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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 23 novembre 2022

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME: MOZIONI NN. 1-00010 E 1-00020, N. 1-00012, N. 1-00021 E DOC. II, N. 5

Mozioni n. 1-00010 e n. 1-00020 – Iniziative in relazione al conflitto tra Russia e Ucraina

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora
(con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 20 minuti
Fratelli d'Italia 52 minuti
Partito Democratico – Italia democratica e progressista 37 minuti
Lega – Salvini premier 36 minuti
MoVimento 5 Stelle 31 minuti
Forza Italia – Berlusconi presidente – PPE 29 minuti
Azione – Italia Viva – Renew Europe 22 minuti
Alleanza Verdi e Sinistra 19 minuti
Noi Moderati (Noi Con L'Italia, Coraggio Italia, Udc e Italia al Centro) – MAIE 18 minuti
Misto: 16 minuti
  Minoranze Linguistiche 9 minuti
  +Europa 7 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione di ciascuna mozione.

Mozione n. 1-00012 – Iniziative volte all'introduzione del salario minimo

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora
(con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 20 minuti
Fratelli d'Italia 52 minuti
Partito Democratico – Italia democratica e progressista 37 minuti
Lega – Salvini premier 36 minuti
MoVimento 5 Stelle 31 minuti
Forza Italia – Berlusconi presidente – PPE 29 minuti
Azione – Italia Viva – Renew Europe 22 minuti
Alleanza Verdi e Sinistra 19 minuti
Noi Moderati (Noi Con L'Italia, Coraggio Italia, Udc e Italia al Centro) – MAIE 18 minuti
Misto: 16 minuti
  Minoranze Linguistiche 9 minuti
  +Europa 7 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Mozione n. 1-00021 Iniziative per la ratifica della riforma del Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità (MES)

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora
(con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 20 minuti
Fratelli d'Italia 52 minuti
Partito Democratico – Italia democratica e progressista 37 minuti
Lega – Salvini premier 36 minuti
MoVimento 5 Stelle 31 minuti
Forza Italia – Berlusconi presidente – PPE 29 minuti
Azione – Italia Viva – Renew Europe 22 minuti
Alleanza Verdi e Sinistra 19 minuti
Noi Moderati (Noi Con L'Italia, Coraggio Italia, Udc e Italia al Centro) – MAIE 18 minuti
Misto: 16 minuti
  Minoranze Linguistiche 9 minuti
  +Europa 7 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Doc. II, n. 5 – Proposta di modifica del Regolamento della Camera relativa ad adeguamenti conseguenti alla riduzione del numero dei deputati

Tempo complessivo: 10 ore e 30 minuti, di cui:

• discussione sulle linee generali: 6 ore e 30 minuti;

• seguito dell'esame: 4 ore.

Discussione generale Seguito dell'esame
Relatori 40 minuti 40 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti 5 minuti
Tempi tecnici 10 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 3 minuti 35 minuti
(con il limite massimo di 5 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 42 minuti 2 ore e 30 minuti
Fratelli d'Italia 34 minuti 29 minuti
Partito Democratico – Italia democratica e progressista 32 minuti 21 minuti
Lega – Salvini premier 32 minuti 21 minuti
MoVimento 5 Stelle 32 minuti 18 minuti
Forza Italia – Berlusconi presidente – PPE 31 minuti 17 minuti
Azione – Italia Viva – Renew Europe 31 minuti 13 minuti
Alleanza Verdi e Sinistra 30 minuti 11 minuti
Noi Moderati (Noi Con L'Italia, Coraggio Italia, Udc e Italia al Centro) – MAIE 30 minuti 10 minuti
Misto: 30 minuti 10 minuti
  Minoranze Linguistiche 17 minuti 6 minuti
  +Europa 13 minuti 4 minuti

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli
nella seduta del 23 novembre 2022.

  Albano, Ascani, Baldelli, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Cappellacci, Cattaneo, Cecchetti, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Sergio Costa, Del Barba, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giordano, Giorgetti, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Meloni, Molinari, Mollicone, Molteni, Mulè, Nordio, Pella, Pichetto Fratin, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Scerra, Schullian, Serracchiani, Francesco Silvestri, Tajani, Trancassini, Tremonti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Albano, Ascani, Baldelli, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Cappellacci, Carloni, Cattaneo, Cecchetti, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Sergio Costa, Del Barba, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giordano, Giorgetti, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Montaruli, Mulè, Nordio, Osnato, Pella, Pichetto Fratin, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Scerra, Schullian, Serracchiani, Francesco Silvestri, Tajani, Trancassini, Tremonti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 22 novembre 2022 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:

   BRAGA: «Modifiche al codice penale concernenti l'introduzione dei reati di omicidio e di lesioni personali gravi o gravissime commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali» (613);

   BOSCHI: «Riconoscimento della vulvodinia e della neuropatia del pudendo come malattie croniche e invalidanti nonché disposizioni per la loro diagnosi e cura e per la tutela delle persone che ne sono affette» (614);

   SIMIANI: «Modifica all'articolo 3 del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, in materia di divieto di rilascio del permesso di ricerca delle risorse geotermiche per aree inidonee all'installazione di impianti di produzione di energia geotermica» (615);

   SIMIANI ed altri: «Norme per favorire interventi di recupero, manutenzione e salvaguardia dei castagneti e per il sostegno e la promozione del settore castanicolo nazionale e della filiera produttiva» (616);

   BALDINO ed altri: «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza» (617);

   PAVANELLI ed altri: «Obbligo di installazione di impianti per la produzione di energia da fonte solare nei parcheggi all'aperto» (618).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge SERRACCHIANI e DI BIASE: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e alla legge 21 aprile 2011, n. 62, in materia di tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori» (103) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Casu.

Assegnazione di progetti di legge
a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):

  BORDONALI ed altri: «Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di rinnovo del permesso di soggiorno» (127) Parere delle Commissioni II, V, VI, XI e XIV;

  FRANCESCO SILVESTRI ed altri: «Disciplina dell'attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi» (308) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, V, VII, X, XI e XIV;

  PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE LUPI e ALESSANDRO COLUCCI: «Modifiche agli articoli 41, 45, 47 e 53 della Costituzione, in materia di iniziativa economica privata e di prelievo fiscale» (414) Parere delle Commissioni VI, X, XI e XIV.

   II Commissione (Giustizia):

  BORDONALI ed altri: «Modifiche agli articoli 625 e 640 del codice penale e 380 del codice di procedura penale, in materia di introduzione di una circostanza aggravante, per i reati di furto e di truffa, concernente lo sfruttamento o la simulazione di una situazione di emergenza sanitaria» (129) Parere delle Commissioni I, V e XII.

   VI Commissione (Finanze):

  GUSMEROLI ed altri: «Agevolazione fiscale concernente la deduzione dei costi per il personale dalla base imponibile delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive» (93) Parere delle Commissioni I, V, X e XI;

  CAVANDOLI ed altri: «Introduzione dell'articolo 175-bis del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in materia di tutela della concorrenza nell'ambito dei contratti di assicurazione sanitaria» (223) Parere delle Commissioni I, II, V, X, XI, XII e XIV.

   VIII Commissione (Ambiente):

  SIMIANI: «Istituzione del Consorzio per la gestione e la salvaguardia della laguna di Orbetello» (400) Parere delle Commissioni I, II, V e XI.

   IX Commissione (Trasporti):

  GUSMEROLI ed altri: «Modifica all'articolo 182 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di obbligo dell'uso del casco protettivo da parte dei ciclisti fino al quattordicesimo anno di età» (96) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e XIV.

   Commissioni riunite II (Giustizia) e IX (Trasporti):

  BORDONALI ed altri: «Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, in materia di introduzione dei delitti di omicidio nautico e lesioni personali nautiche, nonché disposizioni concernenti la condotta da tenere in caso di incidente nautico» (128) Parere delle Commissioni I e V.

   Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali):

  SPORTIELLO ed altri: «Disposizioni in materia di suicidio medicalmente assistito e di trattamento eutanasico» (313) Parere delle Commissioni I e V.

Annunzio di una proposta di
modificazione al Regolamento.

  In data 23 novembre 2022 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di modificazione al Regolamento d'iniziativa della Giunta per il Regolamento:

   «Modifiche al Regolamento relative ad adeguamenti conseguenti alla riduzione del numero dei deputati» (Doc. II, n. 5).

  Sarà stampata e distribuita.

Trasmissione dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 21 novembre 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera g), della legge 22 dicembre 1990, n. 401, la relazione sull'attività svolta per la riforma degli Istituti italiani di cultura e sugli interventi per la promozione della cultura e della lingua italiane all'estero, riferita all'anno 2021 (Doc. LXXX, n. 1).

  Questa relazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri) e alla VII Commissione (Cultura).

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera pervenuta in data 21 novembre 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 288, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, la relazione sulle iniziative finanziate con le risorse del fondo destinato a interventi di sostegno alle popolazioni appartenenti a minoranze cristiane oggetto di persecuzioni nelle aree di crisi, riferita all'anno 2021 (Doc. LXXXI, n. 1).

  Questa relazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di progetti di atti
dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 22 novembre 2022, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Revisione del piano d'azione dell'Unione europea contro il traffico illegale di specie selvatiche (COM(2022) 581 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla XIII Commissione (Agricoltura), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce misure per un livello elevato di interoperabilità del settore pubblico nell'Unione (normativa su un'Europa interoperabile) (COM(2022) 720 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata, in data 22 novembre 2022, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla I Commissione (Affari costituzionali), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), è altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà, il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 22 novembre 2022.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 22 novembre 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono stati assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la predetta comunicazione, il Governo ha inoltre richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:

  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) 2016/424, (UE) 2016/425, (UE) 2016/426, (UE) 2019/1009 e (UE) n. 305/2011 per quanto riguarda le procedure di emergenza per la valutazione della conformità, l'adozione di specifiche comuni e la vigilanza del mercato nel contesto di un'emergenza nel mercato unico (COM(2022) 461 final);

  Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2000/14/CE, 2006/42/CE, 2010/35/UE, 2013/29/UE, 2014/28/UE, 2014/29/UE, 2014/30/UE, 2014/31/UE, 2014/32/UE, 2014/33/UE, 2014/34/UE, 2014/35/UE, 2014/53/UE e 2014/68/UE per quanto riguarda le procedure di emergenza per la valutazione della conformità, l'adozione di specifiche comuni e la vigilanza del mercato nel contesto di un'emergenza nel mercato unico (COM(2022) 462 final);

  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni – Comunicazione 2022 sulla politica di allargamento dell'Unione europea (COM(2022) 528 final);

  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla raccolta e alla condivisione dei dati riguardanti i servizi di locazione di alloggi a breve termine e che modifica il regolamento (UE) 2018/1724 (COM(2022) 571 final);

  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Garantire la disponibilità e l'accessibilità economica dei concimi (COM(2022) 590 final);

  Proposta di decisione del Consiglio recante modifica della decisione (UE) 2019/1754 relativa all'adesione dell'Unione europea all'atto di Ginevra dell'accordo di Lisbona sulle denominazioni di origine e le indicazioni geografiche (COM(2022) 593 final);

  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa al rafforzamento della politica del settore pubblico in materia di interoperabilità – Collegare i servizi pubblici, sostenere le politiche pubbliche e garantire benefìci pubblici – Verso un'«Europa interoperabile» (COM(2022) 710 final);

  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce misure per un livello elevato di interoperabilità del settore pubblico nell'Unione (normativa su un'Europa interoperabile) (COM(2022) 720 final).

Richiesta di parere parlamentare
su proposta di nomina.

  Il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, con lettera in data 22 novembre 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 74, e dell'articolo 12, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina del dottor Fabio Vitale a direttore generale dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) (1).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla XIII Commissione (Agricoltura).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell'Allegato A ai resoconti della seduta del 22 novembre 2022, a pagina 5, seconda colonna, prima riga, dopo la parola: «V,» deve intendersi inserita la seguente: «VI,».

MOZIONI ASCARI ED ALTRI N. 1-00004, POLIDORI, VARCHI, SERRACCHIANI, BISA, RICHETTI, ZANELLA, LUPI, GEBHARD ED ALTRI N. 1-00005 (ULTERIORE NUOVA FORMULAZIONE) POLIDORI, VARCHI, BISA, LUPI ED ALTRI N. 1-00005 (NUONA FORMULAZIONE), RICHETTI ED ALTRI N. 1-00015, ZANELLA ED ALTRI N. 1-00017 E SERRACCHIANI ED ALTRI N. 1-00018 E GEBHARD E SCHULLIAN N. 1-00019 CONCERNENTI INIZIATIVE PER L'ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

Mozioni

   La Camera,

   premesso che:

    nel corso della XVIII legislatura il Parlamento e, con particolare impegno ed attenzione, la prima firmataria del presente atto, hanno tenuto alta l'attenzione su alcuni temi molto importanti, ovvero quelli del contrasto alla violenza di genere e della tutela dei minori;

    i fatti pressoché quotidiani di cronaca dicono che, nonostante i più recenti interventi normativi in materia, quella di una maggiore tutela dei diritti e dei bisogni dei minori e delle donne vittime di violenza è un'evidenza non trascurabile;

    è essenziale proseguire nell'opera di sensibilizzazione di tutti i cittadini, poiché una più capillare diffusione della conoscenza di questi costituisce l'arma in più per ridurre le differenze e un valido strumento di educazione ai diritti civili;

    questi temi hanno bisogno di trovare risposte precise ed organiche, all'interno di un quadro sistematico di interventi che metta al centro donne e uomini, ma soprattutto l'educazione e la sensibilizzazione dei più giovani, il nostro futuro;

    in ricordo dell'uccisione delle tre sorelle Patria Mercedes, María Argentina Minerva e Antonia María Teresa Mirabai, assassinate nella Repubblica Dominicana il 25 novembre 1960 per la loro resistenza alla dittatura di Rafael Leónidas Trujillo, nel 1999 le Nazioni Unite hanno istituito la Giornata mondiale del 25 novembre per l'eliminazione della violenza contro le donne, per sensibilizzare la collettività sul fatto che in tutto il mondo le donne sono soggette a stupri, violenze domestiche e altre forme di violenza;

    «La violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. Essa non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza. Fin tanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace», così diceva Kofi Atta Annan, il settimo Segretario generale delle Nazioni Unite;

    la Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne del 1993 fornisce per la prima volta una definizione ampia della violenza contro le donne, definita come «qualunque atto di violenza sessista che produca, o possa produrre, danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche, ivi compresa la minaccia di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata»;

    nel 2020, anno della pandemia, il tema della violenza contro le donne è riemerso in tutta la sua drammaticità;

    il 1° ottobre 2020 il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, nel suo discorso a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite per commemorare il 25° anniversario della quarta Conferenza mondiale sulle donne tenutasi a Pechino, ha sottolineato come la pandemia abbia enfatizzato la mancanza di tutela dei diritti delle donne, perché «sono proprio donne e ragazze a essere maggiormente colpite dalla crisi e a portare sulle proprie spalle il peso del fortissimo impatto sociale ed economico che essa sta determinando in tutto il mondo». Sempre lo stesso Segretario generale ha affermato che: «Nelle fasi iniziali della pandemia, le Nazioni Unite previdero che quarantene e chiusure forzate avrebbero potuto portare all'allarmante numero di 15 milioni di casi di violenza di genere in più ogni tre mesi». Previsioni che sembrano ora essersi avverate. «In dodici Paesi studiati dalle Nazioni Unite, il numero di casi di violenza contro le donne riferiti a varie istituzioni è aumentata dell'83 per cento dal 2019 al 2020, con l'aumento del 64 per cento di quelli denunciati alla polizia»;

    secondo l'Unfpa (United Nations population fund), l'agenzia delle Nazioni Unite che lavora per promuovere l'eguaglianza di genere e l'emancipazione delle donne, in tutto il mondo si stima che una donna su tre sarà, nel corso della propria vita, oggetto di abusi fisici o sessuali;

    la maggior parte dei Paesi dell'Unione europea dispone di leggi per contrastare la violenza basata sul genere e sull'orientamento sessuale. Tuttavia, l'assenza di una definizione unica e di regole comuni impedisce che venga affrontata in modo efficace. Per tale motivo il Parlamento europeo è tornato più volte a chiedere una normativa europea a tale riguardo che consentirebbe la definizione di standard giuridici comuni, nonché la previsione di sanzioni penali minime in tutta l'Unione europea; il completamento dell'adesione dell'Unione europea alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica resta una priorità;

    in Italia, la piaga dei femminicidi continua a popolare la cronaca italiana: secondo il report periodico elaborato dal Servizio analisi criminale della Direzione centrale della polizia criminale del Ministero dell'interno, nel periodo che va dal 1° gennaio al 14 novembre 2021 sono stati registrati 252 omicidi, con 103 vittime donne, di cui 87 uccise in ambito familiare/affettivo; di queste, 60 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner. Analizzando gli omicidi del periodo sopra indicato, rispetto a quello analogo del 2020, si nota un lieve decremento (-2 per cento) nell'andamento generale degli eventi (da 256 a 252), con le vittime di genere femminile che invece mostrano un leggero aumento, passando da 100 a 103 (+3 per cento). La settimana 16-22 agosto 2021 è stata particolarmente drammatica sul fronte della violenza sulle donne, con ben quattro omicidi. Tra questi casi si ricordi il delitto di Aci Trezza: la giovane 26enne Vanessa uccisa con un colpo di pistola alla testa dal suo ex ragazzo mentre passeggiava con degli amici;

    nella maggior parte dei casi, i carnefici fanno parte della sfera affettiva delle vittime, spesso all'interno delle mura di casa, come emerge dallo stesso report citato. Nel 2020 è quasi raddoppiato, rispetto al 2019, il numero delle chiamate al numero antiviolenza 1522: complice la pandemia, con il lockdown durante il quale le famiglie sono state più a stretto contatto. Secondo i dati pubblicati dall'Istat nel Rapporto sui Sustainable development goals (SDGs), che offre le misure statistiche finalizzate al monitoraggio dell'Agenda 2030 dell'Onu, nel 2020 più di 49 donne ogni 100.000 si sono rivolte al numero verde 1522 perché vittime di violenza: nel 2019 la cifra era di circa 27. Un aumento, quello delle chiamate, che è stato diffuso tra tutte le regioni. Il tipo di violenza più segnalato è quella psicologica, che quasi sempre si accompagna a quella fisica;

    laddove le famiglie sono più a stretto contatto e trascorrono più tempo assieme, come avvenuto durante l'attuale pandemia, aumenta il rischio che le donne e i figli siano esposti alla violenza, soprattutto se in famiglia vi sono gravi perdite economiche o di lavoro; man mano che le risorse economiche diventano più scarse, possono aumentare anche forme di abuso, di potere e di controllo da parte del partner;

    nei primi cinque mesi del 2020 sono state 20.525 le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza, per l'8,6 per cento la violenza ha avuto origine proprio da situazioni legate alla pandemia (ad esempio, la convivenza forzata, la perdita del lavoro da parte dell'autore della violenza o della donna) (fonte: Nota Istat del 17 maggio 2021 «Le richieste di aiuto durante la pandemia»);

    oltre ai delitti, rimane il problema dei cosiddetti «reati spia», quei reati che sono indicatori di violenza di genere, espressione dunque di abusi fisici, sessuali, psicologici o economici, diretti contro una donna in quanto tale. Secondo i dati del Ministero dell'interno, nel primo semestre del 2021 i reati spia sono stati 19.128, con l'incidenza delle vittime donne che rimane invariata, attestandosi al 79 per cento;

    tali dati preoccupano e dimostrano quanto ancora ci sia da fare per prevenire e contrastare tale grave fenomeno;

    la violenza contro le donne è certamente un fatto culturale. Nei femminicidi, infatti, l'uomo considera la donna un suo possesso, un oggetto, dunque l'educazione dei giovani costituisce una delle chiavi di volta per un reale cambio di passo della nostra società. E uno degli strumenti per prevenire e contrastare la violenza di genere sarebbe quello di introdurre l'educazione affettiva e sessuale nelle scuole di ogni ordine e grado;

    in tale direzione va anche una proposta di legge, presentata il 19 ottobre 2022, della prima firmataria del presente atto (atto Camera n. 407), recante «Delega al Governo per l'introduzione dell'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, nonché nei corsi di studio universitari»;

    il sistema sanitario italiano mette a disposizione di tutte le donne, italiane e straniere, una rete di servizi sul territorio, ospedalieri e ambulatoriali, socio-sanitari e socio-assistenziali, anche attraverso strutture facenti capo al settore materno-infantile, come, ad esempio, il consultorio familiare, al fine di assicurare un modello integrato di intervento. Uno dei luoghi in cui più frequentemente è possibile intercettare la vittima è il pronto soccorso. È qui che le vittime di violenza, a volte inconsapevoli della loro condizione, si rivolgono per un primo intervento sanitario. In particolare, per la tempestiva e adeguata presa in carico delle donne vittime di violenza che si rivolgono al pronto soccorso, sono state adottate, nel 2017, le specifiche linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza;

    salvo che non sia necessario attribuire un codice di emergenza (rosso o equivalente), alla donna deve essere riconosciuta una codifica di urgenza relativa (codice giallo o equivalente), così da garantire una visita medica tempestiva e ridurre al minimo il rischio di ripensamenti o allontanamenti volontari. È previsto, inoltre, che la donna presa in carico debba essere accompagnata in un'area separata dalla sala d'attesa generale che le assicuri protezione, sicurezza e riservatezza. Poiché spesso, però, la violenza rimane nascosta, al fine di individuarne il più rapidamente possibile i segni, è importante rafforzare le competenze degli operatori sociosanitari che entrano in contatto con le vittime, mediante specifici programmi di formazione;

    gli stessi ordini professionali degli avvocati, dei medici, degli psicologi e degli assistenti sociali, nell'ambito della propria autonomia e delle rispettive competenze, devono costantemente integrare i programmi e le attività di formazione degli iscritti mediante la previsione dello sviluppo e dell'aggiornamento di conoscenze e competenze in materia di violenza domestica e di genere, con particolare riferimento alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, e resa esecutiva dalla legge 27 giugno 2013, n. 77, nonché in materia di ascolto e trattamento dei minori nei procedimenti giudiziari;

    il nostro Paese ha compiuto un passo storico nel contrasto della violenza di genere con la legge 27 giugno 2013, n. 77, approvando la ratifica della Convenzione di Istanbul, redatta l'11 maggio 2011. Le linee guida tracciate dalla Convenzione costituiscono, infatti, il binario e il faro per varare efficaci provvedimenti, a livello nazionale, e per prevenire e contrastare tale fenomeno;

    nella XVIII legislatura il Parlamento ha proseguito nell'adozione di misure volte a contrastare la violenza contro le donne, iniziata nella XVII legislatura con la citata ratifica della Convenzione di Istanbul: le modifiche al codice penale e di procedura penale volte ad inasprire le pene di alcuni reati più spesso commessi nei confronti di donne, l'emanazione del Piano d'azione straordinario contro la violenza di genere e la previsione di stanziamenti per il supporto delle vittime;

    il legislatore è intervenuto in tale ambito perseguendo in via principale gli obiettivi di prevenzione dei reati e di protezione delle vittime, comunque prevedendo parallelamente un inasprimento delle pene per la commissione dei cosiddetti reati di genere;

    il provvedimento che più ha inciso nel contrasto alla violenza di genere è la legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso), che ha rafforzato le tutele processuali delle vittime di reati violenti, con particolare riferimento ai reati di violenza sessuale e domestica;

    tale legge ha evidentemente apportato miglioramenti al sistema di tutela delle donne; tuttavia, paiono necessari alcuni correttivi, anche proposti in un testo della prima firmataria del presente atto (atto Camera n. 473), recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per la prevenzione e il contrasto della violenza di genere e della violenza sui minori»;

    un'estensione delle tutele per le vittime di violenza domestica e di genere è stata prevista anche dalla legge n. 134 del 2021, di riforma del processo penale, mentre la legge n. 53 del 2022 ha potenziato la raccolta di dati statistici sulla violenza di genere;

    non hanno invece terminato il loro iter parlamentare il disegno di legge che il Governo aveva presentato al Senato (atto Senato n. 2530) volto a rafforzare la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne, e una proposta di legge, già approvata dalla Camera dei deputati, volta a concedere il permesso di soggiorno alle vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio (atto Senato n. 2577);

    il Governo adotta, con cadenza biennale, piani straordinari per contrastare la violenza contro le donne; dopo l'emanazione nel 2015 del primo Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere e del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, è stato recentemente adottato il terzo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne per il biennio 2021-2023;

    il Piano 2021-2023 ripropone la struttura del piano precedente, con un'articolazione in 4 assi tematici (prevenzione, protezione e sostegno, perseguire e punire, assistenza e promozione) secondo le linee indicate dalla Convenzione di Istanbul, a ciascuna delle quali si ricollegano specifiche priorità;

    dopo molti anni dall'emanazione della direttiva europea in materia, il nostro Paese non è ancora riuscito ad approvare una legge che renda veramente giustizia a tutte le vittime di reati violenti, compresi i familiari, e che possa rispondere alle esigenze di equa e giusta riparazione provenienti dalle stesse; sarebbe, quindi, necessario provvedere, al più presto, ad una completa rivisitazione della disciplina vigente;

    è di recente istituzione il «reddito di libertà» per le donne vittime di violenza; tuttavia, occorre fare di più per una piena emancipazione e indipendenza economica che consenta di poter denunciare senza paura i soprusi subiti;

    i dati ufficiali illustrati non tengono ovviamente conto del sommerso, vale a dire di tutte le vittime di violenza che decidono di non chiedere aiuto né denunciare;

    i dati inerenti ai casi di violenza, relativamente al periodo del lockdown conseguente alle misure anti COVID-19, evidenziano che la convivenza e il confinamento forzati hanno acutizzato situazioni di violenza preesistenti all'interno della famiglia;

    persiste una maggiore difficoltà per il raggiungimento dell'autonomia da parte delle donne vittime di violenza, che hanno intrapreso un percorso presso una casa rifugio nei centri antiviolenza, nel trovare una soluzione abitativa decorosa e capace di soddisfare le esigenze proprie ma, soprattutto, nella maggior parte dei casi, dei figli minori;

    le novità introdotte nella materia costituiscono passi importanti, ma ad essi dovrebbe necessariamente far seguito anche la creazione di una rete capillare di servizi che diminuisca il costo economico e psicologico dell'uscita della donna dal luogo in cui è vittima di violenze;

    il reinserimento nel mondo del lavoro per le vittime di violenza di genere risulta difficoltoso, compromettendo quel fattore determinante per l'emancipazione femminile che è l'indipendenza economica, elemento, quest'ultimo, decisivo anche per l'uscita definitiva dal terribile circolo delle violenze;

    quanto al tema della tutela dei minori è imprescindibile prestare una particolare attenzione al sistema degli allontanamenti di minori dalle proprie famiglie e della loro accoglienza in strutture esterne e/o familiari;

    una revisione della disciplina, invero, viene da più parti invocata, poiché necessaria e urgente, in particolare a seguito di alcune drammatiche vicende che hanno portato alla luce gravissime lacune del sistema di affidamento dei minori nel nostro Paese e che hanno scosso, in particolare negli ultimi anni, la coscienza collettiva;

    lo Stato deve farsi garante del benessere dei minori e deve contrastare comportamenti illeciti, soprattutto di funzionari pubblici o di persone da essi incaricate, che pregiudicano l'integrità psicofisica dei minori e delle loro famiglie;

    l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza ha pubblicato la seconda raccolta di dati sperimentale elaborata con le procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni, intitolata «La tutela dei minorenni in comunità»;

    nello studio si evidenzia che i numeri dell'accoglienza in comunità dei minori allontanati dalla propria famiglia di origine al 31 dicembre 2015 mostrano, complessivamente, una tendenza all'aumento rispetto a quanto rilevato nel 2014. In particolare, i minori presenti nelle strutture di tipo familiare sono 21.035, con un incremento del 9,3 per cento rispetto al 31 dicembre 2014;

    dal confronto tra il numero di minori presenti in comunità al 31 dicembre 2015 e il totale dei minorenni residenti in Italia al 1° gennaio 2016, pari a 10.008.033, si evince che i bambini e gli adolescenti accolti dalle strutture di tipo familiare rappresentano circa lo 0,2 per cento dell'intera popolazione infradiciottenne;

    si evidenzia, inoltre, un incremento del 5 per cento del numero di strutture per minori attive nel territorio nazionale che, al 31 dicembre 2015, risulta pari a 3.352 unità, rispetto alle 3.192 registrate al termine dell'anno 2014, correlativamente a un aumento del 7,8 per cento della domanda di accoglienza connesso, come osservato, alla rilevata crescita del numero complessivo degli ospiti delle comunità al 31 dicembre 2015;

    per quanto concerne il numero medio di ospiti per struttura, su base regionale, si osserva che i valori più elevati si registrano, nell'ordine: a Bolzano, con 13,6 ospiti; in Umbria con 12,4 ospiti; nel Molise con 12,1 ospiti; nel Friuli Venezia Giulia con 11,8 ospiti; nelle Marche con 10,3 ospiti e in Sicilia con 10 ospiti per struttura. I territori dove, invece, il numero medio di ospiti per struttura risulta più contenuto corrispondono all'area del Piemonte e della Valle d'Aosta (3,7 ospiti) e alla provincia autonoma di Trento che, al pari del Veneto, segna un numero medio di 3,9 ospiti per struttura, seguiti dall'Emilia-Romagna con 4,6 ospiti;

    per quanto riguarda il profilo dell'età dei bambini e ragazzi accolti in comunità al 31 dicembre 2015 si nota la netta prevalenza della classe d'età più elevata (14-17 anni), che segna il 61,6 per cento del numero complessivo dei minorenni ospiti delle strutture e che risulta, peraltro, in crescita rispetto al 57,2 per cento registrato nella precedente rilevazione. Inoltre, è emerso che il 13,2 per cento dei minorenni collocati in comunità ha un'età inferiore a 6 anni, con una diminuzione rispetto al 15 per cento rilevato al 31 dicembre 2014. In diminuzione risulta anche l'incidenza relativa dei bambini di età compresa tra 6 e 10 anni (12,8 per cento, rispetto al 14,1 per cento del 2014) e dei ragazzi nella fascia di età 11-13 anni (12,4 per cento, rispetto al 13,8 per cento del 2014);

    l'inserimento dei minori nelle strutture di accoglienza avviene, nella maggioranza dei casi (57,8 per cento), a seguito di un provvedimento dell'autorità giudiziaria, segnando una netta prevalenza rispetto alla percentuale di collocamenti di cui è stata espressamente dichiarata la natura consensuale (13,7 per cento). Tuttavia, nel restante 28,5 per cento dei casi le comunità non hanno fornito alle procure della Repubblica alcuna precisa indicazione sulla tipologia di inserimento;

    dal confronto con il dato risultante dalla precedente raccolta di dati dell'Autorità emerge una sostanziale continuità, seppur con una lieve diminuzione, della percentuale dei casi di minori presenti in comunità da più di ventiquattro mesi, che passa dal 26,5 per cento, rilevato al 31 dicembre 2014, al 23 per cento, mentre il restante 77 per cento degli ospiti di minore età si trova in comunità, al 31 dicembre 2015, da meno di ventiquattro mesi;

    bisogna, infatti, tenere conto che la permanenza dei minori fuori della loro famiglia di origine in comunità non può superare i ventiquattro mesi, salve eventuali proroghe disposte dal tribunale per i minorenni nel caso in cui la sospensione del collocamento possa recare pregiudizio al minore;

    alla fine dell'estate 2018 sono emersi fatti di cronaca relativi a casi di presunto sfruttamento illecito del sistema degli affidamenti di minori, anche al fine di arricchimento personale, noto come «caso Bibbiano», dal nome del piccolo comune in provincia di Reggio Emilia in cui le vicende hanno avuto origine;

    il 27 giugno 2019, a seguito dell'operazione di polizia «Angeli e demoni», molte persone sono state sottoposte a misura cautelare in quanto accusate di aver costruito un illecito e redditizio sistema di gestione dei minori, attraverso il quale essi venivano sottratti illegittimamente alle famiglie di origine per poi essere collocati in affidamento, a pagamento, presso persone amiche o conoscenti, generando un giro di affari illecito di diverse centinaia di migliaia di euro;

    secondo l'accusa, il sistema si basava su false relazioni degli operatori e su disegni dei bambini artefatti per allontanare i minori dalle loro famiglie e collocarli in affidamento retribuito per poi sottoporli a un programma psicoterapeutico, con un giro di affari di centinaia di migliaia di euro;

    gli indagati sono accusati, a vario titolo, di frode processuale, depistaggio, abuso d'ufficio, maltrattamenti su minori, lesioni gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione e peculato d'uso;

    nel corso delle indagini sono state prese in esame accuse di vario genere in merito all'impiego di metodi suggestivi utilizzati sui minori per manipolare le testimonianze durante le sedute di psicoterapia: redazione di relazioni mendaci, disegni dei bambini artefatti attraverso la mirata aggiunta di connotazioni sessuali, terapeuti travestiti da personaggi cattivi delle fiabe messi in scena per rappresentare, di fronte ai minori, i genitori intenti a far loro del male, impiego di apparecchiature elettriche indicate come «macchinetta dei ricordi»; mentre i servizi sociali omettevano di consegnare ai bambini lettere e regali inviati dai genitori naturali, che i carabinieri hanno rinvenuto e sequestrato in un magazzino dove erano stati accatastati;

    tra gli affidatari dei minori c'erano persone con problemi psichici e genitori di figli suicidi, mentre vi sono stati due casi accertati di stupro presso le famiglie affidatarie e in comunità, dopo l'illegittimo allontanamento;

    tale sistema distorto ha avuto gravissime ripercussioni sui minori, così come incalcolabili sono stati i danni provocati alle famiglie, separate in maniera forzata e talvolta ingiusta dai propri figli, al precipuo scopo di ottenere vantaggi personali;

    a seguito di tale vicenda, il Ministero della giustizia ha istituito una squadra speciale di giustizia per la protezione dei bambini, con il compito di assicurare il raccordo fra i diversi soggetti coinvolti nei procedimenti di collocamento dei minori nelle comunità, la salvaguardia dei livelli omogenei di tutela degli stessi e di rispetto delle procedure. Nel novembre 2019, il Ministro della giustizia pro tempore ha illustrato i risultati della squadra speciale a seguito di un monitoraggio globale effettuato presso tutti gli uffici giudiziari che si occupano di minori, che ha registrato dati molto interessanti;

    dal gennaio 2018 al giugno 2019 sono stati collocati fuori della famiglia 12.338 minori (23 al giorno). Rapportando questo dato al totale della popolazione di minori in Italia, pari a circa 9 milioni di individui, si ottiene una percentuale di allontanamenti dello 0,13 per cento;

    nello stesso periodo 1.540 minori, tra quelli allontanati, hanno fatto rientro nelle famiglie di origine (12 per cento del totale), mentre del restante 88 per cento non è dato sapere con certezza la destinazione;

    i collocamenti sono stati disposti in sette casi su dieci dai tribunali per i minorenni (8.722) e in tre casi su dieci da tribunali civili, corti d'appello e altri uffici giudiziari;

    nello stesso periodo sono state disposte 5.173 ispezioni ordinarie delle comunità di accoglienza, che ammontano in Italia a circa 3.300 strutture;

    dal punto di vista normativo, è urgente l'esigenza di adeguare la tutela amministrativa e giurisdizionale dei diritti dei minori e, in generale, delle persone nell'ambito familiare ai dettami sovranazionali, segnatamente all'articolo 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, che, come interpretato costantemente dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e in sostanziale conformità al sistema di principi posto dagli articoli 30 e 31 della Costituzione, da un lato afferma l'intangibilità della vita privata e familiare in assenza di specifiche e comprovate esigenze di tutela di soggetti bisognosi della protezione pubblica e, da un altro, contempla l'obbligo cosiddetto «positivo» delle istituzioni degli Stati parti di apprestare i servizi assistenziali alla famiglia affinché questa possa essere sostenuta, anche in caso di disagio sociale o relazionale, mantenendo la propria unità e senza che abbia luogo la compressione autoritativa delle funzioni e dei legami che in essa si esplicano;

