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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XIX Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Mercoledì 15 novembre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL DEGRADO MATERIALE, MORALE E CULTURALE NELLA CONDIZIONE DEI MINORI, CON FOCUS SULLA DIFFUSIONE DI ALCOOL, NUOVE DROGHE, AGGRESSIVITÀ E VIOLENZA

Audizione, in videoconferenza, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul degrado materiale, morale e culturale nella condizione dei minori, con focus sulla diffusione di alcool, nuove droghe, aggressività e violenza, di: Gianni Testino, presidente della Società italiana di alcologia (SIA) e direttore della S.C. Patologie delle dipendenze ed epatologia alcol correlata Asl3 e coordinatore del centro alcologico della Regione Liguria; Eugenia Luraschi, psicologa, psicoterapeuta, responsabile della Comunità terapeutica di Cozzo (PV) della Cooperativa Sociale a.r.l. Dianova; Giovanni Greco, direttore Dipartimento dipendenze A.U.L.S.S. 7 Pedemontana e direttore U.O.C. SERD.1. di Bassano del Grappa.
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 
Testino Gianni , presidente della Società italiana di alcologia (SIA) e direttore della S.C. patologie delle dipendenze ed epatologia alcol correlata Asl3 e coordinatore del Centro alcologico della regione Liguria ... 3 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 5 
Luraschi Eugenia , psicologa, psicoterapeuta, responsabile della Comunità terapeutica di Cozzo (PV) della Cooperativa Sociale a.r.l. Dianova ... 5 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 7 
Greco Giovanni , direttore Dipartimento dipendenze A.U.L.S.S. 7 Pedemontana e direttore U.O.C. SERD.1. di Bassano del Grappa ... 7 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 10 
Ambrogio Paola  ... 10 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 10 
Luraschi Eugenia , psicologa, psicoterapeuta, responsabile della comunità terapeutica di Cozzo (PV) della Cooperativa sociale a.r.l. Dianova ... 10 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 10 
Marchetto Aliprandi Marina (FDI)  ... 10 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 10 
Testino Gianni , presidente della Società italiana di alcologia (SIA) e direttore della S.C. patologie delle dipendenze ed epatologia alcol correlata Asl3 e coordinatore del Centro alcologico della regione Liguria ... 10 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 10 
Testino Gianni , presidente della Società italiana di alcologia (SIA) e direttore della S.C. patologie delle dipendenze ed epatologia alcol correlata Asl3 e coordinatore del Centro alcologico della regione Liguria ... 11 
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 15.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Buongiorno a tutti. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione, in videoconferenza, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul degrado materiale, morale e culturale nella condizione dei minori, con focus sulla diffusione di alcool, nuove droghe, aggressività e violenza, di: Gianni Testino, presidente della Società italiana di alcologia (SIA) e direttore della S.C. Patologie delle dipendenze ed epatologia alcol correlata Asl3 e coordinatore del centro alcologico della Regione Liguria; Eugenia Luraschi, psicologa, psicoterapeuta, responsabile della Comunità terapeutica di Cozzo (PV) della Cooperativa Sociale a.r.l. Dianova; Giovanni Greco, direttore Dipartimento dipendenze A.U.L.S.S. 7 Pedemontana e direttore U.O.C. SERD.1. di Bassano del Grappa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno odierno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul degrado materiale, morale e culturale nella condizione dei minori, l'audizione in videoconferenza del dottor Gianni Testino, Presidente della Società italiana di alcologia (SIA) e direttore della S.C. patologie delle dipendenze ed epatologia alcol correlata Asl 3 e coordinatore del Centro alcologico della regione Liguria; unitamente all'audizione della dottoressa Eugenia Luraschi, psicologa, psicoterapeuta responsabile della Comunità terapeutica di Cozzo in provincia di Pavia, della Cooperativa Sociale a r.l. Dianova e del dottor Giovanni Greco, direttore Dipartimento dipendenze A.U.L.S.S. 7 Pedemontana e direttore U.O.C. SERD.1 di Bassano del Grappa.
  Come vedete, anche oggi abbiamo relatori molto qualificati, direi persone di primaria rilevanza nell'ambito di cui ci occupiamo, e quindi siamo onorati di averli con noi. A nome di tutti voi do loro il benvenuto e nuovamente li ringrazio per la disponibilità odierna.
  Darei la parola al Dottor Testino. Se è pronto, dottore, comincerei con l'ascoltare la sua relazione. Grazie.

