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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 14 di venerdì 25 novembre 2022

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE'

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

CHIARA BRAGA, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 23 novembre 2022.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 46, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Nomina dei componenti del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera, in data 21 novembre 2022, ha chiamato a far parte del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica i deputati Giovanni Donzelli, Lorenzo Guerini, Marco Pellegrini, Ettore Rosato e Angelo Rossi.

Il Presidente del Senato della Repubblica, in data 17 novembre 2022, ha chiamato a far parte dello stesso Comitato i senatori Andrea Augello, Claudio Borghi, Enrico Borghi, Licia Ronzulli e Roberto Maria Ferdinando Scarpinato.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative in merito alla decisione di Acciaierie d'Italia di sospendere dalle attività nello stabilimento ex-Ilva di Taranto 145 aziende appaltatrici - n. 2-00010)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Alessandro Colucci ed altri n. 2-00010 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Cavo se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmataria, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ILARIA CAVO (NM(N-C-U-I)-M). Se è possibile, Presidente, procedo all'illustrazione e poi ad una breve replica.

PRESIDENTE. Prego. Ne ha facoltà.

ILARIA CAVO (NM(N-C-U-I)-M). Questa interpellanza è incentrata sul problema della messa alla porta di 145 aziende dell'indotto delle Acciaierie d'Italia, ex Ilva di Taranto; ovviamente, si incentra sul più ampio tema legato all'ex Ilva e alle Acciaierie d'Italia.

L'Ilva, ora Acciaierie d'Italia Spa, è il più grande stabilimento europeo per la produzione dell'acciaio. Invitalia, Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo delle imprese, è entrata nel capitale sociale - lo sappiamo - e ne è titolare al 38 per cento; il gruppo ArcelorMittal ne è titolare al 62 per cento.

Nel corso dell'audizione alla commissione bilancio nel consiglio regionale della Puglia, il presidente di Acciaierie d'Italia, Franco Bernabè, ha ribadito che lo stabilimento ex Ilva di Taranto “deve rimanere in vita, deve rimanere uno stabilimento che produce acciaio in maniera compatibile” dal punto di vista ambientale, ma “deve rimanere in vita perché uno stabilimento morto di quel tipo diventa una bomba ecologica”. E ha anche detto che “dobbiamo lavorare tutti per salvaguardare questo stabilimento, se viene abbandonato, il problema non è più risolvibile”. Lo stesso Bernabè ha aggiunto che uno degli obiettivi fondamentali della riconversione dell'ex Ilva è quello occupazionale, attraverso il recupero della competitività, obiettivo primario e condivisibile, soprattutto in questo momento di grave crisi economica e sociale che attraversa il nostro Paese e il Sud in particolare.

Fatte queste premesse, però, il 12 novembre scorso, è comparsa sulla stampa - è stato riportato in questa interpellanza un estratto de Il Sole 24 Ore – e ha avuto una grande eco la notizia che “a partire da lunedì 14 novembre, 145 aziende appaltatrici di acciaierie d'Italia sono sospese dalla loro attività in fabbrica a Taranto. La comunicazione è stata fornita nella mattinata del 12 novembre dall'azienda alle organizzazioni sindacali, ma Confindustria Taranto segnala che diverse aziende, già dall'11 novembre 2022, hanno ricevuto una PEC in tal senso dall'ex Ilva”. Nella motivazione, Acciaierie d'Italia ha riportato: “Sopraggiunte e superiori circostanze ci inducono a comunicarvi la necessità di sospendere l'attività oggetto di ordini, nella rispettiva interezza, prevedibilmente fino al 16 gennaio 2023, oppure fino all'anteriore data prevista dagli ordini, quali termini di consegna”. La sospensione - dicono le fonti sindacali - riguarda le attività e i lavori che queste imprese stavano svolgendo nel settore siderurgico e precisano: “trattandosi di un numero elevato, vuol dire che l'indotto verrà colpito in larghissima parte. Continueranno a lavorare sostanzialmente soltanto le imprese che, per l'ex Ilva, effettuano attività ritenute essenziali”.

L'effetto di questa iniziativa, ovviamente inaspettata, è la messa a rischio di 2.500 posti di lavoro, in una contingenza recessiva e sociale particolarmente attenzionata da questo Governo. Questo atto appare in contrapposizione con quanto dichiarato dal presidente di Acciaierie d'Italia sull'obiettivo occupazionale. Il Ministro Urso si è già espresso il 15 novembre scorso, ribadendo che si aspetta ad ore che l'azienda dia un segnale costruttivo rispetto a quanto accaduto senza alcun preavviso nei confronti delle aziende dell'indotto e dei lavoratori. Ora questa interpellanza, il cui primo firmatario è l'onorevole collega Alessandro Colucci, è stata sottoscritta da tutto il gruppo di Noi Moderati. La sto esponendo io - ci tengo a precisarlo -, in assenza del collega che non è potuto essere presente oggi, sostanzialmente perché qui si uniscono due sensibilità, quella di un parlamentare come lui, eletto nel territorio pugliese e molto attento a tutto quello che accade sul territorio pugliese, e la sensibilità di una parlamentare ligure, la sottoscritta, a cui appunto è stato chiesto di intervenire in questa illustrazione, che ha ben presente la situazione dell'ex Ilva per i riflessi per quanto riguarda lo stabilimento di Genova e, chiaramente, gli stabilimenti di tutta Italia. Puglia e Liguria sono regioni in cui insistono questi stabilimenti, con tutte le problematiche di impatto ambientale e occupazionale che ben conosciamo e dove, negli anni, si è sviluppato un tessuto di imprese, ma anche di competenze e tecnologie, alimentato quasi integralmente dalla committente ex Ilva. Le questioni quindi sono tutte inscindibili. È evidente che il futuro dello stabilimento di Taranto e degli operai ha riflessi sui fatti di Genova, così come sull'indotto. Tutto questo passa anche dalla risposta anche a questa interpellanza, perché si parte da qui.

Il Ministro Urso si è espresso con chiarezza, definendo inaccettabile l'ipotesi di chiudere davanti ai cancelli i lavoratori dell'indotto e argomentando “Vogliamo arrestare il declino della siderurgia italiana, lo vogliamo fare subito”. Ovviamente, i patti con ArcelorMittal, sostanzialmente, prevedevano 6 milioni di produzione e oggi siamo a 3, siamo indietro nella riconversione industriale e nel recupero ambientale. Un problema di governance, certamente, ma non solo, dichiarava il Ministro.

Il Presidente di Acciaierie d'Italia, ancora, ha definito quello della sospensione degli ordinativi un provvedimento temporaneo, come riportato anche dalla stampa il 16 novembre, dovuto al rallentamento delle produzioni da parte dei maggiori clienti dell'ex Ilva. È davvero un provvedimento temporaneo? Resta la preoccupazione, la preoccupazione è tanta, per Taranto e il suo indotto, per Genova e il suo indotto, che arriva fino al savonese, e per l'intera filiera legata all'ex Ilva, che coinvolge Novi Ligure, Racconigi, Marghera, tutti gli altri stabilimenti.

Vorrei soffermarmi, mi permetto, su un caso in particolare già esploso, quindi già noto, quello di Sanac, azienda che costruisce materiali refrattari con stabilimenti a Massa, Vercelli, Vado Ligure e, ancora, Veneto e Sardegna, una vertenza arrivata sul tavolo del Ministero. Il 60 per cento del fatturato di Sanac è dato dalle commesse di Acciaierie d'Italia: da qui, la stretta dipendenza. In più - e qui sta il paradosso - Sanac è un'azienda controllata dallo Stato, nello specifico dal Ministero delle Imprese e del made in Italy, con conti in ordine e bilancio in attivo. L'ultimo bilancio è stato chiuso con 4 milioni di utili, il 20 per cento in più di produzione e il 30 per cento in più di fatturato, con la stabilizzazione anche di 12 lavoratori, ma questa realtà rischia di essere messa in difficoltà per i tagli delle commesse avvenuti da parte di Acciaierie d'Italia, cioè da un'altra azienda statale. Solo a Vado Ligure sono 67 le persone a rischio occupazionale.

L'ultimo bando di gara per la cessione aveva scadenza il 7 novembre scorso e hanno partecipato l'austriaca RHI e l'indiana Dalmia, aziende che nel frattempo si sono fuse facendo anche ipotizzare problemi dell'Antitrust, ma questo sarà un tema che si affronterà in seguito. Sono offerte affidabili, sono ritenute valide per salvare l'azienda? Su questo punto, è stata presentata un'interrogazione scritta ma, ovviamente, non posso non citare questo tema oggi nell'illustrare questa interpellanza, perché sono tutti temi interconnessi: l'indotto di Taranto e l'indotto a livello nazionale e questa sarebbe la centoquarantaseiesima azienda con problematica complessa. Ovviamente, se non potrà dare una risposta immediata sul caso di Sanac, è stata mia premura, però, precisarlo in questa esposizione, lo faccio presente, con la preghiera, con l'auspicio, anzi, con la convinzione che il Ministero ponga una grande attenzione anche a questa vertenza già sul tavolo, per la quale è previsto un incontro il 6 dicembre prossimo, proprio come tavolo di crisi aperto, e con l'auspicio che, anche per quanto riguarda Sanac, la questione venga affrontata con soluzioni e con risposte chiare, sia da parte degli enti locali, che da parte sindacale. Quindi, con questa interpellanza urgente, stiamo ponendo la questione dell'indotto dell'Ilva di Taranto, delle prospettive nate dall'interruzione degli ordinativi, in realtà stiamo ponendo una prospettiva più nazionale. Come ha dichiarato il presidente della regione Liguria, Giovanni Toti, serve una strategia, cosa che è mancata in questi anni sulla siderurgia. Non c'è dubbio che l'Italia non possa rinunciare alla filiera dell'acciaio, l'Italia è la seconda potenza manifatturiera d'Europa, non può rinunciare a produrre acciaio, ma è altrettanto evidente che questo passi da decisioni strategiche per la città di Taranto. Bisogna una volta essere chiari e decisi: sarà, chiaramente, il Ministero delle Imprese e del made in Italy a decidere quale sarà la strategia, l'importante è capire che i tempi sono stretti e bisogna prendere decisioni nette.