    da lungo tempo, infatti, sono frequenti le condanne della Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dell'Italia per l'inadempimento dei predetti obblighi positivi e per lo svolgimento di interventi autoritativi non preceduti dal necessario impegno nell'assistenza consensuale alla famiglia. In particolare, alcune condanne anche recentissime hanno riguardato addirittura vicende definite con dichiarazioni di adottabilità passate in giudicato e, dunque, almeno allo stato della normativa, sostanzialmente irreversibili, pure a fronte delle constatate ingiustizia, erroneità e illegittimità. Al contempo, da oltre un decennio il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa sollecita la previsione di efficienti meccanismi di adeguamento alle statuizioni della Corte europea dei diritti dell'uomo, anche mediante il superamento del principio di intangibilità del giudicato, almeno nelle ipotesi di violazioni particolarmente incisive dei diritti fondamentali incidenti sullo status personae e sullo status familiae, quali quelle riconosciute nell'ambito di procedimenti definiti con dichiarazione dello stato di adottabilità di minori;

    in un quadro siffatto si colloca l'inquietante dato che ha origine da una statistica elaborata dal Ministero della giustizia, confermato da studi di esperti e da inchieste giornalistiche: quasi 40.000 minori, nel 2011, erano collocati coattivamente in strutture comunitarie o comunque in ambito extra-familiare. Più volte operatori del diritto ed esperti nel campo della tutela minorile si sono espressi, pubblicamente e anche mediante studi editi, testimoniando la tendenza al progressivo incremento di questo numero;

    l'impressionante dato statistico viene confermato anche in base a studi statistici condotti da Governi esteri, che hanno sentito l'esigenza di tutelarsi, anche mediante richieste di chiarimenti alle istituzioni italiane, circa la frequenza degli allontanamenti coattivi di minori dalle loro famiglie, specificamente con riguardo a situazioni di fatto non caratterizzate dall'accertamento o anche dalla contestazione della violazione di doveri parentali, ma esclusivamente da condizioni di disagio economico-sociale;

    la necessità di comprendere i contenuti e le ragioni dello stato di fatto sintetizzato dai citati dati statistici, unita all'assenza di un'anagrafe ufficiale degli affidamenti extra-familiari di minori, ha determinato lo svolgimento, da parte della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, di un'approfondita e pluriennale indagine sugli interventi autoritativi in ambito minorile, con particolare riferimento all'allontanamento coattivo dei minori dalle loro famiglie;

    nel corso di detta indagine conoscitiva è emerso in modo chiaro che se, da un lato, occorre che sia garantita la tutela dei minorenni da pericoli di maltrattamento fisico e psicologico in ambito familiare, nondimeno nella stragrande maggioranza dei casi i provvedimenti di collocazione extra-familiare e di affidamento etero-familiare sono determinati da valutazioni di rischio condotte sulla base di indicatori presuntivi non riconosciuti sul piano scientifico e, ancora più frequentemente, da ragioni di disagio della famiglia non imputabili a specifici e accertati comportamenti pregiudizievoli dei genitori nei confronti dei figli. Addirittura, è stato osservato, persino da magistrati e da avvocati esperti nel settore minorile, oltre che da rappresentanti di associazioni impegnate nella tutela dell'infanzia, che in un grande numero di casi l'allontanamento coattivo del minore è determinato dalla situazione di indigenza economica della famiglia. Inoltre, un numero considerevole di provvedimenti di allontanamento è motivato in base a giudizi sulla personalità e sul carattere dei genitori o dei parenti dei minori interessati, anziché dall'accertamento di comportamenti pregiudizievoli; normalmente, tali giudizi sono espressi per iscritto in segnalazioni di operatori di pubblica sicurezza o di assistenti sociali e, in alcuni casi non infrequenti, persino in comunicazioni anonime pervenute alle procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni, mentre non costituiscono oggetto di ulteriore istruttoria nel contraddittorio processuale;

    numerosi operatori del diritto minorile, ascoltati nell'ambito della predetta indagine conoscitiva, hanno riferito concordemente e univocamente che, nella maggior parte dei casi, il provvedimento di collocazione del minore fuori dall'ambito familiare viene emesso, in via nominalmente provvisoria, non solo prima di ogni adempimento istruttorio, ma addirittura prima dell'audizione dei genitori del minore, i quali vengono sentiti solo dopo l'emissione del provvedimento e, molto spesso, a distanza di settimane o addirittura di mesi dalla sua esecuzione. Inoltre, in difformità dal dettato normativo e dall'avviso più volte ribadito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, i provvedimenti provvisori, anche se relativi alla collocazione extra-familiare di minori, risultano privi dell'indicazione, anche orientativa, della durata dell'intervento, di guisa che sovente restano efficaci per anni, ad onta della natura interinale e della previsione normativa del termine di ventiquattro mesi quale ordinaria durata massima della collocazione extra-familiare del minore, superabile soltanto in caso di acclarato pregiudizio derivante dalla riunificazione della compagine familiare;

    in molti casi, inoltre, i provvedimenti provvisori di allontanamento vengono reiterati per ragioni diverse rispetto a quelle originariamente considerate dal giudice e, segnatamente, in base a relazioni rese dai gestori delle strutture collocatarie o sulla base di notizie da loro fornite e non verificate nel contraddittorio delle parti. In tali situazioni si determina un evidente conflitto di interessi, quanto meno potenziale, nelle persone dei gestori delle strutture collocatarie, in ragione del metodo di finanziamento delle stesse;

    infine, è importante segnalare che nella XVIII legislatura la Commissione II (giustizia) della Camera dei deputati ha approvato (nella seduta del 12 luglio 2022) la proposta di adottare come testo base per il prosieguo dell'esame il testo unificato recante «Modifiche al codice civile e alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di affidamento dei minori» (C. 2102 Bazoli, C. 2264 Locatelli, C. 2897 Ascari, C. 2937 Giannone, C. 2796 Bellucci e C. 3148 Boldrini), il cui iter, conclusosi a causa della fine anticipata della legislatura, sarebbe più che mai necessario riprendere tempestivamente,

impegna il Governo:

1) a valutare di assumere iniziative in relazione all'ormai improcrastinabile necessità di superare il carattere di straordinarietà del Piano d'azione contro la violenza sessuale e di genere a favore di azioni non improntate all'eccezionalità, ma di carattere sistemico;

2) a prevedere iniziative concrete tese a garantire una rete omogenea su tutto il territorio nazionale dei centri antiviolenza e delle case rifugio, con stanziamento di adeguate risorse economiche, anche per garantire personale adeguatamente formato, assicurando l'aggiornamento costante della mappatura dei centri antiviolenza del Dipartimento per le pari opportunità e adottando, inoltre, le iniziative di competenza per garantire che la violenza contro le donne sia affrontata tramite un coordinamento efficace tra autorità nazionali, regionali e locali;

3) ad adottare iniziative per rendere omogenei, su tutto il territorio nazionale, norme e finanziamenti per le azioni di contrasto alla violenza contro le donne e per incrementare le risorse destinate al Fondo contro la violenza e le discriminazioni di genere, al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo «anti-tratta» e, in generale, a tutte le politiche per la promozione della parità di genere e per la prevenzione e il contrasto di ogni forma di violenza contro le donne;

4) ad adottare iniziative per garantire la promozione, da parte dei media, della soggettività femminile, nonché l'introduzione di efficaci meccanismi di monitoraggio e di intervento sanzionatorio su comportamenti mediatici e comunicativi di ogni tipo che esprimano sessismo e visione stereotipata dei ruoli tra uomo e donna;

5) ad adottare le iniziative di competenza per contrastare la violenza di genere sui social network, in particolare le forme di istigazione che prendono di mira l'aspetto fisico, l'appartenenza religiosa o razziale, anche attraverso l'istituzione di un osservatorio sul fenomeno;

6) a porre in essere le iniziative ritenute opportune affinché nella comunicazione istituzionale e nell'attività dell'amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere nel linguaggio attraverso l'adozione di formule e terminologie che prevedano la presenza di ambedue i generi attraverso le relative distinzioni morfologiche, ovvero evitando l'utilizzo di un unico genere nell'identificazione di funzioni e ruoli, nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne;

7) ad adottare iniziative per potenziare il raccordo fra scuola, servizi territoriali e consultori familiari e per adolescenti per intervenire più efficacemente quanto alle politiche educative sull'uguaglianza e sul rispetto delle differenze;

8) a dare attuazione, per quanto di competenza, alle risultanze e alle raccomandazioni contenute nelle relazioni e nei documenti dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere della XVIII legislatura, promuovendo iniziative normative, anche di carattere fiscale, e amministrative volte ad accompagnare o orientare le donne vittime di violenza nel percorso di recupero della libertà e dell'integrità fisica, morale ed economica;

9) a promuovere, nelle scuole di ogni ordine e grado, l'educazione alla parità tra i sessi, nonché la prevenzione della violenza di genere, attraverso il potenziamento di specifici percorsi di formazione del personale docente nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa, promuovendo altresì l'introduzione dell'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione e nei corsi di studio universitari;

10) ad adottare iniziative per stanziare risorse adeguate da destinare alla formazione delle forze dell'ordine che si relazionano con le donne che hanno subito ogni tipo di violenza, nonché alla promozione di una cultura sociale e giudiziaria maggiormente orientata alla tutela della vittima, anche attraverso iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione nei luoghi di socialità, di svago, di cura e benessere delle donne, agevolando, altresì, l'emersione dei casi di violenza domestica;

11) ad adottare iniziative per potenziare il «reddito di libertà» per le donne vittime di violenza, al fine di sostenere le donne che vogliono fuoriuscire dal circolo vizioso della violenza domestica, in modo da ottenere un'indipendenza economica;

12) ad adottare iniziative per destinare una percentuale del Fondo unico giustizia, delle liquidità e dei capitali confiscati ai mafiosi e ai corrotti all'imprenditoria femminile, privilegiando, nell'assegnazione, le donne vittime di violenza, al fine di incentivare un percorso di reinserimento sociale, oltre che l'indipendenza economica;

13) al fine di contrastare la recidiva, ad adottare iniziative volte all'istituzione e al potenziamento dei centri di riabilitazione per gli uomini maltrattanti; in particolare, ad attivare programmi di trattamento nella fase di esecuzione della pena, predisponendo specifiche disposizioni di dettaglio ed indirizzi operativi rispetto a quanto previsto dall'articolo 6 della legge n. 69 del 2019, oltre a garantire, su tutto il territorio nazionale, un adeguato numero di strutture preposte a fornire percorsi di recupero;

14) ad adottare iniziative normative per introdurre – in caso di condanna per «femminicidio» – quale pena accessoria, l'«indegnità» del reo a succedere, nonché prevedere modifiche volte ad escludere dall'applicabilità dell'istituto introdotto all'articolo 162-ter del codice penale, relativo all'estinzione del reato per condotte riparatorie, tutti i reati che implichino violenza nei confronti delle donne, inasprendo, altresì, le pene per il reato di violenza sessuale, con l'introduzione di nuove aggravanti e aumenti di pena in riferimento alle condotte operate nei riguardi dei soggetti più vulnerabili;

15) ad assumere iniziative normative tese a prevedere percorsi specifici in carcere per gli autori di reati di violenza sessuale sulle donne e di sfruttamento della prostituzione, inclusi interventi finalizzati a rendere obbligatoria in caso di condanna per reati contro le donne la destinazione di una percentuale del reddito generato da lavoro del reo in favore delle vittime o familiari delle stesse, quale risarcimento;

16) ad adottare le iniziative di competenza per garantire, su tutto il territorio nazionale, che le vittime dello sfruttamento della prostituzione possano essere inserite in percorsi sociali efficaci per rompere definitivamente il legame con gli sfruttatori;

17) ad adottare iniziative normative per la revisione dell'articolo 165 del codice penale in tema di presupposti per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e dei criteri per il percorso degli uomini maltrattanti, in particolare prevedendo che il suddetto beneficio sia concesso esclusivamente all'esito positivo del percorso di recupero medesimo;

18) tramite il Ministero della giustizia, nella predisposizione delle linee programmatiche di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, a promuovere lo svolgimento di attività formative finalizzate allo sviluppo e all'aggiornamento di conoscenze e competenze in materia di violenza domestica e di genere, nonché in materia di ascolto e di trattamento di minori in occasione di procedimenti giudiziari;

19) ad adottare iniziative per migliorare la circolazione di informazioni tra tribunale civile e penale, onde evitare situazioni paradossali di affidamento congiunto in caso di violenza intra-familiare;

20) ad adottare iniziative per introdurre strumenti per potenziare la protezione delle vittime di violenza in occasione della concessione della misura cautelare, quali il divieto di avvicinamento o l'ordine di allontanamento;

21) ad adottare iniziative normative per modificare il sistema attualmente vigente nel processo penale, al fine di consentire l'ingresso nel procedimento al difensore della vittima nei termini più ampi possibili rispetto all'attuale disciplina;

22) ad adottare iniziative per istituire una banca dati nazionale che raccolga in modo uniforme le denunce di violenza di genere tramite la modifica all'articolo 110 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale in materia di obblighi di comunicazione dei dati iscritti nel registro delle notizie di reato, prevedendo che la segreteria di ogni procura della Repubblica trasmetta tali informazioni, immediatamente dopo l'iscrizione nel registro, al centro elaborazione dati istituito presso il Ministero dell'interno dalla legge 1° aprile 1981, n. 121;

23) a promuovere la costituzione di un gruppo di lavoro interforze tra Polizia di Stato e Arma dei carabinieri per l'analisi, la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza di genere;

24) ad adottare iniziative per prevedere meccanismi più veloci per la distribuzione delle risorse economiche in favore dei centri antiviolenza e distribuire in modo uniforme i centri per gli uomini maltrattanti, prevedendo un organismo terzo che controlli il percorso e l'effettivo risultato dei maltrattanti in modo che questi ultimi possano prendere consapevolezza del crimine commesso e così ravvedersi;

25) ad adottare iniziative normative, al più presto, per una completa rivisitazione della disciplina di cui alla legge n. 122 del 2016 in materia di indennizzi in favore delle vittime dei reati violenti, nonché per la tutela delle vittime del reato di matrimonio forzato anche ai fini della disciplina in materia di immigrazione, e altresì per prevedere modalità per il cambio del cognome delle medesime vittime del reato di matrimonio forzato, di cui all'articolo 558-bis del codice penale;

26) a favorire, per quanto di competenza, l'iter di esame delle proposte di legge in Parlamento recanti misure inerenti al contrasto alla violenza di genere e alla tutela delle vittime, al fine di velocizzarne l'iter e l'approvazione definitiva;

27) ad adottare iniziative normative per la revisione dell'articolo 384 del codice di procedura penale al fine di introdurre il nuovo strumento operativo a disposizione del pubblico ministero del fermo di indiziato dei delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti persecutoria, utilizzabile anche al di fuori dei casi di flagranza, con decreto motivato, quando sussistono fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate, ponendo in grave e attuale pericolo la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa;

28) ad adottare iniziative normative per la revisione dell'articolo 342-bis del codice civile, ampliando l'ambito soggettivo di applicazione dello strumento dell'ordine di protezione contro gli abusi familiari, estendendolo anche al coniuge legalmente separato o che è parte di un'unione civile nonché ad altro convivente o persona alla quale la persona offesa è legata o è stata legata da relazione affettiva;

29) ad adottare iniziative normative per la revisione della legge 7 luglio 2016, n. 122, in particolare volte ad introdurre una provvisionale a titolo di ristoro «anticipato» in favore della vittima o, in caso di morte, degli aventi diritto che, in conseguenza dei delitti di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima e deformazione dell'aspetto mediante lesioni permanenti al viso, commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, vengano a trovarsi in stato di bisogno;

30) a favorire, per quanto di competenza, l'avvio dell'esame delle proposte di legge in Parlamento recanti misure inerenti a modifiche al codice civile e alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di affidamento dei minori, portando così a termine il relativo iter iniziato nella XVIII legislatura;

31) ad adottare iniziative volte all'istituzione di un'anagrafe nazionale per il monitoraggio delle procedure di allontanamento di minori dalla propria famiglia e della loro accoglienza in strutture esterne e/o familiari;

32) ad adottare iniziative normative per la revisione del codice civile e della legge 8 febbraio 2006, n. 54, al fine di tutelare l'esercizio del diritto del minore alla bigenitorialità, anche in un'accezione negativa, in particolare nei contesti familiari in cui vi sia la presenza di un genitore violento o non ritenuto degno di rivestire tale ruolo;
(1-00004) «Ascari, Amato, Aiello, Orrico, Pavanelli, Giuliano, Iaria, Ilaria Fontana, Torto, Morfino, Quartini, Dell'Olio, Caso, Penza, Carotenuto, Di Lauro, D'Orso, Sportiello, Cafiero De Raho, Sergio Costa».


   La Camera,

   premesso che:

    il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999;

    dal punto delle fonti sovranazionali, il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, ha riaffermato il principio di uguaglianza tra donne e uomini (già enunciato agli articoli 2, 3 e 13 del previgente Trattato istitutivo della Comunità europea – TCE), inserendolo tra i valori (articolo 2 Trattato sull'Unione europea – TUE) è tra gli obiettivi dell'Unione (articolo 3, paragrafo 3, TUE); la dichiarazione n. 19 annessa ai Trattati ha affermato che l'Unione mirerà a lottare contro tutte le forme di violenza domestica, impegnando gli Stati membri ad adottare tutte le misure necessarie per prevenire e punire tali atti criminali e per sostenere e proteggere le vittime;

    l'eradicazione di tutte le forme di violenza fondate sul genere costituisce una priorità della Strategia 2010-2015 per la promozione della parità fra uomini e donne nell'Unione europea, nonché del Programma di Stoccolma per lo Spazio di libertà sicurezza e giustizia, 2010-2014;

    in tale contesto un riferimento fondamentale continua a essere rappresentato dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (cosiddetta Convenzione di Istanbul del 2011), primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza; la Convenzione, oltre a intervenire specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, quale fenomeno non concernente solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini e anziani, ai quali altrettanto si applicano le medesime norme di tutela, specifica i seguenti obiettivi: proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; contribuire a eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, ivi compreso rafforzando l'autonomia e l'autodeterminazione delle donne; predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica; promuovere la cooperazione internazionale al fine di eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; sostenere e assistere le organizzazioni e autorità incaricate dell'applicazione della legge in modo che possano collaborare efficacemente, al fine di adottare un approccio integrato per l'eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica;

    in precedenza, sempre a livello sovranazionale, il tema aveva ricevuto un significativo impulso dalla Dichiarazione di Pechino e dalla relativa Piattaforma d'azione nel 1995, in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (Cedaw, 1979) e, successivamente, con il suo Protocollo opzionale (1999) e la Raccomandazione generale n. 19 del Cedaw sulla violenza contro le donne, aggiornata poi dalla Raccomandazione generale n. 35 del 26 luglio 2017. Tale Raccomandazione forniva un più esatto inquadramento degli obblighi a carico degli Stati membri e degli ambiti di intervento per il contrasto al fenomeno della violenza contro le donne, tramite il divieto di violenza di genere come norma consuetudinaria del diritto internazionale e la conseguente necessità di cambiare le norme sociali che favoriscono tale forma di violenza; la Raccomandazione, inoltre, ampliava la definizione di violenza di genere, includendovi quelle forme che riguardano il diritto alla salute riproduttiva, nonché quelle che si verificano on line e negli altri ambienti digitali creati dalle nuove tecnologie;

    più recentemente, nella risoluzione Onu del 25 settembre 2015 per l'adozione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, si stabiliscono traguardi internazionali coerenti nella cornice dell'obiettivo 5 «Raggiungere l'uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze»;

    in questo contesto normativo, nel giugno 2019 è stata approvata dall'Organizzazione internazionale del lavoro, la Convenzione 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro; questa ha sancito l'obbligo di adottare misure normative coerenti con la constatazione «che la violenza e le molestie nel mondo del lavoro possono costituire un abuso o una violazione dei diritti umani e che la violenza e le molestie rappresentano una minaccia alle pari opportunità e che sono inaccettabili e incompatibili con il lavoro dignitoso»; a fronte di tali problematiche, la Convenzione ha, altresì, proposto l'adozione un approccio inclusivo, integrato e in una prospettiva di genere, che intervenga sulle cause all'origine e sui fattori di rischio, ivi compresi stereotipi di genere, forme di discriminazione multiple e interconnesse e squilibri nei rapporti di potere dovuti al genere;

    il complesso panorama di norme sovranazionali ha imposto l'obbligo per gli Stati parte di rispettare, tutelare e garantire i diritti umani in essi sanciti; questo triplice obbligo impone allo Stato – o ai suoi organi – di astenersi da qualsiasi comportamento lesivo dei diritti umani, di proteggere i suoi cittadini da violazioni di tali diritti da parte di terzi e di garantirne la realizzazione mediante misure attive. Lo Stato è tenuto a proteggere i privati da lesioni e soprusi commessi da altri privati: al riguardo, la violenza domestica è pacificamente considerata una violazione dei diritti umani da parte di un privato;

    in adempimento agli obblighi internazionali, già a partire dall'introduzione del reato di stalking nel 2009, l'Italia ha adottato numerosi provvedimenti atti a prevenire e tutelare il fenomeno della violenza domestica;

    con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza. La Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica sia nella sfera privata;

    a pochi mesi di distanza, il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, recante misure contro la violenza di genere, ha per la prima volta definito con chiarezza la centralità e la peculiarità della violenza compiuta entro le mura domestiche da chi ha vincoli familiari o affettivi con la persona colpita; ha, inoltre, introdotto profonde modifiche processuali a tutela della vittima, con l'obiettivo, da un lato, di rafforzare gli strumenti repressivi, secondo un disegno che tenga conto delle caratteristiche delle violenze di genere, e dall'altro con l'intenzione di implementare gli strumenti volti a tutelare la vittima stessa. Ha, poi, introdotto misure di sostegno per le donne e i minori coinvolti nella fase processuale: modalità protette per le testimonianze, gratuito patrocinio, dovere del giudice di comunicare rispetto alle modifiche delle misure cautelari, processi più rapidi e l'estensione del permesso di soggiorno alle donne straniere vittime di violenza domestica slegato dal permesso del marito;

    inoltre, la legge de qua ha previsto che il Ministro delegato per le pari opportunità «anche avvalendosi del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità (...) elabora, con il contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza, e adotta (...) un “Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere” (...) con l'obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale»;

    in attuazione dell'obbligo, il 17 novembre 2021 è stato adottato il nuovo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023; il nuovo Piano ha fatto proprie molte delle istanze avanzate dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, nella «Relazione sulla governance dei servizi antiviolenza e sul finanziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio», approvata il 14 luglio 2020, che segnalava come prioritario e urgente «1) implementare le risorse per l'intero sistema di prevenzione e contrasto alla violenza, semplificare e velocizzare il percorso dei finanziamenti, verificarne l'effettiva erogazione ai centri antiviolenza e alle case rifugio attraverso un sistema di monitoraggio più efficace e potenziare la governance centrale del sistema»;

    la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio per il 2022), in particolare il comma 149 dell'articolo 1, ha reso strutturale l'adozione, da parte del Governo, di un Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica e ha delineato un sistema di governance composto da una cabina di regia interistituzionale e da un osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica;

    precedentemente, un ulteriore passaggio da evidenziare è rappresentato dall'approvazione della legge 11 gennaio 2018, n. 4, recante «Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici», che ha modificato alcune norme del codice civile, di quello penale e di procedura penale, introducendo nuove tutele per gli orfani di crimini domestici, intesi come figli minori o maggiorenni economicamente non autosufficienti, i quali siano divenuti orfani di un genitore a seguito di omicidio posto in essere in danno dello stesso genitore dal coniuge, anche separato o divorziato, dall'altra parte dell'unione civile, pure se l'unione civile è cessata, ovvero dalla persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza;

    altro fondamentale intervento del legislatore nazionale è rappresentato poi dalla legge n. 69 del 19 luglio 2019 (recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere»), denominata «codice rosso»; la legge contiene disposizioni di diritto penale sostanziale, così come ulteriori disposizioni di carattere processuale; fra le novità in ambito procedurale, è l'introduzione del «doppio binario» per i reati considerati indice di violenza domestica, in relazione ai quali è stata prevista un'accelerazione per l'avvio del procedimento penale, con l'effetto della più celere eventuale adozione di provvedimenti di protezione delle vittime; inoltre, è stata modificata la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, nella finalità di consentire al giudice di garantirne il rispetto anche per il tramite di procedure di controllo attraverso mezzi elettronici o ulteriori strumenti tecnici, come il braccialetto elettronico. Nello specifico, il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi viene ricompreso tra quelli che permettono l'applicazione di misure di prevenzione; la legge ha, quindi, introdotto quattro nuove fattispecie di reato: il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (sexting e revenge porn); il reato di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso; il reato di costrizione o induzione al matrimonio; il reato di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa;

    nonostante la copiosa legislazione, come si evince dai dati, la violenza contro le donne in Italia è un fenomeno strutturale e diffuso e rappresenta uno dei maggiori ostacoli al conseguimento dell'uguaglianza di genere;

    i perduranti e sistemici episodi di violenza sulle donne impediscono di potersi considerare raggiunta la piena emancipazione femminile e derivano da una secolare tradizione di rapporti di forza disuguali fra uomini e donne, basata su concezioni patriarcali e su ruoli sociali stereotipati che, nel ventunesimo secolo, dovrebbero potersi considerare ormai più che superati;

    la violenza degli uomini sulle donne, alla cui base sono radicati misoginia, discriminazione e un insostenibile divario di genere in termini sociali, lavorativi, salariali, culturali, rappresenta una tra le più gravi e profonde violazioni dei diritti umani a livello globale; questa particolare giornata fornisce un'occasione ai Governi, alle istituzioni nazionali, alle organizzazioni internazionali e alle organizzazioni non governative sia per organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica, sia per individuare sempre migliori strategie finalizzate allo sradicamento di quella che è una vera e propria «emergenza strutturale»;

    anche il fenomeno della prostituzione rappresenta una tipologia di violenza ed è una problematica sempre più consistente. Tale considerazione deriva anche dal fatto che i dati che si trovano su tale fenomeno vengono raccolti con estrema difficoltà, poiché si tratta di un fenomeno sommerso, di cui è possibile effettuare mere stime, e per il quale è possibile fare riferimento solamente al numero di ragazze effettivamente entrate nei percorsi di protezione sociale: rimangono fuori tutte coloro che non hanno avuto la possibilità di emergere in quanto vittime di tratta o che non sono state correttamente identificate come tali;

    la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere evidenzia come il legislatore «in costante raccordo con tutte le istituzioni e gli ordini professionali coinvolti, ha il dovere di rafforzare e mettere a sistema i modelli positivi emersi, come pure di implementare le misure normative vigenti al fine di garantire a tutti i soggetti coinvolti l'accesso agli strumenti processuali e la formazione necessaria per una corretta lettura e un efficace e tempestivo contrasto della violenza di genere e domestica»;

    la cronaca quotidiana in Italia e nel mondo dimostra che non si può affrontare e sconfiggere la crescente ferocia degli uomini nei confronti di donne e bambine, in qualunque forma essa si manifesti, dalla violenza fisica a quella psicologica, dalla violenza domestica a quella economica, dall'odio in rete al revenge porn, dalla tratta allo sfruttamento, dallo stalking alle molestie e allo stupro, fino all'apice del femminicidio, senza correlarla al tema dell'uguaglianza di genere, della parità e delle pari opportunità, obiettivi ancora mancati;

    molte sono le misure approvate volte a promuovere con decisioni politiche la parità di genere, a incrementare l'occupazione femminile, a sostenere l'indipendenza economica, l'autonomia e l'emancipazione delle donne;

    per quanto riguarda la dotazione di strumenti «repressivi», di particolare rilievo appare l'introduzione di un'aggravante per gravi delitti violenti da applicare in caso di «violenza assistita», cioè avvenuta in presenza di minori, con particolare riferimento al regime della querela di parte: la querela è diventata irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate e aggravate. In tutti gli altri casi, comunque, una volta presentata la querela, la remissione potrà avvenire soltanto in sede processuale, ma il delitto resta perseguibile d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio, con la possibilità di disporre intercettazioni quando si indaga per atti persecutori, di cui all'articolo 612-bis del codice penale;

    la legge n. 69 del 2019, il cosiddetto codice rosso, rispondendo alla ratio di porre un efficace e immediato argine alla violenza contro le donne, ha predisposto strumenti per consentire allo Stato di intervenire con tempestività al fine di stroncare sul nascere l'azione criminosa, evitando che la stessa, se non interrotta, produca conseguenze drammatiche;

    il cardine dell'intervento normativo è l'ascolto della persona offesa entro tre giorni dalla presentazione della denuncia. L'audizione della vittima, svolta senza ritardo dall'autorità giudiziaria, ha lo scopo di evitare stasi procedimentali che causerebbero ritardi nell'adozione di provvedimenti a loro tutela;

    in data 24 novembre 2020, il Ministero della giustizia ha pubblicato un primo bilancio («Il rapporto: un anno di “codice rosso”») della legge n. 69 del 2019, ad un anno dalla sua entrata in vigore, al fine di fornire un primo dato di conoscenza relativo all'applicazione della disciplina sia con riferimento ai nuovi reati introdotti, sia con riguardo ai corrispondenti elementi processuali di rilievo in termini di denunce, pendenze e condanne, anche per procedere ad ogni eventuale iniziativa di perfezionamento o intervento;

    se la creazione di una corsia preferenziale per i reati spia di violenza di genere appare giusta, deve rilevarsi che ciò che non è giusto per le donne è la lentezza del procedimento, momento nel quale la donna diviene maggiormente esposta a violenze e ritorsioni. È, pertanto, necessario intervenire per evitare i processi di vittimizzazione secondaria, riducendo la drammatica persistenza di pregiudizi culturali o stereotipi sessisti nelle aule dei tribunali, nella rappresentazione dei media e nel più ampio contesto sociale, che conduce a vittimizzazione, nuovamente, le donne che hanno già subito violenza, esponendole a un ulteriore trauma e ostacolando la giustizia;

    è di primaria importanza istituire un pool di magistrati specializzati per garantire una risposta professionale adeguata alle specificità proprie delle indagini nella delicatissima materia della violenza sulle donne, con l'obiettivo di avere una maggiore uniformità delle capacità di reazione delle denunce; non può non segnalarsi che gli interventi legislativi degli ultimi anni abbiano condotto ad un aumento delle denunce da parte di donne che, anche grazie alle associazioni e ai gruppi di ascolto, vengono accolte e accompagnate nel processo di presa di coscienza che la violenza non è una condizione fisiologica e ordinaria, bensì un male da estirpare;

    ciò nonostante, la denuncia costituisce solo un passo embrionale e di per sé non è risolutiva della problematica; invero, se l'aumento del numero di segnalazioni deve essere interpretato positivamente, ciò non esclude il dovere irrinunciabile delle istituzioni di garantire una protezione costante, effettiva ed efficace alle donne nei confronti di chi le maltratta, offende, violenta e tormenta, soprattutto nella fase successiva alla denuncia;

    invero, per intervenire in via preventiva ed evitare epiloghi drammatici, è necessario prevedere misure cautelative efficaci che, alle prime avvisaglie e segnalazioni di violenza, proteggano concretamente la donna e il suo nucleo familiare, oltre a pene certe e concretamente deterrenti, posto che la polifunzionalità della pena implica che le stesse debbano avere anche un ruolo deterrente, ossia una funzione intimidatrice nei confronti del profitto criminoso;

    pertanto, è evidente che a mancare non sia tanto l'attenzione delle istituzioni al tema o le tutele legali sul piano strettamente formale, data la presenza di molteplici fonti nazionali e sovranazionali che, nei diversi ambiti di intervento, dispongono l'uguaglianza di genere, quanto piuttosto tutele operative, concrete e sostanziali, adottate sinergicamente in base ad un piano che operi sistematicamente e a più livelli, partendo dal territorio;

    una funzione importante, nell'attuazione delle politiche di contrasto alla violenza contro le donne, dovrà essere svolto dagli enti locali e risulta pertanto importante valorizzarne il ruolo;

    la violenza di genere costituisce, da alcuni anni, oggetto di misurazione statistica anche in Italia, L'Istat ha infatti elaborato due indagini, una nel 2006 e una nel 2014. In base ai dati dell'ultima indagine sulla sicurezza delle donne (2014), nel corso della propria vita poco meno di 7 milioni di donne tra i 16 e i 70 anni (sei milioni e 788.000), quasi una su tre (31,5 per cento), riferiscono di aver subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale, dalle forme meno gravi (come la molestia) a quelle più gravi, come il tentativo di strangolamento o lo stupro. Gli autori delle violenze più gravi (violenza fisica o sessuale) sono prevalentemente i partner attuali o gli ex partner: due milioni e 800.000 donne ne sono state vittime. Il 10,6 per cento delle donne dichiara di aver subito una qualche forma di violenza sessuale prima dei 16 anni. Più di una donna su tre, tra le vittime della violenza del partner, ha riportato ferite, lividi, contusioni o altre lesioni (37,6 per cento). Circa il 20 per cento è stata ricoverata in ospedale a seguito delle ferite riportate. Più di un quinto di coloro che sono state ricoverate ha riportato danni permanenti;

    nondimeno, la fruibilità di dati attendibili sui fenomeni di violenza di genere ha rappresentato un grave vulnus nel sistema normativo di tutela delle donne, restituendo una condizione sovente sottostimata. In tal senso la legge 5 maggio 2022, n. 53, è intervenuta a disciplinare la raccolta di dati e informazioni sulla violenza di genere esercitata contro le donne, al fine di monitorare il fenomeno ed elaborare politiche che consentano di prevenirlo e contrastarlo. A tal fine la legge: introduce l'obbligo per gli uffici, gli enti, gli organismi e i soggetti pubblici e privati che partecipano all'informazione statistica ufficiale di fornire i dati e le notizie per le rilevazioni previste dal programma statistico nazionale, nonché di rilevare, elaborare e diffondere i dati relativi alle persone disaggregati per uomini e donne; introduce l'obbligo per tutte le strutture sanitarie pubbliche e, in particolare, per le unità operative di pronto soccorso di fornire i dati e le notizie relativi alla violenza contro le donne; istituisce un sistema integrato tra i Ministeri dell'interno e della giustizia per la rilevazione dei dati riguardanti la commissione di reati ascrivibili al fenomeno della violenza contro le donne, con particolare riguardo a quei dati che consentono di ricostruire la relazione esistente tra l'autore e la vittima del reato; prevede che alle rilevazioni concernenti specifici reati siano apportate le opportune modifiche affinché vengano registrati i dati riguardanti la relazione tra l'autore e la vittima del reato, la loro età e genere e le circostanze del reato, attraverso l'emanazione, entro dodici mesi dall'entrata in vigore delle legge, di due appositi decreti del Ministro della giustizia (tali decreti non sono ancora stati emanati); perfeziona, arricchendole di ulteriori dati informativi, le rilevazioni annuali condotte da Istat sulle prestazioni e sui servizi offerti rispettivamente dai centri antiviolenza e dalle case rifugio;

    la natura strutturale della violenza di genere impone una rapida concreta operatività dei sistemi di rilevamento dei dati introdotti dalla citata legge n. 53 del 2022;

    un altro aspetto della violenza di genere è costituito dalle molestie e dai ricatti sessuali in ambito lavorativo. Con il decreto legislativo n. 80 del 2015 è stata prevista in favore delle vittime di violenza di genere, oltre a un indennizzo, la concessione di un congedo retribuito di tre mesi, valido sia per le lavoratrici dipendenti che per le titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;

    la complessità del fenomeno richiede una strategia integrata che si basi su un approccio multidimensionale, sistemico e interistituzionale. Un'azione globale, che deve fondarsi su di una solida conoscenza delle problematiche e su un'approfondita analisi dei dati disponibili;

    la pandemia da COVID-19, le conseguenti misure di contenimento, in uno con la crisi economica senza precedenti che ha investito e continua ad investire il nostro Paese, hanno ulteriormente evidenziato il tema della violenza contro le donne, enfatizzando le lacune tuttora esistenti per un'efficace tutela;

    non tutti i femminicidi sono prevedibili: molti si verificano non dove ci sono episodi di violenza fisica precedenti, ma dove c'è stata violenza psicologica. In questi casi è difficile prevenire con una migliore applicazione della legge e per questo si rende sempre più stringente l'esigenza di intervenire culturalmente con una sensibilizzazione a partire dalle nuove generazioni nelle scuole: una simile rivoluzione culturale passa per le parole, per il non ridere alle battute sessiste;

