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Resoconti stenografici delle audizioni

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XIX Legislatura

Commissioni Riunite (IV Camera e 3a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 7 novembre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Minardo Antonino , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro della difesa, Guido Crosetto, nell'ambito dell'esame del Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il triennio 2023–2025 (Doc. CCXII, n. 1) (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Minardo Antonino , Presidente ... 3 
Crosetto Guido , Ministro della difesa ... 3 
Minardo Antonino , Presidente ... 11 
Craxi Stefania , presidente della Commissione affari esteri e difesa del Senato ... 11 
Minardo Antonino , Presidente ... 12 
Richetti Matteo (A-IV-RE)  ... 12 
Minardo Antonino , Presidente ... 13 
Marton Bruno  ... 13 
Minardo Antonino , Presidente ... 13 
Padovani Marco (FDI)  ... 13 
Minardo Antonino , Presidente ... 13 
Pucciarelli Stefania  ... 13 
Minardo Antonino , Presidente ... 14 
Graziano Stefano (PD-IDP)  ... 14 
Minardo Antonino , Presidente ... 15 
Bicchielli Pino (NM(N-C-U-I)-M)  ... 15 
Minardo Antonino , Presidente ... 15 
Crosetto Guido , Ministro della difesa ... 15 
Minardo Antonino , Presidente ... 22

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANTONINO MINARDO

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro della difesa, Guido Crosetto, nell'ambito dell'esame del Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il triennio 2023–2025 (Doc. CCXII, n. 1).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno delle Commissioni riunite Difesa della Camera e Affari esteri e Difesa del Senato reca l'audizione del Ministro della difesa, Guido Crosetto, nell'ambito dell'esame del Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il triennio 2023-2025. Anche a nome del presidente della Commissione Affari esteri e Difesa del Senato, senatrice Craxi, do il benvenuto al Ministro Crosetto e lo ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori. Do anche il benvenuto ai colleghi senatori e deputati presenti in quest'Aula e a quelli collegati da remoto.
  A questo punto cedo subito la parola al Ministro Crosetto per il suo intervento. Prego signor Ministro.

