del santo: l'incontro, nel 1219, con il sultano al-Malik al-Kamil durante la quinta crociata. Siamo, dunque, in un tempo di guerra e di scontro radicale. Francesco va incontro all'altro disarmato, senza protezione, con la sola forza della sua parola. E non fu resa, non fu compromesso, fu l'audacia del dialogo. Quel gesto resta ancora oggi un simbolo universale di fraternità e di pace, un'anticipazione di quello che chiamiamo dialogo interreligioso. È anche per questo che San Francesco continua a parlare al mondo intero al di là dei confini religiosi.

E non è l'unico riferimento che ci aiuta a capire perché i valori francescani siano patrimonio di tutti. Io ci tengo a ricordare un incontro avvenuto nel 2004 a Monaco, quando si confrontarono due figure di statura eccezionale: il più grande filosofo vivente, Jürgen Habermas, e il più grande teologo vivente, Joseph Ratzinger. Ne nacque un dialogo profondo raccolto nel volume “Ragione e fede in dialogo”.

Habermas, da laico, volle ricordare che i valori fondamentali delle democrazie moderne - la dignità della persona, l'uguaglianza, i diritti inviolabili - non nascono dal nulla, ma sono la secolarizzazione del messaggio cristiano. È stato il cristianesimo a proclamare che siamo tutti figli di Dio e dunque fratelli; non solo, quindi, uguali davanti alla legge, ma uguali per natura, portatori di pari dignità sin dalla nascita: è la radice del diritto naturale che nessuna maggioranza politica può concedere o togliere. Ratzinger aggiunse poi che fede e ragione non si escludono, ma si cercano e si sostengono a vicenda. La fede illumina la ragione e la ragione custodisce e purifica la fede. Due prospettive diverse, ma capaci di convergere e di dare fondamento al nostro vivere comune. Se i valori francescani sono civili e universali è proprio per questa radice profonda; ecco perché il 4 ottobre può diventare davvero una festa di tutti, credenti e non credenti, italiani di nascita e nuovi cittadini, chi vive la fede e chi non la professa.

Vengo ora alla parte più strettamente tecnica che è doveroso illustrare, perché il Parlamento ha il compito di legiferare con chiarezza. All'origine vi sono due proposte di legge: la prima presentata dall'onorevole Lupi ed altri colleghi; la seconda presentata dall'onorevole Malagola e da altri. Entrambe avevano lo stesso obiettivo: restituire al 4 ottobre la dignità di festa nazionale. I testi, però, non erano identici. La proposta di Lupi era essenziale: due articoli, uno per istituire la festa con effetti civili, l'altro per prevedere celebrazioni nelle scuole e nelle amministrazioni. La proposta Malagola, invece, oltre a riprendere l'istituzione della festa, interveniva in modo più articolato sulla legge del 1958 e prevedeva una formulazione leggermente diversa delle finalità, con un accento particolare sul dialogo tra culture e religioni e sulla carità verso i poveri.

La Commissione affari costituzionali ha deciso di adottare come testo base la proposta Lupi, ma ha tenuto conto del dibattito nato attorno all'altra proposta. Così, nel corso dell'esame, sono stati presentati numerosi emendamenti. La maggior parte di essi è stata respinta perché rischiava di spostare il focus del provvedimento. Sono stati invece approvati alcuni emendamenti mirati, tra cui l'inserimento del 4 ottobre tra le festività civili della legge n. 260 del 1949 (accanto, quindi, al 15 agosto); il coordinamento con la legge n. 132 del 1958, che già prevedeva il 4 ottobre come solennità civile in onore di San Francesco e di Santa Caterina, lasciando ora a Caterina la menzione originaria; la previsione della facoltatività delle celebrazioni, così da non gravare scuole e amministrazioni di nuovi obblighi; e le modifiche richieste dalla Commissione bilancio per assicurare la copertura e il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. La legge nella sua versione finale si compone quindi di tre articoli. Il primo istituisce la festa nazionale di San Francesco d'Assisi e ne precisa le finalità: la pace, la fraternità, la solidarietà e la tutela dell'ambiente. Il secondo disciplina le celebrazioni che restano possibili, ma non obbligatorie: scuole, amministrazioni e Terzo settore potranno organizzare iniziative culturali ed educative nel rispetto della libertà e delle risorse disponibili. Il terzo reca le disposizioni finanziarie e finali; qui occorre fermarsi con maggiore attenzione perché riconoscere una nuova festività nazionale significa anche affrontare con serietà gli oneri che ne derivano. Il nostro ordinamento, infatti, prevede che il lavoro prestato nei giorni festivi sia retribuito con specifiche maggiorazioni e indennità e questo riguarda soprattutto i comparti che non possono fermarsi: sanità, difesa, sicurezza, Vigili del fuoco.