La richiesta principale di questa interpellanza è quali azioni il Governo intenda intraprendere nei confronti delle 145 aziende dell'indotto improvvisamente messe ai cancelli da Acciaierie d'Italia. Ma è evidente che questa trascina con sé altre questioni a ruota e, dunque, come si intende approcciare le altre aziende dell'indotto, ho fatto un esempio su tutti, che è quello di Sanac. Oggi, è stata convocata l'assemblea dei soci di Acciaierie d'Italia: ovviamente, è impossibile conoscere in anticipo l'esito, tanto più dopo che ArcelorMittal ha disertato l'ultimo incontro con il Ministero ma forse, in questa sede, possiamo conoscere quale sarà la posizione della parte pubblica rappresentata da Invitalia e, comunque, quali sono le intenzioni del Governo su un cambio di governance, su una partecipazione più alta all'interno dell'azienda. Ovviamente, seguiremo, come gruppo, tutti gli sviluppi che riguardano questa tematica ampia, partendo da quella dell'indotto, e fin d'ora la ringraziamo per tutte le precisazioni che potrà darci in merito sia al caso specifico sia alle scelte strategiche per quanto riguarda la siderurgia italiana.

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato per le Imprese e il made in Italy, Fausta Bergamotto, ha facoltà di rispondere.

FAUSTA BERGAMOTTO, Sottosegretaria di Stato per le Imprese e il made in Italy. Grazie, Presidente, grazie, onorevole interpellante. Come ha ricordato con l'interpellanza in parola, nei giorni scorsi Acciaierie d'Italia ha comunicato la sospensione, con decorrenza dal 14 novembre e sino al 16 gennaio, delle attività e degli ordini relativi alle circa 145 imprese dell'indotto, di cui 43 a Taranto.

La comunicazione di Acciaierie d'Italia si inserisce in un quadro problematico emerso all'indomani dell'insediamento del nuovo Governo e da subito attenzionato dal Ministro Urso con l'obiettivo di individuare le migliori soluzioni per salvaguardare le imprese e i lavoratori coinvolti. Com'è noto, il Ministro ha immediatamente convocato un tavolo che si è svolto lo scorso 17 novembre. All'incontro, tenutosi presso il Ministero delle Imprese e del made in Italy erano presenti il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, i rappresentanti di Confindustria, i commissari dell'Ilva in amministrazione straordinaria, le federazioni sindacali dei lavoratori metalmeccanici, Invitalia e i governatori delle regioni Puglia, Piemonte, Liguria e Lombardia.

Tutti i partecipanti alla riunione hanno espresso e condiviso forte preoccupazione per la situazione dello stabilimento ex Ilva, ma è anche emersa la volontà di collaborare per giungere ad un punto di svolta in una situazione di crisi che si trascina ormai da anni, nella consapevolezza che la siderurgia rappresenta un asset strategico per la politica industriale italiana e che da troppo tempo molti lavoratori vivono una condizione di precarietà.

In particolare, sul fronte delle politiche di supporto ai lavoratori, posso assicurare, anche a seguito delle interlocuzioni con il Ministero del Lavoro, che, anche per il 2023, permarrà la cassa integrazione straordinaria per il personale che non è stato assunto da ArcelorMittal prima e da Acciaierie d'Italia dopo, rimanendo in carico ad Ilva in amministrazione straordinaria. Si tratta dell'integrazione salariale alla cassa integrazione guadagni straordinaria per il 2022 che è stata finanziata con 19 milioni di euro (comma 128 dell'articolo 1 della legge n. 234 del 2021).

Le parti sindacali e datoriali hanno sollevato anche la questione dell'attuazione delle “Misure urgenti per il sostegno alla siderurgia” disposte dal “decreto Aiuti-bis” (articolo 30 del decreto-legge n. 115 del 2022), che autorizza Invitalia alla sottoscrizione di aumenti di capitale o all'utilizzo di altri strumenti idonei al rafforzamento patrimoniale di Acciaierie d'Italia, anche nella forma di finanziamento soci in conto aumento di capitale, fino a un miliardo di euro.

Invitalia, in proposito, ha già riferito di aver attivato l'interlocuzione con il socio privato per applicare al meglio la norma del “decreto Aiuti-bis”, sottolineando che condividerà con il Governo la soluzione migliore per l'azienda, i lavoratori e tutto l'indotto; Invitalia ha, altresì, dichiarato di essere operativa con DRI d'Italia Spa, che controlla al 100 per cento, per studiare la fattibilità di impianti di produzione di direct reduced iron, noto anche come “preridotto”, ossia il semilavorato siderurgico contenente prevalentemente ferro metallico da usare nel ciclo produttivo dell'acciaio, riducendo carbon coke e minerali, con l'obiettivo di avere una produzione più sostenibile nell'ottica della decarbonizzazione.

È chiaro che, considerata la complessità e l'urgenza della tematica in parola, l'incontro tenutosi il 17 novembre scorso va considerato solo come il primo di una serie di incontri che si svolgeranno nei prossimi giorni anche e, soprattutto, con i rappresentanti di ArcelorMittal, dai quali ci attendiamo collaborazione massima, tenuto conto dell'urgenza sin qui detta.

Nel solco degli auspici del Governo, appare un segnale positivo la riaccensione da ieri dell'“Acciaieria 1”, la cui attività consentirà di ridare lavoro a circa 200 persone che erano in cassa integrazione. Ovviamente, è solo un piccolo passo. Occorre attivare le risorse messe in campo dal Governo, ossia il miliardo previsto per l'ex Ilva dal “decreto Aiuti-bis”, in un contesto, tuttavia, che possa generare investimenti tali da assicurare e garantire una produzione in linea con gli obiettivi previsti dall'accordo di investimento, idonei a innescare finalmente le condizioni per il riassorbimento dei lavoratori e il rilancio della siderurgia italiana in un momento delicato e strategico quale quello attuale.

In altri termini, il Governo non accetterà di dare nuove risorse senza un “cambio di passo” da parte di Acciaierie d'Italia e senza che, a breve, Acciaierie d'Italia riprenda tutte le attività sospese e gli ordini alle imprese dell'indotto.

PRESIDENTE. La deputata Cavo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza. Le ricordo che ha a disposizione 10 minuti.

ILARIA CAVO (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente, ne userò molti meno. Chiaramente, ringrazio il Sottosegretario, per questa puntuale risposta. Mi dichiaro sostanzialmente soddisfatta di tutto quello che è stato riferito in quest'Aula per quanto riguarda questa tematica. Ringrazio soprattutto per alcune posizioni, molto chiare, che sono state riportate. Ascoltare anche in quest'Aula - l'avevamo già sentito da parte del Governo - che la siderurgia rappresenta un asset strategico, credo sia una dichiarazione importante. Ovviamente, anche gli impegni su una cassa integrazione straordinaria sono una dichiarazione importante, perché legata a tutto il resto di quanto è stato affermato qui, ovvero la volontà molto chiara di capire come investire il miliardo del “decreto Aiuti-bis” che sostanzialmente è il nodo che si ha davanti. La chiarezza nella risposta che abbiamo avuto, dimostra in maniera molto precisa questo cambio di passo che si chiede ad ArcelorMittal per immettere nuove risorse in Acciaierie d'Italia e, quindi, anche a disposizione della parte privata; cambio di passo che serve e condiziona l'investimento da parte dello Stato, rispetto anche all'atteggiamento che si avrà per le 145 aziende dell'indotto. Quindi, è chiaro che avere una posizione di questo tipo da parte del Governo vuol dire garantire la massima tutela per le aziende dell'indotto nel momento in cui si va al dialogo, - confronto, ragionamento, chiamiamolo come vogliamo - con la parte privata di Acciaierie d'Italia, che è ArcelorMittal. E' un tema assolutamente in evoluzione. Mi sono permessa di citare anche altre tematiche, che avranno poi risposte scritte. Quello che posso continuare a precisare è che monitoreremo tutto lo sviluppo dei prossimi incontri, ce ne saranno ancora proprio nelle prossime ore e avremo anche notizie e indicazioni specifiche. Come gruppo, saremo di stimolo, ma anche al fianco, per fare in modo che tutto l'operato del Governo abbia e porti a risposte chiare per la siderurgia e soprattutto per tutto quello che azienda, indotto e lavoratori stanno aspettando. Dichiaro soddisfazione, insieme chiaramente a un monitoraggio della tematica.

(Iniziative volte a garantire la continuità produttiva ed occupazionale dello stabilimento di Bagnoli della Rosandra della società Wärtsilä, anche al fine di evitare la dispersione del patrimonio professionale acquisito - n. 2-00017)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Serracchiani ed altri n. 2-00017 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla presidente Serracchiani se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

DEBORA SERRACCHIANI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Illustrerò l'interpellanza e ringrazio per la presenza la sottosegretaria. Come lei ricordava, Presidente, si tratta di un'interpellanza che ha ad oggetto la società Wärtsilä Italia Spa, che ha sede a Bagnoli della Rosandra, a San Dorligo della Valle e a Trieste. È un'azienda molto importante, storicamente importante, una volta era la cosiddetta Grandi Motori, poi venne acquisita dalla Wärtsilä Corporation ed oggi, a San Dorligo della Valle, ha sede la parte italiana di Wärtsilä Spa.

È una società leader nella fornitura delle soluzioni per la generazione di energia per il settore marino e terrestre. Nella sostanza, soprattutto lì si fanno motori, grandi motori, i motori delle navi. È, per quanto ci riguarda, un settore strategico, quello della produzione dei motori, e ovviamente non è strategico soltanto per la produzione dei motori, ma anche per tutto l'indotto. Si consideri, Presidente, sottosegretaria, che a Trieste, ad esempio, sono presenti e hanno sede anche la Land & Sea Academy, un centro di eccellenza per la formazione di esperti in campo motoristico; l'Hybrid Centre, il primo centro ibrido al mondo; e il Contract Management Expertise Centre, supporto operativo da remoto ai clienti con contratti di manutenzione di tutta l'area del Sud Europa e dell'Africa. Quindi, non è soltanto un'azienda dove si fanno motori, ma è anche un'azienda che intorno ha una grandissima qualità e professionalità, e anche un grandissimo e importante centro di ricerca, sviluppo e assistenza, anche assistenza da remoto.

Ebbene, nonostante tutte le assicurazioni che negli anni questa azienda ha dato al territorio e alle istituzioni italiane, non ultimo all'allora Ministro dello Sviluppo economico Giorgetti, l'azienda, il 14 luglio 2022 - mi verrebbe da dire in “una notte buia e tempestosa”, mi scuserà ma fu così, cioè avvenne durante la notte, in una riunione del consiglio di amministrazione - decise all'improvviso di chiudere il sito di Trieste, la parte della produzione. Parliamo, quindi, di 451 dipendenti su circa 1.000 e, soprattutto, del fatto che perdiamo una produzione, come dicevo all'inizio, strategica, quella della produzione dei motori. Perdiamo, però, anche e purtroppo, tanto indotto. Lo ricordava prima la collega, è esattamente quello che è successo e sta succedendo a Taranto su aziende di queste dimensioni, così grandi, con produzioni così importanti. È chiaro che intorno c'è un indotto altrettanto importante di tanti lavoratori e di tante piccole e medie imprese, che lavorano proprio in quel settore.

