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XIX Legislatura

Commissioni Riunite (IV Camera e 3a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Giovedì 1 febbraio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Minardo Antonino , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro della difesa, Guido Crosetto, sulla dotazione di personale e mezzi delle Forze armate in funzione della partecipazione alla missione dell'Unione europea a garanzia delle rotte commerciali sul Mar Rosso (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Minardo Antonino , Presidente ... 3 
Crosetto Guido , Ministro della difesa ... 3 
Minardo Antonino , Presidente ... 9 
Barcaiuolo Michele  ... 9 
Graziano Stefano (PD-IDP)  ... 10 
Dreosto Marco  ... 11 
Marton Bruno  ... 12 
Gasparri Maurizio  ... 12 
Borghi Enrico  ... 13 
Minardo Antonino , Presidente ... 15 
Mulè Giorgio (FI-PPE) , in videoconferenza ... 15 
Minardo Antonino , Presidente ... 15 
Crosetto Guido , Ministro della difesa ... 15 
Minardo Antonino , Presidente ... 19 
Bagnasco Roberto (FI-PPE)  ... 19 
Crosetto Guido , Ministro della difesa ... 20 
Minardo Antonino , Presidente ... 20 
Comba Fabrizio (FDI) , in videoconferenza ... 20 
Minardo Antonino , Presidente ... 21 
Comba Fabrizio (FDI) , in videoconferenza ... 21 
Craxi Stefania Gabriella Anastasia , presidente della Commissione affari esteri e difesa del Senato ... 21 
Lomuti Arnaldo (M5S)  ... 21 
Minardo Antonino , Presidente ... 21 
Crosetto Guido , Ministro della difesa ... 21 
Minardo Antonino , Presidente ... 22

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANTONINO MINARDO

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro della difesa, Guido Crosetto, sulla dotazione di personale e mezzi delle Forze armate in funzione della partecipazione alla missione dell'Unione europea a garanzia delle rotte commerciali sul Mar Rosso.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno delle Commissioni congiunte Difesa (IV) della Camera dei deputati e Affari esteri e Difesa (3a) del Senato della Repubblica reca l'audizione del Ministro della difesa, Guido Crosetto, sulla dotazione di personale e mezzi delle Forze armate in funzione della partecipazione alla missione dell'Unione europea a garanzia delle rotte commerciali sul Mar Rosso.
  Saluto la presidente della Commissione Affari esteri e Difesa del Senato, senatrice Craxi, e do il benvenuto al Ministro Crosetto, che ringrazio. Do anche il benvenuto ai colleghi senatori presenti in quest'aula e ai colleghi deputati presenti e collegati da remoto.
  Dopo l'intervento del Ministro sarà data la parola a un parlamentare per Gruppo, per un primo giro di interventi e, dopo la replica del Ministro, potrà avere luogo un secondo giro di domande da parte di altri colleghi che ne facciano richiesta, secondo il consueto criterio dell'alternanza tra le due Camere e tra i singoli Gruppi.
  Chiedo, dunque, ai colleghi di far pervenire fin da ora al banco della presidenza la propria iscrizione a parlare.
  Do adesso la parola al Ministro Crosetto per il suo intervento. Prego, signor Ministro.