  GUIDO CROSETTO, Ministro della difesa. Grazie presidente. Signori presidenti, onorevoli senatori e deputati, ringrazio innanzitutto la senatrice Craxi, l'onorevole Minardo e tutti i componenti delle Commissioni per questa opportunità di confronto sul Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il triennio 2023-2025.
  Il documento che mi accingo a presentare è stato redatto in aderenza ai contenuti delle linee programmatiche illustrate all'atto dell'insediamento del Governo e mira a presentare un quadro esaustivo dello stato di salute delle nostre Forze armate e dello stato di previsione della spesa della Difesa che emerge dalla legge di bilancio 2023, fornendo al contempo un aggiornamento sulle attività che vedono impegnato il dicastero in chiave tanto previsionale quanto consuntiva, delineando il piano complessivo per lo sviluppo dello strumento militare per la modernizzazione delle Forze armate reso sempre più necessario sia dal progresso tecnologico che dalle crescenti e pressanti sfide che l'epoca e questi anni ci impongono.
  Infatti, il deterioramento del quadro di sicurezza internazionale, di cui la crisi israelo-palestinese è soltanto l'ultima espressione, ha portato alla luce una serie di carenze che gravano sul nostro sistema Difesa, con dirette conseguenze sullo stato di efficienza dello strumento militare e sulla possibilità di un suo impiego prolungato. Mi riferisco, in particolare, alle conclusioni cui si è giunti anche a livello europeo e cioè: ridotta disponibilità di scorta di munizionamento, difficoltà di approvvigionamento della catena logistica, nonché limitate capacità del tessuto industriale della Difesa nel fronteggiare l'improvviso aumento di domanda dei sistemi armamenti e munizionamenti. A questi fattori si aggiunge la necessità di sviluppare e sostenere sistemi di elevato contenuto di innovazionePag. 4 tecnologica, capaci di produrre effetti rilevanti in ambienti multi dominio.
  L'adattamento all'innovazione è fondamentale per essere competitivi in uno scenario dove giocheranno un ruolo strategico l'attitudine degli Stati e delle organizzazioni a percepire rapidamente i cambiamenti e la capacità di attuare misure idonee a sfruttare efficacemente le opportunità che l'innovazione tecnologica porta con sé. Tutto questo è stato messo ancora più in risalto dalla guerra in Ucraina che oltre, ad aver segnato un momento di cesura rispetto al passato, ci ha fatto prendere coscienza di alcune dinamiche e tendenze strategiche che si stavano già sviluppando da diversi anni, quale la crisi del sistema internazionale basato su un multilateralismo, il maggior attivismo e aggressività di alcuni attori statuali e la necessità di una tutela concreta degli interessi nazionali.
  In questo contesto lo strumento militare deve sapersi evolvere e reggere i cambiamenti del mondo circostante tornando a rappresentare il principale baluardo in termini di difesa e deterrenza da tutti i tipi di minacce, presenti e future, che la nostra nazione si troverà ad affrontare. Pur continuando a fornire il proprio apprezzato contributo alla pace, alla sicurezza internazionale e alla tutela degli interessi nazionali, le nostre Forze armate devono tornare a essere uno strumento militare pronto ad assicurare la difesa dello Stato in ogni momento e per tutto il tempo necessario, esprimendo livelli di prontezza ed efficienza adeguati e sostenibili nel tempo.
  Tutto ciò obbliga la Difesa ad avviare un profondo processo di rinnovamento e trasformazione che comporterà l'adozione di scelte che richiedono un sostegno politico e finanziario. Ma, prima di addentrarmi nella descrizione di come si svilupperà questo processo di rinnovamento dal punto di vista prettamente capacitivo, vorrei fare una riflessione su due aspetti fondamentali che ritengo importante trattare per primi, data la centralità che rivestono per la buona riuscita di tutta l'impresa. Mi riferisco alle politiche messe in atto per la revisione di tutto il modello della Difesa e a quelle relative al personale militare e civile, vero asset strategico del comparto. A tal riguardo, prima di continuare l'intervento, permettetemi di rivolgere un particolare ringraziamento a tutti gli uomini e le donne della Difesa, che abbiamo festeggiato qualche giorno fa, che – ovunque impegnati – lavorano senza risparmio di energie, orgoglio e professionalità, nell'assolvimento delle missioni assegnate a tutela della nostra sicurezza e degli interessi nazionali. Proprio in merito al personale, la fotografia che il documento ci presenta fa comprendere quanto sia importante agire sulla componente umana sia per migliorare l'operatività e la capacità di combattimento dello strumento militare, sia per offrire a ogni uomo e donna della Difesa una professionalità in cui realizzarsi a servizio del Paese e una maggior tutela della condizione militare.
  La strategia che si sta adottando è volta a raggiungere e assicurare l'equilibrio tra le dotazioni organiche del personale e le esigenze funzionali, frutto dei compiti assegnati alla Difesa. Per questa finalità si stanno avviando, in parallelo, una revisione dei flussi di alimentazione e un bilanciamento tra forze in servizio permanente e quelle in ferma prefissata, con l'introduzione della nuova categoria di volontari a ferma iniziale e triennale, nonché una revisione dello strumento della riserva, integrando la riserva selezionata con un'ulteriore aliquota di completamento.
  Per quanto attiene alle consistenze organiche, va rilevato che il differimento al 31 dicembre 2033 del termine per la contrazione dei volumi organici a 150 mila unità (ottenuto lo scorso anno con la legge n. 119) alla luce del mutato scenario internazionale potrebbe richiedere ulteriori interventi da parte del legislatore. Nel contesto attuale, infatti, si ravvisa l'esigenza di superare definitivamente l'obiettivo di contrazione dei volumi organici introdotto dalla legge n. 244 del 2012, che trovava la sua ratio in un contesto geopolitico e in una visione prospettica oggi completamente anacronistici. In merito è stato già deliberato uno schema di decreto legislativo teso a incrementare di 10 mila unità l'entità complessivaPag. 5 delle dotazioni organiche delle Forze armate, che riguarda per il 50 per cento ufficiali e sottufficiali e per il restante 50 per cento graduati e militari di truppa. A tal riguardo, la scorsa estate è stato presentato un disegno di legge di proroga dei termini per l'esercizio della delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la revisione dello strumento militare.
  Serve, poi, una trasformazione che deve rivoluzionare il settore del reclutamento, della formazione e dell'addestramento cercando anche in questo campo di rompere gli schemi e di imporre un cambio di mentalità, poiché i nuovi paradigmi operativi e i nuovi domini richiedono nuove competenze e specialità oltre a profili di carriera tutt'altro che tradizionali e pienamente flessibili (pensate soltanto all'intelligenza artificiale e alla cyber).
  In questo senso, partendo dalla grande ricchezza di esperienze e professionalità del suo personale, la Difesa dovrà evolvere sia verso le frontiere dei nuovi domini (appunto cyber, spazio) sia nel riappropriarsi di competenze a base di una moderna deterrenza e difesa.
  Tra le tematiche di interesse del personale militare della Difesa, il dicastero sta inoltre riservando la massima attenzione a dare seguito a quanto previsto dalla legge n. 46 del 2022 circa l'introduzione nel nostro ordinamento delle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari. A tal fine sono stati approvati – o sono in itinere – tutti i provvedimenti discendenti prodromici all'attuazione della legge stessa e si stanno portando avanti in tutte le sedi istituzionali competenti le azioni per rispondere alle principali problematiche e all'interesse del personale. Tra queste ritengo assolutamente prioritario adottare una previdenza dedicata per i militari, al momento penalizzati rispetto a tutte le altre componenti, per consentire loro di beneficiare di un trattamento pensionistico aderente alla loro specificità che discende dalla peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali previste da leggi e regolamenti. Un particolare trattamento, quindi, capace di compensare anche il mancato avvio della previdenza complementare.
  Il dicastero, infine, sta ponendo in atto le opportune azioni affinché vengano stanziate le risorse necessarie per definire i miglioramenti economici relativi al triennio contrattuale 2022-2024 in relazione alla citata specificità.
  Per quanto concerne invece il personale civile è fermo intendimento della Difesa salvaguardare e valorizzare tale importante componente del dicastero, riconoscendo le variegate e altamente qualificate professionalità che la stessa è in grado di esprimere. Un'attenzione particolare è stata dedicata alle procedure concorsuali con l'obiettivo di favorire, quanto più possibile, il turnover di risorse umane nei settori più nevralgici, seguendo l'obiettivo di colmare in tempi brevi le numerose carenze che ancora si registrano in molte articolazioni. Si intende così dare nuova linfa agli stabilimenti, agli arsenali e alle altre realtà produttive a beneficio non soltanto della Difesa, ma anche di tutte le comunità e i territori che tali siti ospitano.
  La medesima attenzione sarà dedicata al tema della formazione e della riqualificazione delle risorse interne. In quest'ottica saranno adeguatamente supportate le strutture dell'amministrazione deputate alla crescita e allo sviluppo professionale e ulteriormente rafforzate le collaborazioni con le altre realtà istituzionali di riferimento. Inoltre, compatibilmente con le risorse disponibili dato l'attuale quadro macroeconomico, proseguirà l'impegno dell'Amministrazione nell'individuazione di soluzioni e strumenti che consentano di azzerare la forbice tuttora presente, anche se in misura minore rispetto al passato, nel confronto con i trattamenti economici di altri dicasteri del comparto. Tuttavia, l'efficacia non può essere cercata solo operando le modifiche al settore del personale, ma impone interventi per assicurare una piena efficienza organizzativa. Per questo motivo abbiamo avviato un profondo processo riorganizzativo delle strutture centrali del dicastero con lo scopo principale di eliminare duplicazioni, imprimere maggiore efficienza ai processi, aumentare le capacità Pag. 6operative esprimibili. Il tutto a sostegno della flessibilità, semplificazione, efficacia e tempestività delle risposte.
  Con i decreti-legge n. 44 e n. 75 del 2023 sul rafforzamento delle capacità amministrative, oltre a predisporre gli strumenti per creare questa maggiore consapevolezza, è stato avviato un processo di riorganizzazione strutturale e funzionale del ministero volto a potenziare i settori strategici della ricerca, dell'innovazione tecnologica e industriale, del procurement militare, nonché a valorizzare le professionalità della dirigenza civile mediante la creazione di reali possibilità di accesso agli incarichi apicali. Tale percorso di rimodulazione organizzativa tiene conto, fra l'altro, delle più recenti prospettive di riforma in atto in ambito NATO e UE, che rendono non più procrastinabile la creazione di un contesto abilitante per la competitività dell'industria nazionale all'estero, nonché la promozione di attività di ricerca e innovazione del contesto militare e non solo.
