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XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 32 di Martedì 13 febbraio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Colosimo Chiara , Presidente ... 3 

Comunicazioni del presidente:
Colosimo Chiara , Presidente ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Colosimo Chiara , Presidente ... 4 

Audizione del dottor Giuseppe Amato, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna:
Colosimo Chiara , Presidente ... 5 
Amato Giuseppe  ... 5 
Colosimo Chiara , Presidente ... 10 
Pittalis Pietro (FI-PPE)  ... 10 
Colosimo Chiara , Presidente ... 11 
Cantalamessa Gianluca  ... 11 
Colosimo Chiara , Presidente ... 11 
Amato Giuseppe  ... 11 
Colosimo Chiara , Presidente ... 13 
Russo Raoul  ... 13 
Colosimo Chiara , Presidente ... 13 
Rando Vincenza  ... 14 
Colosimo Chiara , Presidente ... 14 
Amato Giuseppe  ... 14 
Colosimo Chiara , Presidente ... 16 
D'Attis Mauro (FI-PPE)  ... 16 
Colosimo Chiara , Presidente ... 16 
Cafiero De Raho Federico (M5S)  ... 16 
Colosimo Chiara , Presidente ... 17 
Amato Giuseppe  ... 17 
Colosimo Chiara , Presidente ... 19 
Ascari Stefania (M5S)  ... 20 
Colosimo Chiara , Presidente ... 20 
Amato Giuseppe  ... 20 
Colosimo Chiara , Presidente ... 20 
Amato Giuseppe  ... 20 
Colosimo Chiara , Presidente ... 21 
Amato Giuseppe  ... 21 
Colosimo Chiara , Presidente ... 21 
Ascari Stefania (M5S)  ... 21 
Colosimo Chiara , Presidente ... 21 
Amato Giuseppe  ... 21 
Colosimo Chiara , Presidente ... 22

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CHIARA COLOSIMO

  La seduta comincia alle 12.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Procedo a dar conto alla Commissione dei risultati derivanti dai controlli di cui all'articolo 1, comma 1, lettera i), della legge n. 22 del 2023, effettuati sulle liste elettorali riguardanti le consultazioni che si terranno in data 25 febbraio per le elezioni del presidente e del Consiglio regionale della Regione Sardegna. L'orientamento di questa presidenza è di rendere pubblici i nominativi solo dopo che tutti i componenti ne avranno potuto prendere piena contezza in seduta segreta.

  (I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica)

  In data 30 gennaio 2024, la Commissione ha trasmesso gli elenchi dei candidati alle consultazioni elettorali di cui in premessa alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, la quale, in data 6 febbraio 2024, ha comunicato gli esiti della estrazione e della elaborazione richieste con riferimento a: «pendenze a decorrere dalla fase del rinvio a giudizio (in relazione ai reati richiamati dal codice di autoregolamentazione delle candidature), a decorrere dalla emissione di una sentenza non definitiva (in relazione ai reati richiamati dal decreto legislativo n. 235 del 2012) e di misure di prevenzione personali e patrimoniali (a decorrere dalla applicazione del decreto)».
  La rilevazione eseguita dalla Direzione generale dei servizi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia sui registri SICP – sistema informativo della cognizione penale – ha avuto per oggetto n. 1420 nominativi (forniti dagli elenchi dei candidati trasmessi dalla Commissione) e ha evidenziato un esito positivo in relazione ad alcuni candidati, come più avanti procederò a illustrare in dettaglio.
  Con riferimento alle misure di prevenzione personali e patrimoniali (registri SIPPI – Sistema informativo prefetture e procure dell'Italia meridionale e SITMP – Sistema informativo telematico delle misure di prevenzione) la DNAA ha comunicato che l'interrogazione eseguita dalla citata Direzione generale ha dato esito negativo in relazione ai medesimi elenchi.
  I candidati per i quali la DNAA ha evidenziato un esito positivo sono undici ma, all'esito delle verifiche svolte dalla Commissione, risultano in violazione del codice di autoregolamentazione sette candidature.
  In particolare, risultano in violazione del codice di autoregolamentazione le seguenti candidature: la candidatura di De Giorgi Valerio, candidato al Consiglio regionale per la lista «Democrazia cristiana con Rotondi». Per il predetto candidato risulta disposto il giudizio immediato con decreto del GIP presso il Tribunale di Cagliari, emesso in data 14 giugno 2022 (dibattimento in corso di svolgimento con prossima udienza fissata l'8 marzo 2024), per il reato di cui all'articolo 318 del codice penale (corruzione per l'esercizio della funzione), in violazione dell'articolo 1, comma Pag. 41, lettera b) del codice di autoregolamentazione; la candidatura di Giordo Maria Grazia, candidata al Consiglio regionale per la lista «Sinistra futura». La predetta candidata risulta condannata in primo grado dal Tribunale di Cagliari alla pena di sette anni di reclusione per il reato di cui all'articolo 74, comma 2 (associazione finalizzata al traffico degli stupefacenti) del testo unico sugli stupefacenti (D.P.R. n. 309 del 1990), che rientra nell'ambito dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale, in violazione dell'articolo 1, comma 1, lettera a) del codice di autoregolamentazione. Avverso la sentenza di primo grado è stato proposto appello, pendente presso la Corte di appello di Cagliari; la candidatura di Oriti Niosi Sergio, candidato al Consiglio regionale per la lista «Forza Italia – Berlusconi – PPE». Per il predetto candidato risulta disposto il giudizio con decreto del GUP presso il Tribunale di Cagliari, emesso in data 18 maggio 2021 (dibattimento in corso di svolgimento con prossima udienza fissata il 22 marzo 2024) per il reato di cui all'articolo 319 del codice penale (corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio), in violazione dell'articolo 1, comma 1, lettera b) del codice di autoregolamentazione; la candidatura di Peru Antonello, candidato al Consiglio regionale per la lista «Sardegna al centro 20venti». Per il predetto candidato risulta disposto il giudizio con decreto del GUP presso il Tribunale di Oristano, emesso in data 15 giugno 2023 (dibattimento in corso di svolgimento) per i reati di cui agli articoli 318 (corruzione per l'esercizio della funzione) e 319 del codice penale (corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio), in violazione dell'articolo 1, comma 1, lettera b) del codice di autoregolamentazione; la candidatura di Satta Giovanni, candidato al Consiglio regionale per la lista «Alleanza Sardegna – Partito liberale italiano». Per il predetto candidato risulta disposto il giudizio con decreto del GUP presso il Tribunale di Cagliari, emesso in data 20 dicembre 2017 (dibattimento in corso di svolgimento) per il reato di cui all'articolo 74, comma 2 (associazione finalizzata al traffico degli stupefacenti) del testo unico sugli stupefacenti (D.P.R. n. 309 del 1990), che rientra nell'ambito dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale, in violazione dell'articolo 1, comma 1, lettera a) del codice di autoregolamentazione; la candidatura di Satta Valeria, candidata al Consiglio regionale per la lista «Lega Salvini Sardegna». Per la predetta candidata risulta disposto il giudizio con decreto del GUP presso il Tribunale di Cagliari, emesso in data 6 dicembre 2022 (dibattimento in corso di svolgimento) per il reato di cui agli articoli 56, 317 del codice penale (concussione tentata), in violazione dell'articolo 1, comma 1, lettera b) del codice di autoregolamentazione; la candidatura di Sechi Salvatore, candidato al Consiglio regionale per la lista «Liberu». Per il predetto candidato risulta disposto il giudizio con decreto del GUP presso il Tribunale di Cagliari, emesso in data 3 dicembre 2013 (dibattimento in corso di svolgimento) per il reato di cui all'articolo 270-bis del codice penale (Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico), che rientra nell'ambito dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-quater del codice di procedura penale, in violazione dell'articolo 1, comma 1, lettera a) del codice di autoregolamentazione.
  Sospendo brevemente la seduta. I lavori riprenderanno con l'audizione del Procuratore della Repubblica di Bologna, dottor Giuseppe Amato.

  La seduta sospesa alle 12.25, riprende alle 12.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Buongiorno a tutti. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso, nonché via streaming sulla web-tv della Camera.

Audizione del dottor Giuseppe Amato, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna.

Pag. 5

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna, dottor Giuseppe Amato, che ringrazio per la sua cortesia e disponibilità. Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione. I lavori potranno proseguire in forma segreta a richiesta dell'audito o dei colleghi. In tal caso non sarà più consentita la partecipazione da remoto e verrà interrotta la trasmissione via streaming sulla web-tv. L'odierna audizione si inserisce nell'ambito dello specifico approfondimento che la Commissione intende svolgere relativamente alla penetrazione della criminalità organizzata, in particolare della 'ndrangheta, nel Centro Nord del Paese.
  Do quindi la parola al dottor Amato.