  GUIDO CROSETTO, Ministro della difesa. Grazie, presidente.
  Presidenti, onorevoli senatori e deputati, quella odierna è un'opportunità per fare il punto su quanto sta accadendo nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden e riferire sulle iniziative che la Difesa ha intrapreso – o sta per intraprendere – per contribuire ad assicurare la libertà di navigazione e la sicurezza.
  Dal 19 novembre scorso, a seguito dell'innalzamento dell'attenzione nella regione, abbiamo assistito a un deciso incremento delle attività ostili da parte degli Houthi nei confronti di vettori navali, commerciali e militari in transito nel Mar Rosso meridionale, nello stretto di Bab-el-Mandeb e nel Golfo di Aden.
  Inizialmente gli Houthi hanno dichiarato di voler colpire unicamente gli interessi di Israele, ma gli eventi successivi hanno dimostrato quali erano e sono i loro veri obiettivi.
  L'Italia ha dichiarato fin da subito la necessità di agire per ripristinare la sicurezza di un'area strategica, la cui instabilità è un grave rischio per la libertà di navigazione e il commercio mondiale, con conseguenze negative sulla stabilità economica internazionale, nonché sul costo delle materie prime. In questo senso, abbiamo inviato con immediatezza la fregata multimissione Fasan, oggi sostituita con la nave Pag. 4Martinengo, con compiti di Maritime Situational Awareness e di autodifesa estesa a favore del naviglio in transito nel Mar Rosso. Al contempo, in sinergia con gli Esteri, abbiamo stimolato e supportato diverse iniziative internazionali. In ambito dell'Unione europea, in particolare, nell'ultimo Consiglio affari esteri, insieme a Francia e Germania abbiamo proposto il rapido avvio di un'iniziativa dell'Unione, che poi è stata chiamata «Aspides», che in greco vuol dire scudo.
  Andiamo con ordine inquadrando brevemente il contesto.
  Gli Houthi, che controllano circa un terzo del territorio yemenita, tra cui la fascia costiera che si affaccia sul Mar Rosso, conducono da anni attività di pirateria contro il traffico commerciale in transito in quella zona del mondo. Queste azioni, finalizzate a generare instabilità in tutte le zone marittime del quadrante fino al Corno d'Africa e al Golfo Persico, hanno indotto la comunità internazionale a intervenire per garantire la sicurezza delle rotte.
  Nello stretto di Bab-el-Mandeb, in particolare, oltre agli Houthi dello Yemen, sono attive le organizzazioni terroristiche di Al-Shabaab della Somalia e di Ansar al-Shari'a nello Yemen stesso, oltre a quelle spiccatamente criminali dedite alla pirateria, al traffico dei migranti e di droga.
  A seguito degli sviluppi legati all'attacco terroristico di Hamas contro Israele e alla conseguente risposta militare di Tel Aviv, dal 19 novembre scorso ha avuto luogo un incremento esponenziale della frequenza e della pericolosità delle azioni degli Houthi. Li possiamo considerare ormai dei veri e propri attacchi di natura militare contro la quasi totalità del naviglio commerciale e militare in transito.
  Se è vero, infatti, che gli Houthi hanno inizialmente dichiarato di voler soltanto colpire il traffico collegato a Israele e ai suoi interessi, successivamente hanno esteso gli attacchi a tutto il naviglio occidentale, non attaccando, invece, quello russo o cinese. Un'eccezione che non è casuale, come spiegherò.
  Negli ultimi due mesi sono stati perpetrati più di trenta attacchi. Solo per citare i casi più frequenti: il 15 gennaio un missile ha colpito la Eagle Gibraltar, una portarinfuse battente bandiera delle Isole Marshall e gestita da una società statunitense; il 16 gennaio un cargo greco è stato oggetto di un attacco missilistico; il 19 gennaio una petroliera statunitense a pieno carico è stata attaccata con missili antinave che, fortunatamente, non l'hanno colpita; il 26 gennaio scorso la petroliera Marlin Luanda, che trasportava nafta russa, destinata a Singapore, è stata colpita da un missile nel Golfo di Aden, con conseguenze poco note ai più, ma che penso troverete interessanti. La nafta è uno dei precursori dei polimeri (etilene, polipropilene, ABS) e il mercato asiatico ne richiede circa 400 barili al giorno.
  L'attacco, considerando che la produzione russa era già stata compromessa dalla guerra con l'Ucraina, dagli attacchi ucraini alle raffinerie di Ust-Luga e Tuapse, ha indotto una corsa al rialzo e ha innescato anche una sorta di asta tra Asia ed Europa.
  Come vedete, su questo tornerò, eventi occorsi in due differenti aree di instabilità, Golfo di Aden e Ucraina, si combinano e amplificano i loro effetti provocando conseguenze sui costi delle materie prime e, quindi, un innalzamento dell'inflazione per tutti i cittadini.
  Tornando agli Houthi, droni e missili provenienti dallo Yemen sono stati intercettati da parte di navi americane, inglesi e francesi presenti nell'area. Gli attacchi sono stati condotti principalmente con l'impiego di missili balistici a corto raggio, di missili antinave, di droni suicidi ai quali si sono aggiunte azioni ostili, condotte con barchini ed elicotteri, in alcuni casi con finalità di sequestro, come nel caso dell'equipaggio del cargo Galaxy Leader di proprietà di un armatore israeliano, ma operato da una compagnia giapponese, che sono in mano agli Houthi dal 19 novembre.
  Se a questo aggiungiamo l'impiego di missili balistici per colpire direttamente dallo Yemen il territorio israeliano, è evidente il salto di qualità militare compiuto dal gruppo yemenita, ora in possesso di un arsenale e di capacità operative rilevanti.
  Finora, infatti, l'azione degli Houthi nell'area si era limitata alla pirateria, con Pag. 5intenti di tipo economico e di disturbo alla navigazione mercantile, senza impiegare capacità militari in misura tale da costituire minaccia concreta.
  Le azioni appena descritte denotano, ormai, l'esistenza di un concreto supporto militare proveniente da attori esterni in termini di armamenti, di pianificazione e di identificazione dei bersagli. Gli attacchi degli Houthi hanno determinato fin da subito un serio e immediato pericolo per chi opera in mare, generando preoccupazione nelle principali imprese di navigazione e compagnie marittime. Preoccupazione che si è tradotta nei diversi allarmi lanciati per richiamare l'attenzione della comunità internazionale, che hanno spinto le più grandi aziende di trasporto merci ad evitare il transito nello stretto di Bab-el-Mandeb e, di conseguenza, da Suez, optando per la circumnavigazione del Capo di Buona Speranza. Un dato di fatto che aveva dapprima interessato solo le navi portacontainer e poi si è esteso anche alle gasiere e alle petroliere, tanto che recentemente il Qatar ha comunicato l'intenzione di posticipare i trasporti attraverso il Mar Rosso e le sue navi gasiere, comprese quelle dirette in Italia.
  Comprendere l'impatto complessivo della crisi sul Mar Rosso non è semplice, ma già nell'ultima settimana del 2023 si era registrato un calo del traffico in transito nel Canale di Suez del 38 per cento e si segnala un aumento dei tempi di navigazione di dieci, dodici giorni e dei costi di trasporto, in alcuni casi quintuplicati.
  Già nel mese di dicembre la Confederazione italiana degli armatori aveva chiesto al Governo di porre in atto azioni urgenti per garantire la sicurezza del naviglio commerciale italiano, diventato incolpevole target del gruppo terrorista Houthi. Il paradigma «mare insicuro-mare costoso» trascende i meri aspetti di sicurezza, poiché, quando aumentano i costi delle merci, i costi assicurativi e quelli di trasporto, tutto questo genera un aumento generalizzato dei costi, una spinta inflattiva e il rallentamento dell'economia.
  Dal punto di vista geopolitico, il perdurare di questa situazione potrebbe portare alla marginalizzazione dei porti del Mar Mediterraneo, con un ulteriore impatto negativo sull'economia globale europea ed italiana, in particolare. Questa crisi, quindi, minaccia non solo la sicurezza della navigazione, ma anche la nostra stabilità economica. Il Mar Rosso rappresenta, d'altronde, una via cruciale marittima per il collegamento del vecchio continente all'Asia. Qui transita circa un sesto del commercio mondiale, una buona porzione delle esportazioni di idrocarburi e il 40 per cento del commercio marittimo nazionale. Bab-el-Mandeb e Suez sono porte di accesso al Mar Mediterraneo, ma anche una pericolosa strettoia, la cui chiusura o insicurezza determina riflessi diretti sulle economie dei Paesi europei, Italia in testa.
  Non possiamo rischiare, come accadde nella prima decade del millennio, il fenomeno della pirateria in Oceano Indiano e di marginalizzazione del Mediterraneo, poiché ne risentirebbe il nostro sistema economico, già provato da un periodo pandemico e dalle conseguenze del conflitto in Ucraina.
  L'importanza strategica della regione per la comunità internazionale e la sua criticità sono dimostrate anche dalla presenza di più operazioni internazionali, che già da anni operano nell'area marittima, che va dal canale di Suez, al Mar Rosso, fino allo Stretto di Hormuz e al Golfo Persico.
  L'Unione europea – come sapete benissimo – porta avanti fin dal 2009 l'operazione Atalanta, con lo scopo principale di dissuadere e prevenire gli atti di pirateria al largo delle coste somale e nel più ampio quadrante nord-occidentale dell'Oceano Indiano, ma anche di svolgere attività di Maritime Situation Awareness e di presenza e sorveglianza in tutta la sua area di operazione.
  Nel 2020 è stata avviata anche l'iniziativa europea, a guida francese, European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz (EMASoH), con lo scopo di assicurare la sorveglianza dello Stretto di Hormuz e svolgere una funzione descalatoria rispetto alle dinamiche in atto nel Golfo Persico.
  È importante citare anche la Combined Maritime Forces (CMF), a guida statunitense,Pag. 6 istituita nel 2001, frutto di una partnership marittima multinazionale di 39 nazioni, con il compito di contrastare attività illecite in alto mare, promuovere la sicurezza e la stabilità di circa 3,2 milioni di miglia quadrate di acque internazionali. La CMF si compone di cinque Combined Task Force, ognuna operante in un determinato settore marittimo. In particolare, la CTF 153 ha il compito di garantire la sicurezza marittima nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden, cioè in quel tratto di mare oggi messo a rischio dagli Houthi.
  L'Italia partecipa a tutte queste attività fin dal loro avvio, sia con costante presenza di ufficiali di staff in seno ai comandi operativi delle diverse operazioni, sia con assetti navali della nostra Marina militare. Nel 2023 abbiamo avuto il comando sia dell'operazione Atalanta sia di EMASoH, mentre quest'anno assumeremmo il comando di tutte e tre le operazioni: Atalanta, EMASoH e CTF 153.
  A quanto in atto, già consolidato nel tempo, si è aggiunto un ulteriore impegno da parte della comunità internazionale, che, riconosciuta la gravità della situazione, ha deciso di intraprendere alcune azioni tese principalmente a condannare l'atteggiamento degli Houthi e a incrementare la presenza militare nell'area.
  Il 19 dicembre scorso è stato emesso un comunicato congiunto di condanna degli atti perpetrati dagli Houthi, sottoscritto dalla NATO, l'Unione europea e altri partner, per un totale di 44 Paesi, ed è stata annunciata, da parte americana, l'intenzione di avviare, all'interno del CTF 153, l'operazione Prosperity Guardian, con lo scopo di garantire la sicurezza della navigazione mediante l'incremento della presenza navale, delle attività di pattugliamento e delle attività di scorta a favore del naviglio mercantile.
  A seguito del perdurare degli attacchi, il 3 gennaio scorso è poi stato diffuso un nuovo comunicato firmato da 14 nazioni tra cui l'Italia, con cui, nello stigmatizzare la situazione inaccettabile nell'area, si rimarcava la responsabilità degli Houthi per la continua minaccia alla libertà di navigazione. Il 10 gennaio il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha approvato una risoluzione che condanna gli attacchi degli Houthi e sottolinea il diritto degli Stati ad agire in difesa del proprio naviglio, nel rispetto del diritto internazionale.
  Nonostante i numerosi appelli provenienti da tutto il mondo, gli Houthi hanno proseguito i loro attacchi e così l'11 gennaio gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, con il supporto non operativo di altri quattro Paesi (Australia, Bahrain, Canada e Olanda) hanno deciso di attaccare postazioni sul territorio dello Yemen al fine di degradare la capacità degli Houthi di condurre attività offensive. Tali azioni sono state precedute da un terzo comunicato, che l'Italia non ha sottoscritto ritenendo opportuno approfondire l'aspetto di legittimità internazionale di tali interventi.
  Pur diminuiti del 50 per cento, proprio per effetto dell'attività cinetica di Stati Uniti e Gran Bretagna, gli attacchi degli Houthi sono proseguiti, motivo per il quale il 22 gennaio ha avuto luogo un secondo intervento anglo-americano. Un ulteriore comunicato congiunto, a cui questa volta l'Italia ha aderito insieme ad altri 23 Paesi, è stato rilasciato il 23 gennaio. Con esso, oltre a ribadire la ferma posizione della comunità internazionale e richiamare il diritto all'autodifesa individuale e collettiva, sancito dalla Carta delle Nazioni unite, si pone l'attenzione sui soggetti che sostengono gli Houthi con la fornitura di armamenti e/o intervenendo nella selezione degli obiettivi.
  Come dicevo, l'Italia, riconoscendo la necessità di intraprendere misure urgenti, ha disposto, quale prima immediata misura, l'invio di un'unità navale, una fregata multimissione Virginio Fasan, poi sostituita dalla pari classe Martinengo che, operando sotto comando nazionale nell'ambito di un'operazione nazionale già autorizzata, garantisce una miglior conoscenza della situazione operativa e informativa in atto e fornisce un ombrello di protezione al naviglio mercantile italiano e a quello di diretto interesse nazionale, prevedendo anche uno stretto coordinamento con Prosperity Guardian e Atalanta.
  Al contempo, con un'intensa azione congiunta Esteri e Difesa, stiamo lavorando, insieme ai nostri partner europei, per far sì Pag. 7che l'Unione europea giochi un ruolo più attivo nella gestione della crisi e nel garantire la sicurezza marittima dell'area. Un ruolo coerente con il livello di ambizione è sancito dallo Strategic Compass e dalla strategia marittima dell'Unione, nonché in linea con la volontà di Bruxelles di agire come attore di sicurezza globale.
  L'Unione europea ha così elaborato una serie di opzioni per lanciare la nuova operazione di sicurezza marittima che prenderà il nome di «Aspides». Con Parigi e Berlino, in particolare, stiamo fortemente supportando il lancio di questa nuova operazione, che dovrebbe agire nel Mar Rosso e parte del Golfo Persico, inglobando in qualche modo l'altra operazione europea EMASoH, anche in ragione della possibilità di avvalersi di strutture, capacità e competenze già esistenti e quindi con maggior velocità.
  Aspides sarà una missione che auspichiamo possa prevedere anche la partecipazione dei Paesi arabi moderati, e di tutti gli altri: non solo gli arabi moderati, ma anche tutti quelli che volessero unirsi a questo sforzo collettivo di sicurezza.
  Le navi militari europee svolgeranno compiti di protezione e scorta del naviglio e supporto alla Maritime Situational Awareness, mantenendo uno stretto coordinamento con Atalanta, con cui Aspides condividerà parte dell'area delle operazioni, pur con distinzione di compiti con Prosperity Guardian come dicevo prima.
  L'operazione punta a creare un meccanismo di deterrenza per difendere il traffico marittimo in tutta l'area fino a Suez. Gli assetti europei di previsto impiego per l'operazione comprenderanno per ora un minimo di tre unità navali, supporto intelligence e logistico, capacità di early warning aereo, protezione cyber, supporto satellitare, comunicazione strategica in supporto alla cosiddetta «information warfare».
  La Difesa italiana, oltre al fondamentale contributo in termini di assetti navali, per cui ci poniamo l'obiettivo di garantire la sostenibilità dell'impiego continuativo di almeno una nave nel Mar Rosso per dodici mesi, sta valutando anche la possibilità di fornire assetti aerei con capacità di sorveglianza e raccolta dati.
  In merito al comando e al controllo, l'Italia, come la Francia e la Grecia, ha dato la sua disponibilità iniziale anche a ospitare il comando operativo (abbiamo già il comando operativo dell'operazione navale europea nel Mediterraneo) o, in alternativa, ad assumere la responsabilità del comando tattico della forza europea da bordo di una nostra nave, nell'ottica di dare un pratico impulso all'operazione se questo si rendesse necessario.
  Bruxelles ha stilato un'ambiziosa tabella di marcia che prevede di ottenere il voto unanime dei ventisette Paesi membri per il lancio dell'operazione durante la riunione dei ministri degli esteri il prossimo 19 febbraio.
  In sostanza, indipendentemente dai contenitori operativi che verranno utilizzati, fintanto che permarrà l'attuale situazione di crisi, l'Italia manterrà permanentemente almeno una unità navale nazionale nel Mar Rosso e supporterà, in maniera diretta o indiretta, le operazioni difensive che abbiano il mandato di tutelare la sicurezza e il diritto internazionale.
  Quando il processo decisionale sarà concluso, la Difesa potrà valutare più compiutamente quale contributo operativo fornire, inserendolo nella deliberazione delle missioni 2024 per il passaggio parlamentare previsto.
  Qui vorrei cogliere l'occasione per agganciarmi a una criticità sul processo di costruzione dell'annuale deliberazione, che avevo già evidenziato nei miei precedenti interventi. Quanto sta accadendo nel Mar Rosso ha fatto risaltare ancor di più i limiti della legge n. 145 del 2016 e ci ha spinto all'elaborazione di uno strumento normativo migliorato, che consenta al Paese di dotarsi di una migliore e più efficace capacità di risposta alle crisi e alla crescente instabilità che ne deriva, potendo contare su procedure di impiego immediato delle Forze armate nonché conferendo maggior flessibilità operativa di impiego alle unità e alle forze operanti in una stessa area geografica.Pag. 8
  Al tempo stesso, era necessario individuare e approntare altrettanto rapidamente forze ad altissima prontezza da impiegare all'insorgere di una crisi o emergenza, ma questo avverrà senza nulla togliere alle prerogative e al ruolo del Parlamento, che resteranno centrali.
  Tutto ciò è stato perseguito con il recente disegno di legge di modifica della legge n. 145, che, detto da alcuni, era inserito già da mesi nelle linee programmatiche del Ministero e non è messo in relazione meccanica alla crisi del Mar Rosso.
  Infine, nel chiudere questo intervento, desidero fare alcune riflessioni. Il Mar Rosso non è ancora un teatro di guerra, non nel senso classico, ma ne sta assumendo sempre più le sembianze. Per questo dobbiamo agire contemperando determinazione, cautela, risolutezza e approcci dialoganti. L'azione diplomatica deve andare avanti di pari passo a quella militare, mantenendo canali di dialogo con tutti gli attori che possono esercitare la loro influenza in quella regione. Sullo sfondo resta – come sappiamo tutti – la guerra di Gaza. Il nostro intervento deve essere orientato a evitare ulteriori escalation, sempre e in ogni caso.
  Anche senza un aggravamento della situazione, i riflessi delle turbolenze del Mar Rosso sono già pesanti, soprattutto per la tutela dei nostri interessi nazionali. Se vogliamo evitare conseguenze più gravi per il Paese, soprattutto in questa congiuntura economica già difficile, dobbiamo fare presto e intervenire subito.
  La stabilità e la sicurezza del Mar Rosso per noi è una condizione fondamentale, dato che affidiamo al trasporto marittimo gran parte della nostra ricchezza e della nostra prosperità. Per arrivare nel Mediterraneo senza passare da Suez, le navi dovrebbero fare 6.000 chilometri in più. Chiaramente, tenderanno a dirigersi verso altri porti, non più quelli italiani, e altre destinazioni, non le nostre. Rischiamo di vedere, quindi, i nostri porti inoperosi e improvvisamente resi irrilevanti.
  La difesa dell'interesse nazionale è prioritaria. Il Mediterraneo allargato resta centrale nella strategia di sicurezza nazionale italiana. Da qui deriva la celerità delle scelte effettuate, dei processi decisionali avviati, per i quali la Difesa, come ho già detto, sta operando in sinergia con gli Esteri.
  Un'ultima considerazione. La crisi del Mar Rosso va certamente vista come effetto del conflitto in atto nella Striscia di Gaza, insorto quale conseguenza dell'attacco terroristico di Hamas dello scorso 7 ottobre. Essa, tuttavia, ha una portata molto più ampia. Per comprendere le conseguenze occorre ampliare la visione e l'esame. Siamo nel mezzo di un conflitto ibrido globale, che si gioca contemporaneamente su più fronti, in differenti parti del mondo. Si gioca, naturalmente, in Medio Oriente, dove l'allargamento del conflitto a Hezbollah e, di conseguenza, al Libano è un rischio che non può essere escluso e l'ondata di instabilità che deriva dalla Striscia di Gaza ha già colpito Iraq, Serbia, Siria e in parte anche Iran e Pakistan; si gioca nel quadrante indo-pacifico, ove la crescente assertività di Cina e Corea del Nord preoccupa non poco, anche in relazione alle recenti elezioni in Taiwan; si gioca, naturalmente, nella guerra tra Russia e Ucraina, della quale ho recentemente riferito in Parlamento.
  Russia, ma anche Iran e Corea del Nord hanno un potenziale produttivo di armi e sistemi d'arma che preoccupa e che non è avvicinabile a quello dei Paesi occidentali, molto superiore. Questi tre Paesi, ma anche la Cina stanno intenzionalmente conducendo un conflitto ibrido nei confronti dell'Occidente: un confronto per l'accesso alle materie prime, alle fonti di energia, alle terre rare; un confronto sulla capacità produttiva in settori e capacità strategiche; un confronto sulla superiorità tecnologica e sulla ricerca; un confronto, infine, sulla competitività economica e la sostenibilità dello sforzo.
  Desidero qui tornare brevemente al Mar Rosso e spiegare perché lo considero parte di una guerra ibrida. L'aumento del costo dei trasporti delle materie prime e l'impatto sui tempi medi di trasporto e la disponibilità complessiva di navi commerciali sono già di per sé fattori critici, in grado di avere impatti sull'economia globale e, quindi, sulla nostra vita. Se poi a Pag. 9questo aggiungiamo che il traffico commerciale di Russia e Cina, per espressa dichiarazione degli Houthi, potrà transitare liberamente nel Mar Rosso e da Suez, va da sé che si creerà una situazione di squilibrio competitivo che impatterà in modo ancor più violento e asimmetrico su di noi e sulle nostre economie.
  Questa asimmetria di costi, indotta nel Mar Rosso dagli attacchi degli Houthi, è uno degli strumenti più efficaci con cui Mosca e Pechino perseguono l'obiettivo di prevalere slealmente nella competizione globale e di guadagnare nuove sfere di influenza, rendendo il confronto con l'Occidente insostenibile per quest'ultimo. Ma è una asimmetria che pagherà principalmente e in grande misura l'Europa e soprattutto i Paesi della sponda sud, come l'Italia, che potrebbero restare tagliati fuori a causa della marginalizzazione del Mediterraneo e, nel medio termine, dell'apertura della via di comunicazione artica.
  Occorre agire assieme, con urgenza ed efficacia, per ripristinare il diritto internazionale e il libero transito delle merci. Questo è ciò che stiamo facendo e questo è quello che abbiamo chiesto all'Unione europea.
  Appare opportuno sottolineare, infine, che il quadro che si va delineando prefigura un accresciuto impiego di capacità della Difesa nella regione, non preventivabile in fase di predisposizione delle assegnazioni finanziarie per gli impegni del 2024, dico sin d'ora, difficilmente compensabile attraverso una revisione e rimodulazione in senso riduttivo degli altri impegni in altre aree di crisi.
  Ritengo, dunque, che il nostro impegno per la sicurezza del Mar Rosso e le altre aree di crisi deve trovare ristoro attraverso finanziamenti aggiuntivi che vanno oltre il perimetro previsto con la recente approvazione della legge di bilancio.
  Ho concluso la mia relazione. Spero di essere stato chiaro ed esaustivo. Aggiungo un particolare che non è contenuto nella relazione, essendo stata fatta ieri. Probabilmente la scelta ricadrà sulla Grecia e su Larissa come Quartier generale dell'operazione, concordata ieri tra tutti i Ministri della difesa. Non è ancora ufficiale, perché la decisione non è dei Ministri della difesa, che sono la parte tecnica (il 19 ci sarà la riunione dei Ministri degli esteri), ma questo dovrebbe essere l'assetto finale di quello che l'Unione europea sta cercando di portare avanti e sul quale si è posta l'ambizioso obiettivo di portare tutti i 27 Paesi. Sembra una cosa scontata, ma così non è, almeno in questo settore. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MICHELE BARCAIUOLO. Ringrazio il Ministro Crosetto, non solo per la presenza e la disponibilità all'incontro odierno, ma anche per l'esaustiva e integralmente condivisibile relazione. Il fatto che sia integralmente condivisibile, ovviamente non significa che ci ha dato buone notizie.
  È chiaro che eravamo informati rispetto a una criticità crescente di quest'area e al fatto che, come lei ha giustamente detto, il sistema di guerra ibrido è forse anche più difficile e più temibile da affrontare, e l'Italia rischia di pagare più di altri questa situazione. Dico che rischia di pagare più di altri perché, se è evidente che nessuno pone in discussione che si possa, a livello europeo, arrivare – ci auguriamo – a una condivisione con tutti i 27 Paesi membri su un appoggio e un sostegno ad un intervento anche più solido rispetto a quello già posto in essere, è chiaro che c'è qualcuno che paga meno di noi. In Europa, infatti, ci sono porti sull'Atlantico che, non dico hanno interesse, ma sicuramente perdono molto meno di quanto noi rischiamo di perdere. Credo allora che l'azione diplomatica non debba essere fatta solo nei confronti di quelli che ad oggi sono, per usare un termine non belligerante, i nostri competitor in quell'area, ma anche nei confronti dei nostri partner, in un sistema di interesse comunitario collettivo, perché un'Italia che rischia di indebolirsi vuol dire, sul medio e lungo termine, anche un'Europa più debole.
  Credo che questa sia la strada per tentare di far sì che l'Europa si muova in Pag. 10questa direzione, a prescindere dai singoli interessi nazionali, perché probabilmente noi abbiamo da pagare più di altri.
  Mi permetto di rivolgere un paio di domande. La prima è sulle azioni militari di cui ha parlato, in particolare quelle a prima matrice anglofona. Vorrei sapere che tipo di risultati hanno portato, perché qui non si tratta solo di far rispettare il diritto internazionale, il diritto della navigazione e quant'altro, ma quando lei giustamente osservava che, invece, le navi battenti bandiera diversa da quelle occidentali hanno un libero passaggio, è chiaro che le conseguenze sono drammatiche per la nostra economia.
  Mi chiedo e mi interrogo se anche ad altri livelli l'ONU, pur con il limite di un Consiglio di sicurezza che ha all'interno un diritto di veto costituito su principi ed equilibri di ottanta anni fa, potrebbe, visti alcuni precedenti riferiti al passato più o meno remoto, aiutare nel far rispettare il diritto internazionale e il diritto alla navigazione.
  Poi faccio una domanda. Un'altra nazione che è inserita nell'Alleanza atlantica e non nell'Unione europea, ma che rischia di avere delle conseguenze non trascurabili da questo effetto è la Turchia.
  Mi chiedevo se su questo c'è una relazione, un dialogo, uno scambio di opinioni, e mi auguro, perché no, visto il comune interesse e vista l'appartenenza al sistema di difesa occidentale a cui la Turchia fa parte, se con loro, invece, c'è un qualcosa che, passatemi il termine, «bolle in pentola» sulla questa vicenda.
  Dopodiché, ovviamente mi taccio perché la relazione è stata veramente esaustiva.
  Ringrazio ancora il Ministro per la disponibilità. Speriamo che, a breve, o nel medio termine, per essere più realistici, possiamo rivederci con qualche novità, perché è chiaro che, in un quadro complesso, e lasciamo perdere gli altri scenari instabili che abbiamo intorno a noi (e per noi ovviamente intendo l'Europa), e penso alla vicenda armena e a quella serbo-kosovara, ci sono una serie di questioni che rischiano di andare ad esasperare ancora di più questo clima. Su questo io resto convinto che, pur nella comprensibile valutazione che lei ha fatto, ovvero che c'è un sistema che sta, di fatto, conducendo un'azione contro l'Occidente, che militarmente è forse più forte di noi, noi non possiamo chinare la testa. Dobbiamo restare assolutamente con la schiena dritta a difendere le nostre libertà e tutto ciò che abbiamo raggiunto.