  Entrando nel vivo del discorso sul processo di ammodernamento dello strumento, con la doverosa premessa a carattere finanziario, è necessario anzitutto che tale processo sia sostenuto da un quadro finanziario adeguato, ma anche certo e stabile. È un tema sul quale ho già avuto modo di esprimere la mia posizione negli ultimi mesi, ma che voglio ribadire in questa sede in maniera sintetica e diretta.
  Dal punto di vista dell'adeguatezza degli stanziamenti, consapevoli delle difficoltà del quadro economico attuale, occorre proseguire nel percorso di progressiva crescita del bilancio per affrontare le nuove sfide e rispettare gli impegni assunti in ambito NATO. A tal riguardo ricordo che, nel recente vertice di Vilnius, il requisito del 2 per cento nel rapporto tra spese per la difesa e PIL è diventato non più un traguardo da raggiungere per la NATO, ma una base di partenza. Questo tema rimane centrale, non solo perché questi obiettivi vengono chiesti dall'Alleanza di cui facciamo parte, ma soprattutto per rendere il nostro strumento militare più credibile in un contesto di sicurezza internazionale sempre più deteriorato. Premetto che non stiamo parlando di un vincolo calato dall'alto e imposto dall'Alleanza, ma di un impegno assunto congiuntamente da tutti gli alleati nel 2014 e poi confermato da tutti i Governi successivi in Italia e anche da questo Esecutivo che, pur intenzionato ad assolverlo, non lo subisce in modo passivo. In diverse occasioni infatti ho espresso la necessità che la NATO non fissi impegni finanziari irrealistici e ho proposto di attribuire la giusta rilevanza anche ad altri parametri, oltre a quello del 2 per cento, come quelli relativi ai contributi di truppe forniti per attività operative o di capacity building anche al di fuori dell'Alleanza. Inoltre da tempo mi sto facendo promotore, in ogni sede possibile, di un'attività di sensibilizzazione nei confronti delle Istituzioni europee e dei Ministri della Difesa dei Paesi dell'Unione, affinché vengano scorporate le spese di investimento per la difesa dai vincoli posti dal Patto di stabilità e crescita. Senza questo accorgimento sarà molto difficile coniugare l'aumento delle spese non solo della Difesa con i vincoli comunitari.
  Queste iniziative tuttavia non devono distogliere l'attenzione da un dato di fatto: la necessità di aumentare gli stanziamenti a favore del comparto difesa. Siamo infatti molto lontani dal 2 per cento, un obiettivo impossibile per il 2024 ma se devo essere sincero con voi, e lo sono sempre, difficile anche per il 2028. Di contro, per quanto attiene alla certezza e stabilità dei finanziamenti, ritengo doveroso fare una precisazione. In passato mi avete sentito utilizzare il termine legge triennale sull'investimento. Ciò non significa varare un nuovo portato legislativo. Il fondo investimenti Difesa è senza dubbio il mezzo migliore per soddisfare le esigenze di ammodernamento dello strumento militare, tuttavia procedere attraverso finanziamenti annuali del Fondo allunga i tempi di realizzazione delle imprese, ne aumenta i costi, diminuisce l'efficacia dei programmi, rende difficoltosa la gestione di procurament del supporto industriale con conseguenze negative non solo sul processo di sviluppo dello strumento, ma anche sulle potenziali ricadute industriali, occupazionali, economiche Pag. 7nazionali in generale. Occorre puntare a un meccanismo di rifinanziamento che renda disponibili nell'immediato i volumi finanziari relativi ad almeno tre provvedimenti successivi (con profondità 17 anni) favorendo la relativa programmabilità ex ante per l'intero periodo. Si tratta di un intervento a mio avviso improcrastinabile che (prescindendo dal pur necessario intervento di cui ho già detto) fornirebbe la giusta certezza e profondità degli stanziamenti, determinando un rilevante valore aggiunto sotto vari profili, nonché l'importante possibilità di supportare efficacemente la posizione nazionale – sui tavoli internazionali – dei vari programmi cooperativi per l'effetto di stimolo all'industria a porre in essere investimenti complementari e adottare più favorevoli strategie occupazionali.
  In aggiunta a quanto detto occorre poi rivitalizzare il legame col Ministero delle imprese e del made in Italy presso il quale ritengo necessario un incremento di volumi da dedicare ai programmi della Difesa di maggiore impatto per il sistema Paese. In tal senso la Difesa ha già presentato al Mimit un piano dettagliato di quelle che sono le progettualità da sostenere, che confido possa essere recepito.
  Ritengo inoltre che debba essere posta una particolare attenzione anche sullo stato di grave ipofinanziamento del settore esercizio, dedicato in massima parte dell'operatività dello strumento militare, che ha raggiunto livelli ormai insostenibili e sul quale ora gravano anche gli obiettivi di risparmio dettati dalla spending review. Ciò incide in maniera importante sia sui livelli di efficienza dei mezzi e sistemi in dotazione, sia sulla possibilità di effettuare idonee attività esercitative. Questa situazione richiede assolutamente un intervento urgente per essere quantomeno mitigata.
  Dal punto di vista prettamente capacitivo, il piano di ammodernamento e rinnovamento dello strumento militare tiene conto dei gap identificati nel ricorrente processo di pianificazione generale nonché delle esigenze di ammodernamento e degli impegni assunti in ambito internazionale, in particolare il capacity target fissato dalla NATO. L'obiettivo cui tendere è quello di disporre di Forze armate efficienti ed efficaci, realmente integrate, tecnologicamente all'avanguardia, moderne e bilanciate, capaci di esprimere una deterrenza e difesa credibile, disponendo di concrete capacità operative in grado di generare effetti decisivi in tutti i domini e assicurando un contributo qualificato e incisivo nell'ambito delle relazioni internazionali.
  Le direttrici sulle quali la Difesa si muoverà, dunque, saranno numerose e sfidanti. Sarà necessario massimizzare gli sforzi verso una concreta e reale integrazione in ottica interforze, unificando quei settori e servizi comuni con una connotazione che non può più essere di facciata ma deve diventare patrimonio consolidato delle nostre Forze armate ancora fortemente pervase, per ragioni storiche, da logiche di componente. A questo si aggiunga la necessità di realizzare uno strumento integrato e multi dominio, ossia capace di generare effetti coordinati su tutti i domini inclusi quelli emergenti rilevanti. In questo senso la Difesa dovrà continuare lo sviluppo di capacità strategiche nel settore spazio e cyber divenuti ormai domini determinanti nella definizione delle operazioni. Inoltre, dovremo essere pronti a cogliere nuove prospettive di sviluppo capacitivo che interessano l'ambiente subacqueo, dimensione di sempre maggior confronto e competizione internazionale, soprattutto per la presenza di quelle infrastrutture critiche dei settori energetico e delle comunicazioni la cui integrità rappresenta un interesse vitale per la nazione. Lo strumento militare, poi, dovrà saper cogliere al meglio le opportunità offerte dall'innovazione tecnologica, investendo adeguate risorse nello studio, applicazione e sfruttamento delle nuove tecnologie emergenti dirompenti, nella consapevolezza che l'uso responsabile ed efficace di queste nuove tecnologie (come l'intelligenza artificiale, le tecnologie quantistiche e i sistemi autonomi) sarà un fattore determinante per generare sicurezza e garantire la superiorità in caso di confronto.
  Al contempo rimane imprescindibile la duplice necessità, da un lato, di acquisire un complesso di capacità sempre più moderno,Pag. 8 tecnologicamente bilanciato e coerente con le sue componenti e, dall'altro, di incrementare significativamente i livelli di prontezza operativa, soprattutto per quanto riguarda la disponibilità di munizionamento, armamento, scorte e parti di rispetto. Completa il quadro la necessità di acquisire capacità credibili ed efficaci orientate alla comprensione in anticipo degli obiettivi, delle intenzioni e delle azioni complessive dei nostri potenziali avversari e un'idonea azione di contrasto di tutte le minacce (anche le più evolute) e alla proiezione delle forze nei teatri di interesse nazionale in tempi rapidi e con l'adeguato livello di autonomia.
  Quanto detto trova riscontro nella programmazione della Difesa riportata nel DPP 2023, che rappresenta un processo estremamente dinamico, soggetto ad aggiustamenti e aggiornamenti che derivano dall'esigenza di garantire la flessibilità di sviluppo di uno strumento militare chiamato a rispondere al dinamismo delle sfide di sicurezza. Tuttavia ricordo che l'avvio di tutti i programmi di ammodernamento e rinnovamento della Difesa avverrà sempre nel rispetto dei dispositivi normativi vigenti ivi compreso, nei casi previsti, il coinvolgimento e l'espressione del parere in merito da parte delle competenti Commissioni parlamentari.
  Il driver principale permane quello di perseguire i programmi strategici che assicurino la massima convergenza tra le prioritarie esigenze capacitive delle Forze armate e le capacità produttive e la competitività dell'industria nazionale in un'ottica di complessiva ricaduta positiva sul tessuto economico nazionale.
  La ratio ormai è quella consolidata. Utilizzare, ove possibile, il mercato nazionale come principale strumento per soddisfare le esigenze di sviluppo capacitivo dello strumento militare e per perseguire lo sviluppo delle future tecnologie strategiche. Non dimentichiamo, infatti, che le spese del settore difesa hanno una valenza strategica se si pensa che, in media, ogni euro investito nel sistema difesa genera circa 2 euro addizionali di valore aggiunto nel sistema Paese e che, per ogni 10 occupati nel settore delle grandi imprese, corrisponde l'occupazione di ulteriori 30 lavoratori nel settore delle piccole e medie imprese dell'indotto e in quello dei beni e servizi di consumo.
  Sulla base di queste premesse possono dunque essere inquadrati i programmi previsti nel DPP 2023. In sintesi, la programmazione approvata conta 193 programmi, facenti parte della programmazione operante, cui si aggiungono 33 programmi di previsto avvio per un impegno finanziario complessivo nel triennio 2023-2025 di 25 miliardi, di cui 1,3 per nuovi programmi. I volumi in parola sono frutto delle sovrapposizioni delle assegnazioni finanziarie definite annualmente, anno dopo anno, dal legislatore attraverso varie leggi di bilancio, nonché di risorse aggiuntive rinvenienti nei fondi iscritti sullo stato di previsione della spesa del Mimit. Tali impegni finanziari costituiscono la prova della capacità di spesa del dicastero.
  Come stabilito dalla recente legge di bilancio 2023, la Difesa può contare nel settore investimento delle risorse recate dal finanziamento dal fondo investimenti difesa che, per il periodo 2023-2038, prevede un'assegnazione di circa 15,3 miliardi ripartiti in 4,6 per finanziare programmi di previsto avvio e 10,7 per programmi già operanti. A questi si aggiungono i 2,2 miliardi a valere sullo stato di previsione del Mimit, che sono stati interamente locati su programmi operanti. Le risorse in afflusso attraverso la legge di bilancio 2023 consentono di continuare un processo già avviato con le due precedenti leggi di bilancio, finalizzato al rinnovamento di molteplici segmenti capacitivi ormai non più adeguatamente rispondenti ai moderni requisiti operativi, nonché soprattutto alle disponibilità qualitative di possibili competitor.