  GIUSEPPE AMATO. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna. Grazie al presidente e a tutti i componenti per questa opportunità che ho colto molto volentieri. Sul tema svilupperò qualche considerazione sull'attività che come procura distrettuale abbiamo svolto, cercando di dare quella che a me sembra l'immagine della penetrazione della criminalità organizzata, appunto in particolare della 'ndrangheta, nella Regione Emilia-Romagna. Partirei intanto dal richiamo alla relazione del Procuratore generale di Bologna di quest'anno che, come l'anno scorso, ha evidenziato una evidente infiltrazione della criminalità organizzata, e in particolare della 'ndrangheta, nella regione, dimostrata dalle plurime inchieste che la procura distrettuale ha portato avanti in questi anni, molte delle quali sono già arrivate alla pronuncia definitiva con la sentenza della Corte di cassazione. Oltre a quel richiamo, a me sembra utile un altro richiamo, ovvero a un dato statistico che potrebbe sembrare inconferente ma che invece trovo significativo. Mi riferisco al dato statistico delle misure interdittive che sono di competenza, come voi ben sapete, dell'autorità prefettizia, che nell'anno 2022 vede la Regione Emilia-Romagna avere raggiunto il numero di 266 misure interdittive, collocandosi al terzo posto tra le regioni italiane, dopo la Campania e la Calabria, anche a dimostrazione dell'attenzione dell'autorità amministrativa per questo fenomeno. Il prefetto di Reggio Emilia, la provincia dove più frequentemente è stato utilizzato questo strumentario, ha commentato il numero di queste misure interdittive proprio avendo riguardo agli esiti delle diverse iniziative giudiziarie che sull'infiltrazione della criminalità organizzata in questi anni si sono realizzati. Questo, tra l'altro, mi ha portato a cercare di sviluppare un raccordo molto stretto proprio con l'autorità prefettizia e con le forze di polizia che collaborano con l'autorità giudiziaria come GIA – Gruppo interforze sulla infiltrazione della criminalità organizzata presso le prefetture. Ciò al fine di cercare di arrivare a una interpretazione comune rispetto al tipo di intervento, consapevole che l'importanza delle misure interdittive, indiscutibile, va coniugata con lo strumentario che oggi l'autorità prefettizia ha a disposizione, ovvero quello della prevenzione collaborativa che si affianca idealmente a quello stesso strumentario che noi, come autorità giudiziaria, nell'ambito delle misure di prevenzione, in uno con la confisca di prevenzione, abbiamo, e cioè gli strumenti molto più duttili dell'amministrazione giudiziaria e del controllo giudiziario. Questo perché la elasticità e la duttilità dell'intervento da un lato garantisce nella stessa identica maniera le esigenze tipicamente prevenzionali, e dall'altro consente di superare alcune situazioni di rigidità che caratterizzano in maniera pacifica le misure interdittive antimafia, soprattutto sotto il profilo del quantum dimostrativo della condizione presupponente l'emissione della misura interdittiva, cioè il tentativo di infiltrazione, grazie alla regola del più probabile che indiscutibilmente è una regola che dal punto di vista dimostrativo è certamente molto stringente. Questo ha consentito di ottenere risultati particolarmente utili e significativi.Pag. 6
  Tornando al tema, come procura distrettuale, abbiamo avviato già da anni una serie di indagini su queste infiltrazioni. Non mi intesto, perché sono intervenuto in una fase successiva, il processo Aemilia, che è sostanzialmente attribuibile alla gestione che mi ha preceduto. Sono divenuto Procuratore della Repubblica di Bologna quando il processo era ormai avviato al dibattimento. Il processo Aemilia si è concluso in Cassazione nell'ottobre 2022 e ha poi portato alla apertura di tutta una serie di procedimenti che da qui a un momento cercherò di illustrare. Tornando a questo processo, la sentenza della Cassazione e gli esiti giudiziari hanno consentito di arrivare ad alcuni punti fermi che io trovo estremamente importanti. In primo luogo, la ormai acclarata dimostrazione del concetto della mafia delocalizzata, che è – come l'onorevole Cafiero De Raho ben conosce – un caposaldo del contrasto giudiziario perché consente ad autorità giudiziarie territorialmente competenti non nelle regioni storiche di provenienza della criminalità di perseguire fenomeni di infiltrazione – qui tipicamente quello della 'ndrangheta – proprio per la riconosciuta autonomia di queste associazioni che si ricollegano alle organizzazioni originarie, ma che hanno appunto caratteristiche di autonomia che consentono di radicare l'investigazione e il giudizio nei territori in cui queste associazioni manifestano la loro pericolosità. Tale sentenza, come tante altre, essendo ormai un principio assolutamente consolidato, ci conduce al riconoscimento giuridico di questo concetto di mafia delocalizzata. Altri principi che ho trovato estremamente interessanti e particolarmente utili per chi deve operare in territori diversi da quelli tradizionali, evidenziano una attenta riconsiderazione di quegli aspetti fondamentali della associazione di tipo mafioso che sono rappresentati dall'intimidazione e dall'assoggettamento, che certamente meritano di essere guardati con attenzione perché sono il proprium della associazione di tipo mafioso, ma nello stesso tempo devono essere letti in maniera diversificata secondo il territorio in cui quella associazione si muove. Diversa infatti è la situazione della Calabria e del contesto territoriale della Calabria dalla situazione della regione Emilia-Romagna e dal contesto territoriale della Emilia-Romagna. La terza considerazione altrettanto importante che trova una plastica evidenza proprio nel processo Aemilia e nei processi di cui parlerò tra poco e che la Cassazione ha addirittura fatto oggetto del comunicato stampa che è stato emanato dopo la pronuncia della sentenza da parte della seconda sezione, è rappresentato dal fatto che ormai noi abbiamo un cambiamento, sicuramente nelle regioni del Nord, ma direi in generale nel nostro territorio, un cambiamento della modalità di presentazione della associazione criminale e della modalità di manifestazione della criminalità. Si è passati cioè dalla mafia militare, per così dire, a una mafia lato sensu economica, perché proprio l'evoluzione dei reati-fini che nel tempo sono stati contestati, dimostrano plasticamente questa situazione. Si è passati da un tempo in cui i reati-fine erano il danneggiamento, l'usura, la minaccia, la lesione, l'intimidazione a reati-fine invece tipicamente economici, reati fiscali, reati di bancarotta strumentali, interposizioni fittizie. Tutte situazioni che dimostrano come l'infiltrazione non è un'infiltrazione che vuole farsi vedere e manifestarsi come una sorta di controllo militare del territorio. Non è questo che importa, non è questo che è necessario. Di fronte a un compendio che deve essere ripulito e reinvestito serve tutta una serie di attività strumentali che devono essere svolte non all'aperto ma al coperto e quindi il passaggio lo si è proprio visto nel tipo di contestazione che negli anni si è ogni volta riaggiornata e modificata. Questi sono stati i reati che sono venuti a emersione. Questo porta con sé anche tutto il tema della cosiddetta zona grigia, ovverosia quella che Maurizio De Lucia ha chiamato «borghesia mafiosa», commentando le circostanze dell'arresto di Matteo Messina Denaro. Di fronte a reati che non sono tipicamente militari, ma sono reati che richiedono una professionalità specifica, emerge il coinvolgimento di soggetti che non sono tipicamente inseriti nella struttura associativa, ma che diventano necessari per il Pag. 7perseguimento di questi risultati. Quando parliamo di un'operazione di cartiere e di fatture false, di costruzione di società di comodo che devono essere fatte volontariamente fallire per ottenere certi risultati, quando dobbiamo parlare di interposizione fittizia di beni, ovviamente servono i professionisti. In quest'ottica abbiamo cercato anche di essere molto attenti nella considerazione delle diverse posizioni, consapevoli che laddove si riesca a dimostrare l'associazione di tipo mafioso, come abbiamo sicuramente dimostrato in questo processo e nei processi immediatamente successivi, il ruolo di queste figure intermedie non sempre e non necessariamente deve essere un ruolo partecipativo, ma può essere un ruolo di concorrenza esterno o finanche a volte un ruolo semplicemente concorsuale rispetto alla realizzazione dei fatti.
  Dicevo prima che Aemilia è stato sicuramente il processo capofila. L'infiltrazione della cosca Grande Aracri ha riguardato la dorsale che da Modena arriva fino a Piacenza, ma successivamente sono stati aperti e direi sostanzialmente quasi conclusi processi collegati al processo Aemilia per l'approfondimento di tutte quelle situazioni che non erano state esaminate in quella sede. Ve li cito perché hanno un nome non offensivo, nell'ottica di non attribuire alle indagini nomi che possano essere in qualche misura non rispettosi. Abbiamo per esempio il processo Aemilia-bis, il processo Aemilia 92 che ha riguardato omicidi volontari commessi appunto negli anni Novanta e che sono stati perseguiti efficacemente grazie anche alle risultanze dei processi che sono stati svolti e a collaborazioni che si sono rivelate particolarmente interessanti e fruttuose, il processo Grimilde, il processo Perseverance. Tutti sulla linea e in un'ottica di approfondimento di quelle situazioni che erano rimaste inesplorate. Questo tra l'altro, e qui me lo intesto perché è stata una scelta che ho ritenuto di assumere, ci ha consentito di mutare la competenza della direzione distrettuale, prima radicata sul tipo di criminalità organizzata – la 'ndrangheta, la mafia, la camorra – in competenza di natura territoriale. I singoli colleghi appartenenti alla procura distrettuale avevano ciascuno uno o due territori della regione di competenza e questo ci ha consentito di avere un rapporto molto più stretto con i colleghi delle procure circondariali e ci ha consentito di valorizzare al meglio quel protocollo che da anni è in piedi, patrocinato dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, per cercare di valorizzare quei reati spia, quali essi siano, che potessero essere appunto spia di una infiltrazione della criminalità organizzata. Questo contatto territoriale ha sicuramente favorito il raccordo fattivo dei colleghi che appunto ne trovavano immediatamente uno o due altri in grado di conoscere puntualmente il territorio. In secondo luogo, l'altra idea che abbiamo cercato di assumere è stata quella di affiancare, rispetto al contrasto tipicamente penale alla criminalità organizzata, il contrasto di natura economica, quindi certamente valorizzando, all'interno del processo penale, lo strumentario della confisca di sproporzione o confisca allargata, quando ce ne fossero stati i presupposti, ma anche l'idea di applicare, quando possibile o necessario, le misure di prevenzione. Sulle misure di prevenzione ho ritenuto di dovere adottare una serie di indicazioni stringenti circa la metodica: sono uno strumento estremamente utile, ma da maneggiare con cura sia sotto il profilo del compendio indiziario necessario, per dimostrare la pericolosità soggettiva e anche la pericolosità oggettiva dei beni, sia dal punto di vista del necessario apprezzamento della distanza maggiore o minore dell'acquisto del bene rispetto al momento di accertamento della pericolosità. In terzo luogo, vi è la indicazione che io trovo imposta dal quadro normativo che ci viene offerto dal codice antimafia – in uno con la misura di prevenzione tipica rappresentata dalla confisca di prevenzione, applicata con il rigore che credo assolutamente necessario per renderla compatibile con i principi espressi dagli articoli 6 e 7 della CEDU, ma anche dall'articolo 49 della Carta fondamentale della UE – di valorizzare quegli strumenti che appunto il codice antimafia ci consente ovvero l'amministrazione giudiziaria e il Pag. 8controllo giudiziario, che sono il pendant rispetto a quella prevenzione collaborativa che ha a disposizione il prefetto. Uno strumentario che consente di ottenere lo stesso risultato, ma nello stesso tempo di non estromettere, quando non ci sono la necessità e quando non ci sono le condizioni, un compendio magari imprenditoriale al mercato, ma di fare in modo che quel compendio possa proseguire sotto la gestione e il controllo dell'amministratore nominato dal tribunale ai fini dell'integrale superamento della condizione di difficoltà derivante dalla contiguità con l'associazione criminale. Questo è stato recepito e ha portato in molti casi ad applicare la misura della confisca di prevenzione, ma anche di applicare in prima battuta proprio queste misure diverse convincendo anche il tribunale – e questo credo che sia una cosa positiva – a costituire una sezione specializzata «Misure di prevenzione», cosa estremamente utile perché consente di evitare le decisioni contraddittorie rispetto a situazioni omologhe. Per esempio, rispetto a società riguardate dalla interdittiva antimafia e che avevano tutte la stessa identica situazione, per tutte c'era il ricorso al controllo giudiziario di iniziativa, ma magari si trovava il collegio che per società identiche adottava diverse decisioni. Invece, con la sezione specializzata, l'autonomia della decisione ovviamente rimane, ma almeno si ha la coerenza delle decisioni, quali esse siano.