  STEFANO GRAZIANO. Innanzitutto voglio ringraziare il Ministro per aver accettato la richiesta di informativa che abbiamo fatto e il Presidente della Commissione che subito si è attivato perché questa informativa, che penso sia giusta e legittima, ci fosse. Soprattutto, voglio ringraziare il Ministro per aver fatto una relazione abbastanza puntuale.
  Vorrei chiederle alcuni chiarimenti. Già lei, in filigrana, sostanzialmente, lo ha detto, ma è utile, a mio avviso, ribadirlo. Mi pare evidente, dalle sue parole, ma glielo chiedo esplicitamente, che, secondo la legge n. 145 del 2016 queste nuove missioni dovranno essere autorizzate dal Parlamento, quando, ovviamente, l'Europa nel suo complesso le avvierà.
  Le chiedo, poi, quali sono i Paesi che partecipano attivamente. Stamattina ci ha detto che la Grecia avrà il comando operativo. Non so se la Grecia avrà anche il comando navale oppure lo avremo noi. Quindi, giusto un'informativa per capire quali Paesi partecipano e quali non partecipano alla missione europea.
  Le chiedo in ultimo che cosa ha prodotto il tema della escalation e della de-escalation. Sostanzialmente, cosa si è verificato? Cosa ha prodotto realmente rispetto agli Houthi? È evidente che hanno fatto un grande salto di qualità. È evidente che c'è una regia che vede più punte impegnate nei diversi luoghi. L'Iran ha attivato tutte le punte di «associazioni terroristiche», però le chiedevo se è importante e utile, e a nostro avviso penso di sì, coinvolgere, oltre all'Europa, anche altri Paesi della regione che si affacciano sul Mar Rosso, per esempio l'India, o altri, e capire quali sono le azioni diplomatiche che da questo punto di vista si possono mettere in campo. Ovviamente è un lavoro non solo del Ministro della difesa, ma anche del Pag. 11Ministro degli affari esteri, però vorrei capire se c'è una strategia per far sì che nella regione ci sia una compressione complessiva da questo punto di vista.
  Per quanto riguarda la composizione degli assetti, come lei ha detto, saranno tre navi, ma questo poi lo vedremo dopo il Consiglio dei ministri degli esteri in Europa del 19 febbraio e da lì poi capiremo quale sarà la missione. Però, penso che questa richiesta, a nostro avviso, sia utile per provare a costruire le condizioni per la de-escalation, perché bisogna fare molta attenzione a non rischiare una escalation ancora maggiore, e a mio avviso bisogna costruire le condizioni di dialogo sempre più forti con le relazioni diplomatiche.
  Grazie.