    il sistema educativo assume significato nei diversi livelli e con modalità differenti nella lotta alla violenza sulle donne e alla violenza domestica; la scuola è un osservatorio privilegiato sulla vita delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi, in cui figure di prossimità di grande importanza, come gli insegnanti, possono favorire l'emersione della violenza subita e assistita, riconoscendo i segnali di disagio e attivando segnalazioni e percorsi di sostegno e di aiuto. I dati forniti dall'Istat con la ricerca sulla violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia mostrano che il 10 per cento delle donne vittime di violenze sessuali le ha subite prima dei 16 anni, quindi nella fascia d'età dell'obbligo scolastico; nel caso poi dei figli delle donne vittime di violenza, il 65 per cento ha assistito agli abusi subiti dalla madre e la violenza assistita si configura a tutti gli effetti come una violenza, con conseguenze anche molto gravi sullo sviluppo psicofisico del minore;

    la scuola, senza sostituirsi alla famiglia, è chiamata a proporre e ad avviare le studentesse e gli studenti, in modo adeguato all'età, a una riflessione sulla qualità dei rapporti tra uomo e donna e deve impegnarsi nel realizzare una reale inclusione per valorizzare le singole individualità e coadiuvare le famiglie nell'educare le nuove generazioni al valore positivo della cultura del rispetto. La nascita di una dialettica tra identità e diversità consente la più compiuta affermazione dell'individuo;

    l'esperienza della scuola segna tutto il periodo di crescita e di formazione dei minori: si parte dalla fase educativa dei nidi e delle scuole dell'infanzia, per poi passare a quella delle scuole di ogni ordine e grado in cui ogni bambina e ogni bambino è accompagnato, anno dopo anno, nel lungo percorso di formazione della personalità, di cambiamento del corpo, di crescita intellettuale; in tale contesto la scuola si affianca ed è a sua volta affiancata dalle famiglie, un contesto articolato, quindi, nel quale la figura dello psicologo scolastico deve essere visto come una figura di collegamento tra tutti i soggetti che entrano in relazione tra loro, scuola e famiglia, scuola e servizi socio-sanitari, docenti e alunni, che sia in grado di riconoscere un disagio o potenziali patologie, che funga da supporto ad un sano sviluppo di interessi e stili cognitivi;

    lo psicologo scolastico deve diventare un punto di riferimento stabile e costante per l'adolescente, non soltanto nei momenti di difficoltà, ma nel quotidiano confronto con le più varie forme di disagio e nel confronto con modelli sociali sempre più spesso distorsivi;

    sarebbe, altresì, opportuno che le istituzioni scolastiche, anche promuovendo l'adozione di una strategia condivisa in collaborazione con le famiglie, le amministrazioni locali, i servizi socio-sanitari, gli altri soggetti del sistema di educazione e di formazione, inserissero la prospettiva all'educazione al rispetto nel piano di percorsi e di servizi che accompagnano l'uomo e la donna nelle diverse situazioni della vita e nello sviluppo del proprio progetto personale, educativo e professionale;

    nella medesima direzione sono state presentate varie proposte di legge volte a introdurre l'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, nonché nei corsi di studio universitari;

    occorre prestare attenzione a tutti gli ambiti nei quali si sviluppa la socialità, tra i quali riveste particolare importanza anche lo sport, fondamentale veicolo di inclusione sociale, portatore di valori elevati, quali il rispetto, la collaborazione, l'integrazione, la gestione delle emozioni, la disciplina, la costanza, l'impegno, l'etica, la cura di sé, la capacità di rialzarsi dopo una sconfitta;

    risulta, quindi, essenziale continuare a lavorare per il superamento delle discriminazioni e il rafforzamento dei grandi valori che lo sport rappresenta, anche attraverso l'introduzione di misure di sostegno al ruolo dello stesso quale veicolo di inclusione sociale e di superamento di ogni forma di discriminazione;

    il problema, come riportato nella relazione finale della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, è di entità tale da richiedere interventi che, in termini di costi e rispetto dei vincoli di bilancio pubblico, sono meno onerosi delle conseguenze derivanti dagli atti di violenza;

    in un'ottica di prevenzione dei fatti di violenza contro le donne, al fine di fornire a queste ultime strumenti psicologici e caratteriali, ma anche forza fisica, che consentano di respingere eventuali atti di violenza, anche verbale, è molto utile la pratica di sport di autodifesa che dovrebbe essere offerta in forma gratuita, anche in collegamento con i centri antiviolenza, le cui risorse finanziarie dovrebbero essere implementate;

    al pari dei sopra citati ambiti di intervento, nell'impegno contro la violenza sulle donne, riveste un ruolo di primo piano l'investimento sul lavoro e sulla valorizzazione dell'esperienza femminile: il sostegno all'indipendenza economica, quindi, come leva per contrastare la violenza di genere e tutelare le vittime di questa, ormai, endemica piaga sociale;

    sebbene nel confronto internazionale la posizione del nostro Paese sia per alcuni aspetti migliorata nell'ultimo decennio, l'Italia rimane tra i Paesi dell'Unione europea con il più ampio gender gap occupazionale. Nel 2019 il tasso di occupazione nella fascia di età (20-64) è pari al 54 per cento per le donne rispetto al 73 per cento per gli uomini. Tenendo conto del numero di ore lavorate, il tasso di occupazione delle donne è pari al 31 per cento rispetto al 51 per cento degli uomini (dati 2018). Il 33 per cento delle donne lavora a tempo parziale, rispetto all'8 per cento degli uomini (2019), Le donne occupate lavorano in media meno ore, guadagnano meno, accumulano minore anzianità;

    una bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro limita anche la crescita economica di una nazione. Ridurre tale divario aiuta a diminuire i costi economici e sociali del Paese ed è un fattore rilevante per la crescita del prodotto interno lordo, con un impatto positivo che, secondo la Banca d'Italia, arriva fino a 7 punti percentuali e che crea un sistema di trasparenza e garanzia per le lavoratrici con un sistema di certificazione che premia le aziende virtuose. Senza sfruttamento nel mercato del lavoro e contribuendo al benessere delle donne e della stessa comunità;

    la sfida del raggiungimento della parità di genere, fondamentale per contrastare la sottocultura della violenza degli uomini contro le donne, passa per l'eliminazione di barriere e ostacoli, quali, ad esempio, la situazione di inferiorità economica in cui si trovano endemicamente le donne nel nostro Paese e che vede le lavoratrici italiane guadagnare in media il 31,2 per cento in meno dei loro colleghi maschi. Proprio per affrontare il cosiddetto gender pay gap, cioè il divario di genere in termini di guadagno a parità di mansioni fra uomini e donne, il Parlamento il 27 ottobre 2021 ha licenziato una legge che introduce controlli, sanzioni e anche premialità, nonché tutela contrattuale e flessibilità di forme di lavoro e orari; sulla base del rapporto pubblicato nel luglio 2022 sul gender gap dal World economic forum, l'Italia si colloca ancora al 63° posto su 143 Paesi della classifica mondiale, occupando la stessa posizione del 2021, dopo Uganda (61a) e Zambia (62a). A livello di Europa l'Italia è 25a su 35 Paesi;

    il dato senza dubbio più negativo è quello relativo alla partecipazione economica e al lavoro, con l'Italia all'ultimo posto tra i Paesi dell'Unione europea. Ecco perché, alla luce di questi dati, c'è la conferma che il focus deve essere improntato al lavoro e allo sviluppo di politiche di miglioramento, ancor più dopo gli effetti negativi della pandemia;

    viene previsto l'ampliamento dell'ambito soggettivo di applicazione dell'obbligo di redazione del rapporto sulla situazione del personale, prevedendo che lo stesso sia redatto dalle aziende (pubbliche e private) che impiegano più di 50 dipendenti (anziché più di 100, come attualmente previsto), nonché la previsione, tra l'altro, di incentivi alle assunzioni, di agevolazioni fiscali, di strumenti per favorire la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, di un sistema di certificazione della parità di genere;

    per la prima volta l'Italia si è dotata di una Strategia nazionale per la parità di genere, che riprende i principi già definiti dalla Strategia europea per la parità di genere 2020/2025 e che si concentra sui temi del lavoro, del welfare, dell'educazione e della promozione della leadership femminile, con un substrato di approccio culturale, di linguaggio, di rimozione degli stereotipi che è condizione necessaria di qualsiasi politica attiva sulla parità di genere;

    il 26 agosto 2021 si è svolta a Santa Margherita Ligure, per la prima volta nell'ambito di un G20, la Conferenza sull'empowerment femminile, cui hanno partecipato i Ministri responsabili per le pari opportunità dei Paesi del G20, rappresentanti di organizzazioni internazionali, del mondo delle imprese, dell'accademia, con al centro stem, alfabetizzazione finanziaria e digitale, ambiente e sostenibilità da un lato, lavoro ed empowerment economico ed armonizzazione dei tempi di vita dall'altro;

    nel Piano nazionale di ripresa e resilienza sono previsti importanti specifici interventi, ma l'empowerment femminile e il contrasto alle discriminazioni di genere sono perseguiti quali obiettivi trasversali nell'ambito di tutte le componenti del Piano; la parità di genere è stata assunta come criterio di valutazione di tutti i progetti (gender mainstreaming) e tutto il Piano nazionale di ripresa e resilienza si caratterizza per una strategia integrata di riforme, istruzione e investimenti in infrastrutture sociali e servizi di supporto, per una piena parità di accesso, economica e sociale delle donne;

    sono molteplici le politiche di incentivazione all'imprenditoria femminile, di decontribuzione per incoraggiare l'assunzione di lavoratrici e di conciliazione tra lavoro e famiglia, messe in atto in favore dell'occupazione femminile, quali, a titolo esemplificativo, gli sgravi contributivi per chi assume donne o il Fondo a sostegno dell'imprenditoria femminile con una dotazione di 40 milioni di euro (20 per il 2021 e altrettanti per il 2022), ovvero il Fondo per l'assegno unico volto a riordinare e potenziare le misure di sostegno economico per i figli a carico e favorire la fruizione di servizi a sostegno della genitorialità;

    la violenza economica è una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare violenze in ambito familiare, soprattutto quando il partner detiene il potere economico, il controllo completo sulle finanze e sulle risorse familiari; fondamentale è, dunque, il sostegno economico alle vittime per aiutarle a conseguire l'indipendenza finanziaria dal partner violento. In tal senso gli strumenti di welfare e di sostegno ai percorsi di libertà e autonomia delle donne rivestono un ruolo estremamente importante;

    è in questa direzione che va l'istituzione del «reddito di libertà», un aiuto economico mensile per favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà;

    la misura rientra tra quelle emergenziali adottate in risposta alla crisi economica dovuta alla pandemia e incrementa di 3 milioni di euro, per l'anno 2020, il «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità», che è stato poi rifinanziato dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178, che destina risorse pari a 2 milioni di euro per il 2021 e 2 milioni di euro per il 2022. L'8 novembre 2022 l'Inps ha pubblicato sul suo sito la circolare relativa all'erogazione del reddito di libertà;

    certamente, si tratta di un'iniziativa importante, ma si può e si deve fare ancora di più: le drammatiche vicende di cronaca che si sentono, purtroppo, ormai ogni giorno reclamano interventi urgenti e incisivi. Occorre, oltre ad una maggiore sensibilizzazione al fenomeno, un cambiamento culturale che investa tutta la società per contrastare la cultura della violenza;

    in tale direzione va il micro-credito di libertà promosso dal precedente Governo in collaborazione con Abi e Federcasse, l'Ente nazionale per il microcredito (Enm e la Caritas);

    nel complesso, l'impegno e lo sforzo trasversale delle forze politiche hanno portato l'Italia ad avere un buon impianto normativo in tema di violenza maschile sulle donne. Da ultimo, nella XVIII legislatura, con le riforme del processo civile e del processo penale, che contengono norme attente ai problemi della violenza di genere, anche in attuazione della Convenzione di Istanbul;

    sul versante civile, con l'approvazione della «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», sono stati modificati anche i procedimenti relativi all'allontanamento dei minori dalla famiglia, alle controversie sull'esercizio della responsabilità genitoriale e all'affidamento familiare;

    con specifico riferimento alle donne vittime di violenza, si dà pieno riconoscimento alle disposizioni della Convenzione di Istanbul. La riforma introduce, infatti, una novità importante: il pieno riconoscimento della violenza contro le donne anche nel processo civile, in primis nelle cause di separazione e divorzio. Attraverso le misure previste si consentirà alla giustizia di difendere meglio donne e minori;

    sempre la riforma prevede che il consulente tecnico d'ufficio debba attenersi «ai protocolli e alle metodologie riconosciute dalla comunità scientifica». Inoltre, sempre nel medesimo disegno di legge, è prevista l'introduzione di specifici requisiti di competenza necessari per l'iscrizione dei professionisti in tale categoria. Interventi che mirano a rafforzare la base e la solidità scientifica delle perizie, quando vengono richieste dal giudice, sempre fatto salvo il suo obbligo di verificarne l'attendibilità;

    si ricorda che la sindrome da alienazione parentale non è riconosciuta dalla comunità scientifica e che la Corte di cassazione ha ribadito più volte che non si possono adottare provvedimenti giudiziari basati su soluzioni prive del necessario conforto scientifico. Ma, nonostante ciò, è sempre più utilizzata in sede giudiziale dalle consulenze tecniche d'ufficio quale causa per allontanare i minori principalmente dalle madri, definite alienanti, simbiotiche, malevole e manipolatrici per il solo fatto di aver denunciato le violenze e dato avvio alla separazione dal partner violento;

    la riforma prevede, inoltre, tra le altre cose, che i giudici dovranno ascoltare e rispettare la volontà espressa da bambini e ragazzi che rifiutano di vedere un genitore. Potranno avvalersi, se necessario, di professionisti specializzati, ma non potranno delegare ad altri i colloqui, che saranno videoregistrati. Sarà, dunque, il giudice ad accertare le cause del rifiuto, considerando eventuali episodi di violenza nella determinazione dell'affidamento dei figli. Si stabilisce, inoltre, che l'uso della forza pubblica per i prelievi in casa, in attuazione delle sentenze, avvenga solo come estrema ratio, cioè se è a rischio la vita del bambino/ragazzo;

    sul fronte penale, invece, il Parlamento ha approvato la legge 27 settembre 2021, n. 134, che delega il Governo ad operare, entro un anno, la riforma del processo penale. Tra le altre, rileva una disposizione immediatamente precettiva, una previsione che integra le norme a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere introdotte con legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso), estendendone la portata applicativa anche alle vittime dei suddetti reati in forma tentata e alle vittime di tentato omicidio;

    ciò nonostante, ancora oggi, le donne rischiano ancora di subire fenomeni di vittimizzazione secondaria derivanti dal contatto insoddisfacente con il sistema di giustizia penale, vivendo così un ulteriore trauma psico-emotivo. È, quindi, importante favorire, attraverso strumenti normativi, buone prassi e formazione mirata, integrata e permanente di tutti gli operatori coinvolti (anche sui contenuti della Convenzione di Istanbul) e, dunque, una cultura sociale e giudiziaria orientata alla tutela della vittima di genere. Un ulteriore elemento di vittimizzazione secondaria di cui occorre tenere conto è l'estrema durata del procedimento penale;

    il 29 ottobre 2021 si è concluso il processo di ratifica della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 del 2019 sulla violenza e le molestie nel mondo del lavoro, un'adesione che colloca l'Italia al nono posto nel mondo e al secondo in Europa tra i Paesi che hanno ratificato la Convenzione;

    i dati e la cronaca continuano a dire con evidenza che gli sforzi fin qui attuati a livello legislativo e istituzionale non sono ancora riusciti ad arginare e a ridurre questo fenomeno. Pur in presenza di un quadro normativo avanzato e di misure di protezione importanti, queste ultime spesso non vengono applicate o non vengono applicate in maniera abbastanza tempestiva. Serve, dunque, una maggiore capacità di valutazione del rischio e di lettura della pericolosità delle situazioni in cui si trovano le donne;

    quella culturale è certamente la sfida più grande da vincere, come si evince anche dalla narrazione che i media fanno della violenza sulle donne, che è ancora pervasa da stereotipi e sessismo. Spesso le notizie contengono elementi che giustificano gli uomini autori di violenza e il sensazionalismo mediatico accende i riflettori sul fenomeno, ma non aiuta ad andare a fondo, a capire le radici strutturali del problema e quindi a risolverlo. La donna diventa così vittima due volte: del reato e del racconto che di quella violenza viene fatta pubblicamente;

    con il decreto-legge «Infrastrutture e trasporti» n. 121 del 2021, approvato il 4 novembre 2021, sono state vietate affissioni e pubblicità sulle strade, ma anche su mezzi pubblici o privati, che abbiano contenuti con «messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell'appartenenza etnica, oppure discriminatori con riferimento all'orientamento sessuate, all'identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche»;

    la violenza maschile contro le donne chiama in causa la relazione tra donne e uomini. L'educazione svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo delle capacità che aiuteranno i bambini e le bambine a creare rapporti sani, in particolare insegnando la parità di genere, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti, la violenza di genere, il rispetto della libertà delle donne;

    è fondamentale anche lavorare sulla formazione per abbattere stereotipi e pregiudizi e favorire un cambiamento culturale anche di polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, psicologi, periti e tutti coloro che vengono a contatto con la violenza sulle donne. Quando le donne trovano la forza di denunciare devono trovare dall'altra parte persone che credono a ciò che dicono e che conoscono il ciclo della violenza. Perché la violenza va letta correttamente e in tempo utile;

    nell'era del web la violenza, come è noto, corre anche in rete e le donne sono le principali vittime del discorso d'odio on line, il cosiddetto hate speech;

    il 16 settembre 2021 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale si chiede alla Commissione europea di includere la violenza di genere, sia on line che off line, come una nuova sfera di criminalità ai sensi dell'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea insieme ad altri crimini che devono essere combattuti su base comune, come il terrorismo, il traffico di esseri umani, di droga, di armi. I reati contro le donne diverrebbero pertanto «eurocrimini»;

    purtroppo, ancora oggi, nei mondi che vengono a contatto con la violenza sulle donne sono presenti molti pregiudizi. Pregiudizi che, uniti all'assenza di stigma sociale verso chi commette violenza sulle donne, possono comportare un'errata valutazione del rischio da parte degli operatori delle reti di protezione della donna vittima di violenza, con conseguente assenza di misure di protezione adeguate che possono avere come conseguenza il femminicidio. Troppo spesso dalle cronache giudiziarie emergono situazioni nelle quali il soggetto violento, trasformatosi in omicida di genere, non risultava sottoposto ad alcuna misura, pur avendo la donna più volte denunciato la violenza subita;

    la scelta di una donna vittima di violenza di affidare il racconto della propria storia alle forze dell'ordine va accolta con capacità e professionalità: chiedere aiuto è un punto di arrivo che segna il passaggio tra il passato e il futuro. Per queste ragioni chi accoglierà tale affidamento, e soprattutto il modo in cui lo farà, può segnare una grande differenza nel prosieguo del viaggio di rinascita della donna;

    da non sottacere, infine, la gravissima situazione delle donne in Iran. Per la legge iraniana le donne e le ragazze che si mostrano in pubblico senza indossare il velo, o indossandolo in modo non appropriato, possono essere punite con una pena detentiva, la fustigazione o un'ammenda; la «Gasht-e Ershad», la cosiddetta polizia «morale», è solita fermare sistematicamente e casualmente per strada donne e ragazze, insultandole e minacciandole o aggredendole fisicamente con atti che equivalgono a vere e proprie pene crudeli, disumane e degradanti, in palese violazione del diritto internazionale e della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (International covenant on civil and political rights, Iccpr), di cui l'Iran è firmatario;

    il 13 settembre 2022 Mahsa Jina Amini, cittadina iraniana di origini curde, è stata arrestata a Teheran, capitale dell'Iran, dalla cosiddetta polizia «morale», con l'accusa di non aver indossato nel modo corretto lo hijab, strumento utilizzato per sottomettere e controllare le donne e, con esse, l'intera società iraniana;

    dopo il decesso di Mahsa Jina Amini, secondo testimonianze cagionato dalle percosse subite durante il trasferimento in carcere, decine di migliaia di cittadini iraniani, provenienti da tutti i segmenti della società, hanno partecipato, con grande coraggio, a manifestazioni antigovernative in tutto il Paese, al grido di «Donne, Vita, Libertà». I manifestanti – donne e uomini, giovani e anziani, scesi per le strade in ogni angolo del Paese – stanno rischiando la vita non per chiedere piccole riforme, ma perché sia posta fine all'insopportabile «regime di apartheid di genere». Molte donne, di tutte le province dell'Iran, si stanno togliendo il velo, sventolandolo in segno di libertà o bruciandolo. Il liberarsi del velo, il simbolo dell'oppressione, ha un forte valore simbolico: tolto l'hijab, l'intero sistema teocratico al potere dal 1979 è destinato a crollare. Per tale motivo queste proteste stanno assumendo di giorno in giorno il carattere di una vera e propria rivoluzione pacifica;

    il regime iraniano continua a dipingere queste proteste come un complotto straniero, capeggiato da Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele, dai loro mercenari e dai «traditori iraniani» residenti all'estero che starebbero fomentando le proteste e i disordini; nella repressione delle proteste il regime ha incrementato l'uso della forza e minaccia l'utilizzo della pena di morte. Le forze di sicurezza e le milizie paramilitari Basiji, oltre a sparare contro i manifestanti con gas lacrimogeni e cartucce di vernice, utilizzano ormai anche munizioni vere ad altezza d'uomo;

    duecentoventisette deputati iraniani, su duecentonovanta complessivi, hanno chiesto «una sentenza divina», con la condanna a morte di tutti i manifestanti. Emblematico è il caso del giovane Saman Yasin, un rapper curdo iraniano, condannato alla pena di morte per aver «dichiarato guerra a Dio» per il suo sostegno social alle proteste per la morte di Mahsa Amini;

    l'11 novembre 2022 gli ambasciatori di Germania e Islanda presso le Nazioni Unite a Ginevra hanno richiesto la convocazione di una sessione speciale del Consiglio dei diritti umani dell'Onu per affrontare il deterioramento della situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica dell'Iran, in particolare per quanto riguarda donne e bambini;

    il 14 novembre 2022 il Consiglio degli affari esteri dell'Unione europea ha aggiunto ulteriori 29 persone e tre entità all'elenco dei soggetti sottoposti a sanzioni per violazioni di diritti umani in Iran, includendovi i quattro membri della squadra che ha arrestato Mahsa Amini, i capi provinciali delle forze dell'ordine iraniane (Lef) e del corpo delle guardie della rivoluzione islamica (Irgc), nonché il generale di brigata Kiyumars Heidari, comandante delle forze di terra dell'esercito iraniano, per il loro ruolo nella brutale repressione delle proteste. L'Unione europea ha inserito nella lista anche l'emittente televisiva di Stato iraniana Press Tv, come responsabile della produzione e della trasmissione delle confessioni forzate dei detenuti;

    è doveroso plaudere ed esprimere vicinanza alle ragazze, ai ragazzi, alle donne e agli uomini iraniani, che, pur consapevoli di rischiare la propria incolumità e condanne draconiane, compresa la pena capitale, lottano in modo non violento rivendicando il proprio diritto a protestare pacificamente e ad esprimere liberamente le proprie richieste e opinioni;

    la lotta contro ogni forma di violenza sulle donne deve proseguire e perseguire i diritti di tutte le donne in tutte quelle parti del mondo ove i loro più elementari diritti sono ignorati e soppressi con inaudita violenza,

impegna il Governo:

1) a proseguire nelle politiche di contrasto alla violenza nei confronti delle donne e alla violenza domestica quali prioritarie nell'azione di Governo, coerentemente con le disposizioni nazionali, europee e internazionali di riferimento al fine di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul;

2) ad assumere iniziative volte a portare a termine i decreti attuativi previsti dalla legge 5 maggio 2022, n. 53, «Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere», al fine di garantire un flusso informativo strutturato, continuo e rigoroso sulla violenza contro le donne, poter mettere a punto politiche efficaci di prevenzione e contrasto, monitorando il fenomeno e consentendo di stimare la parte sommersa dei diversi tipi di violenza – fisica, sessuale, psicologica, economica – considerando anche l'eventuale presenza di figli minori;

3) a proseguire e potenziare le iniziative per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato ad interagire con la vittima: polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale socio-sanitario;

4) ad adottare iniziative per implementare le risorse destinate al Fondo per le politiche relative alle pari opportunità e, più in generale, a tutte le politiche per la prevenzione e il contrasto di ogni forma di violenza contro le donne e per la promozione di un'effettiva parità di genere, nonché al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo «anti-tratta» e agli indennizzi per le vittime di reati intenzionali violenti e per gli orfani di femminicidio;

5) a proseguire nella promozione di adeguate campagne di informazione e sensibilizzazione sulla violenza contro le donne e sulla violenza domestica, che stimolino pubblici dibattiti e favoriscano lo sviluppo di adeguate politiche di prevenzione, anche attraverso il coinvolgimento dei mass media e della carta stampata;

6) a valutare di predisporre, attraverso la comunicazione istituzionale, una vasta campagna di sensibilizzazione rivolta agli uomini, per la crescita della consapevolezza maschile della violenza contro le donne;

7) a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a istituire, anche in collaborazione con i centri anti violenza, corsi di autodifesa personale destinati alle donne;

8) ad adoperarsi per quanto di competenza al fine di dare attuazione alle risultanze e alle raccomandazioni contenute nella relazione conclusiva dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere della XVIII legislatura;

9) a valutare la possibilità di adottare iniziative per introdurre strumenti per potenziare la protezione delle vittime di violenza in occasione della concessione della misura cautelare, quali il divieto di avvicinamento o l'ordine di allontanamento, attraverso un maggiore utilizzo e il potenziamento del dispositivo di «braccialetto elettronico», valutando, altresì, la possibilità di aumentare il numero di cavigliere elettroniche a doppio dispositivo gps e a metterle nelle disponibilità del Ministero della giustizia;

10) a valutare la possibilità di attuare iniziative per migliorare la circolazione di informazioni tra tribunale civile e penale, onde evitare situazioni paradossali di affidamento congiunto in caso di violenza intra-familiare, nonché per modificare il sistema attualmente vigente nel processo penale, al fine di consentire l'ingresso nel procedimento al difensore della vittima nei termini più ampi possibili rispetto all'attuale disciplina;

11) a dare piena ed efficace attuazione al Piano nazionale anti violenza per il triennio 2021-2023, individuando le priorità di intervento;

12) ad adoperarsi al fine di promuovere iniziative per rafforzare le politiche e le risorse necessarie, volte a implementare progetti e percorsi di educazione finanziaria, per le donne vittime di violenza, al fine di prevenire e contrastare la violenza economica, nonché di favorire l'autonomia, l'empowerement e l'integrazione lavorativa delle donne, nella fase di uscita dall'esperienza di violenza;

13) ad adottare iniziative specifiche per contrastare la violenza on line, comprese le molestie on line e l'istigazione all'odio verso le donne;

14) ad adottare le iniziative necessarie volte a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico;

15) a valutare la possibilità di porre in essere iniziative per l'introduzione nelle scuole della figura professionale dello psicologo scolastico e dell'insegnamento dell'intelligenza emotiva per aiutare i giovani studenti a superare forme di disagio e prevenire ogni possibile sentimento di discriminazione, affinché tali malesseri non si trasformino in età adulta in forme di violenza contro le donne;

16) ad assumere sempre nuove iniziative volte a potenziare i percorsi di assistenza e di supporto psicologico per le donne che hanno subito una violenza e per i loro familiari, con particolare attenzione per i minori vittime di violenza assistita, anche attraverso lo sviluppo di una capillare rete di servizi socio-sanitari e assistenziali dotati di specifiche professionalità, come psicologi e psicoterapeuti;

17) a favorire iniziative per incentivare l'inserimento delle vittime di violenza nel mondo del lavoro, anche attraverso misure di sostegno all'autonomia abitativa, con particolare attenzione alle diverse fragilità sociali, altresì valutando di rendere accessibile il reddito di libertà a tutte le donne in fuoriuscita dalla violenza;

18) a valutare l'opportunità di estendere la misura del congedo indennizzato per le donne che hanno subito violenza, di cui all'articolo 24 del decreto legislativo n. 80 del 2015, dai tre attuali ad almeno sei mesi;

19) ad adottare iniziative per garantire che le risorse ripartite nella Conferenza Stato-regioni siano erogate con regolarità e puntualità, monitorando l'effettivo trasferimento delle risorse ai centri antiviolenza e alle case rifugio presenti sul territorio, riducendo le disparità regionali nell'offerta dei servizi alle vittime di violenza;

20) ad adottare le opportune iniziative volte a integrare la relazione al Parlamento, di cui all'articolo 5-bis del decreto-legge n. 93 del 2013, con un'informativa sulle attività della cabina di regia prevista per dare impulso alle politiche di prevenzione e contrasto della violenza;

21) ad assumere iniziative per incoraggiare il settore privato, il settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e i mass media, nel rispetto della loro indipendenza e libertà di espressione, ad adottare norme di autoregolamentazione per prevenire la violenza contro le donne e rafforzare il rispetto della loro dignità, anche promuovendo una comunicazione improntata al pieno rispetto della dignità culturale e professionale delle donne, estendendo tali progetti anche alla comunità educante in senso largo; associazioni sportive, culturali, religiose;

22) ad assumere iniziative per introdurre, nell'ambito delle istituzioni scolastiche, percorsi e progetti mirati a garantire l'educazione delle nuove generazioni alla parità tra uomo e donne, all'affettività, nonché a definire linee guida che forniscano indicazioni per includere nei programmi scolastici i temi del contrasto alla violenza sulle donne;

23) a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a prevedere percorsi specifici in carcere per gli autori di reati di violenza sessuale sulle donne e di sfruttamento della prostituzione, inclusi interventi sulla normativa che disciplina l'ordinamento penitenziario volti a rendere obbligatoria per i detenuti per reati contro le donne la destinazione di una percentuale del reddito generato da lavoro in favore del risarcimento delle vittime;

24) ad adoperarsi al fine di favorire lo sport, come veicolo di inclusione sociale, di prevenzione ai disagi giovanili e alle forme di violenza e discriminazione contro le donne;

25) a monitorare i risultati raggiunti dai centri per uomini autori di violenza di genere e, a seguito del monitoraggio, a valutare l'opportunità di favorire la presenza degli stessi in ogni regione per avviare un percorso di responsabilizzazione, prevenzione e repressione dei reati di violenza;

26) a verificare lo stato di applicazione, che deve essere omogeneo su tutto il territorio nazionale, delle linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza;

27) a valorizzare il ruolo degli enti locali nel contrasto alla violenza sulle donne, sostenendo la presa in carico complessiva ed integrata delle donne, ed eventualmente dei loro figli e promuovendo protocolli di rete tra istituzioni e terzo settore, tramite la valorizzazione delle «buone pratiche» introdotte a livello regionale, favorendone l'adozione anche a livello nazionale e centrale;

28) a valutare l'opportunità di rendere effettiva l'applicazione delle misure previste dalle norme di cui al decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 104 di attuazione della direttiva (UE) 2017/853;

29) ad adoperarsi per promuovere, nel contesto europeo, azioni diplomatiche affinché lo Stato iraniano cessi di reprimere con la violenza manifestazioni pubbliche e la libertà di espressione.
(1-00005) (Ulteriore nuova formulazione) «Polidori, Varchi, Serracchiani, Bisa, Richetti, Zanella, Lupi, Gebhard, Cattaneo, Foti, Molinari, Marrocco, Cavo, Vietri, Matone, Semenzato, Caretta, Morrone, Ciaburro, Sudano, Chiesa, Bellomo, Lucaselli, Ravetto, Mantovani, Cavandoli, Schifone, Almici, Ambrosi, Amich, Amorese, Antoniozzi, Baldelli, Benvenuti Gostoli, Buonguerrieri, Caiata, Calovini, Cangiano, Cannata, Caramanna, Cerreto, Ciancitto, Ciocchetti, Colombo, Colosimo, Comba, Congedo, Coppo, De Bertoldi, De Corato, Deidda, Di Giuseppe, Di Maggio, Dondi, Donzelli, Filini, Frijia, Gardini, Giordano, Giorgianni, Giovine, Iaia, Kelany, La Porta, La Salandra, Lampis, Lancellotta, Longi, Loperfido, Maccari, Maerna, Maiorano, Malagola, Malaguti, Marchetto Aliprandi, Mascaretti, Maschio, Matera, Matteoni, Mattia, Maullu, Messina, Michelotti, Milani, Mollicone, Morgante, Mura, Osnato, Padovani, Palombi, Pellicini, Perissa, Pietrella, Polo, Pozzolo, Pulciani, Raimondo, Rampelli, Rizzetto, Roscani, Angelo Rossi, Fabrizio Rossi, Rosso, Rotelli, Rotondi, Ruspandini, Gaetana Russo, Sbardella, Schiano Di Visconti, Rachele Silvestri, Testa, Trancassini, Tremaglia, Tremonti, Urzì, Vinci, Volpi, Zucconi, Zurzolo, Bagnasco, Battilocchio, Deborah Bergamini, Casasco, D'Attis, Mangialavori, Orsini, Pittalis, Paolo Emilio Russo, Saccani Jotti, Tenerini, Tosi, De Palma, Amendola, Ascani, Bakkali, Barbagallo, Berruto, Boldrini, Bonafè, Braga, Carè, Casu, Ciani, Cuperlo, Curti, D'Alfonso, De Luca, De Maria, De Micheli, Di Biase, Di Sanzo, Fassino, Ferrari, Forattini, Fornaro, Fossi, Furfaro, Ghio, Gianassi, Girelli, Gnassi, Graziano, Gribaudo, Guerini, Guerra, Iacono, Lacarra, Lai, Laus, Letta, Madia, Malavasi, Mancini, Manzi, Marino, Mauri, Merola, Morassut, Orfini, Orlando, Ubaldo Pagano, Peluffo, Porta, Provenzano, Quartapelle Procopio, Toni Ricciardi, Roggiani, Andrea Rossi, Sarracino, Scarpa, Schlein, Scotto, Simiani, Speranza, Stefanazzi, Stumpo, Tabacci, Vaccari, Zan, Zingaretti, Benzoni, Bonetti, Bonifazi, Boschi, Carfagna, Castiglione, Enrico Costa, D'Alessio, De Monte, Del Barba, Faraone, Gadda, Giachetti, Grippo, Gruppioni, Marattin, Pastorella, Rosato, Ruffino, Sottanelli».