Ebbene, anche quei posti di lavoro con la chiusura della produzione si perderanno, anzi, purtroppo, si stanno già perdendo, perché l'azienda, dopo aver comunicato la chiusura ed aver avviato anche le procedure di licenziamento - poi dirò cosa è successo nel frattempo -, ha messo in difficoltà anche quell'indotto, e le aziende che erano più fragili o quantomeno più legate alla produzione di Wärtsilä, in questo momento, sono entrate in enorme difficoltà.

Nonostante questa decisione dell'azienda, vi è stato l'intervento, devo dire, immediato di tutte le istituzioni, a partire dai vari Ministeri degli allora Ministri del Lavoro, Orlando, e dello Sviluppo economico, Giorgetti, delle stesse istituzioni, della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, con il presidente Fedriga, di tutti i parlamentari e, devo dire, di tutta la città e di tutto il territorio del Friuli-Venezia Giulia, al punto che il 3 settembre 2022 c'è stata a Trieste, credo, una delle più grandi manifestazioni degli ultimi anni per quanto riguarda la difesa dei posti di lavoro, del lavoro e, ovviamente, di una produzione così importante.

Arrivarono a Trieste oltre 12 mila persone e tutti i sindacati, tutte le istituzioni, da Confindustria, ovviamente, e quindi, anche con l'apporto importante della parte datoriale, tutti hanno chiesto a Wärtsilä di ripensare quello che in qualche modo stava facendo e decidendo. La decisione era di chiudere il sito di Trieste e portare la produzione in Finlandia. Per questo motivo sono poi accadute due cose importanti. Intanto, il tribunale di Trieste ha annullato la procedura di licenziamento che era stata avviata, grazie anche al lavoro prezioso e importante dei sindacati che avevano impugnato la procedura e i licenziamenti; dall'altra parte, devo dire che è stato altrettanto prezioso l'intervento del Ministro Orlando, che fortemente ha voluto rivedere la norma sulle delocalizzazioni, la cosiddetta norma anti delocalizzazioni, che è stata poi scritta a quattro mani con il Ministro Giorgetti, e che è diventata norma in via definitiva con il “decreto Aiuti-ter”, approvato proprio alcune settimane fa.

Questa norma allunga i tempi delle procedure di delocalizzazione, cioè di chiusura delle attività; allunga i tempi, prevede delle sanzioni in caso di violazioni, prevede ovviamente anche che queste aziende, qualora violino gli impegni assunti, possano perdere anche i finanziamenti pubblici eventualmente ottenuti. È stato un segnale, un segnale importante, che i lavoratori, i sindacati, le istituzioni, la città e il territorio tutto hanno apprezzato, però non basta. Non basta perché, ovviamente, l'insistenza e la pressione che in qualche modo è stata fatta su Wärtsilä deve puntare, per quanto ci riguarda, a rinunciare alla chiusura dello stabilimento di Trieste, e anzi, a realizzare un investimento importante su quello stabilimento che, aggiungo, deve fare anche il Paese. Infatti, quello è un luogo nel quale si producono motori ed è una filiera, quella della produzione dei motori del settore marino, assolutamente strategica per il nostro Paese, non fosse altro perché abbiamo una importantissima cantieristica navale. E non ce l'abbiamo solo a Trieste e Monfalcone: ce l'abbiamo in tante regioni italiane dove Fincantieri, per citare il nostro fiore all'occhiello, è oggi uno dei più importanti e grandi asset mondiali proprio nello sviluppo non solo della crocieristica delle grandi navi, ma anche, evidentemente, di tutti gli altri settori del trasporto marittimo.

Ebbene, perdere la produzione di motori sarebbe per il nostro Paese un grave errore. Per questo al Ministero dello Sviluppo economico, dove si sono svolti già alcuni tavoli, vi è stata una particolare insistenza a - utilizzo questo termine in senso largo - costringere Wärtsilä a ripensare al comportamento tenuto fin qui.

Devo dire che, grazie all'insistenza con cui questo è accaduto, di fronte a una prima volontà di procedere con il licenziamento, di procedere con un piano di mitigazione che in qualche modo avesse un paletto per noi inaccettabile, cioè il fatto che la reindustrializzazione potesse avvenire solo alla condizione in cui eventuali aziende che si insediassero in quello stabilimento non dovessero produrre motori del settore marittimo (quindi è chiaro che, per quanto ci riguarda, questo era un paletto assolutamente inaccoglibile e irricevibile), l'azienda sembrerebbe aver cambiato idea, comunicando proprio in uno degli ultimi tavoli tenuti al Ministero dello Sviluppo economico che è pronta ad aprire anche a un eventuale insediamento che riguardi la stessa produzione attualmente concorrente della Wärtsilä Corporation.

Che cosa chiediamo oggi in questa sede e che cosa continueremo a chiedere con forza, dopo che, devo ricordare, i sindacati, ad esempio, hanno chiesto a tutti i parlamentari del Friuli-Venezia Giulia un impegno, che tra l'altro è stato sottoscritto da tutti noi con un documento che insiste proprio per queste richieste? In questo momento Wärtsilä Corporation ha dato incarico ad un advisor di trovare una reindustrializzazione alternativa a quella che si perderebbe. Ci sono delle proposte. Le proposte arrivano perché si tratta di uno stabilimento molto appetibile. Lo è non solo per come è fatto, ma anche per la logistica che è intorno a quello stabilimento: è uno stabilimento collegato direttamente con il treno al mare, ha una banchina dove vengono caricati e scaricati i motori, è vicino all'autostrada. Insomma, è in condizioni ottimali per un'azienda che volesse oggi investire in quel territorio. Quindi è molto appetibile e ci sono diverse proposte. Alcune di queste proposte sono state ricordate anche in un recente incontro che si è tenuto al Ministero dello Sviluppo economico, in cui, in quella sede, il capo di gabinetto del Ministro ha ricordato che, oltre a quelle cinque proposte, ce ne sono altre tre altrettanto interessanti, una o due probabilmente coincidono.

Questo è il momento però più importante perché, di fronte all'apertura mostrata dall'azienda, noi chiediamo al Governo di continuare nell'impegno che ci ha portato fin qui. In che cosa consiste quell'impegno? Nell'accompagnare le iniziative che si stanno prendendo sulla reindustrializzazione per la garanzia, evidentemente, della piena occupazione.

In questo momento c'è bisogno di tempo, quindi è probabile che si riesca a trovare una soluzione di - utilizzo anche qui questo termine in modo atecnico - congelamento della situazione, che consenta però la continuità dell'attività aziendale, che per il momento si è fermata, è fortemente ridotta. Quindi, Wärtsilä deve impegnarsi a continuare con l'attività aziendale e a prendere quel tempo necessario per capire se queste proposte poi possono essere calate a terra e comportare la soluzione che tutti auspichiamo, cioè la continuità aziendale.

Noi chiediamo un impegno forte perché quella continuità aziendale sia sulla produzione dei motori del settore marino proprio perché riteniamo sia un altro settore strategico che il Paese Italia non può assolutamente permettersi di perdere, non fosse altro nell'interesse di Fincantieri e di tutte le aziende che fanno grande il nostro Paese nel mondo proprio in quei settori che, ripeto, dobbiamo e possiamo considerare strategici.

Quindi, chiediamo al Governo quali sono le iniziative in base alle quali continuare questa attività di accompagnamento delle iniziative economiche e del reinsediamento industriale presso lo stabilimento di Bagnoli della Rosandra con particolare riguardo, ripeto, però alla produzione dei motori. Se ci saranno alternative dovremo valutarle soltanto qualora la prima delle alternative, quella strategica, non fosse percorribile, e soltanto con l'accordo e l'accompagnamento del territorio, dei lavoratori, dei sindacati, delle istituzioni, perché finora tutti sono stati uniti e tutti devono rimanere uniti nell'unico obiettivo che è quello di garantire la piena occupazione e l'insediamento industriale nel sito.

E poi chiediamo quali iniziative il Governo ritenga di porre in essere per preservare anche la qualificazione professionale di quei lavoratori. Sono lavoratori altamente specializzati, in quello stabilimento c'è un know-how particolarmente importante, di grande capacità industriale, e quindi chiediamo come il Governo intenda preservare questo importante made in Italy (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato per le Imprese e il made in Italy, Fausta Bergamotto, ha facoltà di rispondere.

FAUSTA BERGAMOTTO, Sottosegretaria di Stato per le Imprese e il made in Italy. Grazie, Presidente, grazie, onorevole Serracchiani. Come è noto, la società a cui si riferisce l'interpellanza in parola fa parte del gruppo finlandese Wärtsilä, leader nella fornitura di soluzioni per la generazione di energia per l'intero ciclo degli impianti nel settore marino e terrestre.

Nel 1997 il gruppo Wärtsilä ha acquisito una quota delle azioni di Grandi Motori Trieste Spa, per poi rilevarne l'intera proprietà nel 1999. Wärtsilä in Italia attualmente occupa, come ha già detto l'onorevole, 1.154 persone, di cui circa 974 a Trieste e le restanti impiegate nelle sedi di Genova (126), Napoli (44) e Taranto (10).

La vertenza gestita dal tavolo di crisi del MIMIT riguarda esclusivamente lo stabilimento di Bagnoli della Rosandra a Trieste, che produce, offrendo anche servizi di assistenza, un'ampia gamma di motori a velocità media con un range di potenza da 1,9 MW a 23 MW. In particolare, il tavolo di crisi per Wärtsilä Trieste è stato aperto a seguito dell'improvvisa decisione dell'azienda di avviare, il 14 luglio scorso, una procedura ai sensi della legge n. 234 del 2021 per cessare l'attività di produzione motori e l'attività di assemblaggio di propulsori a Trieste, che coinvolge circa 386 addetti, annunciando, allo stesso tempo, la volontà di impegnarsi per la realizzazione di un piano di salvaguardia degli stessi e di reindustrializzazione delle attività.

Al riguardo, informo che, in data 3 novembre scorso, il Ministro Urso ha incontrato il presidente della regione Friuli-Venezia Giulia per un confronto sui principali temi del sistema economico e industriale friulano e triestino, ivi compresa la situazione del sito di Trieste di Wärtsilä.