  Rimandando all'intervento del Capo di Stato maggiore della Difesa, l'Ammiraglio Cavo Dragone, per la disamina puntuale e dettagliata dei programmi, i settori in cui si è inteso intervenire in maniera più decisa sono: la prosecuzione dell'ammodernamento della capacità nazionale di difesa aerea e missilistica a media portata; l'ammodernamento della componente pesante Pag. 9terrestre attraverso il perseguimento di più linee di azione in modo parallelo e contemporaneo, quali il rinnovamento di alcune delle piattaforme già in uso (Ariete) e l'acquisizione di piattaforme di nuova generazione già disponibili in commercio (Leopard 2) e l'avvio di programmi di collaborazione a livello europeo per lo sviluppo dei sistemi terrestri di futura generazione quali l'Armoured Infantry Combat System e il Main Ground Combat System; l'incremento della capacità nazionale di sorveglianza nelle aree marittime di preminente interesse nazionale mediante la realizzazione di due ulteriori FREMM di nuova generazione; la prosecuzione del programma di ricerca e sviluppo per i velivoli di sesta generazione GCAP (ex Tempest), la cui partecipazione della Difesa al programma – insieme al Regno Unito e Giappone – garantirà all'Italia l'esclusivo accesso a un progetto innovativo e all'avanguardia, destinato ad avere risvolti non solo nell'ambito operativo tecnologico militare ma anche a favore della crescita sistemica delle filiere produttive civili operanti nel settore.
  Particolare attenzione viene riservata allo sviluppo delle capacità strategiche nel settore dello spazio in cui il Paese dispone di una filiera aerospaziale completa in tutta la catena del valore, e cyber con un convinto finanziamento di diversi programmi cui si affiancano importanti progettualità tese a sfruttare nuove prospettive di sviluppo capacitivo che interessano sempre di più la dimensione subacquea e le opportunità offerte dall'innovazione tecnologica in questo campo. Inoltre, nella consapevolezza del crescente ruolo dei sistemi unmanned negli attuali e futuri scenari operativi in tutte le dimensioni, sono previste acquisizioni ma anche approfondimenti che consentono di sfruttare la valenza operativa e i ritorni industriali connessi con lo sviluppo delle capacità associate a questi assetti.
  Infine, rimane prioritario il mantenimento e la disponibilità di dotazioni di armamento e munizionamento ad una quota tale da esprimere un adeguato livello di combat power. A tale scopo, il DPP dà conto di una programmazione che prevede diversi programmi divisi tra tutte le componenti.
  Per poter realizzare con successo il processo evolutivo finora descritto dovremo essere capaci di fare sistema tra Difesa e industria di settore in un contesto in cui avanguardia tecnologica, interoperabilità e digitalizzazione sono elementi abilitanti per fronteggiare i dilemmi che i futuri scenari ci porranno dinanzi. È pertanto essenziale ricercare una maggiore e rinnovata sinergia tra Difesa e industria nazionale per favorire l'innovazione tecnologica e garantire una sempre più qualificata partecipazione italiana ai programmi di cooperazione internazionale nel contesto europeo e transatlantico, non trascurando la cooperazione in ambito Paesi G7 e gli accordi bilaterali con altri Paesi.
  Occorre che il rapporto tra le Forze armate e l'industria volga verso la realizzazione di un sistema difesa inteso quale unicum realmente integrato e armonizzato, in cui l'industria della difesa si possa sentire supportata e incentivata, ma soprattutto responsabilizzata a diventare una leva ad alto contenuto tecnologico in grado di abilitare le Forze armate a operare in modo predittivo per i futuri scenari di crisi. Oggi questo percorso non è ancora armonicamente sviluppato in quanto assistiamo ad alcuni settori industriali della Difesa particolarmente all'avanguardia e concorrenziali, ed altri rimasti troppo indietro e incapaci di sfruttare appieno le occasioni che si presentano. Il nostro obiettivo dovrà, dunque, essere quello di definire e porre in atto un piano di consolidamento di tutta la base industriale del comparto Difesa, che renda tale settore competitivo in tutte le sue componenti, efficace all'interno dei programmi di sviluppo di respiro globale e, in ultima analisi, meglio posizionato nei futuri inevitabili processi di aggregazione europea. Inoltre, a fattor comune, dobbiamo affrontare le difficoltà del tessuto industriale della Difesa di ampliare le produzioni nel breve periodo, soprattutto per far fronte alle esigenze delle Forze armate in tempi compatibili con lo scenario odierno.
  È necessario maturare la consapevolezza che l'industria rappresenta un assetPag. 10per il Paese quale strumento di influenza geopolitica, fondamentale moltiplicatore di valore occupazione, nonché attore protagonista nella salvaguardia della sovranità strategica. Per ottenere questo obiettivo, un aspetto fondamentale è rappresentato dal raggiungimento e consolidamento di una condizione di autonomia strategica, già a partire dal settore della ricerca scientifica e tecnologica, una sfida che vede il sistema difesa quale catalizzatore delle migliori energie creative e innovative produttive del Paese. In questo ambito sta proseguendo l'impegno della Difesa nello sviluppo di programmi di ricerca scientifica e tecnologica con l'obiettivo di traslare le innovazioni nate per scopi militari in ambito civile, con importanti risvolti per il progresso e il benessere della nostra società e con l'obiettivo di stimolare, a cascata, ulteriore sviluppo tecnologico. Allo stesso tempo la Difesa promuove e persegue la sostenibilità sociale per rimanere punto di riferimento per cittadini e territorio.
  Da un lato, le Forze armate in virtù della loro capillare presenza sul territorio dovranno assicurare il rispetto e il contributo allo sviluppo economico e occupazionale nel quadro di una rinnovata sinergia e corretta integrazione nel tessuto sociale; dall'altro, occorrerà intraprendere una revisione del modello di business e dei processi di sviluppo improntati ai principi alla base della sostenibilità stessa, quali l'equità economica, sociale e nell'uso delle risorse, il rispetto degli equilibri, della dignità e delle diversità, l'impegno alla trasformazione. Questi principi dovranno caratterizzare il processo di trasformazione dello strumento per adattarsi agli incessanti mutamenti dell'innovazione tecnologica e delle condizioni geopolitiche. In questo contesto si inseriscono, per esempio, le iniziative tese all'efficientamento energetico delle infrastrutture militari, all'implementazione della produzione di energia da fonti rinnovabili, alla valorizzazione del patrimonio immobiliare della Difesa. Inoltre, la riduzione dei consumi non va vista solo in ottica green, ma è anche dettata dalla necessità di adeguare i sistemi d'arma in modo da essere più rispondenti alle esigenze geopolitiche: infrastrutture, mezzi, sistemi meno energivori, che comportano un peso logistico minore e concorrono a ridurre la dipendenza strategica. Ovviamente, nel caso dei mezzi e dei sistemi da combattimento tale orientamento non dovrà incidere sui loro requisiti operativi.
  La Difesa, sebbene non sia interessata dai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, può giocare un ruolo importante agendo da potenziale acceleratore su alcuni dei suoi assi strategici quali il digitale, la transizione ecologica, la salute, favorendo l'accessibilità del ricco carico di innovazioni derivanti dai propri programmi a beneficio dell'intero tessuto sociale. In questo ambito si colloca il coinvolgimento relativo alla finalizzazione di specifiche attività e programmi nell'ambito di iniziative più ampie guidate da altre amministrazioni, segnatamente nel settore cyber security, della digitalizzazione, delle comunicazioni satellitari. Inoltre la Difesa, per la valenza strategica dei suoi investimenti, rimane disponibile a cogliere nell'ambito del PNRR forme di partecipazione e collaborazione più estese con altri dicasteri, oltre alle sinergie tra gli stakeholder pubblici e privati per il perseguimento di tecnologie rivoluzionarie di prossima generazione.
  Da ultimo vorrei ricordare che il DPP, oltre a dare l'opportunità al dicastero di illustrare al Parlamento le previsioni di spesa per l'anno in corso e per il biennio a venire, assolve alla fondamentale funzione di condividere con i cittadini le attività e le esigenze intrinseche dello strumento militare, contribuendo ad aumentare nella collettività nazionale la consapevolezza del ruolo svolto dalle Forze armate e anche il livello di partecipazione democratica alle scelte governative in materia di sicurezza e difesa nazionale e internazionale.
  In termini di consapevolezza sul ruolo fondamentale della Difesa e dell'importanza che questa riveste, il documento concorre alla diffusione di quella che chiamiamo cultura della difesa, coerente agli obiettivi e al rango cui il Paese aspira a livello internazionale. Lo fa favorendo la piena comprensione del valore strategico degli investimenti destinati alla Difesa che, Pag. 11soprattutto nell'attuale fase, rappresentano uno straordinario moltiplicatore di effetti per il sistema paese. Lo scopo è quello di superare definitivamente la stucchevole polemica politico-ideologica che associa alle spese della Difesa solo il concetto di costo economico e sociale. Dobbiamo, invece, promuovere una cultura che identifichi le spese della Difesa per quello che sono, cioè un valore. Parliamo, infatti, di spese che producono un circuito virtuoso sia in termini di sicurezza fornita alla nazione e di tutela degli interessi nazionali, sia in termini di traino all'economia del Paese (per gli impatti economici, sociali, tecnologici e occupazionali) e di sostegno alla competitività e posizionamento nello scenario internazionale.
  Per questo motivo in un'ottica di schematica suddivisione tra funzione programmatico-normativa del documento e quella informativa e divulgativa, a partire da quest'anno, abbiamo avviato un processo di revisione del documento teso a separare queste funzioni, che si riflette per ora solo nella sua struttura in due tomi. Per il prossimo anno è invece mio intendimento che il dicastero produca un DPP per la funzione programmatica e normativa più asciutto ed essenziale e un progetto editoriale completamente nuovo per la funzione informativo-divulgativa.
  A conclusione del mio intervento presidente, onorevoli colleghi, convinto di rappresentare così anche il vostro sentimento, desidero ribadire ancora una volta con forza la mia riconoscenza e il mio ringraziamento alle donne e agli uomini della Difesa per ciò che fanno giornalmente, per il sacrificio, la professionalità, l'umanità che costantemente dimostrano nell'espletamento del loro servizio. Nessuna piattaforma, seppur tecnologicamente avanzata, può sostituire le potenzialità umane. Pertanto, è fondamentale disporre di uomini e donne in possesso di solidi valori etico-morali, motivati, professionalmente preparati, inseriti in un contesto lavorativo sano e organizzato capace, dunque, di mettere a frutto in modo ottimale le loro potenzialità. La mente umana rimane, come sempre, al centro dello strumento militare.
  Grazie per l'attenzione, sono a disposizione per le vostre domande.