  Questo è quanto si è cercato di fare dal punto di vista della fisiologia, ma, come ho detto, le attività sono proseguite, i processi che ho citato si sono conclusi in maniera coerente, in linea di massima, con l'impostazione della Procura. Mi sento anche di aggiungere che il compendio che abbiamo utilizzato certamente ha previsto il contributo dei collaboratori di giustizia che sono stati sempre valutati con grande attenzione e sempre sottoposti al vaglio e al riscontro. Dico questo perché almeno in due casi, in particolare uno che riguardava proprio Grande Aracri, quindi l'imputato principale di questi processi, l'ufficio, anche condividendo queste conclusioni con la Procura nazionale antimafia, non ha inteso accedere a una proposta di collaborazione che c'era parsa scarsamente attendibile e soprattutto non qualificata dalla rappresentazione reale della situazione della associazione che si andava a investigare e soprattutto non era reale rispetto ai beni che ritenevamo che la associazione avesse nella propria disponibilità. Quindi un rigore che credo salvaguardi la bontà dell'utilizzo dello strumento, perché lo strumento è stato utilizzato proprio nella misura in cui poteva e doveva essere utilizzato, cercando di trovare quei riscontri di attendibilità oggettiva e soggettiva che hanno portato poi ad avere degli elementi di conforto importanti in tutti i processi che siamo andati a fare. In realtà il processo Aemilia e i processi che lo hanno seguito sono stati tutti ispirati, come ho detto, a un'ottica di approfondimento totale. Non sono ancora finiti perché si prosegue e sono stati tutti anche caratterizzati dall'idea, proprio per avere una sorta di quadro il più possibile corrispondente alla realtà fenomenica, del coinvolgimento di forze di polizia anche diverse. Ogni filone ha visto il coinvolgimento di autorità di polizia diversificate, scegliendole tutte rispetto alla pertinenza delle indagini che si andavano a fare, quindi privilegiando per esempio la Guardia di finanza e la DIA rispetto a un momento di approfondimento in tema di misure di prevenzione, ma cercando per il resto di coinvolgere i Carabinieri e la polizia di Stato nei diversi contesti per potere valorizzare questi elementi. Questo ci ha portato appunto buoni risultati perché l'ufficio ha sempre saputo controllare, guidare e indirizzare un'attività di polizia che ha complessivamente soddisfatto lo sforzo che era necessario.
  Questi processi però non sono stati i soli. La 'ndrangheta è risultata presente in tutto il territorio. Abbiamo aperto numerosi altri procedimenti dove però, a differenza di questo processo principale e di quelli collegati – quelli che ha citato prima – non sempre si è potuto apprezzare la presenza di una associazione autonoma presente sul territorio. Questo, a mio giudizio, non è un problema perché bisogna essere aderenti a quello che la realtà fenomenicaPag. 9 tira fuori, quindi se non si trova una associazione non è un problema, perché evidentemente quel fenomeno che si sta investigando è espressivo non di un gruppo che vuole entrare in quel territorio per svolgere le sue attività ma è espressivo di un'attività altrettanto insidiosa e pericolosa che è quella di un gruppo che vuole investire, vuole ripulire, vuole impadronirsi di alcuni settori economici di quel territorio. Di qui processi dove, in assenza della contestazione dell'associazione di tipo mafioso, abbiamo positivamente contestato, quando ce ne fossero stati i presupposti, la aggravante del 416-bis, punto 1, del codice penale, in particolare nella forma dell'agevolazione della associazione criminale di provenienza esterna rispetto al territorio della regione. In taluni altri casi, ci siamo trovati in presenza di operazioni economiche tipicamente di riciclaggio e/o di intestazione fittizia e/o di violazioni fiscali dove finanche la possibilità di contestare in maniera chiara l'aggravante del 416-bis, punto 1, era di impraticabile sostenibilità, perché la convinzione della provenienza da una determinata fonte del compendio che si andava a ripulire o a riciclare non è automaticamente dimostrativa dell'agevolazione perché poteva benissimo essere, come ci si è trovati, in presenza di iniziative individuali. In situazioni di questo genere, cioè per questi reati di natura economica, si è proceduto peraltro sempre all'interno della Direzione distrettuale antimafia che, proprio per questo, ha visto aumentare le proprie competenze anche al di fuori dei reati tipicamente mafiosi, venendo a essere chiamata a occuparsi anche dei riciclaggi, dei reimpieghi, delle interposizioni fittizie e delle usure quando potevano essere considerati espressivi di un'attività comunque riconducibile a una associazione criminale.
  Questo credo che sia, per sommi capi, quello che abbiamo fatto e stiamo facendo. Ovviamente sono a disposizione per ulteriori approfondimenti laddove riteniate. Quello che mi sento di aggiungere però, visto che mi pare che l'oggetto della audizione verteva in particolare sulla 'ndrangheta, è che nel nostro territorio è presente un'altra forma di criminalità associata particolarmente insidiosa, in ordine alla quale siamo riusciti a contestare il 416-bis – penso i primi in Italia – arrivando a una affermazione di responsabilità e cioè una associazioni di nigeriani, di cult nigeriani, Maphite, Black axe, Eiye e quant'altro che, soprattutto nelle province di Reggio Emilia e di Ferrara, hanno costituito delle vere e proprie associazioni che vengono considerate scarsamente pericolose perché gravitano essenzialmente nell'ambiente degli immigrati nigeriani, ma che sono invece estremamente pericolose perché oltre a commettere una serie di reati-fine particolarmente gravi, soprattutto tratta e sfruttamento della prostituzione, stupefacenti e gioco d'azzardo, si caratterizzano, a differenza delle mafie chiamiamole così tradizionali, per un esercizio attuale di manifestazioni di violenza. Alcuni esponenti di queste associazioni criminali in questi anni, per controllare il territorio e intimidire gli stakeholders della loro attività, hanno commesso anche fatti di violenza e questo ci ha portato a far emergere questo fenomeno e a contestarlo, come ho detto, efficacemente perché è stato riconosciuto il 416-bis e si è arrivati a sentenze definitive di condanna proprio per questo reato. In uno con queste associazioni nigeriane, ovviamente la regione non è esente da altre infiltrazioni. Certamente la camorra, in particolare nella dorsale della Romagna. Forse l'attrazione di quel tipo di territorio ad alta vocazione turistica ha portato a fare emergere numerosi tentativi di coinvolgimento di clan camorristici. Abbiamo contestato un episodio ricollegabile al clan Contini come associazione di tipo mafioso e altri episodi hanno portato ad affermazioni di responsabilità in cui invece la contestazione è stata qualificata dalla aggravante del 416-bis, punto 1, proprio perché nel nostro territorio non si era costituita una associazione con le caratteristiche del 416-bis, ma si erano sviluppate attività principalmente di reinvestimento, di riciclaggio e di ripulitura dei capitali illeciti, soprattutto di investimento nel settore turistico-alberghiero, in particolare come dicevo della zona della Romagna.Pag. 10
  Questo ovviamente lascia fuori – ma si tratta di un fenomeno di plateale presenza in Emilia-Romagna, come dappertutto – tutte le associazioni non qualificate e caratterizzate dalla finalità mafiosa ma che sono presentissime nel traffico di sostanze stupefacenti. In tutto il territorio vi è il coinvolgimento di persone di diversa etnia (nordafricani e albanesi principalmente, ma anche per la prima volta di nazionalità dominicana) che nel territorio hanno visto il terminale per le importazioni e per lo spaccio di quantitativi assolutamente consistenti di sostanze stupefacenti. Abbiamo utilizzato anche in alcune occasioni degli agenti sotto copertura per arrivare ad acquisire questi elementi. Essendo qui l'attenzione diretta anche alla verifica del coinvolgimento delle mafie tradizionali, abbiamo avuto l'opportunità in taluni casi di vedere il coinvolgimento anche di calabresi e di napoletani, ma non c'è stata la emersione di un diretto coinvolgimento di associazioni di mafia tradizionale. Evidentemente, il territorio, da quel punto di vista, è visto come un territorio dove eventualmente fornire lo stupefacente ad altri che poi si attivano o per spacciarla in quel territorio o per spostarlo altrove. Si tratta di un impegno continuativo proprio perché il tema droga è particolarmente avvertito non solo a Bologna, ma in tutte le altre città della regione e in tutta Italia. Sono quindi stati aperti tanti procedimenti, tanti sono stati conclusi, tanti altri sono in attesa di emissione di misure cautelari personali.
  Prima che entrassi, mi hanno fatto questa domanda: l'infiltrazione è aumentata o è diminuita rispetto al passato? Mi sento di poter dire che è aumentato il contrasto all'infiltrazione. Questi processi, che sono sicuramente in numero più significativo rispetto al passato, non credo possano essere letti in maniera univoca come dimostrativi di un aumento. Sicuramente c'è un affinamento dell'infiltrazione: quando l'infiltrazione è di natura economica, come tutte le attività di questo tipo, è estremamente moderna o che si può giovare dello strumentario che l'evoluzione tecnica consente. Per esempio notiamo, e lo stiamo attenzionando in alcuni procedimenti, come uno degli strumenti sono i bitcoin dove abbiamo una delle modalità di reinvestimento, di ripulitura e di trasferimento. Quindi è cambiata e si è affinata la modalità dell'infiltrazione, dire il quantum è difficile. Come ho detto, non credo che a un aumento dei processi si arrivi a potere affermare che ci sia un aumento di infiltrazione. Certo è una regione che, senza essere terra di mafia – perché questo credo che si possa dire, perché le terre di mafia sono altre – è fortemente infiltrata dalla mafia. Questo è coessenziale con una economia che funziona ed è molto forte e che quindi inevitabilmente attira i capitali illeciti, è un'economia che consente di potere investire soldi, guadagnarci e poterli ripulire. Sotto questo profilo lo sforzo che abbiamo cercato di compiere, benché, come sappiamo, la magistratura non abbia un compito prevenzionale aspecifico, è stato quello di promuovere, di partecipare, di condividere tutta una serie di protocolli che in questi mesi, soprattutto in coincidenza con il PNRR, sono stati messi in piedi con la partecipazione non solo degli attori pubblici, ma delle associazioni imprenditoriali e di categoria, e dei sindacati. Ciò al fine di promuovere tutte le soluzioni a favore della legalità e per cercare di intercettare in una fase preliminare tutto quello che in ipotesi può trasformarsi in qualcosa di penalmente significativo e meritevole di attenzione da parte delle forze di polizia e conseguentemente da parte della magistratura. Mi fermerei qua. Credo di avere illustrato abbastanza compiutamente il quadro della situazione.