In linea di continuità con tale incontro, come ricordato anche dall'onorevole interpellante, il 17 novembre scorso si è svolta, presso il Ministero delle Imprese e del made in Italy, una nuova riunione del tavolo, alla presenza dei vertici aziendali, dei sindacati e degli enti locali. L'azienda ha proposto di riprendere la produzione nello stabilimento di Trieste per un periodo funzionale per portare avanti alcune commesse, sino a fine giugno 2023, nel mentre sta definendo i piani di reindustrializzazione. La parte sindacale, dal canto suo, ha rifiutato una produzione a scadenza e ha richiesto che l'azienda accompagni il processo di reindustrializzazione, garantendo la produzione fino a quando non ci sarà un piano chiaro per i lavoratori interessati volto a garantire la continuità produttiva del sito di Trieste. Sul punto, il Ministero per le Imprese e del made in Italy ha espressamente richiesto l'impegno dell'azienda sul tema della continuità produttiva, sottolineando, peraltro, come un sito di eccellenza trovi partner quanto più dimostri di essere attivo. Nel complesso, va sottolineato che sono stati fatti alcuni passi avanti nella direzione auspicata dall'onorevole Serracchiani. In primis, si riscontra il positivo orientamento della proprietà ad impegnarsi nell'interlocuzione con le istituzioni e le parti sociali, nonché la disponibilità ad accettare un percorso di reindustrializzazione. Sul punto, è stato riferito di aver avviato contatti con diverse società potenzialmente interessate al sito. Parallelamente, il Ministero ha avviato interlocuzioni con altre società, anche esse interessate a rilanciare l'impianto di Trieste, e ha dato la disponibilità a mettere in campo diverse misure di sostegno per il percorso di reindustrializzazione in parola. Può farsi riferimento, tra gli altri, agli strumenti incentivanti, ai percorsi di formazione e alle misure di accompagnamento per gli investimenti esteri. Ovviamente, le iniziative non si fermeranno. Infatti, le interlocuzioni, tuttora in corso con i soggetti interessati, proseguono e l'obiettivo condiviso è quello di garantire la continuità produttiva del sito triestino attraverso un efficace piano di reindustrializzazione, posto che il sito in argomento è considerato strategico, nonché patrimonio dell'industria nazionale da salvaguardare anche per l'alta professionalità delle maestranze impiegate.

PRESIDENTE. La deputata Serracchiani ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

DEBORA SERRACCHIANI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Ringrazio la sottosegretaria, perché ha colto assolutamente l'importanza del sito e lo ha precisato (la ringrazio per questo). È un sito strategico - lo è per il Paese - ed è il motivo per cui l'iniziativa messa in campo dal Ministero è assolutamente fondamentale e dev'essere, in qualche modo, di accompagnamento a tutto quello che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi avverrà.

Desidero puntualizzare solo due questioni, sottosegretaria, auspicando che ciò possa essere utile anche per addivenire a una soluzione a cui tutti ovviamente stiamo mirando convintamente. La continuità produttiva è fondamentale. È chiaro che, come ricordava anche la sottosegretaria, se il sito non è produttivo il sito non è appetibile. Chiunque voglia entrare in quel sito e voglia fare qualunque procedura di reindustrializzazione e iniziare un'attività, deve trovare, in qualche modo, un corpo vivo nel quale potersi inserire e lavorare. Quindi, è importante che Wärtsilä comprenda che la continuità dell'attività aziendale è fondamentale.

Devo dirle, in questo senso però che, considerata l'importanza del sito, la strategicità dello stesso e la particolare complessità della produzione, immaginare che questa continuità aziendale possa avere una scadenza a giugno 2023, oggettivamente, mi sembra a dir poco ottimistico, ma anche molto pericoloso. Per cui, chiedo con forza che il Ministero faccia la sua parte, come ha fatto finora, per convincere l'azienda che, nel caso della continuità produttiva, già mettere una data di scadenza non è molto positivo ma, se proprio la si vuole mettere, la si metta in modo credibile e in modo puntuale, cioè consentendo che la reindustrializzazione si possa fare e non prendendo in giro nessuno, come del resto nessuno ha fatto finora. Oggettivamente, il mese di giugno mi sembra troppo vicino rispetto a una potenziale reindustrializzazione. È chiaro, altresì, che questa data di scadenza prelude al fatto che, nel momento in cui viene meno il periodo di congelamento - definiamolo così -, riparte la procedura.

La seconda cosa che credo debba essere messa nero su bianco in modo molto chiaro è che non ci deve essere alcun automatismo. Cioè, arrivati alla scadenza “x” - e ripeto che non può essere quella di giugno -, non deve esserci alcun automatismo, ma deve esserci la possibilità di verificare a che punto è l'ipotetica reindustrializzazione, se c'è bisogno di altro tempo e come accompagnare questa iniziativa e ciò meglio di tutti può farlo il Ministero. Il Ministero deve essere, quindi, parte attiva di un eventuale accordo tra le parti. Non è sufficiente che lo facciano soltanto i sindacati e la parte datoriale: è necessario che ci sia un supporto attivo, visibile, nero su bianco, del Ministero. Accordi di questo tipo sono stati fatti in passato - lo ricordava anche la collega poc'anzi per quanto riguarda Ilva - ed è chiaro che possiamo farlo anche in questa vicenda, dove lei, giustamente e puntualmente, ha detto che questo è un sito strategico. Se è tale, allora il Paese si deve impegnare, perché quella strategicità resti a Bagnoli della Rosandra, resti a Trieste, resti in Friuli-Venezia Giulia.

Ovviamente, questo significa anche rendere stabile, in qualche modo, i tavoli. Definiamolo tavolo di crisi, anche se mi piacerebbe definirlo non come un tavolo di crisi, ma come un tavolo di reindustrializzazione del sito. Quindi, rendiamolo stabile: che sia un luogo nel quale le parti si trovano per discutere di come sta andando avanti il progetto, con il pieno coinvolgimento dei sindacati e dei lavoratori.

Mi permetta, da ultimo, di ringraziare proprio i lavoratori e i sindacati, perché l'unità che hanno dimostrato di avere in questa circostanza è stata la forza dell'intero territorio, è stata la forza dei lavoratori e delle lavoratrici stesse e delle loro famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Saluto i cittadini che oggi assistono dalle tribune ai nostri lavori e saluto, con particolare calore, i ragazzi dell'Istituto tecnico commerciale “Leonardo da Vinci” di Milazzo, che assistono oggi ai nostri lavori. Benvenuti alla Camera dei deputati (Applausi)!

(Chiarimenti in merito alla mancata predisposizione dello statuto della Fondazione Centro italiano di ricerca per automotive, con sede a Torino - n. 2-00020)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Appendino ed altri n. 2-00020 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Appendino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

CHIARA APPENDINO (M5S). Grazie, Presidente. La illustro brevemente, per qualche minuto. Ovviamente, ringrazio la sottosegretaria per essere qui, oggi, presente in Aula. Questo tema è sicuramente molto sentito dalla mia città e dalla mia regione, ma mi sento di dire che con questa interpellanza poniamo un tema che riguarda l'intero Paese, perché parliamo della strategia nazionale politica che ha l'Italia in merito a uno dei temi forse più rilevanti e che cambierà e stravolgerà il mondo e il nostro Paese, cioè l'intelligenza artificiale.

Dico già in premessa che evidentemente non riguarda l'azione di questo Governo, che si è appena insediato, ma quello che ci interessa capire è quali siano le intenzioni rispetto a questa progettualità che nasce come una speranza. Dico speranza, perché nasce quando, il 2 luglio 2020, il Ministero dello Sviluppo economico pubblica le sue linee in merito alla strategia italiana, appunto, per l'intelligenza artificiale e, sulla base di questo documento, che viene pubblicato, la città di Torino e la regione Piemonte, grazie alle loro eccellenze e al loro ecosistema straordinario, decidono di provare a essere protagonisti, nell'interesse dell'Italia, e a sviluppare le potenzialità dell'intelligenza artificiale.

Quindi, questa speranza diventa poi un'aspettativa. Quando diventa un'aspettativa? Diventa un'aspettativa nell'estate del 2021, dopo che il Consiglio dei ministri, a settembre 2020, identifica Torino come il punto centrale per attuare le linee sull'intelligenza artificiale nel nostro Paese. Infatti, nel luglio 2021 viene istituita la Fondazione per il Centro italiano di ricerca per automotive e aerospazio, competente sui temi tecnologici e sugli ambiti applicativi relativi all'automotive e all'aerospaziale, con sede a Torino, come prima applicazione delle linee di indirizzo rispetto al tema dell'intelligenza artificiale.

Quindi, siamo praticamente a un anno dopo che Torino era stata identificata. Dunque, siamo a luglio 2021 e la speranza diventa aspettativa, mentre oggi mi sento di dire, a lei sottosegretaria, che quell'aspettativa è diventata richiesta. Perché richiesta? Cosa accade?

Accade che, di nuovo, un anno dopo - passano nel frattempo due anni e siamo a giugno 2022 - viene finalmente nominato il comitato che aveva come responsabilità quella di costituire o, meglio, scrivere lo statuto, insieme agli enti locali peraltro, perché c'è una condivisione molto forte anche a livello territoriale, che avrebbe fatto nascere la Fondazione. Questo comitato avrebbe dovuto redigere lo statuto entro novanta giorni dalla nomina, quindi, entro il 30 settembre 2022; perché siamo qui oggi? Siamo qui, oggi, sottosegretaria, innanzitutto, per capire se il nuovo Governo ha intenzione di proseguire, come io credo, sulla strategia che è stata tracciata, anche perché, peraltro, sono state stanziate risorse: parliamo di 20 milioni già sul 2022. Vorremmo capire a che punto siamo rispetto a questo statuto, perché la scadenza, ormai, è sostanzialmente passata da qualche mese e vorremmo capire, effettivamente, come si intenda dar vita a questa Fondazione che, lo vorrei sottolineare, non è interesse solo di Torino, credo che su questo siamo tutti e tutte d'accordo, ma è un pilastro fondamentale dell'intero Paese rispetto a una strategia – appunto, l'intelligenza artificiale – che se non saremo protagonisti rischieremo di subire, anche riguardo a potenzialità e impatti economici e di ricerca importanti, rispetto ad altri Paesi che oggi sono già molto più avanti di noi. Grazie, sottosegretaria per l'attenzione.

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato Fausta Bergamotto, ha facoltà di rispondere.

FAUSTA BERGAMOTTO, Sottosegretaria di Stato per le Imprese e il made in Italy. Grazie, Presidente, grazie, onorevole Appendino. Rispondo in base agli elementi che mi sono stati forniti dal MEF.