  MARCO DREOSTO. Presidente, anch'io rivolgo un sentito ringraziamento da parte mia e da parte del mio Gruppo al Ministro per la sua presenza e per quanto ci ha riferito nella sua relazione, onorando, tra l'altro, in maniera importante l'impegno, che non è solo quello di tenere informato il Parlamento sulle crisi in atto e anche sulle misure che stiamo considerando di assumere, ma soprattutto quello di descrivere uno scenario globale, che lei può vedere da una posizione evidentemente privilegiata.
  È inutile dirlo, ma voglio comunque ribadire che deploriamo questo attivismo disinvolto da parte di attori non statuali in questi scenari, con ricorso alla forza così esasperata. Poi, quanto è già successo ad Hamas, che ha scatenato questo conflitto in Medio Oriente, di cui purtroppo non si vede ancora la fine, e quanto sta accadendo oggi con gli Houthi yemeniti non è un problema solamente di carattere militare, di difesa e civile, ma anche di carattere commerciale.
  Colgo l'occasione per fare un intervento forse un po' diverso da quello dei colleghi, perché provengo da una regione, il Friuli Venezia Giulia, che in questo momento è particolarmente sensibile al tema delle rotte commerciali. Ebbene, noi abbiamo un grande allarme per quanto riguarda i traffici, come segnalato da tutte le imprese; abbiamo un porto che oggi, probabilmente, è uno tra i porti più importanti d'Europa e uno dei porti più importanti del nostro Paese. Le do un dato di prima mano: la stima di questi giorni è che i danni superino ormai i due miliardi di euro, che per una regione così piccola, ma per un territorio così vasto quale quello che ricopre il porto di Trieste, è una cifra davvero importante. Questo penalizza, evidentemente, non solo le imprese del nord-est, ma un po' tutte le imprese nazionali.
  Voglio segnalarle anche qualcosa che mi arriva dai dipendenti dell'Agenzia portuale di Trieste: in questo momento sono fermi una settimana al mese, perché evidentemente c'è un problema con l'arrivo delle merci. Quindi, anche questa situazione rappresenta una grossa difficoltà.
  Vi è, poi, un altro aspetto sempre legato al commercio: oltre ad aumentare i costi, perché, come sappiamo, gli armatori fanno la circumnavigazione anziché attraversare lo Stretto e arrivare dal Mediterraneo, c'è anche un allarme per il ritardo delle merci e, quindi, dei materiali.
  Si tratta, quindi, di una situazione particolarmente critica. Pertanto, ritengo che, in un contesto geopolitico internazionale così complesso, dove il nostro Paese vuole e deve essere protagonista, l'Italia abbia il dovere e il diritto di difendere gli interessi nazionali, elemento chiaramente ribadito nel programma del Governo.
  Mi sono dimenticato di sottolineare un altro aspetto estremamente importante. Non parliamo solo di merci, ma abbiamo problemi anche di carattere energetico e di approvvigionamento. Comunque, questo aspetto forse anche lei lo ha sottolineato.
  Ritengo, quindi, che azioni come quelle che sta portando avanti il nostro Governo, assieme evidentemente agli altri Stati europei, siano determinanti non solo per risolvere, cosa importantissima, il sistema degli interessi nazionali, ma anche per il posizionamento del nostro Paese nel contesto geopolitico.
  Infine, voglio sottolineare, sempre dal punto di vista commerciale, dal momento che gli interessi nazionali hanno una rilevanza sicuramente fondamentale, come si sia completamente bloccata quella nuova strategia che era alternativa alla «via della Pag. 12seta», che è la «via del cotone», e che mirava a rilanciare le relazioni con il Medio Oriente; questa situazione, evidentemente, non ne sta sicuramente facilitando la continuazione.
  Io non ho domande particolari, Ministro, vorrei, però, fare un ringraziamento ed esprimere, per suo conto, la gratitudine e il ringraziamento, mio, ma penso anche dei colleghi, a tutti i militari che oggi sono impegnati in quelle aree, non solo quelli che sono dispiegati, per esempio, in azioni militari, ma anche quelli che stanno aiutando i bambini di Gaza. Questa penso sia una cosa che fa onore al nostro Paese e della quale, evidentemente, dobbiamo essere tutti estremamente soddisfatti.
  Penso che l'Italia debba essere protagonista. Lo può fare attraverso gli strumenti che oggi ha a sua disposizione. Sicuramente le informazioni che voi darete al Parlamento saranno lo strumento fondamentale per intraprendere, di concerto, operazioni e azioni che poi siano funzionali al buon risultato generale per il sistema Paese.
  Grazie, Ministro.

  BRUNO MARTON. Buongiorno Ministro.
  Nell'ultima audizione che c'è stata le avevo posto la domanda se il fatto di rafforzare i nostri assetti terrestri fosse dovuto a qualche scelta politica di necessità. Lei ha confermato che gli investimenti sarebbero stati fatti sulla base delle reali esigenze e ha mostrato delle lastrine dello Stato maggiore della Difesa, con i famosi puntini rossi e i puntini verdi che rappresentavano la situazione degli assetti.
  Mi domando se queste vicende attuali riorienteranno, se non quanto negli investimenti almeno nella tempistica, gli investimenti sugli assetti navali.
  Grazie.

  MAURIZIO GASPARRI. Vorrei ringraziare il Ministro per la tempestività con cui ci ha informato di quello che sta avvenendo. La richiesta di portare in Parlamento la vicenda era condivisa da tutti i Gruppi e, ovviamente, anche dal Gruppo di Forza Italia.
  Vorrei prendere atto del fatto – mi è capitato anche in occasione di pubblici dibattiti – che gli armatori italiani hanno sottolineato già che la nostra Marina, presente per le altre operazioni e le altre missioni in atto da tempo, ha già contribuito con efficacia alla tutela delle nostre navi mercantili minacciate, come tutte le altre, in questa fase.
  Quindi, già l'Italia è potuta intervenire. Questo ci fa capire una cosa. Noi molte volte discutiamo sui mezzi, sulle risorse della Difesa, sul varo della nave, a che cosa serve e a cosa non serve. Ricordiamo i luoghi comuni, la demagogia di alcuni settori politici e ora comprendiamo come il mondo, purtroppo, abbia un'agenda complicata e quindi anche gli investimenti nella Difesa e nel potenziamento della Marina, che poi vuol dire avere «x» unità disponibili o impiegabili o impiegate in contesti che sembrano distanti, sono invece strategici per il Mediterraneo e per i nostri commerci.
  Anche noi siamo molto preoccupati per il porto di Trieste, che è un hub fondamentale e che sarà penalizzato dalla rotta che circumnaviga l'Africa e porta, fatalmente, verso Rotterdam, e siamo preoccupati per le ricadute economiche di queste aggressioni sui costi complessivi dei noli, dei trasporti, delle assicurazioni e delle merci che arrivano, poi, ai consumatori. Quindi, è assolutamente indispensabile agire.
  Da parte nostra, nel rispetto di tutte le modalità e delle intese che saranno assunte ulteriormente a livello europeo, preannuncio che Forza Italia sosterrà tutti gli interventi.
  Comprendiamo anche la modalità diversa dell'Italia di agire. Abbiamo colto anche le distinzioni che il Governo italiano ha fatto quando inglesi e americani hanno disposto degli attacchi alle basi degli Houthi.
  Lei, Ministro, ha poi fatto un accenno non agli ispiratori, ma ai fruitori di questa situazione. Se l'Iran e altri Paesi alimentano, probabilmente, questa vicenda e tutta la tensione nell'area mediorientale, quindi non sono estranei ad Hamas e a tutto quello che sta avvenendo in altri scenari connessi storicamente, in termini geopolitici,Pag. 13 noi abbiamo anche fruitori indiretti (Cina, Russia) che investono e sono presenti fortemente in Africa.
  Temo, quindi, che si dovranno studiare interventi ulteriori. Vorremmo un mondo di pace. Benissimo. Lei ha citato l'operazione – e ho concluso – anche per i bambini a Gaza, il modo con cui l'Italia si distingue sia per cercare di favorire, per come si può, un processo di pace in un'area difficile, ma anche con interventi umanitari. Tuttavia, non dobbiamo sottovalutare questo scenario. Questa rotta, per ragioni storiche ed economiche, non può essere lasciata nelle mani di terroristi come gli Houthi, che la minacciano e la condizionano. L'Italia deve partecipare – lo diciamo fin d'ora, come Forza Italia – a tutte le intese internazionali, prendendo atto che noi, come mondo libero, non possiamo subire questa aggressione ai commerci, ai traffici e anche allo sviluppo di quelle aree.
  Seguiremo gli sviluppi, ma siamo orientati a sostenere ogni atto o iniziativa che, nelle modalità e nelle forme dovute, anche con il coinvolgimento del Parlamento, il Governo italiano e la realtà internazionale intenderanno assumere.