  PRESIDENTE. Assolutamente sì. Ho iscritti a parlare l'onorevole Pittalis, il senatore Cantalamessa e il senatore Russo. Do la parola all'onorevole Pittalis.

  PIETRO PITTALIS. Grazie presidente. Sarò breve perché abbiamo impegni concomitanti in Commissione giustizia. Intanto ringrazio il Procuratore della Repubblica di Bologna per le utili informazioni che ha fornito a questa Commissione. Lei ha parlato, riferendosi a una espressione utilizzata dal dottor De Lucia, di «borghesiaPag. 11 mafiosa», cioè quella sorta di zona grigia in relazione alla quale le chiedo una sua valutazione, un suo punto di vista, se ci può far comprendere cioè le ragioni per le quali ritengo ci sia stata una sottovalutazione investigativa con riferimento a situazioni su cui ha riferito anche qualche magistrato operante nella procura di Reggio Emilia, per esempio a proposito del caso Aemilia di cui lei parlava, anche vedendo immagini fotografiche che riprendono un ex sindaco, collaboratori dell'ex sindaco stringere la mano al boss Nicolino Grande Aracri, quando fece una visita di cortesia a Cutro, che era il feudo risaputo della famiglia che spadroneggiava o che non so ancora spadroneggi nel reggiano. Per molto meno e solo per supposizioni abbiamo visto che si è scatenato il finimondo su fotografie inesistenti di strette di mano, questa la conosciamo, perché l'abbiamo potuta vedere e valutare. Mi chiedo se non ci sia un deficit da questo punto di vista e a chi sia attribuibile.
  Le chiedo poi se a seguito del processo Aemilia e di quelli da esso derivati siano state promosse misure di prevenzione o comunque iniziative dirette ad aggredire i patrimoni mafiosi, oltre a quelle trattate o in trattazione in appello di cui dà conto il Procuratore generale.

  PRESIDENTE. Grazie. Farei intervenire anche il senatore Cantalamessa così poi potrà rispondere a entrambi.

  GIANLUCA CANTALAMESSA. Grazie signor presidente e grazie signor procuratore per la sua relazione e soprattutto per quello che fate ogni giorno. Ho chiesto al presidente di fare la mia domanda subito dopo quella del collega perché viaggiamo sullo stesso tema, cioè sulla «zona grigia» e sulle relazioni tra la 'ndrangheta e quanto dichiarato per esempio dal procuratore di Reggio Emilia, dottor Paci, che parla di rapporti tra la 'ndrangheta e il tessuto politico istituzionale emiliano. È innegabile che ci sia stata una relazione – poi va stabilito se con rilievi penali – tra la parte politica e la 'ndrangheta. Penso per esempio all'infiltrazione del comune di Brescello e al suo scioglimento, penso all'andata nel 2009 dei candidati a sindaco di Reggio Emilia a Cutro in campagna elettorale per la manifestazione della festa del Cristo Redentore, penso, come ricordava il collega Pittalis, all'avvicinamento che ebbe anche il prefetto di Reggio Emilia, la dottoressa Di Miro – e lo dico perché è su fonti aperte – con l'obiettivo di limitare le interdittive, penso alla dichiarazione che fece il procuratore capo Grandinetti quando scrisse alla DDA di Bologna, allegando una relazione del tenente colonnello Boccia, che rappresentava un rischio di infiltrazione molto reale e la risposta data dal PM Mescolini fu che di fatto era un problema che non esisteva o che comunque non c'era alcun tipo di collusione. Quindi una serie di eventi che portano a ritenere – questa è la prima domanda – un atteggiamento forse morbido da parte della politica emiliana nei confronti di questa infiltrazione. Non parlo di malafede e non ho elementi, probabilmente – sono napoletano – è una cosa che avviene anche in altre regioni del nord, cioè laddove non ci sono gli anticorpi è più difficile riconoscere determinati fenomeni. Però volevo sapere da lei quali siano state le responsabilità di questo dialogo tra la zona grigia e la 'ndrangheta nella regione. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola al Procuratore Amato.

