XIX LEGISLATURA
ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEGLI ARGOMENTI
IN CALENDARIO
Comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia
Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 4 ore.
Governo | 30 minuti | |
Interventi a titolo personale | 10 minuti | 10 minuti |
Gruppi |
1 ora e 40 minuti
(discussione) |
1 ora e 30 minuti
(dichiarazioni di voto) |
Fratelli d'Italia | 21 minuti | 10 minuti |
Partito Democratico – Italia democratica e progressista | 14 minuti | 10 minuti |
Lega – Salvini premier | 14 minuti | 10 minuti |
MoVimento 5 Stelle | 12 minuti | 10 minuti |
Forza Italia – Berlusconi presidente – PPE | 11 minuti | 10 minuti |
Azione – Italia Viva – Renew Europe | 8 minuti | 10 minuti |
Alleanza Verdi e Sinistra | 7 minuti | 10 minuti |
Noi Moderati (Noi Con L'Italia, Coraggio Italia, Udc e Italia al Centro) – MAIE | 7 minuti | 10 minuti |
Misto: | 6 minuti | 10 minuti |
Minoranze Linguistiche | 3 minuti | 6 minuti |
+Europa | 3 minuti | 4 minuti |
Pdl di ratifica n. 585 – Protocollo aggiuntivo alla Convenzione contro il doping , fatto a Varsavia il 12 settembre 2002
Tempo complessivo: 2 ore.
Relatore | 5 minuti |
Governo | 5 minuti |
Richiami al Regolamento | 5 minuti |
Tempi tecnici | 5 minuti |
Interventi a titolo personale |
20 minuti
(con il limite massimo di 2 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) |
Gruppi | 1 ora e 20 minuti |
Fratelli d'Italia | 16 minuti |
Partito Democratico – Italia democratica e progressista | 11 minuti |
Lega – Salvini premier | 11 minuti |
MoVimento 5 Stelle | 10 minuti |
Forza Italia – Berlusconi presidente – PPE | 9 minuti |
Azione – Italia Viva – Renew Europe | 7 minuti |
Alleanza Verdi e Sinistra | 6 minuti |
Noi Moderati (Noi Con L'Italia, Coraggio Italia, Udc e Italia al Centro) – MAIE | 6 minuti |
Misto: | 5 minuti |
Minoranze Linguistiche | 3 minuti |
+Europa | 2 minuti |
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli
nella seduta dell'11 gennaio 2023.
Albano, Ascani, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Cappellacci, Carloni, Cattaneo, Cecchetti, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Sergio Costa, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Montaruli, Mulè, Nordio, Osnato, Nazario Pagano, Pichetto Fratin, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Rotondi, Scerra, Schullian, Serracchiani, Francesco Silvestri, Rachele Silvestri, Tajani, Trancassini, Tremonti, Zanella, Zaratti, Zucconi.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).
Albano, Ascani, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Cappellacci, Carloni, Cattaneo, Cecchetti, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Sergio Costa, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Montaruli, Mulè, Nordio, Osnato, Nazario Pagano, Pichetto Fratin, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Rotondi, Scerra, Schullian, Serracchiani, Francesco Silvestri, Rachele Silvestri, Tajani, Trancassini, Tremonti, Zanella, Zaratti, Zucconi.
Annunzio di proposte di legge.
In data 10 gennaio 2023 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa dei deputati:
ZANELLA ed altri: «Modifica all'articolo 30 della legge 3 agosto 2007, n. 124, in materia di composizione del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica» (753).
Sarà stampata e distribuita.
Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
I Commissione (Affari costituzionali)
RAMPELLI ed altri: «Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di ordine e sicurezza pubblica» (667) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, IV, V, VII e XI.
II Commissione (Giustizia)
BOLDRINI: «Modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli» (256) Parere delle Commissioni I e V;
MORRONE ed altri: «Riorganizzazione dei dipartimenti del Ministero della giustizia competenti in materia di esecuzione penale e istituzione del Dipartimento per la sicurezza della giustizia» (267) Parere delle Commissioni I, V, XI e XII;
UBALDO PAGANO: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 21 aprile 2011, n. 62, in materia di tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori» (507) Parere delle Commissioni I, V e XII;
RAMPELLI ed altri: «Modifiche all'articolo 90-ter del codice di procedura penale e all'articolo 30-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di comunicazioni dovute alle persone offese dal reato» (668) Parere delle Commissioni I, V e XIV.
V Commissione (Bilancio e Tesoro)
UBALDO PAGANO e LACARRA: «Modifica all'articolo 5 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111, concernente la ripartizione su base regionale della quota del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche relativamente alle scelte non espresse dai contribuenti» (509) Parere delle Commissioni I, VI, VII e XII.
VI Commissione (Finanze)
BITONCI ed altri: «Disposizioni concernenti la definizione agevolata di carichi affidati all'agente della riscossione, per favorire la ripresa economica nazionale» (139) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, XI e XIV.
VII Commissione (Cultura)
DARA ed altri: «Delega al Governo per la semplificazione normativa in materia di pubblici spettacoli o intrattenimenti di portata minore in luoghi pubblici o aperti al pubblico» (588) Parere delle Commissioni I, V, VIII, X, XII e XIV.
XII Commissione (Affari sociali)
UBALDO PAGANO ed altri: «Disposizioni concernenti la diagnosi e la cura delle immunodeficienze congenite e l'assistenza delle persone che ne sono affette» (513) Parere delle Commissioni I, V, VII e XI.
Trasmissione dalla Corte dei conti.
Il Presidente della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con lettera in data 9 gennaio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 55/2022 del 19-23 dicembre 2022, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente «Attuazione delle misure previste dalla legge 22 giugno 2016, n. 112, volte a favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l'autonomia delle persone con disabilità grave prive di sostegno familiare – Fondo Dopo di noi».
Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali).
Trasmissione dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettera in data 23 dicembre 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112, i contratti di programma stipulati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con la società Rete ferroviaria italiana Spa per il periodo regolatorio 2022-2026 – parte servizi e parte investimenti (Doc. CXCIX, n. 1).
Questi documenti sono trasmessi alla IX Commissione (Trasporti).
Trasmissione dal Ministro delle imprese e del made in Italy
Il Ministro delle imprese e del made in Italy, con lettera in data 10 gennaio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 1, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, la relazione sulle attività del sistema camerale, riferita all'anno 2021 (Doc. CXX, n. 1).
Questa relazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive).
Trasmissione dal Ministro della salute
Il Ministro della salute, con lettera in data 10 gennaio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, della legge 28 agosto 1997, n. 284, la relazione sullo stato di attuazione delle politiche concernenti la prevenzione della cecità, l'educazione e la riabilitazione visiva, riferita all'anno 2019 (Doc. CXXXIII, n. 1).
Questa relazione è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali).
Trasmissione dalla Commissione nazionale per il dibattito pubblico.
La Presidente della Commissione nazionale per il dibattito pubblico, con lettera in data 3 gennaio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 4, comma 6, lettera e), del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 maggio 2018, n. 76, la prima relazione sulle risultanze delle attività di monitoraggio sulla procedura di dibattito pubblico applicata alle opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, riferita agli anni 2021 e 2022 (Doc. CCXIX, n. 1).
Questa relazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente).
Assegnazione di progetti di atti dell'Unione europea.
Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 10 gennaio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Questi atti sono stati assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sulla relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Qualità della benzina e del combustibile diesel utilizzati per il trasporto stradale nell'Unione europea (Anno di riferimento 2020) (COM(2022) 515 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento.
Comunicazione di nomine ministeriali.
La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 4 gennaio 2023, ha trasmesso le seguenti comunicazioni concernenti il conferimento di incarichi nell'ambito della medesima Presidenza del Consiglio dei ministri, che sono trasmessi alle Commissioni sottoindicate:
alla I Commissione (Affari costituzionali), le comunicazioni concernenti il conferimento dei seguenti incarichi:
al dottor Renato Catalano, l'incarico di capo dell'Ufficio del bilancio e per il riscontro di regolarità amministrativo-contabile;
alla dottoressa Maria Barilà, l'incarico di capo dell'Ufficio del Segretario generale;
al dottor Pompeo Savarino, l'incarico di capo del Dipartimento per i servizi strumentali;
alla dottoressa Anna Lucia Esposito, l'incarico di capo dell'Ufficio di segreteria della Conferenza Stato-città ed autonomie locali;
alla dottoressa Elena Zappalorti, l'incarico di capo del Dipartimento per i rapporti con il Parlamento;
al dottor Francesco Piazza, l'incarico di capo dell'Ufficio del cerimoniale di Stato e per le onorificenze;
al dottor Roberto Tartaglia, l'incarico di vice capo del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi;
alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio), la comunicazione concernente il conferimento del seguente incarico:
alla dottoressa Bernadette Veca, l'incarico di capo del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica;
alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla X Commissione (Attività produttive), la comunicazione concernente il conferimento del seguente incarico:
alla dottoressa Elena Grifoni Winters, l'incarico di capo dell'Ufficio per le politiche spaziali e aerospaziali.
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.
ERRATA CORRIGE
Nell'Allegato A ai resoconti della seduta del 25 novembre 2022, a pagina 3, seconda colonna, diciottesima riga, deve leggersi: «delle mafie» e non: «della mafia», come stampato.
DISEGNO DI LEGGE: S. 345 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 18 NOVEMBRE 2022, N. 176, RECANTE MISURE URGENTI DI SOSTEGNO NEL SETTORE ENERGETICO E DI FINANZA PUBBLICA (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 730)
A.C. 730 – Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
l'articolo 14-ter del provvedimento all'esame contiene «Disposizioni urgenti in favore dei comuni di Lampedusa e Linosa» a fronte all'aumento del numero di immigrati sbarcati registrato nell'anno precedente;
sempre in considerazione dello straordinario aumento del numero di sbarchi nell'anno 2022, con l'ultima legge di bilancio (legge 29 dicembre 2022, n. 197) all'articolo 1, comma 833 sono stati stanziati contributi straordinari a favore del comune di Lampedusa e Linosa e di altri comuni siciliani più esposti ai flussi migratori per l'anno 2023;
secondo i dati forniti dal Ministero dell'interno, anche nel corso dell'anno 2022 è stato confermato il trend in aumento dei flussi migratori irregolari verso il nostro Paese che hanno interessato non solo la regione Sicilia ma anche la regione Calabria, seconda per numero degli sbarchi sulle coste italiane;
diversi sono i comuni della Calabria, come Roccella, Crotone, Reggio Calabria, Siderno, Stilo, Ardore e altri, interessati direttamente dalle operazioni di soccorso e prima assistenza ai migranti che giungono sulle nostre coste a seguito di sbarchi autonomi o a seguito di operazioni di soccorso in mare effettuate dalle competenti autorità;
a titolo esemplificativo, solo al porto di Roccella Jonica, città metropolitana di Reggio Calabria, risultano 87 gli sbarchi gestiti nel 2022: in media uno ogni 4 giorni, ma con giornate nelle quali si sono dovuti gestire contemporaneamente 3 o 4 eventi di soccorso e con oltre complessivamente 7.000 immigranti soccorsi a cui, grazie allo straordinario impegno degli uffici della prefettura, delle forze dell'ordine e della comunità interessata, è stata data una prima assistenza non essendovi presente alcuna struttura hotspot;
il territorio reggino, e in particolare quello della Locride, ormai da diversi anni è meta di arrivi via mare: secondo i dati dell'UNHCR solo nel 2022 si sono contati quasi diecimila immigrati (in prevalenza dalla rotta turca e di cui circa il 30 per cento minori non accompagnati) rispetto ai 2.507 dell'intero 2020;
occorre pertanto riconoscere, in analogia con quanto già previsto per i sopra menzionati comuni siciliani, anche l'impegno di quei comuni della Calabria che si trovano in prima linea a gestire gli sbarchi irregolari sulle proprie coste, soprattutto in considerazione dell'intensificarsi della rotta migratoria dalla Turchia ormai sempre più utilizzata dai trafficanti di esseri umani,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare le adeguate iniziative, sempre nell'ambito dell'azione di contrasto all'immigrazione irregolare, volte a prevedere specifici stanziamenti a favore dei comuni della regione Calabria maggiormente esposti ai flussi migratori irregolari.
9/730/1. Furgiuele.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 7-ter del provvedimento in esame reca disposizioni che incidono sui rapporti verticali conclusi tra il costruttore automobilistico o l'importatore e i singoli distributori autorizzati per la commercializzazione di veicoli, anche se ricondotti allo schema del contratto di agenzia o di concessione di vendita o di commissione;
siffatte misure incidendo su aspetti del rapporto contrattuale creerebbero un conflitto con quanto stabilito, in maniera vincolante per l'ordinamento italiano, dalla direttiva n. 86/653/CEE «relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti»;
data l'incisività della proposta sull'intero sistema della distribuzione automobilistica, sarebbe auspicabile che innovazioni di tale portata avvenissero a valle di una interlocuzione con tutti i soggetti a cui la disciplina è destinata, a partire dalla Commissione europea,
impegna il Governo
a considerare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di valutare l'opportunità di posporre l'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 7-ter a valle di un'interlocuzione con gli operatori economici della filiera automotive e dopo un'autorizzazione ai sensi del Titolo VII, Capo I, Sezione I, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
9/730/2. Pastorino.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame dell'Assemblea, contiene numerose e importanti disposizioni, in particolare per il settore energetico, produttivo e dei trasporti per sostenere l'attuazione del PNRR, finalizzate a prevedere per il tessuto socioeconomico del Paese, misure di natura emergenziale all'interno dell'attuale fase economica particolarmente complessa derivante dal conflitto in Ucraina, i cui effetti tra l'altro, hanno determinato un rincaro dei prezzi energetici;
nell'ambito dei diversi e articolati interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, la missione n. 5 «Inclusione e Coesione», Componente 3: «Interventi speciali per la coesione territoriale» – Investimento 1: «Strategia nazionale per le aree interne» – Linea di intervento 1.1.1 «Potenziamento dei servizi e delle infrastrutture sociali di comunità», ha destinato una dotazione complessiva di 500 milioni di euro per finanziare progetti di intervento per servizi e infrastrutture sociali di comunità;
al fine di destinare le predette risorse, con decreto del direttore generale (DDG) dell'Agenzia per la coesione territoriale n. 100 del 2022 del 30 marzo 2022, è stato approvato un avviso pubblico per la presentazione di proposte di intervento rivolto ai comuni delle aree interne (intermedi, periferici, ultra periferici);
al riguardo, con il decreto del direttore generale (DDG) dell'Agenzia per la coesione territoriale generale n. 440 del 2022, è stata approvata la graduatoria finale delle domande «ammesse e idonee», suddivise per tipologia di intervento e macroarea, identificando come «ammesse» le domande che, per punteggio, possono essere finanziate fino a concorrenza di 500 milioni di euro e come «idonee» le domande coloro che, in ordine decrescente di punteggio, rimangono in posizione utile in caso di eventuale scorrimento della graduatoria; lo stesso decreto ha inoltre, previsto la possibilità di scorrimento della graduatoria;
a tal fine, ad avviso del sottoscritto del presente atto, appare urgente e indifferibile, promuovere soluzioni a problemi di disagio e fragilità sociale, mediante la creazione di nuovi servizi e infrastrutture sociali, nonché il miglioramento di quelli esistenti, anche allargando l'ambito dei soggetti beneficiari delle risorse statali;
appare, altresì opportuno, per le finalità di una maggiore coesione territoriale, implementare gli investimenti in infrastrutture sociali nelle aree interne del nostro Paese, che, com'è noto, comprendono molti comuni del Mezzogiorno,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili e i vincoli di finanza pubblica, misure normative volte al reperimento di risorse finanziarie aggiuntive, al fine dello scorrimento della graduatoria delle domande per interventi speciali di potenziamento dei servizi e delle infrastrutture sociali di comunità di cui in premessa.
9/730/3. Maiorano.
La Camera,
premesso che:
gli aumenti del costo dell'energia e del gas che il provvedimento all'esame dell'Aula si propone di fronteggiare stanno determinando gravi ripercussioni a carico delle strutture sanitarie private accreditate con il Servizio sanitario nazionale;
per attenuare l'impatto dei rincari energetici in questo specifico ambito, l'articolo 5, comma 5, del decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 novembre 2022, n. 175, ha attribuito alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano la possibilità di riconoscere, «a fronte di apposita rendicontazione», un contributo una tantum alle strutture sanitarie private accreditate «non superiore allo 0,8 per cento del tetto di spesa assegnato per l'anno 2022»;
secondo le associazioni di settore, il contributo disciplinato dalla norma citata, a causa del predetto limite dell'0,8 per cento, garantirebbe una copertura solo marginale dei rincari energetici effettivamente sostenuti e previsti dall'ospedalità privata;
com'è risaputo, le strutture in oggetto possono fare ben poco sul fronte del razionamento e del contenimento dei consumi energetici, non potendo chiaramente disattivare le apparecchiature sanitarie e men che meno ridurre la temperatura degli ambienti;
tale situazione rischia di compromettere gli equilibri di bilancio di molte strutture e di rallentare l'attività di recupero delle prestazioni arretrate a causa della pandemia, con potenziale impatto negativo anche dal punto di vista dell'attuazione delle riforme previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di incrementare, compatibilmente con le risorse disponibili, i contributi per il caro energia destinati alle strutture sanitarie private accreditate, anche sopprimendo o, comunque, rimodulando al rialzo il limite dello 0,8 per cento fissato dal citato articolo 5, comma 5, del decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 novembre 2022, n. 175.
9/730/4. Loizzo, Morrone, Panizzut.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del provvedimento in esame reca misure per l'incremento della produzione di gas naturale;
alla dipendenza dell'Italia in termini di approvvigionamento gas da pochi paesi geopoliticamente instabili, è necessario perseguire la diversificazione delle fonti al fine di creare un mercato più sicuro, oltre che competitivo, efficiente e pienamente integrato con quello europeo, mediante una progressiva diversificazione delle origini e delle tecnologie (gas e LNG), ed un aumento dei soggetti operanti sul mercato del gas;
la semplificazione delle procedure di realizzazione di nuovi rigassificatori per i progetti già in possesso delle autorizzazioni previste, consentirebbe di contribuire a rafforzare l'assetto energetico italiano compiendo, in tempi relativamente brevi per queste infrastrutture, un primo passo verso una maggiore sicurezza ed il contenimento dei costi energetici per gli utenti finali,
impegna il Governo
a prevedere un intervento normativo volto ad inserire i terminali di rigassificazione GNL in possesso di specifiche caratteristiche quali, la cantierabilità del progetto in tempi celeri e una rilevante capacità di rigassificazione, tra i soggetti individuati dall'articolo 5 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50.
9/730/5. Mulè.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del provvedimento in esame reca misure per l'incremento della produzione di gas naturale;
alla dipendenza dell'Italia in termini di approvvigionamento gas da pochi paesi geopoliticamente instabili, è necessario perseguire la diversificazione delle fonti al fine di creare un mercato più sicuro, oltre che competitivo, efficiente e pienamente integrato con quello europeo, mediante una progressiva diversificazione delle origini e delle tecnologie (gas e LNG), ed un aumento dei soggetti operanti sul mercato del gas;
la semplificazione delle procedure di realizzazione di nuovi rigassificatori per i progetti già in possesso delle autorizzazioni previste, consentirebbe di contribuire a rafforzare l'assetto energetico italiano compiendo, in tempi relativamente brevi per queste infrastrutture, un primo passo verso una maggiore sicurezza ed il contenimento dei costi energetici per gli utenti finali,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere un intervento normativo volto ad inserire i terminali di rigassificazione GNL in possesso di specifiche caratteristiche quali, la cantierabilità del progetto in tempi celeri e una rilevante capacità di rigassificazione, tra i soggetti individuati dall'articolo 5 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50.
9/730/5. (Testo modificato nel corso della seduta)Mulè.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame «Misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica» cosiddetto «Aiuti quater», chiamato a dare un contributo concreto alla nostra economia è sicuramente parte integrante della legge di bilancio appena approvata, con molte difficoltà, dal Parlamento e si inserisce in una fase complicata della nostra economia;
la gravità del contesto economico e sociale in cui vive oggi il nostro Paese richiede la mobilitazione di tutte le energie al fine di contrastare le tante emergenze provocate dalla pandemia, dalla guerra in Ucraina, dall'innalzamento dei prezzi delle fonti energetiche, dall'aumento dell'inflazione;
a fronte di questa drammatica situazione il Governo non solo ha ridotto la platea dei percettori del reddito di cittadinanza con la possibile perdita del sussidio per l'affitto pari a 280 euro mensili ma non ha stanziato alcune risorsa sul Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli di cui articolo 6, comma 5, del decreto-legge n. 102 del 2013 , ovvero sia al fondo destinato alle famiglie sotto sfratto per morosità, per sopravvenuta impossibilità a provvedere al pagamento del canone di locazione per la perdita o per la consistente riduzione della capacità reddituale;
in Italia le famiglie in affitto sono circa il 20 per cento delle famiglie residenti, rappresentando circa il 45 per cento dei 5,6 milioni di persone in povertà assoluta, di queste 1,3 milioni sono minori;
se lo scorso 7 dicembre il comitato ONU sui diritti economici, sociali e culturali chiedeva all'Italia «di aumentare i sussidi per l'alloggio per chi non è in grado di ottenere un alloggio a prezzi accessibili e di garantire un accesso sostenibile alle strutture di base necessarie per un alloggio adeguato», la legge di bilancio per il 2023 e il decreto Aiuti quater vanno esattamente nella direzione opposta, azzerando tutti i fondi destinati ai contributi affitto e alla morosità incolpevole;
le politiche sulla casa di questo Governo non vanno nella stessa direzione attesa dalle migliaia di famiglie che in Italia non riescono a garantire l'intero canone di locazione ai proprietari oppure già morosi contano sui contributi per evitare lo sfratto;
tale scelta di azzerare le risorse del Fondo inquilini morosi incolpevoli, sommate al caro bollette e all'inflazione, rischia non solo di incendiare una situazione che vede il 45 per cento delle famiglie italiane in affitto già sotto la soglia della povertà assoluta (sono 900 mila le famiglie in affitto sotto il livello della povertà assoluta) ma di lasciare sole le regioni e i comuni ad affrontare l'emergenza abitativa là dove a fronte di questi numeri, l'ultimo decreto Aiuti del Governo Draghi aveva aggiunto altri 100 milioni di euro al fondo per il contributo affitti. Scelta imposta dal peso della morosità tra le cause che portano agli sfratti, in forte aumento dopo il blocco deciso durante la pandemia;
nel 2022 gli sfratti eseguibili in Italia erano circa 150 mila, il 90 per cento dei quali per morosità e l'azzeramento dei contributi all'affitto e la cancellazione dei fondi necessari a sostenere chi viene sfrattato e non ha mezzi per garantirsi un tetto è una violazione del diritto alla casa;
a tale decisione di azzerare i contributi per gli affitti e il fondo per morosità si aggiunge, inoltre, l'assenza di misure strutturali contro l'emergenza abitativa,
impegna il Governo:
a prevedere misure normative ed economiche volte ad aiutare le famiglie, già colpite dall'aumento dei costi di luce e gas e non in grado di pagare il canone di locazione o sotto sfratto per morosità, a trovare un alloggio adeguato anche mediante il rifinanziamento, con il primo provvedimento utile, non solo del Fondo contro la morosità incolpevole ma anche del fondo affitti al fine di vedere garantito il diritto all'abitazione;
a prevedere adeguate risorse volte a finanziare piani di edilizia residenziale pubblica nelle aree metropolitane ove maggiore è il numero degli sfratti.
9/730/6. Furfaro, Braga.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame «Misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica» cosiddetto «Aiuti quater», chiamato a dare un contributo concreto alla nostra economia è sicuramente parte integrante della legge di bilancio appena approvata, con molte difficoltà, dal Parlamento e si inserisce in una fase complicata della nostra economia;
in particolare le risorse stanziate sia dalla legge di bilancio che da questo provvedimento rivolte agli enti del terzo settore per far fronte agli aumenti del caro energia sono del tutto insufficienti, costringendo tali enti a prevedere la possibilità di dover ridurre le loro prestazioni a favore di coloro che ne hanno bisogno;
il terzo settore, nel suo complesso, non è solo un mero settore economico ma bensì un insieme di soggetti che svolge servizi di natura pubblica, in alcuni casi anche sostituendo, in tale funzione, uno Stato che si rivela spesso inadempiente e non prevedere adeguati aiuti a tale settore comporta inevitabilmente una riduzione dei servizi e un peggioramento delle condizioni di vita di coloro che ne usufruiscono;
per quanto riguarda gli enti che gestiscono servizi sociosanitari e sociali svolti in regime residenziale, semiresidenziale rivolti a persone con disabilità, la crisi energetica si somma a un contesto complicato dovuto alla fase pandemica, dove a causa degli alti decessi avvenuti e alla fragilità delle persone che vi risiedono, nella fase più cruenta della pandemia è stato regolamentato in modo molto stringente la possibilità di accesso di nuovi degenti e successivamente solo con procedure molto complesse al fine di tutelare la salute di tutti i soggetti coinvolti è stato consentito il progressivo ripristino di tutte le attività sociosanitarie e assistenziali con conseguenze che ancora oggi si ripercuotono sui bilanci delle singole strutture;
anche le associazioni che erogano servizi di trasporto di emergenza-urgenza per conto del Servizio sanitario regionale e delle aziende sanitarie locali o comunque servizi di trasporto privato in ambulanza di persone disabili nei prossimi mesi incontreranno notevoli difficoltà a far fronte ai loro impegni a causa dell'aumento del costo dei carburanti a cui si sommano gli aumenti che già si erano verificati con il COVID legati ai materiali, alle sanificazioni, al personale, all'organizzazione dello stesso servizio,
impegna il Governo:
a) al fine di sostenere l'attività degli enti del terzo settore ed evitare un possibile ridimensionamento delle loro attività con grave danno delle fasce più svantaggiate della popolazione ad individuare ulteriori e significative risorse da stanziare a favore di tali enti;
b) a prevedere misure specifiche sia normative che economiche a favore delle realtà del terzo settore, che operano nelle aree più interne e desolate del nostro Paese che spesso rappresentano l'unico presidio di partecipazione attiva e tenuta sociale;
c) a prevedere misure specifiche sia normative che economiche nei confronti delle associazioni di enti del terzo settore più rappresentative sul territorio nazionale individuate in ragione del numero di enti del terzo settore ad essa aderenti, al fine di sostenere lo sviluppo del terzo settore, a livello nazionale e territoriale.
9/730/7. Girelli, Furfaro.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare per quanto attiene alle politiche sociali non sono stati previsti nuovi stanziamenti rispetto a quelli già previsti dai governi precedenti per quanto riguarda i fondi principali quali la non autosufficienza, il dopo di noi, il caregiver né aiuti concreti alle famiglie:
in Italia, l'assistenza sociale è realizzata attraverso un complesso di interventi nazionali, regionali e comunali, che rivestono le forme della prestazione economica e/o del servizio alla persona e, a differenza di quanto avviene in campo sanitario, dove i Livelli essenziali di assistenza (Lea) indicano nel dettaglio le prestazioni erogate attraverso il Servizio sanitario nazionale, le politiche sociali sono interpretate diversamente a seconda della regione o perfino del comune di riferimento, anche perché le risorse per le politiche sociali provengono dal finanziamento plurimo dei tre livelli di Governo (Stato, regioni e comuni), secondo le dotazioni finanziarie presenti nei rispettivi bilanci;
tale per ragione è necessario avere adeguati finanziamenti affinché le famiglie possano contare su un aiuto concreto,
impegna il Governo
a stanziare con il primo provvedimento utile ulteriore e nuove risorse per quanto riguarda il fondo per la non autosufficienza, il dopo di noi e il caregiver quali strumenti necessari per aiutare le famiglie in questo periodo di crisi economica e sociale.
9/730/8. Malavasi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene un pacchetto di misure adottate a favore di famiglie e imprese, con particolare riguardo al caro energia;
proprio a causa dell'incremento dei costi dell'energia elettrica le bollette energetiche hanno prodotto sull'intera filiera agroalimentare conseguenze disastrose poiché quasi un allevamento su dieci (8 per cento) verte in una situazione talmente critica da indurre gli imprenditori agricoli alla cessazione dell'attività: si tratta di circa 37 mila aziende agricole a rischio, impianti per l'allevamento di bestiame distribuiti prevalentemente in Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna;
è noto che la chiusura di un'azienda zootecnica diventa quasi sempre definitiva, perché che non riaprirà mai più, causando non solo la perdita di preziosi posti di lavoro ma anche la perdita degli animali e del loro patrimonio genetico custodito e valorizzato dal lavoro prezioso e insostituibile di generazioni di allevatori, motivo per cui è necessario intervenire immediatamente, a causa dei rischi corsi da un'intera, importantissima, filiera produttiva;
in tale contesto, non è più procrastinabile una riflessione sull'efficacia e l'efficienza di un sistema normativo, tristemente noto come «regime delle quote latte», che sta danneggiando le aziende sopravvissute alle crisi economiche precedenti e quelle in atto bloccando, sin da subito, eventuali azioni esecutive o riscossioni coattive, in attesa della rideterminazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari nel rispetto delle decisioni assunte dalla Corte di giustizia europea;
come noto, infatti, la Corte di giustizia con le pronunce 27 giugno 2019 C-348/18 (Barausse), 11 settembre 2019 C-46/18 (San Rocco) e 13 gennaio 2022 C-377/19 (Benedetti) ha accertato il contrasto con il diritto dell'Unione europea della disciplina italiana relativa alla determinazione del prelievo supplementare con la conseguente caducazione dei provvedimenti di determinazione del prelievo supplementare, obbligo di non applicazione delle norme nazionali non conformi e la necessità di procedere ad una complessiva novellazione normativa di settore;
nonostante ciò sono stati instaurati e sono tuttora pendenti pignoramenti promossi nei confronti di aziende che, per effetto delle citate decisioni della Corte dell'Unione europea, hanno diritto a non versare alcuna delle somme richieste, il cui prelievo deve essere sospeso per non causare la conseguente consapevole e indebita iniziativa di recupero nonché il grave e altrettanto consapevole e ingiustificato pregiudizio recato alle aziende,
impegna il Governo
a sospendere l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 10-ter, dell'articolo 8-quinquies del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33 in attesa che vengano emanate le disposizioni normative nazionali necessarie per garantire il corretto recepimento nell'ordinamento giuridico italiano, in materia di determinazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, delle decisioni assunte dalla Corte di giustizia europea nonché a istituire un tavolo interministeriale, supportato da un comitato tecnico, che possa individuare quanto prima una definitiva, equa ed efficace soluzione ai problemi causati dal vigente sistema del «regime delle quote latte» al fine di adempiere correttamente agli obblighi comunitari, salvaguardando al contempo l'intera filiera lattiero-casearia nazionale.
9/730/9. Almici, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene un pacchetto di misure adottate a favore di famiglie e imprese, con particolare riguardo al caro energia;
proprio a causa dell'incremento dei costi dell'energia elettrica le bollette energetiche hanno prodotto sull'intera filiera agroalimentare conseguenze disastrose poiché quasi un allevamento su dieci (8 per cento) verte in una situazione talmente critica da indurre gli imprenditori agricoli alla cessazione dell'attività: si tratta di circa 37 mila aziende agricole a rischio, impianti per l'allevamento di bestiame distribuiti prevalentemente in Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna;
è noto che la chiusura di un'azienda zootecnica diventa quasi sempre definitiva, perché che non riaprirà mai più, causando non solo la perdita di preziosi posti di lavoro ma anche la perdita degli animali e del loro patrimonio genetico custodito e valorizzato dal lavoro prezioso e insostituibile di generazioni di allevatori, motivo per cui è necessario intervenire immediatamente, a causa dei rischi corsi da un'intera, importantissima, filiera produttiva;
in tale contesto, non è più procrastinabile una riflessione sull'efficacia e l'efficienza di un sistema normativo, tristemente noto come «regime delle quote latte», che sta danneggiando le aziende sopravvissute alle crisi economiche precedenti e quelle in atto bloccando, sin da subito, eventuali azioni esecutive o riscossioni coattive, in attesa della rideterminazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari nel rispetto delle decisioni assunte dalla Corte di giustizia europea;
come noto, infatti, la Corte di giustizia con le pronunce 27 giugno 2019 C-348/18 (Barausse), 11 settembre 2019 C-46/18 (San Rocco) e 13 gennaio 2022 C-377/19 (Benedetti) ha accertato il contrasto con il diritto dell'Unione europea della disciplina italiana relativa alla determinazione del prelievo supplementare con la conseguente caducazione dei provvedimenti di determinazione del prelievo supplementare, obbligo di non applicazione delle norme nazionali non conformi e la necessità di procedere ad una complessiva novellazione normativa di settore;
nonostante ciò sono stati instaurati e sono tuttora pendenti pignoramenti promossi nei confronti di aziende che, per effetto delle citate decisioni della Corte dell'Unione europea, hanno diritto a non versare alcuna delle somme richieste, il cui prelievo deve essere sospeso per non causare la conseguente consapevole e indebita iniziativa di recupero nonché il grave e altrettanto consapevole e ingiustificato pregiudizio recato alle aziende,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di sospendere l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 10-ter, dell'articolo 8-quinquies del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33 in attesa che vengano emanate le disposizioni normative nazionali necessarie per garantire il corretto recepimento nell'ordinamento giuridico italiano, in materia di determinazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, delle decisioni assunte dalla Corte di giustizia europea nonché di istituire un tavolo interministeriale, supportato da un comitato tecnico, che possa individuare quanto prima una definitiva, equa ed efficace soluzione ai problemi causati dal vigente sistema del «regime delle quote latte» al fine di adempiere correttamente agli obblighi comunitari, salvaguardando al contempo l'intera filiera lattiero-casearia nazionale.
9/730/9. (Testo modificato nel corso della seduta)Almici, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare, per quanto riguarda il settore dell'istruzione, le risorse destinate dall'articolo 14, commi 3 e 4 alla retribuzione del personale docente e del personale ATA risultano inadeguate;
al fine di dare centralità all'istruzione pubblica, innalzare le retribuzioni al livello europeo, per impostare il rinnovamento professionale, per definire incarichi e progressione di carriera, la destinazione di risorse adeguate ed ulteriori per il rinnovo contrattuale della scuola deve essere considerato una priorità,
impegna il Governo
a reperire per l'anno 2023 ulteriori e adeguate risorse da destinare al rinnovo contrattuale, al fine di dare centralità all'istruzione pubblica ed innalzare le retribuzioni al livello europeo.
9/730/10. Manzi, Orfini, Berruto, Zingaretti.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
in particolare, per quanto riguarda il settore dell'istruzione, le risorse destinate dall'articolo 14, commi 3 e 4 alla retribuzione del personale docente e del personale ATA risultano inadeguate;
al fine di dare centralità all'istruzione pubblica, innalzare le retribuzioni al livello europeo, per impostare il rinnovamento professionale, per definire incarichi e progressione di carriera, la destinazione di risorse adeguate ed ulteriori per il rinnovo contrattuale della scuola deve essere considerato una priorità,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di individuare ulteriori risorse da destinare al rinnovo contrattuale, al fine di dare centralità all'istruzione pubblica ed innalzare le retribuzioni al livello europeo, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica.
9/730/10. (Testo modificato nel corso della seduta)Manzi, Orfini, Berruto, Zingaretti.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
nel provvedimento in esame, considerata anche la proroga, come anticipata in occasione della prima audizione di presentazione delle linee guida del Ministro, della piena attuazione della riforma del lavoro sportivo, non risultano interventi volti a sostenere i lavoratori;
sport e la cultura del movimento, insieme alla scuola, possono essere considerati come una grande agenzia educativa, capace di insegnare sul campo valori come l'inclusione, la solidarietà e il rispetto, valori essenziali per stimolare il consolidamento di una società civile sana e inclusiva e per formare cittadini più consapevoli e attenti;
l'associazionismo sportivo, rappresentato per lo più da piccole società, oltre a svolgere una funzione sociale, permettendo ai giovani di dedicarsi ad un'attività sportiva e di maturare quelle attitudini, non solo fisiche ma anche umane, educative e di aggregazione, svolge un importante ruolo imprenditoriale con alto tasso occupazionale,
impegna il Governo
a reperire, nel primo provvedimento utile, risorse adeguate a garantire la sostenibilità della riforma del lavoro sportivo di cui all'articolo 1, comma 34 della legge 30 dicembre 2020, n. 178.
9/730/11. Berruto, Manzi, Orfini.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
nel provvedimento in esame, considerata anche la proroga, come anticipata in occasione della prima audizione di presentazione delle linee guida del Ministro, della piena attuazione della riforma del lavoro sportivo, non risultano interventi volti a sostenere i lavoratori;
sport e la cultura del movimento, insieme alla scuola, possono essere considerati come una grande agenzia educativa, capace di insegnare sul campo valori come l'inclusione, la solidarietà e il rispetto, valori essenziali per stimolare il consolidamento di una società civile sana e inclusiva e per formare cittadini più consapevoli e attenti;
l'associazionismo sportivo, rappresentato per lo più da piccole società, oltre a svolgere una funzione sociale, permettendo ai giovani di dedicarsi ad un'attività sportiva e di maturare quelle attitudini, non solo fisiche ma anche umane, educative e di aggregazione, svolge un importante ruolo imprenditoriale con alto tasso occupazionale,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di reperire risorse a favore dello sport.
9/730/11. (Testo modificato nel corso della seduta)Berruto, Manzi, Orfini.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare per quanto riguarda il comparto sanità se la legge di bilancio ha predisposto una proroga alla possibilità di assumere a tempo indeterminato, entro il 31 dicembre 2024 solo per il personale sanitario e sociosanitario che abbia maturato 18 mesi di servizio nella sanità pubblica entro il 31 dicembre 2023, nulla è stato previsto né nella legge di bilancio né in questo decreto per quanto riguarda il personale amministrativo e tecnico non sanitario;
tale personale durante il periodo più cruento della pandemia ha lavorato a fianco al personale sanitario e ora, è stato lasciato indietro nonostante gli impegni già presi dal Governo;
alcune regioni, in attesa di una proroga nazionale, si sono mosse in autonomia per salvaguardare i livelli occupazionali,
impegna il Governo
a predisporre nel primo provvedimento utile norme e risorse adeguate volte prevedere la stabilizzazione del personale tecnico e amministrativo del Servizio sanitario nazionale, contrattualizzato a vario titolo, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di personale, così come già previsto per il personale sanitario e sociosanitario.
9/730/12. Stumpo.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
in particolare per quanto riguarda il comparto sanità se la legge di bilancio ha predisposto una proroga alla possibilità di assumere a tempo indeterminato, entro il 31 dicembre 2024 solo per il personale sanitario e sociosanitario che abbia maturato 18 mesi di servizio nella sanità pubblica entro il 31 dicembre 2023, nulla è stato previsto né nella legge di bilancio né in questo decreto per quanto riguarda il personale amministrativo e tecnico non sanitario;
tale personale durante il periodo più cruento della pandemia ha lavorato a fianco al personale sanitario e ora, è stato lasciato indietro nonostante gli impegni già presi dal Governo;
alcune regioni, in attesa di una proroga nazionale, si sono mosse in autonomia per salvaguardare i livelli occupazionali,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di predisporre norme e risorse adeguate volte prevedere la stabilizzazione del personale tecnico e amministrativo del Servizio sanitario nazionale, contrattualizzato a vario titolo, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di personale, così come già previsto per il personale sanitario e sociosanitario.
9/730/12. (Testo modificato nel corso della seduta)Stumpo.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023;
a fronte di questi andamenti il Governo si sta rivelando inadeguato anche solo a prevedere l'impatto delle proprie scelte, basti pensare alla decisione di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo sui carburanti, che ha generato un'impennata dei prezzi ed una inevitabile e ulteriore spinta inflazionistica che colpirà i redditi dei cittadini e i bilanci di imprese e soggetti, con particolare riguardo per coloro che operano nei servizi di trasporto;
come noto, con l'articolo 8 del precedente decreto «Aiuti ter», sono stati previsti diversi interventi per alleviare gli oneri derivanti dall'aumento dei costi per la fruizione dell'energia termica ed elettrica, sostenuti da alcuni enti che gestiscono servizi sociosanitari e sociali svolti in regime residenziale o semiresidenziale e rivolti a persone con disabilità, nonché per gli enti iscritti nel suddetto Registro unico e non rientranti nella suddetta fattispecie;
da tali misure risultavano, impropriamente, esclusi i costi per i carburanti riferibili ai servizi di trasporto di emergenza-urgenza per conto del Servizio sanitario regionale o delle aziende sanitarie locali. Una lacuna che, alla luce dei rincari dei prezzi dei carburanti che si stanno registrando nelle prime settimane del 2023, appare ancor più ingiustificata e insostenibile per i soggetti che assicurano tali servizi,
impegna il Governo
ad adottare ogni misura utile, già a partire dai prossimi provvedimenti di urgenza che si dovessero ravvisare necessari, per attenuare gli effetti dell'aumento dei carburanti per i soggetti che assicurano i servizi di trasporto di emergenza-urgenza per conto del Servizio sanitario regionale o delle aziende sanitarie locali.
9/730/13. Boldrini.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023;
a fronte di questi andamenti il Governo si sta rivelando inadeguato anche solo a prevedere l'impatto delle proprie scelte, basti pensare alla decisione di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo sui carburanti, che ha generato un'impennata dei prezzi ed una inevitabile e ulteriore spinta inflazionistica che colpirà i redditi dei cittadini e i bilanci di imprese e soggetti, con particolare riguardo per coloro che operano nei servizi di trasporto;
come noto, con l'articolo 8 del precedente decreto «Aiuti ter», sono stati previsti diversi interventi per alleviare gli oneri derivanti dall'aumento dei costi per la fruizione dell'energia termica ed elettrica, sostenuti da alcuni enti che gestiscono servizi sociosanitari e sociali svolti in regime residenziale o semiresidenziale e rivolti a persone con disabilità, nonché per gli enti iscritti nel suddetto Registro unico e non rientranti nella suddetta fattispecie;
da tali misure risultavano, impropriamente, esclusi i costi per i carburanti riferibili ai servizi di trasporto di emergenza-urgenza per conto del Servizio sanitario regionale o delle aziende sanitarie locali. Una lacuna che, alla luce dei rincari dei prezzi dei carburanti che si stanno registrando nelle prime settimane del 2023, appare ancor più ingiustificata e insostenibile per i soggetti che assicurano tali servizi,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di bilancio, di adottare ogni misura utile, già a partire dai prossimi provvedimenti di urgenza che si dovessero ravvisare necessari, per attenuare gli effetti dell'aumento dei carburanti per i soggetti che assicurano i servizi di trasporto di emergenza-urgenza per conto del Servizio sanitario regionale o delle aziende sanitarie locali.
9/730/13. (Testo modificato nel corso della seduta)Boldrini.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
i rincari senza precedenti dei valori delle materie prime energetiche e, di conseguenza, dei prezzi al dettaglio dell'energia elettrica hanno colpito indistintamente anche tutte le imprese, a prescindere dalla potenza impegnata e dai settori di attività di appartenenza;
per limitare l'impatto in bolletta degli straordinari rialzi dei prezzi dei prodotti energetici, si sono susseguiti diversi provvedimenti che hanno cercato, di trimestre in trimestre, per tutto il 2022, di mitigare il costo dell'energia elettrica per tutte le utenze elettriche (domestiche e non domestiche), come previsto dall'articolo 1 di questo provvedimento che ci accingiamo a votare;
come ulteriore azione di sostegno alle imprese, sarebbe opportuno agire anche per la capitalizzazione dei costi per l'energia elettrica, stabilendo che il costo relativo all'acquisto della componente energetica effettivamente utilizzata rispettivamente nei periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2022 e al 31 dicembre 2023, possa essere qualificato come onere pluriennale, essere iscritto nell'attivo del bilancio di esercizio ed essere ammortizzabile in dieci quote annuali di pari importo: si tratta di una misura esercitabile dalle imprese a cui si applicano i principi contabili che stanno subendo pesantissime ripercussioni a causa della grave crisi energetica in atto. Sarebbe, quindi, opportuno prevedere una misura di sostegno come quella in questione che, ferma restando l'eccezionalità dell'evento, possa aiutare le imprese che applicano i principi contabili nazionale ed internazionali a sostenere il proprio patrimonio ripartendo i maggiori oneri sull'energia in più anni,
impegna il Governo
ad intervenire con il primo provvedimento utile per consentire, in deroga ai principi contabili nazionali ed internazionali, che le imprese, nella redazione dei bilanci di esercizio in corso al 31 dicembre 2022 e al 31 dicembre 2023, possano qualificare, come onere pluriennale iscritto nell'attivo del bilancio di esercizio ammortizzabile in dieci quote annuali di pari importo, il costo relativo all'acquisto della componente energetica effettivamente utilizzata rispettivamente nei periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2022 e al 31 dicembre 2023.
9/730/14. Peluffo.
La Camera,
premesso che:
per limitare l'impatto in bolletta degli straordinari rialzi dei prezzi dei prodotti energetici all'ingrosso, si sono susseguiti diversi provvedimenti che hanno «tagliato», di trimestre in trimestre, per tutto il 2022, gli oneri generali di sistema in bolletta per l'energia elettrica per tutte le utenze elettriche (domestiche e non domestiche);
in particolare, il decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17, ha disposto che l'ARERA proceda all'annullamento degli oneri generali di sistema per tutti gli utenti finali per il secondo trimestre del 2022 (aprile – giugno), in continuità con quanto precedentemente disposto dal decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, e dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234, con riferimento agli oneri di sistema per il primo trimestre 2022 (gennaio – marzo);
successivamente, i decreti-legge 30 giugno 2022, n. 80, e 9 agosto 2022, n. 115, hanno esonerato tutti gli utenti finali (a prescindere dalla potenza disponibile) dal pagamento degli oneri generali di sistema anche per il terzo e quarto trimestre 2022 (agosto – dicembre);
l'articolo 3 della legge di bilancio 2023 ha esteso questo beneficio anche al primo trimestre 2023 ma, a differenza degli interventi legislativi sopra elencati, ne limita il perimetro soggettivo di applicazione alle sole utenze con potenza disponibile fino a 16,5 kW. Tale limitazione appare ingiustificata se si pensa che i rincari senza precedenti dei valori delle materie prime energetiche e, di conseguenza, dei prezzi al dettaglio dell'energia elettrica hanno colpito indistintamente tutte le imprese, a prescindere dalla potenza impegnata;
alcune rilevazioni mostrano come tutte le categorie di imprese riferibili ai settori del terziario di mercato abbiano subito, nell'ultimo trimestre, un incremento medio del costo delle forniture di energia elettrica che oscilla tra il +65 per cento e fino ad oltre il 70 per cento. Nel confronto con l'anno scorso (novembre 2021) il costo della bolletta elettrica ha raggiunto talvolta incrementi anche maggiori del 200 per cento;
escludere dalla sterilizzazione degli oneri di sistema (che, giova rammentare, pesano per quasi il 25 per cento sulla bolletta elettrica) le utenze con potenza disponibile superiore ai 16,5 kW significa sacrificare gran parte del settore economico e produttivo del nostro Paese, sottoponendo al rischio di chiusura centinaia di migliaia di imprese,
impegna il Governo
ad intervenire con il primo provvedimento utile ad estendere la sterilizzazione degli oneri generali di sistema nel settore elettrico, per il primo trimestre 2023, anche a tutte le utenze con potenza disponibile superiore ai 16,5 kW.
9/730/15. De Micheli.