   La Camera,

   premesso che:

    il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999;

    dal punto delle fonti sovranazionali, il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, ha riaffermato il principio di uguaglianza tra donne e uomini (già enunciato agli articoli 2, 3 e 13 del previgente Trattato istitutivo della Comunità europea – TCE), inserendolo tra i valori (articolo 2 Trattato sull'Unione europea – TUE) è tra gli obiettivi dell'Unione (articolo 3, paragrafo 3, TUE); la dichiarazione n. 19 annessa ai Trattati ha affermato che l'Unione mirerà a lottare contro tutte le forme di violenza domestica, impegnando gli Stati membri ad adottare tutte le misure necessarie per prevenire e punire tali atti criminali e per sostenere e proteggere le vittime;

    l'eradicazione di tutte le forme di violenza fondate sul genere costituisce una priorità della Strategia 2010-2015 per la promozione della parità fra uomini e donne nell'Unione europea, nonché del Programma di Stoccolma per lo Spazio di libertà sicurezza e giustizia, 2010-2014;

    in tale contesto un riferimento fondamentale continua a essere rappresentato dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (cosiddetta Convenzione di Istanbul del 2011), primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza; la Convenzione, oltre a intervenire specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, quale fenomeno non concernente solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini e anziani, ai quali altrettanto si applicano le medesime norme di tutela, specifica i seguenti obiettivi: proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; contribuire a eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, ivi compreso rafforzando l'autonomia e l'autodeterminazione delle donne; predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica; promuovere la cooperazione internazionale al fine di eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; sostenere e assistere le organizzazioni e autorità incaricate dell'applicazione della legge in modo che possano collaborare efficacemente, al fine di adottare un approccio integrato per l'eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica;

    in precedenza, sempre a livello sovranazionale, il tema aveva ricevuto un significativo impulso dalla Dichiarazione di Pechino e dalla relativa Piattaforma d'azione nel 1995, in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (Cedaw, 1979) e, successivamente, con il suo Protocollo opzionale (1999) e la Raccomandazione generale n. 19 del Cedaw sulla violenza contro le donne, aggiornata poi dalla Raccomandazione generale n. 35 del 26 luglio 2017. Tale Raccomandazione forniva un più esatto inquadramento degli obblighi a carico degli Stati membri e degli ambiti di intervento per il contrasto al fenomeno della violenza contro le donne, tramite il divieto di violenza di genere come norma consuetudinaria del diritto internazionale e la conseguente necessità di cambiare le norme sociali che favoriscono tale forma di violenza; la Raccomandazione, inoltre, ampliava la definizione di violenza di genere, includendovi quelle forme che riguardano il diritto alla salute riproduttiva, nonché quelle che si verificano on line e negli altri ambienti digitali creati dalle nuove tecnologie;

    più recentemente, nella risoluzione Onu del 25 settembre 2015 per l'adozione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, si stabiliscono traguardi internazionali coerenti nella cornice dell'obiettivo 5 «Raggiungere l'uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze»;

    in questo contesto normativo, nel giugno 2019 è stata approvata dall'Organizzazione internazionale del lavoro, la Convenzione 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro; questa ha sancito l'obbligo di adottare misure normative coerenti con la costatazione «che la violenza e le molestie nel mondo del lavoro possono costituire un abuso o una violazione dei diritti umani e che la violenza e le molestie rappresentano una minaccia alle pari opportunità e che sono inaccettabili e incompatibili con il lavoro dignitoso»; a fronte di tali problematiche, la Convenzione ha, altresì, proposto l'adozione un approccio inclusivo, integrato e in una prospettiva di genere, che intervenga sulle cause all'origine e sui fattori di rischio, ivi compresi stereotipi di genere, forme di discriminazione multiple e interconnesse e squilibri nei rapporti di potere dovuti al genere;

    il complesso panorama di norme sovranazionali ha imposto l'obbligo per gli Stati parte di rispettare, tutelare e garantire i diritti umani in essi sanciti; questo triplice obbligo impone allo Stato – o ai suoi organi – di astenersi da qualsiasi comportamento lesivo dei diritti umani, di proteggere i suoi cittadini da violazioni di tali diritti da parte di terzi e di garantirne la realizzazione mediante misure attive. Lo Stato è tenuto a proteggere i privati da lesioni e soprusi commessi da altri privati: al riguardo, la violenza domestica è pacificamente considerata una violazione dei diritti umani da parte di un privato;

    in adempimento agli obblighi internazionali, nell'ultimo decennio, l'Italia ha adottato numerosi provvedimenti atti a prevenire e tutelare il fenomeno della violenza domestica;

    con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza. La Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica sia nella sfera privata;

    a pochi mesi di distanza, il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, recante misure contro la violenza di genere, ha per la prima volta definito con chiarezza la centralità e la peculiarità della violenza compiuta entro le mura domestiche da chi ha vincoli familiari o affettivi con la persona colpita; ha, inoltre, introdotto profonde modifiche processuali a tutela della vittima, con l'obiettivo, da un lato, di rafforzare gli strumenti repressivi, secondo un disegno che tenga conto delle caratteristiche delle violenze di genere, e dall'altro con l'intenzione di implementare gli strumenti volti a tutelare la vittima stessa. Ha, poi, introdotto misure di sostegno per le donne e i minori coinvolti nella fase processuale: modalità protette per le testimonianze, gratuito patrocinio, dovere del giudice di comunicare rispetto alle modifiche delle misure cautelari, processi più rapidi e l'estensione del permesso di soggiorno alle donne straniere vittime di violenza domestica slegato dal permesso del marito;

    inoltre, la legge de qua ha previsto che il Ministro delegato per le pari opportunità «anche avvalendosi del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità (...) elabora, con il contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza, e adotta (...) un “Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere” (...) con l'obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale»;

    in attuazione dell'obbligo, il 17 novembre 2021 è stato adottato il nuovo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023; il nuovo Piano ha fatto proprie molte delle istanze avanzate dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, nella «Relazione sulla governance dei servizi antiviolenza e sul finanziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio», approvata il 14 luglio 2020, che segnalava come prioritario e urgente «1) implementare le risorse per l'intero sistema di prevenzione e contrasto alla violenza, semplificare e velocizzare il percorso dei finanziamenti, verificarne l'effettiva erogazione ai centri antiviolenza e alle case rifugio attraverso un sistema di monitoraggio più efficace e potenziare la governance centrale del sistema»;

    precedentemente, un ulteriore passaggio da evidenziare è rappresentato dall'approvazione della legge 11 gennaio 2018, n. 4, recante «Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici», che ha modificato alcune norme del codice civile, di quello penale e di procedura penale, introducendo nuove tutele per gli orfani di crimini domestici, intesi come figli minori o maggiorenni economicamente non autosufficienti, i quali siano divenuti orfani di un genitore a seguito di omicidio posto in essere in danno dello stesso genitore dal coniuge, anche separato o divorziato, dall'altra parte dell'unione civile, pure se l'unione civile è cessata, ovvero dalla persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza;

    altro fondamentale intervento del legislatore nazionale è rappresentato poi dalla legge n. 69 del 19 luglio 2019 (recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere»), denominata «codice rosso»; la legge contiene disposizioni di diritto penale sostanziale, così come ulteriori disposizioni di carattere processuale; fra le novità in ambito procedurale, è l'introduzione del «doppio binario» per i reati considerati indice di violenza domestica, in relazione ai quali è stata prevista un'accelerazione per l'avvio del procedimento penale, con l'effetto della più celere eventuale adozione di provvedimenti di protezione delle vittime; inoltre, è stata modificata la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, nella finalità di consentire al giudice di garantirne il rispetto anche per il tramite di procedure di controllo attraverso mezzi elettronici o ulteriori strumenti tecnici, come il braccialetto elettronico. Nello specifico, il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi viene ricompreso tra quelli che permettono l'applicazione di misure di prevenzione; la legge ha, quindi, introdotto quattro nuove fattispecie di reato: il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (sexting e revenge porn); il reato di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso; il reato di costrizione o induzione al matrimonio; il reato di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa;

    nonostante la copiosa legislazione, come si evince dai dati, la violenza contro le donne in Italia è un fenomeno strutturale e diffuso e rappresenta uno dei maggiori ostacoli al conseguimento dell'uguaglianza di genere;

    i perduranti e sistemici episodi di violenza sulle donne impediscono di potersi considerare raggiunta la piena emancipazione femminile e derivano da una secolare tradizione di rapporti di forza disuguali fra uomini e donne, basata su concezioni patriarcali e su ruoli sociali stereotipati che, nel ventunesimo secolo, dovrebbero potersi considerare ormai più che superati;

    la violenza degli uomini sulle donne, alla cui base sono radicati misoginia, discriminazione e un insostenibile divario di genere in termini sociali, lavorativi, salariali, culturali, rappresenta una tra le più gravi e profonde violazioni dei diritti umani a livello globale; questa particolare giornata fornisce un'occasione ai Governi, alle istituzioni nazionali, alle organizzazioni internazionali e alle organizzazioni non governative sia per organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica, sia per individuare sempre migliori strategie finalizzate allo sradicamento di quella che è una vera e propria «emergenza strutturale»;

    anche il fenomeno della prostituzione rappresenta una tipologia di violenza ed è una problematica sempre più consistente. Tale considerazione deriva anche dal fatto che i dati che si trovano su tale fenomeno vengono raccolti con estrema difficoltà, poiché si tratta di un fenomeno sommerso, di cui è possibile effettuare mere stime, e per il quale è possibile fare riferimento solamente al numero di ragazze effettivamente entrate nei percorsi di protezione sociale: rimangono fuori tutte coloro che non hanno avuto la possibilità di emergere in quanto vittime di tratta o che non sono state correttamente identificate come tali;

    la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere evidenzia come il legislatore «in costante raccordo con tutte le istituzioni e gli ordini professionali coinvolti, ha il dovere di rafforzare e mettere a sistema i modelli positivi emersi, come pure di implementare le misure normative vigenti al fine di garantire a tutti i soggetti coinvolti l'accesso agli strumenti processuali e la formazione necessaria per una corretta lettura e un efficace e tempestivo contrasto della violenza di genere e domestica»;

    la cronaca quotidiana in Italia e nel mondo dimostra che non si può affrontare e sconfiggere la crescente ferocia degli uomini nei confronti di donne e bambine, in qualunque forma essa si manifesti, dalla violenza fisica a quella psicologica, dalla violenza domestica a quella economica, dall'odio in rete al revenge porn, dalla tratta allo sfruttamento, dallo stalking alle molestie e allo stupro, fino all'apice del femminicidio, senza correlarla al tema dell'uguaglianza di genere, della parità e delle pari opportunità, obiettivi ancora mancati;

    molte sono le misure approvate volte a promuovere con decisioni politiche la parità di genere, a incrementare l'occupazione femminile, a sostenere l'indipendenza economica, l'autonomia e l'emancipazione delle donne;

    per quanto riguarda la dotazione di strumenti «repressivi», di particolare rilievo appare l'introduzione di un'aggravante per gravi delitti violenti da applicare in caso di «violenza assistita», cioè avvenuta in presenza di minori, con particolare riferimento al regime della querela di parte: la querela è diventata irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate e aggravate. In tutti gli altri casi, comunque, una volta presentata la querela, la remissione potrà avvenire soltanto in sede processuale, ma il delitto resta perseguibile d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio, con la possibilità di disporre intercettazioni quando si indaga per atti persecutori, di cui all'articolo 612-bis del codice penale;

    la legge n. 69 del 2019, il cosiddetto codice rosso, rispondendo alla ratio di porre un efficace e immediato argine alla violenza contro le donne, ha predisposto strumenti per consentire allo Stato di intervenire con tempestività al fine di stroncare sul nascere l'azione criminosa, evitando che la stessa, se non interrotta, produca conseguenze drammatiche;

    il cardine dell'intervento normativo è l'ascolto della persona offesa entro tre giorni dalla presentazione della denuncia. L'audizione della vittima, svolta senza ritardo dall'autorità giudiziaria, ha lo scopo di evitare stasi procedimentali che causerebbero ritardi nell'adozione di provvedimenti a loro tutela;

    in data 24 novembre 2020, il Ministero della giustizia ha pubblicato un primo bilancio («Il rapporto: un anno di “codice rosso”») della legge n. 69 del 2019, ad un anno dalla sua entrata in vigore, al fine di fornire un primo dato di conoscenza relativo all'applicazione della disciplina sia con riferimento ai nuovi reati introdotti, sia con riguardo ai corrispondenti elementi processuali di rilievo in termini di denunce, pendenze e condanne, anche per procedere ad ogni eventuale iniziativa di perfezionamento o intervento;

    se la creazione di una corsia preferenziale per i reati spia di violenza di genere appare giusta, deve rilevarsi che ciò che non è giusto per le donne è la lentezza del procedimento, momento nel quale la donna diviene maggiormente esposta a violenze e ritorsioni. È, pertanto, necessario intervenire per evitare i processi di vittimizzazione secondaria, riducendo la drammatica persistenza di pregiudizi culturali o stereotipi sessisti nelle aule dei tribunali, nella rappresentazione dei media e nel più ampio contesto sociale, che conduce a vittimizzazione, nuovamente, le donne che hanno già subito violenza, esponendole a un ulteriore trauma e ostacolando la giustizia;

    è di primaria importanza istituire un pool di magistrati specializzati per garantire una risposta professionale adeguata alle specificità proprie delle indagini nella delicatissima materia della violenza sulle donne, con l'obiettivo di avere una maggiore uniformità delle capacità di reazione delle denunce;

    non può non segnalarsi che gli interventi legislativi degli ultimi anni abbiano condotto ad un aumento delle denunce da parte di donne che, anche grazie alle associazioni e ai gruppi di ascolto, vengono accolte e accompagnate nel processo di presa di coscienza che la violenza non è una condizione fisiologica e ordinaria, bensì un male da estirpare;

    ciò nonostante, la denuncia costituisce solo un passo embrionale e di per sé non è risolutiva della problematica; invero, se l'aumento del numero di segnalazioni deve essere interpretato positivamente, ciò non esclude il dovere irrinunciabile delle istituzioni di garantire una protezione costante, effettiva ed efficace alle donne nei confronti di chi le maltratta, offende, violenta e tormenta, soprattutto nella fase successiva alla denuncia;

    invero, per intervenire in via preventiva ed evitare epiloghi drammatici, è necessario prevedere misure cautelative efficaci che, alle prime avvisaglie e segnalazioni di violenza, proteggano concretamente la donna e il suo nucleo familiare, oltre a pene certe e concretamente deterrenti, posto che la polifunzionalità della pena implica che le stesse debbano avere anche un ruolo deterrente, ossia una funzione intimidatrice nei confronti del profitto criminoso;

    pertanto, è evidente che a mancare non sia tanto l'attenzione delle istituzioni al tema o le tutele legali sul piano strettamente formale, data la presenza di molteplici fonti nazionali e sovranazionali che, nei diversi ambiti di intervento, dispongono l'uguaglianza di genere, quanto piuttosto tutele operative, concrete e sostanziali, adottate sinergicamente in base ad un piano che operi sistematicamente e a più livelli, partendo dal territorio;

    una funzione importante, nell'attuazione delle politiche di contrasto alla violenza contro le donne, dovrà essere svolto dagli enti locali e risulta pertanto importante valorizzarne il ruolo;

    la violenza di genere costituisce, da alcuni anni, oggetto di misurazione statistica anche in Italia. L'Istat ha infatti elaborato due indagini, una nel 2006 e una nel 2014. In base ai dati dell'ultima indagine sulla sicurezza delle donne (2014), nel corso della propria vita poco meno di 7 milioni di donne tra i 16 e i 70 anni (sei milioni e 788.000), quasi una su tre (31,5 per cento), riferiscono di aver subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale, dalle forme meno gravi (come la molestia) a quelle più gravi, come il tentativo di strangolamento o lo stupro. Gli autori delle violenze più gravi (violenza fisica o sessuale) sono prevalentemente i partner attuali o gli ex partner: due milioni e 800.000 donne ne sono state vittime. Il 10,6 per cento delle donne dichiara di aver subito una qualche forma di violenza sessuale prima dei 16 anni. Più di una donna su tre, tra le vittime della violenza del partner, ha riportato ferite, lividi, contusioni o altre lesioni (37,6 per cento). Circa il 20 per cento è stata ricoverata in ospedale a seguito delle ferite riportate. Più di un quinto di coloro che sono state ricoverate ha riportato danni permanenti;

    nondimeno, la fruibilità di dati attendibili sui fenomeni di violenza di genere ha rappresentato un grave vulnus nel sistema normativo di tutela delle donne, restituendo una condizione sovente sottostimata. In tal senso la legge 5 maggio 2022, n. 53, è intervenuta a disciplinare la raccolta di dati e informazioni sulla violenza di genere esercitata contro le donne, al fine di monitorare il fenomeno ed elaborare politiche che consentano di prevenirlo e contrastarlo. A tal fine la legge: introduce l'obbligo per gli uffici, gli enti, gli organismi e i soggetti pubblici e privati che partecipano all'informazione statistica ufficiale di fornire i dati e le notizie per le rilevazioni previste dal programma statistico nazionale, nonché di rilevare, elaborare e diffondere i dati relativi alle persone disaggregati per uomini e donne; introduce l'obbligo per tutte le strutture sanitarie pubbliche e, in particolare, per le unità operative di pronto soccorso di fornire i dati e le notizie relativi alla violenza contro le donne; istituisce un sistema integrato tra i Ministeri dell'interno e della giustizia per la rilevazione dei dati riguardanti la commissione di reati ascrivibili al fenomeno della violenza contro le donne, con particolare riguardo a quei dati che consentono di ricostruire la relazione esistente tra l'autore e la vittima del reato; prevede che alle rilevazioni concernenti specifici reati siano apportate le opportune modifiche affinché vengano registrati i dati riguardanti la relazione tra l'autore e la vittima del reato, la loro età e genere e le circostanze del reato, attraverso l'emanazione, entro dodici mesi dall'entrata in vigore delle legge, di due appositi decreti del Ministro della giustizia (tali decreti non sono ancora stati emanati); perfeziona, arricchendole di ulteriori dati informativi, le rilevazioni annuali condotte da Istat sulle prestazioni e sui servizi offerti rispettivamente dai centri antiviolenza e dalle case rifugio;

    la natura strutturale della violenza di genere impone una rapida concreta operatività dei sistemi di rilevamento dei dati introdotti dalla citata legge n. 53 del 2022;

    un altro aspetto della violenza di genere è costituito dalle molestie e dai ricatti sessuali in ambito lavorativo. Con il decreto legislativo n. 80 del 2015 è stata prevista in favore delle vittime di violenza di genere, oltre a un indennizzo, la concessione di un congedo retribuito di tre mesi, valido sia per le lavoratrici dipendenti che per le titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;

    la complessità del fenomeno richiede una strategia integrata che si basi su un approccio multidimensionale, sistemico e interistituzionale. Un'azione globale, che deve fondarsi su di una solida conoscenza delle problematiche e su un'approfondita analisi dei dati disponibili;

    la pandemia da COVID-19, le conseguenti misure di contenimento, in uno con la crisi economica senza precedenti che ha investito e continua ad investire il nostro Paese, hanno ulteriormente evidenziato il tema della violenza contro le donne, enfatizzando le lacune tuttora esistenti per un'efficace tutela;

    non tutti i femminicidi sono prevedibili: molti si verificano non dove ci sono episodi di violenza fisica precedenti, ma dove c'è stata violenza psicologica. In questi casi è difficile prevenire con una migliore applicazione della legge e per questo si rende sempre più stringente l'esigenza di intervenire culturalmente con una sensibilizzazione a partire dalle nuove generazioni nelle scuole: una simile rivoluzione culturale passa per le parole, per il non ridere alle battute sessiste;

    il sistema educativo assume significato nei diversi livelli e con modalità differenti nella lotta alla violenza sulle donne e alla violenza domestica; la scuola è un osservatorio privilegiato sulla vita delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi, in cui figure di prossimità di grande importanza, come gli insegnanti, possono favorire l'emersione della violenza subita e assistita, riconoscendo i segnali di disagio e attivando segnalazioni e percorsi di sostegno e di aiuto. I dati forniti dall'Istat con la ricerca sulla violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia mostrano che il 10 per cento delle donne vittime di violenze sessuali le ha subite prima dei 16 anni, quindi nella fascia d'età dell'obbligo scolastico; nel caso poi dei figli delle donne vittime di violenza, il 65 per cento ha assistito agli abusi subiti dalla madre e la violenza assistita si configura a tutti gli effetti come una violenza, con conseguenze anche molto gravi sullo sviluppo psicofisico del minore;

    la scuola, senza sostituirsi alla famiglia, è chiamata a proporre e ad avviare le studentesse e gli studenti, in modo adeguato all'età, a una riflessione sulla qualità dei rapporti tra uomo e donna e deve impegnarsi nel realizzare una reale inclusione per valorizzare le singole individualità e coadiuvare le famiglie nell'educare le nuove generazioni al valore positivo della cultura del rispetto. La nascita di una dialettica tra identità e diversità consente la più compiuta affermazione dell'individuo;

    l'esperienza della scuola segna tutto il periodo di crescita e di formazione dei minori: si parte dalla fase educativa dei nidi e delle scuole dell'infanzia, per poi passare a quella delle scuole di ogni ordine e grado in cui ogni bambina e ogni bambino è accompagnato, anno dopo anno, nel lungo percorso di formazione della personalità, di cambiamento del corpo, di crescita intellettuale; in tale contesto la scuola si affianca ed è a sua volta affiancata dalle famiglie, un contesto articolato, quindi, nel quale la figura dello psicologo scolastico deve essere visto come una figura di collegamento tra tutti i soggetti che entrano in relazione tra loro, scuola e famiglia, scuola e servizi socio-sanitari, docenti e alunni, che sia in grado di riconoscere un disagio o potenziali patologie, che funga da supporto ad un sano sviluppo di interessi e stili cognitivi;

    lo psicologo scolastico deve diventare un punto di riferimento stabile e costante per l'adolescente, non soltanto nei momenti di difficoltà, ma nel quotidiano confronto con le più varie forme di disagio e nel confronto con modelli sociali sempre più spesso distorsivi;

    sarebbe, altresì, opportuno che le istituzioni scolastiche, anche promuovendo l'adozione di una strategia condivisa in collaborazione con le famiglie, le amministrazioni locali, i servizi socio-sanitari, gli altri soggetti del sistema di educazione e di formazione, inserissero la prospettiva all'educazione al rispetto nel piano di percorsi e di servizi che accompagnano l'uomo e la donna nelle diverse situazioni della vita e nello sviluppo del proprio progetto personale, educativo e professionale;

    nella medesima direzione sono state presentate varie proposte di legge volte a introdurre l'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, nonché nei corsi di studio universitari;

    occorre prestare attenzione a tutti gli ambiti nei quali si sviluppa la socialità, tra i quali riveste particolare importanza anche lo sport, fondamentale veicolo di inclusione sociale, portatore di valori elevati, quali il rispetto, la collaborazione, l'integrazione, la gestione delle emozioni, la disciplina, la costanza, l'impegno, l'etica, la cura di sé, la capacità di rialzarsi dopo una sconfitta;

    risulta, quindi, essenziale continuare a lavorare per il superamento delle discriminazioni e il rafforzamento dei grandi valori che lo sport rappresenta, anche attraverso l'introduzione di misure di sostegno al ruolo dello stesso quale veicolo di inclusione sociale e di superamento di ogni forma di discriminazione;

    il problema, come riportato nella relazione finale della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, è di entità tale da richiedere interventi che, in termini di costi e rispetto dei vincoli di bilancio pubblico, sono meno onerosi delle conseguenze derivanti dagli atti di violenza;

    in un'ottica di prevenzione dei fatti di violenza contro le donne, al fine di fornire a queste ultime strumenti psicologici e caratteriali, ma anche forza fisica, che consentano di respingere eventuali atti di violenza, anche verbale, è molto utile la pratica di sport di autodifesa che dovrebbe essere offerta in forma gratuita, anche in collegamento con i centri antiviolenza, le cui risorse finanziarie dovrebbero essere implementate;

    al pari dei sopra citati ambiti di intervento, nell'impegno contro la violenza sulle donne, riveste un ruolo di primo piano l'investimento sul lavoro e sulla valorizzazione dell'esperienza femminile: il sostegno all'indipendenza economica, quindi, come leva per contrastare la violenza di genere e tutelare le vittime di questa, ormai, endemica piaga sociale;

    sebbene nel confronto internazionale la posizione del nostro Paese sia per alcuni aspetti migliorata nell'ultimo decennio, l'Italia rimane tra i Paesi dell'Unione europea con il più ampio gender gap occupazionale. Nel 2019 il tasso di occupazione nella fascia di età (20-64) è pari al 54 per cento per le donne rispetto al 73 per cento per gli uomini. Tenendo conto del numero di ore lavorate, il tasso di occupazione delle donne è pari al 31 per cento rispetto al 51 per cento degli uomini (dati 2018). Il 33 per cento delle donne lavora a tempo parziale, rispetto all'8 per cento degli uomini (2019). Le donne occupate lavorano in media meno ore, guadagnano meno, accumulano minore anzianità;

    una bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro limita anche la crescita economica di una nazione. Ridurre tale divario aiuta a diminuire i costi economici e sociali del Paese ed è un fattore rilevante per la crescita del prodotto interno lordo, con un impatto positivo che, secondo la Banca d'Italia, arriva fino a 7 punti percentuali e che crea un sistema di trasparenza e garanzia per le lavoratrici con un sistema di certificazione che premia le aziende virtuose. Senza sfruttamento nel mercato del lavoro e contribuendo al benessere delle donne e della stessa comunità;

    la sfida del raggiungimento della parità di genere, fondamentale per contrastare la sottocultura della violenza degli uomini contro le donne, passa per l'eliminazione di barriere e ostacoli, quali, ad esempio, la situazione di inferiorità economica in cui si trovano endemicamente le donne nel nostro Paese e che vede le lavoratrici italiane guadagnare in media il 31,2 per cento in meno dei loro colleghi maschi. Proprio per affrontare il cosiddetto gender pay gap, cioè il divario di genere in termini di guadagno a parità di mansioni fra uomini e donne, il Parlamento il 27 ottobre 2021 ha licenziato una legge che introduce controlli, sanzioni e anche premialità, nonché tutela contrattuale e flessibilità di forme di lavoro e orari; sulla base del rapporto pubblicato nel luglio 2022 sul gender gap dal World economic forum, l'Italia si colloca ancora al 63° posto su 143 Paesi della classifica mondiale, occupando la stessa posizione del 2021, dopo Uganda (61°) e Zambia (62°). A livello di Europa l'Italia è 25° su 35 Paesi;

    il dato senza dubbio più negativo è quello relativo alla partecipazione economica e al lavoro, con l'Italia all'ultimo posto tra i Paesi dell'Unione europea. Ecco perché, alla luce di questi dati, c'è la conferma che il focus deve essere improntato al lavoro e allo sviluppo di politiche di miglioramento, ancor più dopo gli effetti negativi della pandemia;

    viene previsto l'ampliamento dell'ambito soggettivo di applicazione dell'obbligo di redazione del rapporto sulla situazione del personale, prevedendo che lo stesso sia redatto dalle aziende (pubbliche e private) che impiegano più di 50 dipendenti (anziché più di 100, come attualmente previsto), nonché la previsione, tra l'altro, di incentivi alle assunzioni, di agevolazioni fiscali, di strumenti per favorire la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, di un sistema di certificazione della parità di genere;

    per la prima volta l'Italia si è dotata di una Strategia nazionale per la parità di genere, che riprende i principi già definiti dalla Strategia europea per la parità di genere 2020/2025 e che si concentra sui temi del lavoro, del welfare, dell'educazione e della promozione della leadership femminile, con un substrato di approccio culturale, di linguaggio, di rimozione degli stereotipi che è condizione necessaria di qualsiasi politica attiva sulla parità di genere;

    il 26 agosto 2021 si è svolta a Santa Margherita Ligure, per la prima volta nell'ambito di un G20, la Conferenza sull'empowerment femminile, cui hanno partecipato i Ministri responsabili per le pari opportunità dei Paesi del G20, rappresentanti di organizzazioni internazionali, del mondo delle imprese, dell'accademia, con al centro stem, alfabetizzazione finanziaria e digitale, ambiente e sostenibilità da un lato, lavoro ed empowerment economico ed armonizzazione dei tempi di vita dall'altro;

    nel Piano nazionale di ripresa e resilienza sono previsti importanti specifici interventi, ma l'empowerment femminile e il contrasto alle discriminazioni di genere sono perseguiti quali obiettivi trasversali nell'ambito di tutte le componenti del Piano; la parità di genere è stata assunta come criterio di valutazione di tutti i progetti (gender mainstreaming) e tutto il Piano nazionale di ripresa e resilienza si caratterizza per una strategia integrata di riforme, istruzione e investimenti in infrastrutture sociali e servizi di supporto, per una piena parità di accesso, economica e sociale delle donne;

    sono molteplici le politiche di incentivazione all'imprenditoria femminile, di decontribuzione per incoraggiare l'assunzione di lavoratrici e di conciliazione tra lavoro e famiglia, messe in atto in favore dell'occupazione femminile, quali, a titolo esemplificativo, gli sgravi contributivi per chi assume donne o il Fondo a sostegno dell'imprenditoria femminile con una dotazione di 40 milioni di euro (20 per il 2021 e altrettanti per il 2022), ovvero il Fondo per l'assegno unico volto a riordinare e potenziare le misure di sostegno economico per i figli a carico e favorire la fruizione di servizi a sostegno della genitorialità;

    la violenza economica è una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare violenze in ambito familiare, soprattutto quando il partner detiene il potere economico, il controllo completo sulle finanze e sulle risorse familiari; fondamentale è, dunque, il sostegno economico alle vittime per aiutarle a conseguire l'indipendenza finanziaria dal partner violento. In tal senso gli strumenti di welfare e di sostegno ai percorsi di libertà e autonomia delle donne rivestono un ruolo estremamente importante;

    è in questa direzione che va l'istituzione del «reddito di libertà», un aiuto economico mensile per favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà;

    la misura rientra tra quelle emergenziali adottate in risposta alla crisi economica dovuta alla pandemia e incrementa di 3 milioni di euro, per l'anno 2020, il «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità», che è stato poi rifinanziato dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178, che destina risorse pari a 2 milioni di euro per il 2021 e 2 milioni di euro per il 2022. L'8 novembre 2022 l'Inps ha pubblicato sul suo sito la circolare relativa all'erogazione del reddito di libertà;

    certamente, si tratta di un'iniziativa importante, ma si può e si deve fare ancora di più: le drammatiche vicende di cronaca che si sentono, purtroppo, ormai ogni giorno reclamano interventi urgenti e incisivi. Occorre, oltre ad una maggiore sensibilizzazione al fenomeno, un cambiamento culturale che investa tutta la società per contrastare la cultura della violenza;

    in tale direzione va il micro-credito di libertà promosso dal precedente Governo in collaborazione con Abi e Federcasse, l'Ente nazionale per il microcredito (Enm e la Caritas);

    nel complesso, l'impegno e lo sforzo trasversale delle forze politiche hanno portato l'Italia ad avere un buon impianto normativo in tema di violenza maschile sulle donne. Da ultimo, nella XVIII legislatura, con le riforme del processo civile e del processo penale, che contengono norme attente ai problemi della violenza di genere, anche in attuazione della Convenzione di Istanbul;

    sul versante civile, con l'approvazione della «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», sono stati modificati anche i procedimenti relativi all'allontanamento dei minori dalla famiglia, alle controversie sull'esercizio della responsabilità genitoriale e all'affidamento familiare;

    con specifico riferimento alle donne vittime di violenza, si dà pieno riconoscimento alle disposizioni della Convenzione di Istanbul. La riforma introduce, infatti, una novità importante: il pieno riconoscimento della violenza contro le donne anche nel processo civile, in primis nelle cause di separazione e divorzio. Attraverso le misure previste si consentirà alla giustizia di difendere meglio donne e minori;

    sempre la riforma prevede che il consulente tecnico d'ufficio debba attenersi «ai protocolli e alle metodologie riconosciute dalla comunità scientifica». Inoltre, sempre nel medesimo disegno di legge, è prevista l'introduzione di specifici requisiti di competenza necessari per l'iscrizione dei professionisti in tale categoria. Interventi che mirano a rafforzare la base e la solidità scientifica delle perizie, quando vengono richieste dal giudice, sempre fatto salvo il suo obbligo di verificarne l'attendibilità;

    si ricorda che la sindrome da alienazione parentale non è riconosciuta dalla comunità scientifica e che la Corte di cassazione ha ribadito più volte che non si possono adottare provvedimenti giudiziari basati su soluzioni prive del necessario conforto scientifico. Ma, nonostante ciò, è sempre più utilizzata in sede giudiziale dalle consulenze tecniche d'ufficio quale causa per allontanare i minori principalmente dalle madri, definite alienanti, simbiotiche, malevole e manipolatrici per il solo fatto di aver denunciato le violenze e dato avvio alla separazione dal partner violento;

    la riforma prevede, inoltre, tra le altre cose, che i giudici dovranno ascoltare e rispettare la volontà espressa da bambini e ragazzi che rifiutano di vedere un genitore. Potranno avvalersi, se necessario, di professionisti specializzati, ma non potranno delegare ad altri i colloqui, che saranno videoregistrati. Sarà, dunque, il giudice ad accertare le cause del rifiuto, considerando eventuali episodi di violenza nella determinazione dell'affidamento dei figli. Si stabilisce, inoltre, che l'uso della forza pubblica per i prelievi in casa, in attuazione delle sentenze, avvenga solo come estrema ratio, cioè se è a rischio la vita del bambino/ragazzo;

    sul fronte penale, invece, il Parlamento ha approvato la legge 27 settembre 2021, n. 134, che delega il Governo ad operare, entro un anno, la riforma del processo penale. Tra le altre, rileva una disposizione immediatamente precettiva, una previsione che integra le norme a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere introdotte con legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso), estendendone la portata applicativa anche alle vittime dei suddetti reati in forma tentata e alle vittime di tentato omicidio;

    ciò nonostante, ancora oggi, le donne rischiano ancora di subire fenomeni di vittimizzazione secondaria derivanti dal contatto insoddisfacente con il sistema di giustizia penale, vivendo così un ulteriore trauma psico-emotivo. È, quindi, importante favorire, attraverso strumenti normativi, buone prassi e formazione mirata, integrata e permanente di tutti gli operatori coinvolti (anche sui contenuti della Convenzione di Istanbul) e, dunque, una cultura sociale e giudiziaria orientata alla tutela della vittima di genere. Un ulteriore elemento di vittimizzazione secondaria di cui occorre tenere conto è l'estrema durata del procedimento penale;

    il 29 ottobre 2021 si è concluso il processo di ratifica della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 del 2019 sulla violenza e le molestie nel mondo del lavoro, un'adesione che colloca l'Italia al nono posto nel mondo e al secondo in Europa tra i Paesi che hanno ratificato la Convenzione;

    i dati e la cronaca continuano a dire con evidenza che gli sforzi fin qui attuati a livello legislativo e istituzionale non sono ancora riusciti ad arginare e a ridurre questo fenomeno. Pur in presenza di un quadro normativo avanzato e di misure di protezione importanti, queste ultime spesso non vengono applicate o non vengono applicate in maniera abbastanza tempestiva. Serve, dunque, una maggiore capacità di valutazione del rischio e di lettura della pericolosità delle situazioni in cui si trovano le donne;

    quella culturale è certamente la sfida più grande da vincere, come si evince anche dalla narrazione che i media fanno della violenza sulle donne, che è ancora pervasa da stereotipi e sessismo. Spesso le notizie contengono elementi che giustificano gli uomini autori di violenza e il sensazionalismo mediatico accende i riflettori sul fenomeno, ma non aiuta ad andare a fondo, a capire le radici strutturali del problema e quindi a risolverlo. La donna diventa così vittima due volte: del reato e del racconto che di quella violenza viene fatta pubblicamente;

    con il decreto-legge «Infrastrutture e trasporti» n. 121 del 2021, approvato il 4 novembre 2021, sono state vietate affissioni e pubblicità sulle strade, ma anche su mezzi pubblici o privati, che abbiano contenuti con «messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell'appartenenza etnica, oppure discriminatori con riferimento all'orientamento sessuate, all'identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche»;

    la violenza maschile contro le donne chiama in causa la relazione tra donne e uomini. L'educazione svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo delle capacità che aiuteranno i bambini e le bambine a creare rapporti sani, in particolare insegnando la parità di genere, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti, la violenza di genere, il rispetto della libertà delle donne;