  GIUSEPPE AMATO. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna. Cerco di rispondere per sintesi. Oggi credo che si possa affermare con certezza che non ci sono sicuramente sottovalutazioni né di polizia né giudiziarie né credo della politica, perché c'è una consapevolezza assoluta del rischio dell'infiltrazione. Per quanto riguarda il passato, io ho questa condizione di privilegio di non essere stato all'epoca presente, ma di essermi dovuto occupare di queste vicende per corrispondere, ovviamente avvalendomi del contributo essenziale della collega che se ne occupa, a una serie di interrogazioni parlamentari che quelle tematiche che avete rappresentato hanno fatto emergere. Devo Pag. 12dire che, almeno dal punto di vista giudiziario, non ho la sensazione che ci sia stata una consapevole sottovalutazione di fatti o di episodi. Il fatto per esempio della discesa a Cutro nel 2009, ho potuto apprezzare che è stata oggetto di specifica escussione da parte dei magistrati che all'epoca dirigevano la direzione distrettuale antimafia, il Procuratore Alfonso, il collega Mescolini, il collega della DNA applicato Pennisi. Evidentemente quell'episodio non è però stato ritenuto meritevole di una valorizzazione in sede penale. Non ho gli strumenti né posso andare a fare un ragionamento retrospettivo, ma posso immaginare che, all'epoca e in quel contesto, quando ancora non erano iniziati gli approfondimenti del processo Aemilia, un certo tipo di rapporto, che appunto si era sostanziato in questo contesto elettorale andando a Cutro, sia stato ritenuto non significativo di una consapevolezza di un'attività penale. Questo posso immaginare, ma quello che posso dire consapevolmente è che io credo non ci sia stata comunque una sottovalutazione volontaria da parte dell'ufficio. Faccio ovviamente una scelta che non è di fede per difendere l'ufficio, ma faccio una scelta che corrisponde a quello che ho potuto apprezzare degli atti dell'ufficio. Tutte queste vicende non sono state trascurate, ma sono state sottoposte a specifica considerazione. Per esempio c'è stato anche un diretto coinvolgimento della Procura della Repubblica di Reggio Emilia su alcuni aspetti che la Direzione distrettuale all'epoca ha ritenuto non significativi, aspetti che per esempio riguardavano alcuni rapporti all'interno del comune di Reggio Emilia. Quindi questa sinergia di intervento dell'una o dell'altra procura c'è stata. È ovvio che retrospettivamente è difficile leggere oggi, con le conoscenze che abbiamo, episodi che sono molto anteriori rispetto a quel tempo. Quello che posso comunque assicurare, da quando ho preso la direzione dell'ufficio, è che lo sforzo è a tutto tondo, a 360 gradi, come si suole dire. Anche quel riferimento cui lei faceva al comune di Brescello è un riferimento che trova una attuale attenzione giudiziaria penale da parte della Procura della Repubblica. Quindi lo sforzo, ripeto, è totale e a tutto tondo, senza prevenzioni e senza sottovalutazioni, perché oggi abbiamo un quadro di conoscenza che ci consente di inquadrare nell'attualità certe situazioni e certi fenomeni in una maniera diversa da come probabilmente poteva essere stato fatto nei primi anni, 2010-2011-2012, quando il processo Aemilia è iniziato e quando quelle situazioni, nel 2009, si erano da poco realizzate. Era un contesto dove era difficile andare a evidenziare aspetti di rilevanza penale. Dico di più: proprio per corrispondere ad alcune di queste interrogazioni parlamentari, proprio perché credo che lo sforzo della Procura, ovviamente con spirito laico e con attenzione a quanto è spendibile processualmente, debba essere diretto alla ricerca della verità, proprio in occasione della risposta ad alcune di queste interrogazioni parlamentari, alcuni profili che erano stati attenzionati nel passato sono stati riattualizzati – e questo trova conferma proprio al contenuto della risposta che abbiamo fornito ad alcune di queste interrogazioni parlamentari – con il coinvolgimento di tutte le forze di polizia che in qualche misura si erano occupate o potevamo pensare che si fossero occupate di alcuni aspetti, per verificare se, rispetto a una situazione cristallizzata nel passato, potessero emergere altri profili, vi ripeto, con spirito laico e con attenzione a quello che poteva avere una rilevanza penale, soprattutto a distanza di tempo e soprattutto tenendo conto di quel contesto. La risposta da questo punto di vista è stata negativa. Quindi lo sforzo è stato anche fatto in contesti in cui non avremmo dovuto farlo. Questo perché, le ripeto, la tensione che abbiamo è quella della ricerca della verità. Le do la riprova. Prima di venire qui, sono stato intervistato da una giornalista la quale mi ha fatto anche una domanda sulla «Uno bianca», che ovviamente non c'entra nulla con quello di cui discutiamo oggi, si tratta di tutto un altro aspetto. Abbiamo riaperto, con la consapevolezza dell'arco temporale di distanza rispetto ai fatti, con la consapevolezza di un giudicato penale, perché ci sono state una serie di esposti che hanno indotto, con questo spirito di ricerca della verità, ma con lo spirito laico di procedere, Pag. 13alla ricerca della verità qualora emergano fatti spendibili, perché le suggestioni, le supposizioni, le convinzioni personali non possono avere un ingresso nel processo penale inteso in maniera seria come dobbiamo fare. Questo è quello che stiamo facendo con queste indagini che sono tuttora ancora in piedi. Sono convinto, visto che quelle che portiamo avanti sono indagini che arrivano a un compimento in un arco temporale – e credo che quello che vi ho attestato prima lo dimostra – che porteranno quei risultati che è giusto, se ci sono, che vengano acquisiti.
  Sulle misure di prevenzione, ne abbiamo aperte moltissime, lo dicevo prima, sono stato forse troppo sintetico, nel caso di condanna. Abbiamo cercato di essere coerenti, ma rispettosi del senso proprio dell'autonomia e del doppio binario, quindi ci siamo mossi con l'idea di affiancare la risposta sanzionatoria penale alla misura di prevenzione – senza evocare le tematiche Cavallotti per intenderci – nella consapevolezza che il doppio binario vada saputo interpretato. Di fronte a una assoluzione con formula piena non penso che ci siano gli spazi per una misura di prevenzione. Potrei pensare che ci possano essere degli spazi di fronte a un'archiviazione per esempio, approfondendola però, perché oggi la riforma Cartabia ci pone delle regole di estremo rigore per l'esercizio dell'azione penale. La prognosi di condanna impone di astenersi dall'esercizio dell'azione penale se non si ritiene di poter arrivare alla condanna, ma se quegli elementi magari di appartenenza ma non di partecipazione, quindi fermandosi dal punto di vista penale, quelli si potrebbero utilizzare approfondendo, e quindi noi lo abbiamo fatto. Il Tribunale di Bologna ha istituito la sezione «Misure di prevenzione» non perché aveva piacere di istituirla ma perché, condividendo questa mia indicazione, il presidente del tribunale si è mosso ed era consapevole che le misure di prevenzione non potevano essere assegnate random a una sezione che magari era quella che si occupa delle misure del riesame, perché erano tante, non le personali, che francamente non mi sono mai piaciute, ma le patrimoniali. Abbiamo cercato di farlo, e di questo sono molto contento, coinvolgendo le forze di polizia. La proposta congiunta cioè, uno strumentario consentito adesso dal codice antimafia, io l'ho promossa, perché ho detto ai questori e alla DIA che se la misura la condividiamo dall'inizio, la firmiamo insieme e la portiamo avanti. Questo consente, applicando un collega, di avere una conoscenza work in progress e consente anche a voi di avere il supporto della procura quando ci sono i presupposti. Da questo punto di vista ci siamo mossi credo in maniera intelligente e comunque cercando di utilizzare in maniera moderna questo strumentario.

  PRESIDENTE. Sono iscritti a parlare il senatore Russo, la senatrice Rando e il vicepresidente D'Attis.

  RAOUL RUSSO. Grazie procuratore, cercherò di essere breve e le porrò tre brevi questioni. Lei ha parlato anche nella risposta al collega delle misure di prevenzione. Se ho capito bene sono state applicate circa 266 misure interdittive, un numero anche abbastanza alto. Come lei ha detto si è passati dalla mafia militare alla mafia economica. Mi interesserebbe sapere, a parte il turistico-ricettivo, quali siano, sia in base ai vostri riscontri oggettivi processuali sia in termini di misure prevenzione, i settori economici maggiormente aggrediti dal fenomeno delle infiltrazioni mafiose, se e quanto queste appartengano anche al tema della infiltrazione nei pubblici appalti, e in quali settori, naturalmente sulla base di quanto lei mi può dire in questo momento, e, collegato anche al tema cui lei ha accennato, se state predisponendo dei protocolli tra le associazioni di categoria e le Prefetture sul PNRR, quindi se può entrare anche più specificamente nel merito di quello che state realizzando. Terzo passaggio, quasi storico. Lei ha parlato di 'ndrangheta e della presenza della mafia nigeriana. Dai vostri riscontri vorrei comprendere se ancora esiste una presenza di Cosa Nostra in Emilia-Romagna?

  PRESIDENTE. La parola alla senatrice Rando.

Pag. 14

  VINCENZA RANDO. Ringrazio il Procuratore. Ho ascoltato con interesse tutta la relazione, conosco un po' il territorio e quindi anche i processi, però mi piaceva un po' ragionare su alcune cose che lei ha detto. Volevo capire meglio cosa emerge oggi. Le chiedo quale rapporto le organizzazioni mafiose, in particolare la 'ndrangheta, hanno avuto con quel territorio, cioè se c'è stato un rapporto di complicità o se gli imprenditori di quel territorio erano invece più vittime, questo è quanto emerge maggiormente dai processi cui ha accennato, Grimilde e Aemilia. In Grimilde abbiamo avuto anche la condanna dell'ex presidente del consiglio comunale di Piacenza. C'è stata anche la borghesia mafiosa di cui si parlava. Rispetto invece alla borghesia imprenditoriale, mi chiedo se gli imprenditori che hanno fatto affari con la 'ndrangheta in quei territori fino a che punto siano stati complici e non vittime. Le mafie – si parlava della 'ndrangheta, ma anche della camorra, seppur in territori diversi – hanno relazioni tra di loro, ci sono rapporti, hanno collaborazioni? Forse lo diceva anche il collega, e non solo sul tema delle interdittive e delle misure di prevenzione di competenza delle prefetture, si notano settori diversi: prima avevamo gli appalti, ora per esempio dal processo Black Monkey emergono le slot machine e il gioco d'azzardo. In questo momento le mafie, e la 'ndrangheta in particolare, stanno guardando a settori diversi, come per esempio quelli della sanità e dei servizi sociosanitari, dove ci sono appunto risorse e lo vediamo con il PNRR.
  Lei ha parlato – e i processi Aemilia e Grimilde lo attestano – dell'importanza dei collaboratori di giustizia. È un istituto importante per la verità processuale su certi reati. I collaboratori di giustizia sono oggi ancora di più strumenti importanti. Le chiedo se dal suo punto di vista la relativa legislazione dovrebbe essere rivisitata.
  Le chiedo infine quali relazioni intrattengano le mafie nigeriane, che in Emilia-Romagna come abbiamo sentito hanno subito condanne per associazione mafiosa, con le mafie storiche insediate e con la 'ndrangheta in particolare oppure se sono solo tollerate come manovalanza aggravata da condotte mafiosa.

  PRESIDENTE. Do la parola al Procuratore.