La Camera,
premesso che:
per limitare l'impatto in bolletta degli straordinari rialzi dei prezzi dei prodotti energetici all'ingrosso, si sono susseguiti diversi provvedimenti che hanno «tagliato», di trimestre in trimestre, per tutto il 2022, gli oneri generali di sistema in bolletta per l'energia elettrica per tutte le utenze elettriche (domestiche e non domestiche);
in particolare, il decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17, ha disposto che l'ARERA proceda all'annullamento degli oneri generali di sistema per tutti gli utenti finali per il secondo trimestre del 2022 (aprile – giugno), in continuità con quanto precedentemente disposto dal decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, e dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234, con riferimento agli oneri di sistema per il primo trimestre 2022 (gennaio – marzo);
successivamente, i decreti-legge 30 giugno 2022, n. 80, e 9 agosto 2022, n. 115, hanno esonerato tutti gli utenti finali (a prescindere dalla potenza disponibile) dal pagamento degli oneri generali di sistema anche per il terzo e quarto trimestre 2022 (agosto – dicembre);
l'articolo 3 della legge di bilancio 2023 ha esteso questo beneficio anche al primo trimestre 2023 ma, a differenza degli interventi legislativi sopra elencati, ne limita il perimetro soggettivo di applicazione alle sole utenze con potenza disponibile fino a 16,5 kW. Tale limitazione appare ingiustificata se si pensa che i rincari senza precedenti dei valori delle materie prime energetiche e, di conseguenza, dei prezzi al dettaglio dell'energia elettrica hanno colpito indistintamente tutte le imprese, a prescindere dalla potenza impegnata;
alcune rilevazioni mostrano come tutte le categorie di imprese riferibili ai settori del terziario di mercato abbiano subito, nell'ultimo trimestre, un incremento medio del costo delle forniture di energia elettrica che oscilla tra il +65 per cento e fino ad oltre il 70 per cento. Nel confronto con l'anno scorso (novembre 2021) il costo della bolletta elettrica ha raggiunto talvolta incrementi anche maggiori del 200 per cento;
escludere dalla sterilizzazione degli oneri di sistema (che, giova rammentare, pesano per quasi il 25 per cento sulla bolletta elettrica) le utenze con potenza disponibile superiore ai 16,5 kW significa sacrificare gran parte del settore economico e produttivo del nostro Paese, sottoponendo al rischio di chiusura centinaia di migliaia di imprese,
impegna il Governo
ad intervenire ad estendere la sterilizzazione degli oneri generali di sistema nel settore elettrico, per il primo trimestre 2023, anche a tutte le utenze con potenza disponibile superiore ai 16,5 kW.
9/730/15. (Testo modificato nel corso della seduta)De Micheli.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
gli interventi messi in campo dal Governo non favoriranno la ripresa e, anzi, rischiano di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
segnali di grande preoccupazione sono stati lanciati da diversi sindaci sulla sostenibilità economica del trasporto pubblico locale a causa dell'incremento dei prezzi del carburante e delle minori entrate dalla vendita dei biglietti a cui non ha corrisposto un adeguato incremento del relativo Fondo nazionale per il Tpl;
le grandi città sono in enorme difficoltà e non riescono più a scongiurare gli incrementi del costo del biglietto per gli utenti e a garantire la stabilità delle stesse aziende municipalizzate di Tpl che potrebbero non essere nelle condizioni di raggiungere l'equilibrio economico finanziario;
le risorse necessarie, per far fronte al caro energia, ai minori ricavi da ticket e agli adeguamenti contrattuali del personale ammonterebbero a circa 1 miliardo di euro, al netto delle risorse già stanziate negli anni precedenti e nella legge di bilancio 2023, pari a 100 milioni per il 2023 e 250 milioni per il 2024 e che risultano, quindi, del tutto insufficienti;
a livello generale si rileva l'assenza di una prospettiva di sviluppo per il trasporto pubblico locale sia rispetto alla riconversione ecologica che alla digitalizzazione dei servizi; ne consegue che tutto l'onere di un così importante servizio viene posto sulle spalle degli enti locali che però non hanno i mezzi economici per farvi fronte senza ricadute negative sulle famiglie, con l'aumento dei biglietti, già vessate dalle spinte inflazionistiche del periodo,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative urgenti al fine di incrementare il finanziamento del Fondo Nazionale del TPL per evitare un ulteriore aggravio per le famiglie italiane derivante dal rincaro del costo dei biglietti, contenere l'esposizione finanziaria delle aziende del Tpl ed evitare ricadute sui bilanci dei comuni;
ad adottare una strategia di sviluppo per la riconversione ecologica del Tpl e per la digitalizzazione dei servizi (MAAS).
9/730/16. Ghio, Barbagallo, Bakkali, Casu, Morassut.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto ai caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare, dal momento che, come ha ricordato il presidente dell'Istat, i carburanti hanno sull'inflazione un effetto «diretto» e uno «indiretto» dovuto ai trasporti e all'intermediazione, se il loro prezzo non dovesse diminuire, la stima sull'inflazione per il 2023 potrebbe essere superata al rialzo con effetti soprattutto sulle famiglie meno abbienti che già nel 2022 hanno dovuto spendere cento euro in più per acquistare pane, pasta e farina oltre a far fronte agli eccezionali rincari delle bollette,
impegna il Governo
a intervenire con urgenza per ripristinare la riduzione delle aliquote di accisa applicabili ai carburanti.
9/730/17. Serracchiani.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo, nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare, il Governo non ha provveduto a prorogare il bonus trasporti istituito dal Governo Draghi per l'erogazione di un contributo in caso di acquisto, entro dicembre 2022, di un abbonamento, annuale, mensile o relativo a più mensilità, ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale o ai servizi di trasporto ferroviario nazionale,
impegna il Governo
a prorogare al 2023 il bonus trasporti di cui all'articolo 35 del decreto-legge n. 50 del 2022, al fine di fornire un sostegno concreto a tutti i cittadini che utilizzano il trasporto pubblico, su gomma e su ferro.
9/730/18. Orlando, Barbagallo, Bakkali, Casu, Ghio, Morassut.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
in particolare, il Governo non ha provveduto a prorogare il bonus trasporti istituito dal Governo Draghi per l'erogazione di un contributo in caso di acquisto, entro dicembre 2022, di un abbonamento, annuale, mensile o relativo a più mensilità, ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale o ai servizi di trasporto ferroviario nazionale,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prorogare al 2023 il bonus trasporti di cui all'articolo 35 del decreto-legge n. 50 del 2022, al fine di fornire un sostegno concreto a tutti i cittadini che utilizzano il trasporto pubblico, su gomma e su ferro.
9/730/18. (Testo modificato nel corso della seduta)Orlando, Barbagallo, Bakkali, Casu, Ghio, Morassut.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
su quest'ultimo argomento, in particolare, l'articolo 3-bis, comma 1, incrementa di 150 milioni di euro per l'anno 2022 l'importo del contributo straordinario autorizzato dal decreto-legge n. 17 del 2022 per garantire la continuità dei servizi erogati dagli enti locali, in relazione alla maggiore spesa per utenze di energia elettrica e gas derivante dalla crisi energetica da destinare a comuni, città metropolitane, delle province;
rispetto a questo intervento, a fronte di un fabbisogno annuale stimato in circa 1.600 milioni di euro, appaiono del tutto insufficienti i 400 milioni di euro (350 milioni per i comuni e 50 milioni per città metropolitane e province) stanziati dall'articolo 8 della legge di bilancio per le medesime finalità;
la crescita dei costi energetici costituisce, infatti, anche per il 2023 la più importante criticità per la tenuta degli equilibri di bilancio degli enti locali sia per gli effetti diretti sull'aumento della spesa corrente, sia per quelli indiretti sulla crescita del costo dei servizi erogati e sulla programmazione e realizzazione degli investimenti, molti dei quali legati all'attuazione del PNRR,
impegna il Governo
a destinare, nel prossimo provvedimento utile, non meno di 1200 milioni di euro agli enti locali per fronteggiare le maggiori spese derivanti dagli aumenti dei prezzi di gas ed energia.
9/730/19. Merola.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR;
non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno;
non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare, con i decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sono stati disposti gli aumenti dei pedaggi sulle tratte di competenza di Autostrade per l'Italia (Aspi), a cui fa capo circa il 50 per cento della rete nazionale a pedaggio (3 mila chilometri su 6 mila), da domenica 1° gennaio 2023 sono aumentati del 2 per cento;
è previsto un ulteriore rincaro dell'1,34 per cento dal prossimo 1° luglio, per un incremento complessivo nell'anno del 3,34 per cento;
per quanto riguarda le tratte gestite dal gruppo Gavio il Governo ha autorizzato i seguenti rincari: Autovia Padana Piacenza-Brescia +9,16 per cento, comprensivo degli investimenti eseguiti sulla base del Pef e già approvati e tenuto conto del tasso di inflazione programmata per il 2023;
autostrade A4 Torino-Milano e A33 Asti-Cuneo +4,30 per cento pari al tasso di inflazione programmata dal Governo per il 2023;
Tangenziale est esterna di Milano (Teem) +4,34 per cento, anche se con la previsione di una proroga degli sconti e arrotondamenti,
impegna il Governo
a rivedere la decisione riguardante l'autorizzazione ai rincari dei pedaggi autostradali nelle tratte citate in premessa.
9/730/20. Guerra.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR;
non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno;
non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare, con i decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sono stati disposti gli aumenti dei pedaggi sulle tratte di competenza di Autostrade per l'Italia (Aspi), a cui fa capo circa il 50 per cento della rete nazionale a pedaggio (3 mila chilometri su 6 mila), da domenica 1° gennaio 2023 sono aumentati del 2 per cento;
è previsto un ulteriore rincaro dell'1,34 per cento dal prossimo 1° luglio, per un incremento complessivo nell'anno del 3,34 per cento;
per quanto riguarda le tratte gestite dal gruppo Gavio il Governo ha autorizzato i seguenti rincari: Autovia Padana Piacenza-Brescia +9,16 per cento, comprensivo degli investimenti eseguiti sulla base del Pef e già approvati e tenuto conto del tasso di inflazione programmata per il 2023;
autostrade A4 Torino-Milano e A33 Asti-Cuneo +4,30 per cento pari al tasso di inflazione programmata dal Governo per il 2023;
Tangenziale est esterna di Milano (Teem) +4,34 per cento, anche se con la previsione di una proroga degli sconti e arrotondamenti,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di istituire un Tavolo per la regolazione dei pedaggi autostradali, anche ai fini del contenimento delle tariffe.
9/730/20. (Testo modificato nel corso della seduta)Guerra.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 14-quinquies del provvedimento istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'interno un fondo per investimenti di rigenerazione urbana a favore dei comuni con popolazione inferiore a 15 mila abitanti, con una dotazione complessiva per il biennio 2025-2026 pari a 235 milioni di euro e demanda ad un decreto ministeriale il compito di individuare i criteri di riparto del fondo e le modalità di utilizzo delle risorse;
in particolare, il comma 2 demanda ad un decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato città ed autonomie locali, da adottare entro la data del 30 giugno 2023: l'individuazione dei criteri di riparto, assicurando in ogni caso l'attribuzione delle risorse in proporzione al fabbisogno espresso da ciascuna regione, anche tenendo conto delle risorse assegnate ai sensi dell'articolo 1, comma 534 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022);
i commi 534-542 dell'articolo unico della legge di bilancio per il 2022, assegnavano ai comuni di piccole dimensioni contributi per investimenti nel limite complessivo di 300 milioni di euro per l'anno 2022 al fine di favorire gli investimenti in progetti di rigenerazione urbana volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale;
precedentemente, il comma 44 dell'articolo unico della legge di bilancio 2020 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno un fondo per investimenti a favore dei comuni, con una dotazione di 400 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034 per il rilancio degli investimenti per lo sviluppo sostenibile e infrastrutturale del Paese, in particolare nei settori di spesa dell'edilizia pubblica, inclusi manutenzione e sicurezza ed efficientamento energetico, della manutenzione della rete viaria, del dissesto idrogeologico, della prevenzione del rischio sismico e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali;
il tema della rigenerazione urbana è stato più volte affrontato e con diversi interventi, sarebbe opportuno, quindi, stanziare ulteriori risorse anche nel 2023 e nel 2024 per dare continuità a questo intervento di politica pubblica,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a stanziare ulteriori fondi da destinare ai progetti di rigenerazione urbana anche per il biennio 2023 e 2024.
9/730/21. Roggiani.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR;
non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno;
non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare, in relazione alle tariffe di pedaggio delle autostrade A24 e A25, il Parlamento, nella precedente legislatura è stato impegnato per individuare una soluzione per scongiurare gli incrementi tariffari;
grazie anche all'attività parlamentare del PD, con più disposizioni di legge nella scorsa legislatura sono già stati sospesi gli adeguamenti maturati secondo le previsioni convenzionali con la società Strada dei Parchi. Occorre tuttavia continuare non solo a scongiurare incrementi, ma ridurle fino ad azzeramento per i pendolari;
un altro obiettivo che occorre perseguire è quello della riduzione e progressivo azzeramento del pedaggio applicato nella tratta ricompresa nella fascia urbana del comune di Roma e del comune dell'Aquila;
si ricorda infatti che per quanto riguarda la tratta urbana di Roma, ogni giorno, oltre 260 mila romani, per uscire o rientrare nel proprio quartiere di residenza a Roma Est, sono costretti a pagare un pedaggio autostradale con una tariffa arrivata ad oggi a 1,30 centesimi, per una spesa totale annua di quasi 800 euro;
stesso discorso si applica ai pedaggi applicati nelle tratte urbane a L'Aquila est/L'Aquila. Si tratta, anche in questo caso, di un onere ingiusto che, ove eliminato, porterebbe un grande vantaggio ai cittadini e alleggerirebbe il carico sul traffico urbano tra est ed ovest della città e nei collegamenti con le frazioni,
impegna il Governo:
ad individuare soluzioni tecniche e finanziarie adeguate per ridurre, fino all'azzeramento, le tariffe di pedaggio delle autostrade A24 e A25 per i pendolari;
ad individuare soluzioni tecniche e finanziarie adeguate per azzerare le tariffe di pedaggio delle autostrade A24 e A25 per la tratta urbana L'Aquila est/ovest e nella tratta ricompresa nella fascia urbana del comune di Roma, con particolare riferimento alla eliminazione delle barriere dei caselli di Guidonia-Settecamini e Lunghezza.
9/730/22. Morassut, D'Alfonso.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR;
non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno;
non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare, in relazione alle tariffe di pedaggio delle autostrade A24 e A25, il Parlamento, nella precedente legislatura è stato impegnato per individuare una soluzione per scongiurare gli incrementi tariffari;
grazie anche all'attività parlamentare del PD, con più disposizioni di legge nella scorsa legislatura sono già stati sospesi gli adeguamenti maturati secondo le previsioni convenzionali con la società Strada dei Parchi. Occorre tuttavia continuare non solo a scongiurare incrementi, ma ridurle fino ad azzeramento per i pendolari;
un altro obiettivo che occorre perseguire è quello della riduzione e progressivo azzeramento del pedaggio applicato nella tratta ricompresa nella fascia urbana del comune di Roma e del comune dell'Aquila;
si ricorda infatti che per quanto riguarda la tratta urbana di Roma, ogni giorno, oltre 260 mila romani, per uscire o rientrare nel proprio quartiere di residenza a Roma Est, sono costretti a pagare un pedaggio autostradale con una tariffa arrivata ad oggi a 1,30 centesimi, per una spesa totale annua di quasi 800 euro;
stesso discorso si applica ai pedaggi applicati nelle tratte urbane a L'Aquila est/L'Aquila. Si tratta, anche in questo caso, di un onere ingiusto che, ove eliminato, porterebbe un grande vantaggio ai cittadini e alleggerirebbe il carico sul traffico urbano tra est ed ovest della città e nei collegamenti con le frazioni,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di individuare soluzioni tecniche e finanziarie adeguate per ridurre, fino all'azzeramento, le tariffe di pedaggio delle autostrade A24 e A25 per i pendolari;
a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di individuare soluzioni tecniche e finanziarie adeguate per azzerare le tariffe di pedaggio delle autostrade A24 e A25 per la tratta urbana L'Aquila est/ovest e nella tratta ricompresa nella fascia urbana del comune di Roma, con particolare riferimento alla eliminazione delle barriere dei caselli di Guidonia-Settecamini e Lunghezza.
9/730/22. (Testo modificato nel corso della seduta)Morassut, D'Alfonso.
La Camera,
premesso che:
il decreto in esame è finalizzato a promuovere l'incremento degli approvvigionamenti di gas a causa della crisi energetica in atto. La normativa vigente, rappresentata dal Testo Unico Ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006), ha fissato, quale limite per gli sfruttamenti dei depositi di energia fossile, la distanza dalla costa di almeno 12 miglia nautiche. L'origine di detto limite deriva dalla necessità di salvaguardare l'area costiera da fenomeni di subsidenza e da contaminazioni degli ecosistemi e specie marine che caratterizzano le coste italiane e il Mediterraneo;
si premette che il Mar Ionio e Adriatico hanno un ruolo cruciale nel funzionamento dell'intero Mediterraneo orientale. I due mari comunicano attraverso il canale di Otranto. Il regime di correnti generato dal raffreddamento del Nord Adriatico convoglia acque superficiali nelle profondità dello Ionio, vivificandole. Di converso, il vortice che si crea nello Ionio, oscillando dal senso orario al senso antiorario, regola l'afflusso di acque Ioniche nell'Adriatico. I due sistemi (Nord Adriatico e vortice bimodale nello Ionio) regolano i regimi correntizi di tutto il Mediterraneo Orientale, acquisendo una importanza che va ben oltre la loro valenza geografica. In tale area soggiornano stanzialmente rilevanti popolazioni di cetacei che usano questo tratto di mare come area di foraggiamento. Si tratta di un mare molto pescoso, proprio per le caratteristiche ecologiche che lo rendono particolarmente produttivo;
inoltre, un importante fattore di rischio ambientale, specie nelle aree costiere intensamente urbanizzate, è la subsidenza. Un irreversibile abbassamento del terreno, generalmente causato da fattori geologici e negli ultimi decenni localmente aggravato dall'azione dell'uomo per tramite di estrazione di fluidi dal sottosuolo o bonifiche idrauliche, potrebbe determinare la compromissione di opere e attività umane a livello locale. Pertanto, le attività di ricerca e coltivazione di giacimenti di idrocarburi rappresentano nel loro complesso un potenziale rischio per l'intero ecosistema marino del mediterraneo tali da richiedere un'attenta valutazione prima di avviare nuove procedure autorizzative;
peraltro, come riportato nel PITESAI (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee) vigente, in considerazione degli obiettivi di decarbonizzazione al 2050, dell'obiettivo d'ampliare almeno al 30 per cento della superficie a mare la rete delle aree marine protette (e almeno al 10 per cento quelle protette in modo rigoroso) stabilito dalla nuova Strategia Europea sulla Biodiversità per il 2030 e dei traguardi ambientali previsti dalla direttiva quadro 2008/56/CE sulla strategia per l'ambiente marino, non appare attuabile, come condiviso anche dalle risultanze della consultazione in sede di valutazione ambientale strategica, lo scenario di apertura di nuove zone minerarie marine oltre le attuali;
considerato che, qualora si partisse oggi con il ciclo di prospezioni preliminari, il rilascio di nuovi permessi di ricerca a seguito di valutazione di impatto ambientale, la perforazione di pozzi esplorativi, gli eventuali ritrovamenti di idrocarburi, il rilascio di concessioni di coltivazione a seguito di ulteriore VIA, l'installazione di piattaforme in mare, si giungerebbe alla eventuale messa in produzione di giacimenti con orizzonti di entrata in coltivazione ben oltre il 2030, con durata eccedente il 2050, durata che non sarebbe coerente rispetto agli obiettivi di decarbonizzazione sopra citati;
a tal fine, si rileva che gli impianti eolici offshore galleggianti sono oggetto di un rilevante sviluppo tecnologico che consente ad oggi di traguardare importanti livelli di efficienza e produttività;
ne deriva la forte crescita di istanze di concessione di aree marittime al largo delle coste finalizzate all'installazione di dette tipologie di infrastrutture energetiche, istanze di concessione che, in sovrapposizione a permessi di ricerca ed eventuale concessione di coltivazione degli idrocarburi, generano problematiche di conflitto d'uso delle aree marittime;
nel caso specifico dello spazio marittimo antistante la costa adriatica della Puglia e, in particolare, di quello brindisino, si evidenzia una netta sovrapposizione tra l'area interessata dal permesso di ricerca di idrocarburi (F.R 40.NP) e alcune istanze di concessione di aree marittime finalizzate all'istallazione di impianti eolici off shore galleggianti,
impegna il Governo
a monitorare gli effetti applicativi delle norme richiamate in premessa anche in termini di efficacia temporale delle stesse in relazione alle dichiarate finalità, al fine di limitare l'applicazione delle misure per fronteggiare l'emergenza caro energia attraverso il rafforzamento della sicurezza di approvvigionamento di gas naturale a prezzi equi di cui all'articolo 16 del decreto-legge n. 17 del 2022 esclusivamente alle procedure per l'approvvigionamento di lungo termine di gas naturale di produzione nazionale dai titolari di concessioni di coltivazione di gas in essere o anche sospese, purché coerenti con il PITESAI e conformi al divieto previsto dall'articolo 4, legge n. 9 del 1991 (divieto di prospezione, ricerca e la coltivazione di idrocarburi nelle acque del Golfo di Napoli, del Golfo di Salerno e delle Isole Egadi, nonché nelle acque del Golfo di Venezia, nel tratto di mare compreso tra il parallelo passante per la foce del fiume Tagliamento e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po) e al divieto di cui all'articolo 6, comma 17, decreto legislativo n. 152 del 2006 (aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale e zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette).
9/730/23. Stefanazzi, Braga, Simiani, Ferrari.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame contiene alcune disposizioni inerenti la disciplina dell'imposta municipale propria (IMU) in particolare l'articolo 12, ai commi 1 e 2 tratta le esenzioni in materia di imposte – IMU settore dello spettacolo;
vi sarebbe tuttavia un ulteriore ambito di intervento in materia di IMU e riguarda il differente trattamento fiscale dei cittadini iscritti all'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero (AIRE) che costituisce una ingiustizia da sanare al più presto;
oggi, molti cittadini italiani e cittadine italiane residenti all'estero hanno conservato un'abitazione di proprietà in Italia anche come simbolo di attaccamento e affetto verso le proprie origini. Il tema connesso al regime fiscale applicabile a tali abitazioni è quindi di particolare rilevanza tra la comunità italiana che vive fuori dai confini nazionali; in particolare, tali connazionali chiedono che venga finalmente superata la perdurante disparità di trattamento fiscale che subiscono rispetto ai residenti in Italia arrivando, il prima possibile, ad una equiparazione del regime fiscale per immobili posseduti da cittadini italiani iscritti all'AIRE con il regime fiscale applicato agli immobili posseduti da chi risiede sul territorio nazionale, secondo il principio di cittadinanza, e quindi dell'iscrizione all'AIRE, che prevede, di fatto, un doppio indirizzo di residenza: estero ed italiano;
la Corte costituzionale, con la sentenza n. 209, depositata il 13 ottobre 2022, ha cambiato le regole per l'esenzione IMU per l'abitazione principale, stabilendo che, ai fini dell'esenzione per «abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente», dando, quindi, rilievo alla effettiva sussistenza della dimora ed esentando dal pagamento dell'IMU i coniugi che, per vari motivi, hanno fissato la residenza e la dimora in due luoghi diversi, così come già avviene per i conviventi di fatto; Viene quindi abrogato l'articolo 5-decies del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, che ha modificato l'articolo 1, comma 741, lettera, b) della legge 27 dicembre 2019, n. 160;
la legislazione in materia di fiscalità immobiliare per i cittadini iscritti all'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero (AIRE) ha subito cambiamenti nel corso degli ultimi anni; con la legge di bilancio 2020 (legge 27 dicembre 2019, n. 160), vi è stata una riformulazione della normativa fiscale sugli immobili in cui veniva eliminata la possibilità, prevista invece nel 2015, per i pensionati italiani residenti all'estero di assimilare un immobile ad abitazione principale; successivamente, l'articolo 1, comma 48 della legge di bilancio 2021 (30 dicembre 2020, n. 178) è tornato a modificare la riduzione IMU spettante per i pensionati esteri, prevedendo, a partire dall'anno 2021, per i pensionati non residenti nel territorio dello Stato proprietari immobili, non locati o dati in comodato d'uso, l'applicazione dell'IMU ridotta alla metà di quanto dovuto; l'articolo 1, comma 743, della legge di bilancio 2022 (legge 30 dicembre 2021, n. 234) ha previsto poi limitatamente al 2022 che la riduzione fosse al 37,5 per cento;
molti cittadini italiani residenti all'estero sono oggi soggetti ad un trattamento discriminatorio in quanto sottoposti ad una a doppia tassazione: da un lato, l'IMU applicabile sulla seconda casa, e dall'altro la tassazione richiesta dal Paese in cui hanno la residenza fiscale, come ad esempio nel caso della Svizzera, in cui il cespite rientra nella dichiarazione dei redditi nonostante l'accordo sulla doppia imposizione fiscale;
l'equiparazione all'abitazione principale ai fini IMU degli immobili posseduti in Italia dai cittadini iscritti all'AIRE contribuirebbe a scongiurare l'abbandono definitivo dei piccoli comuni, oltre che a favorire il ritorno in Italia, nel periodo della pensione, permettendo anche l'ingresso sul territorio italiano di pensioni estere che costituiscono, secondo stime, una somma consistente superiore a 10 miliardi di euro annui,
impegna il Governo
a prevedere, nel prossimo provvedimento utile, le necessarie modifiche alla normativa vigente volte ad equiparare all'abitazione principale, ai fini IMU, gli immobili posseduti in Italia ove i cittadini e le cittadine iscritti AIRE hanno la residenza.
9/730/24. Toni Ricciardi, Ubaldo Pagano, Guerra, Lai, Porta, Carè, Di Sanzo, Merola, D'Alfonso, Stefanazzi, Vaccari, Onori.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame contiene alcune disposizioni inerenti la disciplina dell'imposta municipale propria (IMU) in particolare l'articolo 12, ai commi 1 e 2 tratta le esenzioni in materia di imposte – IMU settore dello spettacolo;
vi sarebbe tuttavia un ulteriore ambito di intervento in materia di IMU e riguarda il differente trattamento fiscale dei cittadini iscritti all'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero (AIRE) che costituisce una ingiustizia da sanare al più presto;
oggi, molti cittadini italiani e cittadine italiane residenti all'estero hanno conservato un'abitazione di proprietà in Italia anche come simbolo di attaccamento e affetto verso le proprie origini. Il tema connesso al regime fiscale applicabile a tali abitazioni è quindi di particolare rilevanza tra la comunità italiana che vive fuori dai confini nazionali; in particolare, tali connazionali chiedono che venga finalmente superata la perdurante disparità di trattamento fiscale che subiscono rispetto ai residenti in Italia arrivando, il prima possibile, ad una equiparazione del regime fiscale per immobili posseduti da cittadini italiani iscritti all'AIRE con il regime fiscale applicato agli immobili posseduti da chi risiede sul territorio nazionale, secondo il principio di cittadinanza, e quindi dell'iscrizione all'AIRE, che prevede, di fatto, un doppio indirizzo di residenza: estero ed italiano;
la Corte costituzionale, con la sentenza n. 209, depositata il 13 ottobre 2022, ha cambiato le regole per l'esenzione IMU per l'abitazione principale, stabilendo che, ai fini dell'esenzione per «abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente», dando, quindi, rilievo alla effettiva sussistenza della dimora ed esentando dal pagamento dell'IMU i coniugi che, per vari motivi, hanno fissato la residenza e la dimora in due luoghi diversi, così come già avviene per i conviventi di fatto; Viene quindi abrogato l'articolo 5-decies del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, che ha modificato l'articolo 1, comma 741, lettera, b) della legge 27 dicembre 2019, n. 160;
la legislazione in materia di fiscalità immobiliare per i cittadini iscritti all'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero (AIRE) ha subito cambiamenti nel corso degli ultimi anni; con la legge di bilancio 2020 (legge 27 dicembre 2019, n. 160), vi è stata una riformulazione della normativa fiscale sugli immobili in cui veniva eliminata la possibilità, prevista invece nel 2015, per i pensionati italiani residenti all'estero di assimilare un immobile ad abitazione principale; successivamente, l'articolo 1, comma 48 della legge di bilancio 2021 (30 dicembre 2020, n. 178) è tornato a modificare la riduzione IMU spettante per i pensionati esteri, prevedendo, a partire dall'anno 2021, per i pensionati non residenti nel territorio dello Stato proprietari immobili, non locati o dati in comodato d'uso, l'applicazione dell'IMU ridotta alla metà di quanto dovuto; l'articolo 1, comma 743, della legge di bilancio 2022 (legge 30 dicembre 2021, n. 234) ha previsto poi limitatamente al 2022 che la riduzione fosse al 37,5 per cento;
molti cittadini italiani residenti all'estero sono oggi soggetti ad un trattamento discriminatorio in quanto sottoposti ad una a doppia tassazione: da un lato, l'IMU applicabile sulla seconda casa, e dall'altro la tassazione richiesta dal Paese in cui hanno la residenza fiscale, come ad esempio nel caso della Svizzera, in cui il cespite rientra nella dichiarazione dei redditi nonostante l'accordo sulla doppia imposizione fiscale;
l'equiparazione all'abitazione principale ai fini IMU degli immobili posseduti in Italia dai cittadini iscritti all'AIRE contribuirebbe a scongiurare l'abbandono definitivo dei piccoli comuni, oltre che a favorire il ritorno in Italia, nel periodo della pensione, permettendo anche l'ingresso sul territorio italiano di pensioni estere che costituiscono, secondo stime, una somma consistente superiore a 10 miliardi di euro annui,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere le necessarie modifiche alla normativa vigente volte ad equiparare all'abitazione principale, ai fini IMU, gli immobili posseduti in Italia ove i cittadini e le cittadine iscritti AIRE hanno la residenza.
9/730/24. (Testo modificato nel corso della seduta)Toni Ricciardi, Ubaldo Pagano, Guerra, Lai, Porta, Carè, Di Sanzo, Merola, D'Alfonso, Stefanazzi, Vaccari, Onori.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 9 del presente provvedimento reca misure in materia di Superbonus introdotto dall'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 (decreto rilancio);
in particolare, la norma, il comma 1, lettera a), numero 1), diminuisce la detrazione portandola al 90 per cento per le spese sostenute nell'anno 2023, indicando conseguentemente nel termine del 31 dicembre 2022 (rispetto al previgente termine del 31 dicembre 2023) il limite per avvalersi dell'agevolazione nella misura del 110 per cento;
la norma, tuttavia, proroga al 31 marzo 2023 il termine previsto per l'utilizzo della detrazione del 110 per cento per le spese sostenute da persone fisiche sugli edifici unifamiliari e riconosce, l'agevolazione con aliquota nella misura del 110 per cento fino al 2025 ai soggetti del terzo settore che esercitano servizi socio-sanitari e assistenziali;
dalla deroga al taglio dell'aliquota di detrazione sono rimasti inspiegabilmente esclusi gli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati, nonché dagli enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di in house providing per interventi realizzati su immobili, di loro proprietà ovvero gestiti per conto dei comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica;
il cambiamento legislativo con così poco preavviso delle condizioni normative di riferimento mettere in seria difficoltà sia i nuovi cantieri in fase di progettazione, sia i vecchi in corso di esecuzione, ivi compresi i progetti relativi alla realizzazione di interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) in quanto anche diversi programmi da realizzare con fondi del PNRR prevedono una quota di cofinanziamento mediante il Superbonus,
impegna il Governo
ad applicare la detrazione nella misura piena del 110 per cento anche alle spese sostenute entro il 31 dicembre 2025 dagli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati, nonché dagli enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di in house providing per interventi realizzati su immobili, di loro proprietà ovvero gestiti per conto dei comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica.
9/730/25. Ubaldo Pagano, Merola, Stefanazzi, Simiani, Carmina.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 9 del presente provvedimento reca misure in materia di Superbonus introdotto dall'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 (decreto rilancio);
in particolare, la norma, il comma 1, lettera a), numero 1), diminuisce la detrazione portandola al 90 per cento per le spese sostenute nell'anno 2023, indicando conseguentemente nel termine del 31 dicembre 2022 (rispetto al previgente termine del 31 dicembre 2023) il limite per avvalersi dell'agevolazione nella misura del 110 per cento;
la norma, tuttavia, proroga al 31 marzo 2023 il termine previsto per l'utilizzo della detrazione del 110 per cento per le spese sostenute da persone fisiche sugli edifici unifamiliari e riconosce, l'agevolazione con aliquota nella misura del 110 per cento fino al 2025 ai soggetti del terzo settore che esercitano servizi socio-sanitari e assistenziali;
dalla deroga al taglio dell'aliquota di detrazione sono rimasti inspiegabilmente esclusi gli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati, nonché dagli enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di in house providing per interventi realizzati su immobili, di loro proprietà ovvero gestiti per conto dei comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prorogare per gli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati, nonché per gli enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di in house providing per interventi realizzati su immobili, di loro proprietà ovvero gestiti per conto dei comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica, le disposizioni in materia di Superbonus di cui all'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 77 del 17 luglio 2020, anche valutando la riduzione della detrazione.
9/730/25. (Testo modificato nel corso della seduta)Ubaldo Pagano, Merola, Stefanazzi, Simiani, Carmina.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro Paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR;
non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno;
non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare, per quanto riguarda le norme del Superbonus, le variazioni apportate dall'articolo 9 del decreto in esame appaiono mal coordinate nella parte relativa agli incentivi riconosciuti per gli interventi effettuati nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici;
il comma 8-ter dell'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 prevede che per gli interventi eseguiti nei comuni colpiti da eventi sismici verificatisi a far data dal 1° aprile 2009 dove sia stato dichiarato lo stato di emergenza, la misura della detrazione spetta al 110 per cento per tutti gli interventi eseguiti entro il 31 dicembre 2025;
l'introduzione di tale disposizione, avvenuta per effetto dell'articolo 1, comma 28, lettera f) della legge 30 dicembre 2021 n. 234, in principio, faceva riferimento all'allora vigente comma 8-bis, quando per gli interventi su unità immobiliari delle persone fisiche di cui al comma 9, lettera b) – cosiddetti unifamiliari – non erano previsti i requisiti inseriti dall'articolo 9, comma 1, n. 3) del decreto in esame, in base ai quali la detrazione è possibile «a condizione che il contribuente sia titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull'unità immobiliare, che la stessa unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale e che il contribuente abbia un reddito di riferimento, determinato dal comma 8-bis.1, non superiore a 15.000 euro»;
pertanto, viste le modifiche intervenute, ad oggi il comma 8-ter, richiamando l'attuale testo del comma 8-bis, potrebbe ingenerare l'equivoco che la limitazione riferita al reddito operi anche per gli interventi effettuati sugli immobili situati nei territori del cratere sismico;
questo appare in netto contrasto con lo spirito della norma che ha inteso creare un regime speciale per gli interventi sugli edifici colpiti dal sisma e potrebbe pregiudicare la ricostruzione e la rivitalizzazione di questi territori, tenendo conto che, in particolare nelle zone più interne, la fattispecie dell'edificio appartenente a un solo proprietario è largamente diffusa;
pertanto, limitare l'accesso alla detrazione prevista dall'articolo 119 avrebbe effetti pregiudizievoli sia sulla ricostruzione e sulla rivitalizzazione delle aree interne dove molti edifici unifamiliari non verrebbero ristrutturati, sia in termini di disparità di trattamento tra le persone che hanno subito danni nei territori del cratere, discriminando soggetti che hanno patito gli «stessi» danni e che si trovano nella condizione molto diffusa nei territori del sisma di vivere in edifici unifamiliari,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di escludere espressamente, anche con iniziative di carattere normativo, per gli interventi avviati a partire dal 1° gennaio 2023 sulle cosiddette unifamiliari nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici l'applicazione dei criteri di accesso alla detrazione previsti dal terzo periodo del comma 8-bis, dell'articolo 119 del decreto 34 del 2020, come modificato dal decreto in esame, e a prevedere, in ogni caso, che la detrazione spetta anche in assenza delle condizioni previste dal medesimo comma 8-bis.
9/730/26. Curti.
La Camera,
premesso che:
la vigente norma sugli «extraprofitti» derivanti da energia rinnovabile (articolo 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4) prevede la restituzione, per un totale di circa 1.200 comuni di varie dimensioni, soggetti pubblici vari come ad esempio le Asl, e con casistiche molto articolate di regime tariffari e potenza di impianto/tipologia di fonte, dei maggiori ricavi generati da impianti rinnovabili di proprietà degli enti locali;
l'applicazione di tale meccanismo di compensazione a due vie sul prezzo dell'energia ha importanti ripercussioni sul bilancio dei comuni, già duramente provati dal caro energia, e rischia di generare, in molti casi, il default dell'ente;
si ritiene inoltre errato applicare tale norma e, nello specifico, il concetto di «extraprofitti» a soggetti pubblici, e in particolare agli enti locali, dal momento che i proventi derivanti dalla vendita di energia sono utilizzati esclusivamente per la collettività, nell'interesse pubblico e l'erogazione di servizi pubblici essenziali;
considerato che l'applicazione del meccanismo di compensazione previsto dall'articolo 15-bis, comma 1, del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25, è stato prorogato al 30 giugno 2023 dall'articolo 11, comma 1, del decreto-legge n. 115 del 9 agosto 2022, cosiddetto «Aiuti bis»,
impegna il Governo
a prevedere la non applicazione del meccanismo di compensazione previsto dall'articolo 15-bis, comma 1, del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25 alle pubbliche amministrazioni centrali e locali, enti territoriali, enti pubblici economici e soggetti partecipati al 100 per cento da amministrazioni ed enti pubblici e a predisporre meccanismi di restituzione delle somme già versate in attuazione del citato articolo 15-bis dai medesimi soggetti pubblici.
9/730/27. Braga.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro Paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare, per quanto riguarda il settore dell'istruzione non risultano interventi volti ad assicurare il diritto all'istruzione per tutte le bambine e i bambini attraverso la promozione del Sistema integrato di educazione dalla nascita sino a sei anni,
impegna il Governo
a reperire risorse adeguate ad assicurare il diritto all'istruzione per tutte le bambine e i bambini attraverso la promozione del Sistema integrato di educazione dalla nascita sino a sei anni, elemento fondamentale per colmare il divario tra nord e sud e sostenere le famiglie con azioni concrete.
9/730/28. Lai.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro Paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
su quest'ultimo argomento, in particolare, l'articolo 3-bis, comma 1, incrementa di 150 milioni di euro per l'anno 2022 l'importo del contributo straordinario autorizzato dal decreto-legge n. 17 del 2022 per garantire la continuità dei servizi erogati dagli enti locali, in relazione alla maggiore spesa per utenze di energia elettrica e gas derivante dalla crisi energetica da destinare a comuni, città metropolitane, delle province;
è chiaro che la crescita dei costi energetici costituisca, anche per il 2023, la più importante criticità per la tenuta degli equilibri di bilancio degli enti locali sia per gli effetti diretti sull'aumento della spesa corrente, sia per quelli indiretti sulla crescita del costo del servizi erogati e sulla programmazione e realizzazione degli investimenti, molti dei quali legati all'attuazione del PNRR;
in relazione agli effetti indiretti, è necessario prevedere procedure che garantiscano in tempi brevi l'assunzione di personale qualificato da spendere per l'attuazione degli obiettivi del PNRR;
al fine di garantire il rispetto dei tempi previsti per l'attuazione del Recovery Plan e il supporto tecnico operativo necessario all'attuazione degli interventi finanziati con risorse del PNRR e del PNC, è necessario prevedere che gli enti locali possono adottare procedure semplificate e rapide di assegnazione di incarichi di responsabile unico del procedimento,
impegna il Governo
a prevedere la possibilità per gli enti locali di adottare procedure semplificate e rapide di assegnazione di incarichi di responsabile unico del procedimento, per garantire supporto tecnico-operativo necessario all'attuazione degli interventi finanziati con risorse del PNRR e del PNC e a consentire ai medesimi enti locali la possibilità di conferire incarichi a professionisti privati nel caso di interventi di particolare complessità in relazione all'opera da realizzare che richiedano necessariamente valutazioni e competenze altamente specialistiche, per lo svolgimento delle attività inerenti gli interventi finanziati con le risorse del PNRR e del PNC, ovvero per le attività di assistenza e di supporto tecnico-amministrativo al responsabile unico del procedimento e ai suoi uffici, ivi compresa l'alta sorveglianza sullo svolgimento degli interventi medesimi nella fase progettuale ed esecutiva.
9/730/29. D'Alfonso.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro Paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
su quest'ultimo argomento, in particolare, l'articolo 3-bis, comma 1, incrementa di 150 milioni di euro per l'anno 2022 l'importo del contributo straordinario autorizzato dal decreto-legge n. 17 del 2022 per garantire la continuità dei servizi erogati dagli enti locali, in relazione alla maggiore spesa per utenze di energia elettrica e gas derivante dalla crisi energetica da destinare a comuni, città metropolitane, delle province;
è chiaro che la crescita dei costi energetici costituisca, anche per il 2023, la più importante criticità per la tenuta degli equilibri di bilancio degli enti locali sia per gli effetti diretti sull'aumento della spesa corrente, sia per quelli indiretti sulla crescita del costo del servizi erogati e sulla programmazione e realizzazione degli investimenti, molti dei quali legati all'attuazione del PNRR;
in relazione agli effetti indiretti, è necessario prevedere procedure che garantiscano in tempi brevi l'assunzione di personale qualificato da spendere per l'attuazione degli obiettivi del PNRR;
al fine di garantire il rispetto dei tempi previsti per l'attuazione del Recovery Plan e il supporto tecnico operativo necessario all'attuazione degli interventi finanziati con risorse del PNRR e del PNC, è necessario prevedere che gli enti locali possono adottare procedure semplificate e rapide di assegnazione di incarichi di responsabile unico del procedimento,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere la possibilità per gli enti locali di adottare procedure semplificate e rapide di assegnazione di incarichi di responsabile unico del procedimento, per garantire supporto tecnico-operativo necessario all'attuazione degli interventi finanziati con risorse del PNRR e del PNC e a valutare l'opportunità di consentire ai medesimi enti locali la possibilità di conferire incarichi a professionisti privati nel caso di interventi di particolare complessità in relazione all'opera da realizzare che richiedano necessariamente valutazioni e competenze altamente specialistiche, per lo svolgimento delle attività inerenti gli interventi finanziati con le risorse del PNRR e del PNC, ovvero per le attività di assistenza e di supporto tecnico-amministrativo al responsabile unico del procedimento e ai suoi uffici, ivi compresa l'alta sorveglianza sullo svolgimento degli interventi medesimi nella fase progettuale ed esecutiva.
9/730/29. (Testo modificato nel corso della seduta)D'Alfonso.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione, approvato dal Senato in prima lettura lo scorso 21 dicembre 2022, (con numerose modificazioni rispetto al testo originario, a seguito dell'introduzione di importanti disposizioni, finalizzate a sostenere il tessuto economico e produttivo del Paese) prevede all'articolo 9 misure relative al cosiddetto Superbonus, che riducono la percentuale della detrazione riconosciuta nel 2023 per gli interventi rientranti nella disciplina del Superbonus, portandolo dal 110 al 90 per cento e modificando il comma 1, lettere a) e b) (rispettivamente in materia di contributo anticipato sotto forma di sconto dai fornitori dei beni o servizi (cosiddetto sconto in fattura) e di cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante) dell'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77;
al riguardo si ricorda come, il comma 1-bis del predetto articolo, prevede che: «L'opzione di cui al comma 1 può essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori», mentre il comma 1 stabilisce che «I soggetti che sostengono, negli anni 2020, 2021, 2022, 2023 e 2024 spese per gli interventi elencati al comma 2 possono optare», conseguentemente, la possibilità di esercitare l'opzione per ciascuno stato di avanzamento lavori (SAL) riguarda tutte le tipologie di interventi agevolati, di cui al successivo comma 2 del medesimo articolo 121;
soltanto con riguardo alle spese relative a interventi che possono beneficiare del Superbonus del 110 per cento, di cui all'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020, il comma 1-bis del citato articolo 121 aggiunge che, ai fini dell'opzione per la cessione della detrazione o lo sconto sul corrispettivo: gli stati di avanzamento dei lavori non possono essere più di 2 per ciascun intervento complessivo e che ciascun SAL deve riferirsi ad almeno il 30 per cento del medesimo intervento;
analizzando la suesposta norma, in maniera approfondita, sembrerebbe pertanto che l'esercizio delle opzioni di cui all'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020 sia sempre subordinato, oltre che al sostenimento delle spese, anche all'avvenuta esecuzione dei lavori cui le spese si riferiscono, con possibilità di riferire la loro avvenuta esecuzione non soltanto all'avvenuta ultimazione dei medesimi, ma anche all'avvenuta liquidazione di un SAL da parte del direttore dei lavori, fermo restando che, nel caso si intenda optare per la cessione/sconto in fattura della detrazione relativa agli interventi di recupero edilizio, riqualificazione energetica, riduzione del rischio sismico e rifacimento della facciata degli edifici in misure diverse dal 110 per cento (ad esempio 50 per cento per il recupero edilizio, 50 o 65 per cento per l'ecobonus e 90 per cento per il cosiddetto «bonus facciate»), non risultano limiti al numero di SAL, né percentuali di avanzamento cui riferirsi;
tuttavia, valutando che il primo periodo del citato comma 1-bis dell'articolo 121 recita testualmente che l'opzione «può» essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori, non che «deve», il Ministero dell'economia e delle finanze, in risposta ad un'interrogazione lo scorso luglio 2021, (in merito alla richiesta di chiarimenti sulla fruizione del cosiddetto Superbonus fiscale in relazione allo stato di avanzamento dei lavori per gli interventi che beneficiano sulle relative spese, di detrazioni «edilizie» diverse da quelle spettanti in misura Superbonus 110 per cento) ha affermato che: «La norma specifica che l'esercizio dell'opzione può essere effettuato anche in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori. Trattasi, tuttavia, di una facoltà disciplinata dalla norma che non impedisce la possibilità di esercitare comunque l'opzione qualora non siano previsti stati di avanzamento dei lavori. In conclusione, in base al tenore letterale della norma, è possibile sostenere che, nel caso in cui si intenda optare per la cessione e/o per lo sconto in fattura della detrazione relativa agli interventi indicati nell'articolo 121 e diversi da quelli che danno diritto al Superbonus per i quali non siano stati previsti SAL, il contribuente ha la facoltà di esercitare l'opzione senza dover tenere conto dello stato di avanzamento degli interventi. Pertanto, qualora per l'effettuazione di un determinato intervento [...] non siano previsti SAL, può essere esercitata l'opzione per la cessione del credito corrispondente alla detrazione o per il cosiddetto sconto in fattura, facendo riferimento alla data dell'effettivo pagamento, ferma restando la necessità che gli interventi oggetto dell'agevolazione siano effettivamente realizzati»;
tale impostazione, è stata successivamente confermata dal medesimo Ministero dell'economia e delle finanze con la risposta ad un'ulteriore interrogazione dello scorso ottobre 2021 e confermata anche dalla circolare dell'Agenzia delle entrate del novembre 2021, che sostanzialmente ha chiarito un quadro normativo secondo il quale:
a) per le spese relative a interventi diversi da quelli che beneficiano del Superbonus al 110 per cento, l'esercizio delle opzioni di cui all'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020 resta subordinato al solo presupposto del sostenimento delle spese nella finestra temporale agevolata (ovviamente con esclusione delle spese sostenute in regime di impresa, per le quali non vige il principio di cassa, bensì quello di competenza);
b) per le spese relative ad interventi che beneficiano del Superbonus al 110 per cento, l'esercizio delle predette opzioni è invece subordinato al duplice presupposto del sostenimento delle spese e dell'avvenuta esecuzione dei lavori corrispondenti a quelle spese (in quanto ultimati, oppure ricompresi nella liquidazione di uno dei due SAL con percentuale di completamento almeno pari al 30 per cento) nella finestra temporale agevolata;
il sottoscrittore del presente atto evidenzia al riguardo che recentemente, la Corte di cassazione, sezione III penale, con la sentenza n. 42012, depositata l'8 novembre 2022, dopo aver rilevato, al punto 2.3 delle motivazioni, che «è possibile, in linea generale, quando si deve semplicemente portare la spesa in detrazione in dichiarazione dei redditi, anticipare i pagamenti anche per lavori da eseguirsi, fermo restando che i benefìci verrebbero revocati qualora i lavori non terminassero per intero come nei titoli edilizi», al punto 2.4 delle motivazioni, afferma che «il discorso muta però ed in ciò si annida l'errore commesso dalla difesa, quando si intende sfruttare la possibilità di monetizzare fin da subito il credito, tramite la sua cessione o lo sconto in fattura, ai sensi dell'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020. Detta opportunità è come noto consentita a fine lavori, oppure “a stato di avanzamento” (SAL), previa emissione del SAL stesso da parte di un tecnico, che attesti:
a) l'avvenuta esecuzione di una determinata porzione dei lavori agevolabili (che per il Superbonus deve essere almeno il 30 per cento mentre negli altri casi la percentuale è libera, potendosi emettere fino a un massimo di 9 SAL);
b) la congruità delle relative spese sostenute»;
a giudizio del sottoscrittore del presente atto, risulta pertanto evidente che, nella citata sentenza, la Corte di cassazione resti ancorata all'interpretazione del dato letterale del comma 1-bis dell'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020, senza tener conto della consolidata prassi interpretativa in materia del Ministero dell'economia e delle finanze e dell'Agenzia delle entrate precedentemente richiamate, a cui tutti i contribuenti hanno fatto affidamento nella loro operatività;
al fine di tutelare il legittimo affidamento dei contribuenti e dei professionisti che hanno rilasciato le attestazioni e i visti di conformità previsti dalla normativa e di confermare il quadro interpretativo al quale essi si sono attenuti, (e tuttora si attengono per gli interventi in corso, come risultante dalla prassi ufficiale del Ministero dell'economia e delle finanze e dell'Agenzia delle entrate consolidatasi in materia) risulta conseguentemente urgente e indifferibile, a parere del sottoscrittore del presente atto, introdurre una disposizione interpretativa volta a definire affinché il comma 1-bis dell'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020, disponga espressamente che le opzioni per la cessione del credito d'imposta e per lo sconto sul corrispettivo, alternative all'utilizzo diretto della detrazione spettante, relative agli interventi indicati nel citato articolo 121, diversi da quelli che danno diritto al cosiddetto Superbonus del 110 per cento di cui al precedente articolo 119, possono essere esercitate, in presenza dei relativi presupposti, senza dover tenere conto dello stato di avanzamento degli interventi e, quindi, anche per lavori ancora da eseguirsi,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere nel corso del prossimo provvedimento utile, l'introduzione di una norma d'interpretazione autentica dell'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nel senso di quanto indicato in premessa.