  ENRICO BORGHI. Ringrazio il Ministro per questa relazione, che ci ha consentito di inquadrare ulteriormente gli aspetti delicati della vicenda di cui stiamo discutendo.
  Se le Presidenze e il Ministro me lo consentono, vorrei definire il perimetro e la forma del nostro lavoro di oggi e anche per il prosieguo, facendo un appello al Ministro, del quale abbiamo apprezzato le dichiarazioni finali di una sequela di dichiarazioni che non è stata particolarmente entusiasmante rispetto al rapporto tra Governo e Parlamento su questa vicenda. Abbiamo registrato, infatti, la presa di posizione della Presidente del Consiglio, che si è subito affrettata a escludere qualsiasi possibilità di coinvolgimento del Parlamento. Poi, abbiamo visto le dichiarazioni del Ministro degli affari esteri, che sostanzialmente ha detto che sarebbero venuti in Parlamento per gentile concessione, dal momento che questo tipo di missione non rientrava all'interno delle pertinenze parlamentari. Da ultimo, abbiamo sentito la sua positiva dichiarazione fatta al Corriere della Sera e oggi in questa aula, che ha confermato come necessariamente il Parlamento dovrà essere non solo il luogo di definizione del percorso di autorizzazione, ma anche il luogo di indirizzo, di discussione e di formazione del consenso.
  Lo dico perché, oltre che per l'antico detto che in politica la forma è sempre sostanza, dalle sue parole, che per molti aspetti sono condivisibili, si ha più che la sensazione, direi la certezza di immaginare che non si chiuderà qui la vicenda o, meglio, che ci troveremo ancora a discutere, purtroppo, dell'esigenza di un coinvolgimento delle nostre truppe in missioni internazionali, stante il grado di complessità che il quadro politico internazionale sta assumendo. Quindi, penso che sia anche per la necessaria determinazione della formazione di un consenso, che su queste misure si dovrebbero evitare le prove muscolari tra maggioranza e opposizione e si dovrebbe, nel limite del possibile, cercare di trovare una convergenza che vada al di là dei perimetri tradizionali degli steccati di maggioranza e di opposizione. Non solo per dare il più largo supporto alle nostre donne e ai nostri uomini in divisa, che ringraziamo sin d'ora e che dovranno sapere che in queste impegnative attività hanno dietro tutto il Paese e non solo un pezzo, ma anche perché per le questioni che ha richiamato il Ministro Crosetto, e cioè da un lato l'esigenza della rivisitazione all'interno di uno specifico disegno di legge delle regole, e ne discuteremo in questa sede (e in parallelo abbiamo colto, non troppo tra le righe, il messaggio che ha mandato al Ministero dell'economia e delle finanze circa l'esigenza di supportare e ampliare la dotazione economica) è evidente che più su questi temi si costruisce un consenso largo e più quegli obiettivi possono essere conseguibili.
  Fatta questa premessa, che però, come ho detto in precedenza, è essenziale – in maniera tale che la prossima volta ci troveremo qui a discutere entrando subito nel merito ed evitando corollari piuttosto stucchevoli – credo che la descrizione che ha Pag. 14fatto il Ministro, dal punto di vista dell'impostazione geopolitica, sia un'impostazione corretta. Credo che dobbiamo avere la consapevolezza che se ci limitassimo – cosa che credo sarebbe comunque un errore nella lettura – al perimetro regionale del Medio Oriente, noi finiremmo per concentrare le nostre energie, la nostra dialettica, il nostro dibattito e la divisione tra le forze politiche sulla vicenda di Gaza, che certo è una vicenda drammatica, complessa, storicamente aggrovigliata, mentre bisogna fare un passo indietro, o meglio bisogna guardare un pochino più dall'alto le motivazioni per le quali tutto ciò sta avvenendo.
  Le motivazioni risiedono nel fatto che c'è oggettivamente un filo rosso o una strategia comune che lega quello che sta accadendo nel Mar Rosso e quello che sta accadendo a Gaza. Anzi, il network iraniano è un network composito che è fatto dagli Hezbollah in Libano, dalla jihad, dalle milizie sciite in Iraq, dagli Houthi, dal sostegno nei confronti di Hamas. È evidente che quando tutto questo si attiva risponde a un obiettivo strategico. Non stanno accadendo per caso queste operazioni e lo conferma quello che il Ministro ci ha detto in questa sede.
  Se vengono attaccate le navi – le definisco così per convenzione – occidentali e non si creano problemi, tensioni, ostacoli al passaggio commerciale dei natanti cinesi e dei natanti russi è evidente che c'è una situazione dietro la quale bisogna articolare una capacità di intervento che vada su vari livelli. Sotto questo punto di vista, abbiamo la consapevolezza anche che sono in atto una serie di deliberate provocazioni. Il Ministro non lo ha citato, ma lo sa bene: l'attacco di pochi giorni fa a Tower 22, alla posizione militare strategica statunitense al confine fra Giordania e Siria è, se volessimo usare l'immagine, una sorta di gioco di rimbalzo, come nel biliardo. Si attaccano gli Stati Uniti per cercare di raggiungere altri obiettivi.
  È evidente che, se nel caso specifico gli Stati Uniti sono nel mirino, noi dobbiamo essere capaci di capire che l'Europa è l'obiettivo politicamente più esposto, perché, mentre gli altri Paesi hanno una capacità di deliberazione, di potenza, di presenza immediata, noi dobbiamo fare il lavoro che il Ministro ha ricordato in precedenza, cioè dobbiamo mettere d'accordo ventisette Paesi, dobbiamo definire delle regole di ingaggio che vadano bene per tutti, dovremmo chiedere che i Parlamenti di tutti i ventisette Paesi deliberino. Attenzione, questo è un elemento di forza quando la Democrazia risponde in tempi adeguati. Rischia di diventare un elemento di debolezza quando c'è una tensione che attraversa le opinioni pubbliche, che poi determina momenti di blocco. Quindi, anche per questo c'è bisogno di avere una consapevolezza di un punto di caduta significativo.
  In questo contesto credo che la riunione del 19 febbraio sarà importante per definire una serie di aspetti, soprattutto connessi con le regole d'ingaggio e con il comando delle operazioni.
  Da questo punto di vista, è evidente che il nostro Paese non può non avere un ruolo significativo, al di là degli aspetti di dettaglio, perché – e mi permetto di introdurre anche questo secondo elemento – se guardiamo a quello che sta accadendo nel teatro del Mediterraneo, ci sono ulteriori elementi di preoccupazione. Mentre l'altro giorno eravamo riuniti nell'Aula del Senato per discutere sul vertice Italia-Africa, come il Ministro Crosetto sa, il viceministro russo parlava con il generale Haftar circa l'ipotesi di poter concedere il porto di Tobruk come possibile base della Russia.
  Noi, a pochi chilometri di distanza dal nostro Paese, stiamo assistendo ad una trasformazione della presenza militare russa in Libia, o meglio, in Cirenaica, da uno strumento proxy attraverso quella che era la brigata Wagner, in una presenza strutturale militare di un Paese sovrano come la Russia.
  Non fanno neanche più finta di mandare quelli senza mostrine. Ecco, noi stiamo parlando di questo. È evidente che sotto tale profilo, non per un'inutile sottolineatura di un orgoglio nazionalista, ma per una oggettiva esigenza funzionale ai nostri interessi, perché sono gli interessi dell'Unione europea, abbiamo bisogno di ribadirePag. 15 l'importanza, la presenza e il ruolo del nostro Paese.
  Da ultimo, ho una domanda specifica. Vorrei sapere, Ministro, se è in grado, naturalmente, in questa sede, di poter fornire delle informazioni. Lei ha fatto riferimento ad una nostra possibile partecipazione con un supporto aeronautico. Le chiedo se in questo contesto sono in atto azioni di attività di coordinamento con una analoga missione, che abbiamo visto essere stata condotta nei giorni scorsi dagli Stati Uniti d'America e dal Regno Unito. È evidente che, comunque sia, un'azione di supporto logistico e militare navale non può non avere una copertura dal punto di vista aeronautico e aereo.
  Sotto questo aspetto, se è in grado di dare in questa sede ulteriori informazioni, le saremmo grati.

  PRESIDENTE. Abbiamo una richiesta di intervento da remoto del vicepresidente Mulè.