  PRESIDENTE. La ringrazio signor Ministro. Passiamo adesso al dibattito.
  Avverto che gli interventi dei senatori e dei deputati si susseguiranno secondo il consueto criterio dell'alternanza tra le due Camere e tra i singoli gruppi. In particolare, procederemo a un primo giro di domande, con replica da parte del Ministro, e ad un eventuale secondo giro di domande, con ulteriore replica del Ministro, in modo da assicurare per ogni tornata l'intervento di ciascun gruppo. Propongo che, al primo giro, gli interventi rispettino una durata di tre minuti e, al secondo giro, la durata di un minuto.
  Do la parola alla presidente Stefania Craxi per il suo intervento.

  STEFANIA CRAXI, presidente della Commissione affari esteri e difesa del Senato. Molto brevemente, credo che a nessuno dei colleghi parlamentari sfugga che dal 24 febbraio, ormai di quasi due anni fa, e ancor più dal 7 novembre, il mondo è cambiato. La difesa e la sicurezza sono tornati a essere temi centrali dell'agenda politica e, quindi, come giustamente ha fatto presente il Ministro, il nostro sistema di difesa ha bisogno di un processo di riforma e di ammodernamento, nonché di maggiori risorse.
  Quando dico questo parliamo di tante cose, perché parliamo del fatto che le nostre Forze armate sono passate da essere grandissimi operatori di peacekeeping ad una situazione in cui sono di fatto di fronte a delle guerre e, quindi, le nostre Forze armate dovranno tornare a fare quello di cui la Costituzione le ha incaricate ovvero la difesa della Patria, la difesa anche della pace nel sistema internazionale.
  Questo vuol dire che, gradualmente, dovremmo arrivare come ha detto il Ministro, compatibilmente con la nostra situazione di bilancio, a quel famoso tetto del 2 per cento per le spese della difesa, che però vuol dire tante cose: vuol dire spendere in ricerca, per acquisire expertise tecnologici, nuove professioni, soprattutto nei nuovi Pag. 12ambiti e domini che ci troviamo di fronte; vorrà dire interoperabilità, catene di approvvigionamento certe e sicure ed anche questo è un grandissimo tema; infine, vorrà dire anche miglioramento delle condizioni di vita di uomini e donne che hanno nelle loro mani un compito così prezioso non dico solo per noi, ma per l'umanità.
  Quindi, credo che tutti nelle nostre Commissioni, al di là anche degli schieramenti politici, siamo molto consapevoli delle sfide che ci attendono.

  PRESIDENTE. Grazie presidente Craxi. Do la parola all'onorevole Richetti. Prego.

  MATTEO RICHETTI. Grazie presidente e grazie Ministro. Sarò rapidissimo. Faccio solo due riflessioni. La prima è che ho trovato la sua relazione molto consapevole, non solo del tempo in cui incastoniamo la nostra attività, ma anche del fatto – e mi rivolgo a tutti i colleghi – che se noi non usciamo da questa discussione del tetto del 2 per cento per le spese militari non andiamo da nessuna parte. Perché la contrapposizione per cui togliamo soldi ad altri aspetti fondamentali del Paese, dalle pensioni alla spesa sociale o al sostegno ai lavoratori per metterli nelle armi, è la più grande strumentalizzazione che si possa fare di questo dibattito.
  Noi stiamo garantendo gli strumenti per la difesa e stiamo garantendo la sicurezza dei cittadini. Perché se non deponiamo qualunque tipo di qualunquismo e di populismo in questa discussione (il presidente Casini mi ricorderebbe che sulla politica estera e di difesa un Paese come il nostro non si divide e non si può dividere, perché dovremmo avere le idee chiare) non raggiungiamo quell'obiettivo. Perché un conto è dire ad un pensionato: «non ti aumentano la pensione, ma trovano i soldi per le armi», un altro conto è dire, sempre a quel pensionato, che l'energia, il grano, le materie prime e tutto ciò che serve ad una società per essere sicura è garantito anche con le missioni internazionali e con strumenti in dotazione al nostro Esercito, altrimenti rischiamo di non capirci. Se ad un imprenditore delle piastrelle dico che il carico arriva grazie al fatto che i nostri militari con le azioni antipirateria nel Nord Africa e nella parte occidentale dell'Africa consentono il traffico delle merci, allora valuterà quel 2 per cento in spese militari in un'altra maniera.
  Io credo che lei abbia centrato il punto e mi fa piacere che lo stiano centrando molti attori del sistema della difesa. Abbiamo ascoltato pochi giorni fa l'amministratore delegato di Leonardo, che sta predisponendo il prossimo piano industriale per un'azienda strategica per il nostro Paese, e mi pare che finalmente si vada in una direzione in cui si recupera un po' di ritardo. Perché la Difesa non è solo strumenti tradizionali, ma è intelligenza artificiale, è cyber, è spazio, è interazione con tutto ciò che sta accadendo nel mondo delle nuove tecnologie.
  Però credo che questo aspetto – poiché ci accingiamo a discutere la legge di bilancio e ci accingiamo a riflessioni che riguardano l'utilizzo delle risorse pubbliche che ha il nostro Paese – fa la differenza tra un dibattito stereotipato e che in un momento delicato come questo non fa servizio al Paese, e un dibattito che invece serve piuttosto a metterci nelle condizioni di garantire la sicurezza. Perché oggi un conflitto è certamente un conflitto che investe la spesa militare tradizionale, ma che investe anche la sicurezza in tutte le sue dimensioni: sociale, economica, alimentare, e su questo dovremmo costruire una strategia comune.
  Passo al secondo punto e ringrazio il Ministro perché ha anticipato i tempi. Noi abbiamo chiesto al nostro presidente di fare questa audizione potendo avere la sua presenza in un momento delicato come questo. Non abbiamo discusso delle nostre missioni militari però, vista la sua presenza, le chiederei se può dedicare qualche minuto rispetto alla strategia che intendiamo utilizzare nella missione Unifil in Libano. Noi abbiamo sentito le parole piuttosto impegnative, per non dire minacciose, pronunciate a Teheran rispetto alla presenza dei nostri soldati in Libano. Lei stesso ha utilizzato parole di grande prudenza rispetto alla presenza così significativa di oltre mille dei nostri militari impegnati in Pag. 13Unifil. Le chiederei su quella missione quale strategia, quali prospettive vede il suo ministero. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Ha chiesto di intervenire il senatore Marton. Prego.