    è fondamentale anche lavorare sulla formazione per abbattere stereotipi e pregiudizi e favorire un cambiamento culturale anche di polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, psicologi, periti e tutti coloro che vengono a contatto con la violenza sulle donne. Quando le donne trovano la forza di denunciare devono trovare dall'altra parte persone che credono a ciò che dicono e che conoscono il ciclo della violenza. Perché la violenza va letta correttamente e in tempo utile;

    nell'era del web la violenza, come è noto, corre anche in rete e le donne sono le principali vittime del discorso d'odio on line, il cosiddetto hate speech;

    il 16 settembre 2021 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale si chiede alla Commissione europea di includere la violenza di genere, sia on line che off line, come una nuova sfera di criminalità ai sensi dell'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea insieme ad altri crimini che devono essere combattuti su base comune, come il terrorismo, il traffico di esseri umani, di droga, di armi. I reati contro le donne diverrebbero pertanto «eurocrimini»;

    purtroppo, ancora oggi, nei mondi che vengono a contatto con la violenza sulle donne sono presenti molti pregiudizi. Pregiudizi che, uniti all'assenza di stigma sociale verso chi commette violenza sulle donne, possono comportare un'errata valutazione del rischio da parte degli operatori delle reti di protezione della donna vittima di violenza, con conseguente assenza di misure di protezione adeguate che possono avere come conseguenza il femminicidio. Troppo spesso dalle cronache giudiziarie emergono situazioni nelle quali il soggetto violento, trasformatosi in omicida di genere, non risultava sottoposto ad alcuna misura, pur avendo la donna più volte denunciato la violenza subita;

    la scelta di una donna vittima di violenza di affidare il racconto della propria storia alle forze dell'ordine va accolta con capacità e professionalità: chiedere aiuto è un punto di arrivo che segna il passaggio tra il passato e il futuro. Per queste ragioni chi accoglierà tale affidamento, e soprattutto il modo in cui lo farà, può segnare una grande differenza nel prosieguo del viaggio di rinascita della donna;

    da non sottacere, infine, la gravissima situazione delle donne in Iran. Per la legge iraniana le donne e le ragazze che si mostrano in pubblico senza indossare il velo, o indossandolo in modo non appropriato, possono essere punite con una pena detentiva, la fustigazione o un'ammenda; la «Gasht-e Ershad», la cosiddetta polizia «morale», è solita fermare sistematicamente e casualmente per strada donne e ragazze, insultandole e minacciandole o aggredendole fisicamente con atti che equivalgono a vere e proprie pene crudeli, disumane e degradanti, in palese violazione del diritto internazionale e della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (International covenant on civil and political rights, Iccpr), di cui l'Iran è firmatario;

    il 13 settembre 2022 Mahsa Jina Amini, cittadina iraniana di origini curde, è stata arrestata a Teheran, capitale dell'Iran, dalla cosiddetta polizia «morale», con l'accusa di non aver indossato nel modo corretto lo hijab, strumento utilizzato per sottomettere e controllare le donne e, con esse, l'intera società iraniana;

    dopo il decesso di Mahsa Jina Amini, secondo testimonianze cagionato dalle percosse subite durante il trasferimento in carcere, decine di migliaia di cittadini iraniani, provenienti da tutti i segmenti della società, hanno partecipato, con grande coraggio, a manifestazioni antigovernative in tutto il Paese, al grido di «Donne, Vita, Libertà». I manifestanti – donne e uomini, giovani e anziani, scesi per le strade in ogni angolo del Paese – stanno rischiando la vita non per chiedere piccole riforme, ma perché sia posta fine all'insopportabile «regime di apartheid di genere». Molte donne, di tutte le province dell'Iran, si stanno togliendo il velo, sventolandolo in segno di libertà o bruciandolo. Il liberarsi del velo, il simbolo dell'oppressione, ha un forte valore simbolico: tolto l'hijab, l'intero sistema teocratico al potere dal 1979 è destinato a crollare. Per tale motivo queste proteste stanno assumendo di giorno in giorno il carattere di una vera e propria rivoluzione pacifica;

    il regime iraniano continua a dipingere queste proteste come un complotto straniero, capeggiato da Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele, dai loro mercenari e dai «traditori iraniani» residenti all'estero che starebbero fomentando le proteste e i disordini; nella repressione delle proteste il regime ha incrementato l'uso della forza e minaccia l'utilizzo della pena di morte. Le forze di sicurezza e le milizie paramilitari Basiji, oltre a sparare contro i manifestanti con gas lacrimogeni e cartucce di vernice, utilizzano ormai anche munizioni vere ad altezza d'uomo;

    duecentoventisette deputati iraniani, su duecentonovanta complessivi, hanno chiesto «una sentenza divina», con la condanna a morte di tutti i manifestanti. Emblematico è il caso del giovane Saman Yasin, un rapper curdo iraniano, condannato alla pena di morte per aver «dichiarato guerra a Dio» per il suo sostegno social alle proteste per la morte di Mahsa Amini;

    l'11 novembre 2022 gli ambasciatori di Germania e Islanda presso le Nazioni Unite a Ginevra hanno richiesto la convocazione di una sessione speciale del Consiglio dei diritti umani dell'Onu per affrontare il deterioramento della situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica dell'Iran, in particolare per quanto riguarda donne e bambini;

    il 14 novembre 2022 il Consiglio degli affari esteri dell'Unione europea ha aggiunto ulteriori 29 persone e tre entità all'elenco dei soggetti sottoposti a sanzioni per violazioni di diritti umani in Iran, includendovi i quattro membri della squadra che ha arrestato Mahsa Amini, i capi provinciali delle forze dell'ordine iraniane (Lef) e del corpo delle guardie della rivoluzione islamica (Irgc), nonché il generale di brigata Kiyumars Heidari, comandante delle forze di terra dell'esercito iraniano, per il loro ruolo nella brutale repressione delle proteste. L'Unione europea ha inserito nella lista anche l'emittente televisiva di Stato iraniana Press Tv, come responsabile della produzione e della trasmissione delle confessioni forzate dei detenuti;

    è doveroso plaudere ed esprimere vicinanza alle ragazze, ai ragazzi, alle donne e agli uomini iraniani, che, pur consapevoli di rischiare la propria incolumità e condanne draconiane, compresa la pena capitale, lottano in modo non violento rivendicando il proprio diritto a protestare pacificamente e ad esprimere liberamente le proprie richieste e opinioni;

    la lotta contro ogni forma di violenza sulle donne deve proseguire e perseguire i diritti di tutte le donne in tutte quelle parti del mondo ove i loro più elementari diritti sono ignorati e soppressi con inaudita violenza,

impegna il Governo:

1) a proseguire nelle politiche di contrasto alla violenza nei confronti delle donne e alla violenza domestica quali prioritarie nell'azione di Governo, coerentemente con le disposizioni nazionali, europee e internazionali di riferimento al fine di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul;

2) ad assumere iniziative volte a portare a termine i decreti attuativi previsti dalla legge 5 maggio 2022, n. 53, «Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere», al fine di garantire un flusso informativo strutturato, continuo e rigoroso sulla violenza contro le donne, poter mettere a punto politiche efficaci di prevenzione e contrasto, monitorando il fenomeno e consentendo di stimare la parte sommersa dei diversi tipi di violenza – fisica, sessuale, psicologica, economica – considerando anche l'eventuale presenza di figli minori;

3) a proseguire e potenziare le iniziative per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato ad interagire con la vittima: polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario;

4) ad adottare iniziative per implementare le risorse destinate al Fondo per le politiche relative alle pari opportunità e, più in generale, a tutte le politiche per la prevenzione e il contrasto di ogni forma di violenza contro le donne e per la promozione di un'effettiva parità di genere, nonché al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo «anti-tratta» e agli indennizzi per le vittime di reati intenzionali violenti e per gli orfani di femminicidio;

5) a proseguire nella promozione di adeguate campagne di informazione e sensibilizzazione sulla violenza contro le donne e sulla violenza domestica, che stimolino pubblici dibattiti e favoriscano lo sviluppo di adeguate politiche di prevenzione, anche attraverso il coinvolgimento dei mass media e della carta stampata;

6) a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a istituire, anche in collaborazione con i centri antiviolenza, corsi di autodifesa personale destinati alle donne;

7) ad adoperarsi per quanto di competenza al fine di dare attuazione alle risultanze e alle raccomandazioni contenute nella relazione conclusiva dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere della XVIII legislatura;

8) a valutare la possibilità di adottare iniziative per introdurre strumenti per potenziare la protezione delle vittime di violenza in occasione della concessione della misura cautelare, quali il divieto di avvicinamento o l'ordine di allontanamento, attraverso un maggiore utilizzo e il potenziamento del dispositivo di «braccialetto elettronico», valutando, altresì, la possibilità di aumentare il numero di cavigliere elettroniche a doppio dispositivo gps e a metterle nelle disponibilità del Ministero della giustizia;

9) a valutare la possibilità di attuare iniziative per migliorare la circolazione di informazioni tra tribunale civile e penale, onde evitare situazioni paradossali di affidamento congiunto in caso di violenza intra-familiare, nonché per modificare il sistema attualmente vigente nel processo penale, al fine di consentire l'ingresso nel procedimento al difensore della vittima nei termini più ampi possibili rispetto all'attuale disciplina;

10) a dare piena ed efficace attuazione al Piano nazionale antiviolenza per il triennio 2021-2023, individuando le priorità di intervento;

11) ad adoperarsi al fine di promuovere iniziative per rafforzare le politiche e le risorse necessarie, volte a implementare progetti e percorsi di educazione finanziaria, per le donne vittime di violenza, al fine di prevenire e contrastare la violenza economica, nonché di favorire l'autonomia, l'empowerment e l'integrazione lavorativa delle donne, nella fase di uscita dall'esperienza di violenza;

12) ad adottare iniziative specifiche per contrastare la violenza on line, comprese le molestie on line e l'istigazione all'odio verso le donne;

13) ad adottare le iniziative necessarie volte a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico;

14) a valutare la possibilità di porre in essere iniziative per l'introduzione nelle scuole della figura professionale dello psicologo scolastico e dell'insegnamento dell'intelligenza emotiva per aiutare i giovani studenti a superare forme di disagio e prevenire ogni possibile sentimento di discriminazione, affinché tali malesseri non si trasformino in età adulta in forme di violenza contro le donne;

15) ad assumere sempre nuove iniziative volte a potenziare i percorsi di assistenza e di supporto psicologico per le donne che hanno subito una violenza e per i loro familiari, con particolare attenzione per i minori vittime di violenza assistita, anche attraverso lo sviluppo di una capillare rete di servizi socio-sanitari e assistenziali dotati di specifiche professionalità, come psicologi e psicoterapeuti;

16) a favorire iniziative per incentivare l'inserimento delle vittime di violenza nel mondo del lavoro;

17) ad adottare iniziative per garantire che le risorse ripartite nella Conferenza Stato-regioni siano erogate con regolarità e puntualità, monitorando l'effettivo trasferimento delle risorse ai centri antiviolenza e alle case rifugio presenti sul territorio, riducendo le disparità regionali nell'offerta dei servizi alle vittime di violenza;

18) ad adottare le opportune iniziative volte a integrare la relazione al Parlamento, di cui all'articolo 5-bis del decreto-legge n. 93 del 2013, con un'informativa sulle attività della cabina di regia prevista per dare impulso alle politiche di prevenzione e contrasto della violenza;

19) ad avviare una mappatura dei centri di terapia per soggetti maltrattanti e valutare l'efficacia dei percorsi intrapresi;

20) ad assumere iniziative per incoraggiare il settore privato, il settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e i mass media, nel rispetto della loro indipendenza e libertà di espressione, ad adottare norme di autoregolamentazione per prevenire la violenza contro le donne e rafforzare il rispetto della loro dignità, anche promuovendo una comunicazione improntata al pieno rispetto della dignità culturale e professionale delle donne;

21) ad assumere iniziative per introdurre, nell'ambito delle istituzioni scolastiche, percorsi e progetti mirati a garantire l'educazione delle nuove generazioni alla parità tra uomo e donne, all'affettività, nonché a definire linee guida che forniscano indicazioni per includere nei programmi scolastici i temi del contrasto alla violenza sulle donne;

22) a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a prevedere percorsi specifici in carcere per gli autori di reati di violenza sessuale sulle donne e di sfruttamento della prostituzione, inclusi interventi sulla normativa che disciplina l'ordinamento penitenziario volti a rendere obbligatoria per i detenuti per reati contro le donne la destinazione di una percentuale del reddito generato da lavoro in favore del risarcimento delle vittime;

23) ad adoperarsi al fine di favorire misure a sostegno dello sport, quale veicolo di inclusione sociale, di prevenzione ai disagi giovanili e alle forme di violenza e discriminazione contro le donne;

24) a monitorare i risultati raggiunti dai centri per uomini autori di violenza di genere e, a seguito del monitoraggio, a valutare l'opportunità di favorire la presenza degli stessi in ogni regione per avviare un percorso di responsabilizzazione, prevenzione e repressione dei reati di violenza;

25) a valorizzare il ruolo degli enti locali nel contrasto alla violenza sulle donne;

26) ad adoperarsi per promuovere, nel contesto europeo, azioni diplomatiche affinché lo Stato iraniano cessi di reprimere con la violenza manifestazioni pubbliche e la libertà di espressione.
(1-00005) (Nuova formulazione) «Polidori, Varchi, Bisa, Lupi, Cattaneo, Foti, Molinari, Marrocco, Cavo, Vietri, Matone, Semenzato, Caretta, Morrone, Ciaburro, Sudano, Chiesa, Bellomo, Lucaselli, Ravetto, Mantovani, Cavandoli, Schifone, Almici, Ambrosi, Amich, Amorese, Antoniozzi, Baldelli, Benvenuti Gostoli, Buonguerrieri, Caiata, Calovini, Cangiano, Cannata, Caramanna, Cerreto, Ciancitto, Ciocchetti, Colombo, Colosimo, Comba, Congedo, Coppo, De Bertoldi, De Corato, Deidda, Di Giuseppe, Di Maggio, Dondi, Donzelli, Filini, Frijia, Gardini, Giordano, Giorgianni, Giovine, Iaia, Kelany, La Porta, La Salandra, Lampis, Lancellotta, Longi, Loperfido, Maccari, Maerna, Maiorano, Malagola, Malaguti, Marchetto Aliprandi, Mascaretti, Maschio, Matera, Matteoni, Mattia, Maullu, Messina, Michelotti, Milani, Mollicone, Morgante, Mura, Osnato, Padovani, Palombi, Pellicini, Perissa, Pietrella, Polo, Pozzolo, Pulciani, Raimondo, Rampelli, Rizzetto, Roscani, Angelo Rossi, Fabrizio Rossi, Rosso, Rotelli, Rotondi, Ruspandini, Gaetana Russo, Sbardella, Schiano Di Visconti, Rachele Silvestri, Testa, Trancassini, Tremaglia, Tremonti, Urzì, Vinci, Volpi, Zucconi, Zurzolo».


   La Camera,

   premesso che:

    il 25 novembre si celebra nel mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, una ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite;

    con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul), la quale precisa che «con l'espressione “violenza nei confronti delle donne” si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata»;

    il 29 ottobre 2021 si è concluso il processo di ratifica della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 del 2019 sulla violenza e le molestie nel mondo del lavoro, un'adesione che colloca l'Italia al nono posto nel mondo e al secondo in Europa, tra i Paesi che hanno ratificato la Convenzione;

    il nostro Paese, in particolare da ultimo il Governo Draghi, ha profuso un notevole impegno per una piena applicazione della Convenzione di Istanbul, sia con un'ampia implementazione normativa sia con un approccio strategico e risorse per attuare gli assi previsti da tale Convenzione: prevenzione, protezione, persecuzione dei colpevoli e promozione dell'autonomia delle donne;

    la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio per il 2022), in particolare il comma 149 dell'articolo 1, ha reso strutturale l'adozione, da parte del Governo, di un Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica e ha delineato un sistema di governance composto da una cabina di regia interistituzionale e da un osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica. Il nuovo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023, presentato in Consiglio dei ministri il 18 novembre 2021 in continuità con il primo Piano strategico nazionale introdotto per il triennio 2017-2020, è articolato per assi, in linea con la Convenzione di Istanbul: prevenzione, protezione e sostegno, perseguire e punire, assistenza e promozione. A ciascun asse sono associate specifiche priorità, che affrontano le dimensioni più significative della violenza maschile sulle donne. Tale Piano è il risultato di un lavoro condiviso, che ha visto il coinvolgimento della cabina di regia nazionale (amministrazioni centrali, regioni e autonomie locali), delle parti sociali e delle principali realtà associative attive nel settore della prevenzione e del contrasto della violenza di genere;

    la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere ha approvato nella XVIII legislatura la «Relazione sulla governance dei servizi antiviolenza e sul finanziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio», approvata il 14 luglio 2020, e la «Relazione sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere: prevenire e trattare la violenza maschile sulle donne per mettere in sicurezza le vittime», approvata il 16 febbraio 2022;

    a partire nel disegno di legge di bilancio per l'anno 2022, lo stanziamento delle risorse a favore dei centri antiviolenza e case rifugio è stato reso strutturale, evitando un rinnovo di volta in volta che produce inevitabilmente ritardi e precarietà; con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 settembre 2022 sono state potenziate le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso il finanziamento ai centri antiviolenza e agli altri servizi di assistenza; nello specifico, vengono attribuiti a tali strutture 30 milioni di euro, ripartite in egual misura tra i centri antiviolenza e le case rifugio, e una somma di 10 milioni di euro agli interventi regionali, secondo le specifiche esigenze della programmazione territoriale, per un ammontare complessivo di risorse pari a 40 milioni di euro (10 milioni in più rispetto al 2021); è stata, inoltre, potenziata l'azione di monitoraggio e valutazione del Dipartimento sul corretto utilizzo delle risorse finanziarie a partire dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di riparto delle risorse tra le regioni del 2019 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 dicembre 2019). La revisione dell'intesa del 27 novembre 2014 sui requisiti minimi dei centri antiviolenza e case rifugio ha raggiunto l'intesa in sede di Conferenza unificata in data 14 settembre 2022;

    è stato adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di ripartizione delle risorse stabilite nelle leggi di bilancio 2020 e 2022 a favore dei programmi e centri per gli uomini autori di violenza, per un ammontare totale di 9 milioni di euro. Si è finalizzato, in stretta collaborazione con le regioni, un documento recante indicazioni sui requisiti per i centri per uomini autori o potenziali autori di violenza di genere. Tale documento costituisce un rilevante elemento di novità, in quanto consente di dotare il settore di una disciplina specifica e di regolamentare l'accreditamento e la definizione degli standard di qualità dei servizi, al fine di evitare che possano operare realtà senza la dovuta esperienza e qualifica, in linea con la Convenzione di Istanbul, per prevenire e interrompere la violenza anche al fine di evitare la recidiva. Il rispetto dei requisiti previsti dall'intesa sui centri per uomini autori o potenziali autori di violenza di genere costituirà condizione necessaria per accedere ai finanziamenti pubblici. L'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni sui requisiti minimi dei centri per uomini autori o potenziali autori di violenza di genere è stata sancita il 14 settembre 2022;

    con la legge di bilancio per il 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205, articolo 1, commi 279-280) è stato istituito un fondo per l'erogazione di borse di studio e contributi per l'inserimento lavorativo degli orfani per crimini domestici; il fondo, rifinanziato negli anni successivi e reso attuativo con decreto interministeriale 21 maggio 2020, n. 71, rappresenta, insieme a quello per le vittime di reati intenzionali violenti, un importante strumento di sostegno per gli orfani, vittime anch'essi della violenza maschile;

    la violenza contro le donne, in prevalenza nell'ambito domestico e delle relazioni affettive, in Italia è un fenomeno strutturale e diffuso e rappresenta uno dei maggiori ostacoli al conseguimento dell'uguaglianza di genere. Nei casi più estremi la violenza contro le donne può portare al femminicidio, quasi sempre epilogo drammatico di una storia di violenza e abusi, spesso vissuti in solitudine;

    in base ai dati del Ministero dell'interno del 13 novembre 2022, relativamente al 2022, sono stati registrati 261 omicidi, con 96 vittime donne, di cui 84 uccise in ambito familiare/affettivo; di queste, 49 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner;

    le donne con disabilità hanno una probabilità di essere vittime di violenza da due a cinque volte superiore rispetto alle donne non disabili, frequentemente nell'ambito delle relazioni domestiche, a causa della posizione di maggiore fragilità e vulnerabilità sofferta;

    la legge 23 aprile 2009, n. 38, che ha convertito in legge il decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, recante «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori», ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità un servizio telefonico di pubblica utilità per tutelare vittime di violenza e di atti persecutori. Tale servizio di pubblica utilità, raggiungibile al n. 1522 o via app, attivo 24 ore su 24, tutti i giorni dell'anno svolge un ruolo centrale nel quadro delle politiche di supporto alle vittime di violenza e stalking ed opera anche in chiave di prevenzione. Le campagne che ne promuovono la diffusione hanno negli ultimi anni rappresentato un'azione importante per sensibilizzare l'opinione pubblica e dare piena informazione alle donne vittime di violenza. Tra queste hanno svolto un ruolo importante le campagne istituzionali promosse dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità (tra cui «Sblocca il coraggio» e «Libera puoi»), in particolare durante la pandemia, come ha certificato l'Istat, e le altre numerose campagne volte a sensibilizzare l'opinione pubblica, tra cui la campagna «Non è normale che sia normale» con adesione di UNWomen;

    la violenza economica è una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare violenze in ambito familiare, soprattutto quando il partner detiene il potere economico, il controllo completo sulle finanze e sulle risorse familiari; fondamentale è, dunque, il sostegno economico alle vittime per aiutarle a conseguire l'indipendenza finanziaria dal partner violento. In tal senso gli strumenti di welfare e di sostegno ai percorsi di libertà e autonomia delle donne rivestono un ruolo estremamente importante;

    va in questa direzione l'istituzione nella XVIII legislatura del reddito di libertà (articolo 105-bis del decreto-legge n. 34 del 2020), consistente in un contributo economico, stabilito ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2020, per un importo massimo di 400 euro mensili pro capite per 12 mensilità, erogato dall'Inps alle donne vittime di violenza che ne fanno richiesta, seguite dai centri antiviolenza; le risorse attribuite al fondo per l'anno 2020 ammontavano a 3 milioni di euro; queste sono state incrementate dalle leggi di bilancio per gli anni 2021 e 2022 di ulteriori 9 milioni di euro; sempre in tale direzione va il microcredito di libertà in collaborazione con Abi e Federcasse, l'Ente nazionale per il microcredito e la Caritas, con un fondo di garanzia di 3 milioni di euro a carico del Dipartimento per le pari opportunità;

    fondamentali sono le iniziative di prevenzione al fine di informare le donne sui loro diritti in ambito economico e finanziario, su come riconoscere la violenza economica ed eliminarla dalla propria vita. In tal senso, l'educazione finanziaria è uno strumento importante per accelerare il processo di uscita dalla violenza e per favorire percorsi di inclusione delle donne che vogliono riprendere in mano la loro vita; l'importanza dell'educazione finanziaria come leva di una fattiva partecipazione delle donne alla vita del nostro Paese è stata indicata con grande chiarezza nella Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2025;

    sul versante processual-civilisitico, importanti novità sono state introdotte con la legge n. 206 del 2021, recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», che introduce il pieno riconoscimento della violenza contro le donne anche nel processo civile, in primis nelle cause di separazione e divorzio; la riforma prevede, tra l'altro, che il consulente tecnico d'ufficio debba attenersi «ai protocolli e alle metodologie riconosciute dalla comunità scientifica» e l'introduzione di specifici requisiti di competenza necessari per l'iscrizione dei professionisti in tale categoria;

    a tal proposito si ricorda che la sindrome da alienazione parentale non è riconosciuta dalla comunità scientifica e che la Corte di cassazione ha ribadito più volte che non si possono adottare provvedimenti giudiziari basati su soluzioni prive del necessario conforto scientifico. Ma, nonostante ciò, è sempre più utilizzata in sede giudiziale dalle consulenze tecniche d'ufficio quale causa per allontanare i minori principalmente dalle madri, definite alienanti, simbiotiche, malevole e manipolatrici, per il solo fatto di aver denunciato le violenze e dato avvio alla separazione dal partner violento. La riforma prevede, inoltre, tra le altre cose, che i giudici dovranno ascoltare e rispettare la volontà espressa da bambini e ragazzi che rifiutano di vedere un genitore;

    sul fronte penalistico, invece, sono stati compiuti notevoli progressi, a partire dall'introduzione del reato di stalking nel 2009, cui è seguito il decreto-legge n. 93 del 2013 che interviene sul codice penale con disposizioni volte a prevenire e reprimere la violenza domestica e di genere; da ultimo, la legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso) ha rafforzato le tutele processuali delle vittime di reati violenti, con particolare riferimento ai reati di violenza sessuale e domestica; infine, tra le norme introdotte in sede parlamentare alla legge delega 27 settembre 2021, n. 134, si segnala una previsione che estende la portata applicativa delle norme a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere introdotte dal «codice rosso» anche alle vittime dei suddetti reati in forma tentata e alle vittime di tentato omicidio. Si inserisce, tra i delitti per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza, quello di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, colmando un vulnus presente nel «codice rosso» che esponeva la vittima a un grave pericolo per la sua incolumità;

    era stato presentato dalla Ministra per le pari opportunità e la famiglia, dalla Ministra dell'interno e dalla Ministra della giustizia il disegno di legge atto Senato n. 2530, recante «Disposizioni per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica», che interveniva con modifiche ai codici penale, di procedura penale, alle leggi antimafia e alle misure di prevenzione (decreto legislativo n. 159 del 2011) e ad alcune leggi speciali, al fine di rendere maggiormente efficace l'impianto delle misure di prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne. Tale disegno di legge non ha tuttavia completato il suo iter e per questo la proposta è stata già ripresentata nella XIX legislatura, sia alla Camera che al Senato (atto Camera n. 439 Bonetti e atto Senato n. 237 Gelmini);

    molte sono, altresì, le misure approvate nella XVIII legislatura, da Governo e Parlamento, volte a promuovere con decisione politiche per garantire la parità di genere, incrementare l'occupazione femminile, sostenere l'indipendenza economica, l'autonomia e l'emancipazione delle donne;

    nel luglio 2021 per la prima volta l'Italia si è dotata di una Strategia nazionale per la parità di genere, che riprende i principi già definiti dalla Strategia europea per la parità di genere 2020/2025 e che si concentra sui temi del lavoro, del welfare, dell'educazione e della promozione della leadership femminile, con un substrato di approccio culturale, di linguaggio, di rimozione degli stereotipi che è condizione necessaria di qualsiasi politica attiva sulla parità di genere;

    nel Piano nazionale di ripresa e resilienza l'empowerment femminile e il contrasto alle discriminazioni di genere sono perseguiti come obiettivi trasversali nell'ambito di tutte le componenti del Piano; in questa direzione va la clausola di condizionalità e premialità definita ai sensi dell'articolo 47 del decreto-legge n. 77 del 2021 («decreto semplificazioni»); con decreto interministeriale del 7 dicembre 2021 sono state adottate le «Linee guida volte a favorire le pari opportunità di genere e generazionali, nonché l'inclusione delle persone con disabilità nei contratti pubblici finanziati con le risorse del PNRR e del PNC», con cui sono definiti le modalità e i criteri applicativi delle misure previste, indicate misure premiali e predisposti modelli di clausole da inserire nei bandi di gara;

    quella culturale è certamente la sfida più grande da vincere, come si evince anche dalla narrazione che i media fanno della violenza sulle donne che è ancora pervasa da stereotipi e sessismo. La donna diventa così vittima due volte: del reato e del racconto che di quella violenza viene fatta pubblicamente;

    l'educazione svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo delle capacità che aiuteranno i bambini e le bambine a creare rapporti sani, in particolare insegnando la parità di genere, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti, la violenza di genere, il rispetto della libertà delle donne, così come previsto dal V Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva per l'infanzia e l'adolescenza (decreto del Presidente della Repubblica del 25 gennaio 2022);

    è fondamentale lavorare sulla formazione degli operatori per abbattere stereotipi e pregiudizi e favorire un cambiamento culturale anche di polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, psicologi, periti e tutti coloro che vengono a contatto con la violenza sulle donne. Quando le donne trovano la forza di denunciare devono trovare dall'altra parte persone che credono a ciò che dicono e che conoscono il ciclo della violenza, perché la violenza va letta correttamente e in tempo utile, come previsto dal Piano per il contrasto alla violenza;

    la vittimizzazione secondaria è un rischio a cui sono sottoposte le donne vittime di violenza, come evidenziato nella «Relazione sulla vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l'affidamento e la responsabilità genitoriale», approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere nella seduta del 20 aprile 2022. Emblematica la sentenza del 27 maggio 2021 con cui l'Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per violazione dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (diritto al rispetto della vita privata e familiare), non avendo tutelato l'immagine, la privacy e la dignità di una giovane donna che aveva denunciato di essere stata violentata da sette uomini: nella sentenza con cui sono stati definitivamente assolti tutti gli imputati, è stato infatti utilizzato, a parere dei giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo, un «linguaggio colpevolizzante e moraleggiante che scoraggia la fiducia delle vittime nel sistema giudiziario» per la «vittimizzazione secondaria cui le espone»; una preoccupazione in questo senso era stata manifestata anche dal Grevio nel suo recente rapporto sull'applicazione della Convenzione di Istanbul in Italia, laddove si sottolinea la «presenza di stereotipi persistenti nelle decisioni dei tribunali sui casi di violenza»;

    nell'era del web la violenza corre anche in rete e le donne sono le principali vittime del discorso d'odio on line; il 16 settembre 2021 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale si chiede alla Commissione europea di includere la violenza di genere, sia on line che off line, come una nuova sfera di criminalità ai sensi dell'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea insieme ad altri crimini che devono essere combattuti su base comune, come il terrorismo, il traffico di esseri umani, di droga, di armi. I reati contro le donne diverrebbero pertanto «eurocrimini»;

    in ambito internazionale, un tema che suscita preoccupazione è quello delle mutilazioni genitali femminili; come confermato da una ricerca del Dipartimento per le pari opportunità del 2018, il fenomeno è diffuso anche nel nostro Paese, dove tali pratiche hanno coinvolto o rischiano di coinvolgere le ragazze di alcune particolari nazionalità; per tale ragione, in aderenza a quanto previsto dalla Convenzione di Istanbul, il tema è oggetto di apposita sezione nell'ambito del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023;

    in attuazione dell'articolo 37 della Convenzione di Istanbul, il nostro Paese ha introdotto un'apposita fattispecie all'articolo 558-bis del codice penale per punire i matrimoni forzati; alla repressione bisogna, tuttavia, coniugare l'attività di informazione e sensibilizzazione affinché le potenziali vittime siano informate sui loro diritti e sugli strumenti per tutelarli;

    la crisi pandemica prima e gli eventi internazionali poi hanno determinato la necessità di rafforzare l'azione volte a prevenire e contrastare il fenomeno della tratta di esseri umani; in tale ambito, a seguito degli eventi bellici interessanti il territorio ucraino, è stata sottoscritta una convenzione con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per il potenziamento delle attività di sostegno ai rifugiati svolte sulle frontiere;

    è stato approvato in data 19 ottobre 2022 dal Consiglio dei ministri il nuovo Piano nazionale d'azione contro la tratta e lo sfruttamento di essere umani, frutto di un percorso ampio e condiviso tra i soggetti istituzionali coinvolti e il terzo settore;

    le donne sono tra le principali vittime di violenza nei contesti di guerra e di violazione dei diritti umani, basti pensare alla violenza subita dalle donne ucraine da parte dell'esercito russo, alle gravissime violazioni dei diritti umani che le donne afgane stanno subendo sin dalla riconquista militare dell'Afghanistan da parte dei talebani, alla crudele repressione e alla violenza che stanno subendo a seguito del loro coraggio le donne iraniane che, dopo la morte di Masha Amini, continuano nella legittima rivendicazione dei propri diritti,

impegna il Governo:

1) a dare piena ed efficace attuazione al Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne per il triennio 2021-2023, con particolare attenzione:

   a) alla formazione degli operatori, affinché tutti coloro che vengono a contatto con donne vittime di violenza siano adeguatamente preparati per riconoscere la violenza sulle donne, valutare il rischio che corrono e garantire, tramite risorse idonee, il pieno accesso a una protezione giuridica e ad un'assistenza adeguata;

   b) all'educazione nelle scuole, al fine di destinare le risorse necessarie a promuovere temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati e la violenza di genere, attraverso la formazione del personale della scuola e i programmi scolastici;

   c) al tema della disabilità, al fine di rispondere alle peculiari problematiche che devono affrontare le ragazze e le donne con disabilità vittime di violenza non soltanto nella fase della denuncia, ma anche nel successivo percorso di assistenza, di cura e di individuazione di percorsi per l'uscita dalla violenza;

   d) al tema dell'accesso alle strutture sanitarie attraverso percorsi agevolati, garantendo la diffusione in tutto il territorio nazionale del «codice rosa», nell'ottica di un continuum assistenziale e di presa in carico globale;

2) ad adottare iniziative volte ad aumentare le risorse strutturali destinate ai centri antiviolenza e alle case rifugio e a dare piena attuazione al processo di monitoraggio previsto sull'utilizzazione delle risorse da parte delle regioni, potenziando la governance centrale del sistema, anche al fine di evitare disparità a livello territoriale;

3) a potenziare, per quanto di competenza, i programmi di trattamento per gli uomini autori di violenza contro le donne, secondo le linee di intervento indicate dalla «Relazione sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere: prevenire e trattare la violenza maschile sulle donne per mettere in sicurezza le vittime», approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, che il Senato della Repubblica ha fatto propria con l'approvazione di una risoluzione all'unanimità il 25 maggio 2022;

4) ad adottare iniziative per incrementare ulteriormente le risorse destinate al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti e il Fondo per il sostegno agli orfani di crimini domestici e di reati di genere alle famiglie affidatarie, al fine di rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un femminicidio;

5) ad adottare iniziative per rendere strutturale le risorse per il reddito di libertà, per favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà, e ad implementare progetti e percorsi di educazione finanziaria e di supporto all'autonomia, all'empowerment e all'integrazione lavorativa delle donne nella fase di uscita dall'esperienza di violenza;

6) a dare efficace e piena attuazione alla Strategia nazionale per la parità di genere, con particolare attenzione alle iniziative volte ad incrementare l'occupazione femminile, anche aumentando le risorse destinate al Fondo per le pari opportunità;

7) ad adottare iniziative specifiche per eliminare la violenza on line, comprese le molestie on line e l'istigazione all'odio verso le donne, e ad adottare iniziative per sensibilizzare gli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e informazione rispettosa della rappresentazione di genere, in particolare della figura femminile;

8) a dare piena attuazione alla Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 del 2019;

9) ad attuare per quanto di competenza il Piano nazionale «antitratta» e incrementare le risorse destinate al Fondo «antitratta», a portare avanti ogni azione di contrasto alla pratica delle mutilazioni genitali femminili, a promuovere ogni iniziativa possibile per eliminare il fenomeno dei matrimoni forzati;

10) sul piano europeo, a sostenere la Commissione europea nelle iniziative volte ad attuare la strategia contro la violenza maschile contro le donne, ad adoperarsi perché venga dato seguito alla risoluzione con la quale si chiede alla Commissione europea di presentare una proposta di decisione del Consiglio volta all'inserimento della violenza di genere tra i cosiddetti «eurocrimini», a promuovere la ratifica della Convenzione di Istanbul da parte di tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa;

11) sul piano internazionale, ad adottare e sostenere le più opportune iniziative diplomatiche per la tutela delle donne, dando seguito, in particolare, all'appello per la tutela delle donne in Afghanistan prodotto in occasione della Conferenza G20 sull'empowerment delle donne e alla dichiarazione congiunta del G7 di Berlino di ottobre 2022 sulle donne ucraine e iraniane;

12) a favorire, per quanto di competenza, l'iter parlamentare delle proposte di legge in materia di prevenzione e di contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica.
(1-00015) «Richetti, Benzoni, Bonetti, Bonifazi, Boschi, Carfagna, Castiglione, Enrico Costa, D'Alessio, Del Barba, De Monte, Faraone, Gadda, Giachetti, Grippo, Gruppioni, Marattin, Pastorella, Rosato, Ruffino, Sottanelli».