Premesso che non è stato ancora approvato lo statuto della Fondazione Centro italiano di ricerca per automotive, istituita, con sede in Torino, dall'articolo 62-bis del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito dalla legge n. 106 del 2021, il cui comma 3 prevede che lo statuto della Fondazione medesima debba essere approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'Economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell'Università e della ricerca e con il Ministero dell'Impresa e del made in Italy, gli interpellanti chiedono ora di conoscere quali siano le motivazioni della mancata approvazione dello statuto e quali siano le nuove tempistiche necessarie per la sua predisposizione.

Al riguardo, si rappresenta che il comitato di coordinamento della Fondazione - nominato il 30 giugno 2022 e insediatosi il successivo 11 luglio - ha dato immediatamente avvio ai lavori necessari ai fini della predisposizione della bozza di statuto. L'istruttoria ha coinvolto, inizialmente, i rappresentanti del comune di Torino e della regione Piemonte e, successivamente, i rappresentanti degli enti pubblici e privati attivi nei settori di competenza della fondazione, quali, tra gli altri, il Politecnico di Torino, l'Università di Torino, l'Unione industriali e Thales Alenia Spazio, al fine di meglio delineare il perimetro di azione della Fondazione e di predisporre uno statuto che tenga conto dell'aspetto partecipativo.

L'iter di perfezionamento dello statuto della Fondazione e del relativo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è ormai nella fase finale e, dopo l'insediamento del nuovo Governo, si conta di concluderlo nelle prossime settimane.

PRESIDENTE. La deputata Appendino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

CHIARA APPENDINO (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio la sottosegretaria, perché credo che nella risposta finale, che prevede una tempistica di un paio di settimane, ci sia evidentemente l'interesse del nuovo Governo a proseguire sul percorso iniziato.

Colgo l'occasione per fare solo un'ultimissima considerazione, ma credo che lei, nella sua risposta, abbia correttamente rappresentato quello che sto per dire e cioè che, dai nomi che lei ha indicato - da Thales Alenia all'Unione industriali, alla regione Piemonte, alla città di Torino, agli atenei Politecnico e Università di Torino - emerge proprio questa forte spinta propulsiva di un ecosistema, territoriale sicuramente, che vuole fare la sua parte rispetto a questa grande sfida che riguarda l'intelligenza artificiale.

Riguardo alla perdita di tempo che, ovviamente, non voglio ascrivere a lei, sottosegretaria, ricordo che, ogni giorno che si perde nel riuscire a far partire questo strumento, che è già finanziato, dal mio punto di vista, e lo dico anche alla luce del ruolo che ricopro oggi in quest'Aula, significa perdere un giorno per aiutare le istituzioni locali, le università e tutti quei soggetti di cui lei giustamente parlava, a partire dall'Unione industriali, che rappresenta un ecosistema automotive e aerospazio molto forte. Ma, soprattutto, stiamo rischiando di perdere l'opportunità di inserire, grazie a questo Centro, nuove leve e nuove capacità per l'attuazione del PNRR, perché sappiamo benissimo che per l'attuazione del PNRR, nella parte che riguarda la componente di trasferimento tecnologico, questo Centro, con la sua filiera verticale rispetto ad automotive e aerospazio, può fare la differenza.

Quindi, attenderò con fiducia di poter vedere lo statuto; sono sicura e certa che è stato fatto un ottimo lavoro, perché i rappresentanti che fanno parte del comitato sono persone capaci, competenti, che conoscono benissimo la materia, quindi ho massima fiducia.

La preoccupazione che ponevo con questa interpellanza era relativa ai tempi, ma se finalmente riusciremo a vedere la luce e a far venire alla luce questo statuto prima della fine dell'anno, credo che potremo guardare con più tranquillità al 2023, come all'anno in cui finalmente questa, che era una speranza - e che è diventata, lo ripeto, una richiesta, un'aspettativa - inizierà a cadere a terra e, quindi, ad aiutare finalmente anche quelle tante piccole e medie imprese che sull'intelligenza artificiale, in cui credono, stanno investendo, dando anche l'occasione al nostro Paese di avere nuovi posti di lavoro.

(Chiarimenti ed intendimenti in merito all'esclusione dai finanziamenti previsti dal PNRR dei progetti di messa in sicurezza antisismica dei luoghi di culto presentati dalle diocesi della Romagna - n. 2-00014)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Tassinari e Cattaneo n. 2-00014 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Tassinari se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ROSARIA TASSINARI (FI-PPE). Grazie, Presidente, la illustro. Ringrazio anche il Sottosegretario per la sua graditissima presenza. La questione proposta nell'interpellanza nasce quando, lo scorso 8 febbraio del 2022, le sette diocesi della Romagna e, segnatamente, Ravenna-Cervia, Imola, Faenza-Modigliana, Forlì-Bertinoro, Cesena-Sarsina, Rimini e San Marino-Montefeltro, hanno inviato al Ministero della Cultura le schede richieste in merito a 60 progetti in materia di messa in sicurezza antisismica dei luoghi di culto per essere ammessi a contributo, ai sensi di quanto previsto dal PNRR.

Solo l'arcidiocesi di Ravenna-Cervia ebbe a ricevere, in data 25 febbraio 2022, la comunicazione dalla soprintendenza di Ravenna che aveva provveduto a trasmettere al Ministero competente le proprie valutazioni sui progetti presentati dalla stessa arcidiocesi, senza tuttavia comunicarne il tenore. Nessuna lettera di questo tipo è stata inviata alle altre diocesi della Romagna, né sono state date ulteriori indicazioni.

Nell'allegato al decreto del Segretario Generale n. 455 del 7 giugno 2022, che assegna le risorse per la sicurezza sismica nei luoghi di culto e il restauro del patrimonio culturale Fondo edifici di culto (FEC), non risulta inserito alcun progetto delle diocesi della Romagna, di competenza della sovrintendenza di Ravenna, mentre sono stati approvati i progetti presentati alle sovrintendenze dell'Emilia, creando di fatto una disparità di trattamento all'interno del territorio regionale (fra Emilia, con 3 milioni di abitanti, e Romagna con 1,5 milioni di abitanti). Rilevo che i progetti finanziati in Italia sono stati un totale di 257.

In data 27 giugno 2022, i sette vescovi romagnoli hanno scritto all'allora Ministro della Cultura Dario Franceschini, al presidente della CEI e arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, e per conoscenza alle sovrintendenze e autorità interessate per lamentare il mancato finanziamento dei progetti per il recupero e il miglioramento antisismico di luoghi con un elevato valore religioso, storico, artistico e culturale e che sono rappresentativi per le comunità e i territori di riferimento. Edifici che, inoltre, vengono utilizzati anche per l'accoglienza turistica e la fruibilità del patrimonio artistico. Neppure questa lettera ha ottenuto risposta, né dal Ministero né dalle sovrintendenze. I vescovi della Romagna hanno espresso la loro viva preoccupazione sul fatto che è davvero urgente mettere in sicurezza i luoghi di culto messi a progetto, perché ubicati in zona sismica, come stanno dimostrando peraltro i recenti terremoti dell'Emilia (2012) e quelli di pochi giorni fa delle Marche.

Per sottolineare l'importanza dei 60 progetti presentati ed esclusi dal finanziamento PNRR delle sette diocesi della Romagna faccio alcuni esempi: a Ravenna, già capitale dell'Impero romano d'Occidente, c'è la cattedrale della città, con un progetto di intervento antisismico di 9.915.000 euro. La cattedrale è la chiesa madre di quell'insieme di basiliche bizantine, ricche di mosaici, conosciute in tutto il mondo, che formano il Patrimonio Mondiale dell'Umanità, Unesco, con otto monumenti fra cui le basiliche di Sant'Apollinare in Classe, Sant'Apollinare Nuovo e San Vitale. Anche a Forlì è coinvolta la cattedrale di Santa Croce, dove Sant'Antonio da Padova, il santo di origine portoghese, seguace di San Francesco, più venerato e conosciuto nel mondo, rivelò tutta la sua dottrina di predicatore il 23 settembre del 1222, esattamente ottocento anni fa, centenario celebrato con solenni manifestazioni religiose, culturali e artistiche, lo scorso settembre. Nei dintorni di Forlì è ricompreso anche il Santuario di Fornò, a pianta e forma circolare secondo i criteri dell'umanesimo e dei vicini campanili bizantini di Ravenna, fondato tra il 1445-1455 dal pirata e poi eremita Pietro Bianco, proveniente da Durazzo; era dimora del Papa Giulio II quando andava in Romagna, ma soprattutto conserva varie opere d'arte fra cui la Santissima Trinità adorata da Pietro Bianco, bassorilievo in marmo con un impianto simile a quello della Trinità del Masaccio. Ancora, nei dintorni di Forlì risulta escluso il progetto della badia o abbazia di Sant'Andrea di Dovadola, che ospitò Dante Alighieri in esilio, lì accolto dall'amico Guido Salvatico dei conti Guidi palatini di Toscana e della contessa Matilde di Canossa. Oggi la chiesa custodisce anche la tomba della beata Benedetta Bianchi Porro, una giovane morta nel 1964 a soli 27 anni mentre si stava laureando in medicina all'università statale di Milano; per la modernità umana e letteraria i suoi scritti sono tradotti e conosciuti in tutte le lingue del mondo, arabo, giapponese e cinese compresi, nonché inseriti nei libri di testo delle scuole italiane. Sulla sua tomba arrivano pellegrini da tutto il mondo, soprattutto giovani. A San Leo, in provincia di Rimini, la più piccola capitale del Regno Italico di Berengario II, figura l'antichissima pieve di Santa Maria Assunta, un gioiello di arte romanica con all'interno un ciborio risalente all'882; è il più antico edificio di culto della città e del Montefeltro, rappresentando la prima testimonianza materiale della cristianizzazione della zona operata da San Leone tra il III e il IV secolo.

A Cesena abbiamo la cattedrale di San Giovanni Battista, voluta nel 1378 da Galeotto I Malatesta signore della città, di cui voglio qui ricordare un particolare commovente di grande funzione civile dei luoghi di culto. Durante la Seconda guerra mondiale il duomo apriva al pubblico due rifugi, uno nel campanile, l'altro sotto l'altare, accogliendo circa cento persone. Il campanile era particolarmente adatto a questo uso per l'elevato spessore dei muri e per l'esigua area occupata; la sua campana, inoltre, era utilizzata in caso di allarme come ausilio alle sirene della città. A Faenza, invece, abbiamo il Santuario della Commenda; chiesa e ospizio del Santo Sepolcro furono eretti nel XII secolo per accogliere i pellegrini diretti o provenienti dalla Terra Santa, diventando così luogo custodito dai Cavalieri dell'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, poi di Malta; nel XV secolo fu commendatario il milanese fra' Sabba da Castiglione, dotto umanista che lasciò grandi opere d'arte, tra cui affreschi di artisti del Nord Italia. Infine, a Brisighella, in provincia di Ravenna, la chiesa collegiata di San Michele Arcangelo, risalente a varie epoche storiche, ha bisogno urgente di interventi antisismici tanto che attualmente è chiusa al pubblico. Una porta, opera di Angelo Biancini, amico di Paolo VI che nei Musei Vaticani gli ha riservato una stanza per le sue opere, immette all'interno dove si trovano varie opere d'arte, fra cui la Madonna delle Grazie, quadro del 1410 attribuito ai pittori di scuola toscana, una grande pala del Guercino e la pala del forlivese Marco Palmezzano, allievo di Melozzo da Forlì, pittore famoso in tutto il mondo per i suoi angeli musicanti, nonché la bella tela secentesca sull'altare maggiore della scuola bolognese di Guido Reni.