  BRUNO MARTON. Grazie Ministro. Lei ha parlato di personale come punto focale di tutta la strategia militare. Cosa sta facendo il suo ministero, oltre alla formazione interna, per aumentare l'attrattività rispetto al personale qualificato che ora è necessario, visto che il settore privato è quello che ha più possibilità, anche economiche, di attrarre questo tipo di personale.
  La seconda domanda. Lei ha parlato di linea terrestre e carri pesanti. Io (a parte che quest'anno trovo il documento estremamente preciso ed estremamente ben fatto) ho notato che c'è una forte predisposizione all'acquisto di carri pesanti (si parla di 270 carri circa) che si vanno ad aggiungere agli ammodernati carri Ariete e ai 680 di futura produzione europea, che portano la spesa da 6 a 15 miliardi circa. Qual è la motivazione di questo potenziamento della parte terrestre, mai come adesso così preponderante?
  Poi volevo sapere a che punto è il progetto GCAP, perché vedo che anche qui si passa da 3 a 8 miliardi di investimento e siamo solo nella fase progettuale. Vorrei capire come mai questo enorme aumento di costi nel momento in cui siamo solo, appunto, in fase progettuale.
  In ultimo mi permetta un'osservazione, fuor di polemica. Lei, in ogni uscita pubblica, parla dello svincolo delle spese militari dal Patto di stabilità. Da imprenditore ne capisco la logica: creo spazio per altro, però in realtà è tenersi le mani libere per poter spendere in quel settore e non in altri. Quindi, perché non utilizzare la stessa logica in altri settori?
  È fuor di polemica mi creda. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. La parola adesso all'onorevole Padovani.

  MARCO PADOVANI. Grazie Presidente e grazie signor Ministro per questa fotografia precisa e puntuale sulle nostre Forze armate, che ci permette di vederle completamente in salute. Ho colto che il lavoro sulla componente umana sarà determinante per il futuro, lo è stato anche per questo anno di lavoro per noi di Fratelli d'Italia come gruppo in Commissione; insomma, sposiamo perfettamente questo che riteniamo essere un valore aggiunto al lavoro che lei già svolge.
  Gli impegni finanziari che abbiamo assunto con la NATO saranno un ulteriore priorità; il dato del 2 per cento – come già anticipato da qualche collega – è un obiettivo difficile da raggiungere nell'immediato, ma sicuramente noi lo dobbiamo avere nel nostro mirino. Le garantisco che per noi questo è un valore assoluto, perché le spese militari vanno ad implementare quella che è tutta un'attività nazionale legata non solo alla Difesa. Il lavoro, il settore energetico, incrementare la prontezza operativa, lo sviluppo delle tecnologie, dicono che la strada intrapresa è sicuramente quella giusta e quei 193 programmi, che sono pari a 25 miliardi se non ricordo male, dovranno essere il punto di partenza per i prossimi decenni. L'ammodernamento di tutti i settori sarà un input importante per un messaggio al Paese di efficienza e, soprattutto, di garanzia per la nostra sicurezza.
  Io sono certo, signor Ministro, che questa sfida ci vedrà sicuramente all'altezza. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Do la parola alla senatrice Pucciarelli. Prego.

  STEFANIA PUCCIARELLI. Buongiorno Ministro. Grazie per l'illustrazione del Documento di programmazione pluriennale.
  In parte vorrei rispondere al collega Marton. Io direi che, per fortuna, il Ministro ha iniziato a parlare della possibilità di scorporo delle spese della Difesa dai vincoli del Patto di stabilità. Ebbene anch'io condivido questo.
  Perché non l'hanno fatto gli altri, in modo particolare il Ministero della salute? Perché ci sono delle spese che sono vitali per un Paese e se quel Paese ha un problema di vincoli derivanti dal Patto di stabilità,Pag. 14 effettivamente su alcuni settori non può investire. Quello che mi sento di chiedere al Ministro – nell'ottica di un'Europa come noi la pensiamo, un'Europa realmente dei popoli dove le nazioni hanno un fronte unico nell'affrontare le sfide del momento – è proprio quanto la proposta che lui sta portando avanti ha trovato condivisione da parte dei colleghi degli altri Paesi europei. Perché la sfida dell'Europa sta proprio in questo, nel fare un fronte unico per affrontare le sfide che l'aspettano.
  Un altro passaggio che lei ha fatto riguarda la previdenza dedicata per i militari. Sappiamo bene che nell'arco di cinque o sei anni avremo di fronte una situazione molto grave relativamente a chi andrà in pensione con il contributivo puro. Quindi, la ringrazio per aver affrontato questo tema sul quale molti di noi sono preoccupati proprio perché, se non andremo a mettere mano andando a compensare costoro, di fatto avremo una nuova categoria di poveri.
  Altro punto riguarda la necessità di prevedere fondi triennali, perché quello che ci chiedono le aziende è proprio di poter avere un range temporale per poter investire e fare programmazione. Oggi più che mai noi abbiamo effettuato richieste all'impresa, specialmente per quanto riguarda il ripianamento delle scorte, anche in considerazione della quantità di materiale inviato in Ucraina. Anzi, approfitto per chiederle se abbiamo problemi di approvvigionamento di materie prime, perché in alcune audizioni c'era stato rappresentato che vi era una qualche carenza, in modo particolare con riguardo alla polvere pirica che era già prenotata per il prossimo anno, in special modo dagli Stati Uniti. Quindi, noi potremmo anche avere una carenza per ripianare quello che abbiamo inviato e quelle scorte delle quali abbiamo necessità. Condivido con lei la necessità di avere dei fondi triennali. Questo può creare la base per un lavoro sinergico tra Difesa e industria della difesa e, in modo particolare, c'è una necessità di prevedere dei bandi mirati per quelle che sono le piccole aziende, perché sono quelle che oggi soffrono di più e sono più a rischio di essere acquisite da Paesi stranieri. Grazie.

  PRESIDENTE. La parola all'onorevole Graziano.

  STEFANO GRAZIANO. Grazie Ministro per il documento che ha presentato e che ritengo abbastanza esaustivo su alcuni punti.
  Vorrei però sottolineare alcune cose. Noi abbiamo deliberato, su proposta del mio gruppo, un'indagine conoscitiva sulla condizione del personale della Difesa perché sul personale registro un po' di difficoltà, visto anche lo scenario internazionale che si è andato formando e che ha incrementato il bisogno di sicurezza e difesa. Però ci dobbiamo anche preoccupare della situazione che c'è sul versante ricerca e su questo le chiederei un approfondimento. Proprio ieri abbiamo fatto una missione al Centro italiano di ricerca aerospaziale a Capua, dove ci sono due programmi importanti che si potrebbero realizzare e che porterebbero l'Italia ad essere protagonista anche rispetto al know how. So che lei ne è a conoscenza e, a mio avviso, sarebbe utile incominciare a parlarne per trattenere, in particolare sul versante dei droni, un know how forte per la difesa in generale e anche di luoghi militari, perché è l'esempio di una ricerca duale sulla quale, a mio avviso, è fondamentale investire.
  Abbiamo anche presentato una proposta di legge, le chiedo di riflettere anche su questa vicenda, in materia di contributi dei militari, tema su cui si è soffermata anche la senatrice Pucciarelli. La nostra proposta di legge ripropone ciò che c'era scritto nel libro bianco del Ministro Pinotti. Abbiamo detto con chiarezza che i contributi dei militari, in particolare quelli dei sottufficiali, rischiano di trasformare questa categoria nei nuovi poveri una volta che andranno in pensione. A mio avviso dobbiamo fare una profonda riflessione su questo se vogliamo andare nella direzione di una professionalizzazione sempre maggiore dell'Esercito e cercare di mantenere i numeri rimanendo attrattivi. Ciò è vero soprattutto per quanto riguarda la cyber security (lo dico da ingegnere) perché – come lei sa Ministro – l'aggancio con i privati in questo settore è molto forte. Siccome i prossimi anni saranno assai difficili dal punto di vista delle guerre della Pag. 15cyber o noi abbiamo personale altamente qualificato, che ci permette di capire come difenderci da attacchi cyber, oppure rischiamo di essere bucati (come si direbbe in gergo) pesantemente su tantissime cose. Allora io penso che oltre alla Difesa che riguarda aerei, navi e ovviamente mezzi terrestri, noi abbiamo bisogno di fare un salto di qualità anche nel campo della difesa cyber. Su questo vorrei sapere qual è la sua opinione.
  Da ultimo penso che l'indagine conoscitiva che stiamo facendo (grazie anche al presidente Minardo) sul personale non debba essere sottovalutata, perché il personale costituisce l'elemento aggiuntivo. Chi come noi ha fatto missioni all'estero e ha visto cosa fanno i nostri militari in tanti teatri di guerra (dalla Serbia al Kosovo o al Libano) – lo ha detto anche il collega Richetti prima – sa che è importante fare un approfondimento, per dare un contributo in più al sistema difesa. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. L'ultimo intervento, l'onorevole Bicchielli.