  GIANNI TESTINO, presidente della Società italiana di alcologia (SIA) e direttore della S.C. patologie delle dipendenze ed epatologia alcol correlata Asl3 e coordinatore del Centro alcologico della regione Liguria. Grazie a lei, grazie a tutti per questo gradito invito e per l'argomento di cui oggi trattiamo, anche perché con gran parte di questi temi io e i colleghi, conviviamo tutti i giorni, e quindi li sentiamo in modo particolare.
  Credo che da questo incontro probabilmente oggi ci si aspetti anche la proposta di qualche soluzione, oltre che dell'analisi, perché ho visto che l'analisi è stata affrontata in modo approfondito nel documento che ci avete inviato.
  Parliamo di gestione dello stile di vita dei nostri minori, dei nostri giovani, dei nostri adolescenti, per un futuro sicuramentePag. 4 caratterizzato da parametri migliori. Possiamo partire da due piani. Il primo piano è l'analisi di due dati nella popolazione generale. Il primo è caratterizzato dal fatto che, pur in presenza di una vita media sufficientemente lunga, vi è stata in questi ultimi dieci anni una forte riduzione della vita media libera da malattia. Quindi tra i 55 e i 60 anni molti soggetti iniziano ad avere patologie. La seconda, abbiamo la ormai nota e ben definita epidemia cancro al di sotto dei 50 anni. Ebbene, questi due dati ci fanno comprendere che, per accadere, lo stile di vita è già scorretto nella fase adolescenziale e preadolescenziale. Naturalmente parlare di questo tema significa prevedere dei progetti a medio, a lungo e a lunghissimo termine. Abbiamo un piano più breve – a breve e a medio termine – che riguarda appunto l'educazione a corretti stili di vita dei nostri giovani che ci possono dare dei risultati – si può anche supporre – dopo cinque o dieci anni.
  Qualcosa non ha funzionato in questi anni nei piani, nei sistemi di prevenzione, e direi anche, complessivamente, di promozione della salute. Qualcosa non ha funzionato perché tutti i dati che le relazioni al Parlamento, le istituzioni scientifiche o l'Istat ci danno in tutti i settori – che sia il consumo alcolico, che sia il consumo di sostanze stupefacenti, l'uso improprio dei social, eccetera – sono in costante peggioramento. Quindi probabilmente, pur dotati di tanta buona volontà, in questi anni tutti noi in parte abbiamo fallito.
  Abbiamo cercato di comprendere quali possono essere le motivazioni di questo, dal mio punto di vista, fallimento e, per altri, parziale fallimento. Innanzitutto forse abbiamo rivolto la nostra attenzione alla fascia di età sbagliata. L'evidenza scientifica ci dice che dobbiamo rivolgerci ai ragazzi, agli adolescenti, ma soprattutto ai bambini al di sotto dei 12 anni e che alcuni tipi di attività funzionano solo tra pari.
  La seconda problematica è la frammentazione dell'informazione sia a livello centrale, attraverso anche ottime politiche governative, ma soprattutto a livello dei vari istituti comprensivi scolastici, dove le varie attività vengono svolte in modo molto approfondito, ma singolarmente, tralasciando altre problematiche. Vengono affrontate magari solo una volta nella vita ed alcune scuole addirittura non vengono mai coinvolte in nessuno di questi eventi.
  Quindi i temi non sono molti, perché sicuramente abbiamo l'alimentazione e il movimento, il consumo di alcolici e sostanze stupefacenti, il consumo di psicofarmaci ormai nella nostra popolazione giovanile, il gioco d'azzardo e l'uso improprio dei social. L'uso improprio dei social, l'alcol e le sostanze si correlano con la violenza, con la criminalità, con l'aggressività, con il bullismo e con il cyber-bullismo.
  Il social è un mezzo per fare violenza, ma anche per enfatizzare la violenza, perché i ragazzi in qualche modo pensano di essere maggiormente apprezzati dai loro pari e di avere successo, anche indipendentemente dal ritorno economico. Quindi abbiamo istituito – e questa è una proposta che facciamo – un dipartimento che si chiama «Educazione a corretti stili di vita e programmi di comunità», dove abbiamo pensato di creare un format per preparare i bambini di nove o dieci anni che da quest'anno stanno andando nelle nostre scuole per parlare ai loro pari – e quindi al di sotto abbondantemente dei dodici anni – e pensiamo che tale attività debba fondarsi su poche semplici informazioni e nessuna tematica può essere svincolata dalle altre, perché può sicuramente soddisfare e gratificarci singolarmente come esperti dei vari settori, ma poi alla fine i risultati sono quelli che sono.
  Pensiamo che questo percorso di stile di vita debba correlarsi con una visione di vita, perché alla fine la salute si intreccia in modo significativo con parametri come solidarietà, rispetto, soprattutto rispetto di genere, giustizia, che sono poi i punti cardinali che dovranno caratterizzare la vita dei nostri ragazzi e della nostra società. Ma certamente, per far questo, la scienza ci dice che dobbiamo raggiungere almeno il 3.5/5 per cento della popolazione di riferimento, per cambiare veramente le cose.
  Infine vorrei dire una cosa. Dobbiamo parlare tutti un linguaggio comune che deve essere fondato non sull'opinione personale,Pag. 5 che conta quello che conta, ma sulla posizione della comunità scientifica nei vari settori e cioè quella che chiamiamo evidenza scientifica. Questa però deve essere assimilata e correttamente comunicata anche dagli adulti. Perché, voglio anche aggiungere, dobbiamo raggiungere tutti i bambini, indipendentemente dall'ambiente in cui si trovano, perché molti dei nostri ragazzi si trovano in ambienti dove povertà, disuguaglianza, violenza e criminalità sono alla base della vita, sono l'anima di alcune comunità. Dobbiamo parlare direttamente a loro, saranno loro speriamo, o qualcuno di loro, che potrà fare un'educazione all'inverso o cambiare il background della comunità in cui si trovano. Però gli adulti, le istituzioni, e soprattutto le istituzioni politiche, devono parlare un linguaggio simile al nostro, un linguaggio coerente soprattutto quando parliamo, ad esempio, degli adolescenti e l'incidentalità stradale, che fa sempre parte di questo pacchetto. Perché penso che i nostri bambini, i nostri giovani meritino verità, onestà e competenza da parte di tutti quelli che pensano e vogliono legittimamente occuparsi di certi temi. Vi ringrazio molto.