9/730/30. De Bertoldi, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione, approvato dal Senato in prima lettura lo scorso 21 dicembre 2022, (con numerose modificazioni rispetto al testo originario, a seguito dell'introduzione di importanti disposizioni, finalizzate a sostenere il tessuto economico e produttivo del Paese) prevede all'articolo 9 misure relative al cosiddetto Superbonus, che riducono la percentuale della detrazione riconosciuta nel 2023 per gli interventi rientranti nella disciplina del Superbonus, portandolo dal 110 al 90 per cento e modificando il comma 1, lettere a) e b) (rispettivamente in materia di contributo anticipato sotto forma di sconto dai fornitori dei beni o servizi (cosiddetto sconto in fattura) e di cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante) dell'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77;
al riguardo si ricorda come, il comma 1-bis del predetto articolo, prevede che: «L'opzione di cui al comma 1 può essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori», mentre il comma 1 stabilisce che «I soggetti che sostengono, negli anni 2020, 2021, 2022, 2023 e 2024 spese per gli interventi elencati al comma 2 possono optare», conseguentemente, la possibilità di esercitare l'opzione per ciascuno stato di avanzamento lavori (SAL) riguarda tutte le tipologie di interventi agevolati, di cui al successivo comma 2 del medesimo articolo 121;
soltanto con riguardo alle spese relative a interventi che possono beneficiare del Superbonus del 110 per cento, di cui all'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020, il comma 1-bis del citato articolo 121 aggiunge che, ai fini dell'opzione per la cessione della detrazione o lo sconto sul corrispettivo: gli stati di avanzamento dei lavori non possono essere più di 2 per ciascun intervento complessivo e che ciascun SAL deve riferirsi ad almeno il 30 per cento del medesimo intervento;
analizzando la suesposta norma, in maniera approfondita, sembrerebbe pertanto che l'esercizio delle opzioni di cui all'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020 sia sempre subordinato, oltre che al sostenimento delle spese, anche all'avvenuta esecuzione dei lavori cui le spese si riferiscono, con possibilità di riferire la loro avvenuta esecuzione non soltanto all'avvenuta ultimazione dei medesimi, ma anche all'avvenuta liquidazione di un SAL da parte del direttore dei lavori, fermo restando che, nel caso si intenda optare per la cessione/sconto in fattura della detrazione relativa agli interventi di recupero edilizio, riqualificazione energetica, riduzione del rischio sismico e rifacimento della facciata degli edifici in misure diverse dal 110 per cento (ad esempio 50 per cento per il recupero edilizio, 50 o 65 per cento per l'ecobonus e 90 per cento per il cosiddetto «bonus facciate»), non risultano limiti al numero di SAL, né percentuali di avanzamento cui riferirsi;
tuttavia, valutando che il primo periodo del citato comma 1-bis dell'articolo 121 recita testualmente che l'opzione «può» essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori, non che «deve», il Ministero dell'economia e delle finanze, in risposta ad un'interrogazione lo scorso luglio 2021, (in merito alla richiesta di chiarimenti sulla fruizione del cosiddetto Superbonus fiscale in relazione allo stato di avanzamento dei lavori per gli interventi che beneficiano sulle relative spese, di detrazioni «edilizie» diverse da quelle spettanti in misura Superbonus 110 per cento) ha affermato che: «La norma specifica che l'esercizio dell'opzione può essere effettuato anche in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori. Trattasi, tuttavia, di una facoltà disciplinata dalla norma che non impedisce la possibilità di esercitare comunque l'opzione qualora non siano previsti stati di avanzamento dei lavori. In conclusione, in base al tenore letterale della norma, è possibile sostenere che, nel caso in cui si intenda optare per la cessione e/o per lo sconto in fattura della detrazione relativa agli interventi indicati nell'articolo 121 e diversi da quelli che danno diritto al Superbonus per i quali non siano stati previsti SAL, il contribuente ha la facoltà di esercitare l'opzione senza dover tenere conto dello stato di avanzamento degli interventi. Pertanto, qualora per l'effettuazione di un determinato intervento [...] non siano previsti SAL, può essere esercitata l'opzione per la cessione del credito corrispondente alla detrazione o per il cosiddetto sconto in fattura, facendo riferimento alla data dell'effettivo pagamento, ferma restando la necessità che gli interventi oggetto dell'agevolazione siano effettivamente realizzati»;
tale impostazione, è stata successivamente confermata dal medesimo Ministero dell'economia e delle finanze con la risposta ad un'ulteriore interrogazione dello scorso ottobre 2021 e confermata anche dalla circolare dell'Agenzia delle entrate del novembre 2021, che sostanzialmente ha chiarito un quadro normativo secondo il quale:
a) per le spese relative a interventi diversi da quelli che beneficiano del Superbonus al 110 per cento, l'esercizio delle opzioni di cui all'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020 resta subordinato al solo presupposto del sostenimento delle spese nella finestra temporale agevolata (ovviamente con esclusione delle spese sostenute in regime di impresa, per le quali non vige il principio di cassa, bensì quello di competenza);
b) per le spese relative ad interventi che beneficiano del Superbonus al 110 per cento, l'esercizio delle predette opzioni è invece subordinato al duplice presupposto del sostenimento delle spese e dell'avvenuta esecuzione dei lavori corrispondenti a quelle spese (in quanto ultimati, oppure ricompresi nella liquidazione di uno dei due SAL con percentuale di completamento almeno pari al 30 per cento) nella finestra temporale agevolata;
il sottoscrittore del presente atto evidenzia al riguardo che recentemente, la Corte di cassazione, sezione III penale, con la sentenza n. 42012, depositata l'8 novembre 2022, dopo aver rilevato, al punto 2.3 delle motivazioni, che «è possibile, in linea generale, quando si deve semplicemente portare la spesa in detrazione in dichiarazione dei redditi, anticipare i pagamenti anche per lavori da eseguirsi, fermo restando che i benefìci verrebbero revocati qualora i lavori non terminassero per intero come nei titoli edilizi», al punto 2.4 delle motivazioni, afferma che «il discorso muta però ed in ciò si annida l'errore commesso dalla difesa, quando si intende sfruttare la possibilità di monetizzare fin da subito il credito, tramite la sua cessione o lo sconto in fattura, ai sensi dell'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020. Detta opportunità è come noto consentita a fine lavori, oppure “a stato di avanzamento” (SAL), previa emissione del SAL stesso da parte di un tecnico, che attesti:
a) l'avvenuta esecuzione di una determinata porzione dei lavori agevolabili (che per il Superbonus deve essere almeno il 30 per cento mentre negli altri casi la percentuale è libera, potendosi emettere fino a un massimo di 9 SAL);
b) la congruità delle relative spese sostenute»;
a giudizio del sottoscrittore del presente atto, risulta pertanto evidente che, nella citata sentenza, la Corte di cassazione resti ancorata all'interpretazione del dato letterale del comma 1-bis dell'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020, senza tener conto della consolidata prassi interpretativa in materia del Ministero dell'economia e delle finanze e dell'Agenzia delle entrate precedentemente richiamate, a cui tutti i contribuenti hanno fatto affidamento nella loro operatività;
al fine di tutelare il legittimo affidamento dei contribuenti e dei professionisti che hanno rilasciato le attestazioni e i visti di conformità previsti dalla normativa e di confermare il quadro interpretativo al quale essi si sono attenuti, (e tuttora si attengono per gli interventi in corso, come risultante dalla prassi ufficiale del Ministero dell'economia e delle finanze e dell'Agenzia delle entrate consolidatasi in materia) risulta conseguentemente urgente e indifferibile, a parere del sottoscrittore del presente atto, introdurre una disposizione interpretativa volta a definire affinché il comma 1-bis dell'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020, disponga espressamente che le opzioni per la cessione del credito d'imposta e per lo sconto sul corrispettivo, alternative all'utilizzo diretto della detrazione spettante, relative agli interventi indicati nel citato articolo 121, diversi da quelli che danno diritto al cosiddetto Superbonus del 110 per cento di cui al precedente articolo 119, possono essere esercitate, in presenza dei relativi presupposti, senza dover tenere conto dello stato di avanzamento degli interventi e, quindi, anche per lavori ancora da eseguirsi,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere l'introduzione di una norma d'interpretazione autentica dell'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nel senso di quanto indicato in premessa.
9/730/30. (Testo modificato nel corso della seduta)De Bertoldi, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame dell'Assemblea, contiene numerose disposizioni volte a sostenere le attività delle imprese, delle famiglie, nonché a aiutare diversi settori economici colpiti da una grave crisi economica dovuta in particolare modo alla pandemia e alla guerra in corso in Europa;
al riguardo si evidenzia, come per troppo tempo una serie di fattori negativi hanno determinato nel recentissimo passato la cessazione dell'attività principale di transhipment internazionale nel Porto industriale di Cagliari con gravissime ripercussioni per l'economia della Sardegna e per il tessuto sociale connesso;
nel mese di dicembre 2019 l'Autorità di sistema portuale del mare di Sardegna ha avviato una call internazionale per la presentazione delle domande per la concessione della gestione dell'area di transhipment del porto di Cagliari;
il bando di gara è stato redatto in quattro lingue (italiano, inglese, cinese e arabo), ed è stato pubblicato sulla stampa nazionale e internazionale, anche grazie alla preziosa collaborazione dell'ICE, che ha contribuito alla massima diffusione, in termini comunicativi;
l'oggetto della call era il compendio portuale costituito da quasi 400 mila metri quadri di piazzale, con 1.600 metri lineari di banchina (incrementabili così come previsto dal Piano regolatore), 16 metri di fondale, fabbricati da adibire ad uffici, mensa, spogliatoi, depositi attrezzature, nonché un Punto di ispezione frontaliero (ai quali si aggiunge la possibilità di locare o acquistare dal Consorzio industriale provinciale di Cagliari il relativo parco gru e mezzi per la movimentazione);
l'offerta è stata resa appetibile anche dalla presenza di una zona franca doganale interclusa e di un collegamento alla istituenda zona economica speciale di oltre 1.600 ettari, attesa dal 2018;
il criterio di valutazione delle istanze era basato sul Piano operativo e organizzativo, (strategie volte all'incremento dei traffici, piano di sviluppo, qualità e varietà dei servizi offerti; proposte gestionali migliorative, possesso di adeguate attrezzature tecniche ed organizzative idonee a soddisfare le esigenze del ciclo produttivo), sul piano degli investimenti (programmi di adeguamento, riqualificazione, manutenzione, potenziamento, miglioramento delle tecnologie;
quanto suesposto potrebbe essere quindi più appetibile, nel caso fossero realizzate adeguate opere di ammodernamento e di potenziamento delle infrastrutture come peraltro auspicato dalla Corte dei conti nella relazione al Parlamento, con l'approvazione dell'esercizio finanziario dell'Autorità di sistema portuale della Sardegna;
al riguardo si segnala come sia stato reso noto che l'Autorità portuale in oggetto ha avviato le procedure necessarie per l'affidamento di progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori per il porto canale di Cagliari, attraverso un bando di gara pubblica pari a 27,4 milioni di euro;
secondo la stessa Corte dei conti, i suesposti dati sono considerati «sintomatici di una gestione non particolarmente attiva sul fronte degli in vestimenti», raccomandando al contempo «di ricondurre la programmazione degli investimenti a canoni di reale fattibilità, secondo un puntuale cronoprogramma, in modo da ottimizzare l'utilizzo delle risorse disponibili»;
l'amministrazione comunale più volte ha rimarcato la necessità di investire nella risorsa del mare, dei servizi e delle economie ad esso collegate valutato che è stato approvato il nuovo Piano operativo triennale 2021-2023 che ha l'obiettivo di implementare la capacità infrastrutturale di attrazione e generazione dei traffici; perfezionare ed incrementare i servizi ai passeggeri;
non essendoci stata aggiudicazione, il sottoscrittore del presente atto, evidenziando una forte preoccupazione del mondo produttivo locale per il lungo periodo trascorso dalla decadenza della concessione ex articolo 18 della legge n. 84 del 1994 dell'operatore di transhipment nel porto canale di Cagliari;
il ritardo nell'adeguata ripresa operativa del porto sta infatti comportando per le imprese sarde, soprattutto industriali ed a vocazione internazionale, un ulteriore insostenibile incremento del costo del trasporto (in termini di tariffe, qualità del servizio, tempi e tratte di collegamento, e altro) delle merci containerizzate;
tale appesantimento aggiuntivo colpisce un apparato produttivo che già paga gli aumenti delle tariffe del trasporto marittimo conseguenti all'entrata in vigore del regolamento internazionale IMO 2020, che ha imposto alle navi l'utilizzo di combustibili a minori emissioni di zolfo;
la scorsa legislatura è stata istituita l'Agenzia per il lavoro terminalistico del Transhipment, al fine di allentare le tensioni sociali derivanti dal licenziamento dei lavoratori che hanno validamente contribuito, per quasi vent'anni, all'operatività del terminal e che costituiscono parte fondamentale dell'asset in questione;
a tal fine di segnala come le segretarie nazionali dei principali sindacati, in data 17 novembre 2021, hanno richiesto un incontro urgente, interministeriale, per affrontare la necessità urgente di trovare le opportune soluzioni per il rilancio del porto industriale di Cagliari,
impegna il Governo:
a convocare il tavolo interministeriale per individuare rapidamente una strategia, ai massimi livelli istituzionali, per il rilancio del porto industriale di Cagliari, che possa concretizzare il reimpiego professionale degli stessi;
a valutare l'opportunità, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili e i vincoli di bilancio, di adottare futuri provvedimenti sulle concessioni demaniali marittime, istituzioni di fondi e interventi in favore delle attività portuali, in particolare nei riguardi dei porti industriali in crisi, come Cagliari e Taranto.
9/730/31. Deidda, Lampis, Mura, Polo.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
su quest'ultimo argomento, in particolare, l'articolo 3-bis, comma 1, incrementa di 150 milioni di euro per l'anno 2022 l'importo del contributo straordinario autorizzato dal decreto-legge n. 17 del 2022 per garantire la continuità dei servizi erogati dagli enti locali, in relazione alla maggiore spesa per utenze di energia elettrica e gas derivante dalla crisi energetica da destinare a comuni, città metropolitane, delle province;
è chiaro però, anche a fronte delle limitate risorse previste per la medesima finalità nel 2023, che la crescita dei costi energetici costituisca la più importante criticità per la tenuta degli equilibri di bilancio degli enti locali sia per gli effetti diretti sull'aumento della spesa corrente, sia per quelli indiretti sulla crescita del costo dei servizi erogati e sulla programmazione e realizzazione degli investimenti, molti dei quali legati all'attuazione del PNRR;
andrebbero, quindi, aumentate non solo le risorse finanziarie ma anche quelle umane a disposizione degli enti locali;
in questo senso sarebbe opportuno prevedere alcuni interventi tra i quali: estendere il ricorso agli istituti del comando e del distacco da parte delle amministrazioni locali; applicare ai comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti la misura volta al sostegno finanziario per le assunzioni straordinarie di personale a tempo determinato da destinare all'attuazione dei progetti del PNRR;
permettere agli enti locali di valorizzare la professionalità acquisita dal personale assunto a tempo determinato per l'attuazione del PNRR attraverso la possibilità di procedere, con decorrenza non antecedente al 1° gennaio 2027, nei limiti dei posti disponibili della vigente dotazione organica, alla stabilizzazione nei propri ruoli del medesimo personale nella qualifica ricoperta alla scadenza del contratto a termine, previo colloquio e all'esito della valutazione positiva dell'attività lavorativa svolta; infine consentire agli enti in condizione di squilibrio finanziario di procedere speditamente alle assunzioni di personale programmate ed autorizzate per l'anno 2022,
impegna il Governo
a prevedere, nel primo provvedimento utile, misure per garantire il personale necessario agli enti locali per fronteggiare la crisi energetica e disporre di personale per attuare gli obiettivi dei PNRR e, in particolare, quelle illustrate in premessa.
9/730/32. Gnassi.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare, a fronte dell'emergenza energetica che incombe, delle difficoltà di approvvigionamento del gas e dell'aumento dei prezzi dell'energia elettrica è necessario ricorrere all'installazione di impianti da fonti rinnovabili, in particolare per ciò che riguarda gli edifici pubblici compresi gli istituti penitenziari;
in alcuni istituti penitenziari tali installazioni sono già state avviate con il risultato non solo di un risparmio sulle bollette ma anche di un aiuto concreto ai detenuti attraverso corsi di formazione in un settore in crescente espansione per un possibile futuro inserimento lavorativo una volta scontata la pena detentiva,
impegna il Governo
a prevedere risorse economiche adeguate affinché in tutti gli istituti penitenziari, anche minorili possano essere agevolata l'installazione di pannelli fotovoltaici o comunque l'istallazione di fonti di energia rinnovabili al fine non solo di risparmiare sui costi delle bollette ma anche di offrire maggiori opportunità ai detenuti attraverso il reinvestimento delle risorse così risparmiate in progetti sociali all'interno degli stessi istituti penitenziari.
9/730/33. Ciani, Grimaldi, Santillo.
La Camera,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere risorse economiche adeguate affinché in tutti gli istituti penitenziari, anche minorili possano essere agevolata l'installazione di pannelli fotovoltaici o comunque l'istallazione di fonti di energia rinnovabili al fine non solo di risparmiare sui costi delle bollette ma anche di offrire maggiori opportunità ai detenuti attraverso il reinvestimento delle risorse così risparmiate in progetti sociali all'interno degli stessi istituti penitenziari.
9/730/33. (Testo modificato nel corso della seduta)Ciani, Grimaldi, Santillo.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare la spesa energetica riduce il potere di acquisto dei cittadini e delle famiglie e aumenta i costi delle imprese agroalimentari,
impegna il Governo
a prevedere la proroga dei termini relativi al credito d'imposta per l'acquisto di carburanti per l'esercizio dell'attività agricola.
9/730/34. Forattini, Vaccari, Marino, Andrea Rossi.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
in particolare la spesa energetica riduce il potere di acquisto dei cittadini e delle famiglie e aumenta i costi delle imprese agroalimentari,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere la proroga dei termini relativi al credito d'imposta per l'acquisto di carburanti per l'esercizio dell'attività agricola.
9/730/34. (Testo modificato nel corso della seduta)Forattini, Vaccari, Marino, Andrea Rossi.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
i consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario stanno pagando un prezzo altissimo per le conseguenze dell'elevato costo dell'energia e pur svolgendo un servizio pubblico non hanno i benefìci riconosciuti alle attività simili;
senza adeguati interventi a sostegno dei bilanci dei Consorzi di bonifica ed irrigazione, tali aumenti rischiano di mettere a rischio la tenuta stessa delle strutture,
impegna il Governo
ad estendere, nell'ambito delle risorse disponibili, il contributo straordinario per i consumi energetici a favore dei Consorzi di bonifica e di irrigazione per il primo trimestre 2023.
9/730/35. Vaccari, Forattini, Marino, Andrea Rossi.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
i consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario stanno pagando un prezzo altissimo per le conseguenze dell'elevato costo dell'energia e pur svolgendo un servizio pubblico non hanno i benefìci riconosciuti alle attività simili;
senza adeguati interventi a sostegno dei bilanci dei Consorzi di bonifica ed irrigazione, tali aumenti rischiano di mettere a rischio la tenuta stessa delle strutture,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di estendere, nell'ambito delle risorse disponibili, il contributo straordinario per i consumi energetici a favore dei Consorzi di bonifica e di irrigazione per il primo trimestre 2023.
9/730/35. (Testo modificato nel corso della seduta)Vaccari, Forattini, Marino, Andrea Rossi.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare la spesa energetica riduce il potere di acquisto dei cittadini e delle famiglie e aumenta i costi delle imprese agroalimentari,
impegna il Governo
ad applicare il credito d'imposta di cui all'articolo 2 del decreto-legge 23 settembre 2022 n. 144, convertito con modificazioni dalla legge 17 novembre 2022, n. 175, alle imprese esercenti attività agricola a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti, nel terzo e quarto trimestre dell'anno solare 2022, per l'acquisto delle seguenti categorie di mezzi di produzione agricola: fertilizzanti; fitosanitari; mangimi; sementi e piantine.
9/730/36. Andrea Rossi, Vaccari, Forattini, Marino.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
in particolare la spesa energetica riduce il potere di acquisto dei cittadini e delle famiglie e aumenta i costi delle imprese agroalimentari,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di applicare il credito d'imposta di cui all'articolo 2 del decreto-legge 23 settembre 2022 n. 144, convertito con modificazioni dalla legge 17 novembre 2022, n. 175, alle imprese esercenti attività agricola a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti, nel terzo e quarto trimestre dell'anno solare 2022, per l'acquisto delle seguenti categorie di mezzi di produzione agricola: fertilizzanti; fitosanitari; mangimi; sementi e piantine.
9/730/36. (Testo modificato nel corso della seduta)Andrea Rossi, Vaccari, Forattini, Marino.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
il 25 per cento dei giovani agricoltori ha ridotto la produzione a causa dei rincari, dal gasolio ai concimi, fino ai materiali per l'imballaggio,
impegna il Governo
con l'obiettivo di promuovere l'imprenditoria giovanile agricola, a prevedere l'esonero contributivo dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali, riconosciuto con riferimento alle nuove iscrizioni nella previdenza agricola e per le lavoratrici madri a decorrere dalla data di rientro nel posto di lavoro dopo il congedo di maternità.
9/730/37. Marino, Vaccari, Forattini, Andrea Rossi.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
il 25 per cento dei giovani agricoltori ha ridotto la produzione a causa dei rincari, dal gasolio ai concimi, fino ai materiali per l'imballaggio,
impegna il Governo
con l'obiettivo di promuovere l'imprenditoria giovanile agricola, a valutare l'opportunità di prevedere l'esonero contributivo dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali, riconosciuto con riferimento alle nuove iscrizioni nella previdenza agricola e per le lavoratrici madri a decorrere dalla data di rientro nel posto di lavoro dopo il congedo di maternità.
9/730/37. (Testo modificato nel corso della seduta)Marino, Vaccari, Forattini, Andrea Rossi.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
l'articolo 3, comma 10, del decreto-legge in conversione modifica l'ambito applicativo del regime fiscale previsto per il 2022 dall'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115, il cosiddetto «decreto Aiuti bis», con il quale, in deroga a quanto previsto dall'articolo 51, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, si era stabilito che non partecipassero alla formazione del reddito da lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati al lavoratore e le somme erogate o rimborsate al medesimo dal datore di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche di acqua, energia elettrica e gas naturale, entro il limite complessivo di 600 euro;
la novella introdotta dal provvedimento in esame innalza da 600 a 3000 euro il limite del valore dei fringe benefit non tassabili in capo ai lavoratori dipendenti per l'anno 2022; tuttavia, l'ulteriore modifica introdotta all'articolo 3, comma 10, lettera a), circoscrive la deroga all'articolo 51, comma 3, del TUIR alla sola prima parte del terzo periodo di tale disposizione: ciò determina la conseguenza che, in base alla previsione contenuta nella seconda parte del terzo periodo dell'articolo 51, comma 3, e non derogata, in caso di superamento della soglia di esenzione l'intero importo dei benefit erogati torna ad essere assoggettato a tassazione;
tale misura di sostegno per affrontare il caro bollette non ha alcuna valenza generale con il rischio di essere affidata alle azioni unilaterali dei datori di lavoro. L'erogazione e la stessa quantità sono a discrezione delle imprese determinando così ulteriori elementi di divaricazione. Incide, inoltre, sulla contrattazione aziendale, per l'incentivo di natura fiscale, che già riguarda solo una parte del mondo del lavoro,
impegna il Governo:
ad adottare ogni intervento necessario a rimuovere le problematiche evidenziate in premessa e, in particolare: ad adottare i correttivi che consentano un'applicazione con valenza generale della norma, svincolando la stessa da decisioni unilaterali del datore di lavoro;
a verificare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di garantire che la tassazione a carico dei beneficiari, in caso di mancato rispetto del limite, si applichi soltanto alla parte eccedente i 3.000 euro.
9/730/38. Di Biase.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
l'articolo 3, comma 10, del decreto-legge in conversione modifica l'ambito applicativo del regime fiscale previsto per il 2022 dall'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115, il cosiddetto «decreto Aiuti bis», con il quale, in deroga a quanto previsto dall'articolo 51, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, si era stabilito che non partecipassero alla formazione del reddito da lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati al lavoratore e le somme erogate o rimborsate al medesimo dal datore di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche di acqua, energia elettrica e gas naturale, entro il limite complessivo di 600 euro;
la novella introdotta dal provvedimento in esame innalza da 600 a 3000 euro il limite del valore dei fringe benefit non tassabili in capo ai lavoratori dipendenti per l'anno 2022; tuttavia, l'ulteriore modifica introdotta all'articolo 3, comma 10, lettera a), circoscrive la deroga all'articolo 51, comma 3, del TUIR alla sola prima parte del terzo periodo di tale disposizione: ciò determina la conseguenza che, in base alla previsione contenuta nella seconda parte del terzo periodo dell'articolo 51, comma 3, e non derogata, in caso di superamento della soglia di esenzione l'intero importo dei benefit erogati torna ad essere assoggettato a tassazione;
tale misura di sostegno per affrontare il caro bollette non ha alcuna valenza generale con il rischio di essere affidata alle azioni unilaterali dei datori di lavoro. L'erogazione e la stessa quantità sono a discrezione delle imprese determinando così ulteriori elementi di divaricazione. Incide, inoltre, sulla contrattazione aziendale, per l'incentivo di natura fiscale, che già riguarda solo una parte del mondo del lavoro,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di adottare ogni intervento necessario a rimuovere le problematiche evidenziate in premessa e, in particolare: ad adottare i correttivi che consentano un'applicazione con valenza generale della norma, svincolando la stessa da decisioni unilaterali del datore di lavoro;
a valutare l'opportunità di verificare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di garantire che la tassazione a carico dei beneficiari, in caso di mancato rispetto del limite, si applichi soltanto alla parte eccedente i 3.000 euro.
9/730/38. (Testo modificato nel corso della seduta)Di Biase.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro Paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
gli interventi messi in campo dal Governo non favoriranno la ripresa e, anzi, rischiano di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare restano al palo tutta una serie di finanziamenti quanto mai necessari in questo momento tra cui, in particolare, il rifinanziamento per il 2023 del fondo istituito dall'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 115 del 2022 (cosiddetto Aiuti bis) per sostenere il settore del trasporto pubblico locale e regionale di passeggeri su strada, lacuale, marittimo e ferroviario, sottoposto a obbligo di servizio pubblico, a fronte degli eccezionali aumenti dei prezzi dell'energia elettrica e del carburante dovuti alla crisi internazionale in atto,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a finanziare anche per il 2023 il fondo istituito dall'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 115 del 2022 (cosiddetto Aiuti bis) al fine di consentire il riconoscimento di contributi, per i maggiori costi sostenuti per l'acquisto del carburante, per gli esercenti servizi di trasporto pubblico locale e regionale di passeggeri su strada, lacuale, marittimo e ferroviario, sottoposto a obbligo di servizio pubblico.
9/730/39. Casu.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro Paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a finanziare anche per il 2023 il fondo istituito dall'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 115 del 2022 (cosiddetto Aiuti bis) al fine di consentire il riconoscimento di contributi, per i maggiori costi sostenuti per l'acquisto del carburante, per gli esercenti servizi di trasporto pubblico locale e regionale di passeggeri su strada, lacuale, marittimo e ferroviario, sottoposto a obbligo di servizio pubblico.
9/730/39. (Testo modificato nel corso della seduta)Casu.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro Paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
gli interventi messi in campo dal Governo non favoriranno la ripresa e, anzi, rischiano di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare restano al palo tutta una serie di finanziamenti quanto mai necessari in questo momento tra cui, in particolare, il rifinanziamento per il 2023 del fondo istituito dall'articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 115 del 2022 (cosiddetto Aiuti bis) destinato a riconoscere agli esercenti servizi di trasporto di persone su strada un contributo fino al 20 per cento della spesa sostenuta nel secondo quadrimestre dell'anno 2022 per l'acquisto del carburante,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere anche per il 2023 un adeguato finanziamento del fondo di cui all'articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 115 del 2022 per riconoscere agli esercenti servizi di trasporto di persone su strada un contributo sulla spesa sostenuta nel primo quadrimestre dell'anno 2023 per l'acquisto del carburante.
9/730/40. Bakkali.
La Camera,
premesso che:
in attuazione del Titolo I, Capo 01, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, è stata istituita la misura «Nuove imprese a tasso zero» con l'obiettivo di sostenere, su tutto il territorio nazionale, la creazione e lo sviluppo di micro e piccole imprese a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile;
tale misura si rivolge a micro e piccole imprese costituite da non più di 60 (sessanta) mesi alla data di presentazione della domanda di agevolazione e in cui la compagine societaria sia composta, per oltre la metà numerica dei soci e di quote di partecipazione, da soggetti di età compresa tra i 18 ed i 35 anni ovvero da donne. Possono accedere anche le persone fisiche che intendono costituire una nuova impresa purché esse facciano pervenire la documentazione necessaria a comprovarne l'avvenuta costituzione entro i termini indicati nella comunicazione di ammissione alle agevolazioni;
sono ammissibili le iniziative, realizzabili su tutto il territorio nazionale, promosse nei settori della produzione di beni nei settori industria, artigianato e trasformazione dei prodotti agricoli, della fornitura di servizi alle imprese e alle persone ivi compresi quelli afferenti all'innovazione sociale, del commercio di beni e servizi, del turismo ivi incluse le attività turistico-culturali finalizzate alla valorizzazione e alla fruizione del patrimonio culturale, ambientale e paesaggistico, nonché le attività volte al miglioramento dei servizi per la ricettività e l'accoglienza;
i programmi di investimento proposti da imprese costituite da non più di 36 mesi possono prevedere spese ammissibili non superiori a euro 1.500.000 (nell'ambito del predetto massimale può rientrare, altresì, un importo a copertura delle esigenze di capitale circolante – da giustificare nel piano di impresa e utilizzabile ai fini del pagamento di materie prime, servizi necessari allo svolgimento delle attività dell'impresa e godimento di beni di terzi –, nel limite del 20 per cento delle spese di investimento), mentre per le imprese costituite da più di 36 mesi e da non più di 60 mesi, l'importo delle spese ammissibili non può essere superiore a euro 3.000.000. I programmi dovranno essere realizzati entro ventiquattro mesi dalla data di stipula del contratto di finanziamento;
a seguito delle disposizioni previste dal decreto-legge n. 34 del 2019 e della legge n. 160 del 2019, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, 4 dicembre 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 27 gennaio 2021, è stata successivamente definita la nuova disciplina attuativa in un'ottica di maggiore efficacia dell'intervento;
la riapertura dello sportello per la presentazione delle richieste di agevolazione da parte di giovani e donne che vogliono diventare imprenditori è stata possibile anche grazie al rifinanziamento della misura, previsto dalla Manovra 2022, con 50 milioni di euro per ogni anno del triennio 2022-2024;
infatti, dal 24 marzo 2022, è stato nuovamente possibile presentare le domande per accedere a ON – Oltre Nuove Imprese a tasso zero: rispetto alla prima versione della misura, questa contiene modifiche per migliorare il sostegno a giovani e donne per l'avvio di nuove imprese su tutto il territorio nazionale, questa volta attraverso agevolazioni con finanziamenti a tasso zero e contributi a fondo perduto;
nella versione precedente del regime di aiuto i finanziamenti agevolati della misura Nuove imprese a tasso zero duravano un massimo di otto anni, coprivano fino al 75 per cento della spesa, che non doveva superare la somma di 1,5 milioni di euro, ed erano destinati esclusivamente a giovani fino a 35 anni, donne, indipendentemente dall'età, e imprese giovanili e femminili costituite da non più di 12 mesi;
il decreto Crescita (decreto-legge n. 34 del 2019) ha allungato la durata dei mutui a dieci anni, aumentato la copertura del prestito fino a un massimo del 90 per cento delle spese e la spesa ammissibile fino a 3 milioni di euro, ampliando parallelamente la platea dei beneficiari dell'agevolazione alle micro e piccole imprese costituite da non oltre 60 mesi. Con la manovra 2020, inoltre, al finanziamento si è aggiunto un contributo a fondo perduto;
i finanziamenti agevolati a tasso zero possono avere una durata massima di dieci anni e devono essere restituiti dall'impresa beneficiaria, senza interessi, secondo un piano di ammortamento a rate semestrali costanti posticipate scadenti il 31 maggio e il 30 novembre di ogni anno. Per i finanziamenti di importo non superiore a 250 mila euro non sono previste forme di garanzia, mentre quelli che superano tale soglia devono essere assistiti da privilegio speciale laddove acquisibile nell'ambito degli investimenti agevolati ed in funzione della natura dei beni;
il finanziamento agevolato può essere integrato con un contributo a fondo perduto, che viene concesso nei limiti delle risorse disponibili. In caso di esaurimento dei fondi, cioè, si procede alla concessione del solo finanziamento agevolato. Il contributo a fondo perduto è riconosciuto in misura pari al 20 per cento delle spese per le imprese costituite da non più di 36 mesi e fino al 15 per cento della spesa per quelle costituite da non più di 60 mesi. In entrambi i casi, però, complessivamente l'importo delle agevolazioni concesse non può essere superiore al 90 per cento della spesa ammissibile;
esiste dunque una differenza importante tra coloro che hanno presentato domanda ed ottenuto il finanziamento da Invitalia con la misura Nuove Imprese a tasso 0 nel 2019 e coloro che hanno presentato domanda successivamente (visto che tale finanziamento non ha beneficiato di alcun fondo perduto come poi successivamente è avvenuto con Nuove Imprese ON per andare incontro alle nuove aziende al femminile che nascevano in periodo di pandemia);
inoltre, a causa della pandemia da COVID-19, per le aziende che hanno iniziato l'attività nel 2019, la verifica della regolarità da parte di Invitalia è avvenuta con collegamento telematico solo dopo marzo 2021, non consentendo alle stesse di beneficiare della moratoria dei mutui prevista dalla normativa di aiuto alle imprese in tempo di pandemia;
è necessario intervenire per sostenere le aziende che, nate a pochi mesi dallo scoppio di un evento totalmente imprevedibile come la pandemia da COVID-19 e che hanno sottoscritto contratti in situazioni e prospettive ben diverse, si trovino in situazioni tali da non poter mantenere gli impegni assunti nei confronti di Invitalia, e per sostenerle basterebbe applicare le stesse condizioni di Nuove Imprese Tasso 0 ON a quelle aziende che hanno sottoscritto un contratto pochi mesi prima,
impegna il Governo
ad intervenire, con il primo provvedimento utile, introducendo una misura che destini il 20 per cento di fondo perduto sul residuo del mutuo per le suddette aziende così di fatto allineando l'erogazione dei benefici con quanto previsto per Nuove Imprese Tasso 0 ON e dando seguito l'impegno già assunto dal precedente Governo con la previsione di una rinegoziazione del mutuo per le aziende che versano in condizioni di difficoltà, prevedendo, in aggiunta, che la caratteristica del «tasso 0» non venga intaccata nell'atto di rinegoziazione.
9/730/41. Sarracino.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare il comparto turistico della montagna, con tutto il suo indotto, sta attraversando un periodo di forte crisi dovuta alla totale mancanza di neve dopo le stagioni già cancellate dalla pandemia da COVID-19 con effetti che rischiano di essere irreversibili;
le temperature miti, quasi primaverili, per tutto il mese di dicembre e quest'inizio di gennaio, hanno reso difficile, se non impossibile lungo tutta la dorsale appenninica la produzione di neve artificiale con conseguente non apertura delle stazioni sciistiche e del relativo indotto;
l'assoluta mancanza di precipitazioni nevose e le temperature elevate tra fine 2022 e inizio 2023 hanno imposto la chiusura quasi totale del comparto della montagna, in un periodo, quello delle feste natalizie, che rappresenta da solo circa il 40-45 per cento del fatturato turistico invernale,
impegna il Governo
a prevedere nel primo provvedimento utile, al fine di sostenere l'economia delle aree di montagna della regione Toscana, con particolare attenzione alle stazioni sciistiche dell'Abetone e del Monte Amiata contributi a fondo perduto e ristori specificatamente dedicati alle attività economiche e all'indotto collegato agli sport invernali al fine di mettere gli operatori nelle condizioni di resistere e di non essere costretti ad abbandonare le zone montane di cui sono un presidio importante.
9/730/42.Simiani, Furfaro.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
il tema del potere di acquisto dei salari, sotto la spinta inflazionistica che nel dicembre scorso è arrivata all'11,6 per cento, sta diventando un'emergenza sempre più impellente per milioni di lavoratori e le misure sinora adottate dal Governo in carica rappresentano solo una prima, parzialissima e, a volte, contraddittoria risposta;
lo stesso meccanismo di adeguamento dei salari Ipca, ovvero al netto della componente più pesante negli ultimi mesi quale quella energetica, determina in ogni caso una perdita secca per il potere d'acquisto dei lavoratori dipendenti,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile al fine di salvaguardare il potere d'acquisto di salari e pensioni, erosi da un tasso di inflazione reale che risulta di molto superiore rispetto a quella che si registra nei principali Paesi dell'Unione europea, anche favorendo la riconsiderazione della clausola che esclude la componente energetica dal calcolo dell'indice dei prezzi al consumo armonizzato che si applica ai fini della contrattazione collettiva.
9/730/43. Laus.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
le imprese più dinamiche stanno reagendo all'aumento dei costi energetici anche con soluzioni organizzative e dei turni di lavoro che, in accordo con le organizzazioni sindacali, favoriscano la riduzione dei consumi aziendali e allo stesso tempo consentano anche ai lavoratori di attenuare i costi per i trasferimenti e di organizzare la propria vita in maniera più flessibile;
tra le soluzioni che sempre più vengono praticate vi è quella del ricorso al lavoro agile nei giorni a ridosso del fine settimana;
tali iniziative appaiono meritevoli di attenzione e di sostegno, anche nelle pubbliche amministrazioni, nell'interesse dei lavoratori, delle imprese e dell'obiettivo della riduzione dei consumi energetici di ridurre le emissioni di agenti inquinanti, migliorando, al contempo, la vivibilità dei centri urbani e rivitalizzare i piccoli borghi sempre più spopolati,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere agevolativo, al fine di diffondere le buone pratiche di cui in premessa finalizzate a ridurre i costi energetici per le imprese, i consumi dei lavoratori, nonché ad adottare modelli organizzativi basati su turni lavorativi più flessibili.
9/730/44. Gribaudo.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in molti paesi ad economia avanzata, anche per ridurre l'impatto dell'aumento dei costi aziendali e dei consumi delle fonti energetiche, si stanno sempre più sperimentando e adottando formule di riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, con la settimana lavorativa concentrata su quattro giorni;
nella stragrande maggioranza delle realtà dove si è adottato la riduzione della settimana lavorativa si è rilevato che la produttività complessiva dei dipendenti coinvolti, anche nelle amministrazioni pubbliche, è rimasta costante o è addirittura aumentata;
secondo lo studio degli attivisti di Platform London e di 4-Day Week Campaign, si è confermato che una riduzione dell'orario potrebbe diminuire la carbon footprint. Il calo delle emissioni di gas serra sarebbe reso possibile dal minor consumo di energia sul posto di lavoro, dalla riduzione del pendolarismo, dal taglio dell'inquinamento causato dai mezzi di trasporto,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere agevolativo, al fine di diffondere le buone pratiche di cui in premessa finalizzate a ridurre i costi energetici per le imprese, i consumi dei lavoratori, nonché ad adottare modelli organizzativi basati su turni lavorativi flessibili, concentrati in settimane lavorative di quattro giorni.
9/730/45. Scotto.
La Camera,
premesso che:
nel provvedimento in esame «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, recante misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica» sono presenti, all'articolo 14-bis misure per il rilancio della competitività delle imprese italiane;
la competitività e la crescita delle imprese italiane e del made in Italy viene messa a rischio dalla presenza e dalla continua diffusione di prodotti contraffatti;
secondo gli ultimi dati ufficiali, elaborati dai sequestri effettuati dall'Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli di Stato e della Guardia di Finanza (al netto delle loro operazioni congiunte e ad esclusione delle categorie merceologiche dei prodotti alimentari, delle bevande alcoliche, dei medicinali e dei tabacchi) consente di evidenziare che nel periodo 2008-2021 sono stati 208 mila i sequestri e 617 milioni i pezzi sequestrati con riferimento alla contraffazione, per un valore economico stimato della merce sequestrata di oltre 5,90 miliardi di euro sottratti al circuito illegale;
le principali evidenze emerse per il 2021 registrano 14.309 sequestri effettuati in Italia, in aumento di 5.532 (in crescita del 63 per cento) rispetto all'anno precedente, con circa 31 milioni di pezzi sequestrati (in crescita dell'87 per cento rispetto al 2020), per un valore economico stimato del quantitativo sequestrato che ammonta a circa 56,5 milioni di euro (in crescita del 45 per cento rispetto al 2020). Nel complesso durante l'anno gli articoli maggiormente sequestrati per contraffazione sono stati il materiale per imballaggio ed etichettatura dei prodotti, i dispositivi di protezione individuale, l'abbigliamento ed i suoi accessori, i giocattoli, le calzature e le apparecchiature elettriche;
secondo alcune stime estratte dai rapporti Ocse per le aziende «vittime» di violazione di marchi e brevetti, il danno ammonterebbe, inoltre, a 24 miliardi di euro, facendo conseguentemente perdere circa 88 mila posti di lavoro regolari solo in Italia;
numeri in netta crescita riguardano anche la contraffazione alimentare: cibi e bevande italiani sono tra i prodotti più contraffatti al mondo: secondo i dati di Coldiretti, oltre il 66 per cento dei prodotti agroalimentari made in Italy sono falsi (oltre 2 prodotti su 3) e negli ultimi 10 anni il fenomeno è aumentato di oltre il 70 per cento. Durante la pandemia è cresciuto anche il business delle agromafie, con un giro d'affari pari a 24,5 miliardi di euro legato anche all'esplosione dell'eCommerce;
nel corso dell'attuale legislatura è stata presentata la proposta di legge «Modifiche al codice penale, al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e altre disposizioni in materia di contrasto della contraffazione dei prodotti industriali e agroalimentari nonché delega al Governo per la disciplina delle filiere etiche di produzione, importazione e distribuzione» (AC numero 619), a prima firma del deputato Emiliano Fossi; nel corso della discussione parlamentare del provvedimento in esame sono stati presentati emendamenti specifici per contrastare la contraffazione senza però essere approvati;
il Governo, in data 6 dicembre 2022, ha già accolto un ordine del giorno (numero 9/547-A/6 al cosiddetto «decreto Ministeri») sottoscritto da esponenti di Fdi, Lega, Forza Italia e Noi Moderati che impegna l'esecutivo ad «assumere iniziative, anche di carattere costituzionale, finalizzate a valorizzare, salvaguardare e promuovere le eccellenze produttive del nostro Paese, nonché a tutelare le opere e i prodotti espressione dell'ingegno e della creatività degli imprenditori italiani»;
nonostante tali impegni norme puntuali per contrastare la contraffazione non sono state quindi inserite né nella discussione parlamentare della legge di bilancio 2023 né del provvedimento in esame. Nessuna norma è stata inoltre introdotta nei decreti successivamente approvati dal Consiglio dei ministri a partire dal cosiddetto Milleproroghe,
impegna il Governo
ad introdurre, già a partire dal prossimo provvedimento utile ed in relazione a quanto espresso in premessa, norme ed incentivi fiscali finalizzati al contrasto della contraffazione e conseguentemente alla tutela del made in Italy, al rilancio della competitività delle imprese italiane ed alla tutela ed alla crescita di posti di lavoro stabili e qualificati.
9/730/46. Fossi.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare il comparto turistico della montagna, con tutto il suo indotto, sta attraversando un periodo di forte crisi dovuta alla totale mancanza di neve dopo le stagioni già cancellate dalla pandemia da COVID-19 con effetti che rischiano di essere irreversibili;
le temperature miti, quasi primaverili, per tutto il mese di dicembre e quest'inizio di gennaio, hanno reso difficile, se non impossibile lungo tutta la dorsale appenninica la produzione di neve artificiale con conseguente non apertura delle stazioni sciistiche e del relativo indotto;
l'assoluta mancanza di precipitazioni nevose e le temperature elevate tra fine 2022 e inizio 2023 hanno imposto la chiusura quasi totale del comparto della montagna, in un periodo, quello delle feste natalizie, che rappresenta da solo circa il 40-45 per cento del fatturato turistico invernale;
le regioni non possono essere lasciate da sole ad affrontare un'altra situazione di grave crisi economica dopo gli anni della chiusura dovuti alla pandemia,
impegna il Governo:
a prevedere nel primo provvedimento utile, al fine di sostenere l'economia delle aree di montagna della regione Emilia-Romagna contributi a fondo perduto e ristori specificatamente dedicati alle attività economiche e all'indotto collegato agli sport invernali al fine di mettere gli operatori nelle condizioni di resistere e di non essere costretti ad abbandonare le zone montane di cui sono un presidio importante;
a predisporre, per quanto di sua competenza, un piano straordinario di interventi con il coinvolgimento delle istituzioni regionali, della comunità montane e delle realtà economiche locali coinvolte.
9/730/47. De Maria, Vaccari.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
in particolare il comparto turistico della montagna, con tutto il suo indotto, sta attraversando un periodo di forte crisi dovuta alla totale mancanza di neve dopo le stagioni già cancellate dalla pandemia da COVID-19 con effetti che rischiano di essere irreversibili;
le temperature miti, quasi primaverili, per tutto il mese di dicembre e quest'inizio di gennaio, hanno reso difficile, se non impossibile lungo tutta la dorsale appenninica la produzione di neve artificiale con conseguente non apertura delle stazioni sciistiche e del relativo indotto;
l'assoluta mancanza di precipitazioni nevose e le temperature elevate tra fine 2022 e inizio 2023 hanno imposto la chiusura quasi totale del comparto della montagna, in un periodo, quello delle feste natalizie, che rappresenta da solo circa il 40-45 per cento del fatturato turistico invernale;
le regioni non possono essere lasciate da sole ad affrontare un'altra situazione di grave crisi economica dopo gli anni della chiusura dovuti alla pandemia,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di prevedere misure per sostenere l'economia delle aree di montagna della regione Emilia-Romagna dedicate alle attività economiche e all'indotto collegato agli sport invernali;
a valutare l'opportunità di predisporre, per quanto di sua competenza, un piano straordinario di interventi con il coinvolgimento delle istituzioni regionali, della comunità montane e delle realtà economiche locali coinvolte.