La relazione tecnica predisposta dal Governo ha stimato l'onere annuo in 10.684.044 euro: la cifra è calcolata considerando il fabbisogno aggiuntivo per corrispondere indennità e straordinari. Nel dettaglio, circa 8,8 milioni di euro sono destinati al comparto sanitario per garantire medici, infermieri e personale che non può sospendere i servizi essenziali e circa 1,9 milioni di euro riguardano le Forze armate, le Forze di polizia e i Vigili del fuoco. Si è poi deciso che la copertura decorre dal 2027. La ragione è semplice: il 4 ottobre del 2026 cade di domenica e, quindi, lo Stato non dovrà coprire costi aggiuntivi; il primo anno sarà appunto il 2027. La Commissione bilancio, nel suo parere, ha sottolineato con chiarezza che questo passaggio era imprescindibile: ha chiesto che le celebrazioni fossero esplicitamente indicate come facoltative e che non comportassero nuovi oneri a carico delle amministrazioni scolastiche o locali. Vorrei ricordare gli altri pareri: la Commissione cultura e la Commissione lavoro hanno espresso parere favorevole; la Commissione affari sociali e la Commissione per le questioni regionali hanno deciso di non pronunciarsi, ritenendo che il contenuto della legge non avesse profili specifici nelle loro materie. Questo dimostra una cosa: che il provvedimento è stato valutato con equilibrio e senza eccessi di protagonismo.

Onorevoli colleghi, ho voluto soffermarmi su questi aspetti tecnici, perché San Francesco appartiene, sì, al cuore della nostra identità, ma la legge che ne riconosce la festa appartiene alla solidità del nostro ordinamento. Voglio qui ricordare a tutti noi che il calendario delle feste nazionali è la carta di identità di un popolo: con il 2 giugno celebriamo la nascita della Repubblica, con il 25 aprile celebriamo la libertà riconquistata, con il 1° maggio celebriamo il lavoro, con il 4 ottobre celebreremo la pace, la fraternità, la solidarietà, la custodia del creato.

Per tutte queste ragioni, mi auguro che ci sia una convergenza di tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, nell'approvare questa proposta di legge, perché ogni anno, il 4 ottobre, l'Italia possa guardarsi nello specchio di San Francesco e ritrovare nel suo esempio la speranza di un futuro più giusto, più fraterno, più umano.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Si riserva?

GIANMARCO MAZZI, Sottosegretario di Stato per la Cultura. Sì, mi riservo. Ci riserviamo di intervenire successivamente, grazie.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MURA (FDI). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, signor Sottosegretario, come puntualmente descritto ed esposto dalla relatrice, che ringrazio per il lavoro svolto su questa proposta di legge, oggi siamo chiamati a discutere una proposta di legge semplice nella forma, ma di grande rilievo nel merito: l'istituzione della festa nazionale di San Francesco d'Assisi, da celebrarsi il 4 ottobre.

Il Parlamento compie oggi un passo che affonda le sue radici nella nostra storia legislativa. Già nel 1958, con la legge n. 132, il 4 ottobre era stato riconosciuto come solennità civile in onore dei patroni d'Italia, San Francesco e Santa Caterina da Siena. Successivamente, nel 2005, quella data è stata arricchita di un nuovo significato: è diventata la Giornata della pace, della fraternità e del dialogo tra culture e religioni. Con questa proposta di legge quel percorso si compie: il 4 ottobre entra nel calendario delle festività civili previste dalla legge n. 260 del 1949, diventando a tutti gli effetti una festa nazionale.

Il testo adottato dalla I Commissione affari costituzionali è stato arricchito nel corso dell'esame parlamentare. Si compone di tre articoli: il primo istituisce fondamentalmente la festa e ne chiarisce gli effetti civili; il secondo disciplina le celebrazioni, che potranno essere promosse da scuole, amministrazioni locali ed enti del Terzo settore, con particolare attenzione ai temi della pace, della fraternità tra i popoli, dell'inclusione sociale e della tutela dell'ambiente. Il terzo reca le disposizioni finanziarie, assicurando le coperture necessarie per una piena attuazione della legge.

Ma questo provvedimento va ben oltre il suo impianto normativo, come giustamente ha già detto la relatrice. Per coglierne appieno il significato è necessario soffermarsi sulla figura di Francesco d'Assisi, una figura che appartiene a tutti. La incontriamo nei libri scolastici, nei monumenti delle nostre città, nelle storie tramandate da secoli; una vita radicale, segnata dalla scelta della povertà e da un messaggio di fraternità universale. Francesco ha parlato alla coscienza di intere generazioni con un linguaggio diretto, fatto di gesti concreti e parole poetiche. Ne è un esempio il Cantico delle creature, il primo grande poema in volgare italiano; un inno alla natura in cui ogni elemento diventa fratello o sorella, il sole, la luna, l'acqua, il fuoco e la terra; un testo che è preghiera, poesia e visione, che anticipa la sensibilità ecologica contemporanea, ricordandoci che l'uomo è parte del creato, non il suo padrone.

Non sorprende che la vita di Francesco abbia ispirato anche l'arte e il cinema, con opere che ne hanno diffuso il messaggio ben oltre i confini della cristianità. Qualche esempio: Francesco, giullare di Dio, di Roberto Rossellini, con il linguaggio del neorealismo; Fratello sole, sorella luna, di Franco Zeffirelli, che ne esalta la dolcezza e la poesia, o Francesco, di Liliana Cavani, che ne esplora la radicalità spirituale con intensa profondità. Tre interpretazioni diverse, ma tutte capaci di trasmettere la forza e l'attualità del suo messaggio.