  PRESIDENTE. Grazie dottor Testino. Do ora la parola alla dottoressa Luraschi.

  EUGENIA LURASCHI, psicologa, psicoterapeuta, responsabile della Comunità terapeutica di Cozzo (PV) della Cooperativa Sociale a.r.l. Dianova. Buongiorno a tutti. Farò una breve presentazione della realtà di Dianova che è una cooperativa sociale presente sul territorio italiano da quarant'anni, con cinque comunità terapeutiche e, sul territorio di Milano, anche con un centro ambulatoriale per i problemi di sostanze.
  Nello specifico la struttura, in cui lavoro da ormai quindici anni, ha sviluppato, in collegamento con le realtà del territorio specifiche per l'alcolismo, un modulo e una formazione residenziale proprio per la dipendenza da sostanze e la polidipendenza oltre che all'alcol, in un contesto che accoglie anche problemi con sostanze illegali. Nell'arco di questi anni abbiamo sviluppato un modello biopsicosociale con una modalità di lavoro multidisciplinare e che ha una metodologia che sappiamo già essere molto validata nell'ambito scientifico e soprattutto nell'ambito alcologico.
  In riferimento all'indagine conoscitiva per cui ci avete invitato, siamo partiti dall'analisi dei dati che abbiamo raccolto in questi anni e anche dalle evidenze e dalle storie che abbiamo raccolto con i pazienti e, in particolare, con i più giovani, visto che è proprio un'indagine sul degrado con un focus sulla condizione dei minori. Oggi vorremmo portarvi alcuni aspetti che, a nostro parere, inducono a fare delle riflessioni e delle considerazioni, in primis la diffusione dell'alcol. L'uso di alcol è un comportamento che ci raccontano come abituale, diffuso in modo capillare, associato anche ad altre sostanze, anche a comportamenti a rischio. Spesso rileviamo come i pazienti che giungono a noi per problemi di sostanze illegali, nel corso della loro storia hanno avuto anche un uso non problematizzato di alcol, che diventa quindi un'abitudine. Riscontriamo proprio un inizio precoce dell'uso di alcol e della sua progressiva diffusione in contesti di completa quotidianità, soprattutto nelle fasce più giovani, con binge drinking, con gli aperitivi, e c'è la tendenza a normalizzare questo comportamento anche nel contesto sociale e una scarsissima percezione dei rischi di questo comportamento, che sappiamo essere veramente molto rischioso.
  Abbiamo visto che questi giovani dipendenti rifuggono un po' la stigmatizzazione di essere dipendenti, normalizzano l'utilizzo della sostanza. «Un po' lo fanno tutti, lo hanno fatto e lo fanno anche i grandi» ci raccontano, e la rendono una cosa integrata con il loro stile di vita, perché ci raccontano di lavorare, di andare a scuola, di avere delle relazioni, di riportare anche dei successi all'interno della loro storia familiare e di competenze di lavoro. Abbiamo raccolto dei dati e l'85 per cento degli utenti ci spiegano che il primo approccio alla sostanza e all'alcol arriva tra i 15 e i 19 anni. Quindi molto presto e in un'età in cui l'alcol, come ben sappiamo, è assolutamente molto negativo e provoca Pag. 6danni per il cervello e per il suo sviluppo. Più giovane è l'età più il comportamento viene influenzato dalla pressione del gruppo, dal copiare, dal desiderio di trovare un proprio posto all'interno del mondo, dal desiderio di alterare le proprie percezioni, dalla tematica del sensation seeking e dal bisogno di una identità.
  Ci sono altri fattori di rischio che abbiamo riscontrato. Spesso vediamo che emerge la presenza di una familiarità nell'uso della sostanza; l'uso e l'abuso da parte dei familiari di questi pazienti ha spesso condotto a comportamenti inadeguati all'interno delle famiglie in cui loro hanno vissuto. Sono stati magari soggetti a violenze, a maltrattamenti, ad assistere ad atti di violenza, e questi sono dei traumi che possono essere ulteriori fattori di rischio.
  Inoltre rileviamo segnali di disagio nei comportamenti, nelle relazioni, già nell'adolescenza, in alcuni casi anche nell'età infantile, che non sono presi in carico. Ovviamente arrecano danni alla vulnerabilità, il paziente è più vulnerabile già a fronte di queste situazioni e spesso è un disagio che non viene classificato all'interno di una diagnosi precisa. Forse proprio per questo alcune volte sfugge alla presa in carico precoce e spesso questo disagio si può trasformare in sintomi più complessi che sappiamo, nella sostanza, possono trovare anche una risposta.
  Un ultimo fattore è la complessità. Vediamo che all'interno del nostro contesto residenziale il lavoro di presa in carico, la condizione di assistenza e il lavoro multidisciplinare che si attua, porta all'emersione di tanti aspetti – psicologici, sanitari, familiari e sociali – che sono alla base dell'insorgenza e anche del mantenimento di questa problematica.
  Questa complessità necessita di un approccio multidisciplinare interno, ma soprattutto della collaborazione e della sinergia dei servizi esterni, di cui noi ci avvaliamo. Alcune volte non solo quelli deputati come i Servizi per le dipendenze (Ser.D.) o i nuclei per le alcologie, ma anche tutti gli altri servizi psichiatrici, sociali, i servizi per la tutela. Inoltre la famiglia che ruota attorno al soggetto necessita anch'essa di una presa in carico; è un elemento questo che aggiunge una complessità, ma che, se adeguatamente coinvolta, ci può portare a degli ottimi risultati. Quindi è un elemento che noi abbiamo, da anni ormai, coinvolto all'interno dei nostri percorsi residenziali, perché porta effettivamente ad un'efficacia. Anche questa è una caratteristica specifica che i percorsi di alcologia, anche quelli ambulatoriali, hanno già sviluppato.