9/730/47. (Testo modificato nel corso della seduta)De Maria, Vaccari.
La Camera,
premesso che:
il presente provvedimento, all'articolo 11, reca disposizioni concernenti la Commissione tecnica PNRR-PNIEC, relativamente alla quale è prevista la possibilità di nominare fino a trenta componenti aggregati; viene, inoltre, consentito alla direzione generale per le valutazioni ambientali del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica (MASE) di avvalersi, per un periodo di tre anni, per le esigenze delle commissioni VIA-VAS e PNRR-PNIEC, di personale delle Forze armate in possesso della laurea magistrale in ingegneria;
si tratta di disposizioni correlate alla realizzazione dei progetti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);
sempre nell'ambito delle misure finalizzate al rafforzamento delle strutture amministrative in relazione all'attuazione del PNRR, l'articolo 6 del decreto-legge n. 77 del 2021 ha istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato un ufficio centrale di livello dirigenziale denominato «Servizio centrale per il PNRR» con compiti di coordinamento operativo, monitoraggio, rendicontazione e controllo del PNRR, articolato in sei uffici di livello dirigenziale non generale;
il successivo articolo 7 del medesimo decreto-legge ha definito il meccanismo dei controlli sull'attuazione del PNRR attraverso la creazione, sempre presso la Ragioneria generale dello Stato, di un nuovo ufficio dirigenziale di livello non generale, che si avvale altresì dell'essenziale e imprescindibile ruolo delle Ragionerie territoriali dello Stato, articolate su tutto il territorio nazionale e, già da anni, impegnate in attività e funzioni di audit nei confronti di tutte le amministrazioni pubbliche, statali (come le scuole e le amministrazioni periferiche dello Stato) e territoriali (comuni, province e regioni), con riguardo ai fondi europei PON, POR, FESR, FSE;
in considerazione delle maggiori responsabilità connesse alle funzioni di supporto ai compiti di audit del PNRR, assegnate alle Ragionerie territoriali dello Stato (RTS) ai sensi del summenzionato articolo 7 del decreto-legge n. 77 del 2021, l'articolo 8, comma 1, del decreto-legge n. 80 del 2021 ha previsto l'istituzione di sole sette posizioni dirigenziali di livello generale, destinate alla direzione delle Ragionerie territoriali esclusivamente di Milano, Venezia, Bologna, Roma, Napoli, Bari e Palermo;
in particolare, la tabella rubricata «Ambiti territoriali» di cui all'allegato 1 del già citato decreto-legge n. 80 del 2021 ha previsto che la regione Sardegna ricada nell'area Centro-Sardegna e abbia come riferimento la Ragioneria territoriale di Roma: una scelta fortemente penalizzante per la regione Sardegna, poiché la sua condizione di isola distante dal resto delle regioni d'Italia rende difficoltoso il mantenimento di rapporti costanti con la Ragioneria territoriale di Roma da cui dovrebbe dipendere;
la Sardegna, infatti, è un territorio con peculiarità geografiche e organizzative completamente differenti rispetto al resto della penisola. Al pari di altre regioni a statuto speciale, anche in Sardegna – già presidio territoriale dell'ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea (IGRUE) – la contabilità e la modalità di rendicontazione circa l'utilizzo dei fondi pubblici risultano completamente differenti rispetto ad altre realtà regionali;
l'istituzione di sole sette posizioni dirigenziali di livello generale, inoltre, rende eccessivamente difficoltoso il meccanismo dei controlli e di audit sull'attuazione del PNRR, determinando un ampliamento della governance che ne penalizza la funzionalità e l'efficacia sul territorio sardo rispetto a tutte le altre realtà locali beneficiarie delle risorse previste dal PNRR;
i comuni soggetti attuatori dei progetti per l'attuazione del PNRR sono in numero rilevante di 377 unità per la regione Sardegna, quasi al pari delle 378 unità per la regione Lazio;
la recente «Modifica all'articolo 119 della Costituzione, concernente il riconoscimento delle peculiarità delle isole e il superamento degli svantaggi derivanti dall'insularità» (legge costituzionale 7 novembre 2022, n. 2, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 267 del 15 novembre 2022) mira a sottolineare, anche con riferimento alla regione Sardegna, come detta condizione oggettiva non possa rappresentare un freno o una deminutio rispetto ad altre regioni italiane,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di implementare, da sette a otto, le posizioni dirigenziali di livello generale, attualmente destinate alla direzione delle Ragionerie territoriali di Milano, Venezia, Bologna, Roma, Napoli, Bari e Palermo, includendo anche la direzione della Ragioneria territoriale di Cagliari.
9/730/48. Giagoni.
La Camera,
premesso che:
il presente provvedimento reca misure di sostegno per fronteggiare l'aumento dei costi dell'energia, fenomeno che ha determinato una situazione di forte difficoltà per numerosi operatori economici e anche per i cittadini;
tale vertiginoso incremento dei prezzi energetici ha avuto un forte impatto negativo anche sulle residenze sanitarie assistenziali (RSA), strutture socio-sanitarie dedicate ad anziani non autosufficienti che necessitano in maniera continuativa di assistenza medica, infermieristica o riabilitativa, generica o specializzata;
secondo recenti previsioni economiche, il rincaro dei costi proiettato su 250 mila anziani non autosufficienti dell'intero sistema delle RSA in Italia equivale a 2,72 milioni di euro di perdita al giorno per tutte le RSA, 85 milioni al mese e più di un miliardo di euro di perdita all'anno;
le RSA, dunque, sono indubbiamente tra i soggetti più colpiti dai rincari, necessitando le strutture di consumi elevati per l'intero anno solare e parimenti di luce e gas, al fine di garantire le migliori cure per i propri ospiti; attualmente, gli aumenti dei costi di gestione gravano sul bilancio delle residenze sanitarie assistenziali e si ripercuotono inevitabilmente sulle rette degli ospiti, per i quali devono comunque essere garantite le prestazioni assistenziali minime previste per legge;
il sopradescritto contesto di incremento dei costi energetici, immediatamente successivo alle già gravi conseguenze derivanti dalla pandemia da COVID-19, ha messo a rischio la sostenibilità del servizio di accoglienza per le persone anziane e per i fragili;
gli ultimi interventi previsti per far fronte al caro bollette, anche nell'ambito del provvedimento in oggetto, rappresentano certamente un segnale molto positivo nel percorso del sostegno economico a cittadini e imprese, che – tenuto conto della non ancora terminata stagione invernale e delle attuali oscillazioni legate ai prezzi dell'energia – andrebbe, dunque, implementato,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità, nel prossimo provvedimento utile e compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di integrare le risorse necessarie a garantire la piena operatività delle residenze sanitarie assistenziali, considerata la funzione sociale di preminente importanza per il nostro Paese.
9/730/49. Comaroli.
La Camera,
premesso che:
il presente provvedimento reca misure di sostegno per fronteggiare l'aumento dei costi dell'energia, fenomeno che ha determinato una situazione di forte difficoltà per numerosi operatori economici e anche per i cittadini;
tale vertiginoso incremento dei prezzi energetici ha avuto un forte impatto negativo anche sulle residenze sanitarie assistenziali (RSA), strutture socio-sanitarie dedicate ad anziani non autosufficienti che necessitano in maniera continuativa di assistenza medica, infermieristica o riabilitativa, generica o specializzata;
secondo recenti previsioni economiche, il rincaro dei costi proiettato su 250 mila anziani non autosufficienti dell'intero sistema delle RSA in Italia equivale a 2,72 milioni di euro di perdita al giorno per tutte le RSA, 85 milioni al mese e più di un miliardo di euro di perdita all'anno;
le RSA, dunque, sono indubbiamente tra i soggetti più colpiti dai rincari, necessitando le strutture di consumi elevati per l'intero anno solare e parimenti di luce e gas, al fine di garantire le migliori cure per i propri ospiti; attualmente, gli aumenti dei costi di gestione gravano sul bilancio delle residenze sanitarie assistenziali e si ripercuotono inevitabilmente sulle rette degli ospiti, per i quali devono comunque essere garantite le prestazioni assistenziali minime previste per legge;
il sopradescritto contesto di incremento dei costi energetici, immediatamente successivo alle già gravi conseguenze derivanti dalla pandemia da COVID-19, ha messo a rischio la sostenibilità del servizio di accoglienza per le persone anziane e per i fragili;
gli ultimi interventi previsti per far fronte al caro bollette, anche nell'ambito del provvedimento in oggetto, rappresentano certamente un segnale molto positivo nel percorso del sostegno economico a cittadini e imprese, che – tenuto conto della non ancora terminata stagione invernale e delle attuali oscillazioni legate ai prezzi dell'energia – andrebbe, dunque, implementato,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di integrare le risorse necessarie a garantire la piena operatività delle residenze sanitarie assistenziali, considerata la funzione sociale di preminente importanza per il nostro Paese.
9/730/49. (Testo modificato nel corso della seduta)Comaroli.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene misure urgenti di sostegno nel settore dell'energia;
occorre promuovere la microgenerazione da fonti di energia sostenibili, mediante semplificazioni di carattere amministrativo, per favorire il raggiungimento degli obiettivi di produzione e di sicurezza energetica dettati dall'Unione Europea;
l'articolo 7-bis del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, prevede la semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione di interventi di efficienza energetica e piccoli impianti di produzione da fonti rinnovabili;
in particolare, il comma 5 prevede che siano considerati interventi di manutenzione ordinaria e non subordinati all'acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, ivi compresi quelli previsti dal codice dei beni culturali, gli interventi di installazione di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici abitativi o produttivi, come definiti alla voce 32 dell'allegato A al regolamento edilizio-tipo, adottato con intesa sancita in sede di Conferenza unificata 20 ottobre 2016, n. 125/CU;
si ritiene necessario procedere a ulteriori semplificazioni al fine di sostenere imprese e famiglie nell'attuale contesto di crisi energetica, consentendo l'estensione delle semplificazioni alla realizzazione ex novo di strutture di sostegno per installare gli impianti solari fotovoltaici e solaritermici su pensiline, porticati e tettoie;
tale tipologia di interventi incrementano la produzione energetica e riducono gli impatti dei costi energetici dei soggetti realizzatori, senza determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,
impegna il Governo
ad estendere le disposizioni semplificatorie di cui all'articolo 7-bis, comma 5, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, alla installazione di impianti di produzione energetica da fonte solare su pensiline porticati e tettoie come individuati alle voci 38, 39 e 41 dell'allegato A al regolamento edilizio-tipo, adottato con intesa sancita in sede di Conferenza unificata 20 ottobre 2016, n. 125/CU, detenuti o realizzati da imprese o da soggetti titolari di fabbricati abitativi.
9/730/50. Tenerini.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene misure urgenti di sostegno nel settore dell'energia;
occorre promuovere la microgenerazione da fonti di energia sostenibili, mediante semplificazioni di carattere amministrativo, per favorire il raggiungimento degli obiettivi di produzione e di sicurezza energetica dettati dall'Unione Europea;
l'articolo 7-bis del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, prevede la semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione di interventi di efficienza energetica e piccoli impianti di produzione da fonti rinnovabili;
in particolare, il comma 5 prevede che siano considerati interventi di manutenzione ordinaria e non subordinati all'acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, ivi compresi quelli previsti dal codice dei beni culturali, gli interventi di installazione di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici abitativi o produttivi, come definiti alla voce 32 dell'allegato A al regolamento edilizio-tipo, adottato con intesa sancita in sede di Conferenza unificata 20 ottobre 2016, n. 125/CU;
si ritiene necessario procedere a ulteriori semplificazioni al fine di sostenere imprese e famiglie nell'attuale contesto di crisi energetica, consentendo l'estensione delle semplificazioni alla realizzazione ex novo di strutture di sostegno per installare gli impianti solari fotovoltaici e solaritermici su pensiline, porticati e tettoie;
tale tipologia di interventi incrementano la produzione energetica e riducono gli impatti dei costi energetici dei soggetti realizzatori, senza determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di estendere le disposizioni semplificatorie di cui all'articolo 7-bis, comma 5, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, alla installazione di impianti di produzione energetica da fonte solare su pensiline porticati e tettoie come individuati alle voci 38, 39 e 41 dell'allegato A al regolamento edilizio-tipo, adottato con intesa sancita in sede di Conferenza unificata 20 ottobre 2016, n. 125/CU, detenuti o realizzati da imprese o da soggetti titolari di fabbricati abitativi.
9/730/50. (Testo modificato nel corso della seduta)Tenerini.
La Camera,
premesso che:
gli interventi prioritari per la funzionalità del sistema scolastico sono quelli di valorizzare e tutelare e non disperdere le risorse umane formate e il merito valutato del personale dirigenziale che è stato assunto a tempo indeterminato con riserva, che ha superato l'anno di prova e a seguito di sentenze giurisdizionale dopo anni di servizio è stato o sarà licenziato,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere nel prossimo provvedimento utile:
1) la conferma dei ruoli al personale dirigente scolastico assunto a tempo indeterminato con riserva dal Ministero dell'istruzione, in esecuzione di provvedimenti cautelari giurisdizionali, nel caso di superamento dell'anno di prova;
2) l'annullamento dei provvedimenti di licenziamento già notificati e fatti salvi i servizi prestati a tempo determinato e indeterminato nelle istituzioni scolastiche dal predetto personale di cui sopra indicato.
9/730/51. Arruzzolo.
La Camera,
premesso che:
gli interventi prioritari per la funzionalità del sistema scolastico sono quelli di valorizzare e tutelare e non disperdere le risorse umane formate e il merito valutato del personale dirigenziale che è stato assunto a tempo indeterminato con riserva, che ha superato l'anno di prova e a seguito di sentenze giurisdizionale dopo anni di servizio è stato o sarà licenziato,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di individuare soluzioni, anche normative, nel rispetto dei principi costituzionali, volte a contemperare le esigenze determinate dall'affidamento avviatosi per il servizio prestato nell'amministrazione, con il valore costituzionale dell'accesso alle pubbliche amministrazioni attraverso valide procedure concorsuali.
9/730/51. (Testo modificato nel corso della seduta)Arruzzolo.
La Camera,
premesso che:
sono oltre 25.000 le imprese di panificazione (identificate dal codice di attività ATECO 10.71.10) che operano sul territorio nazionale. Esse rappresentano una realtà produttiva diffusa ed essenziale, assicurando agli italiani quotidianamente il pane fresco anche nelle realtà locali più isolate del Paese, garantendo continuità di produzione e distribuzione capillare del pane anche nei momenti più difficili della vita del nostro paese, così come avvenuto anche nel recente periodo epidemico quando i forni del pane non si sono mai fermati;
per queste aziende, per le quali la cottura di pane è di fatto la fase cruciale del processo produttivo, l'energia rappresenta una vera e propria materia prima, dal cui costo e dalla cui disponibilità dipende la vita stessa dell'impresa. Si tratta, quindi, di attività che, seppur di dimensioni modeste proporzionalmente al fatturato, possono a ragione definirsi come fortemente energivore;
proprio per questo la loro sopravvivenza e, conseguentemente, il mantenimento dei 200.000 posti di lavoro che assicurano, sono oggi messi grandemente a rischio dagli incrementi di costo energetici non più sostenibili: a partire dal 2020 i panificatori italiani hanno dovuto registrate aumenti di costo energetico impressionanti, valutabili tra il 200 e il 300 per cento, che si sono sommati a quelli delle materie prime;
la recente comunicazione di ARERA, con aumenti del prezzo del gas per le famiglie pari al 23,3 per cento, prefigura un ulteriore pesante impatto sulle imprese di panificazione, molte delle quali, in mancanza di interventi concreti e immediati, saranno costrette a breve a interrompere la propria attività con conseguenti perdite significative anche di posti di lavoro: un fenomeno già in atto negli ultimi mesi che sta toccando particolarmente i panifici localizzati nelle realtà territoriali più marginali e per questo ancor più colpite dalla chiusura dell'unico forno del paese;
si tratta evidentemente di una gravissima situazione che rischia di provocare danni irreparabili non solo ad un comparto essenziale e vitale quale è certamente quello della panificazione, ma anche un depauperamento produttivo ed occupazionale del Paese,
impegna il Governo
ad adottare azioni di sostegno alle imprese della panificazione e misure per calmierare l'aumento dei costi di energia e gas in tale settore, anche previa apertura di un tavolo di confronto con le associazioni di categoria e con i distributori di energia per concordare una tariffazione agevolata.
9/730/52. D'Attis, Polidori.
La Camera,
premesso che:
sono oltre 25.000 le imprese di panificazione (identificate dal codice di attività ATECO 10.71.10) che operano sul territorio nazionale. Esse rappresentano una realtà produttiva diffusa ed essenziale, assicurando agli italiani quotidianamente il pane fresco anche nelle realtà locali più isolate del Paese, garantendo continuità di produzione e distribuzione capillare del pane anche nei momenti più difficili della vita del nostro paese, così come avvenuto anche nel recente periodo epidemico quando i forni del pane non si sono mai fermati;
per queste aziende, per le quali la cottura di pane è di fatto la fase cruciale del processo produttivo, l'energia rappresenta una vera e propria materia prima, dal cui costo e dalla cui disponibilità dipende la vita stessa dell'impresa. Si tratta, quindi, di attività che, seppur di dimensioni modeste proporzionalmente al fatturato, possono a ragione definirsi come fortemente energivore;
proprio per questo la loro sopravvivenza e, conseguentemente, il mantenimento dei 200.000 posti di lavoro che assicurano, sono oggi messi grandemente a rischio dagli incrementi di costo energetici non più sostenibili: a partire dal 2020 i panificatori italiani hanno dovuto registrate aumenti di costo energetico impressionanti, valutabili tra il 200 e il 300 per cento, che si sono sommati a quelli delle materie prime;
la recente comunicazione di ARERA, con aumenti del prezzo del gas per le famiglie pari al 23,3 per cento, prefigura un ulteriore pesante impatto sulle imprese di panificazione, molte delle quali, in mancanza di interventi concreti e immediati, saranno costrette a breve a interrompere la propria attività con conseguenti perdite significative anche di posti di lavoro: un fenomeno già in atto negli ultimi mesi che sta toccando particolarmente i panifici localizzati nelle realtà territoriali più marginali e per questo ancor più colpite dalla chiusura dell'unico forno del paese;
si tratta evidentemente di una gravissima situazione che rischia di provocare danni irreparabili non solo ad un comparto essenziale e vitale quale è certamente quello della panificazione, ma anche un depauperamento produttivo ed occupazionale del Paese,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare azioni di sostegno alle imprese della panificazione e misure per calmierare l'aumento dei costi di energia e gas in tale settore, anche previa apertura di un tavolo di confronto con le associazioni di categoria e con i distributori di energia per concordare una tariffazione agevolata.
9/730/52. (Testo modificato nel corso della seduta)D'Attis, Polidori.
La Camera,
premesso che:
il concorso per dirigente scolastico di cui al decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 13 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4 serie speciale, n. 56 del 15 luglio 2011 e il concorso per dirigente scolastico di cui al decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 23 novembre 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4° serie speciale, n. 90 del 24 novembre 2017, sono finiti più volte al centro delle cronache e sono stati oggetto di tantissimi ricorsi e contenziosi ancora pendenti da parte di candidati esclusi dalla prova scritta o dalla prova orale;
al fine di tutelare le esigenze di economicità dell'azione amministrativa e di prevenire le ripercussioni sul sistema scolastico dei possibili esiti dei contenziosi pendenti, risulta ragionevole intervenire prevedendo con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, lo svolgimento di un corso intensivo di formazione con prova finale, riservato ai partecipanti che abbiano sostenuto almeno la prova scritta e che abbiano in essere un contenzioso giurisdizionale per mancato superamento di una delle due prove del predetto concorso,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di:
a) prevedere nel prossimo provvedimento utile lo svolgimento di un corso intensivo di formazione con relativa prova finale riservato ai partecipanti al concorso di cui al decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 13 luglio 2011 e del 23 novembre 2017 che abbiano sostenuto almeno la prova scritta e a condizione che: a) abbiano un contenzioso giurisdizionale in atto per mancato superamento della prova scritta del predetto concorso; b) abbiano un contenzioso giurisdizionale in atto per mancato superamento della prova orale del predetto concorso;
b) inserire, nel medesimo provvedimento, i soggetti che hanno superato la prova finale del corso intensivo di formazione in coda nella graduatoria finale e successivamente immetterli in ruolo a seguito dello scorrimento dell'attuale graduatoria di merito del concorso di cui al decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 23 novembre 2017;
c) emanare con specifico decreto del Ministro dell'istruzione e del merito le modalità di svolgimento del corso di cui alla lettera a).
9/730/53. Rubano.
La Camera,
premesso che:
il concorso per dirigente scolastico di cui al decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 13 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4 serie speciale, n. 56 del 15 luglio 2011 e il concorso per dirigente scolastico di cui al decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 23 novembre 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4° serie speciale, n. 90 del 24 novembre 2017, sono finiti più volte al centro delle cronache e sono stati oggetto di tantissimi ricorsi e contenziosi ancora pendenti da parte di candidati esclusi dalla prova scritta o dalla prova orale;
al fine di tutelare le esigenze di economicità dell'azione amministrativa e di prevenire le ripercussioni sul sistema scolastico dei possibili esiti dei contenziosi pendenti, risulta ragionevole intervenire prevedendo con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, lo svolgimento di un corso intensivo di formazione con prova finale, riservato ai partecipanti che abbiano sostenuto almeno la prova scritta e che abbiano in essere un contenzioso giurisdizionale per mancato superamento di una delle due prove del predetto concorso,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di:
a) prevedere lo svolgimento di un corso intensivo di formazione con relativa prova finale riservato ai partecipanti al concorso di cui al decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 13 luglio 2011 e del 23 novembre 2017 che abbiano sostenuto almeno la prova scritta e a condizione che: a) abbiano un contenzioso giurisdizionale in atto per mancato superamento della prova scritta del predetto concorso; b) abbiano un contenzioso giurisdizionale in atto per mancato superamento della prova orale del predetto concorso;
b) inserire, nel medesimo provvedimento, i soggetti che hanno superato la prova finale del corso intensivo di formazione in coda nella graduatoria finale e successivamente immetterli in ruolo a seguito dello scorrimento dell'attuale graduatoria di merito del concorso di cui al decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 23 novembre 2017;
c) emanare con specifico decreto del Ministro dell'istruzione e del merito le modalità di svolgimento del corso di cui alla lettera a).
9/730/53. (Testo modificato nel corso della seduta)Rubano.
La Camera,
premesso che:
il comma 5-ter dell'articolo 40 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, così come convertito dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, ha introdotto il nuovo comma, l'831-bis, alla legge 27 dicembre 2019, n. 160 il quale dispone che: «831-bis. Gli operatori che forniscono i servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica di cui al codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e che non rientrano nella previsione di cui al comma 831 sono soggetti a un canone pari a 800 euro per ogni impianto insistente sul territorio di ciascun ente. Il canone non è modificabile ai sensi del comma 817 e ad esso non è applicabile alcun altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsiasi ragione o a qualsiasi titolo richiesto, ai sensi dell'articolo 93 del decreto legislativo n. 259 del 2003. I relativi importi sono rivalutati annualmente in base all'indice Istat dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell'anno precedente. Il versamento del canone è effettuato entro il 30 aprile di ciascun anno in unica soluzione attraverso la piattaforma di cui all'articolo 5 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82»;
la nuova disposizione, introdotta in occasione della conversione in legge del decreto-legge n. 77 del 2021, costituisce una sostanziale detassazione degli impianti in questione e comporta una significativa perdita di gettito per i comuni, con evidenti disparità rispetto ad impianti siti su aree private;
come recentemente osservato dalla giurisprudenza di merito (Tribunale di Treviso, sezione terza civile, sentenza n. 240/202) in difetto della destinazione a pubblico servizio e della conseguente ascrivibilità del bene pubblico al patrimonio indisponibile dell'ente, la cessione in godimento a favore di privati, al di là del «nomen iuris» che le parti abbiano dato al rapporto viene ad inquadrarsi nello schema privatistico della locazione;
per quanto concerne il principio di garantire a tutti gli operatori un trattamento uniforme e non discriminatorio, attraverso la previsione del divieto di porre a carico degli stessi oneri o canoni che non siano stabiliti per legge, a garanzia di parità di trattamento nelle diverse regioni, province o comuni sancito dall'articolo 93 del decreto legislativo n. 259 del 2003, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 47 del 26 marzo 2015, ha stabilito che una legge regionale che imponga il pagamento di oneri non previsti dalla legge statale viola l'articolo 117 della Costituzione, in quanto si pone in contrasto con l'articolo 93 del decreto legislativo n. 253 del 2003, espressione di un principio fondamentale della materia «ordinamento della comunicazione». È importante però sottolineare – per il tema che qui interessa – che la Corte costituzionale, nel ribadire il divieto di imporre oneri non previsti dalla legge statale, non mette in discussione il rapporto di tipo privatistico tra comune e gestori, quando l'area di installazione dell'impianto appartenga al patrimonio disponibile dell'ente. In questo caso, quindi, il canone di locazione è dovuto e non si applicano le ordinarie regole del Canone unico,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di inserire, nel primo provvedimento utile, una norma che stabilisca la inapplicabilità retroattiva della norma in relazione ai contratti ed alle convenzioni già in essere anteriormente all'entrata in vigore della legge 29 luglio 2021, n. 108, nonché a ridare impulso al tavolo tecnico istituito presso il Ministero delle imprese e del made in Italy, proprio al fine di rideterminare il canone unico patrimoniale.
9/730/54. Cavandoli.
La Camera,
premesso che:
il comma 5-ter dell'articolo 40 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, così come convertito dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, ha introdotto il nuovo comma, l'831-bis, alla legge 27 dicembre 2019, n. 160 il quale dispone che: «831-bis. Gli operatori che forniscono i servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica di cui al codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e che non rientrano nella previsione di cui al comma 831 sono soggetti a un canone pari a 800 euro per ogni impianto insistente sul territorio di ciascun ente. Il canone non è modificabile ai sensi del comma 817 e ad esso non è applicabile alcun altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsiasi ragione o a qualsiasi titolo richiesto, ai sensi dell'articolo 93 del decreto legislativo n. 259 del 2003. I relativi importi sono rivalutati annualmente in base all'indice Istat dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell'anno precedente. Il versamento del canone è effettuato entro il 30 aprile di ciascun anno in unica soluzione attraverso la piattaforma di cui all'articolo 5 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82»;
la nuova disposizione, introdotta in occasione della conversione in legge del decreto-legge n. 77 del 2021, costituisce una sostanziale detassazione degli impianti in questione e comporta una significativa perdita di gettito per i comuni, con evidenti disparità rispetto ad impianti siti su aree private;
come recentemente osservato dalla giurisprudenza di merito (Tribunale di Treviso, sezione terza civile, sentenza n. 240/202) in difetto della destinazione a pubblico servizio e della conseguente ascrivibilità del bene pubblico al patrimonio indisponibile dell'ente, la cessione in godimento a favore di privati, al di là del «nomen iuris» che le parti abbiano dato al rapporto viene ad inquadrarsi nello schema privatistico della locazione;
per quanto concerne il principio di garantire a tutti gli operatori un trattamento uniforme e non discriminatorio, attraverso la previsione del divieto di porre a carico degli stessi oneri o canoni che non siano stabiliti per legge, a garanzia di parità di trattamento nelle diverse regioni, province o comuni sancito dall'articolo 93 del decreto legislativo n. 259 del 2003, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 47 del 26 marzo 2015, ha stabilito che una legge regionale che imponga il pagamento di oneri non previsti dalla legge statale viola l'articolo 117 della Costituzione, in quanto si pone in contrasto con l'articolo 93 del decreto legislativo n. 253 del 2003, espressione di un principio fondamentale della materia «ordinamento della comunicazione». È importante però sottolineare – per il tema che qui interessa – che la Corte costituzionale, nel ribadire il divieto di imporre oneri non previsti dalla legge statale, non mette in discussione il rapporto di tipo privatistico tra comune e gestori, quando l'area di installazione dell'impianto appartenga al patrimonio disponibile dell'ente. In questo caso, quindi, il canone di locazione è dovuto e non si applicano le ordinarie regole del Canone unico,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di inserire una norma che stabilisca la inapplicabilità retroattiva della norma in relazione ai contratti ed alle convenzioni già in essere anteriormente all'entrata in vigore della legge 29 luglio 2021, n. 108, nonché a ridare impulso al tavolo tecnico istituito presso il Ministero delle imprese e del made in Italy, proprio al fine di rideterminare il canone unico patrimoniale.
9/730/54. (Testo modificato nel corso della seduta)Cavandoli.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
a fronte di questi andamenti il Governo sta rivelando il vero volto della destra italiana, perché si sta dimostrando inadeguato e iniquo nelle politiche di sostegno all'economia, di contrasto al caro-prezzi, di riduzione delle diseguaglianze: la manovra non favorirà la ripresa e, anzi, rischia di rallentarla, sia per gli investimenti privati, con l'indebolimento del Superbonus e dei principali incentivi, sia per quelli pubblici, con le incertezze sul PNRR; non saranno sostenute le famiglie e le imprese, che già in questi giorni stanno affrontando i rincari con cui si è aperto il 2023, dai carburanti, a causa della scelta di non prorogare gli sconti voluti dal precedente Governo, ai pedaggi autostradali, dalle bollette del gas ai generi alimentari, ai trasporti e ai mutui a tasso variabile, tanto che secondo le associazioni dei consumatori si prospetta una maggiore spesa per le famiglie di circa 2.400 euro nel corso dell'anno; non saranno aiutati gli enti locali, perché le risorse a loro destinate sono manifestamente insufficienti rispetto agli extracosti energetici che stanno subendo;
in particolare il comparto turistico della montagna, con tutto il suo indotto, sta attraversando un periodo di forte crisi dovuta alla totale mancanza di neve dopo le stagioni già cancellate dalla pandemia da COVID-19 con effetti che rischiano di essere irreversibili;
le temperature miti, quasi primaverili, per tutto il mese di dicembre e quest'inizio di gennaio, hanno reso difficile, se non impossibile lungo tutta la dorsale appenninica la produzione di neve artificiale con conseguente non apertura delle stazioni sciistiche e del relativo indotto;
l'assoluta mancanza di precipitazioni nevose e le temperature elevate tra fine 2022 e inizio 2023 hanno imposto la chiusura quasi totale del comparto della montagna, in un periodo, quello delle feste natalizie, che rappresenta da solo circa il 40-45 per cento del fatturato turistico invernale;
le regioni non possono essere lasciate da sole ad affrontare un'altra situazione di grave crisi economica dopo gli anni della chiusura dovuti alla pandemia,
impegna il Governo:
a prevedere nel primo provvedimento utile, al fine di sostenere l'economia delle aree di montagna dell'Appennino centro meridionale, contributi a fondo perduto e ristori specificatamente dedicati alle attività economiche e all'indotto collegato agli sport invernali al fine di mettere gli operatori nelle condizioni di resistere e di non essere costretti ad abbandonare le zone montane di cui sono un presidio importante;
a predisporre, per quanto di sua competenza, un piano straordinario di interventi con il coinvolgimento delle istituzioni regionali, della comunità montane e delle realtà economiche locali coinvolte.
9/730/55. Mancini.
La Camera,
premesso che:
il decreto all'esame e la legge di bilancio, cui è complementare, intervengono in una delicatissima e complicata fase economica e sociale per l'Italia: la crisi energetica continua a colpire duramente, l'inflazione è ai massimi da trenta anni, e in risposta agli aumenti dei prezzi la Banca centrale europea sta innalzando i tassi di riferimento per bloccare la spirale inflazionistica con i noti effetti sui mutui e sui prestiti, l'economia del nostro paese rallenta, e alcuni previsori stimano una recessione per il 2023, si allargano le diseguaglianze, perché l'inflazione origina da spese sostanzialmente incomprimibili quali l'energia e gli alimentari che, proporzionalmente, pesano di più sui cittadini finanziariamente più fragili;
in particolare il comparto turistico della montagna, con tutto il suo indotto, sta attraversando un periodo di forte crisi dovuta alla totale mancanza di neve dopo le stagioni già cancellate dalla pandemia da COVID-19 con effetti che rischiano di essere irreversibili;
le temperature miti, quasi primaverili, per tutto il mese di dicembre e quest'inizio di gennaio, hanno reso difficile, se non impossibile lungo tutta la dorsale appenninica la produzione di neve artificiale con conseguente non apertura delle stazioni sciistiche e del relativo indotto;
l'assoluta mancanza di precipitazioni nevose e le temperature elevate tra fine 2022 e inizio 2023 hanno imposto la chiusura quasi totale del comparto della montagna, in un periodo, quello delle feste natalizie, che rappresenta da solo circa il 40-45 per cento del fatturato turistico invernale;
le regioni non possono essere lasciate da sole ad affrontare un'altra situazione di grave crisi economica dopo gli anni della chiusura dovuti alla pandemia,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di prevedere misure per sostenere l'economia delle aree di montagna dell'Appennino centro-meridionale, dedicate alle attività economiche e all'indotto collegato agli sport invernali;
a valutare l'opportunità di predisporre, per quanto di sua competenza, un piano straordinario di interventi con il coinvolgimento delle istituzioni regionali, della comunità montane e delle realtà economiche locali coinvolte.
9/730/55. (Testo modificato nel corso della seduta)Mancini.
La Camera,
premesso che:
il decreto in conversione, già approvato dal Senato in prima lettura, reca una serie di disposizioni urgenti in materia di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica, e in particolare all'articolo 9 apporta modifiche alla disciplina del cosiddetto Superbonus, riducendo la percentuale della detrazione riconosciuta nel 2023 per gli interventi rientranti nella disciplina del cosiddetto Superbonus al 90 per cento;
l'articolo 119, del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto Rilancio), istitutiva della disciplina del bonus edilizio, introduce una detrazione pari al 110 per cento delle spese relative a specifici interventi di efficientamento energetico (anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione) e di misure antisismiche sugli edifici (anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici) per i seguenti beneficiari: condomini, persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arte o professione, organizzazioni non lucrative di utilità sociale, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri, persone fisiche sugli edifici unifamiliari, ovvero dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa su immobili assegnati in godimento ai propri soci;
restano esclusi da tali categorie i soggetti pubblici e privati, anche costituiti in forma societaria, che siano in possesso a titolo di proprietà, nuda proprietà, usufrutto e per le sole pubbliche amministrazioni, a titolo di comodato d'uso gratuito o locazione, di immobili rientranti nelle categorie catastali B/l, b/2 E D/4 e D/8, attualmente destinati a caserme e accasamenti delle forze di pubblica sicurezza o di pubblica utilità ovvero anche i soggetti sia pubblici che privati, anche costituiti in forma societaria, che siano in possesso a titolo di proprietà, nuda proprietà, usufrutto o comodato d'uso gratuito o locazione di immobili rientranti in qualsiasi categoria catastale ai quali sia stato notificato, almeno con 5 anni di anticipo rispetto all'entrata in vigore della disciplina sul Superbonus, la dichiarazione di interesse culturale o di bene soggetto a vincolo storico ai sensi della Legge 1 giugno 1939 n. 1089 e decreto legislativo n. 42 del 2004;
tale esclusione non appare giustificabile alla luce dei benefìci apportati dagli interventi di efficientamento energetico previsti dal Superbonus, e che consentirebbero un forte contenimento dei costi di manutenzione e gestione degli edifici posseduti, o condotti in locazione dallo Stato e/o da Enti Pubblici, e destinati a caserme ed accasermamenti delle forze di pubblica sicurezza o di pubblica utilità (Polizia di Stato, Carabinieri, Agenzie pubbliche di Servizi di Sicurezza, Guardia di Finanza, Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, Caserme di Polizia Municipale) e destinati anche parzialmente a residenza abitativa del personale in servizio,
impegna il Governo
A valutare l'opportunità di estendere, con il primo provvedimento utile, la disciplina di cui all'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 a tutti i soggetti, pubblici e privati, anche costituiti in forma societaria, che siano in possesso a titolo di proprietà, nuda proprietà, usufrutto e per le sole pubbliche amministrazioni, a titolo di comodato d'uso gratuito o locazione, di immobili rientranti nelle categorie catastali B/l, b/2 E D/4 e D/8, e destinati a caserme e accasamenti delle forze di pubblica sicurezza o di pubblica utilità ovvero anche i soggetti, sia pubblici che privati, anche costituiti in forma societaria, che siano in possesso a titolo di proprietà, nuda proprietà, usufrutto o comodato d'uso gratuito o locazione di immobili rientranti in qualsiasi categoria catastale ai quali sia stato notificato, almeno con 5 anni di anticipo rispetto all'entrata in vigore della disciplina sul Superbonus, la dichiarazione di interesse culturale o di bene soggetto a vincolo storico ai sensi della legge 1° giugno 1939 n. 1089 e decreto legislativo n. 42 del 2004.
9/730/56. Antoniozzi, Caramanna, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il decreto in conversione, già approvato dal Senato in prima lettura, reca una serie di disposizioni urgenti in materia di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica, e in particolare all'articolo 9 apporta modifiche alla disciplina del cosiddetto Superbonus, riducendo la percentuale della detrazione riconosciuta nel 2023 per gli interventi rientranti nella disciplina del cosiddetto Superbonus al 90 per cento;
l'articolo 119, del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto Rilancio), istitutiva della disciplina del bonus edilizio, introduce una detrazione pari al 110 per cento delle spese relative a specifici interventi di efficientamento energetico (anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione) e di misure antisismiche sugli edifici (anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici) per i seguenti beneficiari: condomini, persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arte o professione, organizzazioni non lucrative di utilità sociale, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri, persone fisiche sugli edifici unifamiliari, ovvero dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa su immobili assegnati in godimento ai propri soci;
restano esclusi da tali categorie i soggetti pubblici e privati, anche costituiti in forma societaria, che siano in possesso a titolo di proprietà, nuda proprietà, usufrutto e per le sole pubbliche amministrazioni, a titolo di comodato d'uso gratuito o locazione, di immobili rientranti nelle categorie catastali B/l, b/2 E D/4 e D/8, attualmente destinati a caserme e accasamenti delle forze di pubblica sicurezza o di pubblica utilità ovvero anche i soggetti sia pubblici che privati, anche costituiti in forma societaria, che siano in possesso a titolo di proprietà, nuda proprietà, usufrutto o comodato d'uso gratuito o locazione di immobili rientranti in qualsiasi categoria catastale ai quali sia stato notificato, almeno con 5 anni di anticipo rispetto all'entrata in vigore della disciplina sul Superbonus, la dichiarazione di interesse culturale o di bene soggetto a vincolo storico ai sensi della Legge 1 giugno 1939 n. 1089 e decreto legislativo n. 42 del 2004;
tale esclusione non appare giustificabile alla luce dei benefìci apportati dagli interventi di efficientamento energetico previsti dal Superbonus, e che consentirebbero un forte contenimento dei costi di manutenzione e gestione degli edifici posseduti, o condotti in locazione dallo Stato e/o da Enti Pubblici, e destinati a caserme ed accasermamenti delle forze di pubblica sicurezza o di pubblica utilità (Polizia di Stato, Carabinieri, Agenzie pubbliche di Servizi di Sicurezza, Guardia di Finanza, Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, Caserme di Polizia Municipale) e destinati anche parzialmente a residenza abitativa del personale in servizio,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di estendere, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, la disciplina di cui all'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 a tutti i soggetti, pubblici e privati, anche costituiti in forma societaria, che siano in possesso a titolo di proprietà, nuda proprietà, usufrutto e per le sole pubbliche amministrazioni, a titolo di comodato d'uso gratuito o locazione, di immobili rientranti nelle categorie catastali B/l, b/2 E D/4 e D/8, e destinati a caserme e accasamenti delle forze di pubblica sicurezza o di pubblica utilità ovvero anche i soggetti, sia pubblici che privati, anche costituiti in forma societaria, che siano in possesso a titolo di proprietà, nuda proprietà, usufrutto o comodato d'uso gratuito o locazione di immobili rientranti in qualsiasi categoria catastale ai quali sia stato notificato, almeno con 5 anni di anticipo rispetto all'entrata in vigore della disciplina sul Superbonus, la dichiarazione di interesse culturale o di bene soggetto a vincolo storico ai sensi della legge 1° giugno 1939 n. 1089 e decreto legislativo n. 42 del 2004.
9/730/56. (Testo modificato nel corso della seduta)Antoniozzi, Caramanna, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame contiene all'articolo 12 disposizioni in materia di esenzioni dell'imposta municipale unica (IMU), nonché l'esenzione dal pagamento della seconda rata dell'IMU di cui all'articolo 1, commi da 738 a 783, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 per gli immobili di cui all'articolo 78, comma 1, lettera d), del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104;
nonostante negli anni la legislazione in materia di fiscalità immobiliare per i cittadini iscritti all'AIRE abbia subito delle modifiche, ivi compresa per il 2022 ai sensi dell'articolo 1, comma 743, legge 30 dicembre 2021, n. 234, la riduzione pari al 37,5 per cento del totale dovuto per i pensionati non residenti nel territorio nazionale ma proprietari di immobili non locati o dati in comodato d'uso; ad oggi, in materia di pagamento dell'imposta municipale unica, si registra una discrasia fiscale nei confronti degli italiani iscritti all'AIRE;
l'eliminazione della suddetta imposta sulla prima casa permetterebbe di incentivare quel legame identitario e di appartenenza con le proprie origini, nonché favorendo il rientro in Italia del «turismo delle radici» e la salvaguardia di immobili presenti nei numerosi piccoli comuni ed aree rurali del Paese,
impegna il Governo
a valutare, nel prossimo provvedimento utile, la possibilità di apporre le opportune modifiche normative al fine di estendere l'esenzione dal pagamento dell'imposta municipale unica (IMU) prevista per il primo immobile, anche ai cittadini italiani regolarmente iscritti all'AIRE.
9/730/57. Di Giuseppe, Calovini, Pietrella, Loperfido.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame contiene all'articolo 12 disposizioni in materia di esenzioni dell'imposta municipale unica (IMU), nonché l'esenzione dal pagamento della seconda rata dell'IMU di cui all'articolo 1, commi da 738 a 783, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 per gli immobili di cui all'articolo 78, comma 1, lettera d), del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104;
nonostante negli anni la legislazione in materia di fiscalità immobiliare per i cittadini iscritti all'AIRE abbia subito delle modifiche, ivi compresa per il 2022 ai sensi dell'articolo 1, comma 743, legge 30 dicembre 2021, n. 234, la riduzione pari al 37,5 per cento del totale dovuto per i pensionati non residenti nel territorio nazionale ma proprietari di immobili non locati o dati in comodato d'uso; ad oggi, in materia di pagamento dell'imposta municipale unica, si registra una discrasia fiscale nei confronti degli italiani iscritti all'AIRE;
l'eliminazione della suddetta imposta sulla prima casa permetterebbe di incentivare quel legame identitario e di appartenenza con le proprie origini, nonché favorendo il rientro in Italia del «turismo delle radici» e la salvaguardia di immobili presenti nei numerosi piccoli comuni ed aree rurali del Paese,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di apporre le opportune modifiche normative al fine di estendere l'esenzione dal pagamento dell'imposta municipale unica (IMU) prevista per il primo immobile, anche ai cittadini italiani regolarmente iscritti all'AIRE.
9/730/57. (Testo modificato nel corso della seduta)Di Giuseppe, Calovini, Pietrella, Loperfido.
La Camera,
premesso che:
in Basilicata vi è il più importante giacimento su terra ferma dell'Europa continentale;
l'apporto energetico della Basilicata all'Italia è rilevante con oltre 5 milioni e mezzo di barili estratti coprendo oltre il 10 per cento della bolletta energetica nazionale;
il costo dei carburanti su territorio regionale è paradossalmente tra i più alti in Italia che non possono essere giustificati da orografia e rete di distribuzione;
l'elevato costo del carburante anche alla luce della mancata proroga della neutralizzazione delle accise volute dal Governo Draghi incide molto sul costo della vita a livello territoriale determinando un aggravio in particolare per le fasce più deboli della popolazione;
considerato l'apporto al fabbisogno energetico dato dal territorio lucano risulta incomprensibile il permanere di costi così elevati presso i distributori sul territorio,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di istituzionalizzazione a livello territoriale regionale uno specifico Osservatorio sul costo del carburante in Basilicata con il coinvolgimento delle forze economiche e sindacali nonché delle associazioni dei consumatori finalizzato a contrastare ogni forma di speculazione e ad avere prezzi che tengano anche conto dell'apporto energetico fornito dalla Basilicata con i suoi giacimenti.
9/730/58. Amendola.
La Camera,
premesso che:
anche i nostri connazionali residenti all'estero proprietari di immobili in Italia hanno potuto usufruire fino al 31 dicembre 2022 delle agevolazioni stabilite dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 in materia di Superbonus per interventi di efficientamento energetico;
con il nuovo requisito introdotto dall'articolo 9, comma 1, lettera a), punto 3, del presente disegno di legge, e cioè che la proroga per il 2023 del Superbonus per gli edifici unifamiliari sia concessa solo alle unità immobiliari adibite ad abitazione principale, i residenti all'estero proprietari di unità immobiliari in Italia verranno inopinatamente ed ingiustamente esclusi dagli incentivi per l'efficientamento energetico per i lavori effettuati nel corso dell'anno 2023;
il Superbonus è stato introdotto per dare uno stimolo per la ripartenza del settore edilizio e quindi creare effetti positivi per la crescita e per lo sviluppo economico e sociale dell'Italia, ai quali hanno finora contribuito e vogliono continuare a contribuire i nostri connazionali residenti all'estero proprietari di immobili in Italia,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, di intervenire con un prossimo provvedimento legislativo per consentire anche ai nostri connazionali residenti all'estero proprietari di immobili in Italia di promuovere la qualificazione energetica degli immobili da essi posseduti e di usufruire degli incentivi fiscali previsti dal presente disegno di legge sebbene tali immobili non possono essere adibiti ad abitazione principale da chi ha dovuto acquisire la propria residenza all'estero.
9/730/59.Porta, Di Sanzo, Toni Ricciardi, Carè.
La Camera,
premesso che:
anche i nostri connazionali residenti all'estero proprietari di immobili in Italia hanno potuto usufruire fino al 31 dicembre 2022 delle agevolazioni stabilite dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 in materia di Superbonus per interventi di efficientamento energetico;
con il nuovo requisito introdotto dall'articolo 9, comma 1, lettera a), punto 3, del presente disegno di legge, e cioè che la proroga per il 2023 del Superbonus per gli edifici unifamiliari sia concessa solo alle unità immobiliari adibite ad abitazione principale, i residenti all'estero proprietari di unità immobiliari in Italia verranno inopinatamente ed ingiustamente esclusi dagli incentivi per l'efficientamento energetico per i lavori effettuati nel corso dell'anno 2023;
il Superbonus è stato introdotto per dare uno stimolo per la ripartenza del settore edilizio e quindi creare effetti positivi per la crescita e per lo sviluppo economico e sociale dell'Italia, ai quali hanno finora contribuito e vogliono continuare a contribuire i nostri connazionali residenti all'estero proprietari di immobili in Italia,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, di intervenire per consentire anche ai nostri connazionali residenti all'estero proprietari di immobili in Italia di promuovere la qualificazione energetica degli immobili da essi posseduti e di usufruire degli incentivi fiscali previsti dal presente disegno di legge sebbene tali immobili non possono essere adibiti ad abitazione principale da chi ha dovuto acquisire la propria residenza all'estero.