  PINO BICCHIELLI. Sì, velocemente. Grazie Ministro per l'analisi preziosa.
  Io mi ricollego a quello che ha detto l'onorevole Graziano. Tra l'altro, come Commissione, sulla cyber dedicheremo uno spazio importante. La cyber sicuramente è il futuro del confronto militare e andrebbe attenzionata in modo specifico.
  Però ci sono due temi che volevo capire meglio e approfondire con lei. Il primo, visto che in base anche alla situazione geopolitica internazionale dobbiamo giustamente rivedere l'utilizzo dei nostri militari, è quello di una riserva più funzionale e più pronta in casi di emergenza. La seconda è legata ai nostri campi di addestramento. La vicenda del poligono di Capo Teulada è una vicenda che preoccupa. Noi abbiamo già difficoltà e dovremo capire insieme come modificare anche la normativa per l'utilizzo di questi siti, visto che poi andare all'estero ha un costo enorme e sicuramente non ci danno nemmeno i migliori campi. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Se non ci sono altre richieste di intervento do la parola al Ministro Crosetto per poter rispondere alle vostre domande. Prego Ministro.

  GUIDO CROSETTO, Ministro della difesa. Grazie presidente. Intanto ringrazio tutti voi, deputati e senatori, per la serietà delle domande che mi avete fatto e per la serietà con cui avete commentato la relazione. Devo dire che mi fa molto piacere, perché penso che questo sia l'atteggiamento giusto in un tema centrale come quello della difesa.
  Ha ragione il presidente Craxi quando dice che è cambiato il mondo, perché una volta in questa Commissione si parlava esclusivamente di peacekeeping mentre oggi parliamo di qualcos'altro e, quindi, la cornice entro cui dobbiamo ragionare è profondamente diversa da quella in cui ragionavamo tre, quattro, cinque, sei, dieci anni fa, quando decidemmo tutti d'accordo di diminuire il numero delle Forze armate. Pensavamo di aver superato la fase in cui le Forze armate dovevano assolvere quello che poi è il loro compito fondamentale per la Costituzione, cioè la difesa del Paese, e che dovessimo invece orientarci verso una specie di Protezione Civile 4.0. L'evoluzione sembrava quella. Oggi ci siamo accorti che così non è e stiamo correndo ai ripari. Ma il cambio di paradigma ha preso tutti di sorpresa: sia la parte politica, sia quella industriale, sia quella tecnologica, se escludiamo quei Paesi che invece non hanno mai cambiato atteggiamento. Non vi sarete stupiti del fatto che, mentre in questa fase l'Occidente ha una difficoltà industriale a supportare l'Ucraina, la Russia non ha alcuna difficoltà dal punto di vista dell'industria della difesa, perché l'ha sempre mantenuta centrale con obiettivi diversi da quelli che l'Occidente si era posto.
  Onorevole Richetti, condivido anch'io che il paradigma del 2 per cento non possa diventare un elemento di discussione politica. L'ho detto nella mia relazione; è un impegno che hanno assunto tutti i Governi. Io sono stato, penso, il più sincero tra i ministri della difesa dicendo: «Guardate, io non so se ce la faccio perché devo guardare il bilancio dello Stato, l'andamento della crisi economica, quello che sta succedendo, Pag. 16per cui è difficile». Siccome la scelta di bilancio è la più alta scelta politica che si possa fare, ho un impegno internazionale, ho una necessità da un deterioramento e ho un problema di bilancio che va diviso tra la sanità, la cultura, il sociale, per ritornare su quello che abbiamo detto prima.
  Da questo nasce, rispondo alla domanda che mi ha fatto il senatore Marton che ringrazio per il modo serio con cui l'ha posta, la storia dell'esclusione del 2 per cento. Il ragionamento che l'Italia può fare in Europa, ma che qualunque altro Paese può fare, su questo tema è: «Signori, io sto aumentando le spese in questo settore per vostra richiesta e per richiesta delle mie alleanze internazionali». Quindi, è un obiettivo che viene posto esternamente al dibattito italiano; è una necessità, un impegno internazionale che l'Europa mi chiede di portare in Parlamento e che il Parlamento italiano dovrebbe assolvere per l'impegno che ci siamo assunti. Per questo non si può mettere questo obiettivo di investimento in contrasto con le scelte politiche sulla sanità, sulla cultura, sul sociale. Perché se lo si mette tra quelli che concorrono a diminuire la mia capacità di spesa, lo si fa entrare in contrasto con altre spese. È solo questa la discussione, e il fatto che io possa porlo e non possa invece porlo il Ministro della sanità o altri Ministri, è perché loro non hanno un'imposizione esterna, un obbligo che proviene da un'assunzione di responsabilità esterna. Mentre invece noi, come Difesa, possiamo dire questo. Non è una scelta italiana, non è la solita Italia che spende troppo e vuole svincolare i patti. È un impegno che le alleanze ci chiedono di assumere, che noi siamo assolutamente disponibili ad assumere (perché il nostro ruolo nel mondo ci impone di avere un ruolo come quello che hanno altre nazioni) però per assolvere a questo nostro compito, non solo nazionale ma internazionale, occorre escluderlo dalla necessità di mantenere risorse nazionali per affrontare quelli che sono i problemi che oggi ci pone l'economia, l'inflazione, la crisi economica, oltre che le conseguenze di queste guerre che ci obbligano a investire di più in difesa e sicurezza. Da questo nasce il mio ragionamento; non è una contrapposizione, non è una facilità e non è un modo per lasciarsi le mani libere.
  Mi fa sorridere quando leggo su alcuni giornali che le persone pensano che nel 2 per cento ci siano solo gli investimenti in tecnologia. Nel 2 per cento passa la soluzione del problema gravissimo (salto un po' di palo in frasca, ma ne avete parlato tutti) della previdenza militare. Tema che, scusate se mi autocito, sollevai per la prima volta in questa Commissione da sottosegretario nel 2009, nel 2010 e nel 2011, perché era evidente già da allora che il passaggio dal retributivo al contributivo avrebbe ucciso tutte quelle persone che avevano meno anni di servizio, perché la legge gli consentiva di andare in pensione prima di altri (per mille motivazioni) e perché se sei stato in Afghanistan il tuo anno vale di più rispetto a quello di una scrivania. Per cui questo era evidente da anni. È un problema che ci siamo trascinati dietro e che adesso dobbiamo risolvere perché adesso arrivano i primi effetti, ma si ricollega – scusate se metto insieme le domande di tutti voi – alla necessità e all'appeal che la Difesa dovrebbe esercitare su alcune professioni.
  Lo sintetizzo, perché la senatrice Craxi si ricorda che l'ho detto nella mia prima audizione: non si può affrontare il problema della Difesa e le sfide che abbiamo davanti con le attuali regole del pubblico impiego. Pensate che con le attuali regole del pubblico impiego io possa assumere un hacker che sul mercato vale 300 mila euro a diciott'anni e che, magari, se si presenta con le caratteristiche del dipendente pubblico non oltrepassa neanche la porta?
  Voi pensate che io abbia un minimo di attrattività su un esperto di intelligenza artificiale, o possa averla, tanto più quando in alcune professioni viene ribaltato il sillogismo del pubblico impiego in cui lo stipendio più alto è a fine carriera, cioè quando uno ha 60-65 anni, mentre invece adesso quelli che valgono di più molto spesso sono quelli che ne hanno 20-18-16 anni?
  Per cui anche su questo occorre pensare che si non può affrontare il mondo che si ha davanti con gli stessi strumenti che sono Pag. 17uguali per tutti i comparti che avevamo. Vale lo stesso per la Difesa, vale lo stesso per il sistema pensionistico. Noi dovremo fare concorsi in cui arruoliamo persone che, fin dall'inizio, devono avere in testa che devono fare i militari, i soldati; devono andare in teatri operativi e hanno davanti uno scenario diverso dalla prospettiva di impiego che avevano sei anni fa. Sei anni fa il massimo che poteva capitare a un militare era quello di essere impegnato in Afghanistan, a Herat, a Bala Morghab. Questo era il massimo di rischio. Non sappiamo se sarà così anche in futuro e, quindi, probabilmente alcuni tipi di arruolamenti devono essere fatti in modo diverso. Considerate le caratteristiche di una persona che opera nei corpi speciali. Voi pensate che abbia senso portare avanti quelle persone fino a sessant'anni? Il percorso di persone a cui chiedi di essere pronte ventiquattr'ore su ventiquattro, 365 giorni all'anno, andare in qualunque parte del mondo, affrontare pericoli, rischiare seriamente la vita, con la mentalità che devono avere, è compatibile con un percorso del pubblico impiego? È compatibile fare tutti questi step e poi tornare in ufficio dopo i quarant'anni? Allora bisogna fare un percorso ad hoc, e in questo chiedo l'aiuto anche delle Commissioni, pensando al mondo della Difesa come un mondo complesso. Il mondo della Difesa è magari al 50 per cento uguale a quello del pubblico impiego: la parte civile, la parte militare più burocratica, può essere paragonata a quella del pubblico impiego, ma c'è una parte che non ha nulla a che fare col pubblico impiego e che avrà sempre meno a che fare con le caratteristiche normali del pubblico impiego. Per quello va benissimo uno studio, ma lo studio deve essere collegato alla parte normativa, alla parte previdenziale e a quella di impiego, di assunzione, ed economica. Si tratta di costruire qualcosa di molto complesso e su questo chiederei l'aiuto delle Commissioni in cooperazione con il Ministero, perché questa costruzione è propria di un assetto dello Stato che dobbiamo lasciare in eredità a chi verrà dopo di noi, e va fatta indipendentemente dal colore politico del Governo. Va ripensata e va costruita. E non riguarda solo la Difesa, perché riguarda anche i rapporti con gli altri ministeri, riguarda la Funzione pubblica e riguarda l'Economia.
  La maggior parte dei problemi di cui abbiamo parlato oggi, ad esempio, riguarda l'Economia. Io ho bloccato il Fondo di 20 miliardi che Borrell voleva istituire in Europa dicendo: «Non possiamo decidere noi come Ministri della Difesa, se non abbiamo di fianco a noi seduti i Ministri dell'Economia, perché è inutile che veniamo qua, parliamo di spesa e poi torniamo a casa e ci dicono che quella spesa non può essere fatta». Per cui come posso prendere impegni quando poi l'Economia non mi supporta e su quel tavolo ho posto di nuovo il tema che, senza modifiche al Patto di stabilità, difficilmente possiamo dare risposte.
  Ed è così per la maggioranza dei temi che noi ci siamo posti oggi: cioè il tutto, poi, alla fine si trasforma in una scelta economica. Anche per quello il 2 per cento diventa rilevante, perché gli alleati non ci dicono che nel 2 per cento dobbiamo mettere solo cannoni, ma ci dicono di fare spese per la Difesa. La parte previdenziale è una spesa della Difesa; la parte degli stipendi è una spesa della Difesa, per cui in quel 2 per cento c'è anche la potenzialità di rifare un assetto della Difesa, di ricostruirlo e di risolvere molti dei problemi di cui abbiamo parlato oggi, compreso un modo diverso di fare ricerca che io reputo fondamentale.
  Anche su questo stiamo cercando di fare un cambio ma, siamo seri, la Difesa italiana dedica alla ricerca un ventesimo di quello che gli dedica la Francia. Non faccio paragoni con gli Stati Uniti perché non voglio umiliarmi troppo, ma anche qua bisogna intervenire. Anche questo fa parte del 2 per cento perché – a causa della limitatezza di risorse che c'è stata finora – alla fine è successo che noi abbiamo ridotto la ricerca.
  Ho parlato della mancanza di spese non per gli investimenti, ma per la manutenzione ordinaria. Noi abbiamo cannibalizzato centinaia di mezzi. Lo sapete perfettamente, abbiamo riparato aerei togliendo Pag. 18i pezzi da altri aerei e riparato carri armati togliendo pezzi da altri carri.
  Veniamo al discorso del terrestre. Perché un aumento degli investimenti nei carri? Perché eravamo – non so se si possa dire in Commissione – ai piedi di... e perché la prima volta che ho fatto una riunione e mi sono fatto presentare lo stato delle forze ho visto che l'Aeronautica era abbastanza ben messa (quasi tutti verdi o verdi gialli, che vuol dire che non c'erano particolari criticità); lo stesso la Marina, ma l'Esercito era tutto rosso. Non eravamo in grado di mettere a disposizione della NATO le brigate che avevamo promesso, perché non avevamo i mezzi. Allora, in attesa del carro europeo che arriverà nel 2040-2045, c'era una necessità che, probabilmente, se non fosse accaduto nulla in Ucraina, non ci saremmo posti con l'ansia con cui ce la siamo posti in questo DPP. Non abbiamo tempo da perdere, purtroppo, e quindi dobbiamo riequilibrare. Abbiamo un'Aeronautica diciamo ben messa, una Marina abbastanza ben messa, un Esercito che era rimasto indietro negli ultimi anni. Quindi, siccome una delle parti principali dell'Esercito terrestre era quella dei carri armati, abbiamo previsto questo. Ma in questa logica e nella logica di rispondere agli impegni che ci eravamo presi con la NATO di tre brigate – che non eravamo in grado di assolvere – e adesso lo saremo poco per volta.
  La strategia in Libano. In Libano intanto non c'è una missione italiana, ma c'è una missione ONU. Quindi, qualunque decisione si prenda in Libano, si prende insieme all'ONU. Non è che possiamo togliere il contingente italiano e rimane solo quello Onu. Per cui, ogni giorno monitoriamo sia quello che succede al nostro contingente, sia quello che succede in un'area più ampia. Due volte al giorno voglio sapere tutto ciò che accade in quell'area. Siamo stati per certi versi più preoccupati all'inizio di come lo siamo oggi, nonostante l'intervento iraniano di cui si è detto prima. Il discorso fatto dal capo di Hezbollah è stato un discorso che ci ha dato la sensazione – che avevamo percepito anche sul campo – che il Libano voglia rimanere fuori da questa guerra, che tutto si auspicano tranne che una un'escalation e che il primo a rendersene conto sia Hezbollah. Continuano le schermaglie tra israeliani e Hezbollah nel nord di Israele, ma a oggi sembra più un modo di tenere impegnata Israele su quel fronte e fare in modo che non possa spostare altri militari nel Sud.
  Vi assicuro che il monitoraggio è costante. L'ho detto pubblicamente e, quindi, lo dico a maggior ragione qua: il contingente che noi abbiamo in Libano non è stato mandato lì per combattere, è stato mandato lì per assolvere una funzione di pace, con delle regole di ingaggio chiare, con una formazione che non è fatta per affrontare una guerra, con delle dotazioni che non sono le dotazioni che – ad esempio – avevamo in Afghanistan e in posti che citavo prima. Per cui la missione ONU è una missione di pace che serve a fare da interposizione, a controllare che Hezbollah non si insedi, a collaborare con le forze armate libanesi, per cui a maggior ragione serve una missione di pace che è compatibile con il fatto che non ci sia un'escalation.