  Alla luce di tutti questi elementi, volevamo anche portarvi alcune considerazioni che abbiamo tratto da questi dati. Una che riteniamo fondamentale è che la presa in carico necessita di un continuo intervento multidisciplinare che non deve terminare con il percorso residenziale, ma deve proseguire fuori. All'esterno vediamo che la complessità viene spesso suddivisa e tante volte questo porta il rischio di perdere delle informazioni. Passare da un servizio all'altro affatica e demotiva anche i pazienti e le loro famiglie che faticano di più a trovare qualcuno a cui rivolgersi. Spesso emerge proprio questa settorializzazione. Abbiamo preso in esame, per questo intervento, 190 casi che abbiamo trattato negli ultimi cinque anni e siamo consapevoli che non abbiamo dei dati certi, puntuali e capillari. Sappiamo anche che all'esterno dei nostri dati manca forse una raccolta di questo tipo di fenomeni, di fotografare un po' il fenomeno proprio nella sua complessità, sin dall'insorgenza del fenomeno stesso e non solo quando è preso in carico dal servizio e quindi ormai è già un sintomo conclamato con una sua complessità.
  Questi potrebbero essere dei dati che ci possono far pensare a come sarebbe importante intervenire precocemente, permettendoci di lavorare preventivamente su dei fattori di rischio e di protezione, per evitare poi che si sviluppino situazioni più complesse. Riteniamo inoltre che ci debba essere necessariamente (come anche il collega prima aveva affrontato con altre modalità) un intervento costante di prevenzione, che sia universale su tutta la popolazione e una prevenzione più selettiva e indicativa proprio su quelle fasce di popolazione che sappiamo essere più a rischio come, ad esempio, i figli degli alcoldipendentiPag. 7 o di persone con dipendenze che già sappiamo, dalla letteratura, hanno delle conseguenze. Anche questa è una prevenzione su tutta la popolazione, utilizzando tutti gli strumenti che ci possono essere.
  Abbiamo visto dalle statistiche che, ad esempio, la prevenzione che è stata fatta in passato per l'uso di tabacco ha portato a una diminuzione, perlomeno nei giovani, dell'uso del tabacco. Quindi le campagne preventive hanno un'efficacia che indubbiamente è importante sottolineare. Ipotizziamo che prevenire è anche un po' strutturare e cercare di individuare delle modalità diverse per l'aggancio precoce. Un aggancio fin dalla giovane età per prevenire i comportamenti a rischio e quindi diminuire la complessità dell'intervento, la compromissione e anche il costo che tutto questo, a livello economico e per i servizi, ha successivamente. Questa è una cosa importante anche per l'impatto che tutti questi interventi possono avere sulla vita dell'individuo e anche sulla società in generale.
  Abbiamo strutturato da circa un anno, come illustravo prima, un servizio ambulatoriale sul territorio di Milano. È un servizio più di prossimità, aperto al disagio giovanile, dove sono arrivate svariate richieste; però non volevo soffermarmi tanto sulla numerosità, quanto sul modello che abbiamo cercato di applicare – e che sta portando risultati di notevole efficacia – che è quello di un intervento di rete e di un intervento multidisciplinare immediato. Inoltre rileviamo che da sempre, e ancora oggi, i pazienti con problematiche alcologiche arrivano tardi ai servizi.
  Abbiamo anche una fascia di persone che accedono alle nostre strutture con un'età avanzata e ciò significa che accedono troppo tardi alle cure, soprattutto perché non si rendono conto, non hanno la consapevolezza, di avere una problematica che ovviamente non è nata qualche anno prima, ma è nata molti anni prima.
  Questo indica che c'è appunto troppo tardi la consapevolezza di prendere in carico anche queste situazioni e tutto ciò rende più complesso sia il livello individuale, sia il livello familiare, perché l'alcol, come sappiamo, ha un impatto devastante. Infatti tanti arrivano da noi non direttamente, ma attraverso i servizi di tutela dei minori; quindi sono genitori che sono stati segnalati attraverso altri servizi. Pertanto anche questo indica, a nostro parere, l'importanza di un intervento precoce sull'utilizzo di alcol.
  Inoltre riteniamo che vada coinvolta anche la famiglia, perché sappiamo che nei servizi di alcologia è uno degli agenti di cambiamento, che viene in qualche modo attenzionato e che, secondo noi, merita veramente un intervento particolare, un'attenzione al processo di cura; tutti andrebbero coinvolti. Anche i familiari possono sviluppare dei sintomi, sviluppare delle modalità di codipendenza dalla sostanza e appunto i figli hanno un elevato rischio di problemi con l'alcol nella propria vita. Quello che ci dicono le storie dei nostri pazienti è che spesso si crea un circolo vizioso, anche multi-generazionale, nel senso che non inizia e non finisce in una generazione ma si ripercuote su quelle successive; ha origini molto più antiche che è importante, a nostro parere, provare a spezzare di modo che le persone non abbiano un'etichetta e un destino già scritto.
  Ecco, vi ringrazio dell'attenzione, questi erano i dati che avevamo piacere di portare in questa audizione. Grazie.