  GIORGIO MULÈ, in videoconferenza. Buongiorno, presidente.
  Buongiorno, Ministro. Grazie per la sua relazione. Non replicherò le osservazioni già fatte dal senatore Gasparri. Proverò ad aggiungere soltanto alcuni piccoli dettagli. Il primo – anche a beneficio dei lavori del Parlamento – è che, rispetto a una minaccia percepita come minaccia latente, quella che riguarda la situazione nel Mar Rosso è a tutti gli effetti una minaccia prossima ed esistente nei confronti dei cittadini italiani imbarcati sulle navi e delle imprese italiane che le gestiscono. Quindi, ci troviamo in uno scenario che non ci riguarda soltanto da un punto di vista geopolitico generale, internazionale, ma attiene anche alla sicurezza e alla vita di cittadini italiani.
  Da questo ne discende il fatto che, mai come in questa missione, l'attenzione deve avere un grado ancora più elevato, proprio perché questa volta il pericolo ci riguarda da vicino.
  A questo proposito, Ministro, le volevo chiedere una cosa. Lei faceva riferimento alle prime tre navi che fanno parte del contingente, una italiana, e che faranno sorveglianza e raccolta dati. A questo proposito le volevo chiedere, se già da adesso, vista la portata e il numero, cosciente del fatto che sono attive altre missioni nel Mar Rosso, questo numero sia soltanto una base di partenza o debba essere ulteriormente allargato.
  Mi aggancio, per pragmaticità, proprio per evitare il ricorso a facili deduzioni, al fatto che lei, durante la sessione a fine dicembre, in occasione dell'approvazione da parte della Commissione Difesa del parere sulla legge di stabilità, aveva posto (in maniera giustissima, a mio avviso) l'accento sulla necessità di rifornire i nostri magazzini, non perché ci piace giocare alla guerra o per una postura bellicista, ma banalmente perché se vuoi difendere i tuoi cittadini hai bisogno di avere delle munizioni.
  Ci siamo detti con molta chiarezza e in maniera molto realistica che i nostri magazzini sono sostanzialmente depauperati, se non vuoti in alcuni casi, rispetto ad alcuni assetti; ad esempio, con riguardo all'armamento militare delle navi, assai carenti. Allora, le chiedo se per dar luogo a una immediata capacità non sia necessario con grande chiarezza dire al Paese che abbiamo bisogno, ora e adesso, di quei finanziamenti, che non servono ad alimentare la guerra, ma servono soltanto a mettere in sicurezza i nostri cittadini e i nostri militari, per fare in modo che mai dovessero trovarsi in situazioni di pericolo scaturite da una mancanza di approvvigionamento. Quindi, in questo senso, le chiedo se ritiene di voler sollecitare il Parlamento affinché le nostre Forze armate, che in ottemperanza all'articolo 52 della Costituzione sono a difesa della patria, e patria sono anche quelle navi che in questo momento solcano il Mar Rosso, si dotino dei necessari mezzi.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei.
  Do la parola al Ministro Crosetto per la replica.