9/730/59.(Testo modificato nel corso della seduta)Porta, Di Sanzo, Toni Ricciardi, Carè.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene un pacchetto di misure a favore di famiglie e imprese, con particolare riguardo al caro energia;
in particolare, tra le misure finora approntate al fine di ridurre gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico, è stato previsto l'annullamento della voce in bolletta relativa agli «oneri di sistema», per tutte le utenze con potenza disponibile fino a 16,5 kW;
la mancata previsione del taglio degli oneri di sistema per le potenze superiori ai 16,5 kW colpisce tante PMI e in modo trasversale;
come spiegato da Giovanni Baroni, vicepresidente di Confindustria e presidente della Piccola industria, che ha espresso preoccupazione, «Oggi le imprese dispongono di due strumenti per fronteggiare il caro energia: i crediti d'imposta che vanno sulle partite IVA, pur non comprendendo la totalità della platea e l'azzeramento degli oneri di sistema che, a differenza del primo strumento, caratterizzato da una fruizione particolarmente complessa, rappresenta una misura orizzontale a beneficio di tutte le imprese, mentre i crediti, che hanno comunque costituito un passo importante e che abbiamo apprezzato, scontano nella messa a terra non solo la complessità del processo, ma anche problemi di capienza fiscale e di capacità di utilizzo. E questo soprattutto per le PMI, che infatti hanno spesso bisogno di un consulente per attivare lo strumento, con una conseguente disponibilità di risorse, che non tutte le aziende hanno. [...] Il parametro di 16,5 kW, che equivalgono ai consumi di cinque famiglie, di fatto, esclude dalla fruizione della misura tutte le medie e alte tensioni che sono utilizzate prevalentemente dal settore industriale, che sta passando da una crisi ad un'altra»;
secondo le rilevazioni di Confcommercio, ad esempio, tutte le categorie delle imprese del terziario di mercato hanno subito, nell'ultimo trimestre 2022, un incremento medio del costo delle forniture di energia elettrica ricompreso tra il 65 per cento e oltre il 70 per cento; nel confronto con il mese di novembre dello scorso anno, il costo della bolletta elettrica ha poi raggiunto incrementi talvolta maggiori anche del 200 per cento,
impegna il Governo
ad estendere l'azzeramento delle aliquote relative agli oneri generali di sistema applicate alle utenze non domestiche con potenza disponibile superiore a 16,5 kW, anche connesse in media e alta/altissima tensione o per usi di illuminazione pubblica o di ricarica di veicoli elettrici in luoghi accessibili al pubblico, anche valutando l'opportunità di ridurre il contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, di cui all'articolo 1, commi da 2 a 5, della legge 29 dicembre 2022, n. 197.
9/730/60. Morgante.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene un pacchetto di misure a favore di famiglie e imprese, con particolare riguardo al caro energia;
in particolare, tra le misure finora approntate al fine di ridurre gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico, è stato previsto l'annullamento della voce in bolletta relativa agli «oneri di sistema», per tutte le utenze con potenza disponibile fino a 16,5 kW;
la mancata previsione del taglio degli oneri di sistema per le potenze superiori ai 16,5 kW colpisce tante PMI e in modo trasversale;
come spiegato da Giovanni Baroni, vicepresidente di Confindustria e presidente della Piccola industria, che ha espresso preoccupazione, «Oggi le imprese dispongono di due strumenti per fronteggiare il caro energia: i crediti d'imposta che vanno sulle partite IVA, pur non comprendendo la totalità della platea e l'azzeramento degli oneri di sistema che, a differenza del primo strumento, caratterizzato da una fruizione particolarmente complessa, rappresenta una misura orizzontale a beneficio di tutte le imprese, mentre i crediti, che hanno comunque costituito un passo importante e che abbiamo apprezzato, scontano nella messa a terra non solo la complessità del processo, ma anche problemi di capienza fiscale e di capacità di utilizzo. E questo soprattutto per le PMI, che infatti hanno spesso bisogno di un consulente per attivare lo strumento, con una conseguente disponibilità di risorse, che non tutte le aziende hanno. [...] Il parametro di 16,5 kW, che equivalgono ai consumi di cinque famiglie, di fatto, esclude dalla fruizione della misura tutte le medie e alte tensioni che sono utilizzate prevalentemente dal settore industriale, che sta passando da una crisi ad un'altra»;
secondo le rilevazioni di Confcommercio, ad esempio, tutte le categorie delle imprese del terziario di mercato hanno subito, nell'ultimo trimestre 2022, un incremento medio del costo delle forniture di energia elettrica ricompreso tra il 65 per cento e oltre il 70 per cento; nel confronto con il mese di novembre dello scorso anno, il costo della bolletta elettrica ha poi raggiunto incrementi talvolta maggiori anche del 200 per cento,
impegna il Governo
ad estendere l'azzeramento delle aliquote relative agli oneri generali di sistema applicate alle utenze non domestiche con potenza disponibile superiore a 16,5 kW, anche connesse in media e alta/altissima tensione o per usi di illuminazione pubblica o di ricarica di veicoli elettrici in luoghi accessibili al pubblico, anche valutando l'opportunità di ridurre il contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, di cui all'articolo 1, commi da 2 a 5, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica.
9/730/60. (Testo modificato nel corso della seduta)Morgante.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene un pacchetto di misure a favore di famiglie e imprese, con particolare riguardo al caro energia;
in particolare, l'articolo 9 riduce la percentuale della detrazione riconosciuta nel 2023 per gli interventi rientranti nella disciplina del cosiddetto Superbonus, portandola dal 110 al 90 per cento, prorogando al 31 marzo 2023 il termine previsto per l'utilizzo della detrazione del 110 per cento per le spese sostenute da persone fisiche sugli edifici unifamiliari e riconoscendo, a determinate condizioni di reddito familiare e di titolarità del bene, la possibilità di vedersi riconosciuta la detrazione nella misura del 90 per cento anche per le spese sostenute per le unità immobiliari nel 2023;
è rimasto invariato, invece, il calendario per quanto riguarda i lavori delle case popolari, intestate sia a persone singole per singole unità abitative che a cooperative edilizie: l'agevolazione mantiene l'aliquota al 110 per cento fino al 31 dicembre 2023, ma se entro il 30 giugno 2023 non sarà stato effettuato almeno il 60 per cento dei lavori previsti, termina quel giorno la possibilità di usufruire della misura;
al momento, però, ci sono difficoltà oggettive, che richiederebbero una riflessione sull'opportunità di prorogare gli incentivi per l'efficienza energetica delle case popolari anche al 2024 per permettere di avviare i lavori di ristrutturazione degli immobili, senza la preoccupazione di dover chiudere i lavori entro fine anno;
enti pubblici come gli istituti delle case popolari, in carenza di personale e con molti beni immobili da gestire, sono proprio i soggetti che avrebbero bisogno di più tempo per operare i lavori di efficientamento;
lo strumento del Superbonus per la riqualificazione edilizia ed energetica dei lotti popolari è un tassello fondamentale nel lavoro di ristrutturazione e ammodernamento del patrimonio residenziale pubblico, che acquista una valenza maggiore non solo in termini di incremento medio del valore degli edifici, ma soprattutto di generale miglioramento della qualità della vita dei residenti,
impegna il Governo
a prorogare per le case popolari, intestate sia a persone singole per singole unità abitative che a cooperative edilizie, le disposizioni in materia di Superbonus di cui all'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 alle spese sostenute entro il 31 dicembre 2024, anche valutando la riduzione della detrazione nella misura del 70 per cento.
9/730/61. Vietri.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene un pacchetto di misure a favore di famiglie e imprese, con particolare riguardo al caro energia;
in particolare, l'articolo 9 riduce la percentuale della detrazione riconosciuta nel 2023 per gli interventi rientranti nella disciplina del cosiddetto Superbonus, portandola dal 110 al 90 per cento, prorogando al 31 marzo 2023 il termine previsto per l'utilizzo della detrazione del 110 per cento per le spese sostenute da persone fisiche sugli edifici unifamiliari e riconoscendo, a determinate condizioni di reddito familiare e di titolarità del bene, la possibilità di vedersi riconosciuta la detrazione nella misura del 90 per cento anche per le spese sostenute per le unità immobiliari nel 2023;
è rimasto invariato, invece, il calendario per quanto riguarda i lavori delle case popolari, intestate sia a persone singole per singole unità abitative che a cooperative edilizie: l'agevolazione mantiene l'aliquota al 110 per cento fino al 31 dicembre 2023, ma se entro il 30 giugno 2023 non sarà stato effettuato almeno il 60 per cento dei lavori previsti, termina quel giorno la possibilità di usufruire della misura;
enti pubblici come gli istituti delle case popolari, in carenza di personale e con molti beni immobili da gestire, sono proprio i soggetti che avrebbero bisogno di più tempo per operare i lavori di efficientamento;
lo strumento del Superbonus per la riqualificazione edilizia ed energetica dei lotti popolari è un tassello fondamentale nel lavoro di ristrutturazione e ammodernamento del patrimonio residenziale pubblico, che acquista una valenza maggiore non solo in termini di incremento medio del valore degli edifici, ma soprattutto di generale miglioramento della qualità della vita dei residenti,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prorogare per le case popolari, intestate sia a persone singole per singole unità abitative, che a cooperative edilizie, le disposizioni in materia di Superbonus, di cui all'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, anche valutando la riduzione della detrazione.
9/730/61. (Testo modificato nel corso della seduta)Vietri.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 9 del provvedimento in esame riduce la percentuale della detrazione riconosciuta nel 2023 per gli interventi rientranti nella disciplina del cosiddetto Superbonus, portandola dal no al 90 per cento. La norma proroga, inoltre, il termine previsto per l'utilizzo della detrazione del 110 per cento per le spese sostenute da persone fisiche sugli edifici unifamiliari e riconosce, a determinate condizioni di reddito familiare e di titolarità del bene, la possibilità di vedersi riconosciuta la detrazione nella misura del 90 per cento anche per le spese sostenute per le unità immobiliari nel 2023;
inoltre, l'agevolazione con aliquota nella misura del 110 per cento viene riconosciuta fino al 2025 ai soggetti del terzo settore che esercitano servizi socio-sanitari e assistenziali e i cui membri del consiglio di amministrazione non percepiscono alcun compenso;
considerato che:
l'articolo 1, comma 365, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, ha prorogato, fino al 31 dicembre 2025, la detrazione dall'imposta lorda, con aliquota al 75 per cento, di cui all'articolo 119-ter del decreto-legge n. 34 del 2020 per le spese documentate sostenute per la realizzazione di interventi direttamente finalizzati al superamento e all'eliminazione di barriere architettoniche in edifici già esistenti, prevedendo altresì che, per l'approvazione di questo intervento in condominio, sia sufficiente la maggioranza dei partecipanti all'assemblea che rappresenti almeno un terzo del valore millesimale dell'edificio;
la citata detrazione — che ricomprende anche interventi di automazione degli impianti degli edifici e delle singole unità immobiliari funzionali ad abbattere le barriere architettoniche, la sostituzione dell'impianto e le spese relative allo smaltimento e alla bonifica dei materiali e dell'impianto sostituito – è concessa a condizione che gli interventi rispettino i requisiti di cui al decreto ministeriale n. 236 del 1989 per garantire l'accessibilità e l'adattabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche;
tuttavia, come chiarito dall'Agenzia delle entrate nella circolare n. 23/E del 23 giugno 2022, l'agevolazione de quo non può essere richiesta per gli interventi su immobili in fase di costruzione né per gli interventi di demolizione e ricostruzione, compresi quelli con la stessa volumetria dell'edificio preesistente, sebbene inquadrabili come ristrutturazione edilizia,
impegna il Governo
a prevedere la possibilità di fruire dell'agevolazione citata in premessa anche nei casi di demolizione e ricostruzione.
9/730/62. Aiello, Santillo, Fenu, Pavanelli, Ilaria Fontana, Cappelletti, Todde, Appendino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, introduce modifiche alla disciplina delle cessioni dei crediti fiscali derivanti da interventi edilizi e di efficientamento energetico;
si prevede la possibilità di un allungamento dei termini per avvalersi dell'agevolazione fiscale nei casi di cessione dei crediti d'imposta stabilendo la possibilità di ripartire l'utilizzo del credito residuo in 10 rate annuali;
si amplia il numero delle cessioni concedendo un ulteriore passaggio in favore di banche, gruppi bancari e intermediari finanziari;
si introduce infine la possibilità di prestiti ponte per le imprese con garanzia pubblica;
considerato che:
le indagini condotte dalle associazioni di settore (si veda, da ultimo, l'analisi del centro studi di CNA) evidenziano difficoltà nello smaltimento dei crediti per un valore di circa 5 miliardi, con oltre 50 mila imprese coinvolte;
in risposta all'interrogazione dello scorso 14 dicembre, il Ministro dell'economia e delle finanze ha precisato che i dati al momento in possesso dell'Agenzia delle entrate, per il periodo ottobre 2020-novembre 2022, mostrano che l'ammontare dei crediti è pari complessivamente a 99,4 miliardi di euro, di cui riferibili al cosiddetto Superbonus 52,1 miliardi e al bonus facciate 24,8 miliardi;
ritenuto che:
le misure introdotte con il provvedimento in esame potrebbero rivelarsi non sufficienti per la risoluzione del problema relativo a crediti incagliati, come peraltro emerso nel corso delle audizioni formali sul provvedimento;
è necessario potenziare l'intervento attraverso l'introduzione di ulteriori misure connesse alla fruizione dei crediti in grado di intercettare le diverse esigenze degli operatori coinvolti;
sarebbe utile ampliare il novero dei soggetti in grado di acquisire i crediti soprattutto con l'inserimento di soggetti pubblici, almeno nei casi di comprovata certezza del credito,
impegna il Governo
ad approfondire gli effetti delle disposizioni in esame e a introdurre, con il primo provvedimento utile, ulteriori misure finalizzate allo smaltimento dei crediti fiscali incagliati anche attraverso forme di acquisto pubblico dei crediti.
9/730/63. Alifano, Raffa, Fenu, Lovecchio, Santillo.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame dispone in materia di personale scolastico, docente e ATA, in particolare, all'articolo 14, commi 3 e 4 prevede misure relative ai trattamenti retributivi accessori del personale docente e del personale ATA;
più precisamente, il comma 3 dell'articolo 14, in primo luogo, incrementa nella misura di 85,8 milioni di euro, per il 2022, la dotazione del Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa; tale incremento è destinato al finanziamento dei trattamenti retributivi accessori del personale docente (trattamenti definiti da parte del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al comparto istruzione e ricerca);
in secondo luogo, il comma in esame reca un'autorizzazione di spesa pari a 14,2 milioni di euro, per il 2022, relativa ai compensi individuali accessori del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (personale ATA) delle istituzioni scolastiche ed educative (compensi definiti dal suddetto contratto di comparto);
dunque, si tratta di 100 milioni di euro una tantum per il 2022, 85,8 milioni per il personale docente e 14,2 milioni di euro per il personale ATA per il solo anno 2022 ad integrazione delle risorse contrattuali per il triennio 2019-2021. Le risorse saranno destinate alla componente fissa della retribuzione accessoria del personale docente e ATA;
a legislazione vigente, la procedura selettiva di cui al comma 5-sexies dell'articolo 58 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, è finalizzata ad assumere alle dipendenze dello Stato, a decorrere dal 1° settembre 2022, il personale in possesso dei requisiti che non abbia potuto partecipare alle procedure selettive per mancata disponibilità di posti nella provincia di appartenenza. L'iter di disciplina della procedura selettiva, attraverso decreto interministeriale, è stato avviato ma non ancora ultimato;
il comma 5-septies dell'articolo 58 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, prevede l'avvio di un nuovo concorso per il personale ATA (amministrativo, tecnico e ausiliario) ex LSU (lavoratori socialmente utili) che, «pur in possesso dei requisiti ivi previsti, non abbiano trovato posto nella relativa provincia»;
il concorso dovrà essere indetto con decreto interministeriale, che dovrà essere emanato di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, per la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze;
in totale sono 590 i posti disponibili, residuati dalla precedente procedura selettiva;
il Ministero dell'istruzione ha presentato ai sindacati la bozza del decreto per avviare la selezione, che ha ricevuto, il 17 marzo 2022, il parere favorevole dal CSPI (Consiglio superiore della pubblica istruzione);
in base alla norma citata le assunzioni si sarebbero dovute effettuare a decorrere dal 1° settembre scorso, ma il testo del decreto non è ancora stato emanato, dunque l'iter di disciplina della procedura selettiva, attraverso decreto interministeriale, è stato avviato ma non ancora ultimato;
da ultimo, l'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi proroga di un anno, dal 1° settembre 2022 al 1° settembre 2023, il termine per l'immissione in ruolo del personale interessato dalla procedura di stabilizzazione prevista dall'articolo 58, comma 5-septies, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, introdotto dall'articolo 1, comma 965, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e successivamente modificato dall'articolo 1, comma 960, della legge 30 dicembre 2021, n. 234,
impegna il Governo
a provvedere con la massima sollecitudine all'emanazione del decreto di cui in premessa, al fine di tutelare le legittime aspettative dei soggetti interessati e per evitare possibili problemi e disagi al sistema scolastico derivanti dalla mancanza di personale.
9/730/64. Amato, Cherchi, Caso, Orrico.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 9 del provvedimento in esame riduce la percentuale della detrazione riconosciuta nel 2023 per gli interventi rientranti nella disciplina del cosiddetto Superbonus, portandola dal 110 al 90 per cento. La norma proroga, inoltre, il termine previsto per l'utilizzo della detrazione del 110 per cento per le spese sostenute da persone fisiche sugli edifici unifamiliari e riconosce, a determinate condizioni di reddito familiare e di titolarità del bene, la possibilità di vedersi riconosciuta la detrazione nella misura del 90 per cento anche per le spese sostenute per le unità immobiliari nel 2023;
inoltre, l'agevolazione con aliquota nella misura del 110 per cento viene riconosciuta fino al 2025 ai soggetti del terzo settore che esercitano servizi socio-sanitari e assistenziali e i cui membri del consiglio di amministrazione non percepiscono alcun compenso. Viene prevista anche la corresponsione di un contributo in favore dei soggetti che si trovano nelle condizioni di reddito di riferimento inferiore a 15.000 euro. Viene, altresì, riconosciuta la possibilità di un allungamento dei termini per avvalersi dell'agevolazione fiscale nei casi di cessione dei crediti d'imposta legati al Superbonus, aumentando in tal modo la capienza fiscale del cessionario. Si stabilisce infatti che, limitatamente ai crediti d'imposta le cui comunicazioni di cessione o di sconto in fattura sono state inviate all'Agenzia delle entrate entro il 31 ottobre 2022, sia possibile ripartire l'utilizzo del credito residuo in 10 rate annuali;
considerato che:
il decreto-legge in esame interviene purtroppo con un taglio anticipato al cosiddetto «Superbonus» senza prevedere una politica pluriennale per la riqualificazione energetica e antisismica degli edifici. Tale scelta determinerà un decisivo freno agli investimenti nella riqualificazione degli edifici, compromettendo gli obiettivi legati alla transizione ecologica. Questo effetto sarà tanto più evidente per gli interventi su interi edifici condominiali, condizionati dalla presenza dei condomini a più basso reddito, che non hanno la possibilità di sostenere la parte di spese non coperta dal bonus e, allo stesso tempo, non accedono al contributo finanziario previsto dalla norma perché hanno un reddito anche di poco superiore alla soglia dei 15.000 euro;
l'incertezza normativa e il susseguirsi di modifiche della disciplina, e delle relative modalità attuative, rappresentano il pericolo maggiore per la concreta realizzazione degli effetti attesi dalla misura;
è di tutta evidenza come i bonus relativi all'edilizia, ed in particolare la misura del Superbonus no per cento, abbiano svolto un ruolo decisivo nel rilancio del comparto. Negli ultimi due anni, il settore delle costruzioni ha trainato il PIL e l'occupazione. Secondo i dati riportati dall'Associazione nazionale costruttori edili (Ance), più di un terzo dell'aumento del PIL del 2022 è legato alla crescita del settore, che ha creato 230.000 posti di lavoro in due anni;
nell'ultimo rapporto di ricerca sugli incentivi per una politica industriale di lungo periodo, il Censis dimostra chiaramente i benefici apportati sia in termini di entrate per lo Stato che in termini di crescita dell'occupazione. Il Censis stima che, a fronte di 55 miliardi di euro di investimenti sul patrimonio edilizio, tra agosto 2020 e ottobre 2022, siano stati 79,9 i miliardi di produzione diretta nella filiera delle costruzioni, cui si sommano 36 miliardi di euro di produzione attivata in altri settori del sistema economico connesso alle componenti dell'indotto, per un totale di almeno 115 miliardi di euro. Anche in termini fiscali, non può essere ignorato il contributo portato dagli effetti moltiplicativi del Superbonus sul relativo gettito fiscale;
tali valutazioni si aggiungono all'aspetto primario e più rilevante della misura, ossia gli effetti benefici in termini di efficienza energetica e di sostenibilità ambientale. In base ai dati disponibili, il Censis stima che la spesa di 55 miliardi di euro abbia generato un risparmio di 11.700 Gwh per anno, che corrispondono a 1,1 miliardi di metri cubi di gas, pari al 40 per cento del risparmio energetico che il Piano emergenziale di riduzione dei consumi del settore domestico si prefigge di realizzare nell'autunno-inverno 2022-2023, mentre la riduzione delle emissioni di CO2 dovuta agli interventi con il Superbonus è stimabile in 1,4 milioni di tonnellate di mancate emissioni. Tali risultati del tutto eccezionali avvicinano l'Italia al conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 fissati in Europa, e che l'Italia ha condiviso: la riduzione del 55 per cento delle emissioni di CO2 degli edifici al 2030 e la relativa decarbonizzazione al 2050;
il Superbonus 110 per cento risponde, dunque, ad un obiettivo strategico quale quello della transizione ecologica ed energetica, che per sua natura ha una dimensione di lungo periodo e deve necessariamente tendere ad un rinnovato approccio nella politica industriale del Paese. È dunque decisamente poco lungimirante pensare di rimodulare tale strumento sulla base di considerazioni meramente contabili, senza una visione di ampio respiro che tenga conto dell'impatto prodotto sulla spesa pubblica in termini di risorse economiche attivate, di occupazione aggiuntiva, di risparmio energetico assicurato e di gettito fiscale prodotto. Inoltre, anche puntuali riforme di dettaglio, quale ad esempio la fissazione di un limite reddituale agli interventi sulle unità immobiliari unifamiliari, rappresentano una contraddizione della finalità universale della misura, quale quella dell'efficientamento energetico;
valutato che:
in particolare, la disciplina transitoria delineata al comma 2 dell'articolo 9, appare molto limitata, poiché ha previsto un termine eccessivamente ravvicinato rispetto al 19 novembre, data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, impedendo, di fatto, a coloro che avevano già avviato le iniziative preliminari alla concreta esecuzione dei lavori di procedere con la definitiva approvazione degli interventi e con la presentazione della CILAS entro il 25 novembre. È, quindi, essenziale prevedere un termine transitorio maggiormente congruo, così da assicurare il Superbonus agli interventi già programmati;
inoltre, per i condomini, le modifiche apportate hanno determinato il blocco di tutte le delibere assembleari che, seppur in corso di definizione, non avrebbero avuto il tempo materiale per essere approvate entro il 25 novembre. La formulazione della norma sembrerebbe, inoltre, ingenerare alcuni dubbi circa l'esclusione dalla riduzione della percentuale del Superbonus per quegli interventi che sono stati oggetto di pratiche edilizie presentate quando ancora non era possibile utilizzare la CILAS,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare con urgenza misure correttive che permettano l'applicazione di una disciplina più favorevole per i contribuenti e per le imprese del settore, prevedendo il ripristino del previgente termine del 31 dicembre 2023 quale limite per avvalersi dell'agevolazione nella misura del 110 per cento.
9/730/65. Appendino, Santillo, Fenu, Pavanelli, Ilaria Fontana, Cappelletti, Todde, Torto.
La Camera,
premesso che:
i consorzi per l'internazionalizzazione, costituiti fin dagli anni settanta del secolo scorso, per rispondere all'esigenza di aggregare imprese di piccole dimensioni, produttrici di eccellenze del made in Italy ed orientate ad inserirsi sui mercati esteri, stanno attraversando una fase di grande criticità;
vari interventi legislativi hanno accompagnato, nel corso degli anni, l'azione dei consorzi, assicurando ad essi un valido sostegno che ha consentito a molte micro e piccole imprese di inserirsi e consolidarsi, grazie all'azione dei consorzi di appartenenza, sui mercati internazionali;
con il decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2020, all'articolo 14, comma 4-bis, è stata autorizzata la spesa di 700.000 euro per l'anno 2020 e di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 «a favore dei consorzi per l'internazionalizzazione, di cui all'articolo 42 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83»;
ad oggi i citati fondi non sono stati utilizzati;
sarebbe urgente e non più procrastinabile promuovere l'attività dei consorzi per l'internazionalizzazione,
impegna il Governo
ad adottare, nel primo provvedimento utile, le opportune iniziative legislative volte a destinare ai consorzi di cui all'articolo 42 del decreto-legge 22 giugno 2012 n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, la somma di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026, nell'ambito della disponibilità di cui alla lettera a) e di 2 milioni per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026, nell'ambito della disponibilità di cui alla lettera b) della legge 30 dicembre 2021 n. 234.
9/730/66. Barzotti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, comma 14, riduce di 50 milioni lo stanziamento del Fondo bonus trasporti, la cui dotazione passa da 190 a 140 milioni di euro;
il Fondo bonus trasporti è stato istituito dal «decreto Aiuti», articolo 35 del decreto-legge n. 50 del 2022, e, proprio per la necessità di tale misura, il fondo è stato successivamente incrementato, da 79 a 180 milioni, dal cosiddetto «decreto Aiuti bis» (articolo 27 del decreto-legge n. 115 del 2022);
in ultimo, il Fondo è stato nuovamente incrementato, di ulteriori 10 milioni, dall'articolo 12 del cosiddetto «decreto Aiuti ter» (decreto-legge n. 144 del 2022), avendo incontrato un'ottima risposta da parte dei consumatori;
il Bonus – nominativo o richiedibile per un minore – è utilizzabile per l'acquisto di un solo abbonamento ed è pari al 100 per cento della spesa da sostenere, nel limite massimo di 60 euro. La misura in esame rappresenta un aiuto concreto nella vita delle famiglie italiane e incentiva l'uso del trasporto pubblico,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di riportare, nel prossimo provvedimento utile, il fondo bonus trasporti alla capienza precedente al provvedimento in esame, nonché a prevederne un incremento progressivo, necessario per sostenere sempre più cittadini nell'acquisto degli abbonamenti ai mezzi pubblici.
9/730/67. Cantone, Iaria, Santillo, Traversi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, comma 14, riduce di 50 milioni lo stanziamento del Fondo bonus trasporti, la cui dotazione passa da 190 a 140 milioni di euro;
il Fondo bonus trasporti è stato istituito dal «decreto Aiuti», articolo 35 del decreto-legge n. 50 del 2022, e, proprio per la necessità di tale misura, il fondo è stato successivamente incrementato, da 79 a 180 milioni, dal cosiddetto «decreto Aiuti bis» (articolo 27 del decreto-legge n. 115 del 2022);
in ultimo, il Fondo è stato nuovamente incrementato, di ulteriori 10 milioni, dall'articolo 12 del cosiddetto «decreto Aiuti ter» (decreto-legge n. 144 del 2022), avendo incontrato un'ottima risposta da parte dei consumatori;
il Bonus – nominativo o richiedibile per un minore – è utilizzabile per l'acquisto di un solo abbonamento ed è pari al 100 per cento della spesa da sostenere, nel limite massimo di 60 euro. La misura in esame rappresenta un aiuto concreto nella vita delle famiglie italiane e incentiva l'uso del trasporto pubblico,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di rifinanziare il Fondo bonus trasporti.
9/730/67. (Testo modificato nel corso della seduta)Cantone, Iaria, Santillo, Traversi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del provvedimento in esame modifica e integra la disciplina sull'approvvigionamento di lungo termine di gas naturale di produzione nazionale, da destinare a prezzi calmierati, ai clienti finali industriali «energivori», in deroga alla normativa e alla pianificazione vigente, ammettendo a partecipare alle procedure di approvvigionamento a lungo termine le concessioni di coltivazione di idrocarburi poste nel tratto di mare compreso tra il 45° parallelo e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po, a una distanza dalle linee di costa superiore a 9 miglia e aventi un potenziale minerario di gas per un quantitativo di riserva certa superiore a una soglia di 500 milioni di metri cubi;
in deroga al divieto previsto dall'articolo 4 della legge n. 9 del 1991, viene, dunque, consentita la coltivazione per la durata di vita utile del giacimento, a condizione che i titolari delle concessioni aderiscano alle procedure di approvvigionamento a lungo termine e previa presentazione di analisi tecnico-scientifiche e programmi dettagliati di monitoraggio e verifica dell'assenza di effetti significativi di subsidenza sulle linee di costa;
la citata norma rileva, altresì, sotto il profilo costituzionale, andando ad incidere sul comma terzo, dell'articolo 41 della Costituzione che inserisce i fini ambientali tra quelli ai quali l'attività economica pubblica e privata deve essere coordinata e indirizzata per il tramite dei programmi e dei controlli opportuni che la legge è chiamata a determinare;
l'incremento dei prezzi per le forniture di energia sta favorendo l'arricchimento di compagnie che operano del settore della produzione degli idrocarburi attraverso la formazione di ingenti extraprofitti;
dalla ricerca pubblicata nel settembre 2022, curata dall'ong ReCommon in collaborazione con Merian Research, emerge che i guadagni realizzati nella prima metà del 2022 sono enormi rispetto al 2019, prima della pandemia. Le sei maggiori compagnie petrolifere europee avrebbero generato 74,55 miliardi di dollari di extra-profitti nel solo primo semestre del 2022, grazie all'impennata dei prezzi di petrolio e gas esasperata dalla crisi ucraina. Gli extra-profitti sono stati misurati anche in termini di free cash flow, e cioè del cash effettivamente generato una volta finanziati gli investimenti e sono oltre 46 miliardi di dollari dal 2019 al 2022. Una manna per i produttori di combustibili fossili;
l'articolo 11-ter del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, ha inoltre rideterminato in aumento i canoni annui per le concessioni di coltivazione e i canoni annui dei permessi di prospezione e ricerca ed una sostanziale conferma dei canoni di stoccaggio nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana. Come evidenziato dalla relazione illustrativa al decreto ministeriale di adozione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PITESAI), a decorrere dal 1° giugno 2019 i canoni di concessione sono aumentati di 25 volte rispetto agli importi prima previsti dall'articolo 18 del decreto legislativo n. 625 del 1996, che erano stati adeguati nel tempo solo in base agli indici Istat;
successivamente, l'articolo 62-ter del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, ha introdotto una soglia ai canoni annui per le concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi. Con il fine esplicitato di garantire la prosecuzione in condizioni di economicità della gestione delle concessioni di coltivazione di idrocarburi, l'articolo 62-ter ha disposto che l'ammontare annuo complessivo del canone di superficie dovuto, per tutte le concessioni in titolo al singolo concessionario, non può superare il 3 per cento della valorizzazione della produzione da esse ottenuta nell'anno precedente;
la politica energetica dell'Unione europea, si è rafforzata con l'avvio del «Green Deal europeo» finalizzato alla decarbonizzazione del sistema energetico dell'Unione europea, con una forte spinta su rinnovabili ed efficienza energetica e un ambizioso obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, e l'azzeramento delle emissioni nette di gas serra entro la metà del secolo,
impegna il Governo
ad adottare, nel primo provvedimento utile, idonee misure di incremento e rimodulazione dei canoni annui per l'attività delle compagnie che operano nel settore upstream degli idrocarburi, anche al fine di impiegare le risorse ottenute dalle citate maggiorazioni per contenere i prezzi dell'energia per imprese e famiglie, soprattutto quelle maggiormente vulnerabili, nonché per sostenere gli investimenti delle imprese che realizzano interventi di decarbonizzazione nei settori produttivi.
9/730/68. Cappelletti, Pavanelli, Appendino, Todde.
La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo, recante «Misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica»;
premesso che:
le misure introdotte per il settore agricolo, pur considerate con favore, risultato in ogni caso minime e in buona parte «dovute», si tratta infatti, esclusivamente, della proroga dal 31 marzo al 30 giugno 2023 dei termini per l'utilizzo del credito d'imposta in ragione della spesa sostenuta dalle imprese agricole, della pesca ed agromeccaniche per l'acquisto del carburante per la trazione dei mezzi nonché per il riscaldamento delle serre e dei fabbricati per l'allevamento degli animali;
ritenuto che, negli ultimi due anni si sono succeduti numerosi decreti emergenziali che hanno portato ad interventi spot, a copertura di crisi settoriali o aumenti dei costi legati alle contingenze prima della pandemia da COVID-19, poi del conflitto russo-ucraino;
valutato che, allo stato attuale, in particolare, gli aumenti dei costi energetici necessari a mantenere in vita aziende e imprese perdurano da diversi mesi non sembrano destinati a tornare a quello che era il regime precedente alle emergenze;
considerato che tali aumenti dei costi, sommati alle difficoltà di approvvigionamento di alcune materie prime, alle peculiarità di alcuni settori nell'esportazione, colpiscono in ogni caso la quasi totalità dei comparti e delle filiere;
ritenuto infine che, nessun intervento strutturale per il mondo agricolo ed agroalimentare è stato messo in atto sia nel provvedimento in esame sia, soprattutto, nella legge di bilancio recentemente approvata dal Parlamento,
impegna il Governo
ad intervenire, in particolare in riferimento alle esigenze del settore agricolo ed agroalimentare, al fine di predisporre un piano per il sostegno ai costi energetici che sia costante e continuativo, in ragione dello scenario internazionale che non lascia presumere un ritorno ai prezzi per l'energia precedenti all'attuale crisi.
9/730/69. Caramiello.
La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo, recante «Misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica»;
premesso che:
le misure introdotte per il settore agricolo, pur considerate con favore, risultato in ogni caso minime e in buona parte «dovute», si tratta infatti, esclusivamente, della proroga dal 31 marzo al 30 giugno 2023 dei termini per l'utilizzo del credito d'imposta in ragione della spesa sostenuta dalle imprese agricole, della pesca ed agromeccaniche per l'acquisto del carburante per la trazione dei mezzi nonché per il riscaldamento delle serre e dei fabbricati per l'allevamento degli animali;
ritenuto che, negli ultimi due anni si sono succeduti numerosi decreti emergenziali che hanno portato ad interventi spot, a copertura di crisi settoriali o aumenti dei costi legati alle contingenze prima della pandemia da COVID-19, poi del conflitto russo-ucraino;
valutato che, allo stato attuale, in particolare, gli aumenti dei costi energetici necessari a mantenere in vita aziende e imprese perdurano da diversi mesi non sembrano destinati a tornare a quello che era il regime precedente alle emergenze;
considerato che tali aumenti dei costi, sommati alle difficoltà di approvvigionamento di alcune materie prime, alle peculiarità di alcuni settori nell'esportazione, colpiscono in ogni caso la quasi totalità dei comparti e delle filiere;
ritenuto infine che, nessun intervento strutturale per il mondo agricolo ed agroalimentare è stato messo in atto sia nel provvedimento in esame sia, soprattutto, nella legge di bilancio recentemente approvata dal Parlamento,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di intervenire, in particolare in riferimento alle esigenze del settore agricolo ed agroalimentare, al fine di predisporre un piano per il sostegno ai costi energetici che sia costante e continuativo, in ragione dello scenario internazionale che non lascia presumere un ritorno ai prezzi per l'energia precedenti all'attuale crisi.
9/730/69. (Testo modificato nel corso della seduta)Caramiello.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, del provvedimento in esame, consente alle imprese residenti in Italia, clienti finali di energia elettrica e di gas naturale, di richiedere ai relativi fornitori la rateizzazione dei rincari delle bollette elettriche, per i consumi effettuati dal 1° ottobre 2022 al 31 marzo 2023 e fatturati entro il 30 settembre 2023;
ai sensi del comma 2, dell'articolo 3, nel caso in cui l'impresa richiedente presenti la disponibilità di un'impresa di assicurazione a stipulare una copertura assicurativa sull'intero credito rateizzato e l'effettivo rilascio della garanzia Sace su tale polizza, il fornitore, nel termine di trenta giorni dal ricevimento dell'istanza, ha l'obbligo di formulare ai richiedenti una proposta di rateizzazione;
inoltre, l'articolo 3, al comma 4 interviene sulle riassicurazioni che Sace è autorizzata a concedere – ai sensi dell'articolo 8, comma 3, del decreto-legge n. 21 del 2022 – a favore delle imprese di assicurazione che abbiano ottenuto dall'istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (Ivass) autorizzazione all'esercizio dell'attività nei rami credito e cauzione;
in particolare, al fine di limitare il rischio sopportato dalle assicurazioni, Sace è autorizzata a concedere, una garanzia pari al 90 per cento degli indennizzi generati dalle esposizioni relative ai crediti vantati dai fornitori di energia elettrica e gas naturale residenti in Italia, per effetto dell'inadempimento, da parte delle imprese con sede in Italia di tutto o parte del debito risultante dai piani di rateizzazione;
stante il perdurare della crisi energetica in corso, dalla lettura del combinato disposto di cui commi 2 e 4 dell'articolo 3, si pone la necessità di ampliare la platea di soggetti autorizzati a prestare la garanzia per accedere alla rateizzazione delle forniture energetiche,
impegna il Governo
ad adottare, nel primo provvedimento utile, le opportune iniziative legislative volte ad ampliare la platea di soggetti autorizzati a prestare la garanzia per accedere alla rateizzazione delle forniture energetiche, ricomprendendovi anche gli intermediari finanziari autorizzati e iscritti all'albo previsto dall'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.
9/730/70. Carmina, Torto, Dell'Olio, Donno.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame dispone in materia di personale scolastico, docente e ATA, in particolare, all'articolo 14, commi 3 e 4 prevede misure relative ai trattamenti retributivi accessori del personale docente e del personale ATA;
più precisamente, il comma 3 dell'articolo 14, in primo luogo, incrementa nella misura di 85,8 milioni di euro, per il 2022, la dotazione del Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa; tale incremento è destinato al finanziamento dei trattamenti retributivi accessori del personale docente (trattamenti definiti da parte del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al comparto Istruzione e ricerca);
in secondo luogo, il comma in esame reca un'autorizzazione di spesa pari a 14,2 milioni di euro, per il 2022, relativa ai compensi individuali accessori del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (personale ATA) delle istituzioni scolastiche ed educative (compensi definiti dal suddetto contratto di comparto);
dunque, si tratta di 100 milioni di euro una tantum per il 2022, 85,8 milioni per il personale docente e 14,2 milioni di euro per il personale ATA per il solo anno 2022 ad integrazione delle risorse contrattuali per il triennio 2019-2021. Le risorse saranno destinate alla componente fissa della retribuzione accessoria del personale docente e ATA;
ai sensi dell'articolo 231-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, sono stati inizialmente attivati, fino alla fine dell'anno 2020-21, gli incarichi temporanei del personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), di supporto e promozione alla piena ripresa delle attività didattiche e per la personalizzazione dei percorsi di apprendimento degli alunni;
ai sensi dell'articolo 58, comma 4-ter, lettere a) e b), del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, si è proceduto alla riattivazione di ulteriori incarichi temporanei dell'organico succitato anche per l'avvio dell'anno scolastico 2021/2022;
dunque, sarebbe altresì auspicabile, anche in considerazione delle segnalazioni dei dirigenti scolastici sulle difficoltà di gestione degli istituti, riuscire a garantire e rendere possibile, fino alla fine dell'anno scolastico 2022-2023 il regolare funzionamento dei servizi scolastici, soprattutto in presenza di scuole articolate su più plessi o di scuole con una cospicua presenza di alunni con disabilità in aumento atteso che, ad esempio, è compito dei collaboratori scolastici la vigilanza e l'accompagnamento su tali alunni durante la loro mobilità dentro la scuola ed all'esterno delle classi,
impegna il Governo
a reperire le necessarie risorse affinché il termine degli incarichi temporanei, attivati ai sensi dell'articolo 231-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, del personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), di supporto e promozione alla piena ripresa delle attività didattiche e per la personalizzazione dei percorsi di apprendimento degli alunni, sia prorogato fino al termine delle lezioni dell'anno scolastico 2022-2023, anche al fine di garantire le necessarie condizioni di sicurezza e di incolumità degli alunni e rendere possibile il regolare funzionamento dei servizi scolastici.
9/730/71. Caso, Orrico, Cherchi, Amato.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame dispone in materia di personale scolastico, docente e ATA, in particolare, all'articolo 14, commi 3 e 4 prevede misure relative ai trattamenti retributivi accessori del personale docente e del personale ATA;
più precisamente, il comma 3 dell'articolo 14, in primo luogo, incrementa nella misura di 85,8 milioni di euro, per il 2022, la dotazione del Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa; tale incremento è destinato al finanziamento dei trattamenti retributivi accessori del personale docente (trattamenti definiti da parte del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al comparto Istruzione e ricerca);
in secondo luogo, il comma in esame reca un'autorizzazione di spesa pari a 14,2 milioni di euro, per il 2022, relativa ai compensi individuali accessori del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (personale ATA) delle istituzioni scolastiche ed educative (compensi definiti dal suddetto contratto di comparto);
dunque, si tratta di 100 milioni di euro una tantum per il 2022, 85,8 milioni per il personale docente e 14,2 milioni di euro per il personale ATA per il solo anno 2022 ad integrazione delle risorse contrattuali per il triennio 2019-2021. Le risorse saranno destinate alla componente fissa della retribuzione accessoria del personale docente e ATA;
sarebbe altresì auspicabile, nell'immediato, al fine di garantire la continuità didattica e contrastare il fenomeno del precariato nelle istituzioni scolastiche statali, che sia prolungata, fino ad esaurimento, la validità della graduatoria di merito relativa al Concorso docenti 2020 Ordinario infanzia e primaria (D.D. 498/2020) e secondaria (D.D. 499/2020) finalizzato al reclutamento del personale docente;
le graduatorie di merito, stilate al termine delle procedure concorsuali, hanno validità biennale a decorrere dall'anno scolastico successivo a quello di approvazione delle stesse, perdendo efficacia con la pubblicazione delle graduatorie del concorso successivo e comunque alla scadenza del già menzionato biennio (articolo 7/1 del decreto legislativo n. 59 del 2017), pertanto il prolungamento della validità della graduatoria fino ad esaurimento consentirebbe negli anni agli Idonei 2020 – formati, qualificati e selezionati dalle commissioni istituite proprio dal Ministero – la futura cattedra/ruolo che hanno meritano (attendendo l'esaurimento delle precedenti GM), poiché hanno superato un concorso pubblico per titoli ed esami;
inoltre il prolungamento della graduatoria di merito fino ad esaurimento consentirebbe un notevole risparmio di spesa perché impedirebbe i costi di un nuovo concorso,
impegna il Governo
ad intervenire urgentemente affinché la graduatoria di merito relativa al Concorso ordinario 2020 Ordinario infanzia e primaria (D.D. 498/2020) e secondaria (D.D. 499/2020), finalizzato al reclutamento del personale docente, sia trasformata da graduatoria di merito a graduatoria ad esaurimento, anche per garantire la continuità didattica e contrastare il fenomeno del precariato nelle istituzioni scolastiche statali.
9/730/72. Cherchi, Amato, Caso, Orrico.
La Camera,
premesso che:
con gli articoli 9 e 41 della Costituzione – come derivanti dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, recante «Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell'ambiente» — è riconosciuto all'ambiente valore primario costituzionalmente protetto, alla cui tutela è chiamata la Repubblica;
ai sensi del nuovo articolo 9 della Costituzione, la tutela dell'ambiente, unitamente alla tutela della biodiversità e degli ecosistemi, deve dispiegarsi anche «nell'interesse delle future generazioni», con ciò determinando l'introduzione nella nostra Costituzione del principio dello sviluppo sostenibile e l'obbligo dell'adozione di politiche attive di lungo periodo alla protezione di tale interesse indirizzate;
infine, ai sensi del nuovo articolo 41 della Costituzione, la tutela della salute e dell'ambiente costituiscono, altresì, i nuovi limiti imposti all'iniziativa economica privata, la quale non può svolgersi in modo da recarvi danno e i fini ambientali sono inseriti tra quelli ai quali l'attività economica pubblica e privata deve essere coordinata e indirizzata per il tramite dei programmi e dei controlli opportuni che la legge è chiamata a determinare,
impegna il Governo
in armonia con gli obiettivi condivisi in sede di Unione europea, ad adottare un Piano programmatico di politica energetica nazionale, attuativo dei princìpi e del dettato costituzionale di cui agli articoli 9 e 41 della nostra Costituzione, in particolare in adempimento della tutela ambientale nell'interesse delle future generazioni, in attuazione del principio dello sviluppo sostenibile, e ad illustrarlo alle Camere.
9/730/73. Alfonso Colucci.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del provvedimento, modificato in sede di esame ai fini della conversione presso l'altro ramo del Parlamento, estende anche al mese di dicembre 2022 alcuni crediti di imposta, già disciplinati dai decreti-legge n. 4, n. 17, n. 21, n. 50, n. 115 e n. 144 del 2022 per contrastare l'aumento dei costi dell'energia elettrica e del gas in capo alle imprese, in precedenza concessi per le spese relative all'energia e al gas sostenute fino ai mesi di ottobre e novembre 2022;
in particolare, il comma 6 dell'articolo 1, prevede che entro il 16 marzo 2023 i beneficiari dei crediti di imposta (concessi per il terzo trimestre 2022 – ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge n. 115 del 2022 –, per ottobre e novembre 2022, nonché quelli oggetto delle norme in commento, valevoli per dicembre 2022), a pena di decadenza dal diritto alla fruizione del credito non ancora utilizzato, siano tenuti a inviare all'Agenzia delle entrate un'apposita comunicazione sull'importo del credito maturato nell'esercizio 2022;
non rilevando la definizione del contenuto e delle modalità di presentazione della comunicazione – che deve avvenire con provvedimento dell'Agenzia, delle entrate da emanarsi entro il 19 dicembre 2022 (trenta giorni dall'entrata in vigore del provvedimento in esame) –, la norma citata rischia di penalizzare eccessivamente la relativa platea di destinatari che, laddove non provvedano nel termine perentorio del 16 marzo p.v., vedrebbero decadere il diritto alla fruizione del credito non ancora fruito;
poiché la ratio della comunicazione ai sensi dell'articolo 1, comma 6, si qualifica come di mero di tipo ricognitivo, si evidenzia una sproporzione della risposta sanzionatoria rispetto al comportamento omissivo,
impegna il Governo
ad adottare, nel primo provvedimento utile, le opportune iniziative legislative volte a scongiurare che sul beneficiario dei crediti d'imposta energia ricada il pregiudizio derivante dalla prevista sospensione dei termini di pagamento.
9/730/74. Dell'Olio, Torto, Carmina, Donno.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del provvedimento, modificato in sede di esame ai fini della conversione presso l'altro ramo del Parlamento, estende anche al mese di dicembre 2022 alcuni crediti di imposta, già disciplinati dai decreti-legge n. 4, n. 17, n. 21, n. 50, n. 115 e n. 144 del 2022 per contrastare l'aumento dei costi dell'energia elettrica e del gas in capo alle imprese, in precedenza concessi per le spese relative all'energia e al gas sostenute fino ai mesi di ottobre e novembre 2022;
in particolare, il comma 6 dell'articolo 1, prevede che entro il 16 marzo 2023 i beneficiari dei crediti di imposta (concessi per il terzo trimestre 2022 – ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge n. 115 del 2022 –, per ottobre e novembre 2022, nonché quelli oggetto delle norme in commento, valevoli per dicembre 2022), a pena di decadenza dal diritto alla fruizione del credito non ancora utilizzato, siano tenuti a inviare all'Agenzia delle entrate un'apposita comunicazione sull'importo del credito maturato nell'esercizio 2022;
non rilevando la definizione del contenuto e delle modalità di presentazione della comunicazione – che deve avvenire con provvedimento dell'Agenzia, delle entrate da emanarsi entro il 19 dicembre 2022 (trenta giorni dall'entrata in vigore del provvedimento in esame) –, la norma citata rischia di penalizzare eccessivamente la relativa platea di destinatari che, laddove non provvedano nel termine perentorio del 16 marzo p.v., vedrebbero decadere il diritto alla fruizione del credito non ancora fruito;
poiché la ratio della comunicazione ai sensi dell'articolo 1, comma 6, si qualifica come di mero di tipo ricognitivo, si evidenzia una sproporzione della risposta sanzionatoria rispetto al comportamento omissivo,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative legislative volte a scongiurare che sul beneficiario dei crediti d'imposta energia ricada il pregiudizio derivante dalla prevista sospensione dei termini di pagamento.