  PRESIDENTE. Ottimo dottoressa. La ringrazio per il suo intervento e do ora la parola al dottor Greco.

  GIOVANNI GRECO, direttore Dipartimento dipendenze A.U.L.S.S. 7 Pedemontana e direttore U.O.C. SERD.1. di Bassano del Grappa. Buon pomeriggio. Anch'io vi ringrazio per l'invito. Molte cose sono state dette, le mie sono delle riflessioni che sono relative naturalmente all'esperienza quotidiana e a quanto di fatto ho sperimentato, anche nel corso degli anni, e ai cambiamenti relativi.
  Rispetto a quello che hanno detto i colleghi, intanto voglio fare una riflessione. Dobbiamo considerare, questo lo sapete, che ci sono differenze eclatanti tra i contesti. Questo sia nelle condotte di consumo, di uso, di sperimentazione, ma anche per Pag. 8quanto riguarda le dinamiche di abuso o di uso dannoso. Ci sono delle differenze eclatanti tra le aree metropolitane, quelle urbane, quelle suburbane, i piccoli comuni, le contrade e le piccole comunità. C'è la ricerca costante di trovare luoghi, ma si creano anche dei non luoghi, dei contesti estemporanei all'interno dei quali vengono vissute esperienze dove alcol o sostanze possono rappresentare un denominatore comune.
  Su questo dobbiamo riflettere, perché esistono contesti all'interno dei quali in maniera esclusiva giovani, ma anche giovani adulti, si ritrovano. Esistono contesti che vengono creati ad hoc.
  Voglio ricordarvi che la maggior parte delle condizioni – visto che abbiamo parlato molto di alcol, di stati di ebbrezza, di ubriachezza – si realizzano in feste private, non in luoghi pubblici. Pensiamo molto ai luoghi pubblici, ma tutte le cose che hanno detto i colleghi fanno riferimento a processi di lavoro che coinvolgono la sensibilità di famiglie, che coinvolgono la sensibilità e l'attenzione di insegnanti, di educatori, di professionisti che accudiscono la crescita.
  Questa è la prima cosa sulla quale mettersi a riflettere, anche perché, se vado a guardare alcune differenze rispetto ai questionari che noi elaboriamo nelle scuole, con i ragazzi che incontriamo dalla primaria fino alle superiori, ci sono sicuramente delle differenze nel tempo che vanno considerate, ma non ci sono differenze su sensazioni e percezioni tra il passaggio tra una scuola e l'altra.
  Faccio un esempio molto chiaro. Le differenze e i cambiamenti nel tempo fanno riferimento a quello che ho detto un attimo fa, della ricerca dei non luoghi. Potete trovare ragazzi di 14 anni ai quali chiedete se hanno fatto esperienze di binge drinking negli ultimi mesi, e loro vi risponderanno che questo è accaduto più volte. Saranno nove su dieci a rispondervi in questo senso, o comunque almeno il 50 per cento di certo. E quei nove su dieci vi risponderanno probabilmente, in quel 50 per cento, che hanno sperimentato lo stato di ubriachezza. Su questo bisogna fare un'altra riflessione e cioè che i ragazzi hanno una consapevolezza non completa, ma significativa, del danno correlato all'eccesso, ma non hanno la consapevolezza del danno correlato all'uso e questo, nella precocità dell'uso, è un problema. I ragazzi non hanno alcuna conoscenza di come, adeguatamente e senza rischi, superare condizioni di abuso e, nel caso di ebbrezza alcolica, a volte si fanno ulteriori danni, per esempio per smaltire più velocemente gli alcolici.
  Se andiamo a chiedere, sempre a questi ragazzi, come guardano al futuro, a questo proposito è molto interessante quello che ho visto pochi minuti fa sull'ANSA rispetto ai dati dell'indagine di Telefono azzurro sulle situazioni che riguardano gli adolescenti – una fascia di età molto ampia dai 14 ai 18 anni – rispetto alle dichiarazioni che fanno. Qui si parla di un 20 per cento di ragazzi che vivono una condizione correlata ad uno stato ansioso d'intensità differente. Vi posso garantire che in alcuni ambiti questo dato arriva a sfiorare il 51 per cento e queste sono condizioni che portano a condotte di automedicazione sia per sostenere la performance, quando necessaria, sia per lenire la sofferenza. A questo si associa un altro elemento in cui le sostanze si introducono in maniera straordinaria, che è l'incertezza per il futuro. Perché se nelle scuole a questi ragazzi (e non c'è differenza, credetemi anche in questo, tra una secondaria di primo e di secondo grado) andate a chiedere che idea hanno del futuro, circa il 45 per cento guarda con incertezza al domani.
  Altro denominatore comune straordinario, a cavallo tra queste fasce di età, è che se voi mi chiedete cosa chiedono al mondo adulto, e in particolare alle loro famiglie, citano solo due verbi: ascoltare e comprendere. È in questa partita che si gioca qualcosa che diventa di fondamentale interesse per quanto riguarda i nostri intenti, e cioè il fatto che i genitori continuano a consigliare, ma sono poco attenti ad un'altra questione, che consigliare a volte vuol dire comandare, costringere e coartare. Non pensano che, anche come genitori, loro hanno il dovere di informare, esattamente tanto quanto i docenti. La grande sfida oggi Pag. 9per i nostri ragazzi nell'adolescenza è l'informazione, sono le fonti.