  GUIDO CROSETTO, Ministro della difesa. Signor presidente, ringrazio i senatori e i deputati per i loro interventi. Cercherò Pag. 16di rispondere a tutte le domande che sono state poste, seguendo un ordine temporale.
  Senatore Barcaiuolo: le azioni militari di Regno Unito e Stati Uniti hanno portato – si pensa – a una diminuzione delle attività cinetiche degli Houthi pari a circa il 50 per cento. Quindi, è significativo. L'esempio più chiaro, per capire, è quello che sta succedendo ad Hamas. Dopo tutti gli attacchi che gli sono stati portati da Israele, qualche giorno fa c'è stato un attacco missilistico pesantissimo su Tel Aviv, che è stato fermato soltanto dalle difese antimissili israeliane. Tutti pensavano che Israele, dopo questi giorni di attacco, avesse quasi completamente distrutto la capacità di reazione di Hamas. Invece, c'è stato questo attacco molto rilevante. Quindi, la stessa cosa, moltiplicata molte volte di più, vale per gli Houthi, perché gli Houthi sono probabilmente il gruppo più organizzato dell'area che fa capo all'entourage iraniano, molto di più di Hezbollah, tant'è che hanno una capacità propria di produzione di armi. Quindi, non sono noti, sono meno evidenti, sono meno conosciuti, ma hanno una capacità militare più elevata degli altri, tant'è che hanno resistito agli attacchi di Arabia Saudita e degli Emirati Arabi per anni, senza avere alcuna diminuzione né di potere né di capacità.
  Tanto per capirci, gli Houthi valgono dieci volte Hamas, e non stanno colpendo Israele, che ha capacità difensive, stanno colpendo delle navi che passano per commerciare, che non hanno alcuna capacità difensiva.
  È un atto, quindi, che viene in qualche modo giustificato con la guerra tra Israele e Hamas, ma che, come dicevo prima, ha una portata maggiore.
  Ci sono otto punti nel mondo che vengono chiamati «choke points», i punti di soffocamento, i colli di bottiglia. Gli otto punti nel mondo sono: Suez, Panama, lo Stretto di Malacca, lo Stretto di Hormuz, Gibilterra, Bosforo-Dardanelli, Bab-el-Mandeb e il Capo di Buona Speranza.
  Da questa crisi sono interessati Suez, Hormuz, Bab-el-Mandeb. Se voi pensate a dove sono dislocati altri attori, come la Corea del Nord, e se pensate al fatto che Panama adesso è in crisi a causa dei cambiamenti climatici (c'è mancanza d'acqua che non consente praticamente il passaggio) voi capirete che in questi punti passa il 90 per cento del traffico mondiale. Pensate al rischio che esiste dalla possibilità di portare una guerra ibrida sulla navigazione.
  Tanto per capirci, ma la cosa non è difficile, se io fossi il produttore di queste bottiglie d'acqua e avessi una nave occidentale che può portarmele e una nave cinese o russa che può portarmele, in questo momento, non solo per ragioni economiche, ma anche per ragioni di sicurezza e di tempistica rispetto al trasporto del mio prodotto, quale delle due sceglierei? Sarà il mercato a far sì che la guerra ibrida crei una competizione squilibrata che può portare all'uccisione della parte che non ha gli stessi vantaggi.
  Il giorno che avremo consegnato la maggior parte dei traffici commerciali navali a Cina e Russia, in quali condizioni di debolezza ci troveremmo?
  È una vicenda che va molto al di là di quello che accade nel Mar Rosso. Dobbiamo, probabilmente, abituarci sempre di più. Questi modi di combattere la guerra ibrida, un po' come quello delle fake news o come quello cyber, non si vedono, non fanno crateri, per fortuna non uccidono persone, ma fanno male allo stesso modo, perché colpiscono le economie, colpiscono le società e provocano disordini interni.
  L'indebolimento economico di una nazione. Pensate all'impatto di cui parlavamo prima, su Trieste. Una settimana al mese. E se le settimane diventeranno due o tre? E se l'impatto non sarà di 2 miliardi, ma di 4, 6 o 8? Alla fine, a cascata, quale sarà l'impatto in quella zona e, poi, per conseguenza, come si diffonderà?
  Questo tipo di guerre, purtroppo, saranno all'ordine del giorno, in un confronto che sta diventando sempre più duro. Al di là delle volontà di de-escalation in alcune zone del mondo, c'è il tentativo di un riassetto degli equilibri di potere mondiali che non si ferma di fronte alle crisi locali, ma è molto più ampio e si combatte sulle terre rare e sui microchip.Pag. 17
  Perché Taiwan è diventata improvvisamente così importante? Andate su Google, cliccate «semiconduttori», guardate chi sono i maggiori progettisti, produttori, assemblatori di semiconduttori al mondo. Poi andate a vedere quanto diventeranno fondamentali i semiconduttori per qualunque produzione di elevato livello tecnologico e capite la rilevanza di un Paese e perché Taiwan è diventata così importante.
  È un tema che ieri ho posto all'interno della riunione dei Ministri della difesa, quando parlavamo della produzione industriale e militare europea, paragonandola a quella della Russia, dell'Iran e della Cina. Prima di arrivare alla produzione industriale, c'è l'approvvigionamento di materie prime, c'è il numero di ingegneri. Lo ridico: l'ho detto alla NATO. Tutta la NATO insieme fa un milione di ingegneri l'anno; la sola Cina 4 milioni di ingegneri, se vogliamo parlare di collo di bottiglia nella sfida futura tecnologica. Questo per l'inquadramento generale.
  Torno alle domande. C'è stata una diminuzione del 50 per cento degli attacchi degli Houthi, ma è impossibile pensare di riuscire a fermare completamente gli attacchi. Bisognerà arrivare, alla fine, a cercare il modo che non avvengano più trovando una soluzione di altro tipo, ma per adesso colpirli rende più difficile la loro possibilità di colpire altre navi. Tuttavia, ci sarà sempre. È impossibile pensare a un'eliminazione fisica della possibilità di colpire le navi.
  L'ONU per ora è più concentrata su Gaza e Cisgiordania, che vede come punto principale anche per arrivare a una soluzione nel Mar Rosso. Con la Turchia noi continuiamo ad avere rapporti. Adesso farò una missione in Turchia, Iraq e Kuwait. La Turchia fa già parte dell'operazione CTF, a guida USA, di cui parlavo prima, quindi è pienamente coinvolta in questa zona, a tutela anch'essa della libera navigazione, perché viene colpita anche la Turchia da questi attacchi.
  Onorevole Graziano: la legge n. 145/2016, cioè l'intero assetto normativo che riguarda la difesa va, secondo me, ripensato. In questo rispondo in qualche modo anche al senatore Borghi. Io ho sempre parlato di centralità del Parlamento in ogni mia dichiarazione e continuo a dire che tutte le leggi e tutti i cambi debbano passare in Parlamento. Mando le mie cose in Parlamento, cerco di aumentare il dialogo in Parlamento. Ringrazio il presidente per avere promosso un'indagine conoscitiva sul cyber, che è fondamentale, però approfitto del suo richiamo. Noi abbiamo una normativa costruita per tempi diversi da quelli in cui viviamo. Vale anche per le missioni internazionali. Io parto un anno prima a definire le missioni che dovrò fare l'anno successivo, fotografando una situazione e in qualche modo scolpendola sulla pietra, dopodiché ogni settimana la situazione cambia. Pertanto, non io, Guido Crosetto, ma lo Stato ha la necessità, secondo me, di un'interlocuzione velocissima con il Parlamento, di un'autorizzazione velocissima, di canali speciali, e questo va strutturato e codificato attraverso interventi legislativi. Le situazioni nuove che viviamo hanno bisogno di velocità.
  La sfida delle democrazie – ripeto ciò che ho detto ieri in Europa – passa attraverso la necessità di coniugare democrazia con velocità e pragmatismo, altrimenti la velocità e il pragmatismo delle autocrazie ci mettono in crisi. Lo ripeto, sono quattordici mesi che stiamo aspettando di far entrare la Svezia nella NATO e il Presidente Putin ci ha messo un minuto a invadere l'Ucraina. Da quattordici mesi noi facciamo riunioni per vedere se la Svezia può entrare nella NATO.
  Stiamo andando molto più veloci di tutte le decisioni della storia europea in questa operazione nel Mar Rosso? Ci mettiamo tempi che, rispetto ai tempi cinesi, iraniani o russi sono biblici, ma anche rispetto ai tempi americani o della Gran Bretagna.
  Per cui, lo diceva prima l'onorevole Graziano, va sollecitata l'Europa da questo punto di vista. Non viviamo tempi nei quali possiamo concedere a liturgie burocratiche di incidere nella realtà e nell'economia. Questo va fatto passando da regole che il Parlamento deve fare per quanto riguarda l'Italia, che sono necessarie e sempre più Pag. 18urgenti. Vi invito a una riflessione di questo tipo, perché è fondamentale costituire queste nuove regole in cui dovrà muoversi lo Stato italiano.
  I Paesi che partecipano più attivamente sono stati Italia, Francia, Germania e Grecia, proprio perché non tutti i Paesi europei sono colpiti allo stesso modo dal momento che la circumnavigazione dell'Africa taglia fuori alcuni Paesi, ma non tutti e qualcuno magari è «avvantaggiato», perché una volta che è stata circumnavigata l'Africa non interessa passare attraverso lo Stretto di Gibilterra per entrare nel Mar Mediterraneo, ma conviene andare più a nord. Questi sono i Paesi che si sono attivati, ma tutti supporteranno.
  Non ci sono ancora offerte formalizzate di capacità militari, ma ci aspettiamo che ci sarà comunque il supporto di tutte le nazioni; così è emerso ieri.
  Chiaramente, l'operazione deve essere extraeuropea, l'abbiamo detto, aperta a tutti gli altri, non solo ai Paesi arabi moderati, ma a tutti. Fin dall'inizio ho pensato che in questa vicenda sarebbe stato importante il coinvolgimento dell'India, ad esempio, anche se l'India ha legami molto forti con la Russia, per cui, in questo momento, mi sembra difficile. Quello è un altro dei Paesi in cui, per ricambiare la visita del ministro indiano, dovrei andare e in cui vorrei in qualche modo sollecitare l'ingresso. È un attore che dovrà essere sempre più rilevante, con cui noi dobbiamo costruire un rapporto e un dialogo sempre più forte.
  Il senatore Dreosto ricordava i danni. L'ho ripreso nel ragionamento. Il suo ragionamento sui danni, cioè quello che stiamo vedendo sui danni, ci fa ritornare al ragionamento sulle spese della difesa.
  Quello che stiamo facendo è guerrafondaio? Solo per capire. Tutte le volte che vengo a parlare di investimenti per la difesa mi sento dire che sono un guerrafondaio. Alla fine, gli investimenti per la difesa servono per tutelare la nostra pace, la nostra tranquillità, la nostra serenità economica. Vorrei capire. Quelli che sono serviti fino adesso sono questi. Se devo dire la verità, non sono stati sufficienti e non sono sufficienti. Cosa che dico da sempre.
  Se alcune parti del nostro sistema di difesa – lo accennava nel suo intervento l'onorevole Mulè – sono insufficienti è perché c'è stata una programmazione sbagliata, una scelta sbagliata e perché, comunque, i finanziamenti per la difesa sono sempre stati considerati come un qualcosa che poteva essere cancellato e abbassato in cambio di cose politicamente più rilevanti, dimostrando una miopia di visione che in questo momento stiamo pagando. Questa cosa non la dico solo io. Questa cosa è stata detta in quest'aula da miei predecessori, che si chiamavano Pinotti, si chiamavano Guerini, per non citare la mia parte politica, La Russa e, per andare ancora più indietro, Martino. Sono sempre cadute nel vuoto, non in questa Commissione, ma magari nel Parlamento italiano, perché messe in secondo piano rispetto ad altro.
  Purtroppo, ci rendiamo conto che la sicurezza di un Paese passa anche attraverso Forze armate in grado di tutelare i nostri interessi nazionali quando serve, oltre che la pace e la sicurezza. Lo ribadisco avendo fatto ieri una riunione nel corso della quale i Paesi europei chiedevano quale sarebbe stato l'impegno per l'Ucraina nei prossimi anni. Io mi sono trovato a tacere, come Italia. Nel bilancio di quest'anno io non sono in grado di definire quale sarà l'aiuto. Quando ho sentito la Germania, allo stesso tavolo, dire che fornirà 7 miliardi di aiuti quest'anno, ho preferito tacere e dire che l'Italia vedrà cosa riuscirà a fare. Per adesso siamo riusciti a sopperire incidendo sugli stock, con un intervento che è stato pari ad altri interventi che Paesi che hanno, un terzo, un quarto, un quinto della nostra popolazione e del nostro prodotto interno lordo, hanno fatto, allo stesso modo, in termini finanziari e non dando cose che avevano già. Questo è un tema che dovremmo porci e che pongo al Parlamento, tanto prima o poi bisognerà porlo. Non l'ho posto in finanziaria, ma lo pongo in questo momento. Abbiamo mesi per ragionarci. È un tema che dobbiamo porci.
  Senatore Marton, noi avevamo parlato di investimenti terrestri. Quelli navali che possiamo usare adesso sono frutto di leggi navali costruite nel passato. Quando abbiamoPag. 19 approvato la pianificazione abbiamo approvato altri investimenti navali, che riguardano la parte sottomarina, altrettanto importante. Adesso siamo tutti concentrati sulle navi commerciali, ma se mandano un drone subacqueo e fanno saltare due cavi che sono sotto il Mar Mediterraneo, noi avremo un effetto cento volte maggiore rispetto a quello che stiamo vedendo oggi. Lì sotto passano tutti i dati e adesso anche gran parte delle nostre risorse energetiche. Pensate a qualcosa che faccia saltare i cavi di Sparkle e a come cambierebbe la vita, compresa la vostra, compresa la nostra, compresa quella di tutte le famiglie.
  Ci sono gli investimenti previsti, che, come più volte ho detto, non ritengo sufficienti a livello non di ambizione dell'Italia, ma di necessità che l'Italia avrà nei prossimi anni nello scenario internazionale che stiamo affrontando, che è uno scenario – lo ripeto – di competizione non militare, ma ibrida complessa, in cui l'assetto militare diventa, però, una pedina fondamentale, dal momento che è l'unico che consente, ad esempio, una proiezione extra, come quella che stiamo facendo adesso, che faremo con le nostre navi nei prossimi mesi e che facciamo continuamente con le nostre navi nel Mediterraneo e con i nostri alleati.
  Al senatore Borghi ho già risposto sul passaggio parlamentare. Del resto, lei parla con un parlamentarista. Io ho sempre cercato di coinvolgere il Parlamento, ho posto i problemi in Parlamento e in queste aule, perché il Parlamento se ne prendesse carico. Devo dire che i presidenti e le vostre Commissioni hanno sempre dato seguito alle problematiche che ho posto.
  Lei, inoltre, senatore Borghi, ha detto che il problema dell'Unione europea è mettere d'accordo i ventisette Paesi. Certo, è un problema. Ma fa parte di quelle sfide che la democrazia può e deve vincere. È stato un problema anche ieri. Ieri siamo stati tre ore, in riunione per trovare con due Paesi, che volevano votare contro e non partecipare, una soluzione che evitasse a quei due Paesi di mettere il veto su alcune cose. Alla fine ci siamo arrivati. Ma è un lavoro estenuante e molto duro, che magari fa perdere mesi quando non se ne possono perdere.
  Noi siamo continuamente coordinati con tutti i nostri alleati, compresi Stati Uniti e Regno Unito. Siamo regolarmente informati, chiaramente per canali segreti, delle attività che loro fanno, prima che le facciano, quando le fanno. Non c'è stato, per adesso, supporto aereo e informativo di alcun tipo. Come ho detto nel mio intervento iniziale, nell'operazione europea prevediamo la possibilità di un assetto informativo, l'utilizzo anche satellitare e tutto quello che abbiamo per monitorare al meglio la zona.
  Il numero di tre navi, onorevole Mulè, è un numero già elevato per l'Italia, perché c'è un problema, e il problema non sono solo le navi. Sulle navi c'è un equipaggio, quindi ci sono centinaia di persone che si devono alternare.
  Le navi di partenza sono tre navi europee. Noi abbiamo diverse navi italiane nella zona. Siccome abbiamo diverse operazioni, cercheremo di farle lavorare in sinergia, facendo la maggiore sinergia possibile. A seconda dell'evoluzione della situazione, dovremo essere pronti a cambiare – e torniamo all'evoluzione dell'autorizzazione della legge sulle missioni internazionali – nel corso dell'anno, perché non possiamo prevedere quello che succederà.
  Penso di aver risposto a tutto. Non so se c'è qualcosa che manca.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Ha chiesto di intervenire l'onorevole Bagnasco. Prego.

  ROBERTO BAGNASCO. Cercherò di essere telegrafico, anche perché il Ministro ha risposto a tutte le domande in maniera assolutamente esaustiva.
  Volevo solo sottolineare – ed era all'interno proprio delle risposte – quanto sia necessario essere e anch'io lo sono, molto più modestamente del Ministro, un parlamentarista convinto, profondamente e da sempre convinto.
  Proprio perché credo fortemente alla centralità del Parlamento, credo altrettanto fortemente che sia necessario cambiare alcuniPag. 20 meccanismi. È una necessità assoluta. Io, quindi, mi auguro che anche da parte del ministero arrivino delle proposte importanti, significative, puntuali, alle quali mi auguro che il Parlamento possa rispondere in maniera altrettanto puntuale e significativa.
  Purtroppo, credo che quella che abbiamo con i Paesi di diverso orientamento, sia una battaglia perduta se non riusciamo almeno a migliorare le nostre possibilità di intervento, con tempistiche un pochino più ragionevoli.
  Basta vedere e sentire l'intervento del nostro amico triestino per capire quanto sono costate in questo momento a Trieste – io posso dire quanto stanno costando a Genova o quanto stanno costando a tutto il Paese – queste tempistiche di intervento. Non è certamente colpa del Ministro, anzi, diamo atto che sta cercando di volare. È un po' pesante, però cerca di volare lo stesso. Comunque, non è certamente colpa del Ministro.
  Il mio intervento va proprio in questo senso. Abbiamo bisogno di cambiare i meccanismi. Il Parlamento è centrale, rimane e rimarrà sempre centrale, ma dobbiamo aggiornarci. È una necessità assoluta.