   La Camera,

   premesso che:

    nel 2002 l'Organizzazione mondiale della sanità ha evidenziato come la prima causa di uccisione nel mondo delle donne tra i 16 e i 44 anni sia l'omicidio da parte di persone conosciute, in particolare da parte di partner ed ex partner;

    il rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità del 2013, la prima grande rilevazione globale mai effettuata sugli abusi fisici e sessuali subiti dalle donne in tutte le regioni del pianeta (141 ricerche in 81 Paesi), ha configurato la violenza contro le donne come una questione strutturale globale. Lungi dall'essere un fenomeno emergenziale, è risultato essere infatti strutturale ed endemico: il 35,6 per cento delle donne subisce nel corso della propria vita una qualche forma di violenza maschile; l'inchiesta ha, inoltre, evidenziato come le donne vittima di violenza, rispetto alle altre, abbiano il doppio di probabilità di soffrire di depressione, più del doppio di avere problemi mentali o di soffrire di alcolismo; sono più soggette a malattie virali e maggiormente esposte a tentativi di suicidio; complessivamente le vittime degli omicidi compiuti all'interno della famiglia sono per l'82 per cento di sesso femminile se a compiere l'omicidio è il partner;

    i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità diffusi nel 2013 sono stati confermati in Italia dall'Istat che nel 2014 ha rilevato come il 31,5 per cento delle donne italiane tra i 16 e i 70 anni abbia subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Un diverso rapporto Istat del 2018 relativo alle molestie sul luogo di lavoro ha anche messo in luce come, nel corso della loro vita, 1.100.000 donne (pari al 7,5 per cento delle lavoratrici) abbia subito ricatti sessuali per ottenere un lavoro, per mantenerlo o per ottenere progressioni nella carriera;

    negli anni '90 l'adozione di un termine specifico per indicare queste tipologie di reati fu una scelta politica: la categoria criminologica del «femicide» (femmicidio) evidenziava che il reato di omicidio volontario colpiva le donne in maniera specifica nell'ambito familiare, spesso con motivazioni che poggiavano su una cultura discriminatoria, che viene definita patriarcale, e attraversa tutti i Paesi del mondo;

    assegnare un termine specifico ha consentito di rendere visibile il fenomeno, studiarlo, potenziare l'efficacia delle risposte punitive. Il termine «femmicidio» (femicide) è stato diffuso con questo significato per la prima volta da Diana E.H. Russell, sociologa e attivista femminista, che, nel 1992, attraverso l'utilizzo di questa nuova categoria criminologica, ha «nominato» la causa principale degli omicidi nei confronti delle donne: una violenza estrema da parte dell'uomo contro la donna «perché donna»;

    il concetto di «femmicidio», così ideato da Diana E.H. Russell, si estende al di là della definizione giuridica di assassinio, per includere tutte quelle situazioni in cui la morte della donna rappresenta l'esito o la conseguenza di atteggiamenti o pratiche sociali misogine. Questo neologismo, successivamente, è stato ripreso dalle sociologhe, antropologhe e criminologhe messicane che, a partire dalla denuncia della natura misogina delle barbare mutilazioni e uccisioni di donne i cui corpi sono stati rinvenuti nei pressi di Ciudad Juàrez, verificando come molto spesso questi fatti fossero agevolati dall'inefficacia delle risposte istituzionali al fenomeno della violenza maschile sulle donne, hanno coniato la categoria sociologica del «femminicidio» per descrivere ogni forma di discriminazione e violenza rivolta contro la donna perché donna. In particolare, questa teorizzazione ritiene che «tutte le società patriarcali hanno usato e continuano a usare il femminicidio come forma di punizione e controllo sociale sulle donne»;

    il femminicidio, nella più moderna concezione, si configura, quindi, come un fenomeno strutturale ed endemico, che va al di là degli assassinii delle donne e riguarda tutte le forme di discriminazione e violenza di genere, indirizzate ad annullare la donna nella sua identità e libertà di autodeterminazione non soltanto fisicamente, ma anche nella dimensione psicologica, nella socialità, nella partecipazione alla vita pubblica. Usando le definizione di Marcele Lagarde, infatti, femminicidio è «la forma estrema di violenza di genere contro le donne, prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine – maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria, istituzionale – che comportano l'impunità delle condotte poste in essere, tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l'uccisione o nel tentativo di uccisione della donna stessa, o in altre forme di morte violenta di donne e bambine: suicidi, incidenti, morti o sofferenze fisiche e psichiche comunque evitabili, dovute all'insicurezza, al disinteresse delle istituzioni e all'esclusione dallo sviluppo e dalla democrazia»;

    la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne è una ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999. L'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come data della ricorrenza e ha invitato i Governi, le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative a organizzare in quel giorno attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sul fenomeno della violenza maschile contro le donne;

    la data della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne segna anche l'inizio dei «16 giorni di attivismo contro la violenza di genere» che precedono la Giornata mondiale dei diritti umani stabilita per il 10 dicembre di ogni anno, promossi nel 1991 dal Center for Women's global leadership e sostenuti dalle Nazioni Unite, per sottolineare che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani;

    la risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999 definisce la violenza contro le donne «qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata»;

    la violenza contro le donne è ritenuta, nel testo della risoluzione, una manifestazione delle «relazioni di potere storicamente ineguali» fra i sessi, uno dei «meccanismi sociali cruciali» di dominio e discriminazione con cui le donne vengono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini per impedirne il loro avanzamento sociale;

    partendo dalle deliberazioni della Terza e Quarta Conferenza mondiale sulle donne svoltesi a Nairobi nel 1985 e a Pechino nel 1995, con la partecipazione di rappresentanti di 140 nazioni, la risoluzione inserisce questo tema nella più ampia questione dei diritti umani, sottolinea come la violenza contro le donne rappresenti un ostacolo al raggiungimento dell'uguaglianza, dello sviluppo e della pace e come si renda necessaria l'adozione di misure volte a prevenire ed eliminare tutte le forme di discriminazione, con particolare riguardo alle donne maggiormente vulnerabili (appartenenti a gruppi minoritari, indigeni, donne rifugiate, donne migranti, donne che vivono in comunità rurali o remote, donne indigenti, anziane, con disabilità e donne che si trovano in situazioni di conflitto armato);

    con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza; la Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica sia nella sfera privata; la Convenzione interviene, inoltre, specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, che non colpisce solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini e anziani, ai quali si applicano le medesime norme di tutela;

    ne consegue, per gli Stati, l'obbligazione di garantire alle donne una vita libera da ogni forma di violenza, declinata come «obbligazione delle 5 P»: to promote, promuovere una cultura che non discrimini le donne; to prevent, adottare ogni misura idonea a prevenire la violenza maschile sulle donne; to protect, proteggere le donne che vogliono fuggire dalla violenza maschile; to punish, perseguire i crimini commessi nei confronti delle donne; to procure compensation, risarcire – non solo economicamente – le vittime di violenza sulle donne;

    i dati, drammaticamente similari anno dopo anno, riportano che in Italia, ogni tre giorni viene compiuto un femminicidio. È quanto emerge anche dal dossier annuale del Ministero dell'interno, che rileva come, tra il 1° agosto 2021 e il 31 luglio 2022, nel nostro Paese siano state uccise 125 donne, dato peraltro in aumento rispetto alla precedente rilevazione;

    nello stesso lasso di tempo, sono state registrate anche 15.817 denunce per stalking, oltre a 3.100 ammonimenti del questore e 361 allontanamenti per lo stesso reato. Numeri che mostrano quanto sia ancora radicata, nel nostro Paese, la piaga della violenza di genere. Peraltro, le rilevazioni evidenziano come gran parte degli episodi di violenza rimangano sommersi: secondo l'Istat, «è elevata la quota di donne che non parlano con nessuno della violenza subita»; «i tassi di denuncia», prosegue l'istituto di statistica, «riguardano il 12,2 per cento delle violenze commesse da partner e il 6 per cento di quelle da non partner». Dal dossier annuale del Ministero dell'interno emerge un altro dato decisivo: 108 vittime su 125 sono state uccise «in ambito familiare o affettivo». Fra queste, sono ben 68 le donne assassinate da un uomo con cui avevano, o avevano avuto in passato, una relazione;

    l'assenza, in ambito europeo, di una definizione unica e di regole comuni impedisce che venga affrontato il problema in modo sinergico fra gli Stati, nonostante il fatto che la maggior parte dei Paesi dell'Unione europea disponga di leggi per contrastare la violenza basata sul genere e sull'orientamento sessuale. Per tale motivo il Parlamento europeo è tornato più volte a chiedere una normativa europea a tale riguardo, che consentirebbe la definizione di standard giuridici comuni, nonché la previsione di sanzioni penali minime in tutta l'Unione europea; il completamento dell'adesione dell'Unione europea alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica resta una priorità;

    in ambito nazionale diversi sono gli interventi normativi che di recente, soprattutto nel corso della XVII e della XVIII legislatura, hanno tentato un approccio risolutivo multidisciplinare. A titolo esemplificativo, si indicano: la cosiddetta legge sul femminicidio (decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, in materia di contrasto alla violenza di genere); l'introduzione dell'articolo 14, comma 6, della legge 7 agosto 2015, n. 124, «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», che prevede la possibilità per una donna, dipendente pubblica, vittima di violenza di genere e inserita in specifici percorsi di protezione, di chiedere il trasferimento in un'amministrazione di un comune diverso da quello in cui risiede; l'articolo 1, comma 16, della legge 13 luglio 2015, n. 107, «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» per cui nel piano triennale dell'offerta formativa di ogni scuola viene promossa la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e sensibilizzare sul tema studenti, docenti e genitori; l'articolo 24 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, «Congedo per le donne vittime di violenza di genere»; l'articolo 11 della legge 7 luglio 2016, n. 122, «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2015-2016. (16G00134)», che stabilisce il diritto all'indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti; il decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 212, «Attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI»; la legge 11 gennaio 2018, n. 4, «Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici»; la legge 19 luglio 2019, n. 69, «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere»; il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2020, «Reddito di libertà per le donne vittime di violenza»; la legge 5 maggio 2022, n. 53, «Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere»;

    un corposo lavoro parlamentare è stato, inoltre, portato avanti dalla Commissione d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, istituita al Senato della Repubblica nel corso della XVIII Legislatura e che ha concluso i propri lavori il 6 settembre 2022 con l'approvazione della relazione conclusiva; fra i dati, di particolare interesse l'ultima indagine condotta sulla vittimizzazione secondaria dal titolo «Separazioni e genitorialità tra responsabilità e diritti: la violenza negata». La relazione ha, infatti, messo in luce le falle dei tribunali civili e dei tribunali per i minorenni sulla violenza domestica, anche e soprattutto rispetto all'affidamento dei figli;

    il Governo adotta piani straordinari a cadenza biennale per contrastare la violenza contro le donne; dopo l'emanazione nel 2015 del primo Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere e del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, è stato recentemente adottato il terzo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne per il biennio 2021-2023, il quale prevede un'articolazione in 4 assi tematici (prevenzione, protezione e sostegno, perseguire e punire, assistenza e promozione) secondo le linee indicate dalla Convenzione di Istanbul, a ciascuna delle quali si ricollegano specifiche priorità;

    la Convenzione di Istanbul, all'articolo 18, stabilisce che gli Stati firmatari si impegnano ad «evitare la vittimizzazione secondaria», che consiste nel far rivivere le condizioni di sofferenza a cui è stata sottoposta la vittima di un reato ed è spesso riconducibile alle procedure delle istituzioni susseguenti ad una denuncia, o comunque all'apertura di un procedimento giurisdizionale. La vittimizzazione secondaria è una conseguenza spesso sottovalutata proprio nei casi in cui le donne sono vittima di reati di genere e l'effetto principale è quello di scoraggiare la presentazione della denuncia da parte della vittima stessa;

    la Corte europea dei diritti dell'uomo ha accolto il ricorso della avvocata Rossella Benedetti dell'ufficio legale di «Differenza Donna» per una donna seguita dal centro antiviolenza casa rifugio Villa Pamphili di regione Lazio; con il caso I.M. e altri contro l'Italia (ricorso n. 25426/20), ha condannato l'Italia per aver violato l'articolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e non protetto i figli minorenni di I.M., costringendoli per tre anni ad incontrare il padre accusato di maltrattamenti e nonostante lo stesso continuasse ad esercitare violenza e minacce durante gli incontri protetti disposti dal tribunale;

    il perdurare del fenomeno, nonostante i tentativi di intervento normativo in materia su più fronti, indica la necessità e l'urgenza di approntare misure di tutela che garantiscano il rispetto dei diritti delle donne vittime di violenza e dei minori implicati; per tale motivo è di tutta evidenza essenziale proseguire e intensificare le attività volte ad ottenere un reale cambiamento culturale e il definitivo superamento del sistema culturale patriarcale; altrettanto fondamentale risulta essere l'adeguata formazione professionale di tutti gli operatori coinvolti;

    è, quindi, indispensabile predisporre un quadro sistematico di interventi che metta al centro donne e uomini e che punti alla sensibilizzazione delle giovani e giovanissime generazioni;

    è altresì, indispensabile rafforzare gli strumenti esistenti e idearne di nuovi da mettere a disposizione delle donne che decidano di denunciare o comunque allontanarsi dal maltrattante o di coloro le quali si trovino comunque ad essere vittime di comportamenti violenti ad opera maschile, per tutelare la loro incolumità nell'ambito del contesto di vita che hanno scelto, e prevederne degli altri per sostenerle nel percorso verso l'autodeterminazione, anche economica;

    risulta, inoltre, non più procrastinabile la risoluzione delle lacune normative e delle criticità esistenti nel sistema giudiziario processuale civile e penale, che rallenta o talvolta addirittura ostacola la tutela delle donne vittime di violenza maschile e la loro autodeterminazione,

impegna il Governo:

1) a valutare di assumere iniziative in relazione alla predisposizione obbligatoria, con cadenza annuale, di un progetto di azione contro la violenza sessuale e di genere;

2) a prevedere iniziative concrete per sostenere adeguatamente la rete nazionale dei centri antiviolenza e delle case rifugio, con stanziamento di adeguate risorse economiche, garantendo in ogni territorio la presenza di centri gestiti da soggetti con adeguata esperienza, laici e non confessionali, capaci di assicurare indipendenza, rispetto della cultura e dell'orientamento religioso delle utenti e personale adeguatamente e costantemente; assicurando, inoltre, l'aggiornamento costante della mappatura dei centri antiviolenza del Dipartimento per le pari opportunità e adottando, infine, le iniziative di competenza per garantire che la violenza contro le donne sia affrontata tramite un coordinamento efficace tra autorità nazionali, regionali e locali e in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale;

3) ad adottare iniziative per rendere omogenei, su tutto il territorio nazionale, norme e finanziamenti per le azioni di contrasto alla violenza contro le donne e per incrementare le risorse destinate al Fondo contro la violenza e le discriminazioni di genere, al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo «anti-tratta» e, in generale, a tutte le politiche per la promozione della parità di genere e per la prevenzione ed il contrasto di ogni forma di violenza contro le donne;

4) ad adottare iniziative per garantire la promozione, da parte dei media, della soggettività femminile, nonché l'introduzione di efficaci meccanismi di monitoraggio e di intervento sanzionatorio su comportamenti mediatici e comunicativi di ogni tipo che esprimano una visione stereotipata dei generi;

5) ad adottare ogni iniziativa di competenza per contrastare efficacemente la violenza di genere sui social network;

6) a porre in essere le iniziative ritenute opportune affinché nella comunicazione istituzionale e nell'attività della pubblica amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere nel linguaggio, anche evitando l'utilizzo di un unico genere nell'identificazione di funzioni e ruoli, nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne;

7) ad adottare iniziative per potenziare il raccordo fra scuola, servizi territoriali e consultori familiari e per adolescenti al fine di intervenire più efficacemente quanto alle politiche educative sull'uguaglianza e sul rispetto delle differenze, nonché per introdurre e finanziare adeguatamente, inoltre, progetti extra-scolatici rivolti agli studenti delle scuole dell'obbligo e miranti all'educazione al rispetto delle differenze, all'affettività, alla sessualità e ai sentimenti;

8) a dare attuazione, per quanto di competenza, alle risultanze e alle raccomandazioni contenute nelle relazioni e nei documenti dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere della XVIII legislatura, promuovendo iniziative normative, anche di carattere fiscale, e amministrative volte ad accompagnare o orientare le donne vittime di violenza nel percorso verso l'autodeterminazione;

9) a promuovere, nelle scuole di ogni ordine e grado, l'educazione alla differenza ed uguaglianza tra i sessi, nonché la prevenzione della violenza di genere, attraverso il potenziamento di specifici percorsi di formazione del personale docente nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa, promuovendo altresì l'introduzione dell'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione e nei corsi di studio universitari;

10) ad adottare un piano straordinario per l'occupazione femminile e politiche e misure efficaci per le imprese femminili;

11) a prevedere gli opportuni interventi contro la disparità economica e nell'accesso alle risorse ed alle opportunità;

12) a prevedere ogni opportuno intervento normativo atto a strutturare la sicurezza sul lavoro in considerazione delle specifiche differenze tra occupazione femminile e maschile;

13) a dare concreta applicazione alla Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190, «contrasto alle molestie, molestie sessuali e violenze sul posto di lavoro», ratificata dall'Italia ed ancora non introdotta nella normativa nazionale;

14) ad adottare iniziative volte a garantire piena partecipazione delle donne nei luoghi delle decisioni e al governo delle istituzioni, a partire da quelle pubbliche ed elettive;

15) ad adottare ogni opportuna iniziativa normativa volta a consentire il reale e pieno riconoscimento dell'indennità di caregiver, considerato il ruolo decisivo svolto dalle donne anche in questo ambito;

16) ad intervenire sulle infrastrutture sociali a sostegno delle neomamme, prevedendo spazi di socialità, scambio e relazione, anche in assenza di reti familiari e di vicinato;

17) a promuovere compagne e progetti comunicativi e informativi sul rispetto della parità, declinato in rapporto alla cogenitorialità e alla condivisione dei compiti di cura nelle famiglie;

18) ad adottare le opportune iniziative normative affinché vengano cancellati gli ostacoli di reddito e di limiti territoriali nell'accesso agli asili nido;

19) ad adottare iniziative normative al fine di introdurre un congedo di maternità obbligatorio retribuito al 100 per cento per almeno 2 mesi prima + 6 dalla data del parto, nonché uno del padre che non sia alternativo a quello della madre e per una maggiore durata rispetto ad oggi;

20) ad adottare iniziative in ogni sede opportuna, anche normativa, affinché, in caso di accertata violenza maschile contro le donne, il riconoscimento di uno stato di pericolo per la donna non comporti l'isolamento della vittima, ma l'allontanamento del maltrattante;

21) ad adottare iniziative in ogni sede in ogni sede ritenuta opportuna perché venga valorizzata e tutelata la relazione materna attraverso il riconoscimento dei danni del maltrattamento sulla donna, con misure di tutela della figura materna che non prevedano l'allontanamento del minore dalla madre se non in casi di effettiva necessità, ma che sostengano la ricostruzione e il riequilibrio del legame affettivo;

22) ad adottare iniziative normative finalizzate alla modifica della legge 8 febbraio 2006, n. 54, in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso, in modo tale da garantire che la violenza domestica non venga equiparata a conflittualità e la condivisione dell'affido venga modulata contemperando la specificità delle cause della separazione;

23) ad adottare ogni iniziativa atta a porre al centro dell'azione legislativa la serenità e il benessere psico-fisico dei minori coinvolti, il cui sviluppo emotivo non può esistere con una bigenitorialità imposta e violenta;

24) ad adottare iniziative per stanziare risorse adeguate da destinare alla formazione di tutte le operatrici e gli operatori abitualmente coinvolti nella gestione delle situazioni di violenza sulle donne: magistrate e magistrati, avvocate e avvocati, forze dell'ordine, personale medico e infermieristico, assistenti sociali;

25) ad adottare iniziative per promuovere efficacemente una cultura sociale e giudiziaria maggiormente orientata alla tutela della vittima, anche attraverso iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione nei luoghi di socialità, di svago, di cura e benessere delle donne, agevolando, altresì, l'emersione dei casi di violenza domestica;

26) ad adottare iniziative per potenziare il «reddito di libertà» e sostenere concretamente le donne vittime di violenza, fino a quando non ottengano una reale indipendenza economica;

27) ad adottare iniziative per destinare adeguati fondi ai percorsi di reinserimento sociale delle donne vittime di violenza e dei loro figli, nel contesto abitativo in cui hanno determinato di vivere;

28) ad adottare iniziative normative volte ad introdurre, in caso di violenza accertata nei confronti della madre, l'affidamento esclusivo in capo a quest'ultima, con limitazioni al diritto di visita paterno che tengano in debito conto del benessere psico-fisico dei minori coinvolti;

29) ad adottare iniziative normative per prevedere il divieto all'imposizione della frequentazione di percorsi di coordinamento genitoriale o di mediazione familiare in caso di accertata violenza contro la donna, in ottemperanza a quanto disposto dalla Convenzione di Istanbul (punto 1 dell'articolo 48);

30) ad adottare iniziative normative per introdurre e per migliorare la condivisione dei dati relativi ai fascicoli e la collaborazione fra i magistrati tra tribunale civile e penale, affinché si scongiuri l'ipotesi di affidamento congiunto in caso di violenza domestica;

31) ad adottare iniziative normative volte a stanziare fondi adeguati per introdurre opportuni ed efficaci strumenti di protezione delle vittime di violenza, in caso di concessione della misura cautelare in favore del maltrattante;

32) ad adottare iniziative, in stretto raccordo con le regioni, affinché, al fine di garantire l'autodeterminazione delle donne rispetto al contesto familiare, in tutto il territorio nazionale la contraccezione sia garantita alle stesse gratuitamente nei consultori e presso il medico di famiglia e vengano applicate le nuove linee guida per la somministrazione della pillola abortiva RU486 deliberate dal Ministero della salute, che annullano l'obbligo di ricovero e allungano il periodo in cui si può ricorrere al farmaco fino alla nona settimana di gravidanza.
(1-00017) «Zanella, Evi, Ghirra, Piccolotti, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Grimaldi, Mari, Soumahoro, Zaratti».


   La Camera,

   premesso che:

    la violenza degli uomini sulle donne – alla cui base sono radicati misoginia, sessismo, discriminazione e un insostenibile divario di genere in termini sociali, lavorativi, salariali, culturali – rappresenta una tra le più gravi e profonde violazioni dei diritti umani a livello globale;

    il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza degli uomini contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999;

    questa particolare giornata fornisce un'occasione ai Governi, alle istituzioni nazionali, alle organizzazioni internazionali e alle organizzazioni non governative sia per organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica, sia per individuare sempre migliori strategie finalizzate allo sradicamento di un fenomeno ormai strutturale;

    la cronaca quotidiana in Italia e nel mondo dimostra che non si può affrontare e sconfiggere la crescente ferocia degli uomini nei confronti di donne e bambine, in qualunque forma essa si manifesti – dalla violenza fisica a quella psicologica, dalla violenza domestica a quella economica, dall'odio in rete al revenge porn, dalla tratta allo sfruttamento, dallo stalking alle molestie e allo stupro, fino all'apice del femminicidio – senza correlarla al tema dell'uguaglianza di genere, della parità e delle pari opportunità, obiettivi ancora mancati;

    è un bollettino pressoché quotidiano quello delle vittime di violenza che rischia di trasformarsi in un orribile esercizio di contabilità, per assuefazione, e di privarle del loro nome, della loro storia, causando un danno non solo individuale, ma alla collettività, con un gravissimo depauperamento del tessuto sociale e culturale;

    le pandemie e i conflitti hanno come portato aggiuntivo, e come dato pressoché ricorrente, il peggioramento della condizione delle donne e un'esasperazione della violenza maschile contro le donne;

    nell'ultimo decennio per dotarsi di strumenti il più possibili adeguati è stato compiuto un importante sforzo in termini di mutazione e innovazione del quadro normativo, sia a livello nazionale che sovranazionale, così come nella pianificazione di interventi e strumenti più aderenti alle necessità emergenti;

    il 2021 è stato il 25° anniversario della Dichiarazione di Pechino dell'Onu a favore dell'emancipazione femminile e del miglioramento della condizione delle donne in tutto il mondo, ma la strada da percorrere per la parità di genere è ancora lunga;

    l'attenzione del nostro Paese e di tutta la comunità internazionale deve rimanere viva sull'Iran, dove donne e ragazze coraggiose stanno protestando nelle piazze contro il regime dopo la morte di Mahsa Amini, barbaramente uccisa per mano della polizia «morale» per non aver indossato il velo correttamente e per tutte le donne uccise, offese e brutalizzate da questo regime, così come non deve essere dimenticata la condizione delle donne afghane, che dalla presa del potere dei talebani nel 2021 vedono un'inarrestabile erosione dei loro diritti, anche i più elementari, tanto che le donne e le ragazze afghane non possono più studiare, lavorare o più semplicemente uscire di casa senza la supervisione di un uomo;

    il raggiungimento della parità tra uomini e donne è uno degli obiettivi dell'Unione europea: negli anni, la legislazione, la giurisprudenza e le modifiche dei Trattati hanno contribuito a consolidare questo principio e la sua applicazione all'interno dell'Unione europea;

    nel corso della XVIII legislatura è stata istituita una Commissione parlamentare di inchiesta monocamerale sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, che ha svolto un'intensa attività di audizioni e di inchiesta al fine di far emergere il fenomeno in tutti i suoi aspetti, a seguito delle quali ha approvato diverse relazioni, tra le quali quella sulle misure per rispondere alle problematiche delle donne vittime di violenza dei centri antiviolenza, delle case rifugio e degli sportelli antiviolenza e «anti-tratta» nella situazione di emergenza epidemiologica da COVID, sui dati riguardanti la violenza di genere e domestica nel periodo di applicazione delle misure di contenimento per l'emergenza da COVID-19, sulla governance dei servizi antiviolenza e sul finanziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio, la relazione relativa al rapporto sulla violenza di genere e domestica nella realtà giudiziaria, la relazione sul contrasto alla violenza di genere, una prospettiva comparata sulle mutilazioni genitali femminili, una sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere e quella sulla vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l'affidamento e la responsabilità genitoriale; un lavoro approfondito e articolato, dunque, che ha analizzato trasversalmente tutti i diversi piani che interessano il fenomeno della violenza, con il contributo proficuo di tutti i commissari, delle tante associazioni che si occupano di violenza e dei centri antiviolenza, dei consulenti dei tribunali e degli uffici giudiziari;

    dal lavoro della Commissione è scaturita anche l'approvazione della legge 5 maggio 2022, n. 53, «Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere», volta a disciplinare la raccolta di dati e di informazioni sulla violenza di genere: con l'approvazione di questa legge l'Italia si è finalmente dotata di una normativa per la raccolta sistematica e integrata dei dati sulla violenza contro le donne, sul femminicidio e sui cosiddetti reati-spia: violenza psicologica ed economica, stalking, maltrattamenti e violenze sessuali, la cui intercettazione aiuta a intervenire tempestivamente e a prevenire un'escalation, un'importante vittoria in linea con la Convenzione di Istanbul;

    tali risultati hanno determinato il Partito democratico a presentare anche per la XIX legislatura una proposta di istituzione di una Commissione di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, stavolta bicamerale, proprio per evidenziare l'importanza e la trasversalità dell'azione che ha svolto, e che ancora deve svolgere, il Parlamento per mezzo della stessa, rinnovando l'attenzione e l'ascolto che ha fatto sì che tante donne, vittime di violenza, spesso alle prese con procedimenti civili o penali lunghi e faticosi, si siano rivolte alla Commissione stessa per chiedere verifiche e indicazioni o, comunque, per sentire le istituzioni al loro fianco;

    dal lavoro svolto è emersa l'importanza di rafforzare la rete per sostenere le donne, le bambine e i bambini in uscita dalla violenza con le associazioni e i centri antiviolenza, nonché, tra le priorità di intervento, l'esigenza di una necessaria formazione e specializzazione di tutto il personale che interviene con donne e minori vittime di violenza, a partire da tutti gli operatori della giustizia;

    il contrasto al fenomeno della violenza, infatti, passa anzitutto per una battaglia culturale, attraverso il superamento degli stereotipi e i pregiudizi contro le donne che troppo spesso albergano anche in chi si occupa di violenza, nei tribunali e non solo. Negli ultimi anni dai casi riportati dalle cronache è, inoltre, emerso un elemento di particolare allarme. In sempre più casi, per evitare il femminicidio non basta la denuncia che le donne fanno con coraggio e spesso non bastano neppure le misure adottate, come l'allontanamento, e in alcuni casi non è sufficiente neanche la condanna per stalking: circostanze che, a fronte di un quadro normativo robusto, di cui negli anni si è dotata l'Italia, indicano un vulnus che riguarda l'applicazione rapida e tempestiva delle misure di protezione. Un vulnus che, inoltre, finisce con l'operare come fattore deterrente per le altre donne, spingendole a non denunciare;

    durante i lavori che hanno condotto al varo della legge 19 luglio 2019, n. 69, nota come «codice rosso», con un emendamento del Partito democratico, la Camera aveva approvato all'unanimità l'introduzione del reato del cosiddetto revenge porn, per contrastare la diffusione di video o immagini a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate;

    tuttavia, poiché il fenomeno non accenna a diminuire, è evidente la presenza di un «baco» che impedisce la reale efficacia delle misure già predisposte per il contrasto alla violenza di genere;

    il contesto internazionale rappresenta uno spazio utile alla promozione di iniziative di contrasto alla violenza contro le donne, espressione in realtà del potere di un sesso (quello maschile) sull'altro (quello femminile, appunto), un potere materiale che, in alcuni contesti nella sua strutturalità, viene mistificato invocando le ragioni della tradizione e dell'identità culturale. La violenza contro le donne rimane, come ha peraltro evidenziato espressamente la 57° Commissione sullo stato delle donne – Commission on the status of women delle Nazioni Unite nel 2013, una pratica generalizzata di controllo che richiede e impone, per la sua riduzione, una serie di riforme legislative e cambiamenti culturali, frutto di processi complessi e di lungo termine, che necessitano di capacità di negoziazione e contrattazione tra i diversi soggetti coinvolti e tra interessi e culture diverse;

    nel corso della XVII legislatura il primo atto parlamentare fu la ratifica – con legge 27 giugno 2013, n. 77 – della cosiddetta Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza;

    la Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica sia nella sfera privata; la Convenzione interviene, inoltre, specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, che non colpisce solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini e anziani, ai quali si applicano le medesime norme di tutela;

    negli ultimi anni si è scelto, e si ritiene di dover proseguire sulla medesima direttrice, di far procedere in parallelo i piani della prevenzione, della protezione delle vittime, della formazione e della repressione, sulla scorta delle indicazioni e dei principi della Convenzione di Istanbul. Il decreto-legge dell'agosto 2013 (il cosiddetto decreto contro il femminicidio) ha infatti per la prima volta definito con chiarezza la centralità e la peculiarità della violenza compiuta entro le mura domestiche da chi ha vincoli familiari o affettivi con la persona colpita; ha, inoltre, introdotto profonde modifiche processuali a tutela della vittima, con l'obiettivo, da un lato, di rafforzare gli strumenti repressivi, secondo un disegno che tenga conto delle caratteristiche delle violenze di genere, e, dall'altro, con l'intenzione di implementare gli strumenti volti a tutelare la vittima stessa. Ha poi introdotto misure di sostegno per le donne e i minori coinvolti nella fase processuale: modalità protette per le testimonianze, gratuito patrocinio, dovere del giudice di comunicare rispetto alle modifiche delle misure cautelari, processi più rapidi e l'estensione del permesso di soggiorno alle donne straniere vittime di violenza domestica slegato dal permesso del marito;

    per quanto riguarda la dotazione di strumenti «repressivi», di particolare rilievo appare l'introduzione di un'aggravante per gravi delitti violenti da applicare in caso di «violenza assistita», e cioè avvenuta in presenza di minori, con particolare riferimento al regime della querela di parte. In seguito, il cosiddetto codice rosso, legge 19 luglio 2019, n. 69, recante «modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere», ha poi riportato come circostanza aggravante ad effetto speciale (con aumento di pena fino alla metà) il caso in cui «il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità, come definita ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi». Viene, altresì, introdotto un nuovo ultimo comma nell'articolo citato, dove si dispone che «il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato». Il minore viene, dunque, considerato come persona offesa dal reato, seppur «non direttamente» vittima dei maltrattamenti e delle violenze agite. Nelle forme di violenza punite non rientrano solo i maltrattamenti fisici, ma altresì quelli psicologici: difatti, la donna è spesso vittima di insulti, offese e vessazioni; la querela è diventata irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate e aggravate. In tutti gli altri casi, comunque, una volta presentata la querela, la remissione potrà avvenire soltanto in sede processuale, ma il delitto resta perseguibile d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio, con la possibilità di disporre intercettazioni quando si indaga per stalking;

    si è agito, inoltre, introducendo importanti misure di prevenzione, quali l'ammonimento del questore anche per condotte di violenza domestica, sulla falsariga di quanto già previsto per il reato di stalking, l'allontanamento – anche d'urgenza – dalla casa familiare e l'arresto obbligatorio in flagranza dell'autore delle violenze. Per tentare di migliorare l'interazione tra chi subisce violenza e le autorità, sono stati poi inseriti specifici obblighi di comunicazione da parte dell'autorità e della polizia giudiziaria alla persona offesa e si sono previste modalità protette di assunzione della prova e della testimonianza di minori e di adulti particolarmente vulnerabili, inserendo, inoltre, i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e stalking tra quelli che hanno priorità assoluta nella formazione dei ruoli d'udienza, ed è stato esteso – con il decreto-legge n. 93 del 2013, la cosiddetta legge sul femminicidio – il gratuito patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito alle vittime dei reati di stalking, maltrattamenti in famiglia e mutilazioni genitali femminili;

    il decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 212, in vigore dal 20 gennaio 2016, aveva infatti recepito la direttiva 2012/29/UE del 25 ottobre 2012, che istituiva norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, e istituito il Fondo destinato al ristoro patrimoniale delle vittime di reati intenzionali violenti, che nel 2017 era stato dai Governi guidati dal Partito democratico incrementato e alimentato dalle somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria civile e che è stato in seguito ulteriormente implementato;

    con un emendamento alla legge di bilancio per il 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208) è stata approvata una norma che è successivamente entrata in vigore come comma 790 dell'articolo 1 della legge citata, con il quale si è introdotto un percorso di protezione, denominato «Percorso di tutela delle vittime di violenza», con la finalità di tutelare le persone vulnerabili vittime della altrui violenza, con particolare riferimento alle vittime di violenza sessuale, maltrattamenti o atti persecutori. Si tratta di una nuova modalità di accesso e di presa in carico alle strutture ospedaliere con la finalità di tutelare le vittime «vulnerabili», vittime di reati violenti e di abuso della persona affinché siano tempestivamente apprestate in loro favore forme di assistenza e di tutela predisposte in favore delle vittime vulnerabili; con questo scopo sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale nel 2017 le «Linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza»;

    il Parlamento nel corso della XVII legislatura ha approvato la legge n. 4 del 2018, volta a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico, che riconosce tutele processuali ed economiche ai figli minorenni e maggiorenni economicamente non autosufficienti della vittima di un omicidio commesso da: il coniuge, anche legalmente separato o divorziato; l'altra parte dell'unione civile, anche se l'unione è cessata; una persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza con la vittima. La medesima legge, inoltre, modifica il codice penale intervenendo sull'omicidio aggravato dalle relazioni personali. Rispetto alla norma vigente, che punisce l'uxoricidio (omicidio del coniuge) con la reclusione da 24 a 30 anni, il provvedimento aumenta la pena ed estende il campo d'applicazione della norma. Modificando l'articolo 577 del codice penale, infatti, è prevista la pena dell'ergastolo se vittima del reato di omicidio è: il coniuge, anche legalmente separato; l'altra parte dell'unione civile; la persona legata all'omicida da stabile relazione affettiva e con esso stabilmente convivente;

    con l'entrata in vigore della legge 17 ottobre 2017, n. 161, di riforma del «codice antimafia», agli indiziati di stalking potranno essere applicate nuove misure di prevenzione e, in particolare, sarà applicabile la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, a cui può essere aggiunto, se le circostanze del caso lo richiedano, il divieto di soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale o in una o più province. Qualora le altre misure di prevenzione non siano ritenute idonee, può essere imposto all'indiziato di atti persecutori l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale. Infine, con il consenso dell'interessato, anche allo stalker potrà essere applicato il cosiddetto braccialetto elettronico, una volta che ne sia stata accertata la disponibilità. La riforma del codice consente, inoltre, l'applicazione agli indiziati di stalking anche delle misure di prevenzione patrimoniali;

    un'altra misura per supportare le donne in fuoriuscita dalla violenza fu introdotta dalla legge n. 124 del 2015, recante «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», che ha previsto, tra l'altro, la possibilità per le lavoratrici pubbliche prese in carico da strutture antiviolenza di essere trasferite in un ufficio dell'amministrazione pubblica ubicato in un comune diverso da quello di provenienza;