9/730/74. (Testo modificato nel corso della seduta)Dell'Olio, Torto, Carmina, Donno.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del provvedimento in esame modifica e integra la disciplina sull'approvvigionamento di lungo termine di gas naturale di produzione nazionale, da destinare, a prezzi calmierati, ai clienti finali industriali «energivori»;
considerato che:
le disposizioni di cui all'articolo 4, in deroga alla normativa vigente e alla pianificazione vigente, ammette a partecipare alle procedure di approvvigionamento a lungo termine le concessioni di coltivazione di idrocarburi poste nel tratto di mare compreso tra il 45° parallelo e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po, a una distanza dalle linee di costa superiore a 9 miglia e aventi un potenziale minerario di gas per un quantitativo di riserva certa superiore a una soglia di 500 milioni di metri cubi. In deroga al divieto previsto dall'articolo 4 della legge n. 9 del 1991, viene dunque consentita la coltivazione per la durata di vita utile del giacimento, a condizione che i titolari delle concessioni aderiscano alle procedure di approvvigionamento a lungo termine e previa presentazione di analisi tecnico-scientifiche e programmi dettagliati di monitoraggio e verifica dell'assenza di effetti significativi di subsidenza sulle linee di costa;
tale scelta, nell'ottica del Governo, sarebbe finalizzata, attraverso l'incremento dell'offerta di gas di produzione nazionale da destinare ai clienti finali industriali, alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti e al calmieramento dei prezzi del gas;
valutato che:
la ripresa delle attività di estrazione del gas, così come delineata dall'articolo 4, è in netto contrasto sia con il principio costituzionale della tutela ambientale che con quello relativo agli interessi delle future generazioni, poiché costituisce un'inversione di marcia rispetto all'obiettivo di decarbonizzazione del settore energetico necessario al contrasto del cambiamento climatico. In proposito, basti ricordare come la stessa Agenzia internazionale per l'energia (IEA) ha avvertito che il rispetto dell'Accordo di Parigi, con il contenimento il riscaldamento del clima a +1,5° C, impone necessariamente di escludere l'avvio di nuovi giacimenti di gas (oltre che miniere di carbone e pozzi di petrolio) successivamente al 2021;
tale decisione, infatti, nega apertamente quanto sostenuto negli anni da numerose evidenze scientifiche che dimostrano come l'unico modo per raggiungere l'obiettivo della decarbonizzazione entro il 2050 sia ridurre immediatamente l'uso di combustibili fossili e sottolineano quanto le emissioni fuggitive di metano abbiano un elevato impatto climalterante. Secondo quanto riferito da Greenpeace nell'ambito delle audizioni svolte sul provvedimento, in un arco di tempo di 20 anni il potere climalterante del metano è di oltre ottanta volte superiore a quello della CO2;
a tale riguardo si segnala, ultimo in ordine di tempo, lo studio dedicato al sistema energetico italiano, condotto da un gruppo di ricerca dell'università La Sapienza e pubblicato lo scorso ottobre sul Journal of Cleaner Production, dal titolo «Towards a dramatic reduction in the European Natural Gas consumption: Italy as a case study», portato all'attenzione del Senato sempre nell'ambito delle audizioni svolte in Commissione Bilancio nel quale si evidenzia come l'investimento in fonti rinnovabili, invece che in fonti fossili, non solo sarebbe più conveniente in termini di consumo e di risparmio, ma contribuirebbe ad un sensibile aumento di posti di lavoro;
la quantità di gas recuperabile grazie alle previsioni di cui all'articolo 4 è stimata intorno ai 15 miliardi di metri cubi in 10 anni, ossia 1,5 l'anno: soltanto il 2 per cento del fabbisogno nazionale. Una quantità talmente esigua e di scarso impatto sul fabbisogno nazionale, che non permette di motivare la necessità e l'urgenza di ricorrere allo strumento del decreto-legge;
considerato che:
l'obiettivo di calmierare i prezzi del gas dovrebbe realizzarsi tramite l'adozione di un meccanismo di copertura del rischio finanziario basato sullo scambio di contratti derivati della durata massima di 10 anni. Tale meccanismo finanziario fa sì che i produttori non debbano attendere mesi o anni per il nuovo gas dall'Adriatico o dal Canale di Sicilia ma potranno invece iniziare a offrire il gas a quei prezzi fin da subito, cioè da gennaio, grazie a dei contratti derivati legati al gas già disponibile sul mercato o da parte degli stessi operatori coinvolti. In altre parole, lo Stato, tramite il Gestore dei servizi energetici (Gse), garantisce alle società degli idrocarburi che il gas verrà pagato loro ad un prezzo garantito compreso fra 50 e 100 euro al MWh per un periodo che potrà arrivare fino a 10 anni. In questo modo, il GSE si troverebbe in mano un diritto/obbligo di pagare il gas a una cifra prestabilita indipendentemente dal suo valore sul mercato;
valutato che:
il prezzo medio del gas dal marzo 2010 al marzo 2020 ha oscillato fra circa 9 e 30 euro/MWh, con una media inferiore a 20 euro/MWh, la fascia di prezzo congegnata dal Governo per la remunerazione decennale garantita a favore dei produttori è quasi tre volte superiore al prezzo storico pre-pandemia e fino a oltre cinque volte maggiore della media storica. Secondo numerose analisi, soprattutto alla luce della forte riduzione della domanda di gas in atto e prevista per i prossimi anni, i prezzi del gas potrebbero tornare a livelli pre crisi entro il 2024;
pertanto, ipotizzando una produzione di 1,5 miliardi di metri cubi anno sottoposti a contratto e un rientro dei prezzi del gas a livelli pre-crisi (20 euro/MWh), il GSE sosterrebbe un costo di mezzo miliardo di euro all'anno, fino a scadenza contratto. Costo che andrebbe recuperato attraverso le tariffe dei consumatori o attraverso la fiscalità generale. Tale meccanismo appare vantaggioso solo per i produttori di gas, perché da un lato essi avrebbero facilitazioni sull'ottenimento delle concessioni, dall'altro sarebbero sicuri che anche in un futuro di eccesso di offerta di gas verrebbero remunerati a un prezzo più alto di quello di mercato. Pertanto, così come formulata, la norma appare più una garanzia per i produttori di gas nazionale che uno strumento per ridurre i costi del gas per le imprese energivore. Per giunta, il rischio legato a tale garanzia potrebbe gravare pesantemente sulle casse dello Stato e quindi sui cittadini;
considerato inoltre che:
sono evidenti i gravi pregiudizi per le aree marine sino ad oggi vincolate dell'Alto Adriatico e, in particolare, in quelle che fronteggiano il Delta del Po. Il Delta del Po è un territorio anfibio estremamente fragile, esposto alla subsidenza, all'erosione costiera e alla risalita del cuneo salino tutti fenomeni che già richiedono costi ingenti per essere fronteggiati e che rischiano di essere aggravati dagli interventi di estrazione di idrocarburi consentiti dalle nuove norme;
a tale ultimo riguardo, le disposizioni del provvedimento in esame non offrono sufficienti garanzie, consentendo la riapertura dei pozzi sulla base di una non meglio precisata «verifica» dell'assenza, non di subsidenza, ma di «effetti significativi» di subsidenza sulla costa, quasi che l'aggravamento del fenomeno sia in qualche modo accettato come inevitabile, e si tratti di contenerne le conseguenze più gravi; le concessioni ammesse alle procedure di approvvigionamento di gas naturale di produzione nazionale possano operare anche nelle aree interessate dai vincoli aggiuntivi di esclusione, dovendo essere presi in considerazione soltanto i «vincoli assoluti» costituiti dalla legislazione vigente. Tale modifica annulla di fatto la ratio sottesa al Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PITESAI), introdotto con la Legge 11 febbraio 2019, n. 12, quale strumento di pianificazione generale delle attività minerarie sul territorio nazionale, volto ad individuare un contesto territoriale di riferimento, definito e pienamente condiviso con le regioni, tramite la Conferenza unificata, all'interno del quale pianificare lo svolgimento delle attività di prospezione e ricerca mineraria, con l'obiettivo di accompagnare la transizione del sistema energetico nazionale verso la decarbonizzazione;
le deroghe al PITESAI introdotte, pertanto, vanificano la sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle attività upstream contravvenendo a tali stringenti obiettivi e rappresentano un evidente vulnus per la tutela dell'ambiente e della biodiversità, soprattutto per le aree marine e costiere;
appare chiaro che le nuove disposizioni, con la finalità dichiarata di ridurre nel breve periodo il costo del gas metano, autorizzano decisioni suscettibili di cagionare impatti ambientali, territoriali ed economici negativi di lungo periodo,
impegna il Governo:
ad adottare, nel primo provvedimento utile, ogni idonea iniziativa volta a perseguire un generale ripensamento della politica energetica nazionale, anche al fine di garantire la ripresa del processo di decarbonizzazione del settore necessario a contrastare il cambiamento climatico, nonché a scongiurare;
l'addebito di ulteriori oneri in bolletta per i contribuenti, oltre al rischio di subsidenza ed eventuali pregiudizi ambientali ed economici alle aree marine e costiere italiane interessate dalla ripresa delle attività estrattive.
9/730/75. Sergio Costa, Ilaria Fontana, L'Abbate, Pavanelli, Cappelletti, Fede, Morfino, Appendino, Todde.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede consistenti interventi in materia di energia elettrica, gas naturale e carburanti, e all'articolo 9-bis, specifiche disposizioni in materia di produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici;
a fronte dell'emergenza climatica in atto, e dei suoi ingenti costi economici e sociali, nel provvedimento in esame sono del tutto assenti misure per la decarbonizzazione e per il clima. In particolare, gli aiuti sono completamente slegati da corrispondenti misure di incentivazione degli investimenti in decarbonizzazione, come ad esempio lo sviluppo di fonti rinnovabili;
così come definite, soprattutto in assenza di collegati investimenti in rinnovabili, efficienza energetica e risparmio, le misure di aiuto si configurano come un cospicuo quanto inefficiente trasferimento di risorse dalla fiscalità generale al consumo di energia da fonti fossili, contribuendo in tal modo a protrarre in via indefinita la dipendenza energetica dall'estero e a minare la sicurezza energetica della nazione;
a tale riguardo si segnala, ultimo in ordine di tempo, lo studio dedicato al sistema energetico italiano, condotto da un gruppo di ricerca dell'università La Sapienza e pubblicato lo scorso ottobre sul Journal of Cleaner Production, dal titolo «Towards a dramatic reduction in the European Natura! Gas consumption: Italy as a case study». Tale studio evidenzia come l'investimento in fonti rinnovabili, invece che in fonti fossili, non solo sarebbe più conveniente in termini di consumo e di risparmio, ma contribuirebbe ad un sensibile aumento di posti di lavoro;
la diffusione delle energie rinnovabili rappresenta uno strumento di elezione per la mitigazione e l'adattamento al cambiamento climatico, i cui gravissimi effetti sul territorio europeo non consentono alcun ritardo nella decarbonizzazione né ripensamenti sulla transizione ecologica inclusiva e soprattutto necessaria per spegnere i conflitti che si stanno alimentando con le energie fossili,
impegna il Governo
al fine di mitigare l'emergenza energetica, contenere gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e contribuire alla decarbonizzazione del sistema energetico e alla resilienza energetica nazionale, nonché per l'attuazione della Componente 2 (M2C2) – Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile, nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ad introdurre, nel primo provvedimento utile, il riconoscimento di un contributo sotto forma di credito d'imposta per investimenti effettuati dai soggetti titolari di impianti azionati da fonti rinnovabili con potenza superiore a 20 kW.
9/730/76. Donno, Torto, Dell'Olio, Carmina.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 10, comma 3, del provvedimento in esame inserisce un articolo aggiuntivo nel decreto-legge n. 77 del 2021 al fine di prevedere un procedimento speciale e acceleratorio per le procedure di approvazione di alcuni progetti relativi ad interventi stradali e autostradali di preminente interesse per il Paese nominativamente individuati ed esplicitati nell'allegato IV-bis al medesimo decreto;
come emerge dalla relazione illustrativa, gli interventi elencati risultano attualmente in avanzata fase di progettazione (definitiva o esecutiva);
occorre tuttavia rilevare che si tratta in molti casi di attività di progettazione caratterizzate da un iter molto complesso che si basa su scenari di domanda e dimensionamenti datati e che non tengono conto della mutata situazione economico-sociale e ambientale del territorio, delle diverse opzioni di tracciati alternativi proposti nel corso degli anni con il coinvolgimento degli enti locali, comitati e associazioni rappresentative degli interessi del territorio, nonché delle molteplici criticità medio tempore emerse;
è questo il caso del passante autostradale di Genova oggetto di un'analisi costi-benefici, pubblicata ad agosto 2019 sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che nelle conclusioni ribadisce la necessità di valutare alternative alla Gronda di Ponente di Genova e all'interconnessione con le autostrade A7, A10 e A12, è di approfondire le predette alternative, anche attraverso un confronto con i livelli istituzionali territoriali;
le Linee guida operative per la valutazione delle opere pubbliche – settore stradale, adottate dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili a settembre 2022, riprendendo quanto disposto dal decreto del presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2012, richiedono la preparazione di un'analisi costi-benefici (ACB) in specifici casi, vale a dire per le opere con investimenti superiori ai 10 milioni di euro, prive di introiti tariffari e per le opere di qualsiasi dimensione, esclusi gli interventi di rinnovo del capitale (ad esempio, manutenzione straordinaria, recupero e ristrutturazione), per le quali è prevista una tariffazione del servizio;
le Linee Guida precisano che, in tali casi, le analisi si incentrano per le diverse alternative progettuali sull'analisi della domanda, sulla sostenibilità finanziaria e sulla bancabilità per quelle opere ove è previsto il ricorso a capitali privati, sull'analisi costi-benefici e sull'analisi dei rischi; l'analisi potrà essere svolta anche per tenere conto di uno scenario di traffico che contempli gli effetti di lungo termine sullo sviluppo dei trasporti legati all'emergenza COVID-19,
impegna il Governo:
a prevedere che con riferimento alle opere che accedono alla procedura semplificata di cui all'articolo 44-bis del decreto-legge n. 77 del 2021, introdotto dal provvedimento in esame, siano approfondite le conseguenze sul territorio connesse ai mutamenti ambientali e socio-economici medio tempore verificatisi e agli scenari di traffico, prevedendo un'analisi aggiornata costi-benefici che consenta, anche mediante il rinnovo delle valutazioni di impatto ambientale, di scongiurare significativi e negativi impatti economici, sociali ed ambientali dell'opera e di verificare e valutare le alternative progettuali proposte, così da pervenire a soluzioni condivise secondo modalità eco-sostenibili;
ad informare le Camere in merito al quadro finanziario delle opere, con particolare riferimento alle risorse disponibili e all'eventuale fabbisogno residuo.
9/730/77. Fede, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, introduce modifiche alla disciplina delle cessioni dei crediti fiscali derivanti da interventi edilizi e di efficientamento energetico;
si prevede la possibilità di un allungamento dei termini per avvalersi dell'agevolazione fiscale nei casi di cessione dei crediti d'imposta stabilendo la possibilità di ripartire l'utilizzo del credito residuo in 10 rate annuali;
si amplia il numero delle cessioni concedendo un ulteriore passaggio in favore di banche, gruppi bancari e intermediari finanziari;
si introduce infine la possibilità di prestiti ponte per le imprese con garanzia pubblica;
considerato che:
le indagini condotte dalle associazioni di settore (si veda, da ultimo, l'analisi del Centro Studi di CNA) evidenziano difficoltà nello smaltimento dei crediti per un valore di circa 5 miliardi, con oltre 50 mila imprese coinvolte;
in risposta all'interrogazione dello scorso 14 dicembre, il Ministro dell'Economia e delle Finanze ha precisato che i dati al momento in possesso dell'Agenzia delle entrate, per il periodo ottobre 2020 - novembre 2022, mostrano che l'ammontare dei crediti è pari complessivamente a 99,4 miliardi di euro, di cui riferibili al cosiddetto Superbonus 52,1 miliardi e al bonus facciate 24,8 miliardi;
le misure introdotte con il provvedimento in esame potrebbero rivelarsi non sufficienti per la risoluzione del problema relativo a crediti incagliati, come peraltro emerso nel corso delle audizioni formali sul provvedimento;
l'estensione a dieci anni del termine di fruizione del credito, con l'obiettivo di ampliare la capienza fiscale, rischia di non intercettare tutte le esigenze connesse degli operatori;
ritenuto che:
nel corso dei lavori di conversione, nonché durante il ciclo di audizioni, sono state proposte diverse soluzioni finalizzate ad agevolare lo smaltimento dei crediti incagliati, in aggiunta alle misure approntate dal Governo, compatibili con l'attuale inquadramento di cui alla regolamentazione stabilita dal manuale SEC e dal Manual on Government Deficit and Debt (MGDD);
in relazione al parere richiesto dall'Istat in data 29 maggio sulla registrazione nei conti nazionali del cosiddetto «bonus 110%», Eurostat ha riconosciuto, in virtù della trasferibilità del credito fiscale, che le regole attuali del SEC 2010 e dell'MGDD non prevedono dei criteri precisi su questi aspetti che permettano di definire con chiarezza se la misura sia «non-payable» (a riduzione delle entrate fiscali per la quota detraibile nell'anno) o «payable» (come spesa per l'intero importo del credito concesso);
Eurostat intende chiarire questi aspetti attraverso una guida metodologica in attesa della pubblicazione della versione aggiornata dell'MGDD;
nel frattempo la misura continuerà a essere registrata nei conti nazionali come «non-payable» in considerazione delle caratteristiche del beneficio fiscale che, eppure soggetto a cessioni multiple, resta comunque connesse alla capacità fiscale del cessionario e stante il principio della perdita del credito eccedente,
impegna il Governo:
a promuovere l'interlocuzione con l'Eurostat e l'interpretazione sulla «non pagabilità» dei crediti fiscali connessi a interventi di edilizi e di efficientamento energetico in vista dell'elaborazione della guida metodologica e in attesa della pubblicazione della versione aggiornata del Manual on Government Deficit and Debt (MGDD);
in attesa della definizione della guida metodologica e della versione aggiornata del Manual on Government Deficit and Debt (MGDD), ad approfondire gli effetti delle disposizioni di cui al provvedimento in esame e a introdurre, con il primo provvedimento utile, ulteriori misure in grado di agevolare la fruibilità dei crediti favorendo lo smaltimento dei credit incagliati, compatibilmente con l'attuale quadro regolatorio e normativo e delle indicazioni dell'Istat di continuare a registrare la misura nei conti nazionali come «non-payable»;
ad aggiornare e relazionare alle Camere sull'esito delle interlocuzioni e sul monitoraggio degli effetti delle misure.
9/730/78. Fenu, Raffa, Alifano, Lovecchio, Santillo.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni di cui all'articolo 4 del disegno di legge in esame prevedono un rilancio dell'attività delle piattaforme offshore di estrazione di gas naturale in deroga ai divieti e alle restrizioni vigenti alle attività di ricerca prospezione e coltivazione;
viene disposto che le concessioni ammesse alle procedure di approvvigionamento di gas naturale di produzione nazionale possano operare anche nelle aree interessate dai vincoli aggiuntivi di esclusione stabiliti nel PITESAI, dovendo essere presi in considerazione soltanto i «vincoli assoluti»;
in deroga al divieto previsto dall'articolo 4 della legge 9 del 1991, vengono ammesse le concessioni di coltivazione di idrocarburi nel tratto di mare tra il 45° parallelo e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po, a una distanza dalla costa superiore a 9 miglia;
inoltre, in deroga al divieto di cui all'articolo 6, comma 17, del decreto legislativo n. 152 del 2006, viene consentito il rilascio di nuove concessioni di coltivazione di idrocarburi in zone di mare fra le 9 e le 12 miglia dalle linee di costa e dal perimetro esterno delle aree marine e costiere protette, altresì riducendo da sei a tre mesi il termine dei procedimenti di valutazione e autorizzazione delle opere di realizzazione degli interventi, nonché dei procedimenti di conferimento delle nuove concessioni di coltivazione tra le 9 e le 12 miglia;
considerato che:
la ripresa delle attività di estrazione del gas, così come delineata dalla disposizione in esame, appare allontanarsi dagli stringenti obiettivi di decarbonizzazione del settore energetico e rappresentano un evidente vulnus per la tutela dell'ambiente e della biodiversità, soprattutto per le aree marine e costiere, a fronte della scarsa quantità di gas recuperabile, stimata soltanto per il 2 per cento del fabbisogno nazionale;
le rilevazioni dell'Enea confermano che il Mediterraneo è sempre più a rischio a causa dell'aumento delle emissioni, in particolare CO2 e metano, e delle ondate di calore. In particolare, l'incremento fortissimo della CO2 negli ultimi 25 anni, pari a circa il 15 per cento e con un tasso di crescita in aumento, abbinato all'aumento delle temperature del mare che hanno raggiunto 30° C nel 2022, è motivo di notevole preoccupazione anche a causa della possibile riduzione della funzione di assorbimento della CO2 in eccesso, normalmente svolta da oceano e vegetazione, e tenuto conto dell'elevato impatto climalterante delle emissioni fuggitive di metano che presenta una capacità di riscaldamento da 30 a 80 volte maggiore rispetto alla CO2;
a conclusione della COPI5 di Montréal, la quindicesima Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica, dello scorso dicembre, è stato raggiunto l'accordo sull'obiettivo «30x30» che prevede l'impegno a ripristinare il 30 per cento degli ecosistemi degradati a livello mondiale e a conservare e gestire il 30 per cento delle zone (terrestri, acque interne, costiere e marine) entro il 2030, a fronte del 17 per cento delle aree terrestri e l'8 per cento delle zone marine attualmente protette,
impegna il Governo:
a monitorare, con l'ausilio dei competenti enti pubblici di ricerca, l'applicazione delle norme descritte in premessa, al fine di valutare il rischio di un progressivo degrado degli habitat marini e costieri e, in caso, ad adottare tempestivi interventi normativi volte a modificarle ripristinando i più stringenti divieti e standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale;
a intervenire con adeguate misure, anche di carattere normativo, al fine di implementare, in coerenza con gli obiettivi europei della neutralità climatica entro il 2050 e con l'obiettivo «30x30» adottato al vertice delle Nazioni Unite COP 15, le politiche di riduzione delle emissioni di gas climalteranti, e dei conseguenti impatti ambientali, e di miglioramento degli ecosistemi, con particolare attenzione per le aree marine e costiere che presentano un più alto rischio per la biodiversità.
9/730/79. Ilaria Fontana, L'Abbate, Sergio Costa, Pavanelli, Fede, Morfino, Appendino, Cappelletti, Todde.
La Camera,
premesso che:
in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, recante misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica;
considerato che:
l'articolo 7 stabilisce che i contributi per mitigare gli effetti economici negativi derivanti dagli aumenti eccezionali registratisi sul prezzo dei carburanti in conseguenza della crisi internazionale in atto, già previsti dal decreto-legge n. 144 del 2022 per il sostegno al settore dell'autotrasporto merci, siano erogati esclusivamente alle imprese con sede in Italia, con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate;
non usufruiranno dei contributi gli autotrasportatori detti «dell'ultimo miglio», o di distribuzione alimentare territoriale con mezzi al di sotto delle 7,5 tonnellate così come i liberi professionisti, artigiani o gli agenti di commercio/rappresentanti;
come è noto la catena logistica italiana fa perno in modo strutturale sul trasporto su gomma, sia per il transito merci infra europeo sia per quello pulviscolare che riguarda l'ultimo miglio urbano, settore questo, che ha avuto una crescita esponenziale. La logistica dell'ultimo miglio è l'atto finale della catena d'approvvigionamento, che si conclude con la consegna al cliente del prodotto. Al di là della definizione, questa fase della logistica presenta numerose variabili e complessità, in particolare nel periodo storico in cui viviamo,
impegna il Governo
a incentivare una progressiva sostituzione dei mezzi commerciali maggiormente inquinanti con quelli a minore impatto ambientale, prevedendo dei contributi straordinari anche per gli autotrasportatori dell'ultimo miglio e delle categorie di lavoratori autonomi che svolgono servizi con costi che ricadrebbero inevitabilmente sul prezzo finale di beni e servizi.
9/730/80. Iaria.
La Camera,
premesso che:
in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, recante misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica;
considerato che:
l'articolo 7 stabilisce che i contributi per mitigare gli effetti economici negativi derivanti dagli aumenti eccezionali registratisi sul prezzo dei carburanti in conseguenza della crisi internazionale in atto, già previsti dal decreto-legge n. 144 del 2022 per il sostegno al settore dell'autotrasporto merci, siano erogati esclusivamente alle imprese con sede in Italia, con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate;
non usufruiranno dei contributi gli autotrasportatori detti «dell'ultimo miglio », o di distribuzione alimentare territoriale con mezzi al di sotto delle 7,5 tonnellate così come i liberi professionisti, artigiani o gli agenti di commercio/rappresentanti;
come è noto la catena logistica italiana fa perno in modo strutturale sul trasporto su gomma, sia per il transito merci infra europeo sia per quello pulviscolare che riguarda l'ultimo miglio urbano, settore questo, che ha avuto una crescita esponenziale. La logistica dell'ultimo miglio è l'atto finale della catena d'approvvigionamento, che si conclude con la consegna al cliente del prodotto. Al di là della definizione, questa fase della logistica presenta numerose variabili e complessità, in particolare nel periodo storico in cui viviamo,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di incentivare una progressiva sostituzione dei mezzi commerciali maggiormente inquinanti con quelli a minore impatto ambientale, prevedendo dei contributi straordinari anche per gli autotrasportatori dell'ultimo miglio e delle categorie di lavoratori autonomi che svolgono servizi con costi che ricadrebbero inevitabilmente sul prezzo finale di beni e servizi.
9/730/80. (Testo modificato nel corso della seduta)Iaria.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del provvedimento in esame modifica e integra la disciplina sull'approvvigionamento di lungo termine di gas naturale di produzione nazionale, da destinare a prezzi calmierati, ai clienti finali industriali «energivori» contenuta nell'articolo 16 del decreto-legge n. 17 del 2022 (legge n. 34 del 2022);
con il provvedimento in esame viene autorizzata l'estrazione da giacimenti nazionali con capacità al di sopra dei 500 milioni di metri cubi, con una stima potenziale di 15 miliardi di metri cubi sfruttabili nell'arco di 10 anni;
considerato che:
la quantità di gas recuperabile secondo le previsioni di cui all'articolo 4 è stimata intorno ai 15 miliardi di metri cubi sfruttabili nell'arco di 10 anni, che corrispondono ad 1,5 miliardi di metri cubi l'anno, ovvero ad una copertura del solo 2 per cento del fabbisogno nazionale pari a circa 76 miliardi di metri cubi. Una quantità talmente esigua e di scarso impatto sul fabbisogno nazionale, che non permette neppure di motivare la necessità e l'urgenza di ricorrere allo strumento del decreto-legge;
rilevato che:
le disposizioni del provvedimento in esame non offrono sufficienti garanzie in relazione alla reale capacità di estrazione di gas nei giacimenti nazionali, autorizzando l'attività di ricerca ed estrazione di gas nei giacimenti nazionali presenti su tutto il territorio italiano, la maggior parte dei quali devono ancora essere individuati, accettando però il rischio di cagionare impatti ambientali, territoriali ed economici negativi nel lungo periodo,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa, al fine di adottare, nel primo provvedimento utile, le opportune iniziative volte a modificare la disposizione di cui all'articolo 4, mediante la previsione di investimenti finalizzati ad incrementare l'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili compatibili con il processo di transizione ecologica e il percorso di decarbonizzazione del settore energetico necessario al contrasto del cambiamento climatico.
9/730/81. L'Abbate, Ilaria Fontana, Sergio Costa, Pavanelli, Fede, Morfino, Appendino, Cappelletti, Todde.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, introduce modifiche alla disciplina delle cessioni dei crediti fiscali derivanti da interventi edilizi e di efficientamento energetico;
si prevede la possibilità di un allungamento dei termini per avvalersi dell'agevolazione fiscale nei casi di cessione dei crediti d'imposta stabilendo la possibilità di ripartire l'utilizzo del credito residuo in 10 rate annuali;
si amplia il numero delle cessioni concedendo un ulteriore passaggio in favore di banche, gruppi bancari e intermediari finanziari;
si introduce infine la possibilità di prestiti ponte per le imprese con garanzia pubblica;
considerato che:
le indagini condotte dalle associazioni di settore (si veda, da ultimo, l'analisi del Centro Studi di CNA) evidenziano difficoltà nello smaltimento dei crediti per un valore di circa 5 miliardi, con oltre 50 mila imprese coinvolte;
in risposta all'interrogazione dello scorso 14 dicembre, il Ministro dell'economia e delle finanze ha precisato che i dati al momento in possesso dell'Agenzia delle entrate, per il periodo ottobre 2020-novembre 2022, mostrano che l'ammontare dei crediti è pari complessivamente a 99,4 miliardi di euro, di cui riferibili al cosiddetto Superbonus 52,1 miliardi e al bonus facciate 24,8 miliardi;
ritenuto che:
le misure introdotte con il provvedimento in esame potrebbero rivelarsi non sufficienti per la risoluzione del problema relativo a crediti incagliati, come peraltro emerso nel corso delle audizioni formali sul provvedimento;
è necessario potenziare l'intervento attraverso l'introduzione di ulteriori misure connesse alla fruizione dei crediti in grado di intercettare le diverse esigenze degli operatori coinvolti,
impegna il Governo
ad approfondire gli effetti delle disposizioni in esame e a introdurre, con il primo provvedimento utile, ulteriori misure finalizzate allo smaltimento dei crediti fiscali incagliati prevedendo una maggiore flessibilità nella fruizione dei crediti anche attraverso il riporto in avanti delle eccedenze di credito.
9/730/82. Lovecchio, Raffa, Alifano, Santillo.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4-bis del provvedimento in esame, inserito nel corso dell'esame in sede referente, dispone che fino al 31 marzo 2024, la sostituzione del gas naturale con combustibili alternativi, compreso il combustibile solido secondario, e le relative modifiche tecnico-impiantistiche ai fini del soddisfacimento del fabbisogno energetico degli impianti industriali siano da qualificarsi come modifiche non sostanziali;
valutato che:
le disposizioni di cui al citato articolo 4-bis, in deroga alla normativa vigente, consentono ai gestori degli impianti industriali di comunicare all'autorità competente al rilascio della valutazione di impatto ambientale, ove prevista, e dell'autorizzazione integrata ambientale le deroghe necessarie alle condizioni autorizzative e la tipologia di combustibile diverso dal gas naturale ai fini del soddisfacimento del relativo fabbisogno energetico. Decorsi trenta giorni dalla comunicazione, il gestore dell'impianto avvia la sostituzione con il combustibile scelto, salvo l'autorità competente non adotti un provvedimento di diniego motivato entro il medesimo termine;
le citate deroghe alle condizioni autorizzative hanno validità semestrale a partire dalla predetta comunicazione. Alla scadenza del termine, qualora la situazione di eccezionalità permanga, i gestori possono comunicare all'autorità competente le nuove deroghe necessarie;
considerato inoltre che:
la Direttiva 2010/75/UE (IED) impone che le procedure autorizzative di interventi sostanziali, e in particolare di modifiche sostanziali, garantiscano specifici requisiti quali ad esempio la partecipazione del pubblico e di tutte le amministrazioni potenzialmente interessate al procedimento;
secondo la citata normativa comunitaria, costituiscono certamente modifiche «sostanziali» gli incrementi della capacità produttiva pari o superiori alle soglie di assoggettabilità di cui all'allegato 1 della direttiva 2010/75/UE, ma vanno inoltre considerate sostanziali anche le ulteriori modifiche che a giudizio dell'autorità competente determinano effetti negativi significativi sull'ambiente o sulla salute umana;
altresì, la normativa di settore (parte quinta del decreto legislativo n. 152 del 2006) che disciplina l'autorizzazione alle emissioni in atmosfera (assorbita nell'AUA) definisce sostanziale la modifica «che comporta un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o che altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse e che possa produrre effetti negativi e significativi sull'ambiente» (articolo 2, comma 1, lettera m-bis);
studi scientifici internazionali hanno dimostrato che la combustione di rifiuti come combustibili alternativi, sia in impianti dedicati sia in impianti industriali esistenti, comporta una variazione delle emissioni, in particolare di diossine, composti organici clorurati e metalli pesanti, e la produzione di diossine è direttamente proporzionale alla quantità di rifiuti bruciati. A tale contesto di forti emissioni inquinanti, assai spesso si accompagna la mancanza o carenza di un efficace sistema integrato di controlli ambientali a livello nazionale;
risulta necessario, pertanto, anteporre il preminente principio di precauzione a tutela della salute collettiva e della salvaguardia dell'ambiente, sia con riguardo alle emissioni in atmosfera, che contribuiscono al cambiamento climatico in atto da cui derivano enormi danni economici, che con riferimento all'inquinamento idro-geologico del territorio e al contrasto a comportamenti che vanno oltre la legalità consistenti non solo nel traffico e nello smaltimento illecito dei rifiuti, ma anche nella possibilità di mescolare nelle ecoballe rifiuti non consentiti a legislazione vigente,
impegna il Governo
ad adottare iniziative affinché l'esercizio in deroga degli impianti citati in premessa sia adeguatamente monitorato e rendicontato, anche considerando il ricorso al registro di cui all'articolo 184-ter, comma 3-septies, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ovvero ad apposito registro da istituire ad hoc.
9/730/83. Morfino, Ilaria Fontana, L'Abbate, Sergio Costa, Fede.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 9 del provvedimento in esame riduce la percentuale della detrazione riconosciuta nel 2023 per gli interventi rientranti nella disciplina del cosiddetto Superbonus, portandola dal 110 al 90 per cento. La norma proroga, inoltre, il termine previsto per l'utilizzo della detrazione del 110 per cento per le spese sostenute da persone fisiche sugli edifici unifamiliari e riconosce, a determinate condizioni di reddito familiare e di titolarità del bene, la possibilità di vedersi riconosciuta la detrazione nella misura del 90 per cento anche per le spese sostenute per le unità immobiliari nel 2023;
inoltre, l'agevolazione con aliquota nella misura del 110 per cento viene riconosciuta fino al 2025 ai soggetti del terzo settore che esercitano servizi socio-sanitari e assistenziali e i cui membri del consiglio di amministrazione non percepiscono alcun compenso. Viene prevista anche la corresponsione di un contributo in favore dei soggetti che si trovano nelle condizioni di reddito di riferimento inferiore a 15.000 euro. Viene, altresì, riconosciuta la possibilità di un allungamento dei termini per avvalersi dell'agevolazione fiscale nei casi di cessione dei crediti d'imposta legati al Superbonus, aumentando in tal modo la capienza fiscale del cessionario. Si stabilisce infatti che, limitatamente ai crediti d'imposta le cui comunicazioni di cessione o di sconto in fattura sono state inviate all'Agenzia delle entrate entro il 31 ottobre 2022, sia possibile ripartire l'utilizzo del credito residuo in 10 rate annuali;
considerato che:
il decreto-legge in esame interviene purtroppo con un taglio anticipato al cosiddetto «Superbonus» senza prevedere una politica pluriennale per la riqualificazione energetica e antisismica degli edifici. Tale scelta determinerà un decisivo freno agli investimenti nella riqualificazione degli edifici, compromettendo gli obiettivi legati alla transizione ecologica. Questo effetto sarà tanto più evidente per gli interventi su interi edifici condominiali, condizionati dalla presenza dei condomini a più basso reddito, che non hanno la possibilità di sostenere la parte di spese non coperta dal bonus e, allo stesso tempo, non accedono al contributo finanziario previsto dalla norma perché hanno un reddito anche di poco superiore alla soglia dei 15.000 euro;
le modifiche introdotte nel corso dell'esame in sede referente nonché le modifiche contenute nell'emendamento presentato al disegno di legge di bilancio dal Governo in Commissione Bilancio alla Camera dei deputati non risolvono le problematiche sollevate dagli operatori del settore in relazione al blocco delle cessioni;
è di tutta evidenza come i bonus relativi all'edilizia, ed in particolare la misura del Superbonus 110 per cento, abbiano svolto un ruolo decisivo nel rilancio del comparto. Negli ultimi due anni, il settore delle costruzioni ha trainato il Pil e l'occupazione. Secondo i dati riportati dall'Associazione nazionale costruttori edili (Ance), più di un terzo dell'aumento del Pil del 2022 è legato alla crescita del settore, che ha creato 230.000 posti di lavoro in due anni;
nell'ultimo rapporto di ricerca sugli incentivi per una politica industriale di lungo periodo, il Censis dimostra chiaramente i benefici apportati sia in termini di entrate per lo Stato che in termini di crescita dell'occupazione. Il Censis stima che, a fronte di 55 miliardi di euro di investimenti sul patrimonio edilizio, tra agosto 2020 e ottobre 2022, siano stati 79,9 i miliardi di produzione diretta nella filiera delle costruzioni, cui si sommano 36 miliardi di euro di produzione attivata in altri settori del sistema economico connesso alle componenti dell'indotto, per un totale di almeno 115 miliardi di euro. Anche in termini fiscali, non può essere ignorato il contributo portato dagli effetti moltiplicativi del Superbonus sul relativo gettito fiscale,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate, al fine di adottare con urgenza, nel primo provvedimento utile, modifiche puntuali alla disciplina delineata dall'articolo 9 di cui in premessa volte a prevedere:
l'estensione del termine previsto per l'utilizzo della detrazione del 110 per cento per le spese sostenute da persone fisiche sugli edifici unifamiliari dal 31 marzo 2023 al 30 giugno 2023, posticipando altresì la condizione che alla data del 30 settembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30 per cento dell'intervento complessivo, al fine di prorogarla al 31 marzo 2023;
l'estensione dei termini entro cui poter usufruire del 110 per cento, consentendo la deliberazione dei lavori, in caso di condomini, e la presentazione della CILAS entro il 28 febbraio 2023 o, almeno, entro il 31 gennaio c.a., salvaguardando così il legittimo affidamento dei soggetti che hanno già concluso le fasi prodromiche dei lavori confidando nella possibilità di usufruire della summenzionata aliquota;
l'esclusione, dalle modifiche normative previste dall'articolo 9, comma 1, lettera a), degli interventi, da avviare o già in corso di realizzazione, che sono stati oggetto di pratiche edilizie presentate sotto la vigenza delle disposizioni normative antecedenti le modifiche che hanno portato all'introduzione della CILAS;
l'eliminazione, per gli interventi eseguiti su unità immobiliari dalle persone fisiche, del limite di reddito dei 15.000 euro, che appare piuttosto esiguo e non idoneo a finanziare gli interventi per i soggetti con ridotta capacità contributiva;
la detrazione nella misura del 110 per cento anche per i lavori di realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e i sistemi di accumulo dell'energia.
9/730/84. Pavanelli, Santillo, Fenu, Torto, Ilaria Fontana, Cappelletti, Todde, Appendino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 14, comma 2, del decreto-legge oggetto di conversione dispone un'autorizzazione di spesa pari a 45 milioni di euro per l'anno 2022, al fine di accelerare il completamento dei programmi di ammodernamento e rinnovamento destinati alla difesa nazionale;
prevede, altresì, che il Ministero della difesa provveda alla conseguente rimodulazione delle consegne e dei relativi cronoprogrammi;
sia nella disposizione sia nella relazione tecnica e nella relazione illustrativa del succitato decreto-legge non vengono specificati i programmi di ammodernamento e rinnovamento ai quali è destinato l'incremento di spesa ai fini del loro completamento;
ai sensi degli articoli 536 e seguenti del Codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, i programmi di ammodernamento e rinnovamento destinati alla difesa nazionale sono definiti con decreto del Ministro della difesa e il relativo schema di decreto è preventivamente sottoposto al parere delle competenti Commissioni parlamentari;
il comma 2 dell'articolo 536-bis del Codice dell'ordinamento militare dispone che gli schemi dei decreti recanti l'approvazione della rimodulazione di programmi sui quali è già stato espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti ai sensi dell'articolo 536, comma 3, lettera b), siano sottoposti nuovamente a tale parere;
la ratio delle norme descritte è quella di garantire un incisivo controllo parlamentare in merito agli investimenti inerenti l'adeguamento dei sistemi e delle dotazioni militari, nonché garantire la massima condivisione delle responsabilità tra Governo e Parlamento,
impegna il Governo
a trasmettere con urgenza alle Camere gli schemi di decreto relativi al completamento e alla rimodulazione dei programmi di ammodernamento e rinnovamento di cui in premessa, al fine di garantire il ruolo fondamentale di controllo del Parlamento in materia.
9/730/85. Pellegrini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, introduce modifiche alla disciplina delle cessioni dei crediti fiscali derivanti da interventi edilizi e di efficientamento energetico;
si prevede la possibilità di un allungamento dei termini per avvalersi dell'agevolazione fiscale nei casi di cessione dei crediti d'imposta stabilendo la possibilità di ripartire l'utilizzo del credito residuo in 10 rate annuali;
si amplia il numero delle cessioni concedendo un ulteriore passaggio in favore di banche, gruppi bancari e intermediari finanziari;
si introduce infine la possibilità di prestiti ponte per le imprese con garanzia pubblica;
considerato che:
le indagini condotte dalle associazioni di settore (si veda, da ultimo, l'analisi del Centro Studi di CNA) evidenziano difficoltà nello smaltimento dei crediti per un valore di circa 5 miliardi, con oltre 50 mila imprese coinvolte;
in risposta all'interrogazione dello scorso 14 dicembre, il Ministro dell'economia e delle finanze ha precisato che i dati al momento in possesso dell'Agenzia delle entrate, per il periodo ottobre 2020- novembre 2022, mostrano che l'ammontare dei crediti è pari complessivamente a 99,4 miliardi di euro, di cui riferibili al cosiddetto Superbonus 52,1 miliardi e al bonus facciate 24,8 miliardi;
ritenuto che:
le misure introdotte con il provvedimento in esame potrebbero rivelarsi non sufficienti per la risoluzione del problema relativo a crediti incagliati, come peraltro emerso nel corso delle audizioni formali sul provvedimento;
è necessario potenziare l'intervento attraverso l'introduzione di ulteriori misure connesse alla fruizione dei crediti in grado di intercettare le diverse esigenze degli operatori coinvolti;
in particolare, andrebbe favorita la fruibilità in capo agli operatori bancari e intermediari finanziari attraverso la previsione di misure straordinarie,
impegna il Governo
ad approfondire gli effetti delle disposizioni in esame e a introdurre, con il primo provvedimento utile, ulteriori misure finalizzate allo smaltimento dei crediti fiscali incagliati anche attraverso l'utilizzo, in via straordinaria, dello strumento della compensazione fiscale dei crediti ceduti da parte di banche e intermediari con i debiti fiscali oggetto di deleghe di pagamento.
9/730/86. Raffa, Fenu, Alifano, Lovecchio, Santillo.
La Camera,
premesso che:
nel cosiddetto Decreto Rilancio è stata introdotta la possibilità di usufruire delle agevolazioni fiscali in materia edilizia e di efficientamento energetico sotto forma di sconti sui corrispettivi ovvero prevedendo la facoltà per il beneficiario della detrazione di cedere il corrispondente credito a un soggetto terzo, comprese banche e intermediari finanziari;
la cessione del credito si è rivelata uno strumento fondamentale per l'accesso agli incentivi fiscali in materia edilizia e di efficientamento energetico, contribuendo al rilancio dell'intero settore e al perseguimento degli obiettivi fissati nel PNRR;
a seguito dell'introduzione della cessione del credito, si sono susseguite una serie di modifiche normative all'impianto originario tra cui le modifiche introdotte con il decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 (decreto Sostegni ter) e il decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 («decreto Ucraina»); da ultimo, le modifiche in via di introduzione con il decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176 (cosiddetto decreto Aiuti quater), in corso di conversione;
il susseguirsi di interventi e modificazioni, oltre a una generale incertezza applicativa, ha comportato notevoli difficoltà agli operatori del settore che lamentano l'impossibilità di cedere i propri crediti;
ad oggi molti istituti di credito e altri intermediari finanziari, hanno messo in stand-by l'acquisto di crediti derivanti da «Superbonus» nonché da altri bonus minori;
il 7 novembre scorso con la nota di Poste Italiane si apprende, con grande preoccupazione, che il servizio di acquisto dei crediti di imposta «è sospeso per l'apertura di nuove pratiche», con ciò uniformandosi ad una soluzione già adottata dai principali istituti di credito;
l'indagine condotta dal Centro Studi di CNA ha evidenziato difficoltà nello smaltimento dei crediti per un valore di circa 5 miliardi, con oltre 50 mila imprese coinvolte;
i dati al momento in possesso dell'Agenzia delle entrate, per il periodo ottobre 2020-novembre 2022, mostrerebbero che l'ammontare dei crediti è pari complessivamente a 99,4 miliardi di euro, di cui riferibili al superbonus 52,1 miliardi e al bonus facciate 24,8 miliardi;
tuttavia secondo quanto riportato dal Ministro Giorgetti l'Agenzia delle entrate conosce l'ammontare dei crediti, ma non è in grado di stabilire i motivi in base ai quali i contribuenti abbiano deciso di mantenere i crediti nella propria disponibilità, ad esempio, ai fini del successivo utilizzo in compensazione tramite modello F24, oppure se non riescano ad utilizzarli ovvero a cederli ad altri soggetti,
impegna il Governo
a catalogare e verificare con dettaglio quanti dei sopracitati crediti fiscali totali siano stati oggetto di cessione andata a buon fine, ovvero esplicitamente accettata dal cessionario, ad un istituto di credito e finanziario, ad una compagnia assicurativa, a Poste Italiane o Cassa depositi e prestiti, e quante invece le richieste di cessione e gli importi totali corrispondenti, registrate sulla piattaforma di cessione dei crediti dell'Agenzia delle entrate per contribuenti privati, imprese e professionisti, che siano state esplicitamente rifiutate negli anni 2021 e 2022, senza ulteriore aggravio di oneri a carico del contribuente.
9/730/87. Santillo, Fenu.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame proroga, inter alia, misure atte a contrastare l'aumento dei costi dell'energia elettrica e del gas naturale in favore di famiglie ed imprese;
gli incrementi dei costi energetici e le conseguenti difficoltà nel far fronte al puntuale pagamento delle utenze, stanno costringendo le imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni e gli esercizi commerciali a cessare le attività;
in particolare, un settore in sofferenza è quello dei panificatori, stando all'allarme lanciato da Assipan Confcommercio, soprattutto nel meridione. Infatti le analisi dei bilanci delle imprese del settore della panificazione relativamente al periodo pre-crisi evidenziava un impatto dei costi riconducibili alle materie prime energetiche (bollette della luce, bollette del gas, e altro) pari mediamente al 5 per cento circa del fatturato complessivo aziendale. La situazione attuale disegna uno scenario che configura un balzo eclatante delle stesse voci di costo, mediamente quadruplicate per gli operatori del settore della panificazione;
il quadro che ne consegue rischia di produrre effetti devastanti sul comparto, prevalentemente per coloro che si appoggiano su un numero di addetti più corposo. Le prime stime prudenziali degli effetti della crisi sul settore della panificazione, evidenziano che da qui alla metà del 2023, in assenza di aiuti concreti alle imprese e/o di interventi lineari e strutturali finalizzati a limitare l'impatto negativo della crisi energetica, si rischia di perdere fino a 1.350 imprese dell'intero settore della panificazione, con una perdita di circa 5.300 posti di lavoro. Circostanza che soprattutto nei Comuni meridionali avrebbe effetti drammatici, visto che molte economie locali si reggono ancora proprio sul comparto alimentare artigianale,
impegna il Governo
ad adottare, in tempi brevi, ulteriori e più incisive misure atte a calmierare il costo delle materie energetiche, nonché a introdurre disposizioni di carattere strutturale per la tutela del settore e di tutte le PMI, al fine di scongiurare la chiusura di realtà economiche fondamentali per le economie locali.
9/730/88.Scerra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame proroga, inter alia, misure atte a contrastare l'aumento dei costi dell'energia elettrica e del gas naturale in favore di famiglie ed imprese;
gli incrementi dei costi energetici e le conseguenti difficoltà nel far fronte al puntuale pagamento delle utenze, stanno costringendo le imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni e gli esercizi commerciali a cessare le attività;
in particolare, un settore in sofferenza è quello dei panificatori, stando all'allarme lanciato da Assipan Confcommercio, soprattutto nel meridione. Infatti le analisi dei bilanci delle imprese del settore della panificazione relativamente al periodo pre-crisi evidenziava un impatto dei costi riconducibili alle materie prime energetiche (bollette della luce, bollette del gas, e altro) pari mediamente al 5 per cento circa del fatturato complessivo aziendale. La situazione attuale disegna uno scenario che configura un balzo eclatante delle stesse voci di costo, mediamente quadruplicate per gli operatori del settore della panificazione;
il quadro che ne consegue rischia di produrre effetti devastanti sul comparto, prevalentemente per coloro che si appoggiano su un numero di addetti più corposo. Le prime stime prudenziali degli effetti della crisi sul settore della panificazione, evidenziano che da qui alla metà del 2023, in assenza di aiuti concreti alle imprese e/o di interventi lineari e strutturali finalizzati a limitare l'impatto negativo della crisi energetica, si rischia di perdere fino a 1.350 imprese dell'intero settore della panificazione, con una perdita di circa 5.300 posti di lavoro. Circostanza che soprattutto nei Comuni meridionali avrebbe effetti drammatici, visto che molte economie locali si reggono ancora proprio sul comparto alimentare artigianale,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare misure per calmierare il costo delle materie energetiche per la tutela del settore di tutte le PMI.