  GIUSEPPE AMATO. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna. Il processo Aemilia era soprattutto incentrato su edilizia, trasporti e movimento terra. Oggi secondo me abbiamo il settore turistico-alberghiero nella Romagna sicuramente, ma in generale quello che stiamo cercando di attenzionare sono una serie di investimenti anche fuori da quel territorio che non hanno una specifica ragione economica e di giustificazione della provenienza delle somme in tutto il territorio della regione e in particolare a Bologna. Mi riferisco cioè ad acquisti di locali, di pizzerie, di ristoranti dove non è facile andare a trovare l'aspetto della rilevanza penale perché pecunia non olet. Non abbiamo la rincorsa necessaria alla finalità mafiosa o all'associazione, però anche se ci si muove in assenza di una ipotesi aggravata o di una fattispecie associativa, si deve avere, sia pure con quel ragionamento che può esserci anche il dolo eventuale rispetto al riciclaggio, la dimostrazione della consapevolezza della illiceità della provvista che si reinveste. Questi sono i settori dove oggi siamo particolarmente attenti e dove abbiamo aperto tutta una serie di approfondimenti. Sul PNRR, e quindi mi riallaccio anche al discorso sanità e pubblici appalti, questi protocolli sono rimessi ovviamente alle forze di polizia che li devono sviluppare e far emergere. Abbiamo dato questo contributo di presenza, di supporto, di consiglio, ma è ovvio che siamo su un versante squisitamente prevenzionale. Non sono realmente ancora partiti i finanziamenti rispetto ai quali può porsi un problema di verifica. Quello che io so – ne abbiamo parlato in discussioni con alcuni prefetti – è che è importante che ci sia l'esercizio attento e coordinato di accessi ai cantieri, quando sarà e quando partono, perché questo è uno strumento, anche qui sempre con attenzione e senza esagerazioni, che può far emergere tutta una condizione di Pag. 15irregolarità da cui poi possono partire quegli approfondimenti di natura penale. Certo i giochi sono un settore dove la criminalità organizzata si muove e quando prima citavo il caso della diversità di vedute nel tribunale che ci convinse di chiedere appunto questa sezione specializzata, avevamo una serie di plurime società, tutte coinvolte nel settore dei giochi, che erano state riguardate da misure interdittive e che avevano sollecitato l'applicazione dell'articolo 34, quindi il controllo giudiziario. Su cinque, sei, sette, tutte nella stessa identica situazione, la decisione era A, per l'ottava la decisione era B, per cui giusta o sbagliata l'una o l'altra, a parità di condizioni, la soluzione non poteva essere altro che la stessa. Questo a dimostrazione, essendo stato attenzionato il fenomeno, che è uno dei settori dove la criminalità organizzata si muove perché caratterizzato, tra l'altro, da grandi disponibilità di contanti e quindi è un settore che è per questo intrinsecamente appetibile. Aggiungo di più. Il fenomeno che adesso stiamo tracciando vede protagonisti personaggi sicuramente legati alla criminalità organizzata e comunque al malaffare con i cinesi, perché questa è un'altra delle frontiere su cui ci stiamo muovendo e qui lo abbiamo fatto in sinergia con la Guardia di finanza che si è mossa d'accordo con noi proprio per intercettare questo fenomeno. Questi soggetti di etnia cinese sono utilizzati come strumento di riciclaggio per la grande disponibilità di denaro contante e per la grande capacità di spostamento di questo denaro da una parte all'altra, anche fuori dal nostro territorio nazionale, e per una dimostrata capacità, e qui con tracciamenti che ci hanno portato all'estero, di trasformazione di questo denaro in bitcoin. Vedete come sia un mondo veramente in continua evoluzione, dove il nostro intervento deve trovare ogni volta soluzioni e chiavi di lettura differenti, senza fossilizzarsi al paradigma tipico del contrasto alla criminalità mafiosa, avendo di mira anche l'attenzione a fenomeni economici che continuamente si evolvono, ma che possono essere dimostrativi di un coinvolgimento della criminalità o delle criminalità organizzate.
  La collaborazione tra le diverse mafie quantomeno non è emersa in quei termini che ben conoscete e che hanno avuto esiti particolari non compiutamente satisfattivi a Milano, con questa sorta di accordo tra le diverse associazioni. Onestamente a noi non è emerso a livello strutturato in alcuna maniera. Che ci possa essere il contatto dell'uno dell'altro questo è in re ipsa, perché il coinvolgimento in una attività economica può fare convergere a un certo momento – penso al fenomeno di sostanze stupefacenti – gli interessi dell'uno o dell'altro, quello che fornisce, quello che è in grado di trasportare e quello che è in grado di spacciare. Quindi non lo escludo, e questo è sicuramente presente, perché per esempio nelle indagini in materia di sostanze stupefacenti sicuramente abbiamo il nordafricano, l'albanese, ma ci sono anche magari il calabrese o altri.
  Circa la mafia – è stato forse il primo caso – abbiamo applicato di iniziativa o l'articolo 34 o l'articolo 34-bis, non ricordo bene, per una società che si occupava di architettura e di design riconducibile alla famiglia Salvo, mi pare a Modena o giù di lì. Non c'era quindi la intrinseca illiceità dell'attività, ma c'era una attività rispetto alla quale era fondata la possibilità di ritenere la contiguità con la associazione. Quindi abbiamo chiesto e ottenuto questa misura. Per il resto, devo dire, che la mafia come organizzazione non è presente come le altre che ho citato prima. Come territorio di riciclaggio e di ripulitura non mi sento di escluderlo però sicuramente è in una posizione diversa rispetto alle altre forze, anche perché mentre abbiamo la pervasività indiscutibile della 'ndrangheta, mentre abbiamo anche la visibilità che caratterizza un po' la camorra – uno dei casi più emblematici ha riguardato Rimini con il clan Contini, una manifestazione così plateale che non poteva non emergere all'attenzione delle forze di polizia – probabilmente la mafia ha una attitudine – sono di origine siciliana, quindi parlo di una cosa che conosco – a una maggiore riservatezza che certamente non favorisce quella percezione del fenomeno per chi volesse attivarsi per contrastarlo.Pag. 16
  I collaboratori di giustizia, come ho detto prima, sono uno strumento importante. Credo che la normativa che c'è funzioni. Li abbiamo utilizzati con il riscontro, ma con la stessa chiarezza almeno due li abbiamo ricusati perché abbiamo percepito che non erano attendibili. Questa è la chiave di lettura, secondo me, poi quegli errori si fanno perché nessuno ha la palla di vetro e nessuno è in grado di cogliere con certezza quello che si verifica. L'attenzione è di non essere acritici, anche rispetto a uno strumento che può presentare dei vantaggi, così vale per tutto. Handle with care, uno strumento utile, ma potenzialmente pericoloso deve essere utilizzato con coscienza e con attenzione, quindi quando si capisce che quel collaboratore o chi si indica come possibile collaboratore non è attendibile perché mente su tante cose, è chiaro che non può trovare ingresso nel processo penale. Mi pare di avere risposto a tutte le domande.

  PRESIDENTE. Ci sono i due vicepresidenti che intendono intervenire. Do la parola al vicepresidente D'Attis.

  MAURO D'ATTIS. Buongiorno dottor Amato, grazie per la disponibilità. A me piace fare domande dirette, si tratta peraltro di cose che sono sui giornali. Devo ritornare in maniera più diretta sulla vicenda che riguarda le relazioni depositate dal sostituto procuratore nazionale antimafia Pennisi che, facendo riferimento al magistrato Mescolini, sostiene di essere stato sostanzialmente inviato a Bologna e che gli sia stato impedito di proseguire indagini, che riguardavano rapporti anche con organizzazioni mafiose, su esponenti politici di sinistra. Questa cosa la dobbiamo sciogliere prima o poi. La Commissione antimafia fa queste audizioni anche per capire bene come stanno le cose. Vorrei capire se queste dichiarazioni sono oggetto di approfondimento, se ritiene che questa Commissione se ne debba occupare. Mi ha fatto comprendere bene nella prima risposta che ha dato che c'è il controllo della situazione, ma ovviamente se queste cose circolano in maniera così evidente e sono riferite da un magistrato antimafia, l'ultimo, che sono io, membro della Commissione antimafia due domande se le fa e alla prima occasione questa, ma soprattutto alla seconda, quando ascolteremo il suo collega di Reggio Emilia, ovviamente la domanda nasce spontanea, come diceva il noto presentatore televisivo. Questa è la mia domanda. Le cose stanno così? Le chiedo se ci sono stati approfondimenti, se non ritiene di dover fare un approfondimento in maniera strutturale su questo tema e se dobbiamo farlo noi come Commissione d'inchiesta. Grazie.

  PRESIDENTE. La parola al vicepresidente Cafiero De Raho.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO. Grazie al presidente e al procuratore per l'esposizione, la completezza e anche per la sua grande preparazione che rende semplice anche ciò che semplice in verità non è.
  Mi aggancio innanzitutto alla domanda che ha fatto poc'anzi il vicepresidente D'Attis perché altrimenti ci giriamo attorno. Anch'io vorrei sapere se il sostituto Pennisi, che fu applicato dal Procuratore nazionale, smise di collaborare per una revoca, per scadenza delle applicazioni o per altro motivo, se egli fosse delegato soltanto insieme a Mescolini o insieme anche ad altri sostituti, se effettivamente risulti che vi fossero state delle divergenze in relazione agli approfondimenti e se quindi gli approfondimenti che da qualcuno erano richiesti non furono sviluppati. Questo per quanto riguarda il tema che hanno posto sia l'onorevole Pittalis sia l'onorevole D'Attis.
  Sempre in relazione a quel tema di approfondimento politico, o meglio di contiguità eventuale con la politica, le chiedo se furono fatti degli stralci e se ci furono ulteriori sviluppi, se cioè effettivamente esistevano degli aspetti ulteriori e se questi siano stati poi oggetto di stralci, come a volte avviene.
  Ancora, le chiedo se Confindustria, Confcommercio, Confagricoltura, tutte le associazioni di categoria si siano poste con la procura distrettuale in modo da esporre eventuali dubbi, sospetti o rischi nei vari Pag. 17settori, siano esse stesse protagoniste nell'ambito del migliore andamento dell'economia e anche per consentire che determinate infiltrazioni non si sviluppino, o se siano totalmente estranee a qualunque indicazione per il procuratore distrettuale.
  Circa i punti scommesse, vediamo che essi si moltiplicano vorrei dire come i funghi. Oramai ovunque ci voltiamo, vediamo che c'è un punto scommesse. Questo avviene anche nel territorio di competenza del distretto di Bologna ed è all'attenzione del Procuratore un fenomeno così ampio come quello che si sta verificando? Lei stesso ha già detto che possono essere o a volte sono strumenti di riciclaggio.
  Un altro punto, proprio per la sua grandissima competenza, esperienza e preparazione. Le piazze di spaccio raccolgono tantissimo danaro contante. Per tutte le procure distrettuali è sempre stato un grande problema capire come venga riciclato questo danaro contante e dove finisca. È certo che se arrivasse direttamente agli istituti bancari le segnalazioni non mancherebbero e quindi devono necessariamente passare attraverso altri sistemi. Lei si è posto questo tema e rispetto ad esso sono state sviluppate anche indagini che hanno consentito di andare un po' più avanti nell'ambito della fantasia investigativa?
  Ultima domanda: le intercettazioni, come dice il ministro, devono essere ridotte. Fermo restando che in materia di terrorismo e mafia bisogna andare avanti, ma per tutte le altre ipotesi delittuose bisogna restringere al massimo. Lei, nell'ambito del suo ufficio ha dato delle indicazioni con circolare o comunque le autorizzazioni passano al visto del Procuratore o vengono direttamente al GIP per la valutazione? Proprio rispetto a quello che ha detto il ministro le chiedo se è stata adottata qualche misura.
  Ho tanta gioia di vedere un Procuratore come il dottor Amato, per cui gli ho fatto qualche domanda in più.

  PRESIDENTE. Non ha perso la verve da procuratore, vicepresidente! Prego, Procuratore.