E non è un caso che quando, nel 2013, un Papa venuto “quasi dalla fine del mondo” fu eletto al soglio di Pietro, abbia scelto per sé il nome di Francesco. Con quella scelta, Papa Bergoglio ha voluto richiamare, sin da subito, davanti al mondo intero, un messaggio di umiltà, fraternità e attenzione agli ultimi, che da Assisi parla ancora al cuore del nostro tempo. Per tutte queste ragioni, l'istituzione del 4 ottobre come festa nazionale ha una doppia valenza: da un lato, inserisce stabilmente questa ricorrenza nel quadro delle festività civili italiane e, dall'altro, rafforza il legame della nostra comunità con i valori più alti della nostra tradizione, resi vivi e universali, appunto, dalla testimonianza di Francesco.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2097-A​ e abbinata)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, l'onorevole Gardini: rinuncia.

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo. Prego, Sottosegretario.

GIANMARCO MAZZI, Sottosegretario di Stato per la Cultura. A posto, siamo a posto così.

PRESIDENTE. Rinuncia anche lei. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Conte ed altri n. 1-00445 concernente iniziative per il finanziamento del settore del cinema e dell'audiovisivo (ore 15,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Conte ed altri n. 1-00445 concernente iniziative per il finanziamento del settore del cinema e dell'audiovisivo (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritto a parlare l'onorevole Gaetano Amato, che illustrerà anche la mozione Conte ed altri n. 1-00445, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

GAETANO AMATO (M5S). Grazie, Presidente. Innanzitutto, ringrazio il sottosegretario Mazzi, perché, anche se io e lei non ci troviamo d'accordo su nessun argomento, lei ci mette sempre la faccia ed è sempre presente. Questo va a suo merito, sicuramente. Dunque, Presidente, ci troviamo a discutere di una mozione che si è rivelata necessaria per il coma profondo in cui è sprofondato, appunto, il cinema italiano. È un coma dovuto, devo dirlo chiaramente, alla cattiva gestione che questo Governo ha fatto. Innanzitutto, devo ricordare a chi ci ascolta e ai colleghi tutti che è da ben 5 anni che il cinema italiano è sotto la guida della Sottosegretaria Borgonzoni, da ben prima di questo Governo, e nel corso di questi 5 anni abbiamo visto fare ben poco per rispondere alle reali esigenze del comparto artistico cinematografico.

Si è pensato sempre più spesso a nominare parenti e amici; si è pensato sempre più spesso a degli obblighi che, magari, la parte politica interessata poteva avere. Sta succedendo in questi giorni: ci sono state le dimissioni del direttore generale Borrelli dall'occupazione del cinema - insomma, era il direttore Borrelli che si occupava del cinema - ed è stato proposto come direttore generale, dal Ministro Giuli, Giorgio Brugnoni, che non ha i titoli per poter occupare quel ruolo. Infatti, lo prevede la normativa: la normativa prevede che, per poter diventare direttore generale, bisognerebbe avere fatto 5 anni da dirigente nella pubblica amministrazione.

Il dottor Brugnoni non li ha fatti, proviene da Cassa depositi e prestiti. Era già successo con il Ministro Sangiuliano, che aveva nominato Stefano Lanna, e la Corte dei conti ha bloccato quella nomina. Che cosa succede? Succede che il ruolo di direttore generale all'interno di una struttura cinema è importantissimo: è colui che dovrebbe istituire i controlli e dovrebbe essere a capo di una macchina che dispensa milioni e milioni di euro.

Migliorare i controlli è la prima delle prerogative che noi ci auguriamo che il Governo prenda come impegno, e sto già illustrando quella che è la nostra mozione. È il miglioramento dei controlli che può evitare che, come detto, produttori che non hanno mai prodotto prendano dei fondi pubblici per film che non sono mai esistiti. Si è parlato di Kaufmann, è stato agli onori della cronaca, dicendo che Kaufmann per il suo fantastico film - solo nella sua mente era, appunto, fantastico, questo film - ha preso 700.000 euro di contributi.

Non li ha presi Kaufmann, li ha presi il produttore che ha presentato il suo progetto; produttore che gli ultimi soldi dal MIC li ha presi nel 2024, l'anno scorso. Quindi una legge, sebbene debba essere aggiustata e debba essere riequilibrata, come poteva essere la legge Franceschini, non è gestita da chi l'ha fatta, ma è gestita da chi governa. E chi governa il cinema italiano da 8 anni è la Sottosegretaria Borgonzoni. Il secondo punto, che noi riteniamo sia importante per quanto riguarda il cinema, sono le opere prime e seconde.

Le opere prime e seconde ci darebbero - ci daranno, speriamo - l'opportunità di trovare nuovi Matteo Garrone, cosa che non è stata fatta né con la legge preesistente, né con le correzioni fatte. Le correzioni fatte hanno mirato a esposizioni di sala di 300 date. Solo le major potevano rispondere a quei requisiti. In effetti, con le modifiche apportate in questi tre anni di Governo si è peggiorato quello che è il lavoro dei produttori indipendenti, ma indipendenti davvero, i piccoli produttori, quelli che una volta rischiavano di proprio.