9/730/88.(Testo modificato nel corso della seduta)Scerra.
La Camera,
premesso che:
il capo I del provvedimento in esame reca misure urgenti in materia elettrica, gas naturale e carburanti;
considerato che:
l'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91, ha riconosciuto alle Autorità di sistema portuale la possibilità di costituire comunità energetiche rinnovabili;
in particolare, gli incentivi previsti dal decreto legislativo n. 199 del 2021 per la promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili si applicano agli impianti da fonti rinnovabili inseriti in comunità energetiche rinnovabili costituite dalle Autorità di sistema portuale, anche se di potenza superiore a 1 MW;
valutato che:
tale misura facilita la transizione energetica rinnovabile negli scali commerciali nonché agevola le autorità portuali a promuovere il consumo di energia da fonti rinnovabili nelle aree portuali e retroportuali,
impegna il Governo
per le medesime finalità di transizione energetica e promozione del consumo di energia da fonti rinnovabili, ad adottare ogni opportuna iniziativa volta ad estendere alle cosiddette Zone Economiche Speciali (ZES) la possibilità di promuovere comunità energetiche, in analogia a quanto previsto per le Autorità di sistema portuali a legislazione vigente.
9/730/89.Todde, Pavanelli, Appendino, Cappelletti, Ghirra.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 9 del provvedimento in esame riduce la percentuale della detrazione riconosciuta nel 2023 per gli interventi rientranti nella disciplina del cd. Superbonus, portandola dal 110 al 90 per cento. La norma proroga, inoltre, il termine previsto per l'utilizzo della detrazione del 110 per cento per le spese sostenute da persone fisiche sugli edifici unifamiliari e riconosce, a determinate condizioni di reddito familiare e di titolarità del bene, la possibilità di vedersi riconosciuta la detrazione nella misura del 90 per cento anche per le spese sostenute per le unità immobiliari nel 2023;
considerato che:
il decreto-legge in esame interviene purtroppo con un taglio anticipato al cosiddetto «Superbonus» senza prevedere una politica pluriennale per la riqualificazione energetica e antisismica degli edifici. Tale scelta determinerà un decisivo freno agli investimenti nella riqualificazione degli edifici, compromettendo gli obiettivi legati alla transizione ecologica;
è di tutta evidenza come i bonus relativi all'edilizia, ed in particolare la misura del Superbonus 110 per cento, abbiano svolto un ruolo decisivo nel rilancio del comparto. Negli ultimi due anni, il settore delle costruzioni ha trainato il PIL e l'occupazione. Secondo i dati riportati dall'Associazione nazionale costruttori edili (Ance), più di un terzo dell'aumento del PIL del 2022 è legato alla crescita del settore, che ha creato 230.000 posti di lavoro in due anni;
nell'ultimo rapporto di ricerca sugli incentivi per una politica industriale di lungo periodo, il Censis dimostra chiaramente i benefici apportati sia in termini di entrate per lo Stato che in termini di crescita dell'occupazione,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare con urgenza, nel primo provvedimento utile, modifiche puntuali alla disciplina delineata dall'articolo 9 volte a prevedere l'estensione del termine previsto per l'utilizzo della detrazione del 110 per cento per le spese sostenute da persone fisiche sugli edifici unifamiliari dal 31 marzo 2023 al 30 giugno 2023, posticipando altresì la condizione che alla data del 30 settembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30 per cento dell'intervento complessivo, al fine di prorogarla al 31 marzo 2023, nonché l'estensione dei termini entro cui poter usufruire del 110 per cento, consentendo la deliberazione dei lavori, in caso di condomini, e la presentazione della CILAS entro il 28 febbraio 2023 o, almeno, entro il 15° giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, salvaguardando così il legittimo affidamento dei soggetti che hanno già concluso le fasi prodromiche dei lavori confidando nel Superbonus al 110 per cento.
9/730/90.Torto, Dell'Olio, Carmina, Donno.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame contiene, agli articoli 10, commi 1-2-ter, e 11, disposizioni in materia di PNRR;
per l'Italia il PNRR rappresenta un'opportunità imperdibile di sviluppo, investimenti, riforme, modernizzazione della sua pubblica amministrazione, rafforzamento del suo sistema produttivo, contrasto alla povertà, all'esclusione sociale e alle disuguaglianze;
il Governi Conte prima e Draghi poi hanno tenuto conto delle priorità di intervento e delle modalità di stesura del PNRR indicate dal Parlamento attraverso un confronto costante e costruttivo, che si è concretizzato sia in occasione della presentazione delle Linee guida iniziali, con l'approvazione delle Risoluzioni 6-00138 della Camera e 6-00134 del Senato, il 13 ottobre 2020, sia con gli orientamenti sulla Proposta di PNRR contenute nelle Risoluzioni 6-00179 della Camera e n. 6-00181 del Senato adottate rispettivamente il 31 marzo e il 1° aprile 2021; da ultimo, il 26 e 27 aprile 2021, il Presidente Draghi ha reso comunicazioni alla Camera e al Senato sul nuovo testo del PNRR e il dibattito parlamentare si è concluso con l'approvazione di risoluzioni n. 6-00189 della Camera e n. 6/00188 del Senato, atti con i quali si impegnava anche per il futuro il Governo ad assicurare il pieno coinvolgimento del Parlamento, nonché la leale collaborazione con le Regioni e gli Enti Locali, nelle fasi successive del PNRR e la trasmissione della necessaria documentazione relativa al conseguimento dei traguardi e degli obiettivi intermedi contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, in modo da consentire al Parlamento di monitorare l'attuazione e l'impatto dei singoli interventi, il rispetto dei tempi e degli obblighi di risultato previsti dal regolamento (UE) 2021/241;
destano grande preoccupazione, pertanto, le notizie di possibili azioni di modifica sostanziale se non di una vera e propria riscrittura del Piano da parte del Governo senza nessun coinvolgimento del Parlamento, una fuga in avanti che determinerebbe un gravissimo strappo istituzionale,
impegna il Governo
a informare le Camere in merito a possibili modifiche al PNRR e, in caso affermativo, a garantire che il Parlamento svolga appieno le sue funzioni di indirizzo e controllo, in coerenza con quanto avvenuto con i precedenti governi.
9/730/91.De Luca, Amendola.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede, tra le misure riguardanti il personale scolastico, l'incremento, della dotazione del Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa destinato al finanziamento dei trattamenti retributivi accessori del personale docente;
sono inoltre previste alcune forme di coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali che consentano di garantire la continuità dei servizi erogati dagli enti locali in relazione all'aumento dei costi delle utenze di energia elettrica e gas e il coinvolgimento della Conferenza Stato città e autonomie locali nell'individuazione dei criteri di riparto delle risorse destinate alla rigenerazione urbana dei piccoli comuni;
in Italia sono presenti 363 Istituti professionali per i servizi alberghieri e ristorazione che tuttavia necessitano di interventi di adeguamento strutturale ed impiantistico per quanto concerne gli edifici adibiti ad istituti tecnici per il turismo, anche con riferimento alla normativa antincendio;
al fine di finanziare gli interventi finalizzati all'efficientamento energetico e all'analisi della vulnerabilità sismica dei predetti edifici oltre che alla manutenzione e all'ammodernamento dei locali adibiti a laboratori specializzati;
al fine di consentire una migliore formazione di figure professionali dotate di una preparazione gestionale e manageriale di livello internazionale nel settore turistico e dei servizi del turismo, della ristorazione e della conoscenza dei prodotti alimentari e dei vincoli della tradizione e della cultura italiane,
impegna il Governo
a predisporre, anche nei successivi interventi di competenza, risorse sufficienti dirette a realizzare interventi di ammodernamento, efficientamento energetico e messa in sicurezza degli istituti tecnici statali per il turismo, al fine di consentire strutture adeguate ad accogliere l'attività di formazione delle figure professionali del settore.
9/730/92. Zucconi, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede, tra le misure riguardanti il personale scolastico, l'incremento, della dotazione del Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa destinato al finanziamento dei trattamenti retributivi accessori del personale docente;
sono inoltre previste alcune forme di coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali che consentano di garantire la continuità dei servizi erogati dagli enti locali in relazione all'aumento dei costi delle utenze di energia elettrica e gas e il coinvolgimento della Conferenza Stato città e autonomie locali nell'individuazione dei criteri di riparto delle risorse destinate alla rigenerazione urbana dei piccoli comuni;
in Italia sono presenti 363 Istituti professionali per i servizi alberghieri e ristorazione che tuttavia necessitano di interventi di adeguamento strutturale ed impiantistico per quanto concerne gli edifici adibiti ad istituti tecnici per il turismo, anche con riferimento alla normativa antincendio;
al fine di finanziare gli interventi finalizzati all'efficientamento energetico e all'analisi della vulnerabilità sismica dei predetti edifici oltre che alla manutenzione e all'ammodernamento dei locali adibiti a laboratori specializzati;
al fine di consentire una migliore formazione di figure professionali dotate di una preparazione gestionale e manageriale di livello internazionale nel settore turistico e dei servizi del turismo, della ristorazione e della conoscenza dei prodotti alimentari e dei vincoli della tradizione e della cultura italiane,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di predisporre, anche nei successivi interventi di competenza, risorse sufficienti dirette a realizzare interventi di ammodernamento, efficientamento energetico e messa in sicurezza degli istituti tecnici statali per il turismo, al fine di consentire strutture adeguate ad accogliere l'attività di formazione delle figure professionali del settore.
9/730/92. (Testo modificato nel corso della seduta)Zucconi, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
i commi 77 e 78 della legge 29 dicembre 2022, n. 197 estendono il regime della ritenuta a titolo di imposta sostitutiva del 5 per cento, operata dagli intermediari residenti che intervengono nella riscossione sulle somme corrisposte in Italia da parte della assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti Svizzera (AVS) e della gestione della previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità svizzera (LPP), anche al contribuente che riceva all'estero l'accredito delle suddette somme, senza intervento nel pagamento da parte di intermediari finanziari italiani;
il successivo comma 79 della medesima legge assoggetta a imposta sostitutiva con aliquota del 5 per cento le somme corrisposte da enti di previdenza e assistenza del Principato di Monaco, ove siano percepite da soggetti residenti senza l'intervento di intermediari italiani;
tali interventi normativi sono scaturiti dalla necessità di porre rimedio alla disparità di trattamento che si veniva a creare qualora l'accredito delle prestazioni AVS o LPP non fosse canalizzato in Italia e, dunque, in assenza di un sostituto d'imposta che operasse la ritenuta del 5 per cento,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di estendere l'integrazione normativa di cui in premessa anche ai trattamenti dei frontalieri a San Marino.
9/730/93. Morrone.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 (cosiddetto decreto-legge «Sostegni-ter»), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25, prevede norme sull'applicazione del meccanismo di compensazione a due vie sul prezzo dell'energia elettrica prodotta da impianti a fonti rinnovabili, cosiddetto meccanismo extraprofitti;
in pratica, l'articolo 15-bis del decreto-legge n. 4 del 2022 ha imposto un tetto ai ricavi solo sugli impianti fotovoltaici incentivati con i cosiddetti conto energia e su idroelettrico e geotermico non incentivati. Il tetto ai ricavi, variabile in base alle zone di mercato, è comunque compreso tra 57 e 75 euro/MWh e si applica dal 1° febbraio 2022 fino al 30 giugno 2023;
il comma 32 della legge di bilancio 2023, fissa in 180 euro/MWh (con possibilità di incremento affidata ad ARERA) il tetto per tutte le altre produzioni. Il tetto si applica solo dal 1° dicembre 2022 al 30 giugno 2023; tale tetto corrisponde a quello previsto dal regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio del 6 ottobre 2022, relativo a un intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell'energia;
l'ANCI ha più volte segnalato l'iniquità della misura e gli squilibri finanziari cui vanno incontro i comuni, avendo ricevuto ingiunzioni di pagamento per l'anno 2022;
infatti, in applicazione della norma in oggetto, circa 1200 comuni hanno ricevuto da GSE spa fatture con scadenza 31 ottobre 2022 per il pagamento delle somme dovute a seguito dell'applicazione retroattiva del meccanismo di «compensazione a due vie» sul prezzo dell'energia elettrica, come previsto dall'articolo 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022 n. 4;
l'applicazione di tale compensazione ha comportato notevoli difficoltà finanziarie per gli enti locali, considerato che avviene a fine esercizio e in un momento in cui le amministrazioni hanno già notevoli difficoltà a reperire fondi per sostenere l'incremento delle spese per l'energia elettrica e il gas metano;
i proventi degli enti locali, proprietari degli impianti fotovoltaici, non potrebbero essere assimilabili alla nozione di «extraprofitto», con riferimento sia al profilo soggettivo che oggettivo, in quanto, da una parte, non si tratta di ricavi o profitti di natura privatistica ma di entrate o proventi di natura pubblicistica, e, dall'altra, si tratta di proventi destinati alla collettività e all'erogazione dei servizi ai cittadini e non all'utile o profitto privato;
appare pertanto paradossale l'assimilazione fatta dalla norma tra produttori privati e pubbliche amministrazioni, considerato che tali risorse servono ad alimentare il meccanismo degli aiuti contro il caro-bollette, creando negli enti locali una sorta di cortocircuito in cui un ampio gruppo di comuni, quasi uno su sei, sono nello stesso tempo «tassati» sugli extraprofitti e poi sostenuti dai contributi statali per il finanziamento dei maggiori i costi energetici,
impegna il Governo
ad adottare, nel primo provvedimento utile, le opportune iniziative, di carattere interpretativo o normativo, per chiarire ed escludere gli enti locali dall'applicazione della norma di cui all'articolo 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 (cosiddetto decreto-legge «Sostegni-ter»), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25, sospendendo, nel frattempo, il pagamento delle fatture già inviate e sollecitate dal GSE spa.
9/730/94. Bof, Cavandoli, Zinzi, Benvenuto, Montemagni, Pizzimenti.
La Camera,
premesso che:
in diverse occasioni l'Unione europea ha sottolineato l'importanza delle energie rinnovabili, invitando i Paesi membri ad aumentare la quota di energia da fonti pulite;
infatti, anche la Strategia energetica nazionale considera lo sviluppo delle fonti rinnovabili come funzionale non solo alla riduzione dell'anidride carbonica, nell'ottica della completa decarbonizzazione del sistema energetico al 2050, ma anche al contenimento della dipendenza energetica, prefissando l'obiettivo al 2030 del 30 per cento di consumi da rinnovabili rispetto ai consumi complessivi;
tra le fonti rinnovabili, la geotermia italiana è considerata, a livello internazionale, una best practice per quanto concerne gli aspetti ambientali e la tecnologia del processo;
in particolare, si è sviluppato in Toscana uno dei più grandi complessi geotermici del mondo, con trentacinque impianti con una potenza nominale totale installata di circa 915,5 di megawatt: le taglie degli impianti variano da 1 megawatt dell'impianto binario collocato presso la centrale di Bagnore 3 ai 120 megawatt della centrale di Vallesecolo e coprono il 30 per cento del fabbisogno elettrico della Toscana, pari ai consumi di oltre 2 milioni di famiglie;
in Toscana, la geotermia permette un risparmio di oltre 1 milione e 400 mila tonnellate equivalente di petrolio e di 4,1 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica e garantisce 650 occupati diretti e circa 2 mila nell'indotto;
tutta la comunità geotermica attende, ormai da oltre tre anni, il decreto FER2, che dovrebbe tornare a introdurre nuove incentivi a sostegno della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili come quella geotermica, esclusa (per la prima volta) dal FERI, pubblicato in Gazzetta ufficiale ormai nel lontano 2019;
anche il PNRR contiene una serie di meccanismi di sostegno per lo sviluppo delle installazioni di impianti FER, soprattutto per gli impianti che presentano tecnologie meno mature o con costi di esercizio elevati, fra cui proprio il geotermico; inoltre, l'insieme delle riforme che sono contenute nel PNRR stesso sono finalizzate alla semplificazione dei processi autorizzativi, per superare gli ostacoli meramente burocratici collegati al processo del permitting;
Il «decreto FER2» disciplinerà un ulteriore sostegno alle fonti rinnovabili geotermiche fra cui rientrano sia la geotermia tradizionale a ridotta emissione sia la geotermia a emissioni nulle. Nello specifico, per quanto riguarda la geotermia tradizionale, sia per gli impianti nuovi sia per i rifacimenti, in linea con le direttive UE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, si attendono requisiti minimi di esercizio e valori di emissione analoghi a quelli individuati dalla legge regionale toscana del 5 febbraio 2019, n. 7, proprio per valorizzare l'esperienza della regione nelle principali aree geotermiche che è volta a sviluppare una modalità di sfruttamento delle risorse ai fini energetici, coniugando e implementando le esigenze ambientali con quelle del territorio;
l'adozione del «decreto FER2» rappresenta un'occasione per ampliare la durata temporale del sistema di aste su base quinquennale e per disciplinare gli incentivi in un'ottica di semplificazione, nel dovuto rispetto delle linee guida degli aiuti di Stato in materia di energia e di ambiente,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative per inserire, nel primo provvedimento utile, norme che proroghino le concessioni geotermiche in essere, almeno fino all'espletamento delle gare sulla base dei nuovi incentivi previsti dal decreto FER2, ed assumere tutte le iniziative di competenza per emanare nel tempo più breve possibile il medesimo decreto FER2, privilegiando e semplificando l'utilizzo delle innovazioni tecnologiche più avanzate in campo geotermico, anche utilizzando il know-how sviluppato dal notevolissimo tessuto di aziende hi-tech della provincia di Pisa e di tutta la regione Toscana.
9/730/95. Ziello, Montemagni, Zinzi, Bof, Benvenuto, Pizzimenti.
La Camera,
premesso che:
in diverse occasioni l'Unione europea ha sottolineato l'importanza delle energie rinnovabili, invitando i Paesi membri ad aumentare la quota di energia da fonti pulite;
infatti, anche la Strategia energetica nazionale considera lo sviluppo delle fonti rinnovabili come funzionale non solo alla riduzione dell'anidride carbonica, nell'ottica della completa decarbonizzazione del sistema energetico al 2050, ma anche al contenimento della dipendenza energetica, prefissando l'obiettivo al 2030 del 30 per cento di consumi da rinnovabili rispetto ai consumi complessivi;
tra le fonti rinnovabili, la geotermia italiana è considerata, a livello internazionale, una best practice per quanto concerne gli aspetti ambientali e la tecnologia del processo;
in particolare, si è sviluppato in Toscana uno dei più grandi complessi geotermici del mondo, con trentacinque impianti con una potenza nominale totale installata di circa 915,5 di megawatt: le taglie degli impianti variano da 1 megawatt dell'impianto binario collocato presso la centrale di Bagnore 3 ai 120 megawatt della centrale di Vallesecolo e coprono il 30 per cento del fabbisogno elettrico della Toscana, pari ai consumi di oltre 2 milioni di famiglie;
in Toscana, la geotermia permette un risparmio di oltre 1 milione e 400 mila tonnellate equivalente di petrolio e di 4,1 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica e garantisce 650 occupati diretti e circa 2 mila nell'indotto;
tutta la comunità geotermica attende, ormai da oltre tre anni, il decreto FER2, che dovrebbe tornare a introdurre nuove incentivi a sostegno della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili come quella geotermica, esclusa (per la prima volta) dal FERI, pubblicato in Gazzetta ufficiale ormai nel lontano 2019;
anche il PNRR contiene una serie di meccanismi di sostegno per lo sviluppo delle installazioni di impianti FER, soprattutto per gli impianti che presentano tecnologie meno mature o con costi di esercizio elevati, fra cui proprio il geotermico; inoltre, l'insieme delle riforme che sono contenute nel PNRR stesso sono finalizzate alla semplificazione dei processi autorizzativi, per superare gli ostacoli meramente burocratici collegati al processo del permitting;
Il «decreto FER2» disciplinerà un ulteriore sostegno alle fonti rinnovabili geotermiche fra cui rientrano sia la geotermia tradizionale a ridotta emissione sia la geotermia a emissioni nulle. Nello specifico, per quanto riguarda la geotermia tradizionale, sia per gli impianti nuovi sia per i rifacimenti, in linea con le direttive UE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, si attendono requisiti minimi di esercizio e valori di emissione analoghi a quelli individuati dalla legge regionale toscana del 5 febbraio 2019, n. 7, proprio per valorizzare l'esperienza della regione nelle principali aree geotermiche che è volta a sviluppare una modalità di sfruttamento delle risorse ai fini energetici, coniugando e implementando le esigenze ambientali con quelle del territorio;
l'adozione del «decreto FER2» rappresenta un'occasione per ampliare la durata temporale del sistema di aste su base quinquennale e per disciplinare gli incentivi in un'ottica di semplificazione, nel dovuto rispetto delle linee guida degli aiuti di Stato in materia di energia e di ambiente,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative per inserire norme che proroghino le concessioni geotermiche in essere, almeno fino all'espletamento delle gare sulla base dei nuovi incentivi previsti dal decreto FER2, e a valutare l'opportunità di assumere tutte le iniziative di competenza per emanare nel tempo più breve possibile il medesimo decreto FER2, privilegiando e semplificando l'utilizzo delle innovazioni tecnologiche più avanzate in campo geotermico, anche utilizzando il know-how sviluppato dal notevolissimo tessuto di aziende hi-tech della provincia di Pisa e di tutta la regione Toscana.
9/730/95. (Testo modificato nel corso della seduta)Ziello, Montemagni, Zinzi, Bof, Benvenuto, Pizzimenti.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame inserisce un articolo aggiuntivo nel decreto-legge n. 77 del 2021, al fine di prevedere un procedimento speciale e acceleratorio che riduce da 90 a 45 giorni il termine necessario all'approvazione di alcuni progetti relativi ad interventi stradali e autostradali di preminente interesse per il Paese nominativamente individuati ed esplicitati nell'allegato IV-bis al medesimo decreto;
tra i suddetti interventi si segnalano la riqualificazione dei tratti della A1 Barberino-Calenzano, Incisa-Valdarno, Milano Sud-Lodi, la Gronda di Genova, il Passante di Bologna;
nella legge di bilancio per il 2023 sono state previste diverse disposizioni in materia di infrastrutture stradali e autostradali quali la realizzazione di lotti funzionali del nuovo asse viario Sibari-Catanzaro della strada statale 106 Jonica (articolo 88), gli interventi diretti alla realizzazione di interventi sulle strade statali delle aree dei crateri sismici 2009 (Abruzzo) e 2016 (centro-Italia) e per il potenziamento, riqualificazione e adeguamento della strada statale 4 Salaria;
attualmente sono in fase di ultimazione i lavori di adeguamento a standard autostradale nella tratta immediatamente a nord della A12 Civitavecchia-Roma (Lotto 6A già di competenza SAT), fino all'abitato di Tarquinia;
la strada statale 1 Aurelia presenta quantitativi di traffico pesante durante l'anno che tendono ad incrementarsi notevolmente durante il periodo estivo ed in particolare durante i giorni del fine settimana;
tali incrementi di traffico sono legati al territorio costiero attraversato e storicamente frequentato dal turismo estivo; che è stata inserita come priorità nazionale nel libro bianco dalle camere di commercio toscane e da uniontrasporti anche a causa dell'elevata mortalità riscontrata nel corso degli anni. I picchi di traffico e la presenza di tratte ancora a singola carreggiata con numerosi accessi privati diretti e connessioni a raso, assenza di guard rail, determinano criticità per la sicurezza del deflusso stradale, che rendono particolarmente urgente l'intervento di completamento del corridoio tirrenico;
è sempre più urgente la messa in sicurezza del suddetto tratto autostradale essendo stati registrati un numero elevato di vittime dovuto all'illuminazione scarsa, alla segnaletica mancante, fattori che hanno determinato numerosi incidenti sull'arteria: 268 di cui 5 mortali con una densità di 1,02 incidenti a chilometro;
negli anni il progetto del completamento dell'autostrada tirrenica Rosignano-Civitavecchia ha subito un iter approvativo complesso che ha portato a forti modifiche nella definizione del tracciato e delle modalità di pedaggiamento,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere in tempi brevi, anche in successivi provvedimenti di competenza, oltre allo stanziamento di risorse adeguate finalizzate alla realizzazione della messa in sicurezza della strada statale Aurelia nel tratto tra Rosignano e Tarquinia (E80), agevolando il passaggio tra SAT ed ANAS per il completamento dell'autostrada A12, l'estensione anche alla strada statale Aurelia SS1 nel tratto tra Rosignano e Tarquinia (E80), del procedimento speciale e acceleratorio che riduce da 90 a 45 giorni il termine necessario all'approvazione di alcuni progetti relativi ad interventi stradali e autostradali di cui in premessa.
9/730/96. Fabrizio Rossi.
La Camera,
premesso che:
secondo gli ultimi dati sono presenti in Italia circa 160mila piccole e medie imprese (Pmi): questa rete territoriale di aziende costituisce il fulcro del sistema produttivo nazionale contribuendo in modo fondamentale allo sviluppo della nostra economia; il valore aggiunto complessivo generato dalle Pmi è pari a 204 miliardi di euro;
le Pmi rappresentano circa un quarto delle imprese che hanno depositato un bilancio valido e occupano oltre 4 milioni di addetti, di cui 2,2 milioni lavorano in aziende piccole e 1,9 milioni in aziende di medie dimensioni;
nel 2021, dopo le perdite subite a causa della pandemia, le stime sui conti economici delle piccole e medie imprese hanno fanno emergere i primi segnali di ripresa, certificati anche dalla tenuta complessiva degli indicatori di stabilità finanziaria;
sulla base di tale stime il fatturato delle Pmi italiane era previsto in crescita dell'8,1 per cento su base annua; tali cifre sono state però messe in discussione dalla guerra in Ucraina e dalla conseguente crisi energetica;
dal monitoraggio di Unioncamere e BMTI, con il supporto di REF Ricerche, sui costi dei servizi pubblici locali sostenuti dalle imprese è infatti emerso che nel quarto trimestre 2022 il costo dell'energia elettrica a carico di alcuni profili tipo di piccole imprese italiane ha registrato un aumento medio pari al 60,1 per cento rispetto al precedente trimestre e del 111,7 per cento rispetto allo stesso trimestre del 2021;
valutato che:
in una fase come quella attuale, caratterizzata da una forte incertezza sugli scenari economici futuri e nella quale sono ancora evidenti gli effetti di due anni di crisi profondissima, i limiti strutturali delle nostre Pmi appaiono quanto mai evidenti e rischiosi per la tenuta del sistema di fronte alle nuove criticità generate dai recenti eventi bellici e dalla crisi degli approvvigionamenti di materie prime, in particolare energetiche. Criticità strutturali e congiunturali definiscono un quadro in cui è quindi necessario agire con interventi rapidi ed efficaci;
le associazioni di categoria hanno già evidenziato come, nello specifico, nella Legge di Bilancio 2022 non siano state inserite norme e risorse efficaci a sostegno delle Pmi; alcuni interventi previsti dalla manovra risultano addirittura controproducenti. Ad esempio, il mancato rinnovo della moratoria di legge per le Pmi associato ad alcune lacune in tema di garanzie pubbliche, può rivelarsi una rilevante criticità per gli operatori economici. Manca inoltre un intervento strutturato per la patrimonializzazione e il rafforzamento della struttura finanziaria delle imprese, su cui risultano ancora deboli le misure fiscali finora previste;
in questo contesto la situazione rischia di aggravarsi a causa di due ulteriori fattori penalizzanti:
il rialzo dei tassi di interesse chiave di 50 punti da parte della Banca Centrale Europea (Bce) che ha portato il tasso di deposito al 2 per cento. Il Presidente Lagarde non ha esitato a comunicare al mercato l'intenzione di proseguire il percorso di rialzo dei tassi ad un ritmo «costante» per almeno altri 4-6 mesi. A conti fatti, questo implica che il tasso di deposito potrebbe arrivare a giugno 2023 al 4 per cento;
il ripristino delle accise sui carburanti che ha causato la speculazione ed un incremento incontrollato di benzina e diesel;
preso atto che:
nel provvedimento in esame «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, recante misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica» sono presenti alcune misure per contrastare l'aumento dei costi dell'energia elettrica e del gas in capo alle imprese;
si tratta però di risorse spesso insufficienti per contrastare gli aumenti, erogati sotto forma di credito di imposta e finalizzati in particolar modo alle imprese particolarmente energivore;
occorrono quindi ulteriori iniziative finalizzate a sostenere gli aumenti dei costi energetici in particolare di tutte le Pmi;
la Legge di Bilancio 2023 ha previsto un contributo straordinario sui redditi delle società energetiche proprio in ragione dello straordinario aumento dei prezzi nel settore registrato nel 2022; tali redditi sono stati stimati in circa 43,6 miliardi di euro;
sarebbe quindi auspicabile che una ulteriore parte di tali extraprofitti venga prelevata ed utilizzata per istituire un apposito fondo per l'anno 2023 finalizzato alla riduzione delle tariffe per la fornitura di energia elettrica e per la fornitura di gas naturale a favore delle piccole e medie imprese;
nel corso della discussione parlamentare del provvedimento in esame sono stati presentati emendamenti specifici con tali obiettivi senza però essere approvati,
impegna il Governo
ad incrementare, già a partire dal prossimo provvedimento utile ed in relazione a quanto espresso in premessa, il contributo straordinario sugli extraprofitti delle società energetiche istituito con la Legge di Bilancio 2023 ed utilizzare conseguentemente tali risorse aggiuntive per istituire un fondo finalizzato alla riduzione delle tariffe per la fornitura di energia elettrica e per la fornitura di gas naturale a favore delle piccole e medie imprese.
9/730/97. Bonafè.
La Camera,
premesso che:
il vigente articolo 3 del decreto-legge n. 115 del 2022 (cosiddetto decreto Aiuti bis) ha previsto che le società energetiche sospendessero, dal 10 agosto 2022 fino al 30 aprile 2023, l'efficacia delle clausole contrattuali sottoscritte dai propri clienti, che consentono ai distributori di elettricità e gas di poter cambiare unilateralmente il prezzo di vendita dell'energia;
in linea con le suddette disposizioni, si era espresso anche l'Antitrust, che a ottobre scorso ha varato provvedimenti cautelari nei confronti di alcune compagnie energetiche, per il mancato rispetto del divieto di modificare il prezzo di fornitura di energia elettrica e gas naturale;
l'interpretazione dell'Antitrust, è stata quindi in parte sconfessata con una ordinanza dal Consiglio di Stato, che ha quindi bloccato la sospensiva degli adeguamenti tariffari disposta dalla medesima Antitrust;
secondo il Consiglio di Stato, infatti, l'Antitrust, nello stabilire che i fornitori non possano variare le condizioni economiche dei contratti in scadenza, avrebbe interpretato in modo estensivo la norma del decreto 115 del 2022, che invece, per come è scritta la medesima norma, dovrebbe applicarsi (congelando i relativi prezzi fino al prossimo aprile) solamente ai contratti che abbiano una scadenza successiva al 30 aprile 2023. Il Consiglio di Stato infatti, aveva affermato che il citato articolo 3 del decreto Aiuti bis «si riferisce al solo ius variandi per contratti che non siano scaduti e non ai rinnovi contrattuali conseguenti a scadenze concordate dalle parti e che pertanto esso sembra non poter incidere su rinnovi contrattuali predeterminati nell'esercizio della libertà negoziale»;
con il recente decreto-legge n. 198 del 2022, cosiddetto milleproroghe, ora all'esame del Senato, il suddetto divieto di variare in modo unilaterale i prezzi delle forniture (ai sensi dell'articolo 3 del decreto Aiuti bis), viene esteso dal 30 aprile al 30 giugno 2023, e inoltre si precisa che tale divieto non si applica ai contratti in scadenza, restringendo di fatto il campo di applicazione della norma originaria,
impegna il Governo:
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere, stante la perdurante e difficile congiuntura economica, che il divieto di variare in modo unilaterale i prezzi delle forniture di cui in premessa, venga esteso fino al settembre 2023;
al fine di garantire una protezione aggiuntiva a famiglie e imprese contro gli aumenti per le bollette di luce e gas, a prevedere e chiarire che il divieto temporaneo per i venditori di energia di poter variare unilateralmente le condizioni economiche dei contratti luce-gas, così come stabilito dal decreto Aiuti bis, si riferisce anche ai rinnovi contrattuali conseguenti a scadenze concordate dalle parti, e comunque a far data dall'entrata in vigore del citato decreto-legge n. 115 del 2022.
9/730/98. Bonelli, Evi, Grimaldi, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, contiene diverse disposizioni in materia di trasporto pubblico locale, anche ai fini di un sostegno per fronteggiare i costi sempre maggiori dell'energia e del carburante conseguenti soprattutto alla crisi internazionale in atto;
le misure e le risorse a tal fine previste, vanno certamente nella giusta direzione, ma è indispensabile implementarle, stante l'importanza di poter garantire al meglio un servizio fondamentale per i cittadini quale quello del trasporto pubblico locale;
sotto questo aspetto, per esempio, andrebbe previsto lo stanziamento di maggiori aggiuntive risorse del Fondo TPL, per quegli enti territoriali o regolatori più virtuosi nella realizzazione di infrastrutture TPL e TRM e nella gestione di servizio;
così come risulta necessario aumentare le risorse da destinare alle aziende di trasporto pubblico locale che operano nei Comuni Capoluogo sede di Città Metropolitane,
impegna il Governo:
al fine di favorire il trasporto pubblico locale e il rafforzamento dell'offerta, a prevedere in particolare riconoscimento per quegli enti locali o enti regolatori il cui perimetro di competenza abbia visto, dalla data di istituzione del fondo per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale (di cui al decreto-legge n. 95 del 2012), un incremento della produzione di servizio in termini di vetture/km riferiti a infrastrutture finanziate o cofinanziate dallo Stato e non coperte da incrementi del medesimo fondo;
anche al fine di contribuire alla compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l'aumento del costo del carburante, a prevedere un incremento di risorse finanziare da ripartire tra gli enti locali sulla base dei contratti di servizio in essere, e da destinare alle aziende di trasporto pubblico locale che operano nei Comuni Capoluogo sede di Città Metropolitane, che rischiano, altrimenti, di avere gravi perdite che si ripercuotono inevitabilmente sui bilanci degli enti locali interessati.
9/730/99. Ghirra, Grimaldi, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame contiene importanti disposizioni a sostegno di famiglie e imprese nel settore energetico e di finanza pubblica;
numerose imprese del settore farmaceutico versano oggi in condizione di difficoltà a causa del meccanismo del cosiddetto payback farmaceutico, disciplinato dal decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125;
tale meccanismo, infatti, introdotto nel 2008 per arginare l'aumento della spesa pubblica farmaceutica, produce effetti distorsivi e limitativi della capacità delle imprese che fanno ricerca e innovazione;
ad oggi, infatti, il comma 9 dell'articolo 9-ter di tale decreto-legge prevede che il superamento del tetto di spesa a livello nazionale e regionale per l'acquisto di dispositivi medici, rilevato sulla base del fatturato di ciascuna azienda al lordo dell'IVA, è posto a carico delle aziende fornitrici per una quota complessiva pari al 40 per cento nell'anno 2015, al 45 per cento nell'anno 2016 e al 50 per cento a decorrere dall'anno 2017, e che ciascuna azienda fornitrice concorre alle predette quote di ripiano in misura pari all'incidenza percentuale del proprio fatturato sul totale della spesa per l'acquisto di dispositivi medici a carico del Servizio sanitario regionale, secondo modalità procedurali definite, su proposta del Ministero della salute, con apposito accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
il successivo comma 9-bis prevede, inoltre, che le aziende fornitrici assolvano ai propri adempimenti in ordine ai versamenti in favore delle singole regioni e province autonome entro trenta giorni dalla pubblicazione dei provvedimenti regionali e provinciali; nel caso in cui le aziende fornitrici di dispositivi medici non adempiano all'obbligo del ripiano, i debiti per acquisti di dispositivi medici delle singole regioni e province autonome, anche per il tramite degli enti del Servizio sanitario regionale, nei confronti delle predette aziende fornitrici inadempienti sono compensati fino a concorrenza dell'intero ammontare;
appare evidente come le richiamate disposizioni penalizzino gravemente le micro-piccole e medie imprese del settore farmaceutico nella misura in cui queste si trovano costrette a dover disporre l'accantonamento di una quota di ripiano da versare in caso di eventuale superamento del tetto di spesa regionale nell'anno successivo, e trovandosi quindi costrette a fronteggiare non solo un aumento dei costi ma anche una forte imprevedibilità che ne danneggia le capacità d'investimento,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere, con successivi provvedimenti normativi, una sospensione delle disposizioni di cui in premessa, al fine di analizzare e verificare, nelle more, le possibilità di soluzione volte a impedire la penalizzazione delle piccole e medie imprese del settore farmaceutico e la loro esclusione dal mercato.
9/730/100. Lucaselli, Foti, Donzelli, Congedo, Cannata, Testa, Morgante, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento in esame, come modificato nel corso dell'esame in sede referente, ha prorogato fino al 31 dicembre 2022 la riduzione delle aliquote di accisa applicabili ai prodotti energetici quali i carburanti;
gli effetti di queste misure si sono, ad oggi, esauriti, comportando da un giorno all'altro una crescita dei prezzi alla pompa per tutti i cittadini con conseguenti maggiori difficoltà soprattutto per le fasce di popolazione più bisognose;
i cittadini si trovano, quindi, nella posizione di dover scegliere tra pagare di più per i propri spostamenti privati oppure usufruire dei sistemi di trasporto pubblico locale spesso insufficienti;
il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale (cosiddetto «Fondo TPL») è stato negli anni oggetto di rifinanziamenti che non hanno tenuto conto né dell'inflazione né del costo del carburante;
le ripetute decurtazioni hanno comportato per l'intero settore una evidente inadeguatezza di risorse e si prevedono ulteriori tagli negli anni a venire, nonostante le crisi energetica ed economica in atto stiano determinando un aumento della richiesta di questa modalità di trasporto;
le aziende del settore sono in sofferenza da diverso tempo anche a causa degli effetti della pandemia e il trasporto pubblico locale deve essere necessariamente potenziato, per favorire lo sviluppo delle reti metropolitane e tranviarie e per svecchiare il parco mezzi,
impegna il Governo
ad intervenire con il primo provvedimento utile per incentivare il settore del trasporto pubblico locale, garantendo un adeguato stanziamento di risorse che permetta di pianificare opere di ammodernamento e di diffusione maggiormente capillare per raggiungere un bacino di utenza sempre più ampio.
9/730/101. Ruffino, Richetti, Enrico Costa, Del Barba, Gadda, Grippo, Marattin, Sottanelli, Benzoni, Bonetti, Bonifazi, Boschi, Carfagna, Castiglione, D'Alessio, De Monte, Faraone, Giachetti, Gruppioni, Pastorella, Rosato.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca «misure urgenti in materia di energia elettrica, gas naturale e carburanti» e prevede numerosi interventi in tali materie, volti a contenere i costi energetici per famiglie ed imprese;
il taglio delle accise sui carburanti è stato introdotto per la prima volta con decreto-legge n. 21 marzo 2022, n. 21 e, a mezzo di tale provvedimento, il precedente Governo Draghi aveva ridotto, inizialmente solo dal 22 marzo al 21 aprile, le accise sulla benzina da 73 centesimi di euro al litro a 48 centesimi al litro, quelle sul gasolio da 62 centesimi a 37 centesimi al litro e quelle sul Gpl da 27 centesimi a 18 centesimi al chilo;
successivamente, il decreto-legge 2 maggio 2022, n. 38, ha disposto la proroga delle riduzioni, azzerando altresì l'accisa sul gas naturale usato per autotrazione e riducendo l'aliquota IVA applicabile alle somministrazioni di gas naturale per autotrazione;
con il medesimo decreto-legge, come modificato in sede referente, l'articolo 1, comma 8 ha disposto, fino al 31 dicembre 2022, la riattivazione del sistema di rideterminazione delle aliquote di accisa mediante decreto ministeriale – disciplinata dall'articolo 1, comma 290, della legge n. 244 del 2007 –, consentendo la riduzione d'accisa sui carburanti a fronte dell'accertamento di maggiori entrate IVA derivanti da uno scostamento significativo del prezzo internazionale del greggio;
tale meccanismo è stato modificato e perfezionato consentendo, tra l'altro, l'emanazione dei decreti con cadenza diversa da quella trimestrale;
tale procedura, ha consentito riduzioni di accise ripetutamente confermate, fino al 18 novembre 2022, attraverso ulteriori provvedimenti, che, nel corso di tutto il 2022 hanno trovato idonea copertura finanziaria nel cosiddetto extra-gettito, cioè nel maggior introito IVA calcolato rispetto alle previsioni causato dal prezzo record;
lo stesso esecutivo in carica anche nel testo originario del provvedimento in esame prorogava le predette agevolazioni fino al 31 dicembre 2022;
tuttavia, per effetto del decreto-legge n. 179 del 2022, le misure ridotte d'accisa originariamente introdotte a decorrere dal mese di marzo 2022 sono state mantenute solo fino al 30 novembre 2022, per poi registrare un lieve innalzamento delle aliquote nel periodo 1-31 dicembre 2022;
il Governo, nella predisposizione della legge di bilancio prima e nel recepire, all'interno del provvedimento in esame, le disposizioni di cui al decreto-legge 23 novembre 2022, n. 179, ha ritenuto non prorogare, a partire dall'anno in corso, le disposizioni precedenti relative alla riduzione delle accise sui carburanti mentre, le risorse derivanti dall'extra-gettito, fin qui utilizzate a copertura dei relativi oneri sono state programmate e impiegate su altri interventi;
alle conseguenze della mancata proroga dei provvedimenti che consentivano il controllo delle accise sui carburanti si è aggiunto il rialzo dei listini di fine 2022, che ha portato a un aumento di circa 2 centesimi al litro, con il rischio evidente di un avvitamento infettivo che potrebbe avere conseguenze economiche maggiori delle risorse fin qui stanziate per le coperture che, in ogni caso, come richiamato, derivavano dell'accertamento di maggiori entrate IVA derivanti dallo scostamento del prezzo internazionale del greggio;
in considerazione del fatto che il sistema trasportistico nazionale si muove per circa l'80 per cento su gomma, risulta evidente come l'impatto inflazionistico della mancata proroga delle agevolazioni non si limiterà al settore automobilistico;
secondo gli ultimi dati diffusi da numerose associazioni di consumatori, infatti, l'aumento dei carburanti, infatti, inciderà, in termini di maggiori costi di trasporto per 1'85 per cento della merce venduta al dettaglio, producendo rincari anche su altri settori e, in particolare, sulle tariffe di numerosi servizi,
impegna il Governo
ad adottare, con sollecitudine, iniziative legislative urgenti che consentano il ripristino delle agevolazioni previste fino al dicembre dell'anno passato e, quindi le disposizioni relative alla riduzione delle accise sui carburanti e, al contempo, a mettere in campo tutte le modalità previste a legislazione vigente per garantire uno stringente monitoraggio dei prezzi praticati alla pompa, nell'intento di evitare qualsiasi forma di speculazione che ricadrebbe sulla capacità di spesa dei cittadini e, indirettamente, sul complesso del nostro sistema economico, con l'aggravamento esponenziale del processo inflattivo.
9/730/102. Boschi, Richetti, Enrico Costa, Del Barba, Gadda, Grippo, Marattin, Sottanelli, Benzoni, Bonetti, Bonifazi, Carfagna, Castiglione, D'Alessio, De Monte, Faraone, Giachetti, Gruppioni, Pastorella, Rosato, Ruffino.
La Camera,
premesso che:
il decreto in esame, all'articolo 10, comma prevede un procedimento speciale e acceleratorio per le procedure di approvazione di alcuni progetti relativi ad interventi stradali e autostradali di preminente interesse per il Paese;
si tratta di una disposizione condivisibile ma del tutto insufficiente considerando il cattivo stato di manutenzione della rete stradale e autostradale, che per il suo ammodernamento richiederebbe investimenti per circa 40 miliardi;
ciò nonostante, l'Italia è in ogni rilevazione uno dei Paesi europei con il più alto costo delle tariffe autostradali;
a ciò si aggiunge la scellerata decisione del Governo di autorizzare alcuni aumenti dei pedaggi, cosa che non avveniva dal 2018;
nello specifico, i pedaggi sulle tratte di competenza di Autostrade per l'Italia (Aspi), a cui fa capo circa il 50 per cento della rete nazionale a pedaggio, da domenica 1° gennaio sono aumentati del 2 per cento ed è previsto un ulteriore rincaro dell'1,34 per cento dal prossimo 1° luglio, per un incremento complessivo nell'anno del 3,34 per cento;
sulla rete Gavio, il Governo ha autorizzato i seguenti rincari: Autovia Padana Piacenza-Brescia +9,16 per cento; autostrade A4 Torino-Milano e A33 Asti-Cuneo +4,30 per cento; Tangenziale est esterna di Milano (Teem) +4,34 per cento;
come ricorda la Coldiretti, in Italia l'88 per cento delle merci per arrivare sugli scaffali viaggia su strada; già in una situazione normale e non inflazionistica, le aziende italiane sono svantaggiate perché il ritardo infrastrutturale del nostro Paese rende il costo medio chilometrico per le merci del trasporto pesante molto più elevato che negli altri principali Paesi europei (1,12/chilometro in Italia, 1,08/chilometro in Francia, 1,04/chilometro in Germania); questo gap non può che aumentare a seguito degli aumenti dei pedaggi deliberati dal Governo,
impegna il Governo
a intervenire nel primo provvedimento utile al fine di riportare i pedaggi autostradali ai livelli previsti fino al 31 dicembre 2022.
9/730/103. Pastorella, Richetti, Enrico Costa, Del Barba, Gadda, Grippo, Marattin, Sottanelli, Benzoni, Bonetti, Bonifazi, Boschi, Carfagna, Castiglione, D'Alessio, De Monte, Faraone, Giachetti, Gruppioni, Rosato, Ruffino.
La Camera,
premesso che:
il comma 1-bis dell'articolo n. 11 del decreto in sede di conversione in legge, introdotto durante l'esame in sede referente, consente alla Direzione generale per le valutazioni ambientali del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica (MASE) di avvalersi, per un periodo di tre anni, per le esigenze delle Commissioni VIA-VAS e PNRR-PNIEC, di personale delle Forze armate in possesso della laurea magistrale in ingegneria;
lo stesso comma demanda ad un apposito decreto ministeriale (adottato dal Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica) l'individuazione delle unità da destinare alle esigenze in questione;
è fondamentale il lavoro svolto dalle due commissioni sopra richiamate con particolare riferimento alla Commissione PNRR-PNIEC che, nell'ambito della procedura di impatto ambientale di taluni progetti così come previsti all'articolo 25 del decreto legislativo n. 152 del 2006 è soggetta ad una procedura cosiddetta di «fast track» in relazione ai termini ridotti richiesti per il suo pronunciamento. Pertanto avvalimento di personale delle forze armate risulta meritorio al fine di garantire il più sollecito espletamento dei lavori delle commissioni,
impegna il Governo
nell'adozione del decreto di cui all'articolo 11, comma 1-bis finalizzato all'individuazione delle unità da destinare alle eventuali esigenze delle commissioni indicate in premessa, a valutare di tener conto, ove possibile, dell'eventuale esperienza acquisita su tematiche ambientali così da assicurare la migliore valutazione tecnica, ambientale e paesaggistica dei progetti assegnati alle predette commissioni.
9/730/104. Rotelli.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del presente provvedimento estende alcuni crediti di imposta, già disciplinati dai decreti-legge n. 4, n. 17, n. 21, n. 50, n. 115 e n. 144 del 2022 per contrastare l'aumento dei costi dell'energia elettrica e del gas in capo alle imprese, in precedenza concessi per le spese relative all'energia e al gas sostenute fino ai mesi di ottobre e novembre 2022,
impegna il Governo
ad adottare iniziative anche di carattere normativo volte a estendere le misure esposte in premessa anche agli enti no profit, alle società sportive e al terzo settore.