  Il tema delle fonti è un tema di straordinaria attualità e qualità, perché nelle fonti si riconosce l'autorevolezza, ma anche l'indispensabilità e la certezza. Considerate il tempo che viene trascorso dai ragazzi su internet e il 56 per cento dei ragazzi che potete intervistare nelle superiori vi dicono «non mi sono accorto del tempo che è passato». Ma internet e il web rappresentano la loro principale fonte di informazione, discordante, dissonante, a volte conflittuale, ma significativa e rapida. Bisogna capire quanto dal punto di vista delle fonti e quanto dal punto di vista dell'aneddotica e della narrazione, i genitori, le famiglie, gli insegnanti diventano interlocutori credibili nell'informazione che ha anche una componente tecnica – come sottolineava il dottor Testino – che non deve essere mai trascurata.
  Un'altra delle questioni che noi dobbiamo affrontare è quella della legittimazione del mondo adulto. Certo, noi abbiamo una generazione di soggetti che in qualche modo sono stati consumatori e che oggi hanno figli. Anche su questo si apre un fronte di dialogo e di discussione; quanto c'è la capacità di intervenire su un consumo che oggi trova delle altre basi, che non sono quelle di una generazione completamente diversa da questa o da queste, che hanno uno sviluppo in rapida successione. Cioè una generazione in cui ci sono figli che vogliono crescere molto in fretta e figli che non vogliono crescere; una generazione all'interno della quale bisogna fare una differenza tra il «va tutto bene» e «non sto bene».
  Un altro punto sul quale le sostanze e l'alcol intervengono, e torniamo al discorso dell'ansia di cui parlavo prima, non è altro che una modalità oppositiva tra l'andare e il rimanere e il provare e il resistere. Quando ho chiesto a dei genitori, poco tempo fa, perché c'è una così alta frequenza di uso di cannabis tra i loro figli, la risposta è stata «perché i nostri ragazzi sono molto stressati». Il concetto di stress non può essere attribuito, come spesso accade, ad una condizione emotivo-emozionale che in qualche maniera è scatenata dalle istanze e dalle richieste altrui, ma è anche qualcosa che si ingenera autonomamente e le istanze sono interne, e sono costruite all'interno di un percorso di crescita ed anche su questo, ripeto, bisogna fare rete.
  Infine un'altra questione di estrema importanza è l'interazione tra i fenomeni. Oggi uno dei fenomeni più attuali nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni, come sapete bene, è la FOMO, la fear of missing out, il timore di essere tagliati fuori. Questa è un'esperienza, da parte dei nostri adolescenti, traumatica e drammatica perché comunque il like, l'essere osservati, l'essere attenzionati, l'essere sul punto di poter in qualche modo condizionare gli altri attraverso le proprie espressioni, attraverso le proprie gift, attraverso i brevissimi tweet, è qualcosa che gli abbiamo insegnato noi. Ma purtroppo questa cosa si realizza all'interno di condotte additive che si sviluppano proprio in quel mondo dei social e del web, all'interno dell'ansia sociale, di cui abbiamo parlato, e di una condizione di alessitimia.
  Queste quattro sono le aree all'interno delle quali credo si realizzino quei livelli di integrazione di interventi tra servizi che devono contrastare le condotte additive di automedicazione che i nostri adolescenti sviluppano.
  E non è un caso, e finisco, che sempre di più tra di loro si stanno sviluppando condizioni di sperimentazione di nuovi stimolanti quali catinoni sintetici – l'ultima è la polvere di scimmia, sapete che è un alcaloide – che in qualche maniera tendono ad idealizzare marginalmente ipotesi di essere adeguatamente performanti e pronti, ma che in realtà escludono i ragazzi dal mondo reale, determinando delle condizioni di grande sospettosità e di isolamento. Esattamente come fanno tutti gli stimolanti, a cominciare dalla cocaina.
  Questa ricerca della sostanza per andare ed entrare per poi isolarsi, è qualcosa che ci deve molto preoccupare. Quindi termino davvero col dire quello che hanno detto i miei colleghi prima, che bisogna ripartire da un processo all'interno del quale ci deve essere da una parte la credibilitàPag. 10 dell'interlocutore educativo – e sottolineo quindi quella differenza tra informare e consigliare – e dall'altra parte creare quelle dinamiche di peer education che permettono di far sì che esistano contesti all'interno dei quali ci possano essere dei buoni testimoni di condotte protettive.
  Perché lo ripeto, i ragazzi trovano il modo di farsi male anche nel liberarsi dall'uso e dall'abuso delle sostanze che hanno assunto.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Greco. Abbiamo pochi minuti perché stanno per riprendere i lavori del Senato, però abbiamo lo spazio per la domanda della senatrice Ambrogio e poi vediamo se anche altri colleghi vorranno intervenire.
  Voglio davvero ringraziarvi per la qualità dei vostri interventi e per il contributo alla nostra indagine.