Adesso, per fare il produttore, con questa legge sul tax credit, basta essere commercialisti, perché è tutto un calcolo che gira intorno ai soldi. Un altro punto della nostra mozione riguarda proprio le percentuali. Le percentuali di tax credit, a nostro avviso, dovrebbero essere inversamente proporzionali al costo del film, e questo per tentare perlomeno di calmierare gli eccessi che si sono avuti nell'elargire contratti faraonici a chiunque ormai. Un regista prende 2 milioni di euro o 3 milioni di euro. Faccio un esempio: per il film di Guadagnino lo Stato italiano ha messo 14 milioni di euro di parte sua.

Quattordici milioni di euro! E questo, secondo noi, non è possibile. Non è possibile perché, dagli ultimi dati, risulta che il 60 per cento delle maestranze, intese sopra e sotto la linea - mi spiego, parliamo di reparto artistico e parliamo anche di manovalanza, cioè la maestranza vera e propria, gli elettricisti, i macchinisti, eccetera -, negli ultimi 6 mesi non ha lavorato a sufficienza per assicurarsi un piatto di pasta, e gli stessi non hanno possibilità lavorative, e quindi speranze, per i prossimi 6 mesi. L'80 per cento degli intervistati campa facendo altro, campa facendo un pochino di doppiaggio quando capita.

Capita che vadano a fare i camerieri per poter tirare avanti, perché non si riesce più a mettere su un benché minimo sostegno per una famiglia che si deve portare avanti. Noi abbiamo fissato, inoltre, dei paletti che dovrebbero favorire le sale cinematografiche, che sempre più frequentemente stanno chiudendo. Adesso è possibile che un film finanziato dallo Stato esca in contemporanea in sala e in TV. Questo non può essere possibile. Noi abbiamo detto che ci vogliono 10 mesi prima del passaggio in televisione di un film proposto per la sala.

È successo adesso a Venezia con Netflix: ha presentato il film in sala e lo ha presentato in TV. In sala quel film ci resterà 3 giorni e dopo andrà solo ed esclusivamente in TV, perché i passaggi televisivi in prima serata funzionano all'interno del numero delle repliche che l'ultimo decreto stabilisce, decreto a cui si sono appellati tutti. C'è stato un ricorso al TAR e c'è stata una modifica che modifica non era. Un altro dei punti che secondo noi sono importanti riguarda la formazione delle commissioni. Per la formazione delle commissioni adesso si prevede che vengano nominati tutti dal Ministro e ci ritroviamo di tutto dentro.

Noi pensiamo che le commissioni debbano essere sorteggiate tra gli addetti ai lavori. Una commissione deve essere composta da uno sceneggiatore, da uno scenografo, da un direttore di fotografia, da un attore, da uno delle maestranze. Deve essere una commissione che non ha l'interesse politico nel promuovere questo o quel film.

Signor Presidente, sono tre anni: forse, per il mestiere, per il lavoro che ho fatto precedentemente, un poco di pratica di questo lavoro l'ho maturata, dopo quarant'anni. Mi sono confrontato spesso con associazioni, con colleghi, con addetti ai lavori. Ho ascoltato più volte tutti, ripeto, dagli sceneggiatori alle maestranze, a “Siamo ai titoli di coda”, all'associazione, appunto, degli ultimi della filiera, per così dire. Noi abbiamo proposto più volte delle modifiche da fare. Abbiamo detto: “sediamoci, parliamone”, mentre vedevamo intorno a noi che stava cascando questo mondo e si stava impoverendo sempre di più. E siamo dovuti ricorrere alla procura della Repubblica: abbiamo presentato tre esposti, da cui sono scaturiti questi cinque filoni di indagine.

Allora noi diciamo che, se davvero si vuole bene al cinema italiano, questa proposta può essere l'andare da un lato o l'andare dall'altro. Ho avuto una telefonata da Pupi Avati, il quale mi ha detto: “bravo, Gaetano”. Io ci ho lavorato come produttore, Pupi. Mi ha detto: bravo, chi non accetta la tua proposta, non vuole bene al cinema italiano.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Casu. Ne ha facoltà.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, noi, come Partito Democratico, nelle Commissioni competenti della Camera e del Senato, chiediamo da oltre un anno di parlamentarizzare quello che è un dibattito che interessa il Paese: quello sulla crisi che sta vivendo il cinema italiano e sulle conseguenze di questa crisi.

Abbiamo rivolto questo appello in più occasioni, perché riteniamo che sia fondamentale raccogliere un grido di dolore che arriva da tutte le professionalità, le capacità, le maestranze del nostro cinema, che sono e devono essere un elemento di orgoglio nel mondo. Ma quando poi, alla fine, ci ritroviamo in una condizione come quella in cui oggi si trova il cinema italiano, è indispensabile che nei luoghi delle istituzioni vi siano delle assunzioni di responsabilità. Per questo è importante il confronto che è stato avviato e raccogliamo molte delle osservazioni che sono state indicate dall'intervento che mi ha preceduto, dell'onorevole Amato. E così, per questo, presenteremo, con un nostro testo, tutta una serie di punti, di impegni che speriamo, insieme a quelli presentati dalle altre forze di opposizione e di maggioranza - perché non va politicizzato questo confronto, va portato avanti nell'interesse del Paese -, possano, da questo passaggio parlamentare, offrire elementi che vadano in una direzione.