  GUIDO CROSETTO, Ministro della difesa. Volevo solo dare un dato – me lo hanno dato adesso, ma è significativo, da fonte aperta – che risponde, in qualche modo, alla domanda dell'onorevole Mulè, ma vi dà un'idea. Nei due attacchi che hanno fatto agli Houthi, gli Stati Uniti hanno praticamente impiegato tutta la produzione di un anno di Tomahawk. Un anno di produzione di Tomahawk nei due attacchi che hanno fatto gli Stati Uniti agli Houthi. Questo per farvi capire perché per l'Occidente diventa un problema la capacità produttiva, che è notevolmente inferiore di quella, ad esempio, russa, cinese o iraniana.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Do ora la all'onorevole Comba, collegato da remoto.

  FABRIZIO COMBA, in videoconferenza. Signor presidente, onorevole Ministro, per prima cosa mi scuso per non essere presente in aula, ma, purtroppo, contingenze familiari del momento mi hanno portato a dover rientrare alla base.
  Cercherò di essere sintetico, anche perché la sua relazione è stata oltremodo esaustiva, e per questo la ringrazio. La ringrazio a nome anche del Gruppo di Fratelli d'Italia alla Camera. Il suo è un lavoro che viene riconosciuto e che restituisce, a livello internazionale, una grande credibilità al nostro Paese, in termini di relazioni non solamente in ambito militare, ma anche diplomatico. Tant'è che sono due ambiti di operatività che hanno una forte contingenza tra di loro.
  Quello che mi permettevo di sottolineare brevemente – avrei voluto, ovviamente, essere un pochino più esaustivo, ma so che siamo stretti nei tempi – è di comprendere quanto sia importante riposizionare e rimettere al centro l'azione diplomatica, quella diplomazia che è sempre stata così forte – parlo della nostra diplomazia europea, della nostra diplomazia italiana – e che oggi qualche Paese in modo autoreferenziale sta cercando in qualche maniera di sostituire. Mi riferisco al fatto che Paesi come la Turchia sono oggi diventati interlocutori primari. Noi sappiamo che la Turchia ha delle dinamiche diplomatiche pregresse importanti, ma con logiche un po' diverse dalle nostre, e al fatto che non si sta cercando di riposizionare Paesi che in questo momento hanno una posizione non prettamente omologata nel comportamento, ovviamente sullo scenario internazionale, restituendo loro e dando loro assolutamente un'ovvia e primaria agibilità diplomatica.
  Mi chiedo anche quanto oggi l'ONU non sia, invece, in una fase che trovo poco incisiva per cercare di indirizzare Paesi come la Russia, l'Iran e la Cina, a dialoghi decisamente diversi.
  Io non posso non tenere in conto che, pur sapendo quanto siamo su posizioni molto distanti con Paesi come l'Iran, non ci sia la necessità, grazie alla nostra grande duttilità, di ricreare dei canali di collegamento, perché – ahimè, lo ha sottolineato lei – l'Iran è uno dei punti nevralgici dal Pag. 21quale parte una serie di indicazioni anche per le azioni di guerriglia, se così vogliamo chiamarla.

  PRESIDENTE. Onorevole Comba, le chiedo di concludere.

  FABRIZIO COMBA, in videoconferenza. Concludo chiedendo se non sia necessario, in qualche maniera, restituire e restituirci una centralità diplomatica che, secondo me, è determinante viste le nostre attitudini passate e quelle che noi riconosciamo nel nostro Ministro e in tutta la compagine di Governo. Grazie.

  STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, presidente della Commissione affari esteri e difesa del Senato. Molto brevemente vorrei ringraziare il Ministro. Io, che sono abituata a guardare molto i fatti e poco le dichiarazioni, vorrei sottolineare come il Governo, sia nel comparto Esteri che Difesa, mantenga un dialogo costante con il Parlamento e le nostre Commissioni, e di questo sono grata al Ministro.
  È del tutto evidente che, cullati dai sogni dell'ideologia globalista, abbiamo avuto un brusco risveglio. Come hanno sottolineato il Ministro e alcuni colleghi, l'Occidente si trova sotto un attacco ibrido di proporzioni mai viste nella storia di questi anni. Probabilmente ce ne siamo accorti tardi e adesso siamo costretti a rincorrere. È una sfida sistemica, valoriale, ibrida, che avviene quindi su tanti piani. Per questa ragione, dobbiamo spogliarci di un approccio ideologico rispetto al comparto della Difesa e assumere un approccio pragmatico, avendo ben chiaro come i temi della sicurezza, della pace, della stabilità, della difesa e della nazione siano tornati a essere temi centrali.
  Colgo l'occasione per ringraziare il Ministro Crosetto e gli uomini e le donne del comparto della Difesa, che con spirito di sacrificio e senso delle istituzioni e della nazione compiono ogni giorno un grandissimo sacrificio. E non c'è dubbio che il Parlamento non deve solo sostenerli, ma deve anche porsi il problema di come le nostre leggi debbano essere aggiornate, dal momento che sono leggi che risalgono a un lungo periodo di pace. Dobbiamo infatti renderci conto di come il mondo sia cambiato. Quindi, dobbiamo accompagnare lo sforzo del comparto Difesa e degli uomini e delle donne che ne fanno parte con il nostro impegno legislativo.
  Le pongo, in chiusura, una domanda, Ministro. Lei pensa che questo shock davanti a cui l'Occidente e, in particolare, l'Europa, si trova di fronte, potrebbe dare un'accelerata ad arrivare a una comune politica estera e di difesa nell'ambito del rapporto transatlantico? Grazie.

  ARNALDO LOMUTI. Signor presidente, anch'io mi unisco ai ringraziamenti al Ministro per averci informato su una vicenda che ci preoccupa molto.
  Vorrei porle, Ministro, una domanda. Possiamo capire più o meno i tempi entro cui arriverà la delibera sulla missione Aspides? Grazie.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al Ministro Crosetto per le conclusioni.

  GUIDO CROSETTO, Ministro della difesa. Parto dall'ultima, che interessa tutti. La delibera era, in realtà, pronta a fine novembre. Poi, l'evoluzione del mondo ha fatto sì che la ricambiassimo. Alla fine, la settimana scorsa abbiamo deciso di fotografare quello che c'era, senza aspettare altre evoluzioni. È stata passata agli Esteri. Appena agli Esteri avranno finito la revisione da parte loro, verrà trasmessa al Parlamento.
  Era pronta già da fine novembre, soltanto che, ripeto, abbiamo cercato di seguire per prima la crisi del Mar Rosso e anche quella di Gaza. Abbiamo cercato di devolverla, ma poi, alla fine, abbiamo rinunciato a inseguire quello che succede nel mondo.
  Torno all'intervento dell'onorevole Bagnasco. C'è questa proposta del Governo, che abbiamo mandato, di revisione della legge n. 145/2016, che va proprio verso la possibilità di una flessibilità di impiego e della creazione di forze in prontezza rapida. Quindi, vi invito ad analizzarla e a Pag. 22integrarla nell'ottica che ci siamo detti finora.
  Onorevole Comba, la diplomazia è resa più forte dallo strumento militare. La mancanza dello strumento militare rende molto più difficile il peso diplomatico e internazionale di qualunque nazione, come dimostrano, purtroppo, i fatti che stiamo vivendo in questi giorni.
  Volevo poi ringraziare il senatore Gasparri per aver detto che c'è il totale sostegno alle nuove richieste e alle nuove necessità della Difesa. Auspico che si possa arrivare a vedere la Difesa come qualcosa che va al di fuori del confronto politico. Secondo me, c'è una base che non ha nulla a che vedere con le posizioni partitiche, politiche, con Governi transitori, ma che è uguale, tant'è che, l'ho detto prima, le considerazioni che faccio io non sono diverse da quelle che facevano Pinotti, Guerini, il Ministro Trenta stesso, e quelli che mi hanno preceduto sulla visione e sulla necessità delle Forze armate, e sono peggiorate dalla situazione ucraina in poi.
  La situazione dell'Ucraina ha cambiato le nostre necessità e ci ha messo di fronte alla necessità di avere Forze armate diverse da quelle che pensavamo di avere, lo ripeto. Ho visto che c'è stata anche qualche polemica sulla riserva. La riserva non è un'idea del Ministro. Intanto, è una delega che ho ereditato dal Parlamento e risale a quando non ero ancora Ministro. La differenza qual è? È che la riserva che potevamo pensare due anni fa è completamente diversa dalla riserva a cui pensiamo oggi. Due anni fa, con il termine «riserva», potevo pensare a qualche ingegnere, a qualche avvocato da portare dal mondo esterno. Adesso, se penso a una riserva, devo pensare a una riserva tecnica, ma anche a una riserva che, qualora ci fosse una necessità di sopravvivenza dello Stato, possa essere attivata, come in Svizzera, dove da 500 anni non viene attivata.
  La speranza è come l'assicurazione sulla vita: uno spera che nessuno la incassi mai. Stessa cosa quando uno parla di riforma delle Forze armate.
  Onorevole Craxi, il tema che lei ha posto è un problema che va al di sopra della mia possibilità e capacità di risposta. Certamente abbiamo bisogno di una politica estera comune. Non è una scoperta mia, come lei sa. In Europa non dico che ne abbiamo ventisette, ma almeno cinque o sei le abbiamo e non soltanto quando parliamo di posizioni come sull'indo-pacifico, nei rapporti internazionali. Riusciamo ad avere posizioni diverse anche su Kosovo e Serbia. Come sapete benissimo, anche su Kosovo e Serbia, all'interno dell'Europa, ci sono varie fazioni e tifi diversi, per cui diventa veramente difficile. È un passaggio che noi dovremo fare. Anche la difficoltà con cui arriviamo, di volta in volta, di fronte anche a cose gravi, come quella del Mar Rosso, che non dovrebbero avere divisioni, non possiamo più permettercela.
  Ripeto: la velocità sarà il meccanismo con cui le democrazie si giocano il loro futuro. In un mondo che va verso le polarizzazioni delle società, la capacità democratica di rispondere in tempi veloci e in modo pragmatico ai bisogni che nascono è quella su cui si gioca la sfida reale tra autocrazie e democrazie. Si sta diffondendo troppo il pensiero che quando c'è uno solo a decidere è tutto più veloce e tutto va meglio. Non si può combattere questa fake news che si fa girare artatamente, dicendo che è una cosa brutta. No, la democrazia deve dimostrare di avere le stesse capacità di risoluzione dei problemi e la stessa velocità che hanno le autocrazie.
  È una sfida complessa, che passa attraverso anche il cambio delle regole che fissa l'autorità legislativa. Il futuro si gioca qua, non solo per la difesa.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Crosetto e tutti i colleghi presenti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.10.