9/730/105. Mollicone, Morgante, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 6 interviene sulle disposizioni previste dal cosiddetto «decreto energia» relative all'installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sui beni del demanio militare o comunque in uso al Ministero della difesa;
l'obiettivo della norma è quella di consentire al Ministero della difesa di implementare una strategia finalizzata alla costituzione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili utilizzando le superfici dei beni della Difesa o a qualunque titolo in uso al Dicastero, contribuendo all'ottimizzazione del sistema energetico per il perseguimento della sicurezza energetica nazionale, procurando benefici ambientali, economici e sociali;
dal Rapporto mensile sul sistema elettrico nazionale di Terna relativo al mese di novembre 2022, emerge come l'elettricità richiesta in rete in Italia nei primi undici mesi del 2022, con alta probabilità anche a fine anno, risulta la stessa del 2021, domanda soddisfatta al 54,3 per cento dalla produzione da Fonti Energetiche Non Rinnovabili, per il 31,8 per cento da Fonti Energetiche Rinnovabili e la restante quota dal saldo estero;
nel 2022 la produzione da Fonti Energetiche Non Rinnovabili avrebbe fatto registrare una variazione percentuale in aumento (+8,8 per cento) rispetto allo stesso periodo del 2021, mentre la produzione energetica da fonti rinnovabili risulterebbe pari 92,5 TWh in riduzione del 12,0 per cento rispetto al 2021;
rispetto al 2021, a novembre 2022 risulterebbero installati 2.195 MW in più di solare e 444 MW di eolico, che aggiunti ai 28 MW di idroelettrico e 1 MW di biomasse e geotermico, farebbero registrare un totale 2,688 GW di potenza installata in più e anche supponendo si sia mantenuta nel mese di dicembre la stessa media di nuovi impianti installati, si prevede nel 2022 siano stati installati circa 3 GW di nuovi impianti per fonti rinnovabili, circa un terzo di quelli che servirebbero per fare la nostra parte in traiettoria con i target europei;
al fine di fronteggiare l'eccezionale instabilità del sistema energetico nazionale derivante dall'impennata del costo del gas e dei prodotti energetici, per effetto della guerra in Ucraina e delle sanzioni economiche internazionali disposte nei confronti della federazione Russa, l'installazione diffusa di impianti di produzione di energia rinnovabile elettrica, costituisce un intervento strategico per far fronte all'emergenza in atto e per la progressiva indipendenza energetica del Paese, verso un nuovo modello energetico libero dalle fonti fossili;
le maggiori aziende elettriche italiane che aderiscono a Elettricità Futura, che riunisce oltre 500 imprese che operano nel settore elettrico e che rappresentano il 70% del nostro mercato elettrico, da tempo chiedono lo sblocco di 60 GW di nuovi impianti rinnovabili, pari a un terzo delle domande di allaccio già presentate a Terna, da realizzare entro il 2024, che consentirebbe di risparmiare 15 miliardi di metri cubi di gas ogni anno, l'equivalente della quantità stimata in 10 anni derivante dalla ripresa delle attività di estrazione del gas, così come delineata dall'articolo 4 del provvedimento all'esame;
la nomina di un Commissario straordinario per l'emergenza energetica e l'eventuale nomina di sub-commissari nella figura dei Presidenti di Regione (o loro delegati), per velocizzare e garantire l'autorizzazione dei 60 GW di impianti rinnovabili consentirebbe di ridurre i tempi di conclusione degli iter autorizzativi, ad oggi incompatibili con l'urgenza di risolvere l'attuale grave crisi energetica e la necessità di introdurre misure finalizzate al contenimento, anche nel lungo termine, degli effetti degli aumenti dei prezzi dei prodotti energetici,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere nel primo provvedimento utile la nomina di un Commissario straordinario per l'autorizzazione in via d'urgenza, nel rispetto della vigente normativa di valutazione d'impatto ambientale, entro il 30 maggio 2023 di almeno 60 GW di impianti a fonte rinnovabile da realizzare entro due anni dalla data di rilascio del titolo autorizzativo, il cui incarico della durata di dodici mesi, può essere prorogata o rinnovata non oltre la data del 31 dicembre 2024.
9/730/106. Grimaldi, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del provvedimento in esame modifica e integra la disciplina sull'approvvigionamento di lungo termine di gas naturale di produzione nazionale, da destinare a prezzi calmierati, ai clienti finali industriali «energivori»;
le disposizioni di cui all'articolo 4, in deroga alla normativa e alla pianificazione vigenti, ammettono a partecipare alle procedure di approvvigionamento a lungo termine le concessioni di coltivazione di idrocarburi poste nel tratto di mare compreso tra il 450 parallelo e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po, a una distanza dalle linee di costa superiore a 9 miglia e aventi un potenziale minerario di gas per un quantitativo di riserva certa superiore a una soglia di 500 milioni di metri cubi;
in deroga al divieto previsto dall'articolo 4 della legge n. 9 del 1991, viene dunque consentita la coltivazione per la durata di vita utile del giacimento, a condizione che i titolari delle concessioni aderiscano alle procedure di approvvigionamento a lungo termine e previa presentazione di analisi tecnico-scientifiche e programmi dettagliati di monitoraggio e verifica dell'assenza di effetti significativi di subsidenza sulle linee di costa;
tale scelta, nell'ottica del Governo, sarebbe finalizzata, attraverso l'incremento dell'offerta di gas di produzione nazionale da destinare ai clienti finali industriali, alla riduzione delle emissioni di gas calmieranti;
valutato che:
la ripresa delle attività di estrazione del gas, così come delineata dall'articolo 4, è in evidente contrasto sia con il principio costituzionale della tutela ambientale che con quello relativo agli interessi delle future generazioni, poiché costituisce un'inversione di indirizzo rispetto all'obiettivo di decarbonizzazione del settore energetico necessario al contrasto del cambiamento climatico. In proposito, basti ricordare come la stessa Agenzia internazionale per l'energia (IEA) ha avvertito che il rispetto dell'Accordo di Parigi, con il contenimento il riscaldamento del clima a +1,50C, impone necessariamente di escludere l'avvio di nuovi giacimenti di gas (oltre che miniere di carbone e pozzi di petrolio) successivamente al 2021;
tale decisione nega apertamente quanto sostenuto negli anni da numerose evidenze scientifiche che dimostrano come l'unico modo per raggiungere l'obiettivo della decarbonizzazione entro il 2050 sia ridurre immediatamente l'uso di combustibili fossili e sottolineano quanto le emissioni fuggitive di metano abbiano un elevato impatto climalterante;
a tale riguardo si segnala, ultimo in ordine di tempo, uno studio dedicato al sistema energetico italiano, condotto da un gruppo di ricerca dell'università La Sapienza e pubblicato lo scorso ottobre sul Journal of Cleaner Production, dal titolo «Towards a dramatic reduction in the European Natura! Gas consumption: Italy as a case study», che pone in evidenzia come l'investimento in fonti rinnovabili, invece che in fonti fossili, non solo sarebbe più conveniente in termini di consumo e di risparmio, ma contribuirebbe ad un sensibile aumento di posti di lavoro;
la quantità di gas recuperabile grazie alle previsioni di cui all'articolo 4 è stimata intorno ai 15 miliardi di metri cubi in 10 anni, ossia 1,5 l'anno, vale a dire soltanto il 2 per cento del fabbisogno nazionale, esattamente l'equivalente di gas che si potrebbe risparmiare ogni anno se venissero sbloccati i 60 GW di nuovi impianti rinnovabili, pari a un terzo delle domande di allaccio già presentate, quantità talmente esigua e di scarso impatto sul fabbisogno nazionale, che non permette di motivare la necessità e l'urgenza di ricorrere allo strumento del decreto-legge;
considerato inoltre che:
sono evidenti i gravi pregiudizi per le aree marine sino ad oggi vincolate dell'Alto Adriatico e, in particolare, in quelle che fronteggiano il Delta del Po. Il Delta del Po è un territorio anfibio estremamente fragile, esposto alla subsidenza, all'erosione costiera e alla risalita del cuneo salino tutti fenomeni che già richiedono costi ingenti per essere fronteggiati e che rischiano di essere aggravati dagli interventi di estrazione di idrocarburi consentiti dalle nuove norme;
le disposizioni del provvedimento in esame non offrono sufficienti garanzie, consentendo la riapertura dei pozzi sulla base di una non meglio precisata «verifica» dell'assenza, non di subsidenza, ma di «effetti significativi» di subsidenza sulla costa, quasi che l'aggravamento del fenomeno sia in qualche modo accettato come inevitabile, e si tratti di contenerne le conseguenze più gravi;
appare chiaro che le nuove disposizioni, con la finalità dichiarata di ridurre nel breve periodo il costo del gas metano, autorizzano decisioni suscettibili di cagionare impatti ambientali, territoriali ed economici negativi di lungo periodo,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina richiamata in premessa, al fine di adottare, nel primo provvedimento utile, misure volte a modificare la disposizione di cui all'articolo 4, allo scopo di perseguire un generale ripensamento della politica energetica che tale norma rivela e garantire la ripresa del processo di decarbonizzazione del settore energetico, necessario al contrasto dei cambiamenti climatici, nonché di scongiurare ogni rischio di subsidenza e di pregiudizi ambientali ed economici alle aree marine e costiere italiane.
9/730/107. Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del provvedimento in esame modifica e integra la disciplina sull'approvvigionamento di lungo termine di gas naturale di produzione nazionale, da destinare a prezzi calmierati, ai clienti finali industriali «energivori»;
in deroga al divieto previsto dall'articolo 4 della legge n. 9 del 1991, viene dunque consentita la coltivazione per la durata di vita utile del giacimento, a condizione che i titolari delle concessioni aderiscano alle procedure di approvvigionamento a lungo termine e previa presentazione di analisi tecnico-scientifiche e programmi dettagliati di monitoraggio e verifica dell'assenza di effetti significativi di subsidenza sulle linee di costa;
sono evidenti i gravi pregiudizi per le aree marine sino ad oggi vincolate dell'Alto Adriatico e, in particolare, in quelle che fronteggiano il Delta del Po. Il Delta del Po è un territorio anfibio estremamente fragile, esposto alla subsidenza, all'erosione costiera e alla risalita del cuneo salino tutti fenomeni che già richiedono costi ingenti per essere fronteggiati e che rischiano di essere aggravati dagli interventi di estrazione di idrocarburi consentiti dalle nuove norme;
considerato che:
le prospezioni finalizzate alla ricerca di idrocarburi che utilizzano l'air gun risultano le più diffuse. Lo studio sui possibili effetti nocivi del rumore di origine antropica sulla fisiologia e sul comportamento della fauna marina è oggetto, da diversi decenni, di studi e ricerche. Il Rapporto tecnico dell'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), di maggio 2012, sulla «Valutazione e mitigazione dell'impatto acustico dovuto alle prospezioni geofisiche nei mari italiani» riconosce la tecnica dell'air gun come potenzialmente nociva per i grandi cetacei;
è sempre più diffusa la preoccupazione sull'impatto che un impiego massivo di tale metodologia di ricerca mineraria potrebbe avere sul Mare Adriatico, sullo Ionio e in prossimità delle coste della Sicilia, anche in relazione alle specifiche caratteristiche del nostro ambiente marino;
le disposizioni del provvedimento in esame che autorizzano la ripresa di attività suscettibili di cagionare impatti ambientali, territoriali ed economici negativi di lungo periodo non offrono alcuna garanzia rispetto all'impiego della tecnica air gun, nelle prospezioni finalizzate alla ricerca di idrocarburi,
impegna il Governo
ad adottare immediate misure anche di carattere normativo per introdurre il divieto di utilizzo della tecnica dell'air gun e di altre tecniche esplosive per le attività di ricerca e di ispezione dei fondali marini finalizzate alla prospezione, ricerca e alla coltivazione di idrocarburi e la conseguente sospensione delle autorizzazioni in essere che facciano utilizzo di tale tecnica.
9/730/108. Evi, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, comma 10, del decreto-legge in esame apporta una modifica all'ambito applicativo del regime fiscale previsto per il 2022 dall'articolo 12 comma 1-bis del cosiddetto «decreto Aiuti bis», attraverso la quale ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, si era stabilito che non partecipassero alla formazione del reddito da lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati, ovvero delle somma erogate ai lavoratori dal datore di lavoro ai fini del pagamento delle caro utenze domestiche di acqua, energia elettrica e gas naturale, nel limite complessivo di 600 euro;
l'articolo 10, comma 3, del decreto-legge in esame, eleva da 600 euro a 3000 euro il limite del valore dei fringe benefit non tassabili erogati ai lavoratori dipendenti per l'anno 2022; la modifica introdotta all'articolo 3, comma 10, lettera a), circoscrive la deroga all'articolo 51, comma 3, del TUIR alla sola prima parte del terzo periodo di tale disposizione: questo comporta la conseguenza che, in base alla previsione contenuta nella seconda parte del terzo periodo dell'articolo 51, comma 3, e non derogata, in caso di superamento della soglia di esenzione l'intero importo dei benefit erogati è soggetto a tassazione;
il fringe benefit quale misura di sostegno ai lavoratori per affrontare il caro bollette, così come previsto, non ha valenza generale, ed il rischio è che tale misura sia affidata esclusivamente ad azioni unilaterali da parte dei datori di lavoro. Questo in quanto attualmente l'erogazione è a discrezione delle imprese creando i presupposti per una gestione degli stessi anche discriminatori. Infine la misura ha una sua incidenza sulla contrattazione aziendale, per l'incentivo di natura fiscale, ma al contempo la misura recata dall'articolo 3, comma 10, che novella l'articolo 12 comma 1-bis del cosiddetto «decreto Aiuti bis», non prevede alcun coinvolgimento delle organizzazioni sindacali,
impegna il Governo:
ad assumere le iniziative e gli interventi necessari finalizzati alla adozione di correttivi dei fringe benefit, d'intesa con le organizzazioni sindacali, superando l'attuale applicazione che vede oggi una erogazione unilaterale da parte dei datori di lavoro;
a verificare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di garantire che la tassazione a carico dei lavoratori beneficiari, in caso di mancato rispetto del limite, si applichi esclusivamente alla parte che eccede la somma di 3.000 euro.
9/730/109. Mari, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Piccolotti, Zanella, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, comma 10, del decreto-legge in esame apporta una modifica all'ambito applicativo del regime fiscale previsto per il 2022 dall'articolo 12 comma 1-bis del cosiddetto «decreto Aiuti bis», attraverso la quale ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, si era stabilito che non partecipassero alla formazione del reddito da lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati, ovvero delle somma erogate ai lavoratori dal datore di lavoro ai fini del pagamento delle caro utenze domestiche di acqua, energia elettrica e gas naturale, nel limite complessivo di 600 euro;
l'articolo 10, comma 3, del decreto-legge in esame, eleva da 600 euro a 3000 euro il limite del valore dei fringe benefit non tassabili erogati ai lavoratori dipendenti per l'anno 2022; la modifica introdotta all'articolo 3, comma 10, lettera a), circoscrive la deroga all'articolo 51, comma 3, del TUIR alla sola prima parte del terzo periodo di tale disposizione: questo comporta la conseguenza che, in base alla previsione contenuta nella seconda parte del terzo periodo dell'articolo 51, comma 3, e non derogata, in caso di superamento della soglia di esenzione l'intero importo dei benefit erogati è soggetto a tassazione;
il fringe benefit quale misura di sostegno ai lavoratori per affrontare il caro bollette, così come previsto, non ha valenza generale, ed il rischio è che tale misura sia affidata esclusivamente ad azioni unilaterali da parte dei datori di lavoro. Questo in quanto attualmente l'erogazione è a discrezione delle imprese creando i presupposti per una gestione degli stessi anche discriminatori. Infine la misura ha una sua incidenza sulla contrattazione aziendale, per l'incentivo di natura fiscale, ma al contempo la misura recata dall'articolo 3, comma 10, che novella l'articolo 12 comma 1-bis del cosiddetto «decreto Aiuti bis», non prevede alcun coinvolgimento delle organizzazioni sindacali,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di assumere le iniziative e gli interventi necessari finalizzati alla adozione di correttivi dei fringe benefit, d'intesa con le organizzazioni sindacali, superando l'attuale applicazione che vede oggi una erogazione unilaterale da parte dei datori di lavoro;
a valutare l'opportunità di verificare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di garantire che la tassazione a carico dei lavoratori beneficiari, in caso di mancato rispetto del limite, si applichi esclusivamente alla parte che eccede la somma di 3.000 euro.
9/730/109. (Testo modificato nel corso della seduta)Mari, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Piccolotti, Zanella, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
la misura del taglio delle accise sui carburanti, che dal marzo del 2022 ha permesso di calmierare il prezzo alla pompa di benzina, diesel, gpl e del metano per auto, non è stata ulteriormente prorogata. Pertanto a decorrere dal 1° gennaio 2023 il prezzo dei carburanti alla pompa è tornato a salire automaticamente, in ragione del diverso peso delle accise sul costo finale;
sulla decisione dell'Esecutivo ha influito la necessità di recuperare l'enorme gettito erariale derivante dalle accise;
a marzo 2022 il decreto-legge n. 21, insieme alle misure di contenimento dell'aumento dei prezzi dell'energia ha introdotto la riduzione delle accise sulla benzina e sul gasolio impiegato come carburante per autotrazione. La riduzione dell'accise sul GPL è stata invece stabilita da un decreto del MEF, di concerto con il Ministro della Transizione ecologica, mentre il successivo decreto-legge del 2 maggio 2022 ha azzerato anche l'accisa del metano auto, abbassando nel contempo l'IVA dal 22 per cento al 5 per cento;
i suddetti provvedimenti sono stati prorogati di mese in mese fino a tutto novembre, senza sostanziali modifiche. Successivamente, dal 1° al 31 dicembre 2022, il c. decreto-legge n. 153 del 2022 ha rideterminato l'ultimo taglio delle accise sui carburanti, riducendo l'agevolazione di circa 10 centesimi al litro. Scaduto il provvedimento lo scorso 31 dicembre, il Governo ha deciso di non prorogare ulteriormente la misura, ripristinando la quota delle accise nella sua interezza;
i provvedimenti varati dal precedente Governo Draghi per calmierare le tariffe del carburante avevano prodotto da marzo a novembre 2022 un significativo taglio dell'accisa di 25 centesimi di euro al litro (complessivamente 30,5 centesimi di euro considerando riva), mentre meno impattante ma comunque apprezzabile era stato il taglio dell'accisa sul GPL, che è sceso di 8 centesimi di euro ogni kg;
in assenza di ulteriori interventi c'è il pericolo che le speculazioni proseguano e che solo un ritorno al regime dei «prezzi amministrati» come quello in vigore fino al luglio del 1991, allorquando una delibera del Cipe aprì le porte alla liberalizzazione del settore, può arrestare,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare, stante la fase emergenziale, un regime di listini dei prezzi di carburante amministrati dallo Stato al fine di bloccare la spirale speculativa che rischia di bloccare ulteriormente la mobilità del Paese.
9/730/110. Borrelli, Bonelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
a decorrere dalla prima metà del 2021 al fine di contenere gli effetti derivanti dall'aumento del costo dell'energia e dei carburanti ulteriormente aggravato dalla crisi ucraina, il Governo ha assunto diverse misure legislative, molte delle quali prorogate dall'A.C. 730, volte a mitigare l'impatto di tali dinamiche su famiglie e imprese ed i cui effetti finanziari ammontano, in termini di indebitamento netto sul solo anno 2022, a circa 55,48 miliardi di euro;
dei suddetti complessivi 55,48 miliardi di euro, circa 41,44 miliardi derivano dalle misure direttamente rivolte a contenere la spesa per elettricità, gas e carburante mentre circa 14,04 miliardi sono destinati ad ulteriori misure volte a tutelare il potere d'acquisto dei lavoratori e delle famiglie (circa 12,49 miliardi di euro) e a sostenere le imprese (circa 1,55 miliardi di euro) favorendone la liquidità e favorendo processi di conversione energetica e di miglioramento della loro efficienza energetica;
secondo i calcoli del Governo l'effetto complessivo sull'indebitamento netto del 2022 generato dai suddetti interventi normativi e che si è visto ammontare a 54,48 miliardi di euro (pari a 3,4 punti di PIL 2021), non avrebbe dovuto comportare il peggioramento del saldo di bilancio in quanto compensato da scostamenti approvati dal Parlamento e da maggiori entrate fiscali rispetto a quelle previste, derivanti da una migliore dinamica dell'economia, dalla più elevata inflazione, ma anche, e soprattutto, dalla intervenuta tassazione a titolo solidaristico dei cosiddetti extra-profitti realizzati dai market-players del settore energetico e da cui lo stesso Governo, in prima battuta ed a fronte di una aliquota pari al 10 per cento su una base imponibile stimata in circa 40 miliardi di euro, contava di conseguire maggiori entrate per circa 4 miliardi di euro;
con riferimento a quest'ultimo contributo sin da subito l'iniziativa del Governo è apparsa inadeguata rispetto alla dimensione delle sofferenze e dell'insostenibile aumento dei costi, palesando ancora una volta una triste realtà, ossia che la responsabilità sociale dell'impresa si ferma di fronte a extra dividendi maturati senza alcun merito. Di contro, la drammatica situazione avrebbe richiesto da parte del Governo un prelievo più incisivo e coraggioso, in grado di generare un importante gettito erariale da destinare a misure atte a sostenere i soggetti maggiormente colpiti dall'impennata dei costi dell'energia e dalle conseguenze della guerra, che arrivasse a tassare il 100 per cento degli extraprofitti, piuttosto che ricorrere, come poi è avvenuto, allo scostamento del deficit dall'obiettivo programmato con le annesse e rovinose conseguenze in termini di fiscalità generale, e dal quale avrebbe potuto conseguire il totale dei 40 miliardi di euro di extraprofitti accumulati dalle imprese del settore energetico, inspiegabilmente e colpevolmente recuperati soltanto in piccola parte, per mettere in campo interventi immediati per il taglio delle tasse o dei contributi sui redditi da lavoro e per i rimborsi dei maggiori costi per le imprese, così da proteggere il potere d'acquisto dei lavoratori e gli utili delle imprese in sofferenza,
impegna il Governo
ad adottare misure normative atte a fissare la misura dell'aliquota di cui all'articolo 37, comma 2 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2022, n. 51, al cento per cento.
9/730/111. Fratoianni, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
negli ultimi mesi i comuni hanno ricevuto dal GSE le fatture relative al pagamento delle somme dovute a seguito dell'applicazione retroattiva del meccanismo di «compensazione a due vie» sul prezzo dell'energia elettrica, previsto dall'articolo 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022 n. 4;
l'ANCI ha stimato che la restituzione degli extraprofitti generati da impianti rinnovabili in «conto energia» impatta su un totale di circa 1200 comuni di varie dimensioni, che con tali somme finanziano parte dei servizi erogati dall'ente alla comunità locale;
poiché l'applicazione di tale compensazione porterà la maggior parte dei suddetti enti locali in squilibrio finanziario, l'ANCI ha da subito contestato l'applicazione di tale norma alle PA, ed in particolare ai comuni per obiettive ed evidenti ragioni tra le quali quella che i proventi dei comuni, proprietari degli impianti, non sono in alcun modo assimilabili alla nozione di «extraprofitto», con riferimento sia al profilo soggettivo che oggettivo. Infatti in relazione all'ambito soggettivo non si tratta di ricavi o profitti di natura privatistica ma di entrate o proventi di natura pubblicistica, mentre in relazione al profilo oggettivo si tratta di proventi destinati alla collettività e all'erogazione dei servizi ai cittadini e non all'utile o profitto privato;
una tale assimilazione appare paradossale e necessita di una soluzione che chiarisca in via interpretativa o normativa l'esclusione dei comuni dall'applicazione della norma;
se i proventi di tale misura finanziaria hanno la finalità, peraltro condivisibile nel caso di attività portate avanti da multinazionali sui territori, di sostegno alla crisi che il «caro bollette» sta generando, l'azione del Governo non può non distinguere il soggetto pubblico e l'impatto che tali risorse, in questo caso impropriamente definiti profitti, hanno sul funzionamento della comunità locale e l'interesse collettivo,
impegna il Governo
a prevedere con futuri interventi normativi che le misure di cui all'articolo 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, non si applicano all'energia prodotta da impianti a fonti rinnovabili di proprietà dei comuni.
9/730/112. Dori, Bonelli, Borrelli, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
negli ultimi mesi i comuni hanno ricevuto dal GSE le fatture relative al pagamento delle somme dovute a seguito dell'applicazione retroattiva del meccanismo di «compensazione a due vie» sul prezzo dell'energia elettrica, previsto dall'articolo 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022 n. 4;
l'ANCI ha stimato che la restituzione degli extraprofitti generati da impianti rinnovabili in «conto energia» impatta su un totale di circa 1200 comuni di varie dimensioni, che con tali somme finanziano parte dei servizi erogati dall'ente alla comunità locale;
poiché l'applicazione di tale compensazione porterà la maggior parte dei suddetti enti locali in squilibrio finanziario, l'ANCI ha da subito contestato l'applicazione di tale norma alle PA, ed in particolare ai comuni per obiettive ed evidenti ragioni tra le quali quella che i proventi dei comuni, proprietari degli impianti, non sono in alcun modo assimilabili alla nozione di «extraprofitto», con riferimento sia al profilo soggettivo che oggettivo. Infatti in relazione all'ambito soggettivo non si tratta di ricavi o profitti di natura privatistica ma di entrate o proventi di natura pubblicistica, mentre in relazione al profilo oggettivo si tratta di proventi destinati alla collettività e all'erogazione dei servizi ai cittadini e non all'utile o profitto privato;
una tale assimilazione appare paradossale e necessita di una soluzione che chiarisca in via interpretativa o normativa l'esclusione dei comuni dall'applicazione della norma;
se i proventi di tale misura finanziaria hanno la finalità, peraltro condivisibile nel caso di attività portate avanti da multinazionali sui territori, di sostegno alla crisi che il «caro bollette» sta generando, l'azione del Governo non può non distinguere il soggetto pubblico e l'impatto che tali risorse, in questo caso impropriamente definiti profitti, hanno sul funzionamento della comunità locale e l'interesse collettivo,
impegna il Governo
a valutare di prevedere con futuri interventi normativi che le misure di cui all'articolo 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, non si applicano all'energia prodotta da impianti a fonti rinnovabili di proprietà dei comuni.
9/730/112. (Testo modificato nel corso della seduta)Dori, Bonelli, Borrelli, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti.
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
Iniziative di competenza volte a favorire il tempestivo rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro, al fine di salvaguardare il potere d'acquisto dei salari – 3-00085
LAUS, GRIBAUDO, FOSSI, SARRACINO, SCOTTO, CASU e FORNARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il tema del potere di acquisto dei salari, sotto la spinta inflazionistica che nel dicembre 2021 è arrivata all'11,6 per cento, sta diventando un'emergenza sempre più impellente per milioni di lavoratori e le misure contenute nella recente legge di bilancio hanno rappresentato, ad avviso degli interroganti, solo una prima, parzialissima e, a volte, contraddittoria risposta;
come evidenziato anche nel rapporto Inapp 2022, l'Italia è l'unico Paese dell'area Ocse nel quale, dal 1990 al 2020, il salario medio annuale è diminuito (-2,9 per cento), contro il 33,7 per cento della Germania e il 31,1 per cento della Francia. Un dato che si è accompagnato ad un andamento della produttività del lavoro che, sebbene meno significativa rispetto a quella degli altri Paesi dell'area, è comunque cresciuta più dei salari;
uno dei fattori che maggiormente incide su tale condizione del lavoro è determinato dal patologico ritardo che si riscontra nella maggior parte dei rinnovi dei contratti nazionali di settore;
degli oltre 13 milioni di lavoratori dipendenti privati, circa la metà lavorano con contratti collettivi nazionali scaduti da diverso tempo. Il tempo medio di attesa per il rinnovo dei contratti calcolato dall'Istat è passato dai 28,7 mesi del settembre 2021 ai 33,9 mesi del settembre 2022, con record negativo del contratto della vigilanza privata che è scaduto addirittura da oltre 7 anni;
lo stesso meccanismo Ipca (Indice dei prezzi al consumo armonizzato) dei salari, ovvero al netto della componente più pesante negli ultimi mesi quale quella energetica, determina in ogni caso una perdita secca per il potere d'acquisto dei lavoratori dipendenti;
l'ulteriore impoverimento del fattore lavoro, oltre ad accentuare il divario sociale, rischia di spingere le imprese verso settori a basso valore aggiunto, progressivamente degradando la competitività complessiva dell'economia italiana nella divisione internazionale del lavoro;
rifiutata la proposta di introdurre il salario minimo legale e mancando ogni riferimento programmatico al tema della misurazione della rappresentatività e della validità erga omnes dei contratti sottoscritti dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, appaiono sempre più urgenti almeno nuove e specifiche iniziative per favorire il tempestivo rinnovo dei contratti nazionali, anche attraverso appositi meccanismi di incentivazione e penalizzazione –:
quali urgenti iniziative di competenza si intendano adottare al fine di scongiurare il patologico fenomeno dei ritardi nei rinnovi dei contratti nazionali di lavoro.
(3-00085)
Iniziative normative in ordine al fenomeno del sovraffollamento delle carceri e alle condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria, anche alla luce dei tragici dati sui suicidi in carcere – 3-00086
LUPI, ROMANO e BICCHIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il mondo delle carceri in Italia sta affrontando un momento particolarmente delicato e drammatico;
alla data del 14 novembre 2022, secondo la rivista on line Articolo 21: «Nel 2022 sono decedute 186 persone ristrette in carcere, tra esse 77 per suicidio e 27 per cause da accertare». L'aggiornamento a tutto il 2022 dei casi di suicidio ha raggiunto le 81 unità;
secondo quanto scrive Il Mattino di Napoli del 28 dicembre 2022: «Mai da quando si rileva il dato, e probabilmente nella storia della Repubblica, era accaduto che così tanti detenuti avessero posto fine alla loro esistenza. Negli anni '60 non venivano superati i 20 suicidi nei dodici mesi, con il minimo storico di 5 nel 1966, quando la media dei detenuti fu di 25 mila presenze, meno della metà di quelle attuali»;
come riportato dallo stesso articolo, secondo le anticipazioni del Garante, i dati sopra esposti sono così drammaticamente presentati: «sono 76 gli uomini e 5 le donne; 47 sono di nazionalità italiana, 34 gli stranieri; quarantanove persone, poco più del 60 per cento, si sono suicidate nei primi sei mesi di detenzione, di cui 15 entro i primi 10 giorni e ben 9 entro le prime 24 ore dall'ingresso; cioè quasi un suicidio su 5 avviene nei primi 10 giorni di carcerazione; inoltre, 40 detenuti avevano una pena residua inferiore ai tre anni»;
altro aspetto drammatico è la vetustà delle carceri italiane e la drammatica situazione di sovraffollamento che, oltre a rendere difficile la vita degli «ospiti», crea situazioni di lavoro impossibili per gli agenti carcerari, con conseguenze tragiche, come riportato dalla rivista Vita: «negli ultimi 11 anni 167 agenti di polizia penitenziaria si sono tolti la vita, anche a causa delle condizioni di stress in cui svolgono il loro lavoro, a volte anche con turni di 8-12 ore continuative, controllando da 1 a 200 detenuti»;
il sovraffollamento delle carceri e la mancanza di agenti di polizia penitenziaria sono tra le cause principali dei disagi negli istituti di pena, rendendo spesso impossibile programmare attività trattamentali, iniziative di socializzazione, di volontariato, culturali, di reinserimento lavorativo, pregiudicando la stabilità emotiva e psicologica dei carcerati che porta a gesti disperati –:
quali urgenti iniziative normative intenda mettere in atto il Governo per affrontare e porre rimedio alla situazione descritta in premessa, tenuto conto anche che sono passati 10 anni (8 gennaio 2013) dalla sentenza «Torregiani» della Corte europea dei diritti dell'uomo che, con decisione presa all'unanimità, ha condannato l'Italia per la violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, per il sovraffollamento delle carceri italiane.
(3-00086)
Intendimenti in merito alla distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio nazionale – 3-00087
SCUTELLÀ, GIULIANO, ASCARI, CAFIERO DE RAHO e D'ORSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in adempimento alla legge delega 14 settembre 2011, n. 148, il Governo pro tempore ha provveduto, con decreti legislativi 7 settembre 2012, nn. 155 e 156, a definire il contenuto della riforma della «geografia giudiziaria» per «riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza»;
attraverso gli accorpamenti disposti e il conseguente riassetto territoriale è stata effettuata una revisione nel numero e nella distribuzione degli uffici di primo grado che ha previsto la soppressione di 30 tribunali;
le criticità maggiormente riscontrate alla luce della riforma hanno riguardato: la mancata considerazione della specificità territoriale del bacino di utenza, delle caratteristiche geomorfologiche del territorio e della sua estensione, della distanza e del tempo di percorrenza tra il tribunale accorpato e quello accorpante – considerando la carenza di collegamenti stradali e ferroviari –, della situazione infrastrutturale e della vetustà della rete viaria all'interno delle circoscrizioni di riferimento. Ciò si è tradotto in un aumento dei costi per i cittadini e in un'assenza dello Stato, specificatamente in territori fortemente contaminati dalla criminalità organizzata;
la Commissione europea per l'efficienza della giustizia (Cepej) ha affermato che le riforme della geografia giudiziaria, realizzate negli Stati membri, devono tenere conto di tutti gli elementi di criticità che possano limitare l'accesso dei cittadini a un sistema giudiziario di qualità;
l'articolo 24, primo comma, della Costituzione è la fonte costituzionale del diritto di azione, che è un principio fondamentale dell'ordinamento e dal quale si può trarre il dovere, per il legislatore, di far accedere ciascuno a un giudice e a un giudizio;
lo Stato non può esimersi dall'articolare una delle proprie funzioni – quella giurisdizionale – e uno dei propri elementi costitutivi – il territorio – senza tenere conto, in molti casi, delle specificità di questi, ma ponendosi al servizio di altre esigenze, quali l'uniformità, il risparmio o l'efficientismo;
se l'obiettivo della riforma era il risparmio di spesa e il miglioramento dell'efficienza del sistema giudiziario, gli interroganti ritengono, ove mai tali risparmi si siano concretizzati, che ogni possibile intervento non possa prescindere dall'esigenza di tenere in considerazione il diritto di accedere alla giustizia, quale diritto fondamentale di ogni individuo in uno Stato democratico –:
quali siano gli intendimenti del Governo per definire le criticità evidenziate in premessa e se intenda valutare l'adozione di iniziative normative per procedere ad una riorganizzazione della distribuzione nel territorio nazionale degli uffici giudiziari, volta a garantire pienamente il diritto di accesso alla giustizia dei cittadini.
(3-00087)
Intendimenti del Governo in ordine alla revisione del reato di tortura – 3-00088
DORI, ZANELLA, BONELLI, BORRELLI, EVI, FRATOIANNI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI, PICCOLOTTI e ZARATTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 6 aprile 2020, nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, secondo la ricostruzione degli inquirenti e grazie alle videocamere di sorveglianza e alle testimonianze, si svolgeva nei confronti dei detenuti un gravissimo pestaggio, brutale e immotivato;
per quei fatti, nel luglio 2022, sono state rinviate a giudizio 105 persone per reati come: tortura, omicidio colposo come conseguenza di tortura, lesioni pluriaggravate, abuso di autorità, falso in atto pubblico;
dodici imputati sono anche accusati dell'omicidio colposo del detenuto algerino Lakimi Hamine, morto il 4 maggio 2020;
secondo il Garante campano dei detenuti, Samuele Ciambriello, quanto avvenuto il 6 aprile 2020 rappresenterebbe «una mattanza di Stato»;
si apprende dai mezzi di stampa che alcuni esponenti istituzionali avrebbero espresso solidarietà agli agenti sotto processo;
il Viceministro Bignami, in un'intervista al quotidiano Domani il 15 dicembre 2022 e qualche giorno prima a Ferrara al congresso del sindacato dei carabinieri, aveva ipotizzato di rivedere il reato di tortura introducendo il concetto di reiterazione, rendendolo di difficile se non impossibile applicazione;
precedentemente, l'attuale Sottosegretario per la giustizia, Delmastro Delle Vedove, con interpellanza n. 2-00834 del 15 giugno 2020, chiedeva al Ministro della giustizia pro tempore se intendesse «sollecitare da parte del direttore generale dell'amministrazione penitenziaria il conferimento dell'encomio solenne al corpo di polizia penitenziaria in servizio presso l'istituto penitenziario che, in operazione di particolare rischio, ha dimostrato di possedere, complessivamente, spiccate qualità professionali e non comune determinazione operativa»;
la coordinatrice nazionale di Antigone, Susanna Marietti, ha commentato: «Si rischia che le modifiche alla norma che criminalizza la tortura vengano fatte per neutralizzare l'impatto. Sarebbe un errore culturale, giuridico e politico gravissimo»;
l'introduzione del reato di tortura, ex articolo 613-bis del codice penale, è avvenuta con l'approvazione della legge n. 110 del 2017, che ha colmato un vulnus creatosi dopo la ratifica con legge n. 489 del 1988 della Convenzione di New York del 1984;
una modifica come auspicata da diversi esponenti dell'attuale Governo sarebbe contraria agli impegni assunti a livello internazionale –:
se il Ministro interrogato intenda chiarire l'intenzione del Governo di adottare iniziative per novellare il reato di tortura nel senso annunciato da alcuni suoi esponenti, depotenziando di fatto l'articolo 613-bis del codice penale, provocando quindi un preoccupante allontanamento dell'Italia dalle norme internazionali e dalla Carta dei diritti dell'Unione europea e un suo avvicinamento a Paesi che non garantiscono pienamente i diritti umani.
(3-00088)
Problematiche concernenti il costo delle intercettazioni e i controlli sui relativi contratti di fornitura – 3-00089
MOLINARI, BISA, BELLOMO, MATONE, MORRONE, SUDANO, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il Ministro interrogato, in audizione presso le Commissioni giustizia di Senato e Camera, ha evidenziato l'uso eccessivo delle intercettazioni che da mezzo di ricerca della prova si sono trasformate in strumento di prova;
la Commissione europea, infatti, ha messo in mora l'Italia per non aver ottemperato a una specifica direttiva del 2011 che assimila i contratti per le intercettazioni a transazioni commerciali. In quanto tali, andrebbero quindi sottoposti a un controllo preventivo e successivo da parte della Corte dei conti; nello specifico, alla Sezione centrale per il controllo dei contratti secretati. Ma, come evidenziato nella relazione trasmessa alle Camere il 19 agosto 2022 sull'attività svolta dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, «appare ancora eccessivamente esiguo il numero delle procure della Repubblica che sottopongono alla preposta Sezione della Corte dei conti i contratti relativi alla fornitura di sistemi di intercettazione»;
le apparecchiature per le intercettazioni, così come i «software spia», sono di proprietà di aziende esterne all'amministrazione della giustizia e gli affidamenti sono realizzati senza gara, per cui le procure godono di ampia autonomia di scelta;
questo comporta anche che ci sia una differenza abnorme dei costi, con procure che «spendono mille per un'intercettazione e altre che spendono cento». I costi più elevati si registrano in quelle di Palermo, Roma, Napoli, Milano e Reggio Calabria. Nel 2019, a fronte di uno stanziamento complessivo di bilancio da 125 milioni e 352 mila euro per le intercettazioni, ne sono stati utilizzati 191 milioni. Per il 2021 e il 2022, invece, lo stanziamento si è leggermente ridotto: a 213,7 milioni di euro l'anno;
nel 2021 risultano stanziati, sul capitolo 1363 dello stato di previsione del Ministero della giustizia, 213.718.734 euro per le spese obbligatorie per intercettazioni;
è evidente il problema legato al fatto che non c'è controllo di alcun tipo sulle tariffe ed appare necessario un intervento governativo finalizzato all'armonizzazione delle tariffe, volto ad apportare i correttivi necessari alla normativa vigente –:
se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative volte ad apportare correttivi alla normativa vigente in materia di attività negoziali che non pervengono alla Sezione centrale della Corte dei conti e che rendano l'operato della Sezione maggiormente incisivo, finalizzato ad una corretta gestione della spesa, e comunque mai disgiunto dalla salvaguardia della sicurezza nazionale e quali siano stati i costi delle intercettazioni negli ultimi 5 anni.
(3-00089)
Iniziative di competenza volte alla soluzione delle criticità nella gestione della Sogin e alla pubblicazione della proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) – 3-00090
RUFFINO, RICHETTI, ENRICO COSTA, GADDA, PASTORELLA, DEL BARBA e SOTTANELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
nel marzo 2022 la Sogin ha trasmesso al Ministero della transizione ecologica la proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai); l'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione ha richiesto a Sogin alcune integrazioni documentali, inviate a giugno 2022;
l'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione avrebbe dovuto formulare il parere tecnico di competenza entro agosto 2022, ma non risulta che ciò sia avvenuto; la proposta è rimasta intanto «secretata»;
proprio a causa delle criticità nell'operato di Sogin, il decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, ne ha disposto il commissariamento per la «necessità e urgenza di accelerare lo smantellamento degli impianti nucleari italiani, la gestione dei rifiuti radioattivi e la realizzazione del deposito nazionale»;
dopo 5 mesi dall'insediamento della commissaria, non s'è vista traccia di rinnovamento; sono stati confermati tutti i direttori, addirittura designando come coordinatore del gruppo di lavoro per l'accelerazione del decommissioning il dirigente che al momento del commissariamento era l'amministratore delegato di Sogin;
né la commissaria ha chiarito la vicenda del licenziamento a febbraio 2022 di 4 dirigenti, tra cui proprio il responsabile della redazione della Carta nazionale delle aree idonee che aveva guidato il Seminario nazionale, compromettendo la fiducia delle popolazioni interessate; da poco è stata pubblicata l'ordinanza del giudice del lavoro a conclusione del primo dei 4 ricorsi, con la condanna di Sogin al risarcimento di circa 700 mila euro; il dirigente che ha coordinato la procedura di licenziamento è oggi uno dei più stretti collaboratori della commissaria;
nulla è stato fatto per sbloccare il progetto per mettere in sicurezza i rifiuti liquidi radioattivi dell'Eurex a Saluggia, fermo dal commissariamento, visto che il consorzio Cemex 2023, cui era stato improvvidamente affidato nel 2021 il progetto, in 3 anni ha svolto poco più dell'1 per cento dei lavori, che andavano completati in 4 anni; è al momento in corso una disputa sugli oltre 30 milioni di euro di anticipo già incassati da Cemex;
nel deposito Avogadro a Saluggia ci sono ancora 13 tonnellate di combustibile radioattivo che dovrebbero essere trasferite in Francia per essere trattate; tuttavia, scrive l'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, non si hanno elementi in merito a una ripresa delle spedizioni a completamento dall'accordo intergovernativo con la Francia per tale trasferimento, a causa dei tempi ancora incerti di realizzazione del deposito nazionale –:
come intenda procedere in ordine alle problematiche esposte in premessa, in particolare in merito alla definitiva soluzione delle croniche criticità della gestione di Sogin e alla pubblicazione della proposta di Carta nazionale delle aree idonee.
(3-00090)
Iniziative per una riduzione strutturale delle accise sui carburanti – 3-00091
SQUERI e RUBANO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
ogni qual volta i prezzi dei carburanti salgono sensibilmente riesplode la polemica sulla tassazione che grava su di essi, le accise e l'Iva. Nel 2021 le accise relative ai carburanti hanno assicurato un gettito di oltre 15 miliardi di euro. L'accisa pesa quasi per il 40 per cento sul costo finale di benzina e diesel e, aggiungendoci l'Iva al 22 per cento, il carico sale al 55 per cento circa;
le 19 accise sui carburanti esistenti si sono stratificate nel corso dei decenni quali sovraimposte per sopperire a talune emergenze (dalla guerra d'Etiopia ai terremoti). La somma ammonta a circa 0,41 euro (per litro), a cui si deve aggiungere l'imposta di fabbricazione sui carburanti, che porta il totale finale dell'accisa a 0,7284 euro per litro per la benzina e 0,6174 euro per litro per il diesel;
per calmierare l'aumento dei prezzi dovuto alla guerra in Ucraina, il decreto-legge n. 21 del 2022 ha previsto un taglio dell'accisa di 25 centesimi di euro al litro (complessivamente 30,5 euro considerando l'Iva) inizialmente per 30 giorni, prorogati, sia pure in forma ridotta, fino a fine 2022: gli oneri di questa operazione sono stati valutati in circa 730 milioni di euro al mese;
nell'Unione europea solo l'Olanda e il Regno Unito hanno imposte indirette sui carburanti più alte dell'Italia e il nostro Paese è rispettivamente all'ottavo (per la benzina) e al settimo posto (per i diesel) nella classifica delle nazioni dove il pieno risulta più caro (dati EnjoyTravel.com del 2021);
l'aumento dei prezzi dei carburanti produce sistematicamente un aumento del gettito nominale dell'Iva, mentre per le accise è applicata in misura fissa. Il Governo Draghi ha potuto finanziare il taglio delle accise attraverso l'utilizzo dell'extragettito derivante proprio dall'aumento del prezzo della benzina. Questa possibilità è ora preclusa dato che, con la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza di settembre 2022, l'Esecutivo uscente ha incorporato quell'extragettito nei tendenziali, trasformando quelle maggiori entrate in incassi ordinari e quindi non dirottabili a copertura degli sconti;
l'eliminazione dello sconto di accisa e relativa Iva è stata favorita dal calo delle quotazioni del petrolio, con il conseguente calo del prezzo alla pompa. Tuttavia, occorre considerare l'impatto sui cittadini e sul sistema produttivo. Preoccupa, in particolare, l'aumento del gasolio, preventivabile in forza delle ulteriori sanzioni previste nei riguardi della Russia –:
quali provvedimenti intenda adottare il Governo per avviare una strutturale riduzione delle accise gravanti sui carburanti.
(3-00091)
Intendimenti del Governo in relazione alle nomine effettuate nel periodo di prorogatio delle Camere dall'Esecutivo allora in carica – 3-00092
FOTI, MESSINA, GARDINI, ANTONIOZZI, RUSPANDINI, URZÌ, DE CORATO, KELANY, MICHELOTTI, MORGANTE, MURA e SBARDELLA. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
in seguito allo scioglimento delle Camere, la circolare del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri del 21 luglio 2022 in materia di disbrigo di affari correnti, ha delineato con chiarezza il perimetro delle limitate attività che è possibile eseguire durante la competizione elettorale e prima dell'insediamento del nuovo Governo;
in particolare, al punto 4, la circolare detta le regole per le nomine, chiarendo che «potrà procedersi soltanto a nomine, designazioni e proposte strettamente necessarie perché vincolate nei tempi da leggi o regolamenti, ovvero derivanti da esigenze funzionali non procrastinabili oltre i termini di soluzione della crisi, per assicurare pienezza e continuità all'azione amministrativa. Ogni nuova iniziativa in merito dovrà essere preventivamente sottoposta all'assenso del Presidente del Consiglio dei ministri al fine di assicurare uniformità di comportamenti. Ciascun Ministro dovrà curare che enti, aziende e società dipendenti, vigilati o direttamente controllati, si attengano agli anzidetti criteri, anche per quanto riguarda le procedure»;
in palese violazione di tali indicazioni a parere degli interroganti, il Governo «uscente» ha proceduto, nel periodo di prorogatio, a oltre ottanta nomine e assegnazione di incarichi;
nel dettaglio, si va dalle undici nomine fatte dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale alle tre effettuate dal Ministro dell'interno, dalle diciotto del Ministro della cultura alle sedici del Ministro della salute – a pari merito con quelle del Ministro del lavoro e delle politiche sociali – dalle tre nomine del Ministro della giustizia alle, in fine, sei nomine effettuate dal Ministro della difesa;
nel dettaglio, tutte queste nomine sono state effettuate a partire dall'ultima decade di luglio 2022, periodo nel quale si è proceduto alle prime tredici, per proseguire poi nei mesi di agosto e settembre 2022, fino alle ultime trenta avvenute addirittura a elezioni già svolte;
alle suddette nomine, inoltre, bisogna aggiungere le 109, tra assunzioni e nomine, del Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale –:
quali siano gli intendimenti del Governo in merito a quanto esposto in premessa.
(3-00092)