Solo nell'ultimo anno sono state tantissime le mobilitazioni del settore. Personalmente, ricordo quella grandissima mobilitazione che c'è stata nel cinema Adriano: “Vogliamo che ci sia ancora un domani”; o ricordo, quella giornata, in concomitanza con i Nastri d'argento, davanti al MAXXI - si chiamava “Siamo ai titoli di coda” -, di donne e uomini, di organizzazioni, di realtà che non si rassegnano ad alcuni degli aspetti più gravi che stanno avvenendo.

Guardi, una delle conseguenze peggiori a cui stiamo assistendo è questa: noi abbiamo professionalità di cui dobbiamo andare orgogliosi nel mondo, abbiamo falegnami, abbiamo tecnici audio, abbiamo maestranze, che lavoravano per il nostro cinema, che stanno cambiando lavoro, che stanno spostando altrove le loro capacità e le loro professionalità, perché il calo delle produzioni, il calo di un settore che aveva registrato invece un periodo di forte crescita, sta andando a condizionare il destino, la vita di tantissime lavoratrici e lavoratori. E noi pensiamo che si debba per questo affrontare un dibattito.

Ci sono state voci molto autorevoli, è stato ricordato l'appello del regista Pupi Avati per l'istituzione di un'agenzia o di un Ministero dedicato esclusivamente al cinema e all'audiovisivo. È fondamentale che questo appello venga accolto, perché intorno a questo appello è possibile poi costruire i luoghi dove prendere decisioni. È fondamentale, però, che in questa discussione si sgomberi il campo da quella che è stata, a nostro avviso, la scelta più sbagliata di questo Governo, ossia considerare il cinema italiano - l'orgoglio del cinema italiano - come un settore ostile e portare avanti tutta una serie di interventi legati all'incertezza, all'incapacità di azione. Le produzioni internazionali sono calate: noi abbiamo ancora dati importanti, ma sono la coda delle produzioni che avevamo, abbiamo un dato annuale che crolla.

Abbiamo, poi, questa battaglia politica contro il tax credit, che è andata nella direzione più sbagliata, che non era quella giusta. Noi dobbiamo rivendicare la grande importanza del tax credit anche di restituire valore, perché, per ogni euro investito nel tax credit, sono 3,5 - è stato calcolato - gli euro che poi vengono come beneficio nell'economia del nostro Paese. Però è chiaro che si tratta di una norma di 10 anni fa. Quindi, andare a verificare, con strumenti di controllo o facendo tesoro delle esperienze, ciò che dev'essere modificato, è qualcosa di sano, è qualcosa di giusto, è qualcosa che siamo noi - come Partito Democratico e come forze di opposizione - a chiedere.

Quello che non possiamo accettare è politicizzare anche la scelta delle risorse come leva, come grimaldello, per cercare di orientare le produzioni, per decidere su che cosa fare i film, per decidere quali attori chiamare, per decidere quali argomenti. Ecco, dove si ferma l'azione, il tentativo di strumentalizzazione del cinema italiano e del ruolo, che si ha pro tempore, per governare le istituzioni di questo Paese, della destra italiana? Da questo punto di vista, noi vogliamo, invece, che questi temi vengano affrontati. Si affronti anche la questione della riforma del tax credit, ma senza dimenticarne il valore. Si faccia chiarezza anche su quelle scelte su cui noi, in qualche modo, abbiamo cercato costantemente di tenere alta l'attenzione. Vedere, ormai, Cinecittà come una landa desolata che ha perso la sua vocazione originaria è la cartina tornasole di un fallimento. E noi, di fronte anche alle opacità che stanno emergendo in queste ore, continuiamo a chiedere di fare chiarezza, perché crediamo che questo sia un settore che merita chiarezza, che merita attenzione e che merita di avere degli strumenti e dei luoghi adeguati per poter crescere e non fare passi indietro, come sta facendo sotto questa gestione.

Inoltre, pensiamo che sia fondamentale mettere in fila le questioni, ed è quello che proviamo a fare con la nostra mozione: abbiamo previsto un elenco di priorità, altre priorità vengono dai testi presentati dalle altre forze di opposizione; se il Governo e la maggioranza vorranno intervenire, sarà utile. La prima è quella che le iniziative devono essere volte a incrementare l'entità dei finanziamenti destinati al settore cinematografico e audiovisivo. Proprio per il ritorno che ha questo settore per il Paese, bisogna trovare più risorse, non meno risorse.

La seconda riguarda iniziative per potenziare il fondo per il tax credit per il cinema; correggere e rafforzare eventuali strumenti di controllo che possano essere più adeguati, ma al tempo stesso valutare, con questi correttivi, la possibilità di estenderlo anche ad altri settori, come quello teatrale e quello musicale.