  Se ci sarà un'escalation la decisione sarà una decisione dell'ONU, ma ad oggi mi pare che ci sia un'attività – sia araba che occidentale – volta a evitare una escalation e che io non ho mai visto in precedenza. Non ho mai visto cooperare insieme con tale forza Paesi diversi – sia arabi che occidentali – in primis gli Stati Uniti. Vi ricordate un presidente americano e un Ministro degli esteri americano, il capo della CIA che si muovono con questa intensità? Non si sono mai visti. Quindi, mi pare si stia facendo un lavoro in questo senso e che l'Italia stia facendo la sua parte.
  Ricordo che noi abbiamo mandato per primi due C-130 con aiuti. Stiamo allestendo, dovrebbe essere partita, una nave con un ROLE 2, cioè un ospedale in grado di fare interventi chirurgici. Una nave la stiamo mandando proprio per dare un segnale di questo tipo. Stiamo organizzando un ospedale da campo da mettere vicino a Gaza, sempre per curare. Ho avvisato di questo tutti i Paesi arabi europei dicendo che se volevano cooperare con noi mandandoPag. 19 medici potevamo ospitarli o sulle nostre navi o nel futuro campo. Quindi, ci stiamo muovendo. Allo stesso tempo ho visto stamattina – lo faceva l'Arabia Saudita e il Presidente Macron – il tentativo di separare, che è la cosa più giusta da fare, Hamas dal popolo palestinese – che è quello che fin dall'inizio noi diciamo – e il tentativo di risolvere questa crisi nel modo più veloce e migliore possibile. Anche oggi mi pare che Israele stia dando qualche segnale sull'interruzione e anche Netanyahu. Per cui, ripeto, io mi auguro che all'interno di un quadro complesso il nostro contingente sia ancora in condizioni di sicurezza.
  Io sono andato di persona ad assicurarmene. Sento regolarmente il comandante (tutti i giorni) che mi riferisce quello che accade. Ad oggi ci sono ancora le condizioni di sicurezza e se non ci saranno, con l'ONU, ripeto, ...... Avevamo mandato una nave fin dall'inizio a Cipro, pronta a imbarcare qualunque persona avesse necessità. Avevamo due navi nell'operazione Mare sicuro che va da Gibilterra fino a Israele e sono state spostate verso Israele per questo motivo. Arriverà adesso quell'ospedale, quindi, queste navi potranno fargli anche da supporto. Per cui abbiamo attrezzato tutto il contorno per affrontare la situazione peggiore, sperando che non accada nulla di grave, però ci siamo attrezzati per essere pronti a tutto.
  Il GCAP è innanzitutto una grande scommessa tecnologica; è il tentativo dell'Italia di rientrare come primo attore nel settore aeronautico. A oggi noi siamo nel settore aeronautico ma dopo l'Eurofighter, che ha quasi la mia età tra un po', non abbiamo più fatto investimenti che ci abbiano dato una tecnologia rilevante. Gli investimenti sono stati fatti in campo aeronautico negli F35 che, rispetto agli accordi iniziali, però ha lasciato la maggior parte della tecnologia negli Stati Uniti. Noi abbiamo preso una parte di manutenzione e di assemblamento meno tecnologico a Cameri, per cui abbiamo avuto un ritorno e abbiamo ancora un ritorno, tant'è che gli aerei che prenderanno altre nazioni europee verranno assemblati a Cameri. Però ci è mancato il salto tecnologico negli ultimi 10-15 anni. Il GCAP è quello che ci serve per superare e recuperare questa mancanza tecnologica: è una sfida, non è una certezza. La certezza è che se non lo facciamo siamo destinati, nel campo aeronautico, a spegnerci e non avere più futuro. E siccome quello è un campo rilevante, non soltanto dal punto di vista militare ma anche dal punto di vista di tutti gli sviluppi che avremo in futuro, e siccome i sistemi di un aereo di sesta generazione non sono solo sistemi militari ma sono sistemi sostanzialmente civili che poi si applicano e sono tecnologie che poi ci troveremo nella nostra vita quotidiana, non farlo significa tagliarsi fuori da una fetta troppo rilevante di tecnologia futura.
  Non avevamo molti partner perché dovevamo scegliere dei partner che ci dessero tutta la tecnologia che man mano scoprivamo. È ancora questa l'attuale discussione con il Regno Unito. Se voi aveste assistito all'ultimo incontro con il mio collega britannico avreste potuto vedere uno scontro molto forte, nel quale io ho detto – posso dirlo chiaramente dato che la posizione l'ho presa per l'Italia: «Noi investiremo un terzo, ma vogliamo avere tutta la tecnologia, anche quella che adesso non abbiamo». Tutta la tecnologia che le nostre tre nazioni hanno deve confluire nel contenitore e chiunque abbia costruito questo contenitore deve avere la tecnologia. Per noi e per la nostra industria sarebbe un salto rilevante di alcuni settori nei quali siamo stati fuori negli ultimi dieci anni. Per fare questo dobbiamo adeguare i nostri investimenti a quelli di Regno Unito e Giappone. Perché loro ti dicono: «Se tu non dare soldi, non vedere cammello». Ed è, ripeto, una sfida più tecnologica che militare. Cioè il punto di arrivo è sì un aereo di sesta generazione, ma sono anche tutte le capacità ingegneristiche, tecnologiche, di ricerca che servono per arrivare a un aereo di sesta generazione e che oltre a fare un aereo di sesta generazione fanno altre dieci mila cose. Perché parliamo di elettronica, di materiali, cioè di cose che alla fine hanno mille altre applicazioni e che ci proiettano o dovrebbero proiettare una parte della nostra industria nel futuro, altrimenti Pag. 20non ci sarà futuro in quel settore industriale.
  Tutto ciò è collegato a quello che dicevo prima sul CIRA, la capacità di fare sinergia che ci manca. Adesso sarà firmato un protocollo tra il CIRA e il Segretariato generale Difesa e Direzione nazionale armamenti. Perché non lo abbiamo fatto prima? Perché noi abbiamo tantissime persone che magari fanno lo stesso lavoro o lavori simili, staccati in vari pezzi dello Stato, finanziati dallo Stato. Manca una sinergia e un coordinamento, ma è quello che in qualche modo stiamo cercando di fare e coinvolgendo (non mi ricordo più chi me l'abbia chiesto) soprattutto le piccole e medie imprese. Certo quello è un lavoro molto difficile nel quale la Difesa (la Difesa perché sono Ministro della difesa, ma vale anche per altri) può solo fare da vigile urbano. Nel senso che il vero compito del coinvolgimento delle piccole e medie imprese sta nelle grandi. Voi avete audito l'amministratore delegato di Leonardo. Il ruolo e la sopravvivenza delle piccole e medie imprese sta nella capacità delle grandi e medie di: primo non strozzarle; secondo avere pagamenti regolari; terzo dare visibilità. Cosa significa dare visibilità pluriennale? Se noi diamo visibilità pluriennale a Leonardo e Fincantieri, loro saranno in grado di dare visibilità alla piccola e media azienda. Questo significa – banalizzo – che la piccola e media impresa se sa che ha lavoro per 10 anni compra il tornio e magari compra quello di ultima generazione, che gli consente di aumentare la produzione, aumentare la capacità e mentre fornisce Leonardo e Fincantieri fornisce anche un'altra azienda perché con quel tornio aumenta la capacità. Per cui è tutto collegato, tutto parte dalla possibilità di programmare l'investimento, che significa programmare anche la produzione e la ricerca. Anche per questo noi abbiamo aumentato le risorse sul GCAP, perché mi sono reso conto che l'industria nazionale non credeva e diceva: «Ma, chissà se poi ci saranno le risorse» e, quindi, stava andando a rilento, non ci stava mettendo l'anima e se non ci metteva l'anima dall'altra parte non è che non lo capissero. Quindi, alla fine, noi avevamo difficoltà perché dicevano: «Ma non vediamo i vostri impegnati, ma non hanno distaccato abbastanza persone a ricercare, ma non ci hanno mandato...». Adesso hanno capito e ci stiamo muovendo velocemente. Noi dobbiamo recuperare un gap che l'industria italiana aveva delle classifiche di sicurezza dei dipendenti perché senza ingegneri che hanno la classifica di sicurezza per poter accedere agli impianti non è possibile avere la tecnologia. Non dovete pensare che dare la certificazione, la classifica di sicurezza a una persona sia una cosa che si fa in modo burocratico. Noi non avevamo delle aree di lavoro attrezzate con le caratteristiche di sicurezza per poter affrontare alcuni argomenti del GCAP, parlo proprio di cose fisiche. Questo vi dà l'idea di come scegliere di fare un programma ad elevato contenuto ti obbliga a fare dei passi che poi ti servono per mille altre cose, per questo secondo me alcuni investimenti come questo sono fondamentali.
  Sulle esigenze delle materie prime vi dico alcune cose fondamentali. La Cina ha il 93 per cento delle scorte mondiali di rame; il 74 per cento delle scorte di alluminio mondiali, però ha anche il 68 per cento delle scorte di mais mondiale e il 51 per cento di frumento. Perché vi do questi dati? Perché il dato delle materie prime, non solo quelle rare ma anche quelle alimentari probabilmente, diventerà uno dei fattori abilitanti del futuro. È un tema che l'Europa e l'Occidente in generale non si pongono. Con questi dati, significa, ad esempio, che gli Stati Uniti non si pongono questo tema, perché altrimenti la Cina non avrebbe quel 93 per cento delle scorte del rame del mondo. Questo è un tema che noi abbiamo iniziato a porci, come Difesa, per quanto riguarda le materie prime che sono strategiche. In sintesi, la mia idea è che io di quell'aereo lì devo sapere cosa diventa in litio, cosa diventa in terre rare, cosa diventa in alluminio. Perché se devo avere una prospettiva di sicurezza devo avere una prospettiva che arrivi fino all'ultimo componente.
  Vi consiglio, così per cultura generale, di sentire in audizione uno dei consiglieri Pag. 21gratuiti che ho al Ministero della difesa, Gian Claudio Torlizzi (lo leggete ogni tanto sul Sole 24 Ore), che è un grande osservatore dell'evoluzione delle materie prime nel mondo, per raccontarvi cosa sta accadendo nel mondo. Ma questo diventerà un fattore fondamentale anche per la Difesa. Lascio da parte quello alimentare, ma quando è venuto in visita ho scoperto che il Ministro della difesa indonesiano era responsabile anche delle riserve strategiche alimentari nazionali. Ma questo è un altro ragionamento, quando noi parliamo di un mondo che cambia e parliamo del concetto di sicurezza e difesa declinato in modo più ampio, parliamo anche di questo. Per cui, secondo me, sono utili queste audizioni anche per porre temi su cui la Commissione può e deve lavorare, perché poi alla fine il percorso non è solo quello di analisi, ma è anche quello dell'intervento legislativo perché una volta fatta l'analisi poi bisogna che lo strumento legislativo in qualche modo adegui lo Stato per affrontare queste sfide in modo efficiente per il futuro. Efficiente e rapido perché l'altra cosa che sarà fondamentale per vincere la sfida del futuro è la rapidità. E anche in questo l'adeguamento della Pubblica Amministrazione, della macchina dello Stato, va fatto e andrebbe fatto in quest'ottica.
  Sulla parte del sistema pensionistico ripeto, è fondamentale un intervento, ma l'interlocutore non è il Ministero della difesa, è Giancarlo Giorgetti, è il Ministro dell'economia, perché quella diventa una scelta politica. Per quello dico il due per cento: l'esclusione delle spese ci salverebbe, perché non diventerebbe più un problema dal suo punto di vista, non lo obbligherebbe a tagliare altri capitoli. Per quello va posto, e lui lo sta ponendo anche a livello europeo.
  L'idea della riserva: la riserva e le aree addestrative sono altri due problemi. Nell'ottica di una difesa che cambia e nell'ottica di prevedere lo scenario peggiore, l'idea di una riserva fatta in modo diverso si pone. Israele ha attivato 350 mila persone dalla riserva; la Svizzera, dove sono stato, è un Paese neutrale da centinaia di anni e lo sarà ancora, ma ha una riserva attivabile. Ci sono le Forze armate e poi ci sono persone che fanno il commercialista, l'avvocato, che hanno fatto una formazione militare o altri tipi di riserva, che hanno fatto un'operazione militare e che, in caso di pericolo, fanno un mese di formazione e sono attivabili.
  Probabilmente un ragionamento su una riserva attivabile in caso di necessità, di guerra tanto per capirci, stile Ucraina, andrebbe fatto se pensiamo a qualunque scenario futuro. Anche su questo, è una sfida secondo me più parlamentare che di Ministero, perché io quando penso alla riserva più facile da attivare, penso alle Forze di polizia. Quando penso a una riserva attivabile in caso succedesse qualcosa, la più facile da utilizzare è quella che già in qualche modo è formata a un'attività di sicurezza. Ha senso? Non lo so, ma una discussione parlamentare su come strutturare una riserva (c'è la riserva selezionata, c'è una riserva nel senso israeliano o svizzero del termine) andrebbe probabilmente pensata.
  Sulle aree addestrative abbiamo un problema, perché ogni volta che viene usato un poligono scoppiano le polemiche. Io tra un po' in Sardegna non potrò più andare perché sembra che i poligoni li abbia fatti io! Noi però non possiamo pensare a delle Forze armate senza addestramento. Devo dire che ci sta servendo moltissimo quello che stiamo facendo con la NATO, perché sul fronte est ci sono poligoni di grandissime dimensioni dove l'Esercito sta facendo un addestramento che non è stato in grado di fare negli ultimi anni in Italia; nel senso che fa di più in un mese lì di quanto riesce a fare in un anno in Italia. Però questo è un tema che dobbiamo porci: io non so come sia risolvibile. A parte che non avrebbe senso chiudere le aree addestrative italiane, oggi non abbiamo aree addestrative che consentano di fare un'esercitazione come quelle che facciamo all'estero. Farle all'estero significa avere dei costi notevoli, perché il costo principale alla fine è quello logistico. Devi spostare le persone in un luogo, devi affittare un'area, però quello è un tema che si porrà. Stiamo cercando di trovare una soluzione. Come fare? Limitando,Pag. 22 come ho detto prima nella relazione, al minimo l'impatto ambientale. Stiamo cercando di digitalizzare il più possibile tutte le esercitazioni, ma alla fine comunque devi fare quelle fisiche.
  Anche su questo vi sottoporrò, quando lo finiremo, un piano per la riorganizzazione dei poligoni e delle aree addestrative italiane, ma ripeto non possiamo permetterci di chiuderle. Possiamo prevedere di razionalizzarne l'utilizzo, di rendere minimo l'impatto ambientale, ma chiuderle è impossibile. Anche nella prospettiva di andare all'estero qualcosa in Italia devi mantenere, perché come dimostra la situazione, ci sono momenti in cui si chiudono le frontiere e tu non puoi uscire. Anche da questo punto di vista noi non dobbiamo fare passi falsi.
  Penso di aver risposto quasi a tutte le domande. Se c'è altro sono a disposizione. Intanto vi ringrazio tutti.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Crosetto. Se nessun altro chiede di intervenire, ringrazio il presidente Craxi e i colleghi intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.05.