    è stato, inoltre, istituito il «reddito di libertà» nel maggio 2020, con il cosiddetto decreto-legge rilancio, per rispondere specificatamente ai bisogni economici, causati dalla pandemia, delle donne in fuoriuscita dalla violenza; con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° giugno 2022, «Definizione dei criteri e ripartizione delle risorse del Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza, 2021 e 2022», sono stati definiti i criteri per la ripartizione delle risorse, volte a contenere i gravi effetti economici derivanti dall'emergenza epidemiologica sulle donne in condizione di maggiore vulnerabilità e a favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza e in condizione di povertà;

    il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, attuativo della delega contenuta nella legge 27 settembre 2021, n. 134, recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari», è intervenuto anche sulla disciplina in tema di particolare tenuità del fatto, ampliando l'ambito di operatività di questa causa di non punibilità che oggi è applicabile a tutti i reati puniti, nel minimo, con la pena della reclusione non superiore nel massimo a due anni, e precisando che l'articolo 131-bis del codice penale non potrà più applicarsi ai reati riconducibili alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011;

    con la riforma del processo civile, legge n. 206 del 2021, recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», viene riconosciuta piena dignità al tema della violenza sulle donne, anche nelle cause di separazione e divorzio; con questa riforma viene, inoltre, chiarita in modo definitivo l'infondatezza (e – si aggiunge – la pericolosità) della sindrome da alienazione parentale, sulla quale la Corte di cassazione ha emesso un'importante ordinanza che l'ha giudicata infondata, con motivazioni molto chiare e precise, poiché la legge prevede che il consulente tecnico d'ufficio debba attenersi «ai protocolli e alle metodologie riconosciute dalla comunità scientifica», nonché una più dettagliata richiesta di requisiti per i consulenti;

    questo complesso sistema di misure ad oggi, tuttavia, non appare sufficientemente efficace a sradicare la violenza il problema; la prevenzione rappresenta, infatti, la via maestra per risolvere questo fenomeno. È necessario un profondo e radicale cambiamento culturale e sociale, che l'impianto normativo deve accompagnare e favorire; la sfida del raggiungimento della parità di genere, fondamentale per contrastare la sottocultura della violenza degli uomini contro le donne, passa per l'eliminazione di barriere e ostacoli, quali, ad esempio, la situazione di inferiorità economica in cui si trovano endemicamente le donne nel nostro paese;

    secondo il Global gender gap report 2022 del World economic forum, l'impatto della pandemia sul divario di genere è stato pesantissimo: mentre l'economia globale entra nel suo terzo anno di continua perturbazione, ci vorranno altri 132 anni (rispetto ai 136 del 2021) per colmare interamente il gender gap;

    sul tema della parità salariale il Parlamento ha compiuto un fondamentale passo in avanti approvando la legge n. 162 del 2021, legge sulla parità salariale e di opportunità sul luogo di lavoro, che reca disposizioni volte a sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e a favorire la parità retributiva tra i sessi: passata con voto unanime alla Camera e al Senato dopo un iter molto lungo, con sei articoli dedicati alla parità salariale fra i generi, viene integrato il Codice delle pari opportunità del 2006, con l'obiettivo di ridurre la differenza di salario tra donne e uomini, e far emergere ogni discriminazione, anche indiretta, in ambito lavorativo, fornendo concretezza ai principi di equità già sanciti dalla Costituzione e dalla «legge Anselmi» del 1977 (legge 9 dicembre 1977, n. 903, «Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro»), un impianto normativo incredibilmente moderno che rischiava, però, di rimanere lettera morta;

    la Strategia europea per la parità di genere 2020-2025 e la Strategia nazionale italiana per la parità di genere affrontano il problema e indicano le politiche per ottenere la parità di retribuzione. Tra queste, il sostegno all'educazione nelle materie stem e digitali per le ragazze e le donne, così da facilitare l'accesso ai lavori del futuro negli ambiti green e digitali. Tra gli strumenti principali per contrastare questo fenomeno ci sono misure per l'armonizzazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, come quelle contenute nel Family act, interventi per una maggiore trasparenza sulle retribuzioni e una legislazione a supporto delle donne nei consigli di amministrazione delle società;

    con la legge di bilancio per il 2022 sono state introdotte importanti misure volte ad affrontare il gender gap: è stato, infatti, previsto l'esonero contributivo in caso di assunzioni di donne lavoratrici effettuate nel biennio 2021-2022, l'implementazione del Fondo per le politiche della famiglia per attuare misure organizzative che favoriscano le madri che rientrano a lavoro dopo il parto, l'assegnazione di risorse aggiuntive al Fondo di sostegno al venture capital, per sostenere investimenti nel capitale per progetti di imprenditoria femminile a elevata innovazione, l'incremento del Fondo pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri volto a favorire percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà, l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero delle imprese e del made in Italy, del Fondo a sostegno dell'impresa femminile, con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 destinato a promuovere e sostenere l'imprenditoria femminile, la costituzione nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di un fondo per finanziare misure a favore della parità salariale tra uomo e donna, nonché l'adozione di uno strumento per attuare la parità salariale, attribuita alle aziende per attestare le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre i divari su opportunità di crescita, parità salariale a parità di mansioni, gestione delle differenze di genere e tutela della maternità: le imprese potranno così ottenere uno sconto dell'1 per cento (fino a 50 mila euro all'anno) sui contributi da versare;

    il 29 ottobre 2021 l'Italia ha ratificato la Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190, diventando così il nono Paese al mondo ed il secondo in Europa a ratificare la Convenzione sull'eliminazione della violenza e molestie negli ambienti di lavoro, che insieme alla Raccomandazione n. 206 fornisce l'opportunità di definire un futuro del lavoro privo di violenza e molestie, il primo strumento internazionale a prevedere standard indirizzati a combattere violenza e molestie nell'ambiente di lavoro;

    è stato approvato il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne per gli anni 2021-2023;

    appare, inoltre, necessario sostenere e mettere a sistema le reti regionali socio-assistenziali e di sostegno alle donne e alle vittime di violenza di genere, con l'obiettivo non solo di assistere le vittime nel momento immediatamente successivo al compimento della violenza, ma anche per accompagnarle nel lungo, difficile percorso di ricostruzione di un'esistenza sicura e, per quanto possibile, serena, dotandosi di un approccio integrato, che coinvolge le strutture sanitarie, i medici, gli psicologi, ma anche gli avvocati, le forze dell'ordine, il mondo associativo, e che si avvalga e ponga basi comuni su un processo di formazione continua mirata, anche valorizzando i modelli regionali più virtuosi, promuovendo i protocolli di rete tra istituzioni e terzo settore per una presa in carico complessiva del fenomeno, e valutare di assumere le best practices locali anche a livello di strategia centrale;

    il rapporto di Action Aid sulla condizione femminile e il contrasto alla violenza di genere per il 2022 indica, tra l'altro, come cruciale, l'accesso ad una soluzione alloggiativa sicura ed economicamente sostenibile nel medio e lungo periodo quale uno dei bisogni primari delle donne in fuoriuscita dalla violenza: queste ultime, infatti, hanno una probabilità quattro volte superiore rispetto alle donne in generale di vivere situazioni di disagio abitativo e suggerisce di adottare per tutti gli aspetti del fenomeno della violenza sulle donne un approccio integrato;

    è necessario garantire e vigilare sull'applicazione omogenea, su tutto il territorio nazionale e in tutte le regioni, della legge 22 maggio 1978, n. 194, sull'interruzione volontaria di gravidanza, anche attraverso l'impegno delle istituzioni per un'adeguata informazione sessuale e sulla salute riproduttiva rivolta ai giovani e non solo, nonché per un effettivo accesso ai moderni metodi contraccettivi, per garantire il diritto all'autonomia decisionale della donna;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta una grande occasione per intervenire sulle disuguaglianze e sul gender gap: le proposte del Piano nazionale di ripresa e resilienza prevedono la digitalizzazione, l'innovazione, la competitività e la cultura, ovvero la promozione di posizioni dirigenziali di alto livello e incentivi per il corretto bilanciamento tra vita professionale e vita privata; investimenti nell'imprenditoria femminile digitale; un piano asili nido e di estensione del tempo pieno per semplificare la gestione della cura famigliare e l'occupazione femminile, uno specifico investimento nell'imprenditoria femminile, soprattutto nelle aree più critiche per la crescita professionale delle donne. In più, sono previste azioni per l'autonomia delle persone disabili che avranno effetti indiretti sull'occupazione femminile, nonché il rafforzamento dei servizi di prossimità e di supporto domiciliare;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha previsto, inoltre, un investimento significativo per le giovani donne, che beneficeranno di progetti nei campi dell'istruzione e della ricerca, come pure dello stanziamento di risorse per l'estensione del tempo pieno scolastico e per il potenziamento delle infrastrutture sportive (a tal proposito, è promossa l'attività motoria nella scuola primaria, in funzione di contrasto alla dispersione scolastica), nonché la previsione di una clausola di condizionalità per l'assunzione di almeno il 30 per cento di donne e giovani;

    per sottrarre nutrimento alla sottocultura della violenza di genere è necessario educare e formare, per sconfiggere l'ignoranza e combattere la diffusione di stereotipi e di notizie false: il ruolo della scuola appare, come sempre, centrale; si devono, dunque, predisporre e mettere a disposizione gli strumenti necessari a valorizzare le differenze ed educare i giovani alla cultura del rispetto e, proprio in questo senso, essa deve fornire strumenti e metodologie per il superamento di pregiudizi e stereotipi e per attivare tutti gli interventi di prevenzione, informazione e sensibilizzazione, anche per fornire maggiori strumenti per un uso consapevole del web e dei social network, anche in attuazione delle linee guida nazionali «Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione», in attuazione dei principi fondamentali di pari dignità e non discriminazione di cui all'articolo 3 della Costituzione;

    sul piano della comunicazione viene ancora riservata non sufficiente attenzione al ruolo che i media possono avere per consolidare una coscienza sociale diffusa di condanna del fenomeno. Troppe volte, soprattutto nei casi di femminicidio, i media tendono a far passare un messaggio fuorviante e diseducativo, sia sul piano del linguaggio sia su quello della rappresentazione della notizia. Espressioni come «amore malato», «eccesso di amore», «raptus» rimandano a una sorta di giustificazionismo dell'azione violenta, ma anche non riportando correttamente i nomi e i cognomi delle donne soggetto della notizia e facendo (sovente ampio) ricorso alla qualifica «professionale», all'orientamento sessuale e all'identificazione di genere, alla nazionalità («sono state uccise delle prostitute, delle cinesi, un trans») delle donne. Anche su questo punto la Convenzione di Istanbul interviene in maniera puntuale con l'articolo 17, prevedendo la sensibilizzazione degli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e di una informazione, anche commerciale, rispettosa della rappresentazione di genere;

    è necessario predisporre una vasta campagna di sensibilizzazione, che passi per la comunicazione istituzionale, rivolta agli uomini, per la crescita della consapevolezza maschile rispetto alla violenza sulle donne;

    il ruolo delle associazioni di donne va riconosciuto, valorizzato e potenziato quale strumento fondamentale per la lotta contro la violenza maschile sulle donne. In tal senso, va garantita su tutto il territorio la presenza di case rifugio e di case delle donne in linea con i parametri internazionali, privilegiando quelle che possono garantire la qualità dei servizi e la competenza di genere e professionale;

    anche il trattamento e il recupero in termini rieducativi degli uomini violenti deve rappresentare una priorità, per riuscire a coniugare – nel rispetto dei principi costituzionali di cui all'articolo 27 della Costituzione – sicurezza delle vittime e funzione rieducativa della pena;

    troppo spesso, infatti, le donne rischiano ancora di subire fenomeni di vittimizzazione secondaria derivanti dal contatto insoddisfacente con il sistema di giustizia penale, vivendo così un ulteriore trauma psico-emotivo. È, quindi, importante favorire, attraverso strumenti normativi, buone prassi e formazione mirata, integrata e permanente di tutti gli operatori coinvolti (anche sui contenuti della Convenzione di Istanbul) e, dunque, una cultura sociale e giudiziaria orientata alla tutela della vittima di genere. Un ulteriore elemento di vittimizzazione secondaria di cui occorre tenere conto è l'estrema durata del procedimento penale;

    in merito alla sicurezza delle donne, i dati dicono che la diffusione di armi comporta un rischio maggiore di omicidi e di vittime nei settori più indifesi, in particolare donne e minori;

    purtroppo, ancora oggi, nei mondi che vengono a contatto con la violenza sulle donne, sono presenti molti pregiudizi. Pregiudizi che – uniti all'assenza di stigma sociale verso chi commette violenza sulle donne – possono comportare un'errata valutazione del rischio da parte degli operatori delle reti di protezione della donna vittima di violenza, con conseguente assenza di misure di protezione adeguate che possono avere come conseguenza il femminicidio. Troppo spesso dalle cronache giudiziarie emergono situazioni nelle quali il soggetto violento, trasformatosi in omicida di genere, non risultava sottoposto ad alcuna misura, pur avendo la donna più volte denunciato la violenza subita;

    la scelta di una donna vittima di violenza di affidare il racconto della propria storia alle istituzioni, alle forze dell'ordine, va accolta con capacità e professionalità: chiedere aiuto è un punto di arrivo che segna il passaggio tra il passato e il futuro e va compiuto in piena sicurezza. Per queste ragioni, chi accoglierà tale affidamento, e soprattutto il modo in cui lo farà, può segnare una grande differenza nel prosieguo del viaggio di rinascita della donna,

impegna il Governo:

1) ad adottare tutte le iniziative necessarie a mettere a regime e rendere pienamente efficace e operativo il complesso sistema di strumenti e di tutele di cui il nostro Paese si è dotato, con l'obiettivo di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul e di contrastare e prevenire la violenza degli uomini sulle donne;

2) a garantire alle donne la possibilità di un'uscita dalla violenza in sicurezza, attraverso una rete di protezione di effettiva collaborazione interistituzionale che le incoraggi anche alla denuncia;

3) a raccogliere sistematicamente, in applicazione della legge 5 maggio 2022, n. 53, «Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere», dati e informazioni puntuali sul fenomeno, che permettano di intervenire tempestivamente e di adottare misure adeguate ed appropriate;

4) a proseguire l'azione di promozione della parità tra i generi e la prevenzione della violenza di genere attraverso l'educazione scolastica, sensibilizzando e finanziando progetti specifici contro gli stereotipi di genere, di educazione a relazioni corrette e rispettose, nonché sull'uso consapevole del linguaggio e dei social network;

5) ad assumere iniziative per investire risorse adeguate per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato a interagire con la vittima: forze dell'ordine, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario;

6) a promuovere la presa in carico complessiva ed integrata delle donne, ed eventualmente dei loro figli, promuovendo i protocolli di rete tra istituzioni e terzo settore, valorizzando le best practices introdotte a livello regionale, favorendone eventualmente l'adozione anche a livello nazionale e centrale;

7) ad assumere iniziative volte a prevedere, per il finanziamento del reddito di libertà, uno stanziamento annuale commisurato alla platea potenziale delle beneficiarie, basato sulle nuove modalità di raccolta dei dati, anche in coordinamento con le regioni;

8) ad adottare iniziative per favorire un sempre migliore coordinamento tra processo penale, civile e tribunali per i minorenni, al fine di garantire un'efficace protezione delle donne e dei loro figli e per evitare del tutto l'affido condiviso nei casi in cui vi sia violenza domestica;

9) a promuovere strumenti e procedure di valutazione del pericolo di letalità, gravità, reiterazione e recidiva del reato, partendo dall'esistenza di protocolli di valutazione del rischio sviluppati nell'ambito degli studi e delle ricerche sulla violenza di genere, anche sulla base della nuove normative e di protocolli investigativi in via di diffusione presso le forze dell'ordine, con specifico riferimento a questa materia;

10) ad adottare iniziative di competenza volte a incrementare e a monitorare l'effettivo funzionamento e l'applicazione della misura che prevede i braccialetti elettronici a protezione delle donne;

11) a valutare l'estensione del congedo indennizzato per le donne che hanno subito violenza, di cui all'articolo 24 del decreto legislativo n. 80 del 2015 dai tre attuali ad almeno sei mesi;

12) ad adottare iniziative volte a garantire adeguati stanziamenti finanziari per le case rifugio e per i centri antiviolenza, nonché per gli sportelli dedicati alle vittime di reati violenti, semplificando, velocizzando e rendendo stabile il percorso dei finanziamenti stessi, anche al fine di assicurare una loro adeguata distribuzione in tutto il territorio nazionale;

13) a monitorare l'applicazione omogenea di politiche e norme esistenti volte a garantire la parità di genere, privilegiando un approccio integrato, a incrementare l'occupazione femminile, elemento, quest'ultimo, fondamentale per la liberazione delle donne dalla violenza, e a mettere in campo strategie efficaci volte a prevenire e perseguire ogni forma di violenza e molestia sul luogo di lavoro;

14) a monitorare e a garantire che le missioni e le modalità di attuazione indicate nel Piano nazionale di ripresa e resilienza per la parità di genere e volte alla eliminazione del gender gap, come, ad esempio, la clausola del 30 per cento, siano applicate concretamente in tutti i campi di azione indicati in premessa;

15) ad adottare nuove iniziative per introdurre strumenti volti a sostenere economicamente le donne nel loro percorso di fuoriuscita in sicurezza dalla violenza, nonché a favorirne l'inserimento nel mondo del lavoro e l'autonomia abitativa, con particolare attenzione alle fragilità legate alla povertà, alle migrazioni e alle vittime di persecuzione e di tratta, anche valutando di rendere il reddito di libertà accessibile a tutte le donne in fuoriuscita dalla violenza, al di là della loro situazione reddituale e patrimoniale;

16) ad adottare iniziative di competenza volte a verificare lo stato di applicazione, che deve essere omogenea in tutto il territorio nazionale, delle linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza;

17) a mettere in campo strategie efficaci per prevenire e perseguire ogni forma di violenza fisica, psicologica e sessuale e qualunque forma di molestia che può affliggere le donne nel contesto di un rapporto di lavoro, in un percorso di studio o in qualunque consesso sociale;

18) a contrastare con misure specifiche ogni forma di violenza maschile contro le donne on line e di istigazione all'odio anche in rete nei confronti delle donne;

19) a predisporre una vasta campagna di sensibilizzazione, che passi per la comunicazione istituzionale, rivolta agli uomini, per la crescita della consapevolezza maschile rispetto alla violenza sulle donne;

20) ad adottare iniziative volte a finanziare programmi e interventi mirati al trattamento e al recupero in termini rieducativi degli uomini violenti;

21) a proseguire nell'azione di incremento delle forme di indennizzo per le vittime di reati violenti e gli orfani di femminicidio;

22) ad adottare iniziative necessarie a garantire, su tutto il territorio nazionale, che le vittime di reati, come lo sfruttamento della prostituzione, quotidianamente più esposte alla violenza fisica, possano essere inserite in percorsi sociali per metterle in sicurezza dalle reti criminali che le sfruttano;

23) sempre nell'ambito dello sviluppo degli strumenti più efficaci per prevenire e contrastare la violenza contro le donne, a proseguire nell'attività di monitoraggio della diffusione di armi per uso personale, nonché ad assicurare che alla detenzione legittima di un'arma corrisponda una tempestiva ed efficace comunicazione ai familiari e ai conviventi maggiorenni, anche diversi dai familiari, oltre ad un monitoraggio costante ed attuale della persistenza della non pericolosità e dei requisiti del soggetto detentore;

24) ad adottare iniziative politiche e diplomatiche volte a garantire la sicurezza e a sostenere le proteste e la difesa e la necessaria riaffermazione dei diritti delle donne in Iran, in Afghanistan e in tutti i Paesi che vedano compressi e brutalizzati i diritti delle donne da parte di regimi illiberali e in situazioni di conflitto.
(1-00018) «Serracchiani, Ferrari, Boldrini, Amendola, Ascani, Bakkali, Barbagallo, Berruto, Bonafè, Braga, Carè, Casu, Ciani, Cuperlo, Curti, D'Alfonso, De Luca, De Maria, De Micheli, Di Biase, Di Sanzo, Fassino, Forattini, Fornaro, Fossi, Furfaro, Ghio, Gianassi, Girelli, Gnassi, Graziano, Gribaudo, Guerini, Guerra, Iacono, Lacarra, Lai, Laus, Letta, Madia, Malavasi, Mancini, Manzi, Marino, Mauri, Merola, Morassut, Orfini, Orlando, Ubaldo Pagano, Peluffo, Porta, Provenzano, Quartapelle Procopio, Toni Ricciardi, Roggiani, Andrea Rossi, Sarracino, Scarpa, Schlein, Scotto, Simiani, Speranza, Stefanazzi, Stumpo, Tabacci, Vaccari, Zan, Zingaretti».


   La Camera,

   premesso che:

    la violenza contro le donne è una violenza di genere, perpetrata nei confronti della donna, che comprende tutti gli atti di violenza che provocano o potrebbero provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali, psicologiche o economiche, compresa la semplice minaccia di metterli in pratica. Parliamo di violenza sessuale, stupro, mutilazioni genitali femminili, matrimoni forzati, aborti o sterilizzazione forzati, tratta di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale, stalking, molestie sessuali, femminicidio, l'istigazione all'odio, per non parlare delle molteplici forme di violenza via internet, tra cui la condivisione o la manipolazione non consensuale di materiale intimo, lo stalking online e le molestie online. Questo il lungo elenco dei reati compresi nella sintetica dizione di violenza contro le donne;

    il 25 novembre di ogni anno, a decorrere dal 1999, è stata istituita la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite con l'obiettivo di invitare i governi, le organizzazioni internazionali e le Ong a organizzare, in quel giorno, attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema della violenza contro le donne;

    sono trascorsi ventitré anni da quel 25 novembre, tanto è stato sicuramente fatto, grandi gli sforzi per l'innovazione del quadro normativo ma ancora di più è quello che si deve ancora fare, da una parte per l'attuazione delle misure già prese, dall'altra per adottarne altre che risultano oggi improcrastinabili;

    le radici di questa violenza sono nella disparità di genere, quella asimmetria di status che, purtroppo, ancora oggi contraddistingue in maniera distorta il rapporto tra uomini e donne;

    fondamentale è stata l'adozione della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne adottata dall'Assemblea Generale dell'Onu con la Risoluzione 2263 (XXII) del 7 novembre 1967 che elenca i diritti che devono essere garantiti alle donne e le misure che gli Stati devono mettere in atto per eliminare ogni forma di discriminazione nei loro confronti;

    con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che ha creato un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza;

    la Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica sia nella sfera privata; la Convenzione interviene, inoltre, nell'ambito della violenza domestica, che non colpisce solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini e anziani, ai quali si applicano le medesime norme di tutela;

    per violenza domestica si intende una forma di violenza che avviene all'interno della famiglia o del nucleo familiare, indipendentemente dai legami di famiglia, biologici o giuridici, tra partner o tra altri familiari, anche tra genitori e figli. Le donne figurano per antonomasia tra le vittime di queste forme di violenza che possono colpire qualsiasi persona; uomini, persone giovani o anziane, minori e persone Lgbtiq;

    i dati pubblicati dal Ministero dell'interno (Direzione centrale della polizia criminale) riportano su un totale di 263 omicidi volontari compiuti in Italia dal 1° gennaio al 21 novembre 2021, 109 hanno riguardato donne, 93 sono avvenuti in ambito familiare-affettivo e, in particolare, 63 per mano del partner o dell'ex partner. Numeri che in percentuale mostrano un aumento consistente delle vittime di genere femminile (+8 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020. In crescita anche tutti i delitti commessi in ambito familiare-affettivo che pesano da 130 a 136 (+5 per cento). Anche in questo caso è significativo l'aumento delle vittime donne (+7 per cento) e tra queste quelle uccise per mano del partner o dell'ex partner (+7 per cento);

    relativamente al periodo 1° gennaio – 20 novembre 2022, dal report del Ministero dell'interno, sono stati registrati 273 omicidi, con 104 vittime donne, di cui 88 uccise in ambito familiare/affettivo; di queste, 52 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner. Analizzando gli omicidi del periodo indicato nel 2022 rispetto a quello analogo dello scorso anno, si nota un lieve aumento nell'andamento generale degli eventi, che da 263 passano a 273 (+2 per cento), mentre diminuisce il numero delle vittime di genere femminile, che da 109 diventano 104 (-5 per cento). Una diminuzione si rileva, inoltre, per i delitti commessi in ambito familiare/affettivo, che da 136 scendono a 120 (-12 per cento), flessione che, in tale ambito, attiene anche al numero delle vittime di genere femminile, che passano da 94 a 88 (-6 per cento). Rispetto allo stesso periodo del 2021 risulta una leggera flessione, sia il numero di omicidi commessi dal partner o ex partner, che da 68 scendono a 56 (-18 per cento), sia le relative vittime donne, che passano da 63 a 52 (-16 per cento);

    infine, nel periodo 14-20 novembre 2022 risultano 10 omicidi, con 7 vittime di genere femminile; di queste 2 sono state uccise dal partner/ex partner;

    dati Istat tratti da una indagine del 2014 sulla violenza sulle donne, rivelano che il 31,5 per cento delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2 per cento (4 milioni 353 mila) ha subito violenza fisica, il 21 per cento (4 milioni 520 mila) violenza sessuale, il 5,4 per cento) (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila). Ha subito violenze fisiche o sessuali da partner o ex partner il 13,65 per cento delle donne (2 milioni 800 mila), in particolare il 5,2 per cento (855 mila) da partner attuale e il 18,9 per cento) (2 milioni 44 mila) dall'ex partner. La maggior parte delle donne che avevano un partner violento in passato lo hanno lasciato proprio a causa delle violenza subita (68,6 per cento). In particolare, per il 41,7 per cento è stata la causa principale per interrompere la relazione, per il 26,8 per cento è stato un elemento importante della decisione;

    come si evince dai tanti dati ormai a disposizione, la violenza contro le donne in Italia è un fenomeno strutturale e diffuso e rappresenta uno dei maggiori ostacoli al conseguimento dell'uguaglianza di genere; la «natura strutturale» della violenza contro le donne, così come definita dalla Convenzione di Istanbul è: «una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione, uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini»;

    il provvedimento che più ha inciso nel contrasto alla violenza di genere è la legge n. 69 del 2019 cosiddetto «Codice Rosso». La ratio è quella di porre un'efficace e immediato argine della violenza contro le donne. L'obiettivo perseguito dal legislatore, infatti, è stato proprio quello di predisporre strumenti per consentire allo Stato di intervenire con tempestività al fine di stroncare sul nascere l'azione criminosa evitando che la stessa produca conseguenze drammatiche;

    il codice rosso interviene sul codice penale, sul codice di procedura, sul cosiddetto codice antimafia e sull'ordinamento penitenziario al fine di inasprire la repressione penale della violenza domestica e di genere e mira ad introdurre ulteriori disposizioni di tutela delle vittime, in particolare, per quanto riguarda il diritto penale, la legge introduce nel codice quattro nuovi delitti: il delitto di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (nuovo articolo 583-quinquies codice penale), punito con la reclusione da 8 a 14 anni; il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate cosiddetto Revenge porn, inserito all'articolo 612-ter codice penale, dopo il delitto di stalking), punito con la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro; il delitto di costrizione o induzione al matrimonio (articolo 558-bis codice penale), punito con la reclusione da 1 a 5 anni e il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (articolo 387-bis), punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni;

    inoltre, con ulteriori interventi sul codice penale, la legge n. 69 del 2019 prevede modifiche al delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi (articolo 572 codice penale) volte a: inasprire la pena; prevedere una fattispecie aggravata speciale (pena aumentata fino alla metà) quando il delitto è commesso in presenza o in danno di minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità, ovvero se il fatto è commesso con armi; considerare sempre il minore che assiste ai maltrattamenti come persona offesa dal reato. Il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi è inserito nell'elenco dei delitti che consentono, nei confronti degli indiziati, l'applicazione di misure di prevenzione, tra le quali è inserita la misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona da proteggere;

    per quanto riguarda la procedura penale, sono state apportate modifiche volte a velocizzare l'instaurazione del procedimento penale per i delitti di violenza domestica e di genere, conseguentemente accelerando l'eventuale adozione di provvedimenti di protezione delle vittime;

    a tal fine prevede che la polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato, riferisca immediatamente al pubblico ministero, anche in forma orale; alla comunicazione orale seguirà senza ritardo quella scritta. Punto fondamentale quello che il pubblico ministero, entro 3 giorni dall'iscrizione della notizia di reato, assuma informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato;

    una estensione delle tutele per le vittime di violenza domestica e di genere è stata prevista anche dalla legge n. 134 del 2021, di riforma del processo penale, mentre la legge n. 53 del 2022 ha potenziato la raccolta di dati statistici sulla violenza di genere;

    le azioni di contrasto messe in atto negli ultimi venti anni sono state articolate e costanti, a cadenza quasi annuale il legislatore italiano ha posto, tassello dopo tassello, nuovi strumenti di intervento delineando un quadro di riferimento complesso e frammentario, come risulta dalle conclusioni della Commissione di inchiesta sul femminicidio che ha lavorato durante la XVIII Legislatura: «Nel corso della Legislatura numerosi sono stati gli interventi di riforma di punti qualificanti del nostro sistema antiviolenza, indirizzati verso una più efficace attuazione della Convenzione di Istanbul. Nonostante gli indubbi progressi realizzati dal nostro sistema nella direzione indicata dalla Convenzione di Istanbul, l'analisi della disciplina vigente consente di individuare e porre in evidenza anche quelle lacune, incongruenze o sovrapposizioni, che discendono per lo più dal suddetto approccio emergenziale/incrementale e che, tuttora, contribuiscono a determinare vuoti di tutela e disfunzioni del sistema di prevenzione e contrasto della violenza contro le donne. Vent'anni di legislazione in materia di contrasto alla violenza di genere, all'insegna di una logica “emergenziale”, ci consegnano un apparato normativo stratificato, frammentato, plurisettoriale. Spesso scarsamente conosciuto, tanto dalle donne, quanto dagli operatori chiamati alla sua applicazione. La difficoltà dinanzi alla quale si trovano anche gli operatori e le operatrici più esperti e motivati è quella di doversi misurare con innovazioni legislative continue, talora “nascoste” nelle pieghe di provvedimenti omnibus (da decreti-legge che introducono misure di emergenza su vari ambiti, alle leggi finanziarie statali). Gran parte di questi interventi, pur segnati da una lettura della violenza di genere come situazione “eccezionale”, contengono misure che potrebbero produrre effetti incisivi, se opportunamente inseriti in testi organici e coordinati. Ma soprattutto se non venissero concepiti come “misure tampone”»;

    fondamentale è l'istituzione e il potenziamento di un pool di magistrati specializzati per garantire una risposta professionale adeguata nella delicatissima materia della violenza sulle donne con l'obiettivo di avere una maggiore uniformità delle capacità di reazione alle denunce. Indubbiamente gli interventi legislativi degli ultimi anni, l'attenzione posta sul tema dai casi gravissimi di cronaca, hanno condotto ad un aumento esponenziale delle denunce da parte di donne che, anche grazie alle Associazioni e ai gruppi di ascolto vengono accolte e accompagnate nel processo di presa di coscienza che la violenza non è una condizione ordinaria che si possa accettare bensì è qualcosa che si deve combattere. Bisogna rendersi conto che la denuncia costituisce solo un primo passo e non basta a risolvere la problematica;

    le istituzioni devono garantire una protezione costante, effettiva ed efficace alle donne nei confronti di chi le maltratta, offende, sevizia e violenta, soprattutto nella fase successiva alla denuncia. Per evitare epiloghi drammatici è necessario prevedere misure cautelative efficaci che, alle prime avvisaglie e segnalazioni di violenza, proteggano concretamente la donna e il suo nucleo familiare. Le forze di polizia nella fase della denuncia devono essere messe in condizione di riconoscere quali sono i momenti critici in cui si deve proteggere la donna, quando deve scattare l'allarme perché il rischio è troppo alto. Le capacità di valutazione del rischio sono cruciali e su queste va posta assolutamente l'attenzione perché chi accoglie la donna molestata che vuole denunciare deve essere adeguatamente preparato a riconoscere quei campanelli d'allarme, ormai codificati in veri e propri protocolli, che sono l'anticamera dell'escalation irrimediabile ai danni della donna e dei suoi figli;

    è necessario creare una rete integrata tra diversi soggetti che operano nel settore del contrasto alla violenza di genere. In particolare è fondamentale promuovere dei protocolli tra le diverse istituzioni (Asl, Ordine degli psicologi, avvocati e procure) per proteggere le vittime del reato in condizioni di particolare vulnerabilità. In esecuzione di tali protocolli è importante l'istituzione di tavoli interistituzionali che si riuniscano periodicamente per affrontare le problematiche inerenti le persone vittime delle violenze. Inoltre è necessario promuovere la costituzione presso le procure di sportelli di ascolto delle vittime che può essere gestito dall'Ordine degli psicologi;

    l'attenzione delle istituzioni al tema, un buon impianto normativo e le tutele legali ci sono ma mancano le tutele operative, concrete e sostanziali, che siano adottate sistematicamente e a più livelli, partendo dal territorio;

    questa particolare giornata dedicata alla lotta contro la violenza alle donne deve essere un'occasione per tutti i governi, istituzioni nazionali, organizzazioni internazionali e organizzazioni non governative per organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica, ma per riflettere ulteriormente su questa emergenza che non si placa, per individuare le migliori strategie per sradicarla;

    anche il fenomeno della prostituzione rappresenta una tipologia di violenza ed è una problematica sempre più consistente anche perché sono scarsi i dati reperibili sul fenomeno, vengono raccolti con estrema difficoltà, poiché il fenomeno è sommerso, di cui esistono solo mere stime e per il quale è possibile fare riferimento solamente al numero di ragazze effettivamente entrate nei percorsi di protezione sociale: rimangono fuori tutte coloro che non hanno avuto la possibilità di emergere in quanto vittime di tratta o che non sono state correttamente identificate come tali;

    un altro aspetto della violenza di genere è costituito dalle molestie e dai ricatti sessuali in ambito lavorativo. Con il decreto legislativo n. 80 del 2015 è stata prevista in favore delle vittime di violenza di genere, oltre a un indennizzo, la concessione di un congedo retribuito di tre mesi, valido sia per le lavoratrici dipendenti che per le titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;

    particolarmente importante è la situazione delle donne con disabilità, vittime di «discriminazioni multiple» che proprio i fattori sociali, culturali e la scarsa sicurezza hanno contribuito ad ingenerare e a consolidare nel tempo; nella mozione approvata dalla Camera 1-00243, si evidenzia come «le donne con disabilità abbiano una probabilità di essere vittime di violenza da due a cinque volte superiore rispetto alle donne non disabili, frequentemente nell'ambito delle relazioni domestiche, a causa della posizione di maggiore fragilità e vulnerabilità sofferta»;

    gli ultimi due anni della nostra vita sono stati caratterizzati dalla pandemia da Covid-19, che con le misure di contenimento che sono state adottate ha ulteriormente acuito il problema della violenza contro le donne, enfatizzando le lacune tuttora esistenti per una efficace tutela. Sin dall'inizio del lockdown la situazione è stata monitorata, garantendo la pronta accoglienza delle donne e la protezione: il numero 1522 e l'App YouPol sono stati potenziati e le campagne di sensibilizzazione promosse dal Dipartimento per le pari opportunità sui canali televisivi e rilanciate sui «social» rinforzando il messaggio dell'importanza della richiesta di aiuto per uscire dalla violenza;

    è chiaro che la sfida più grande da vincere sia quella culturale. La chiave di volta della lotta alla violenza sulle donne è il sistema educativo di oggi che deve formare uomini e donne di domani, equilibrati e con la cultura del rispetto di genere. La scuola è un osservatorio privilegiato sulla vita delle nostre bambine, e bambini, delle ragazze e dei ragazzi, in cui figure, come gli insegnanti, possono favorire l'emersione della violenza subita e assistita, riconoscendo i segnali di disagio e attivando segnalazioni e percorsi di sostegno e di aiuto. I dati forniti dall'Istat con la ricerca sulla violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia, mostrano che il 10 per cento delle donne vittime di violenze sessuali le ha subite prima dei 16 anni, nel caso poi dei figli delle donne vittime di violenza, il 65 per cento ha assistito agli abusi subiti dalla madre e la violenza assistita si configura a tutti gli effetti come una violenza, con conseguenze anche molto gravi sullo sviluppo psicofisico del minore;

    la scuola, insieme alla famiglia, è chiamata a far riflettere gli studenti sulla qualità dei rapporti tra uomo e donna, deve impegnarsi nel realizzare una reale inclusione delle singole individualità e diversità. In tale contesto la figura dello psicologo scolastico deve essere visto come una figura di collegamento tra tutti i soggetti in campo, scuola, famiglia, servizi sociosanitari, docenti e alunni, per poter riconoscere e supportare un disagio o potenziali patologie;

    molte le iniziative anche normative per introdurre l'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione nonché nei corsi di studio universitari;

    il problema della violenza contro le donne, come riportato nella citata relazione finale della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, è di entità tale da richiedere interventi che, in termini di costi e rispetto dei vincoli di bilancio pubblico, sono meno onerosi delle conseguenze derivanti dagli atti di violenza;

    la violenza economica è una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare violenze in ambito familiare, soprattutto quando il partner detiene il potere economico, il controllo sulle risorse familiari; sostenere economicamente le vittime è pertanto fondamentale per aiutarle a raggiungere una indipendenza finanziaria dal partner violento;

    la centralità delle questioni relative al superamento delle disparità di genere è ribadita anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che individua la parità di genere come una delle tre priorità trasversali perseguite in tutte le missioni e stabilisce che l'intero Piano dovrà essere valutato in un'ottica di gender mainstreaming (cioè integrando la prospettiva di genere); Quindi tutto il Piano nazionale di ripresa e resilienza si caratterizza per una strategia integrata di riforme, istruzione e investimenti in infrastrutture sociali e servizi di supporto, per una piena parità di accesso, economica e sociale, delle donne;