Inoltre, promuovere le iniziative a tutela e sostegno del comparto cinematografico in tutta la sua evoluzione tecnologica. Con la proposta sull'intelligenza artificiale, abbiamo fatto una battaglia parlamentare sull'articolo 25, perché, dentro questa sfida tecnologica, c'è anche la velocità con cui l'intelligenza artificiale rischia di cancellare interi settori del cinema e delle professionalità legate al cinema. Penso al futuro dei doppiatori e degli sceneggiatori: abbiamo il dovere di pretendere che il nostro Paese sia al fianco di queste persone per costruire un futuro in cui l'innovazione non venga demonizzata, ma venga guidata, per fare sì che non sia contro il fattore umano, ma possa, anzi, essere un'ulteriore potenzialità che possa liberare ancora di più le possibilità che si mettono in campo. Invece, stiamo purtroppo camminando nella direzione opposta e non abbiamo il sostegno di questa maggioranza e del Governo su alcune questioni che sono cruciali. Purtroppo, non lo abbiamo avuto in Parlamento in occasione della discussione sull'intelligenza artificiale, speriamo che possa essere questa un'occasione per un cambiamento di rotta.

E, poi, promuovere un Piano nazionale di sostegno e rigenerazione delle sale cinematografiche, riconoscendone il ruolo strategico come spazi di fruizione culturale, coesione sociale e presidio territoriale, anche alla luce delle trasformazioni digitali e delle nuove modalità di consumo audiovisivo. Vogliamo rivendicare anche il successo delle battaglie che stiamo facendo a livello locale. Penso alla regione Lazio: grazie alla battaglia del gruppo del Partito Democratico e di tutte le forze di opposizione, abbiamo fermato un'azione pericolosissima, la legge regionale n. 171, che in qualche modo andava a permettere di realizzare, nelle sale cinematografiche chiuse, dei centri commerciali.

E invece, la strada che noi vogliamo è che i cinema, naturalmente, possano trovare una propria nuova vocazione, ma che tenga conto della funzione culturale e sociale che devono avere, non possono essere semplicemente utilizzati come spazi, immediatamente, per avviare attività commerciali.

Da questo punto di vista, il rilancio si deve costruire tenendo conto di quelle che devono essere norme che devono servire a garantire non solo la presenza delle sale cinematografiche nelle città, ma anche nei luoghi dove storicamente si trovano all'interno delle città. Non possiamo continuare a vedere sale chiuse nei centri storici, nei cuori pulsanti delle nostre città e dobbiamo accompagnare questi cambiamenti.

E dato che, però, in occasione di questa battaglia vinta, ad esempio nella regione Lazio, si è posto il tema “si farà una legge nazionale”, noi vigileremo che questa legge nazionale tenga conto di questa necessità e non sia l'ennesimo strumento per fare un favore a qualcuno e fare un danno ai cittadini delle nostre città.

Inoltre, noi continuiamo a chiedere, al fine di sostenere la produzione, di ripartire le risorse dei contributi selettivi disponibili in maniera congrua, nel rispetto di tutte le tipologie - non ci stiamo alla politicizzazione che sta accompagnando le scelte di questo Governo -, di avviare politiche di sostegno dei livelli occupazionali dell'industria cinematografica e per l'intera filiera culturale a sostegno di una politica di cultura fruibile ed autonoma e, al fine di tutelare i lavoratori dello spettacolo nei periodi di inattività, di reperire risorse adeguate per una completa attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 6, della legge n. 106 del 15 luglio 2022, di ripensare il sistema…

PRESIDENTE. Onorevole Casu, ha terminato il tempo. Grazie, grazie all'onorevole Casu.

Cogliamo l'occasione per salutare il dottor Harrison Hagan Schmitt e la signora Fitzgibbon: è uno dei primi astronauti che, nel 1972, 53 anni fa, mise piede sulla Luna nella missione Apollo 17. Grazie di essere con noi (Applausi). Grazie di averci onorato e saluti da tutta quanta la Camera dei deputati. Grazie di nuovo.

È iscritto a parlare l'onorevole Cangiano. Ne ha facoltà.

GEROLAMO CANGIANO (FDI). Grazie, Presidente. Prima di iniziare, consentitemi di portare il nostro augurio a tutti gli studenti che in Italia oggi riprendono l'anno scolastico, che rientrano nelle nostre scuole (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Parlare oggi di cinema significa parlare di una delle grandi colonne del nostro Paese. L'Italia è conosciuta nel mondo per il suo patrimonio artistico, per la sua storia, per la sua bellezza, ma anche per un immaginario collettivo costruito grazie al cinema, grazie a registi, grazie ad attori e maestranze che hanno reso grande il nostro Paese.

Il cinema non è soltanto arte e cultura, ma sappiamo tutti che è anche industria, lavoro, attrattività, turismo, è un settore che racconta chi siamo e che, se sostenuto e governato bene, può generare sviluppo e futuro.

Ebbene, i numeri dimostrano che il Governo Meloni e il Ministro Giuli - e consentitemi di salutare il Sottosegretario Mazzi - stanno facendo tanto, stanno provando a restituire fiducia, forza, prospettiva a questo settore. Non si tratta di dichiarazioni astratte, ma di fatti concreti e proveremo anche a spiegarlo. Nel 2016, le risorse destinate al cinema erano circa 250 milioni di euro, oggi stiamo a circa 700 milioni, una cifra confermata anche per il 2025. Gli investimenti in produzioni sono cresciuti del 53 per cento e quelli internazionali aumentati in modo considerevole rispetto al 2019. Significa che l'Italia è tornata ad essere un Paese attrattivo, un Paese credibile, un Paese nel quale le grandi produzioni vogliono investire.