Chiaramente stiamo parlando di beni che hanno una valenza culturale veramente elevata come esposto, però vorrei concludere con una breve riflessione politico-culturale: il patrimonio ecclesiastico non va messo in sicurezza solo per il presente, ma anche per progettare l'avvenire e ripensare le tante presenze che caratterizzano non solo la Romagna, una regione, ma tutto il territorio nazionale. Sostiene, a questo proposito, il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della CEI, che il patrimonio ecclesiastico non è mai una questione legata solamente all'appartenenza religiosa, ma, è, e deve essere, un fatto di comunità. Questo è dimostrato dal fatto che tante chiese vengono utilizzate non solo come luoghi di culto, ma soprattutto come luoghi di accoglienza, di spettacolo, luoghi in cui vengono svolte anche attività culturali e interculturali che vanno comunque alla promozione integrale dell'uomo. In particolare, nei paesi e nelle piccole città queste strutture pubbliche a servizio della cultura svolgono una funzione pubblica. Fatte tutte queste premesse e ringraziando in anticipo il sottosegretario per la risposta che vorrà dare, la finalità di questa interpellanza è quella di conoscere le ragioni per cui non è stata finanziata minimamente alcuna opera di questi sessanta progetti della Romagna, ma anche per capire se si può collaborare insieme per arrivare all'individuazione di altre fonti di finanziamento, che possano dare un aiuto, una sostenibilità economica alle necessità impellenti e prevalentemente strutturali che queste strutture richiedono in questo momento.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Cultura, Gianmarco Mazzi, ha facoltà di rispondere.

GIANMARCO MAZZI, Sottosegretario di Stato per la Cultura. Grazie, Presidente. Ringrazio gli onorevoli Tassinari e Cattaneo, che hanno presentato l'interpellanza, per aver sollevato una tematica che mi consente oggi di fornire gli elementi utili a dipanare eventuali equivoci che si sono generati.

Quanto alla questione generale del finanziamento degli interventi finalizzati all'adeguamento e alla messa in sicurezza sismica dei luoghi di culto, mi preme ricordare che tale misura rientra nell'ambito degli interventi finanziati dal PNRR e destinati alla rigenerazione di piccoli siti culturali del patrimonio culturale, religioso e rurale, di cui alla Missione 1, componente 3, misura 2, investimento 2.4, che si riferisce alla sicurezza sismica nei luoghi di culto, al restauro del patrimonio Fondo edifici di culto e ai siti di ricovero per le opere d'arte (Recovery Art). Relativamente all'esame delle proposte presentate, la selezione è stata compiuta dalla Direzione generale per la sicurezza del patrimonio culturale ed è avvenuta sulla base degli esiti delle analisi compiute sui singoli progetti dalle Soprintendenze territorialmente competenti. Sono stati privilegiati gli interventi previsti su beni classificati a maggiore rischio sismico, sulla base dei fattori individuati nella carta del rischio, ed è stato evitato il finanziamento degli interventi già finanziati per le stesse finalità al fine di scongiurare sovrapposizioni.

Un'altra condizione generale, fissata espressamente dal PNRR di cui si è tenuto conto nell'individuazione degli interventi da ammettere al finanziamento, è poi quella che prevede la destinazione di almeno il 40 per cento dei fondi disponibili ad interventi da realizzare al Sud Italia, come stabilito dal decreto-legge n. 77 del 2021. Ciononostante si è comunque cercato di garantire la massima diffusione sul territorio degli interventi proposti, nel rispetto del complessivo equilibrio tra le varie zone interessate. L'elenco definitivo degli interventi ammessi al finanziamento, predisposto dalla Direzione generale per la sicurezza del patrimonio culturale, comprende in totale 257 interventi per un importo complessivo pari a 240 milioni di euro, la cui assegnazione è avvenuta con decreto del Segretario Generale n. 455 del 7 giugno scorso. Le tempistiche stringenti dettate proprio dal raggiungimento degli obiettivi del PNRR, come comprenderete, hanno imposto che detto elenco definitivo fosse pronto in tempo utile per la predisposizione del Piano degli interventi di messa in sicurezza sismica dei luoghi di culto, pena il mancato raggiungimento degli obiettivi fissati dallo stesso PNRR per la linea di investimento in questione, ragione per la quale il rispetto dei tempi indicati per l'invio delle proposte da parte degli interessati ha rappresentato un fattore fondamentale. In questo senso ricordo che le Diocesi romagnole hanno inviato le proprie proposte, ahimè, proprio a ridosso della scadenza per la definizione dell'elenco definitivo degli interventi da finanziare. Non di meno, pur considerati i tempi strettissimi, l'amministrazione ha comunque intrapreso tutte le azioni possibili per includere, alla presenza dei requisiti necessari, quanti più progetti tra quelli presentati dalle Diocesi di Ravenna-Cervia, Imola, Faenza-Modigliana, Forlì-Bertinoro, Cesena-Sarsina, Rimini e San Marino-Montefeltro, anche se quest'ultima di competenza civile della regione Marche, interpellando in extremis le Soprintendenze competenti per territorio proprio a tale scopo.

Sono state così apportate integrazioni al piano degli interventi di messa in sicurezza sismica dei luoghi di culto che, però, hanno potuto riguardare soltanto alcuni interventi. In particolare, sono stati finanziati sette interventi nella diocesi di Imola, poiché non vi erano più i tempi tecnici necessari per la valutazione delle ulteriori schede pervenute. D'altra parte, vista la necessità di rispettare, sia i precisi criteri territoriali (40 per cento di risorse nelle regioni del Sud), sia l'importo complessivo del Piano degli interventi, non sarebbe stato possibile operare altrimenti. In ogni caso, mi preme evidenziare che nella sola regione Emilia-Romagna ricadono ben 27 degli interventi approvati, più del 10 per cento del totale. Concludo, sulla base degli elementi informativi che ho reso, rassicurando gli onorevoli interpellanti che l'amministrazione sta comunque intraprendendo tutte le azioni possibili per inserire nei nuovi programmi in corso di definizione gli ulteriori interventi segnalati come urgenti dalle Soprintendenze competenti per il territorio della Romagna e non finanziati con il decreto dello scorso giugno.

PRESIDENTE. La deputata Tassinari ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ROSARIA TASSINARI (FI-PPE). Ringrazio il Sottosegretario, per la puntuale e dettagliata risposta, che ha dato il metro e la misura delle motivazioni per cui questi progetti non sono stati finanziati. Sottolineo ulteriormente l'urgenza di far fronte a questi interventi anche - come dicevo prima - per una questione strutturale e statica. Accolgo con piacere la prospettiva di poter valutare, nei prossimi interventi di finanziamento, l'inserimento dei progetti non esclusi, auspicando che possano essere valutati con una sottolineatura di priorità, proprio per questo motivo, perché comunque sono interventi impellenti e necessari. Infatti, come delineato prima, alcune di queste strutture, in questo momento, sono chiuse e rischiano veramente il degrado assoluto. Ringrazio nuovamente per l'attenzione e manifesto anche la mia totale collaborazione per i passaggi futuri, che si potranno e vorranno fare in questa prospettiva.

(Chiarimenti in relazione alle notizie emerse da fonti di stampa circa la richiesta di cittadinanza italiana da parte dell'ex Presidente brasiliano Bolsonaro e dei suoi familiari - n. 2-00021)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bonelli e Zanella n. 2-00021 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Bonelli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANGELO BONELLI (AVS). Grazie, Presidente. Buongiorno, onorevole Mazzi, rappresentante del Governo. Illustro l'interpellanza, signor Presidente. Da recenti informazioni della stampa brasiliana e italiana, i figli del Presidente dimissionario - ci sono state le elezioni ed il 1° gennaio subentrerà Inácio Lula da Silva - indicano che il deputato brasiliano Edoardo Bolsonaro e suo fratello, senatore brasiliano, Flavio Bolsonaro, entrambi figli del Presidente Jair Bolsonaro, abbiano richiesto e sollecitato l'attivazione della cittadinanza presso l'autorità consolare a Brasilia. La cittadinanza sarebbe stata richiesta sulla base di un'antica origine italiana vantata da parte della famiglia. Però entrambi i figli dell'ex Presidente Bolsonaro sarebbero coinvolti in inchieste giudiziarie per pesanti attacchi al tribunale supremo elettorale brasiliano il primo, per distrazione di fondi pubblici e per rapporti con i presunti sicari accusati dell'omicidio della deputata di Rio de Janeiro, Marielle Franco, il secondo. Anche l'ex Presidente Bolsonaro sembrerebbe aver fatto analoga richiesta, proprio lui che si è reso responsabile della devastazione della foresta amazzonica e della violazione dei diritti umani e su cui pende la richiesta di messa in stato di accusa da parte del Senato brasiliano per crimini contro l'umanità. Quindi - come le dicevo - ci sembra che anche egli abbia richiesto la cittadinanza italiana.

La richiesta della cittadinanza italiana, anche in relazione ai processi che coinvolgono l'ex Presidente Bolsonaro, potrebbe celare probabilmente un'intenzione - ovviamente per chi parla - di trovare rifugio in altri Paesi. Quindi, la domanda che rivolgo al Governo con questa interpellanza è se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa, ovvero se il consolato dell'ambasciata italiana in Brasile abbia ricevuto richiesta di cittadinanza da parte dei figli dell'ex Presidente, Edoardo e Flavio Bolsonaro, e se anche l'ex Presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, abbia fatto analoga richiesta. Cosa molto importante: considerato che, per ottenere la cittadinanza italiana in base allo ius sanguinis, per gli italiani all'estero mediamente ci vogliono tra i 10 e i 15 anni, chiedo se si stia determinando una via preferenziale per i suddetti soggetti citati nell'interpellanza.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la Cultura, Gianmarco Mazzi, ha facoltà di rispondere.