    è evidente che le politiche di incentivazione all'imprenditoria femminile, di decontribuzione per incoraggiare l'assunzione di lavoratrici, e di conciliazione tra lavoro e famiglia, messe in atto in favore dell'occupazione femminile, quali, ad esempio, gli sgravi contributivi per chi assume donne, o il Fondo a sostegno dell'imprenditoria femminile, come quello per l'assegno unico, volto a riordinare e potenziare le misure di sostegno economico per i figli a carico sono fondamentali e si auspica un cospicuo rifinanziamento di queste misure nella prossima legge di bilancio;

    è in questa direzione che va l'istituzione del «reddito di libertà»: un aiuto economico mensile per favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà;

    in attuazione del decreto-legge n. 93 del 2013 il Governo adotta piani straordinari per contrastare la violenza contro le donne. La disciplina del Piano è stata in parte recentemente modificata dall'art. 1, comma 149, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021), che ha innanzitutto trasformato lo stesso da strumento «straordinario» a strumento «strategico» nel contrasto alla violenza sulle donne. Inoltre è stato stabilito che l'elaborazione del Piano è opera del Presidente del Consiglio dei ministri o dell'Autorità politica delegata per le pari opportunità (non più dal Ministro per le pari opportunità), con cadenza almeno triennale (non più biennale) e previo parere (anziché previa intesa) in sede di Conferenza unificata; viene istituita una cabina di regia interistituzionale e un Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla la violenza domestica presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri;

    dopo l'emanazione nel 2015 del primo Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere e del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, è stato recentemente adottato il terzo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne per il biennio 2021-2023. Il Piano si articola in 4 assi tematici (prevenzione, protezione e sostegno, perseguire e punire, assistenza e promozione) secondo le linee indicate dalla Convenzione di Istanbul, a ciascuna delle quali si ricollegano specifiche priorità;

    quanto alla prevenzione, le priorità sono: l'aumento del livello di consapevolezza nella pubblica opinione e nel sistema educativo e formativo sulle cause e le conseguenze della violenza maschile sulle donne; il coinvolgimento del settore privato (social, piattaforme, mass media) sul ruolo di stereotipi e sessismo, anche in relazione alla cyberviolenza e alla diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti; la promozione dell'empowerment femminile; l'attivazione di azioni di emersione e contrasto della violenza contro donne vittime di discriminazione multipla; il rafforzamento per la prevenzione della recidiva per uomini autori di violenza; la formazione delle figure professionali che, a vario titolo, interagiscono con le donne vittime e con i minori nel percorso di prevenzione, sostegno e reinserimento; il raccordo delle misure normative anche nell'ambito della prevenzione della vittimizzazione secondaria;

    sul versante della protezione e del sostegno alle vittime, le priorità sono: la presa in carico delle donne vittime di violenza e dei minori vittime di violenza assistita; l'attivazione di percorsi di empowerment economico finanziario, lavorativo e autonomia abitativa; il monitoraggio ed il miglioramento dell'efficacia dei «Percorsi rivolti alle donne che subiscono violenza» attivi presso le aziende sanitarie e ospedaliere; il potenziamento della Linea telefonica nazionale gratuita antiviolenza 1522; la tutela e il sostegno psicosociale delle/dei minori vittime di violenza assistita; l'implementazione di soluzioni operative per garantire l'accesso ai servizi di prevenzione, sostegno e reinserimento, in particolare per le donne vittime di discriminazione multipla (migranti, richiedenti asilo e rifugiate);

    riguardo all'asse perseguire e punire, le priorità sono: garantire procedure e strumenti per la tutela delle donne vittime di violenza che consentano una efficace e rapida valutazione e gestione del rischio di letalità, di reiterazione e di recidiva; definire un modello condiviso di approccio, gestione e valutazione del rischio all'interno del reparto sicurezza; migliorare l'efficacia dei procedimenti giudiziari nell'applicazione di misure cautelari e della sospensione condizionale della pena; definire linee guida per l'analisi ed il monitoraggio qualitativo e quantitativo degli interventi svolti nell'ambito dei programmi per uomini maltrattanti;

    infine, nel campo dell'assistenza e della promozione, le priorità sono: l'implementazione del sistema informativo integrato per la raccolta e l'analisi dei dati sul fenomeno; l'implementazione di un sistema di monitoraggio e valutazione a livello nazionale degli interventi, delle politiche, delle attività e delle risorse; la predisposizione di linee guida, in accordo con le regioni, per uniformare a livello nazionale gli standard qualitativi e quantitativi dei servizi erogati dai centri antiviolenza, dalle reti territoriali e dal sistema socio sanitario; la costruzione di luoghi stabili di confronto e programmazione per gli organismi politici, le istituzioni e le strutture amministrative; la comunicazione e degli strumenti normativi e degli interventi operativi in sostegno alle donne vittime di violenza maschile;

    un piano articolato che tocca tutti i punti nevralgici del problema e le tante criticità che l'esperienza tragica che viviamo da anni, le tante donne che potevano essere salvate se protette dai loro uomini, hanno insegnato. Obiettivi chiari che devono trovare però una concreta applicazione;

    per quanto riguarda le risorse finanziarie a sostegno degli interventi previsti dal Piano, sono reperibili nel Fondo per le pari opportunità nel capitolo 2108 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (Mef), per essere successivamente trasferite al bilancio della Presidenza del Consiglio, dove il capitolo 496 contiene le somme da destinare al Piano contro la violenza alle donne. Nel bilancio di previsione 2022 della Presidenza del Consiglio il capitolo 496 reca uno stanziamento di 39,1 milioni di euro. Dalla nota preliminare di accompagnamento del bilancio 2022 della Presidenza del Consiglio dei ministri si legge che le risorse disponibili per l'anno in corso (euro 39.099.181,00) saranno destinate a:

     iniziative connesse all'attuazione del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023;

     iniziative per la prevenzione e il contrasto della violenza maschile contro le donne, comprese quelle di comunicazione e sensibilizzazione;

     riparto a favore delle regioni nell'ambito della ripartizione delle risorse del «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità», annualità 2022, di cui all'articolo 5-bis, comma 1, del decreto-legge n. 93 del 2013;

     attuazione delle misure concernenti il cosiddetto reddito di libertà, istituito a favore delle donne vittime di violenza (articolo 105-bis del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020);

     istituzione e potenziamento dei centri per uomini autori di violenza (articolo 26-bis del decreto-legge n. 104 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2020);

     gestione del call center dedicato al numero verde nazionale di pubblica utilità 1522 a sostegno delle vittime di violenza di genere e stalking;

     potenziamento dei monitoraggio delle politiche e dei progetti in materia di prevenzione e contrasto della violenza maschile sulle donne;

    inoltre, l'articolo 5-bis del decreto-legge n. 93 del 2013 prevede che annualmente le risorse del Fondo per le pari opportunità siano ripartite alle regioni al fine di finanziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza (Case rifugio) alle donne vittime di violenza. Centri nevralgici di grande importanza che bisognerebbe supportare nell'organizzazione e aumentare nel numero con maggiori finanziamenti alle regioni rispetto a quelli attuali;

    si ribadisce l'importanza della formazione per abbattere stereotipi pregiudizi e favorire un cambiamento culturale anche di polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, psicologi, periti e tutti coloro che vengono a contatto con la violenza sulle donne. Quando le donne trovano la forza di denunciare devono trovare dall'altra parte persone che credono a ciò che dicono e che conoscono il ciclo della violenza. Perché la violenza va letta correttamente e in tempo utile;

    resta centrale, in un'ottica di prevenzione, secondo quanto previsto all'articolo 16 della Convenzione di Istanbul, il trattamento degli uomini violenti, il cui tasso di recidiva è estremamente elevato. Sono stati stanziati nella legge 30 dicembre 2020, n. 178, 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, per garantire la presenza di professionalità psicologiche esperte all'interno degli istituti penitenziari, per consentire un trattamento intensificato cognitivo-comportamentale nei confronti degli autori di reati contro le donne. Risulta fondamentale dare seguito a questa misura nella prossima legge di bilancio in maniera da permette a questi uomini di continuare ad essere seguiti e ad abbandonare la violenza e non reiterare i reati già compiuti;

    il 16 settembre 2021, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale si chiede alla Commissione di includere la violenza di genere, sia online che offline, come una nuova sfera di criminalità ai sensi dell'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea insieme ad altri crimini che devono essere combattuti su base comune come il terrorismo, il traffico di esseri umani, di droga, di armi. I reati contro le donne diverrebbero pertanto eurocrimini. La proposta di direttiva è stata presentata ma purtroppo non ancora approvata,

impegna il Governo:

1) a proseguire nelle politiche di contrasto alla violenza di genere e alla violenza domestica come previsto dalle disposizioni nazionali, europee e internazionali al fine di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul;

2) ad adottare iniziative volte a stanziare ulteriori risorse a favore del Piano strategico nazionale ad integrazione di quelle già presenti nel Fondo per le pari opportunità affinché siano incrementate le risorse destinate al Fondo contro la violenza e le discriminazioni di genere, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo anti-tratta nonché agli indennizzi per le vittime di reati intenzionali violenti e per gli orfani di femminicidio;

3) a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative al fine di istituire la figura professionale dello psicologo scolastico, per contribuire alla sana formazione della personalità degli studenti e per individuare situazioni di disagio giovanile, con lo scopo di sostenere le famiglie e il personale scolastico;

4) ad adottare le iniziative necessarie a garantire che il personale che entra nelle scuole abbia i requisiti adeguati, abbia seguito percorsi formativi all'educazione e al rispetto della donna intesa come persona titolare di diritti e doveri al pari dell'uomo;

5) ad adottare le iniziative normative necessarie al fine di introdurre l'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione e nei corsi di studio universitari;

6) a proseguire e potenziare le iniziative per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato ad interagire con la vittima, polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, stanziando ulteriori risorse;

7) ad adottare opportune iniziative normative al fine di garantire l'esenzione sanitaria per le prestazioni collegate alla violenza subita e a prevedere un possibile rimborso delle spese legate al percorso psicologico che le donne dovranno intraprendere;

8) ad avviare tutte le iniziative utili volte a promuovere realmente e concretamente la non discriminazione nei confronti delle donne con disabilità e la loro inclusione sociale e nel mondo del lavoro;

9) a intervenire in modo da adottare specifiche iniziative per l'inserimento delle donne vittime di violenza nel mondo del lavoro garantendo loro l'autonomia e l'indipendenza economica;

10) a valutare l'opportunità di istituire all'interno dell'Osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza sessuale e di genere, un'apposita sezione dedicata all'approfondimento del fenomeno della violenza sulle donne con disabilità;

11) a proseguire nella promozione di adeguate campagne di informazione e sensibilizzazione sulla violenza contro le donne e sulla violenza domestica che stimolino confronti e pubblici dibattiti, al fine di favorire lo sviluppo di adeguate politiche di prevenzione;

12) a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a istituire, anche in collaborazione con i centri antiviolenza, corsi di autodifesa personale destinati alle donne;

13) ad adottare le opportune iniziative volte a velocizzare l'erogazione dei fondi destinati alle case rifugio e strutture assimilate da parte delle regioni anche sul modello delle procedure adottate per lo stato d'emergenza connesso all'epidemia da SarsCov-2, prevedendo idonei meccanismi di monitoraggio;

14) a promuovere la costituzione di tavoli interistituzionali che si riuniscano periodicamente con il coinvolgimento di procura, Asl, avvocati, psicologi, comuni, responsabili dei centri antiviolenza, associazioni antiviolenza, Polizia di Stato e Carabinieri per dare piena tutela alle donne vittime di violenza e realizzare un sistema integrato di protezione delle vittime di violenza e l'istituzione di centri di ascolto per ridurre la percentuale di donne che non denunci;

15) a promuovere iniziative al fine di sostenere la donna in un adeguato contesto di ascolto e supporto mediante figure professionali in grado di sostenerla emotivamente;

16) a valutare l'opportunità di potenziare le iniziative destinate ai percorsi specifici psicologici di recupero in carcere per gli autori di reati di violenza sessuale sulle donne e allo sfruttamento della prostituzione;

17) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per potenziare il raccordo fra scuola, servizi territoriali e consultori familiari e per adolescenti per intervenire più efficacemente quanto alle politiche educative sull'uguaglianza e sul rispetto delle differenze;

18) a dare attuazione, per quanto di competenza, alle risultanze e alle raccomandazioni contenute nella relazione conclusiva dei lavori della «Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio» della XVIII legislatura, in particolare sulla necessità di raccogliere tutta la normativa in materia in un testo unico di riferimento che dia chiarezza e certezza sulle norme vigenti;

19) ad adottare iniziative per potenziare gli strumenti di protezione delle vittime di violenza in occasione della concessione della misura cautelare, quali il divieto di avvicinamento o l'ordine di allontanamento, incrementando il ricorso all'utilizzo del braccialetto elettronico, verificando quale sia il suo reale utilizzo e la reale disponibilità nei casi in cui è richiesta l'applicazione, e garantendo fondi che permettano la disponibilità degli stessi, oggi piuttosto limitata;

20) ad adottare iniziative di competenza per migliorare la circolazione di informazioni tra tribunale civile e penale, onde evitare situazioni paradossali di affidamento congiunto in caso di violenza intra-familiare;

21) a proseguire le iniziative del Ministero della giustizia sull'aggiornamento e pubblicazione dei dati del rapporto sull'applicazione del «Codice Rosso»;

22) a promuovere nell'ambito della Direzione centrale della polizia criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza, la costituzione di un gruppo di lavoro interforze tra Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri per l'analisi, la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza di genere;

23) a potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli anche attraverso modalità il rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza;

24) a promuovere iniziative utili a incoraggiare le donne a denunciare, garantendo loro una rete di protezione che nasca e operi nell'ambito di una fattiva ed effettiva collaborazione interistituzionale;

25) sempre nell'ambito dello sviluppo degli strumenti più efficaci per prevenire e contrastare la violenza contro le donne, a proseguire nell'attività di costante monitoraggio e controllo della diffusione delle armi per uso di difesa personale, nonché a valutare l'opportunità di continuare ad assicurare che alla detenzione legittima di un'arma corrisponda una tempestiva ed efficace comunicazione a tutti i familiari e conviventi;

26) ad adottare le iniziative necessarie volte a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico;

27) a proseguire nelle iniziative per verificare i costi economici e sociosanitari della violenza, nonché procedere alla raccolta dei dati relativi agli omicidi di donne con motivazione di genere.
(1-00019) «Gebhard, Schullian».


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Chiarimenti in ordine alla bozza di legge quadro per l'attuazione dell'autonomia differenziata, con particolare riguardo alla prioritaria definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e al pieno coinvolgimento del Parlamento nella definizione delle possibili forme di autonomia – 3-00029

   CASO, FRANCESCO SILVESTRI, BALDINO, SANTILLO, AURIEMMA, CAPPELLETTI, ALFONSO COLUCCI, D'ORSO, LOMUTI, PELLEGRINI, TORTO, FENU, ORRICO, ILARIA FONTANA, IARIA, PAVANELLI, AIELLO, SPORTIELLO, CARAMIELLO e SCUTELLÀ. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata di giovedì 17 novembre 2022, il Ministro interrogato ha presentato alle regioni la bozza di «legge quadro» per l'attuazione dell'autonomia differenziata, ricevendo la contrarietà di diversi presidenti e generando, già nelle anticipazioni fatte dagli organi di informazione, rilevanti preoccupazioni tra la società civile, le organizzazioni sindacali, i costituzionalisti, il mondo della scuola e dell'università;

   stando alle anticipazioni e alle reazioni registrate dai mass media, le criticità più rilevanti riguardano:

    a) il termine ultimo di 12 mesi dall'approvazione della «legge» per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei fabbisogni standard, decorso il quale, per il trasferimento delle nuove competenze alle regioni, si ricorrerebbe al criterio della spesa storica, senza alcun riferimento a fondi perequativi per le regioni meno avanzate, così incrementando le storiche disuguaglianze, sociali ed economiche, tra il nord e il sud del Paese;

    b) l'istituzione di una «Commissione paritetica» di esperti nominati dallo stesso Ministro interrogato e dalle regioni, con il potere di quantificare e disporre di competenze e risorse, estromettendo di fatto il Parlamento da ogni possibilità di modifica;

    c) la possibilità, per ciascuna regione, di stipulare accordi diversi e su un numero non definito di competenze: sanità, istruzione, tutela dell'ambiente, energia, e altro, così compromettendo l'unitarietà e l'uniformità del Paese in tema di diritti civili e sociali: preoccupante sarebbe, ad esempio, la differenziazione dell'istruzione che aggraverebbe ulteriormente il già elevato divario formativo;

   diversi costituzionalisti hanno sollevato dubbi di costituzionalità, paventando la violazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, secondo cui compete allo Stato «la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.»;

   la Corte costituzionale, nella pronuncia n. 220 del 2021, ha già avuto modo di rilevare «il perdurante ritardo dello Stato nel definire i LEP, i quali indicano la soglia di spesa costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, nonché “il nucleo invalicabile di garanzie minime” per rendere effettivi tali diritti (...). In questa prospettiva i LEP rappresentano un elemento imprescindibile per uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari fra lo Stato e le autonomie territoriali» –:

   quale sia la posizione del Governo in merito alla necessità di definire prioritariamente i livelli essenziali delle prestazioni e gli strumenti perequativi e di prevedere il pieno coinvolgimento del Parlamento anche nella definizione e approvazione, a maggioranza qualificata, delle intese tra Governo e regioni previste nella citata bozza.
(3-00029)


Iniziative di competenza volte al rispetto dei diritti umani, civili e sociali nei Paesi ove sono organizzati rilevanti eventi sportivi, alla luce in particolare dello svolgimento del campionato mondiale di calcio in Qatar – 3-00030

   GRIMALDI, ZANELLA, BONELLI, BORRELLI, DORI, EVI, FRATOIANNI, GHIRRA, MARI, PICCOLOTTI, SOUMAHORO e ZARATTI. — Al Ministro per lo sport e i giovani. — Per sapere – premesso che:

   il 20 novembre 2022 ha preso il via il campionato mondiale di calcio e l'inizio di questo evento sportivo non ha attenuato l'attenzione mediatica e dell'opinione pubblica rispetto alle gravissime violazioni dei diritti umani, civili e politici esistenti in Qatar;

   sin prima dell'assegnazione dei Mondiali al Qatar, organizzazioni umanitarie e sindacali avevano ribadito le condizioni di assoluta precarietà e privazione di diritti ai quali erano già sottoposti i lavoratori in questo Paese;

   la Fifa, scegliendo il Qatar come sede del torneo, non poteva non prevedere il grave sfruttamento a cui sarebbero stati sottoposti i lavoratori utilizzati nella realizzazione delle faraoniche infrastrutture per l'evento, anche considerando che i lavoratori migranti costituiscono il 95 per cento della forza lavoro;

   questi lavoratori, oltre a subire gravissime condizioni di sfruttamento, hanno pagato un tributo di sangue con oltre 6500 morti sul lavoro in circa dieci anni, 12 alla settimana, le cui famiglie non hanno ricevuto alcun risarcimento;

   Amnesty International ha chiesto alla Fifa e al Governo del Qatar di istituire un fondo di risarcimento per i lavoratori morti sul lavoro, provenienti per la maggior parte da Paesi poveri, le cui rimesse costituivano l'unica fonte di reddito per le famiglie di provenienza;

   quello dello sfruttamento dei lavoratori è purtroppo solo uno dei volti della violazione e negazione dei diritti umani e civili in Qatar, dove sono duramente represse le libertà politiche e di opinione e dove le donne e le persone appartenenti alla comunità Lgbtqia+ subiscono pesanti discriminazioni e queste ultime sono penalmente perseguibili;

   inoltre, secondo la stessa Fifa, l'evento genererà 3,6 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente, considerando le emissioni dirette e indirette degli alloggi, della costruzione delle infrastrutture, dei viaggi e degli aerei-navetta e, quindi, con un notevole aumento rispetto alla precedente edizione del 2018 che ha generato 2,1 milioni di tonnellate di anidride carbonica;

   lo stesso Ministro interrogato ha riconosciuto che «i grandi avvenimenti pensiamo debbano essere sostenibili, il tema del rispetto dei lavoratori è primario, non voglio fare la morale, ma è evidente che qualcosa non è andato per il verso giusto» –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere di concerto con il Coni e le federazioni affiliate, affinché gli eventi sportivi siano organizzati e realizzati nel rispetto dei diritti dei lavoratori, nel riconoscimento dei diritti umani e civili e della sostenibilità e se intenda sostenere la richiesta di un fondo di risarcimento alle vittime del lavoro in Qatar.
(3-00030)


Chiarimenti e iniziative in ordine alla valorizzazione del «merito» nell'ambito della comunità scolastica – 3-00031

   SASSO, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   il merito è definito come «il diritto che con le proprie opere o le proprie qualità si è acquisito all'onore, alla stima, alla lode, oppure a una ricompensa, in relazione e in proporzione al bene compiuto» eppure ha fatto molto discutere la nuova denominazione del Ministero dell'istruzione e del merito, come se accostare queste due parole fosse inopportuno, fuori luogo;

   forse lo è per chi ha professato per anni la scorciatoia del disimpegno e ha tollerato la mancanza di merito, sia in riferimento agli studenti sia ai lavoratori della scuola;

   con riguardo ai docenti, la rapidità con cui si è giunti al rinnovo del contratto con l'aumento più cospicuo degli ultimi anni appare un primo segno evidente della loro valorizzazione, anche se sarà necessario ancora riaffermarne l'alto ruolo sociale, strategico per lo sviluppo del Paese, riconoscendo impegno e competenza;

   con riguardo agli studenti, la concezione meritocratica dovrebbe intendersi, invece, come valida alternativa ad ogni possibile degenerazione in un Paese che ha il maggior tasso di Neet in Europa, il 25,1 per cento, in cui la dispersione scolastica è al 12,7 per cento e, se si aggiunge quella implicita (cioè di chi ha il diploma ma non le competenze minime) sale ad un preoccupante 20 per cento;

   è dunque indispensabile creare un'alleanza fra famiglie, alunni, sistema-scuola e parti sociali che permetta ad ogni studente di perseguire quel «pieno sviluppo della persona umana» affermato nell'articolo 3 della Costituzione –:

   in che modo il Ministro interrogato intenda dare concreta attuazione al concetto di merito al fine di valorizzare l'intera comunità scolastica.
(3-00031)


Iniziative volte alla omogeneizzazione delle condizioni di accesso alla gratuità dei libri di testo della scuola dell'obbligo nelle diverse aree del Paese – 3-00032

   GRIPPO, BOSCHI, RICHETTI, DEL BARBA, ENRICO COSTA, GADDA, SOTTANELLI e PASTORELLA. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   per le famiglie con studenti in età scolare, il costo dei libri di testo rappresenta una voce di spesa rilevante nel bilancio familiare e, in un periodo di generale aumento del livello dei prezzi, rischia di creare disparità nel diritto allo studio per gli studenti provenienti da contesti socio-economici più problematici;

   per gli studenti della scuola primaria, l'articolo 156 del decreto legislativo n. 297 del 1994 ne garantisce la gratuità, mentre l'articolo 1, comma 628, della legge n. 296 del 2006 ha stabilito che la gratuità parziale dei libri di testo di cui all'articolo 27 della legge n. 448 del 1998 sia estesa agli studenti del primo e del secondo anno dell'istruzione secondaria superiore, in ragione del fatto che questi sono parte dell'obbligo scolastico;

   sono gli enti locali a definire di anno in anno, sulla base delle risorse trasferite dalle regioni, sia le condizioni di accesso alla gratuità dei libri di testo, diverse sul territorio nazionale, sia la quantità di risorse da destinare a tal fine, determinando una situazione a macchia di leopardo con una penalizzazione proprio per le famiglie che vivono nei territori più disagiati;

   anche nelle aree caratterizzate da un maggior gettito a disposizione e con bilanci in equilibrio, sono sempre più numerose le segnalazioni di amministrazioni che fanno fatica a mantenere il livello di servizi per il diritto allo studio erogati fino a oggi, anche in ragione delle spese straordinarie che devono affrontare in virtù della crisi economica e dell'aumento dei costi, in particolare dell'energia;

   sul tema, è utile segnalare che la legge n. 32 del 2022 (cosiddetto «Family Act»), all'articolo 2, lettera g), prevede, tra i principi di delega, il potenziamento – nel rispetto del riparto costituzionale delle competenze legislative tra Stato e regioni – delle misure di sostegno alle famiglie meno abbienti per l'acquisto dei libri di testo per la scuola secondaria di primo e di secondo grado, anche attraverso l'utilizzo della piattaforma telematica dell'assegno unico e universale, ai fini dell'efficace e tempestivo accesso ai benefici da parte di tutti i nuclei familiari aventi diritto; la delega deve essere esercitata entro maggio 2023 –:

   se non ritenga opportuno intervenire, già nel prossimo disegno di legge di bilancio, nella direzione di un'omogeneizzazione delle condizioni di accesso alla gratuità dei libri di testo nelle diverse aree del Paese, anche aumentando le risorse nazionali a tal fine destinate, fino all'estensione della gratuità dei libri a tutta la scuola dell'obbligo per le famiglie meno abbienti.
(3-00032)


Intendimenti circa l'attuazione delle misure del Pnrr volte a incrementare l'efficienza energetica del settore agricolo – 3-00033

   NEVI, CATTANEO, ARRUZZOLO e GATTA. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   le organizzazioni agricole negli incontri con i rappresentati del Governo appena formatisi, nel sottolineare il ruolo centrale dell'agricoltura, hanno chiesto di attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza adeguandolo al nuovo contesto economico e geopolitico, superando l'attuale ripartizione dei compiti fra i vari soggetti interessati;

   l'esperienza del bando del Piano nazionale di ripresa e resilienza relativo ai parchi agrisolari, dotato di 1,5 miliardi di euro per l'installazione di pannelli fotovoltaici sugli edifici destinati all'esercizio dell'agricoltura, di competenza del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, mostra come siano necessari dei correttivi: ancorare la misura al solo autoconsumo aziendale, ha reso meno appetibile l'accesso alla misura delle imprese agricole e ha escluso di fatto le piccole e medie imprese di settore;

   molti agricoltori non hanno concorso anche per carenza di risorse economiche, mentre sarebbe stato opportuno il coinvolgimento di soggetti di garanzia pubblica, come Ismea o Mediocredito centrale;

   altrettante incognite si rilevano sulla misura dei parchi agrivoltaici (1,1 miliardi di euro per l'installazione di pannelli fotovoltaici, nell'ambito di aree in attualità di coltivazione, di competenza del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica – Mase), dove mancano ancora indicazioni definitive e un quadro d'insieme completo. Sarebbe opportuna una governance chiara e un tavolo di lavoro tra le varie associazioni di rappresentanza del mondo agricolo ed energetico, con l'obiettivo di una collaborazione strutturale e costruttiva;

   altrettante incognite vi sono sulla misura M2C2 1.4 di competenza del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica dotata di 1,9 miliardi di euro, destinata al recupero energetico dei residui organici per la produzione di biometano. Questa si pone l'obiettivo di riconvertire e migliorare l'efficienza degli impianti di biogas agricoli esistenti, di creare poli consortili per il trattamento centralizzato di digestati ed effluenti con produzione di fertilizzanti di origine organica e di produrre oltre 2 miliardi di metri cubi di gas. Anche qui sarebbe opportuno un maggior coordinamento tre le diverse realtà sia imprenditoriali che di governance;

   l'emergenza creata dalla situazione geopolitica internazionale è sia energetica che alimentare. Sotto il primo profilo l'obiettivo da perseguire è quello di trasformare il comparto agricolo da consumatore a produttore di energia –:

   quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato in merito all'attuazione delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinate a rendere più efficienti sotto il profilo energetico il settore agricolo, adottando, ad esempio, iniziative volte all'eliminazione dei limiti di produzione energetica oggi esistenti, e se non ritenga opportuno un maggior coordinamento con il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica per l'attuazione delle misure di sua competenza che riguardano il settore agricolo.
(3-00033)


Iniziative di competenza volte a salvaguardare la cultura alimentare italiana, con particolare riguardo alla necessità di scongiurare la produzione e commercializzazione della carne «sintetica» – 3-00034

   LUPI, PISANO, BICCHIELLI, CAVO, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   la cultura alimentare rappresenta una tradizione imprescindibile del nostro Paese, che deve essere tutelata anche presso le istituzioni comunitarie;

   la carne coltivata, nota anche come carne sintetica, artificiale o in-vitro, è un prodotto ottenuto dalla raccolta di cellule muscolari animali che vengono poi poste in un bioreattore e alimentate con proteine per favorire la crescita dei tessuti;

   il Ministro interrogato ha dichiarato recentemente che «finché saremo al Governo sulle tavole degli italiani non arriveranno cibi creati in laboratorio», e che «il Governo è contrario a cibo sintetico e artificiale e ha intenzione di contrastare in ogni sede questo tipo di produzioni»;

   il 17 novembre 2022 l'azienda Upside Foods ha ricevuto l'autorizzazione dalla Food and Drug Administration negli Stati Uniti d'America per procedere nella produzione di «pollo sintetico»;

   sebbene Upside Foods sia tenuta a superare altri due passaggi burocratici prima di procedere alla commercializzazione, ossia ricevere un'ispezione da parte del dipartimento dell'agricoltura (Usda) e ottenere un'etichetta che attesti l'avvenuta ispezione, l'autorizzazione ottenuta dalla Food and Drug Administration rappresenta un primo passo importante verso l'approdo del prodotto sui mercati statunitensi;

   il progetto europeo «Feed for Meat» è sviluppato dall'azienda di nutrizione animale olandese Nutreco insieme a Mosa Meat, l'azienda olandese che ha prodotto il primo hamburger al mondo coltivato in laboratorio nel 2013;

   il progetto citato, che mira a migliorare ulteriormente la sostenibilità della catena del valore dell'agricoltura cellulare, è stato finanziato nell'ambito di React-Eu, all'interno del programma «Next Generation EU», il quadro finanziario della Commissione europea per la ripresa dalla pandemia di COVID-19;

   la Commissione europea, contestata già nel 2021 da numerosi membri italiani del Parlamento europeo, ha difeso la mossa di concedere 2 milioni di euro del programma «Next generation EU» al progetto «Feed for Meat», per proseguire le attività di ricerca sull'agricoltura cellulare e ridurre i costi della carne coltivata in laboratorio –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per scongiurare la produzione e la commercializzazione di carne «coltivata» o «sintetica», o ancora «artificiale», non solo con riguardo all'ordinamento italiano ma anche in tutte le sedi comunitarie e internazionali in cui il Governo può rappresentare la posizione italiana sul tema in oggetto.
(3-00034)


Iniziative per l'urgente ricostituzione del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale, anche in relazione all'emergenza dovuta alla proliferazione dei cinghiali – 3-00035

   VACCARI, FORATTINI, MARINO, ANDREA ROSSI, FERRARI, GHIO, CASU e FORNARO. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 8 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 – Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio – prevede l'istituzione presso il Ministero dell'agricoltura e delle foreste (oggi Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale (Ctfvn);

   il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale è stato costituito, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge n. 157 del 1992, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulla base delle designazioni delle organizzazioni ed associazioni di cui al comma 1 della stessa legge ed è presieduto dal Ministro dell'agricoltura e delle foreste o da un suo delegato e che è stato rinnovato nelle rappresentanze con periodicità quinquennale fino a circa dieci anni fa senza ulteriori rinnovi o convocazioni in palese contrasto con le norme di legge;

   al comitato sono conferiti compiti di organo tecnico consultivo per tutto quello che concerne l'applicazione della legge n. 157 del 1992;

   il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale esprime parere sull'aggiornamento dei massimali assicurativi obbligatori per l'esercizio della caccia che il Ministro interrogato aggiorna con proprio decreto ogni quattro anni ed esprime parere sulle domande di riconoscimento delle associazioni venatorie nazionali;

   in assenza di una relazione sullo stato di applicazione della legge n. 157 del 1992 il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale può assolvere a sede di valutazione e di approfondimento, essendo presenti tutte le forze associative e gli enti territoriali chiamati dalla legge a svolgere ruoli primari nella gestione del territorio e della fauna, delle eventuali proposte correttive e integrative da apportare alla normativa nazionale;

   è opportuno dare risposte alle decine di migliaia di aziende che vedono ogni giorno il proprio lavoro cancellato dai 2,3 milioni di cinghiali proliferati e che rappresentano un pericolo per la salute e la sicurezza dei cittadini –:

   se il Ministro interrogato intenda procedere alla ricostituzione del suddetto comitato avviando con sollecitudine le procedure per richiedere le designazioni agli enti interessati, anche per affrontare con urgenza l'emergenza cinghiali e quali iniziative di carattere normativo si intendano assumere al riguardo.
(3-00035)


Iniziative di competenza, in particolare in sede europea, per un sistema di etichettatura dei prodotti alimentari idoneo a tutelare la salute dei consumatori e il settore agroalimentare nazionale – 3-00036

   FOTI, CERRETO, CARETTA, ALMICI, LA PORTA, LA SALANDRA, MALAGUTI, MARCHETTO ALIPRANDI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, RUSPANDINI, VINCI, MURA, PULCIANI, SBARDELLA e CIABURRO. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. – Per sapere – premesso che:

   il piano d'azione per la strategia dell'Unione europea dal produttore al consumatore prevede la modificazione del sistema di etichettatura degli alimenti, introducendo quella nutrizionale front-of-pack garantendo le scelte alimentari dei consumatori e fornendo informazioni a «colpo d'occhio» sui valori nutrizionali, per prevenire malattie legate all'alimentazione;

   è al vaglio degli organi dell'Unione europea un nuovo sistema denominato Nutri-Score, sviluppato in Francia, che identifica i valori nutrizionali dei prodotti alimentari comparando quantità fisse pari a 100 grammi, utilizzando due scale correlate: una cromatica divisa in cinque gradazioni di colore dal verde al rosso, e una alfabetica dalla lettera A alla lettera E;

   illustri nutrizionisti italiani hanno valutato negativamente il Nutri-Score perché poco chiaro: ad esempio, il Nutri-Score considera l'olio d'oliva un cibo meno sano di bevande di produzione industriale, gassate e zuccherate, fornendo ai consumatori un'informazione inesatta;

   un'indagine indipendente condotta dall'organizzazione Safe ha confrontato il Nutri-Score con due sistemi di etichettatura alternativi, al termine del quale si è dimostrato «incoerente» e «difettoso» perché fornisce dati ingannevoli, più favorevoli e accomodanti per cibi non salutari, come quelli contenenti molti zuccheri o sottoposti a lunghi processi di trasformazione industriale;

   il mondo scientifico, al contrario, ritiene che per meglio tutelare la salute sia necessario adottare diete equilibrate, basate su un'alimentazione varia e bilanciata, contenente tutti i nutrienti; il Nutri-Score, invece, tende a scoraggiare il consumatore dall'acquisto di determinati prodotti, anche se salutari, perché valutati singolarmente e non all'interno di una completa dieta alimentare, nonostante l'alta qualità, come nel caso dell'olio d'oliva;

   se adottato, il Nutri-Score determinerebbe un'ingiusta penalizzazione del settore agroalimentare nazionale, considerato un'eccellenza dell'Italia, fornendo messaggi nutrizionali distorsivi, penalizzanti e dannosi per l'economia nazionale, distorcendo anche la leale concorrenza e la competizione economica internazionale;

   il Nutri-Score non garantirebbe la salubrità delle scelte del consumatore danneggiando anche l'economia nazionale e europea; utile sarebbe invece l'adozione un sistema di informazione a effettiva tutela del consumatore finale perché più approfondito e chiaro per valutare gli alimenti;

   il 27 ottobre 2022 la Commissione europea ha posticipato al 2023 la presentazione della proposta di regolamento sull'etichetta nutrizionale, prevista entro il 2022, evitando l'adozione del Nutri-Score –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare in sede di Unione europea per sollecitare l'elaborazione di un diverso sistema di etichettatura, in grado di fornire informazioni più chiare e di evitare i danni alla salute dei consumatori e al sistema produttivo agroalimentare nazionale e europeo che causerebbe, invece, l'introduzione del modello Nutri-Score.
(3-00036)