  GIUSEPPE AMATO. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna. Spero di non perdermi. La vicenda Pennisi. Ho avuto questa condizione di privilegio di essere arrivato dopo, quindi guardo dall'alto quello che si è potuto verificare. Ho risposto anche su questo a tutta una serie di interrogazioni. Come sa il vicepresidente Cafiero De Raho, possiamo apprezzare le vicende di contrasto se esistono nel protocollo riservato del Procuratore ovvero se erroneamente fossero state lasciate nel fascicolo originario. Proprio per rispondere a questa interrogazione e per altre ragioni, abbiamo cercato di verificare se vi fosse questa situazione di contrasto, la predisposizione di una misura che poi non era stata accolta ovvero uno stralcio finalizzato a un approfondimento. In realtà, devo essere onesto, l'ho letto nella memoria che ha fatto il collega Roberto Pennisi al Procuratore nazionale antimafia, ma non l'ho trovato nel protocollo riservato dell'ufficio. Quindi questo certo non mi ha consentito di apprezzare se c'è stato un contrasto, se c'è stato, forse, e se il contrasto avesse riguardato per esempio un tema di misura cautelare con tutti gli effetti che ne conseguono in materia di dissenso del Procuratore rispetto a una richiesta di misura cautelare. D'altra parte questo posso e devo fare, cioè controllare se all'interno delle carte del mio ufficio, quindi il protocollo riservato del Procuratore, ci fosse tutto questo. In realtà, questo, devo dire, io non l'ho trovato. Così come, rispetto alla chiusura della applicazione del dottor Pennisi, io mi devo fermare alla realtà fenomenica, cioè l'applicazione a un certo punto è finita e non è stata rinnovata. Non posso sapere: questo dovrebbe essere oggetto di sollecitazione al Procuratore che mi ha preceduto, al Procuratore nazionale antimafia dell'epoca, al collega Mescolini, perché loro sono i protagonisti di questa vicenda. Quello che posso dire inevitabilmente – e questo circoscrive anche la mia capacità di percezione del fenomeno – è verificare se in atti avevo un riscontro. Io di tutto questo contrasto francamente non ho avuto obiettivamente traccia. Per quanto riguarda l'ufficio, questo contrasto che sarà stato magari esistente, ma personale, dal punto di vista cartaceo non ha ragione di essere, quindi io Pag. 18non posso dire nulla di più dettagliato. Quello che è certo però, ma non perché c'è stato il contrasto, se c'è stato – perché, come ho detto, non potrei nemmeno accedere a una informazione giornalistica per considerarla legittimante un approfondimento, perché non sarebbe non sarebbe corretto – è che torno a ripetere quello che ho detto all'inizio. Lo sforzo che abbiamo fatto e, ripeto, al di là del contrasto, non contrasto, sottovalutazione di questo fenomeno o di quell'altro, e l'idea investigativa che ci ha caratterizzato – e su questo parlo per me stesso perché è il proprium della mia attività dirigenziale, d'accordo con la collega Ronchi, la collega bravissima che si occupa di queste vicende – è stata quella di una rinnovata valutazione, ma soprattutto di un approfondimento di tutti quegli elementi che rispetto a processi complicati e caratterizzati da numerosi imputati non poteva essere fatto nel primo momento, ma doveva essere ritardato a un secondo momento e poi a un terzo momento. Tutti questi processi che sono stati fatti e che sono tuttora in corso sono qualificati da una finalità di approfondimento a 360 gradi e a tutto tondo. Questo è quanto posso rispondere per scienza, ma soprattutto per coscienza di magistrato, che è la cosa che conta più della scienza, cioè quello di dire che noi il nostro dovere – e tra l'altro lo faccio con una direzione distrettuale di primissimo ordine, di colleghi tutti serissimi – è che tutto quello che possiamo valorizzare certamente lo stiamo facendo e non ritengo che sia opportuno soffermarsi in questa sede, ma lo stiamo facendo. Come diceva il vicepresidente D'Attis, sono solo che contento che la Commissione approfondisca un tema. Non sono mai stato geloso delle prerogative, sono contentissimo di tutti gli approfondimenti, ma certo sarebbe un compito vostro perché io non posso andare a interpellare il Procuratore nazionale dell'epoca, che non eri tu, né possa andare a interpellare Mescolini, né posso andare a interpellare Pennisi, metterli davanti a un tavolo e chiedere loro se hanno litigato. Non credo che sia questo il mio compito, sarebbe fuori da quelle che sono le mie competenze.
  Circa i punti scommessa, non solo ne siamo perfettamente consapevoli, ma abbiamo anche delegato delle indagini alla Guardia di finanza, perché emergevano dati giornalistici che sembravano assolutamente inconferenti, poi il tema che ci ha tranquillizzato, ma nello stesso tempo in qualche misura anche portato a un ridimensionamento di quello che potesse essere il nostro compito, è che spesso queste scommesse sono on line e all'estero, quindi questo rende oltremodo difficile riuscire a individuare un percorso investigativo per andare al recupero della provenienza di queste somme per arrivare fino al momento in cui queste somme vengono utilizzate. È certo che il gioco d'azzardo è pacificamente un settore su cui la criminalità organizzata si muove e, sui contanti, lo dicevo prima, oltre a tanti altri strumentari, adesso l'attenzione è sui cinesi. Si tratta di un tema su cui ci stiamo molto impegnando perché è una situazione dove abbiamo potuto apprezzare proprio lo spostamento di grandi quantitativi di contanti che soprattutto caratterizza una attività che sembra – e questo ci ha reso ancora più avvertiti – indifferente rispetto allo specifico intervento. Cioè se a me o a te ci fermassero e ci togliessero 50 mila euro, piangeremo per tre mesi, invece sono totalmente indifferenti rispetto all'operazione dove magari viene sequestrato un quantitativo significativo di denaro.
  Circa le intercettazioni, sappiamo che sono uno strumento importante, come le misure di prevenzione, che va utilizzato con intelligenza. L'intercettazione deve essere consapevole e meditata, nel momento in cui si seleziona il bersaglio, nel momento in cui si verifica la utilità o no della prosecuzione di quella intercettazione su quel bersaglio, perché diversamente è chiaro che, al di là del tema delle intercettazioni a strascico, che non è quello, si mette in piedi uno strumentario che costa e non dà un risultato. La forza deve essere quella di capire dove attivare lo strumentario e di capire quando è il momento di variare, anche solo da un'utenza ad un'altra, cosa che secondo me è la scelta intelligente di un procuratore che governa lo strumento. Il Pag. 19visto infatti è da me previsto proprio dopo la terza proroga, mi pare, proprio perché è quel momento di condivisione con il collega, in cui dopo quell'approfondimento, si può discutere di quello che è venuto fuori dalle intercettazioni. Più che le intercettazioni telefoniche, che oggi lasciano il tempo che trovano, oggi è l'intercettazione telematica – penso al terrorismo – che consente di arrivare a creare i collegamenti tra una persona a un'altra e quindi diventa uno strumento importante, ma anche questo, come ho detto, va fatto con intelligenza. La riforma è di un mese fa con il decreto Caivano, quella della non trascrizione delle intercettazioni private irrilevanti. Non mi tiro indietro, sono uno che le circolari e le direttive le fa perché ritiene che sia necessario farlo, dal 2017 alla Procura di Bologna, utilizzando le norme che già c'erano, essendo io il responsabile della uscita all'esterno di fatti che non c'entrano nulla con il processo penale, ho detto che i fatti privati che non c'entrano nulla con il processo non vanno trascritti né verbalizzati. C'è un dubbio, si parla con il sostituto procuratore e si dice «fatto privato», intanto tutto si conferisce all'archivio digitale delle intercettazioni, non c'è la sottrazione di nulla, perché tutti possono in qualche misura accedere a quelle intercettazioni, ma non c'è il rischio della propalazione, a maggior ragione in una ordinanza di custodia cautelare scritta male, di fatti che non c'entrano nulla con il procedimento per cui si sta procedendo. Credo sia una scelta di civiltà che risponde al principio, scusate se scendo terra terra, «non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te stesso», cioè a me scoccerebbe molto una situazione di questo genere, quindi secondo me è giusto che si rispettino certe regole. Credo di avere risposto a tutto.
  Il canale è il protocollo, è la Guardia di finanza, con la quale c'è un ottimo rapporto, è stata la trainante per questo protocollo. Io ho messo l'appoggio, siamo sottoscrittori di questo protocollo, ma inevitabilmente il rapporto non può che essere con la polizia giudiziaria e qui nello specifico con la Guardia di finanza, ma non fosse altro perché abbiamo la tipicità delle notizie di reato. Ho bisogno di una denuncia, ho bisogno di una querela, non posso utilizzare la segnalazione anonima o una segnalazione di chi mi rappresenta un fatto ma non vuole palesarsi all'esterno. Lì è necessario che ci sia la mediazione della polizia giudiziaria, quindi siamo i garanti di questo protocollo ma è inevitabilmente un protocollo che deve passare attraverso un organo di polizia giudiziaria, di natura tecnica, e devo dire che la disponibilità è stata assoluta, massima e quindi secondo me funziona.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Ascari, Procuratore, volevo porle una domanda, se no ho difficoltà a seguire i lavori. Sono rimasta molto colpita, ed è il motivo per cui abbiamo scelto di iniziare da lei il lavoro di infiltrazione della 'ndrangheta nel centro-nord Italia, dal caso Cutrello, nel senso che è sintomatico di un modo di fare della 'ndrangheta. Traduco per quelli che ci sentono e per spiegare dove voglio arrivare. In questa occasione abbiamo per la prima volta un fatto e cioè che a seguito del cosiddetto obbligo di soggiorno vengono mandati moltissimi 'ndranghetisti in quelle zone e in realtà per la prima volta ci si afferma a Cutro, essendo passati per Cutrello. Cioè fino a quando si stava a Cutro, non si era considerati dai capi della 'ndrangheta, quando a Cutrello si è fatto carriera allora si viene considerati anche a Cutro, ed è un po' una storia che a noi non torna perché in genere parte prima la madre e poi arriva alla locale, invece nel caso di Nicolino Grande Aracri succede il contrario. Per questo, anche facendo riferimento a fonti aperte, a quello che voi avete detto insieme al Procuratore generale che ascolteremo domani all'inaugurazione dell'anno giudiziario, mi domandavo se può dirci se in corso ci sono ulteriori spunti o indagini rispetto ai fatti esaminati dal processo Aemilia, di cui abbiamo lungamente parlato, perché ho visto che i numeri dei processi antimafia risultano aumentati e quindi volevo capire se veniva da fatti nuovi. L'altra cosa che le volevo chiedere era proprio su Nicolino Grande Aracri, perché, sempre da fonti aperte, leggo che ha deciso di pentirsi poi Pag. 20leggo che effettivamente quello era un falso pentimento, come è stato appurato, e mi domando, conoscendo il codice 'ndranghetista, che qui abbiamo imparato a studiare, lui dovrebbe aver perso di prestigio. Lei può dirci se in questa fase ci sono nuovi equilibri in quella zona e se sì se sono già stati individuati e scoperchiati? Grazie.
  La parola all'onorevole Ascari.