GIANMARCO MAZZI, Sottosegretario di Stato per la Cultura. Grazie Presidente e grazie onorevole Bonelli. Leggo la risposta predisposta dal Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale è informato del fatto che, nel 2020, Flavio e Edoardo Bolsonaro, figli del Presidente del Brasile Jair Bolsonaro, hanno chiesto di accedere alla lista di attesa della cancelleria consolare dell'ambasciata d'Italia a Brasilia per essere formalmente convocati dalla rappresentanza ai fini del riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis. Al momento della presentazione della domanda di inserimento in lista di attesa, i richiedenti hanno presentato la prescritta prova che confermava la loro residenza a Brasilia. Competente a trattare le pratiche è, dunque, l'ambasciata d'Italia a Brasilia. Non risulta pervenuta alcuna richiesta in tal senso da parte del Presidente Bolsonaro.

Segnalo, infine, che il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis - così come prescrivono la legge n. 91 del 1992 e la circolare n. K 28.1 dell'8 aprile 1991 del Ministero dell'Interno - non prevede un'attività di valutazione discrezionale da parte dell'amministrazione che esamina la pratica, ma solo l'accertamento da parte del responsabile del procedimento che l'interessato abbia i requisiti stabiliti dalle disposizioni vigenti in materia.

PRESIDENTE. Il deputato Bonelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ANGELO BONELLI (AVS). Non sono soddisfatto, quantomeno perché il Governo, in questo caso il Ministero degli Affari esteri, deve garantire, rispetto agli altri cittadini italiani all'estero, che non vi siano vie privilegiate. Ricordo che, per un italiano all'estero, che, allo stato attuale, volesse richiedere la cittadinanza, l'attesa è di 10 o 15 anni. Da questo punto di vista, sollecito il Governo a ricordare che siamo tutti uguali e che non dovrebbero esserci vie preferenziali in tal senso per quanto riguarda il senatore ed il deputato Edoardo e Flavio Bolsonaro.

(Iniziative in merito all'ammodernamento e alla messa in sicurezza della strada statale 106 “Jonica”, con particolare riferimento al tratto calabrese - n. 2-00019)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Baldino ed altri n. 2-00019 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Baldino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

VITTORIA BALDINO (M5S). Grazie, Presidente, intendo illustrare la mia interpellanza e la ringrazio per avermi dato la parola.

Sottosegretario e colleghi presenti, questo è il giorno della verità per tutti i calabresi che, da giorni ormai, stanno col fiato sospeso per conoscere il destino di un'opera che ormai è entrata a piè pari nei loro destini. La strada statale 106 noi calabresi della fascia ionica la conosciamo come i romani conoscono il raccordo, anzi meglio di loro. Il raccordo, in alcuni casi, è un'alternativa tra le tante; per noi, la 106 è l'unica alternativa, non ce ne sono altre.

Il raccordo è un'autostrada a due carreggiate e tre corsie; la 106, per lunghi tratti, sembra più una mulattiera che una strada statale. Il raccordo è un tracciato circolare lungo 68 chilometri che circonda una città, la capitale, Roma; la 106 è un'arteria che corre lungo tutto il litorale ionico, collegando tre regioni, la Calabria, la Basilicata e la Puglia, lunga 491 chilometri, di cui 415 (l'84,5 per cento) si sviluppano in Calabria, da Reggio Calabria a Taranto, da Reggio Calabria fino al confine con la Basilicata, per il tratto calabro.

Di questi 415 chilometri, il 16 per cento è classificato di categoria B; solo il 16 per cento è classificato di categoria B, ossia ha due corsie per senso di marcia, tutto il resto è mulattiera o simile. L'infrastruttura oggi si presenta, nel tratto calabro, completa solo per il 16 per cento, per il 10 per cento della tratta è interessata da lavori in corso e, per il 74,5 per cento dell'intero tratto, è da ammodernare, mentre i tratti che interessano la Basilicata e la Puglia sono stati già interamente ammodernati e sono di categoria B.

Si tratta di un collegamento particolarmente strategico per il Sud, perché mette in comunicazione i due capoluoghi - Reggio Calabria e Taranto -, numerosi comuni costieri, tutta la costa ionica, l'autostrada del Mediterraneo e l'autostrada Adriatica. È la strada che collega Crotone a Corigliano-Rossano, l'unica possibile che consente ai comuni dell'hinterland delle grandi cittadine calabresi di raggiungere e, quindi, di accedere ai servizi quali ospedali, scuole, stazioni, aeroporto - l'unico - autostrada. Se sono uno studente e devo raggiungere la mia scuola superiore, perché nei piccoli paesi calabresi le scuole superiori non ci sono, ogni mattina prendo un autobus che attraversa tratti della statale 106; se sono una donna in gravidanza e in procinto di partorire, devo percorrere la statale 106; se devo prendere un treno o un aereo, non per andare chissà dove perché i treni che transitano sulla tratta ionica non portano lontano, se devo raggiungere l'ospedale più vicino a causa di un'emergenza, devo percorrere la statale 106, e che Dio me la mandi buona perché, purtroppo, quella strada la chiamano la “strada della morte”, è considerata dall'ACI tra le prime 5 più pericolose d'Italia, nel calcolo tra incidentalità e tasso di mortalità per chilometro. Sull'arteria si registrano 30 decessi l'anno, una media di uno ogni 15 giorni. Negli ultimi 25 anni, si sono registrati 11 mila incidenti, 25 mila feriti e 750 morti: un tributo di vite umane, sofferenza, destini spezzati troppo presto, che questa regione, la mia regione, non merita.

Ma veniamo alla storia di questa strada. Era il 2001 quando la statale 106 venne inserita nella famosa “legge obiettivo”. A distanza di oltre 20 anni, in Calabria, su 415 chilometri, ne sono stati completati solo 65; nel frattempo, però, il tributo di vite umane chiesto dall'arteria è pesantissimo. La “legge obiettivo” raccoglieva tutti i più grandi interventi infrastrutturali nazionali, compresa la Calabria. La “Jonica” fu suddivisa in 12 megalotti, di cui l'1, il 2 e il 4 realizzati; il numero 3, l'ormai celebre terzo megalotto, è in fase di realizzazione, con una spesa totale preventiva di 16 miliardi circa nel 2005, che oggi corrisponderebbero a 22 miliardi di euro. Qualche giorno fa mi sono, però, imbattuta in una interrogazione al presidente della giunta regionale calabrese del 6 settembre 2011, in cui l'interrogante denunciava testualmente: “Sembrerebbe, come si apprende dagli organi di stampa, che si vogliono chiudere anticipatamente i cantieri e risulterebbe un drastico taglio degli investimenti, passati dagli oltre 20 miliardi di euro della legge obiettivo del 2001 a 6,5 miliardi e, infine, ridotti agli attuali 4,2 miliardi di euro”. La storia della statale 106, infatti, è anche la storia di uno scippo, presunto, provato e mai smentito, lo scippo che ha come protagonista l'ultimo Governo Berlusconi - composto da 11 membri che oggi condivide con l'attuale Esecutivo, per intenderci -, che sembrerebbe abbia sottratto 7 miliardi previsti per l'ammodernamento della statale 106 “Jonica” per destinarli al pagamento delle multe che l'Europa aveva comminato per il superamento delle “quote latte” degli agricoltori del Nord. Ecco, Presidente, la politica ha un debito enorme nei confronti di questa regione e dei suoi cittadini, un debito che ora è chiamata a sanare con i fatti e non con le promesse o con le note stampa che abbiamo visto in questi giorni.

La “legge obiettivo”, comunque, fu abrogata nel 2016 con l'entrata in vigore del codice degli appalti e venne travolto letteralmente il modo di progettare le grandi opere, introducendo il concetto di sostenibilità e, quindi, quello di project review. In breve, secondo il bilanciamento tra costi e dati di traffico, non sembrava più conveniente parlare di lavori di ammodernamento, ma di semplice restyling. Con l'abrogazione della “legge obiettivo” sono decaduti, quindi, tutti i vecchi megalotti, ad eccezione del megalotto 3 che era in avanzata fase di realizzazione, rimanendo, appunto, la project review e su questa base è stato emanato il primo contratto di programma ANAS-MIT, quello del 2016-2020, oggi scaduto e in fase di rinnovo.

L'emblema è l'ormai ex megalotto 8, il tratto che dalla Piana di Sibari avrebbe dovuto raggiungere Mandatoriccio, quindi attraversare Corigliano-Rossano, Mirto, Calopezzati, Pietrapaola. Un progetto approvato dalle amministrazioni comunali nel 2005 e mai portato a compimento, un'opera mastodontica, ma accantonata nel tempo e sostituita con nuove ipotesi di tracciati, perché pensata troppo a monte e, quindi, troppo dispendiosa in termini di risorse, chilometri aggiuntivi, oltre che danni all'ambiente.

Oggi, però, il progetto preliminare è stato abolito e sostituito dal progetto di fattibilità tecnico-economica. In particolare, il tratto Sibari-Rossano oggi si presenta, rispetto a tutti gli altri, in uno stato progettuale molto avanzato, con un grande risparmio in termini di costi economici, ambientali e di espropri, rispetto al precedente tracciato del megalotto 8. E questo risultato - voglio dirlo a gran voce - è stato possibile grazie all'impegno profuso, nella scorsa legislatura, in sinergia tra i parlamentari calabresi, il Ministro dei Trasporti, la regione Calabria e i sindaci dei comuni interessati. Se in precedenza si parlava di project review e di rotatorie, oggi si parla di un progetto in fase avanzata e, quindi, finanziabile, un progetto che interessa l'intera tratta, per gran parte a quattro corsie, di tipologia B, secondo gli standard europei di elevati livelli di sicurezza. È grazie al nostro impegno nel corso della scorsa legislatura - e per questo voglio ringraziare tutti i parlamentari calabresi, l'allora Ministro Toninelli, il Sottosegretario Cancelleri e anche la regione Calabria - che la statale 106 è stata inserita tra le prime opere da commissariare e commissariate con il decreto cosiddetto “Sblocca cantieri”, per accelerarne l'iter realizzativo. Ed è per questo che oggi il tratto Sibari-Rossano è in fase di progettazione definitiva, anzi, attendiamo il termine, con un accesso immediato al nuovo contratto di programma 2021-2025 per il definitivo finanziamento CIPESS e per l'immediato avvio della fase realizzativa al pari del progetto Crotone-Catanzaro.