Dal settembre del 2024 al luglio 2025 sono state presentate 729 domande per il tax credit, per un ammontare complessivo di 718 milioni. Ne è l'esempio il fatto che, mentre oggi stiamo qui a discutere di cinema, in Italia, in questo momento, sono 31 i set attivi. È la dimostrazione plastica che le scelte operate da questo Governo hanno rimesso in moto una macchina che negli anni passati è stata appesantita dalla burocrazia, tra incertezze e sprechi.

Ma non solo produzione, c'è anche pubblico. Per esempio, il progetto Cinema Revolution, promosso dal Ministero, ha riportato gente nelle sale: il più 2 per cento rispetto al 2024, il 17 per cento rispetto al 2023 e oltre il 20 per cento rispetto al triennio 2017-2019. Vuol dire che non ci stiamo limitando a sostenere chi produce, ma stiamo rafforzando anche la domanda culturale; stiamo rimettendo al centro i cittadini e, soprattutto, i giovani.

E poi c'è Cinecittà che, grazie a una visione strategica e a investimenti concreti, entro il 2026 sarà il principale hub europeo per la produzione audiovisiva. Strutture all'avanguardia e capacità produttiva: questo è futuro; questo è sviluppo; questo è il segno che l'Italia vuole competere, nonostante tutto il passato.

La mozione che oggi discutiamo, presentata dai colleghi del MoVimento 5 Stelle e dal presidente Conte, è una mozione che possiamo definire disfattista e obsoleta: disfattista perché dipinge un settore in crisi irreversibile, ignorando i risultati straordinari che ho appena ricordato, e perché mette l'accento solo sulle difficoltà senza riconoscere la ripresa, senza dare merito al lavoro e a chi lo sta facendo; obsoleta perché non indica soluzioni realmente innovative, non propone strumenti nuovi, non guarda alle sfide del futuro, si limita a rimettere in discussione ciò che non funziona, a evocare veti e a frenare - dal nostro punto di vista - gli investimenti.

Mi permetto di aggiungere - non dimenticando che proprio i 5 Stelle, quando erano al Governo, hanno prodotto nel cinema incertezza, norme confuse e ritardi - che oggi, dopo aver lasciato un settore in difficoltà, si presentano con una mozione che non costruisce, ma, a nostro avviso, distrugge e che non rilancia, ma scoraggia.

Ebbene, il cinema italiano non si rilancia con la paura, con i sospetti e con i veti; si rilancia con la fiducia, con il rigore e con il coraggio di investire. Questo è quello che sta facendo oggi il Governo Meloni.

Chiudo, Presidente, con un appello ai nostri giovani, al futuro della cultura: c'è bisogno di rafforzare tutto ciò che è stato fatto in questi anni, che difende la trasparenza, che promuove l'inclusione, che rende l'Italia protagonista in Europa e nel mondo.

Ringrazio il Ministro Giuli per il lavoro straordinario che sta portando avanti, per la visione che ha saputo imprimere e per la concretezza delle sue scelte. Ringrazio tutto il Governo Meloni, che ha messo la cultura e il cinema, in particolare, al centro della propria agenda politica, perché senza cinema non c'è identità, non c'è crescita, non c'è futuro.

Continueremo nell'azione per garantire che l'Italia, terra di grandi registi e grandi storie, resti anche nei prossimi decenni la Patria della bellezza e della creatività (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Passiamo all'ultimo intervento iscritto all'ordine del giorno. È iscritta a parlare la deputata Grippo. Ne ha facoltà.

VALENTINA GRIPPO (AZ-PER-RE). Sottosegretario, è stato detto…

PRESIDENTE. Aspetti. Aspetti un attimo che si deve accendere il microfono. Un attimo ancora, un attimo. Ci siamo? Perfetto. Dovrebbe accenderlo adesso.

VALENTINA GRIPPO (AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. L'Italia vanta una tradizione cinematografica e audiovisiva universalmente riconosciuta, che costituisce parte integrante del patrimonio culturale nazionale e, come tale, è tutelata dall'articolo 9 della Costituzione quale espressione dell'identità della Repubblica e della sua funzione di promozione e salvaguardia della cultura.

Al tempo stesso, però, il comparto dell'audiovisivo non è soltanto rilevante sotto il profilo culturale, ma rappresenta un settore produttivo strategico per l'economia nazionale, capace di generare occupazione qualificata, innovazione tecnologica e valore aggiunto lungo l'intera filiera.

Esso richiede, pertanto, un quadro normativo stabile, trasparente e competitivo, in grado di incentivare la produzione nazionale, sostenere le coproduzioni e attrarre investimenti esteri, garantendo così al Paese un ruolo centrale nel mercato globale. Questo elemento, il duplice valore culturale e industriale dell'audiovisivo, è l'elemento cardine con il quale si deve avere a che fare se si vuole pensare a un ruolo del pubblico efficace ed efficiente in una scacchiera globale.