  STEFANIA ASCARI. Grazie mille dottor Amato della sua presenza. Ho due domande. La prima riguarda il discorso delle mafie.

  PRESIDENTE. Non la sentiamo onorevole Ascari. In attesa che si rechi in un punto dove c'è connessione faccio rispondere il Procuratore, poi le ridò la parola.

  GIUSEPPE AMATO. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna. Su Cutrello. Ormai l'obbligo di soggiorno è una cosa remota. Credo che una delle cause della «esportazione» fuori dalle regioni tradizionali della criminalità organizzata sia nata anche per questi obblighi di soggiorno disseminati nel nord Italia. Oggi, peraltro, è un ragionamento che non regge più sia perché lo strumentario non viene reiterato, sia perché c'è una comunità, sulla base del principio della libera circolazione, che non è in qualche misura controllabile. Nello stesso tempo, credo che si debba dire che non perché si sia di Cutro o perché si sia calabresi automaticamente si possa affermare che si sia appartenenti alla cosca Grande Aracri, assolutamente no. Cito un episodio che può fare riflettere. Qualche anno fa ci fu un omicidio particolarmente efferato a Reggio Emilia dove una persona, dopo l'incendio di un'autovettura nel condominio dove abitava, fu richiamato fuori dalla porta di casa e gli furono esplosi svariati colpi di pistola. La persona in questione era nata a Cutro per cui in ausilio della procura della Repubblica di Reggio Emilia intervenne la procura distrettuale e mandai il collega sul posto. Dopo qualche ora, si scoprì che l'autore dell'omicidio era uno di Reggio Emilia che abitava al piano di sotto che agì, credo, per una questione di natura condominiale. Lì però abbiamo anche percepito uno scorretto ragionamento di prevenzione ideologica rispetto al tema, per cui se l'omicidio fosse stato in danno di uno di Reggio Emilia probabilmente avrebbe proceduto la procura di Reggio Emilia, a prescindere, poi magari si sarebbe scoperto che era un omicidio di criminalità organizzata. È un errore che non dobbiamo commettere. È certo che la fama che la cosca ha avuto in questi anni può avere legittimato quel ragionamento, ovvero che aver fatto parte di quella cosca in un codice di onore di appartenenza a una associazione, sia un titolo di merito. Però, come ho detto, oggi credo che la nostra attività abbia dato un colpo molto forte a questa associazione, così come sono convinto che non sia per questa ragione che ci sia stato un falso pentimento – non sono in grado di entrare nel movente che possa avere determinato Grande Aracri a cercare di proporre questa sua collaborazione, non lo so. Credo che di fronte a una ricusa di questa collaborazione, non penso che questo fatto abbia rappresentato di per sé stesso un elemento destruente la sua personalità e la sua pericolosità, tanto è vero che rinnoviamo sempre di volta in volta il mantenimento del 41-bis, per cui siamo sempre consapevoli che il ruolo sia stato mantenuto. Non so per quale ragione si sia attivato. Quello che posso dire, e questo ci conforta, è che siamo stati molto attenti e abbiamo appunto percepito che si trattava di una collaborazione che non aveva ragione di essere.

  PRESIDENTE. Le chiedevo se c'erano altri procedimenti in corso non relativi a Aemilia.

  GIUSEPPE AMATO. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna. Certamente. Tutti quelli che abbiamo aperto – Grimilde, Perseverance e altri cui non abbiamo dato alcun nome – sono ancora in piedi. Grimilde, Perseverance e Aemilia sono già arrivati al giudice, alcuni si sono conclusi definitivamente, per altri sono pendenti l'appello o il ricorso per cassazione. Abbiamo altri procedimenti in corso proprio su questi fatti.

Pag. 21

  PRESIDENTE. Quindi sempre legati a Aemilia.

  GIUSEPPE AMATO. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna. Assolutamente. Sempre legati ad Aemilia. Si tratta dell'evoluzione di quelle vicende che hanno riguardato i personaggi coinvolti o lambiti da Aemilia. Poi, come ho detto anche prima, abbiamo altri procedimenti che riguardano fenomeni di 'ndrangheta che non c'entrano nulla, anche per collocazione geografica, con Aemilia. Relativamente a Aemilia parliamo della vicenda di Grande Aracri e Sarcon, e di quella dorsale che va da Piacenza fino a Reggio Emilia, ma direi financo a Modena.

  PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Ascari se è riuscita a collegarsi.

  STEFANIA ASCARI. Ho tolto il video e spero che mi sentiate. Intendo porre due domande. La prima. Le mafie si nutrono di messaggi. Visto che abbiamo avuto nel processo Aemilia un cantante che istigava o comunque esaltava i pentiti, con un richiamo all'omertà e quindi anche con l'utilizzo di messaggi attraverso i social e attraverso certi tipi di canzoni, le chiedo se ritiene che possa essere uno strumento utile il reato di istigazione o apologia dell'associazione mafiosa, visto che sempre più messaggi soprattutto nel nostro territorio vengono veicolati attraverso canzoni e i social con milioni di visualizzazioni – ne abbiamo molti esempi anche nel mio territorio modenese e non solo. Seconda domanda. Siccome c'è stato un momento in cui non riuscivo ad ascoltare l'audizione, può essere che questa domanda sia già stata posta e in tal caso mi andrò a risentire la risposta. Da fonti aperte sono usciti diversi articoli di giornali in cui, in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario a Bologna, ci sarebbe stata una risposta da parte della Procura di rigetto – leggo appunto le fonti aperte – della tesi dell'ex procuratrice secondo cui l'Emilia non è madre adottiva delle mafie e che la criminalità organizzata è una cellula infetta in un tessuto sano. Le volevo chiedere un chiarimento su questo passaggio visto che abbiamo letto diversi comunicati e articoli che ci sono arrivati all'attenzione. Lei ha fatto oggi in modo puntuale e preciso il punto della lotta alla criminalità organizzata nel mio territorio, l'Emilia-Romagna, soprattutto con riferimento ai processi Grimilde e Perseverance, però, da quello che ho capito, c'è stata però una netta presa di distanza da quello che è stato un lavoro in cui si qualifica l'Emilia come madre adottiva delle mafie, come centro nevralgico delle mafie, così come la dichiarazione che tra l'altro ha fatto il Procuratore Paci in cui ha appunto affermato che Reggio Emilia, quindi vicino a Bologna, Modena e quindi in Emilia-Romagna, è centro di riferimento della 'ndrangheta. Volevo chiederle questa precisazione perché ho letto da fonti aperte questa posizione in cui appunto l'Emilia non sarebbe terra di mafia in senso di radicalizzazione, ma come cellule presenti e questo cambierebbe ovviamente molto il quadro alla luce di una indagine antimafia.

  PRESIDENTE. Prego, Procuratore.

  GIUSEPPE AMATO. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna. Per quanto riguarda la istigazione – voi siete parlamentari quindi padroni di fare quello che ritenete – credo che la normativa sia già satisfattiva, nel senso che il reato di istigazione a delinquere esiste e a esso può senz'altro aggiungersi l'aggravante del 416-bis, punto 1, del codice penale, laddove l'istigazione fosse finalizzata a favorire una specifica associazione criminale. Di fronte a comportamenti che rientrassero in questo paradigma normativo e che soprattutto si caratterizzassero, come ci dice anche la Corte costituzionale, dalla pericolosità in concreto della dichiarazione istigatoria, credo che la risposta sanzionatoria penale ci possa essere, quindi con il superamento del confine tra la libera manifestazione del pensiero e la violazione della norma penale. Credo dunque che già oggi abbiamo uno strumentario sicuramente applicabile.
  Per il resto non vedo quale contrasto ci sia stato con la procuratrice Musti, almeno Pag. 22da parte da parte mia. Ho detto anche oggi venendo qui che l'Emilia-Romagna è una regione fortemente infiltrata dalla 'ndrangheta e in generale dalla criminalità organizzata, perché questo ci consegnano le indagini. Inoltre, non conosco le espressioni «madre adottiva» o similari, non appartengono al mio lessico di magistrato, quindi francamente non saprei che cosa dire perché per me l'inquadramento deve essere attento al fenomeno e il fenomeno mi conduce, penso di averlo detto chiaramente, a sostenere che il contrasto è aumentato. Si tratta sicuramente di una regione fortemente infiltrata, dove la criminalità organizzata si è palesata anche a livello di associazione e non solo quindi di infiltrazione con condotte qualificate solo dalla associazione per delinquere. Credo di essere stato estremamente chiaro perché a questo mi conducono le indagini che hanno svolto i colleghi e che in questo momento ho l'onore di svolgere io. Le ripeto, non riesco nemmeno a capire bene cosa significhi l'espressione «madre adottiva».

  PRESIDENTE. Grazie mille Procuratore per la sua cortesia e disponibilità. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.15.