  PAOLA AMBROGIO. Anch'io vi ringrazio perché sono davvero dei dati interessanti.
  Da una parte preoccupanti, ma allo stesso tempo interessanti.
  Nel secondo intervento si faceva riferimento alla diminuzione dell'uso del tabacco e, vedendo la diffusione di queste sigarette – le chiamano le puff, che utilizzano i ragazzi e non so se vengono considerate come tabacco – volevo sapere se sono comprese in questo studio, in questo dato che avete sulla diminuzione dell'uso tabacco. Se vi riferite anche all'utilizzo di queste sigarette puff elettroniche o cose di questo genere, perché mi sembra invece di vederle in forte aumento. Grazie.

  PRESIDENTE. Dottoressa Luraschi, prego.

  EUGENIA LURASCHI, psicologa, psicoterapeuta, responsabile della comunità terapeutica di Cozzo (PV) della Cooperativa sociale a.r.l. Dianova. In realtà la ricerca che abbiamo riscontrato era solo sull'uso del tabacco, non di queste nuove sigarette elettroniche che in realtà, purtroppo, stanno aumentando e secondo le statistiche stanno portando anche dei danni maggiori e diversi da quelli del tabacco.
  Quindi quello si riferiva solo all'uso del vecchio tabacco, che è andato in diminuzione, però l'abbiamo portato proprio sull'evidenza delle politiche della prevenzione che secondo noi è importante.

  PRESIDENTE. Grazie. Non so se tra i colleghi presenti in videoconferenza o gli altri colleghi in aula, vi siano delle domande. Per quanto, mi sembra che i vostri interventi siano stati molto completi.
  La senatrice Marchetto Aliprandi ha da aggiungere una riflessione. Prego.

  MARINA MARCHETTO ALIPRANDI. Intanto un profondissimo ringraziamento da mamma e da nonna ai medici che sono intervenuti.
  Al Dottor Testino vorrei porre questa domanda. Se non sbaglio ho sentito parlare di un format, di ragazzini, di bambini che guidano altri bambini. Questa preparazione didattica, psico-didattica (perché bisogna che ci siano anche degli insegnanti preparati) come si svolge? Comprende il Ministero dell'istruzione, della sanità, penso che siano simbiotiche queste esigenze.
  Ecco, volevo chiedere come è possibile arrivare alla formazione di questi bambini per poi traghettarla attraverso i loro coetanei. Grazie.

  PRESIDENTE. Dottor Testino, prego.

  GIANNI TESTINO, presidente della Società italiana di alcologia (SIA) e direttore della S.C. patologie delle dipendenze ed epatologia alcol correlata Asl3 e coordinatore del Centro alcologico della regione Liguria. Se lei mi fa la cortesia di tradurre, perché non sono riuscito a comprendere la domanda.

  PRESIDENTE. Dottor Testino, evidentemente è successo qualcosa al collegamento. Le ripeto la domanda. Riguardo il programma a cui lei fa riferimento, dove ci sono questi bambini che parlano con gli altri bambini, ci si interrogava su quale fosse il percorso di formazione di questi Pag. 11bambini, e come possono essere preparati ad assolvere questo compito.