Il tax credit, come è stato detto, è un meccanismo fiscale introdotto con la legge 14 novembre 2016, n. 220, e ha istituito un sistema organico di sostegno, ma - ripeto - è un meccanismo fiscale; non è un trasferimento di denaro pubblico, ma un credito d'imposta maturato a fronte di spesa privata eleggibile sostenuta in Italia. In altre parole, attiva spesa addizionale, addizionale che non ci sarebbe senza quel meccanismo e che arriva da noi, invece di andare in altri posti. È un ex post misurato su spese reali, a differenza dei contributi selettivi, i quali costituiscono interventi a fondo perduto con finalità culturali e di correzione dei meccanismi di mercato.

All'interno del tax credit, poi, noi abbiamo due diverse tipologie di contributo che si assomigliano ma che, in realtà, rispondono a delle logiche diverse: quello nazionale è uno strumento di politica culturale industriale domestica che dovrebbe sostenere opere, autori - e lo fa -, imprese e maestranze italiane, promuovendo pluralismo e innovazione e incentivando gli investimenti su produzioni e coproduzioni italiane e, con la nuova normativa europea, coproduzioni estere che vedono dei player italiani all'interno della coproduzione; quello internazionale ha, invece, finalità pienamente economiche di attrazione, in quanto porta nuova spesa, la porta in Italia, porta occupazione, porta gettito che altrimenti non ci sarebbe e non deve essere appesantito da vincoli estranei alla sua funzione. Entrambi questi strumenti sono degli strumenti, in un mercato globale, che non vengono utilizzati solo dall'Italia. L'Italia ha fatto scuola quando lo istituì, ma oggi lo hanno più o meno ripreso tutti gli Stati e utilizzano queste leve fiscali per fare concorrenza, per attrarre investimenti, per attrarre grandi player globali. Pensiamo alla Spagna che, sull'investimento nei Paesi Bassi, ha un tax credit del 50 per cento o, sulle Baleari, del 40 per cento e pensiamo alla Turchia. Gli altri Paesi giocano con queste leve fiscali, giustamente, per attrarre investimenti da tutto il mondo.

Secondo i media, il segmento audiovisivo (televisione, cinema, video online) vale 11 miliardi su 28,2 miliardi complessivi dell'industria culturale. In Italia operano 3.000 società di produzione - alcune molto grandi, alcune più piccole, alcune parcellizzate - e un numero infinito di addetti che, in modo diretto o in modo indiretto, lavorano per il cinema.

È tutta colpa di questo Governo se l'Italia ha visto un arretramento negli ultimi anni? No, è molto complesso quello che è avvenuto dopo il COVID nel settore audiovisivo. Ci sono dei fattori strutturali che penalizzano la performance italiana confrontata a quella di altri Paesi: la minore spesa culturale della famiglia, bassi investimenti in comunicazione commerciale ma, soprattutto, oggettivamente un livello di investimento pubblico inferiore rispetto ai maggiori Paesi europei.

Inoltre, quello che a noi manca è fare ciò che fanno tantissimi altri Stati. I sistemi più competitivi offrono stabilità normativa, tempi certi, sportelli efficienti, pacchetti integrati che vendono anche altri aspetti che interessano le industrie che vengono a girare in Italia - visti, permessi, location, servizi, lavori con gli enti locali, lavori con le film commission - che richiedono un lavoro di regia, di coordinamento.

Non scordiamoci, poi, che è anche un momento particolare nel quadro internazionale. Pensiamo alla voglia di alcuni operatori negli Stati Uniti, dopo le complesse scelte fatte dall'amministrazione Trump, di andare a investire altrove. Pensiamo alla complessa situazione della Francia, che oggi fa fermare uno degli Stati che era più avanzato. Evidentemente nessuno di noi gode delle disgrazie altrui, ma queste battute di arresto di altri mercati costituirebbero per l'Italia un momento per attrarre investimenti e non per restringerli. E, invece, negli ultimi anni, si è registrato uno spostamento rilevante di investimenti dall'Italia verso Spagna, Malta e Ungheria.

Allora, quello che noi vogliamo oggi sottolineare - e lo diremo meglio in dichiarazione di voto - è che...

PRESIDENTE. Onorevole è terminato il tempo.

VALENTINA GRIPPO (AZ-PER-RE). Se posso concludere la frase...

PRESIDENTE. No, non posso fare diversamente; purtroppo, ormai con la nuova regola non si può fare.

Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente?

GIANMARCO MAZZI, Sottosegretario di Stato per la Cultura. Mi riservo.

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 16 settembre 2025 - Ore 11:

1. Svolgimento di interrogazioni .

(ore 15)

2. Discussione del disegno di legge costituzionale:

Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare (Approvato, in prima deliberazione, dalla Camera e approvato, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato). (C. 1917-B​)

3. Seguito della discussione della proposta di legge:

LUPI ed altri: Istituzione della festa nazionale di San Francesco d'Assisi.

(C. 2097-A​)

e dell'abbinata proposta di legge: MALAGOLA ed altri. (C. 2231​)

Relatrice: GARDINI.

4. Discussione dei disegni di legge:

S. 1566 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2024 (Approvato dal Senato). (C. 2536​)

S. 1567 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2025 (Approvato dal Senato). (C. 2537​)

5. Seguito della discussione della mozione Conte ed altri n. 1-00445 concernente iniziative per il finanziamento del settore del cinema e dell'audiovisivo .

La seduta termina alle 15,55.