Il nuovo contratto di programma presentato dal Dipartimento per le infrastrutture e i lavori pubblici nel corso di un'audizione al consiglio regionale nello scorso febbraio, ma ancora da approvare, sembrerebbe prevedere lavori per il completamento dell'intero asse, per un importo complessivo di 8,5 miliardi, con finanziamento aggiuntivo richiesto di circa 5 miliardi di euro. La struttura commissariale avrebbe definito un piano di adeguamento e messa in sicurezza dell'arteria da realizzare per priorità, che prevede l'aumento del livello prestazionale dell'intera tratta calabra. Sono previsti, oltre ai già contrattualizzati interventi di messa in sicurezza, una serie di lavori necessari a diminuire, nel breve periodo, il livello d'incidentalità dell'arteria attraverso rettifiche locali di tracciato, sistemazione di incroci a raso, fino alla manutenzione programmata delle barriere di sicurezza delle pavimentazioni. Contemporaneamente, sarebbe in fase di sviluppo una seconda fase, basata sull'avvio di una progettazione in grado di ricomporre funzionalmente le tratte prioritarie, coniugando ai criteri trasportistici il ruolo strategico di tale infrastruttura per la sicurezza e l'aumento della competitività dell'intera area jonica. Entro la fine dell'anno in corso - quindi, tra poco - è prevista la conclusione dello studio progettuale della tratta sino a Reggio Calabria.

Per tutte queste ragioni, è prioritario assicurare la continuità delle decisioni assunte dai precedenti Esecutivi e appostare nella legge di bilancio l'intervento previsto per quest'opera che, attraverso quanto previsto dal Documento di economia e finanza, è stata definita un'opera strategica, con investimenti congrui - circa 3 miliardi, ma non bastano, ce lo ha detto il Dipartimento, ne servono almeno 5 - e finalizzati al completamento dei tratti cantierizzati, all'esecuzione dei restanti e al finanziamento degli studi progettuali dei tratti necessari alla realizzazione di questa infrastruttura su tutto il territorio interessato fino a Reggio Calabria. Quindi, si è arrivati così al DEF e al suo allegato infrastrutturale, che, appunto, è giunto a considerare la statale 106 quale opera strategica.

È per questo, Presidente, Sottosegretario, che oggi siamo a chiedere all'attuale Governo se intenda dare seguito a quanto previsto nel DEF, se ha inteso finanziare l'opera con le risorse previste. Ma siccome - glielo dico chiaramente -, i calabresi sono stanchi di annunci roboanti, false illusioni, promesse mancate, non le chiediamo solo se i soldi ci sono - come ha annunciato ieri il Ministro Salvini, con una laconica nota stampa, seguita, poi, da festosi annunci dei parlamentari della maggioranza -, noi le chiediamo quanti soldi ci sono, per quanti anni, per fare cosa e in quanto tempo. Dobbiamo parlare un linguaggio di chiarezza e di verità, perché la mia regione merita attenzione, serietà e, soprattutto, rispetto.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato, Gianmarco Mazzi, ha facoltà di rispondere.

GIANMARCO MAZZI, Sottosegretario di Stato per la Cultura. Grazie, signor Presidente. Grazie, onorevole Baldino. In via generale, voglio sottolineare che la realizzazione di opere infrastrutturali ha un valore enorme per il nostro Paese, in termini di crescita occupazionale, di coesione sociale, di qualità della vita per i cittadini e, dunque, di reale rilancio dell'economia.

Siamo convinti che soprattutto le politiche infrastrutturali costituiscano una grande opportunità per rispondere all'attuale crisi e per questo il Governo, fin dal momento del suo insediamento, ha orientato le sue scelte verso misure che saranno in grado di ridare al Paese una visione positiva del futuro.

In merito a quanto richiesto dagli onorevoli deputati, informo che il tema dell'ammodernamento e della messa in sicurezza della strada statale 106 Jonica, nel tratto ricadente nella regione Calabria, è già all'attenzione del MIT ed è stato approfondito durante l'incontro del 9 novembre scorso tra il presidente della regione Calabria, Roberto Occhiuto, e il Ministro Matteo Salvini, il quale ha espresso la determinazione a trovare nuovi strumenti normativi e finanziari per prevedere interventi risolutivi e stanziamenti chiari e spalmati su più anni.

Proprio in considerazione dell'importanza di completare lavori già avviati e di far partire nuovi cantieri che il territorio aspetta da tempo, il Ministro Salvini ha chiesto e ottenuto di inserire risorse pari a 3 miliardi di euro nel disegno di legge di bilancio 2023, in linea con quanto previsto nell'Allegato infrastrutture al DEF 2022, che, tra i programmi e gli interventi prioritari, annovera in particolar modo l'adeguamento della strada statale 106 Jonica.

L'incremento delle risorse da destinare per l'adeguamento di tale tratta costituisce un segnale dell'attenzione prestata per lo sviluppo degli assi di collegamento localizzati nella regione Calabria. Ulteriori risorse potranno essere assicurate in concomitanza con la definizione delle progettazioni attualmente in fase di sviluppo. Tale modalità operativa consente di dare continuità nei lavori di adeguamento dell'intero corridoio.

Si tratta di un primo risultato fondamentale, ma contiamo di ottenere presto ulteriori e maggiori misure. Infatti, nei prossimi giorni, il Ministro Salvini si recherà a Bruxelles; sarà l'occasione anche per aprire un confronto sulla strategicità di quest'opera e per la sua inclusione nella Rete Transeuropea dei Trasporti (TEN-T), così da accedere alle opportunità di finanziamenti europei.

Siamo al lavoro per convogliare nuove risorse su quest'opera, arteria fondamentale per la viabilità dell'Italia meridionale, indispensabile asse stradale di comunicazione per la mobilità in sicurezza dei territori e importante itinerario turistico preferenziale di collegamento di tutta la fascia jonica. L'impegno comune, ora, è far sì chi con tali ingenti risorse si concretizzi la realizzazione di questa importantissima arteria stradale.

PRESIDENTE. Prima di ascoltare l'onorevole Baldino, salutiamo gli studenti dell'Istituto tecnico economico e tecnologico “Leonardo da Vinci”, di Milazzo, che seguono i nostri lavori (Applausi).

L'onorevole Baldino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

VITTORIA BALDINO (M5S). Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario. Sarò soddisfatta quando avrò modo di leggere, nero su bianco, nelle tabelle della legge di bilancio, la presenza di questi stanziamenti e per quanti anni, e di leggerli nel dettaglio, perché, purtroppo, non hanno consegnato un documento con un dettaglio maggiore rispetto alla nota che è stata diramata ieri dal Ministro Salvini.

Ribadisco il nostro impegno anche al fianco dei sindacati, che hanno lanciato, qualche tempo fa, la vertenza Calabria. All'interno della vertenza Calabria ci sono tanti temi - sanità, trasporti, lavoro, turismo - che ci chiedono un impegno. I parlamentari calabresi chiedono un impegno al governo regionale, chiedono un impegno al Governo nazionale. Tutti questi temi, compresi nella vertenza Calabria, ma che, mi permetto di dire, rientrano nella questione calabrese, sono tutti interconnessi e passano tutti attraverso la realizzazione di una rete infrastrutturale degna di questo Paese e degna degli anni - siamo nel 2022 - che stiamo vivendo. Quando parliamo di giovani, quando parliamo di spopolamento, quando parliamo di mancanza di lavoro, di assenza di sviluppo, di assenza di investimenti e imprese, passa tutto attraverso la facilità e la possibilità di raggiungere agevolmente il territorio. Quando parliamo di turismo, passa tutto attraverso la possibilità di collegamenti accessibili e agevoli con quel territorio. Infatti, la strada statale 106 ha un'importanza strategica da due punti di punti di vista: da un punto di vista sociale, ne abbiamo parlato, l'annoveriamo sempre come “la strada della morte”, basti pensare a tutte le vite umane che abbiamo perso mentre percorrevano quella strada, ma ha anche una rilevanza economica fondamentale, tanto è vero che uno studio di un ricercatore, De Benedetto, del dipartimento di statistica ed economia dell'Università della Calabria, ci consegna esiti importanti. Ci dice che completare le opere infrastrutturali del sistema viario calabrese, a partire dal completamento proprio dalla strada statale 106, farebbe segnare una vera e propria rivoluzione economica, sociale e culturale, con ricadute positive sul PIL, un moltiplicatore importante per l'economia regionale.

Noi speriamo che a Bruxelles non si parli soltanto di ponte sullo Stretto, in quanto, benché io non pensi che sia un'opera inutile, perché quando si collega un'isola a un continente non si può dire che l'opera sia inutile, sicuramente per i calabresi non è un'opera prioritaria. E sicuramente la carenza infrastrutturale della fascia ionica calabrese, in particolare, non dipende dall'assenza di un ponte che collega la Calabria e la Sicilia, non dipende da questo, dipende da anni di incuria, l'abbiamo constatato nella cronistoria, da vent'anni di incuria, dalla distrazione di fondi già stanziati, da cattiva gestione e cattiva amministrazione, da incapacità progettuale. Deriva da questo. Quindi, oggi, a prescindere dal colore politico, noi parlamentari calabresi dovremmo tutti insieme, insieme al Governo, insieme al governo regionale, ottenere nel corso di questa legislatura questo obiettivo, però senza fare facili promesse che poi verranno smentite, come al solito, dai fatti, ma con impegno e serietà. Quindi, diciamo ai calabresi quando avremo la possibilità di farlo, quali sono le risorse disponibili, quali sono le risorse residue che ancora servono per finanziare il completamento dell'intera tratta, in quanto tempo potranno vederla realizzata, per fare cosa sono stanziati questi soldi, per finanziare quali tratte, quali sono le tratte cantierabili immediatamente e quali no, quali sono le tratte in fase di progettazione e quali no. Chiarezza. Vogliamo chiarezza. E, quindi, da questo punto di vista, da parte nostra profonderemo il massimo impegno, senza pregiudizi e senza colore politico, e ci aspettiamo serietà e impegno anche da parte del Governo.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 29 novembre 2022 - Ore 10:

1. Discussione sulle linee generali delle mozioni Conte ed altri n. 1-00010, Zanella ed altri n. 1-00020 e Richetti ed altri n. 1-00022 concernenti iniziative in relazione al conflitto tra Russia e Ucraina .

2. Discussione sulle linee generali delle mozioni Orlando ed altri n. 1-00012 e Conte ed altri n. 1-00023 concernenti iniziative volte all'introduzione del salario minimo .

3. Discussione sulle linee generali della mozione Richetti ed altri n. 1-00021 concernente iniziative per la ratifica della riforma del Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità (MES) .

4. Discussione sulle linee generali del documento:

Proposta di modificazione al Regolamento (Modifiche al Regolamento relative ad adeguamenti conseguenti alla riduzione del numero dei deputati).

(Doc. II, n. 5)

Relatori: FORNARO e IEZZI.

La seduta termina alle 11,10.