  GIANNI TESTINO, presidente della Società italiana di alcologia (SIA) e direttore della S.C. patologie delle dipendenze ed epatologia alcol correlata Asl3 e coordinatore del Centro alcologico della regione Liguria. In sintesi, certo, giustamente. Comunque il percorso è nel sito del centro studi di Asl 3 Liguria. Perché di solito ci occupiamo sempre dei problemi che già accadono e quindi è giusto farlo.
  È vero che dal punto di vista di alcune problematiche psicologiche i cambiamenti nel corso degli anni non sono così differenti, ma certamente fra la prima classe della secondaria di primo grado in poi, molti stili di vita si sono già consolidati e quindi, al di là del disagio del singolo soggetto, delle problematiche del singolo soggetto, se il bambino con noi riesce a comprendere (e quindi non dobbiamo solo informarlo, ma dobbiamo formarlo, che è una cosa ben diversa) che certe cose lo danneggiano sarà per lui normale non utilizzarle.
  Allora abbiamo pensato che bisogna lavorare con i bambini che da un certo punto di vista sono ancora, come dire, puri; sono ancora non ipocriti, sono ancora sufficientemente capaci o non sono ancora stati dominati dalla massificazione dei pari età, della società o dell'ambiente in cui vivono. Abbiamo pensato che formare loro che parlino ad altri bambini fosse cosa utile. Perché purtroppo, anche se la nostra collega giustamente ha detto che il fumo di sigaretta si è ridotto, ciò è accaduto perché è stato vicariato dal fumo di cannabis, dalle nuove tecnologie e dalle sigarette elettroniche, o dagli altri dispositivi, dal tabacco riscaldato e altro. Quindi alla fine la percentuale è ancora maggiore rispetto al passato.
  Dopo dieci anni di lavoro tradizionale, l'anno scorso abbiamo dedicato un anno, insieme ai genitori e insieme ai loro docenti, a preparare 26 ragazzi. Abbiamo dovuto dedicare un numero importante di incontri; all'inizio abbiamo dovuto costruire il materiale che non lo può fare uno solo, ma è derivato dall'esperienza dei massimi esperti nei vari settori che abbiamo voluto affrontare, e poi io ed una mia collaboratrice, Patrizia Balbinotto, lo abbiamo sintetizzato e l'abbiamo tradotto insieme agli insegnanti nel linguaggio migliore per la fascia di età.
  Da lì abbiamo cominciato a preparare questi ragazzi i quali dapprima hanno studiato e poi con noi hanno ripetuto, di volta in volta, le varie tematiche.
  Naturalmente abbiamo chiesto la collaborazione dei genitori (perché abbiamo dovuto ottenere tutti i consensi informati) e dopo circa dieci mesi di lavoro abbiamo fatto una prova. A questi 26 abbiamo dato il diploma di «Addetto ai corretti stili di vita», quindi questi 26 bambini hanno fatto una prova – ma anche questo è ben visibile sulla rete perché abbiamo inserito la giornata del 25 maggio – una prova generale davanti a oltre 400 persone e da adesso, proprio in questi giorni, questi bambini stanno girando per gli istituti comprensivi della nostra comunità.
  Questo determinerà il passaggio informazionale ad altri bambini che, a loro volta, dopo una verifica del gruppo di esperti che abbiamo messo in campo come Asl 3, proseguiranno in questo cammino. Speriamo che ci possa essere un'auto perpetuazione del messaggio informazionale, perché sennò facciamo valutazioni meravigliose dal punto di vista sociologico, pedagogico, psicologico, internistico, ma siamo sempre lì, siamo sempre a rincorrere i problemi e – i miei colleghi lo sanno molto meglio di me – quando alcuni problemi ci sono, sono curabili, ma non è detto che siano guaribili. Quindi ce li portiamo dietro tutta la vita con sofferenze enormi da parte della società e della comunità, quindi noi dobbiamo giocare d'anticipo. Certo, ha ragione il dottor Greco, ogni comunità le sue caratteristiche e quindi questo percorso non è la panacea di tutti i mali. Lo proponiamo come un inizio, come un primo approccio, che deve essere rivalutato e migliorato. Però pensiamo che questa possa essere la visione del futuro. Non interessa niente ai bambini sapere dall'esperto tutto ciò che fa l'alcol, noi dobbiamo insegnare ai bambini poche cose: che l'etanolo è nel Pag. 12vino, nella birra e nei superalcolici, è un tossico, un cancerogeno, un teratogeno e può anche dare alcoldipendenza.
  Quando lui l'ha imparato e ha normalizzato che si può vivere senza etanolo – non è detto che tutti lo facciano, ma sicuramente una percentuale importante lo farà – abbiamo già fatto un passo avanti. Questo per tutti i temi che noi possiamo prendere in considerazione e li dobbiamo inserire in una ora e mezza di lezione, non di più.

  PRESIDENTE. Grazie infinite. Ringrazio tutti voi che siete intervenuti, che ci avete dedicato il vostro tempo e i vostri contributi.
  Dichiaro quindi conclusa la nostra audizione e vi anticipo che, nel momento in cui noi realizzeremo un evento di presentazione dei risultati di questa indagine, sarà nostra cura coinvolgervi nel modo che riterrete opportuno.
  Grazie a tutti, buona giornata e buon lavoro.

  La seduta termina alle 15.55.